Enzo Catania CAGLIOSTRO Tutto il racconto della vita del geniale avventuriero dai mille misteri

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PREFAZIONE

Un genio o un ciarlatano? Una vittima o un impostore? Un angelo o un diavolo? Un galantuomo o un criminale? Un uomo di classe oppure un burino? Un umile o un borioso? Un calunniato o un calunniatore? Un introverso o uno sfacciato? Un debole oppure un tiranno? Un vile o un coraggioso? Uno sfortunato o addirittura un antenato dei Paperon de' Paperoni moderni? E gli interrogativi potrebbero continuare all'infinito, senza mai trovare una rispo- sta precisa: Cagliostro infatti è stato un po' tutto. Ed è stato comunque un vero, grande personaggio del suo secolo. In Europa e specialmente in Italia, è scoppia- to il boom dei "processi postumi". A Bronte, provincia di Catania, davanti a centi- naia di giovani, è stata ripercorsa la vicenda di Nino Bixio, sterminatore di contadi- ni. A Bari, in un botta e risposta con il pubblico, sono stati "rivisti" certi anni e certi protagonisti del primo dopoguerra. A Napoli, con avvocati e pubblico ministero, è stata rievocata la storia della monaca di Monza. E così via. In ogni "processo", il personaggio-imputato ha spesso avuto meriti e demeriti che ufficialmente gli ave- vano attribuito le cronache dell'epoca, ma ha anche ottenuto "aggravanti" oppure "scusanti". Chissà cosa potrebbe accadere se, un giorno, pure Cagliostro dovesse essere al centro di un "processo postumo", magari davanti alle telecamere e al tac- cuino di decine di inviati speciali! Volete divertirvi? Fate un piccolo sondaggio tra i vostri amici di famiglia, d'ufficio, di casa o di quartiere. Chiedete: "Scusa, chi era davvero Cagliostro?". Difficilmente tro- verete uno che non abbia sentito nominarlo. In quanto però al suo ruolo nella storia, potrà succedere di tutto. Vi diranno che è stato un mago, un guaritore, un alchimi- sta, un santone, un mostro, un baro, un grande biologo, eccetera. E, badate bene, non c'è uno che abbia torto. Ho scritto questa biografia tra un viaggio e l'altro, in giro per il mondo, ossessionato da questa specie di "fantasma " che mi martellava

SeBook © Copyright Simonelli Editore 3 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania il cervello e che, più andavo avanti nel delinearne l'identikit, e più mi sembrava indecifrabile e inafferrabile. Una sera, ero sceso all'aeroporto di Catania e, dopo aver preso un 'auto a noleggio, ne approfittavo anche per fare un velocissimo salto dai miei genitori che vivono ancora lassù a San Teodoro, nel cuore dei Nebrodi, tra un paesaggio stupendo e un'aria perennemente pura. Ebbene, subito dopo Misterbianco, sulla superstrada veloce verso Adrano, avevo dato un passaggio a una suora e a due sue allieve. Pioveva a dirotto, mica potevo lasciarle là! Pur essendo per principio ostile all'autostop, era anche una questione di buongusto. Parlammo di tante cose. Improvvisamente, di punto in bianco, chiesi: "Scusate, ma a voi cosa ricorda Cagliostro?". La suora, una donnina vispa e arzilla, si fece subito il segno della croce e mor- morò: "Gesù, Gesù!". Una delle due ragazze, sì e no diciannove anni, occhiali, alta e magra, semplicemente disse: "Un intellettuale al quale piaceva moltissimo atteg- giarsi pure a farabutto". L'altra, più giovane di qualche anno, biondina e piuttosto bella, invece esclamò: "In quest'epoca di scandali e di grandi faccendieri, sarebbe stato sicuramente un numero uno!". La suora la fulminò con gli occhi e tornò a dire "Gesù, Gesù!". La ragazza con gli occhiali aggiunse semplicemente: "Oh sì, forse fu un briccone, ma di altissimo livello". La biondina invece concluse: "Ma è vissuto 200 anni fa. Un po' sprecato, no?". Ora la suora le impose di stare zitta. E fu anche la fine di ogni discorso. Al di là di ogni giudizio storico, Cagliostro è comunque stato un "figlio del suo tempo". Si è sempre mosso tra gli affanni e i sussulti di un 'Europa che da una parte gioiva e tifava per una serie di scoperte rivoluzionarie, ma che dall'altra mordeva d'impazienza come nel più profondo Medioevo e si appassionava per storie di magia, negromanzia, alchimia, guarigioni "impossibili eppure avvenute", prodigi e incantesimi Cagliostro aveva sicuramente facoltà paranormali, un fiuto incredibile, un'intelligenza eccezionale. E forse, perché no?, nel suo campo è stato anche un precursore della psicanalisi Certo, in determinati momenti non avrebbe avuto sfor-

SeBook © Copyright Simonelli Editore 4 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania tuna e in altri fortuna se la sua vita non fosse stata una continua altalena di spo- stamenti tra le contraddizioni e soprattutto tra le due "facce" dell'Europa di allora. Ecco perché anche ora, il suo ruolo nel tempo, è quello sfumato del personaggio che può aver fatto qualsiasi cosa di terribile, ma anche qualsiasi cosa di buono. Dategli dunque dell'attore o del matto, del generoso o del lestofante, del sincero o del bugiardo, dell'onesto o del malavitoso, del generoso o del tirchio, del figlio di Satana o semplicemente del figlio di buona donna, resterà sempre il fatto che lui è innanzitutto Cagliostro. Sissignori, Cagliostro e basta. Ogni epoca non è mai fine a sé stessa: ha sempre un seguito e diventa costu- me. Pure nella spicciola vita quotidiana quindi ci sono stati altri pseudo Cagliostro o presunti tali Persino in ufficio e in carriera, dinnanzi a certi personaggi di dubbio cabotaggio che dimenticano cos'è la riconoscenza, presuntuosi, privi di un vero valore professionale, pronti a fare lingua in bocca con l'ultimo arrivato, insomma autentici campioni dell'opportunismo, si usa spesso chiamarli "piccoli Cagliostro". Questi è chiaro, sono soltanto mezze tacche senza storia. Eppure il termine "Cagliostrino" è entrato nel linguaggio. È diventato quasi un distintivo. Si è trasfor- mato appunto in costume. A distanza di secoli, diminuito o ingigantito, sottovalutato o supervalutato, disprez- zato o amato, Cagliostro comunque resta un "super-personaggio" di primissimo piano che ha lasciato un'impronta e che si è immortalato nella storia. Il lettore noterà che, scrivendo, si è dovuto dare adito anche alle voci e alle indiscrezioni, ai "si dice"e ai "sembra", ai particolari certi e ai particolari incerti D'altronde, pure tutto questo fa parte del sottofondo della vita di Cagliostro, enigmatico per vocazione e per scelta, sfug- gente per natura e per divertimento, evanescente per hobby e per professione. Ecco perché, pur avendo impostato una scaletta di massima, pian piano questa si è "incri- nata", si è addirittura "addomesticata" sotto un getto di continue sensazioni. Chi scrive, e di conseguenza pure chi legge, alla fine pensa davvero di aver conosciuto almeno per una volta, nella sua vita, un "signor Cagliostro". Quello però

SeBook © Copyright Simonelli Editore 5 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania di questa nostra storia, per molti aspetti, appartiene anche alla leggenda. Per cui sovente può sorgere persino un dubbio: "Ma insomma, in definitiva, come stato il vero Cagliostro?" Cosicché, letto il libro e dopo averlo riposto in biblioteca, ognuno nel suo subcosciente continua a rivedere in retrospettiva immagini e situazioni E a certi giudizi dell'autore che, seppure involontariamente ma inevitabilmente posso- no emergere tra le righe, il lettore ha assoluta via libera e può aggiungere i suoi Signori, Cagliostro è anche questo: un personaggio che fa parlare di sé pure da morto. Anzi più che da vivo, il suo ricordo diventa anche mistero. Forse proprio quello che voleva lui enigma-tico da vivo, ma pure nei secoli, come certe sfingi di quell'antico Egitto, che in Cagliostro vide il suo "gran sacerdote ". E, per finire, un'avvertenza: lo scenario dell'Europa che fa da fondo al viavai di Cagliostro per terra e mare, è visto in tutte le sue sfaccettature, in cui cioè si mischiano magie ed alchimie, con le scoperte vere, quelle insomma della scienza con la "S" maiuscola. Il motivo è semplice: tentare di fornire al lettore una chiave di interpretazione autentica della complessa epoca che ha tenuto a battesimo, ha applaudito o ha combattuto, ha osannato o ha bandito, ha insomma vissuto in pieno il "fenomeno Cagliostro". L'AUTORE

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CAPITOLO I

L’ARTE DELLA TRUFFA

Ma allora l’oroscopo incide sulla personalità? Il segno dei Gemelli è spesso quello dell’estro e della fantasia, ma anche del “ruolo sdoppiato”, dell’individuo ora volubile, ora romantico, spesso insincero e spesso sin troppo bugiardo. La costel- lazione zodiacale dei Gemelli è caratterizzata da due stelle brillanti, Castore e Polluce. La prima è più luminosa della seconda: ecco il perché di due facce, all’in- terno della stessa anima. Giuseppe Balsamo, l’uomo che sarà chiamato Cagliostro, emette il suo primo vagito all’alba del 2 giugno 1743. Un Gemelli dunque, brillante, gran seduttore, a volte lucidamente perverso, lunatico con premeditazione, dichia- ratamente ipocrita. Non è che tutti i Gemelli siano così: però quel “Peppino”, sin dalla prima settimana ha lo stampo del pupo che si inalbera per nulla. Piero, il padre, detto pure “Petru” o meglio “zu Petruzzu”, è spendaccione per natura, fa incetta di monili a basso prezzo, li vende a prezzi minori di quanto li abbia acquistati. Il risultato è semplice: si trova presto in bolletta. Ma che senso ha spre- care così i quattrini? Ha senso se si ritiene che “zu Petruzzu” si considera un nobi- le, figlio di nobili, nipote di nobili. Ragion per cui allarga il borsellino più di quanto contenga. E in men che non si dica, si trova sul lastrico, alla faccia di antenati patri- zi che fanno risalire la loro discendenza a principi, duchi o baroni, di Catania, Taormina, Mineo, Donnalucata e così via: a continuare, verrebbe fuori tutta la mappa della Sicilia dell’epoca. Ma “zu Petruzzu” è anche un millantatore nato e pasciuto. E quando qualcuno non crede alle sue parole, giù una raffica di bestem- mie. Un linguacciuto patentato insomma. Felicia, la madre, detta “Felicetta” o più aristocraticamente “donna Ina”, è una Bracconieri, o forse Bracconieri, lontane ori- gini francesi, forse qualche appiglio genealogico addirittura con Carlo Martello.

SeBook © Copyright Simonelli Editore 7 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania Anche “donna Ina” però, come il marito, seppure più posata e più tranquilla, soffre di manie di grandezza. Una sua parente abita a . Un giorno la signora “Felicetta” le comunica che è nato “Peppino”. E le fa una richiesta: non potrebbe farle da madrina al battesimo? L’interpellata risponde subito di sì. E di lì a qualche settimana, per tenere in braccio “Peppino” davanti al fonte battesimale, si trova insieme al marito Giuseppe Cagliostro. È davvero un signorone, pieno di cortesie e soprattutto di danarp. Ci credereste? Il piccolo Giuseppe Balsamo avrà presto una specie di soprannome che lo accompagnerà per tutta la vita: Cagliostro per l’appunto. L’identikit di questo Cagliostro scatenerà però studiosi ed esperti. Per alcuni Giuseppe Balsamo diventerà Alessandro, conte di Cagliostro. Per altri inve- ce Giuseppe Balsamo è nato in Sicilia, ma ha visto la luce in Portogallo, discendente dai conti di Cagliostro, fatti nobili per aver “salvato i reali di Spagna durante una tempesta. Il Cagliostro di cui parliamo comunque è il Giuseppe Balsamo siciliano, anche se non mancheremo di annotare altre diver- genze ed opinioni sull’identità del personaggio e soprattutto su possibili sosia che gli ha “regalato” la storia. “Peppino” Balsamo è un palermitano purosangue, anche se gli antenati posso- no qualificarsi “oriundi”. I suoi polmoni respirano subito l’aria della Conca d’Oro, sul mare Tirreno, alla sinistra della foce del fiume Greto, nell’ampio golfo dietro cui sovrasta il monte Pellegrino. Conquistata dai Fenici, rilevata dai Cartaginesi, espu- gnata dai Romani, assediata dai Vandali di Genserico, ceduta agli Ostrogoti, domi- nata dagli Arabi, riscattata dai Normanni e così di secolo in secolo sino all’insedia- mento dei Borboni, è una perla del Sud, oggetto di brame e di conquiste. Ed è già una città “internazionale” con un suo ruolo e un suo prestigio, in cui la gente è smaliziata e, in fatto di furberie in quegli anni può dettare lezioni a mezzo mondo. Giuseppe Balsamo ha appena 40 giorni, quando dalla strada rimbalza il frastuono del “Festino” in onore di Santa Rosalia, patrona della città. È gente che urla al miracolo, invoca la Santa, ad alta voce ne racconta la vita: un’esistenza a

SeBook © Copyright Simonelli Editore 8 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania corte; poi il richiamo a una vita spirituale; il rifugio presso una spelonca sul monte Pellegrino; anni e anni da eremita; la morte; il ritrovamento dei resti nel 1625, in occasione di un’epidemia; l’inserimento da parte di Maffeo Barberini, un fiorentino divenuto Papa Urbano VIE, nel “Martirologio romano”. La festa di Santa Rosalia idealmente accomuna tutti, ricchi e poveri, generosi e tirchi, “perbenisti” e malan- drini. Insomma è un rito religioso con contorni di folclore, ma già in quegli anni è anche un’occasione per guardarsi realmente in faccia. In casa Balsamo, “Peppino” ha anche una sorellina: si chiama Giovanna Giuseppa Maria. Pare che sia la prediletta di papa. Ma mamma “Felicetta” strave- de per lui. Purtroppo in famiglia sono di più i giorni in cui si litiga che quelli in cui c’è pace. E ovviamente le scenate si riversano sulla sensibilità dei due bambini: Giovanna Giuseppa Maria cresce taciturna e introversa. Il maschietto invece è dav- vero uno scatenato: la notte strilla, al mattino si alza prestissimo, vuole mangiare fuori orario, getta sassi ai passanti, insegue i coetanei. “Zu Petruzzu” gliele suona spessissimo sul sederino. Lui incassa, poi si divincola, fa le boccacce e per qual- che ora scompare. Quando Giuseppe ha 5 anni, di mamma “Felicetta” non si hanno più notizie: probabilmente è già morta, forse si è già separata dal marito, non è escluso che sia andata a rifugiarsi presso lontani parenti. Di “zu Petruzzu” inve- ce si sa che muore quando Giuseppe ha 7, forse 8 anni. E allora di lui se ne pren- dono cura alcuni zii che cercano di dargli un’istruzione affidandolo a un insegnan- te privato. Poveretto! Il maestro è bersagliato da mille dispetti e solo perché è un bravuomo riesce a insegnare al discolo un po’ di aritmetica e di bella scrittura. Ma lui è ogni giorno un capolavoro di imprevedibilità: d’inverno mette le castagne sot- to la cenere calda e, a ogni schioppettìo, sorride di gusto; d’estate o in primavera, prepara tranelli rendendo le sedie scivolose o le porte gracidanti. Il maestro grida e protesta, ma difficilmente ha prove per inchiodare l’allievo alle proprie responsa- bilità. Cosicché questi cresce con l’idea di essere un furbo e di riuscire sempre a farla franca.

SeBook © Copyright Simonelli Editore 9 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania A Palermo scoppia poi la peste. E migliaia di persone ci rimettono la vita. Il volontariato allora è piccola cosa rispetto alle vere esigenze. Tuttavia sorgono mille iniziative per aiutare chi davvero ne ha bisogno. Il collegio di San Rocco è in un primo tempo destinato ad accogliere tutti i figli di chi è morto di peste. In un secon- do tempo però non si fanno differenze: può entrarci chiunque sia orfano di uno o di entrambi i genitori. Cosicché Giuseppe Balsamo ha praticamente via libera per un posto al San Rocco. Indossa subito l’uniforme color azzurro-verde che insudicia nel giro di qualche settimana. Ma il suo hobby è la fuga. Sissignori, fugge dal collegio ogni volta in cui gli capita l’occasione. Fugge per non tornare. E invece, pun- tualmente, gli zii lo costringono a rientrare al San Rocco. A ogni riapparizione in col- legio, segue però una punizione la cui natura varia a seconda delle circostanze: spesso un bidello gli cala giù i calzoni e poi, una raffica di schiaffi sul culetto, altre volte gli viene ordinato di fare il bagno nell’acqua gelata e non mancano le occa- sioni in cui le sberle sul viso provocano persino qualche ematoma. Ma lui sembra avere la pelle dura: dopo il dolore, sorride, diventa provocatorio. E la punizione diventa quasi solo un ricordo. C’è una lunga tradizione in Sicilia secondo cui ai discoli si fa questo discorso: “O impari in collegio, oppure in carcere, oppure durante il servizio di leva”. Ma Giuseppe Balsamo è ancora un ragazzo perché possa meritare il carcere oppure andare sol- dato. L’alternativa dunque è il collegio. Ma il San Rocco è già un collegio. E poiché non serve a correggerlo, gli zii hanno una grande pensata: “Facciamogli intrapren- dere la carriera ecclesiastica”. Dovete sapere che in Sicilia da secoli esistono intere generazioni di apprendisti preti inviati in seminario o in convento, non perché abbiano la vocazione, ma sem- plicemente perché il loro costo non incide più sulle famiglie. Insomma l’importante è entrare in seminario o in convento, studiare qualche anno, poi si vedrà: se la vocazione esiste, tutto okay; se invece non esiste, nessun problema. Il ragazzo lascia il seminario e il convento e prosegue i suoi studi. Per la famiglia si tratta

SeBook © Copyright Simonelli Editore 10 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania sempre di due, tre, spesso cinque anni guadagnati. A Palermo sono di moda i “Fatebenefratelli”, cioè l’ordine religioso laicale e sacerdotale degli ospedalieri di San Giovanni di Dio, istituito nel 1537 a Granata, approvato da Pio V nel 1571, regola- mentato secondo la regola di Sant’Agostino che prevede appunto anche il voto dell”’ospitalità”. Quando il generale dell’ordine dei “Fatebenefratelli” passa per Palermo, si vede avvicinare dai parenti di Giuseppe Balsamo che gli fanno questa proposta: “Prenda il ragazzo. Lo corregga e lo faccia ravvedere. Ne faccia un ottimo religioso”. E il generale dei “Fatebenefratelli” si sente lusingato, prende davvero Giuseppe sotto la sua protezione e se Io porta a Caltagirone, dove c’è un istituto del- l’ordine. Caltagirone è nella Sicilia meridionale, in provincia di Catania, a 608 metri d’al- tezza rispetto al livello del mare, in una posizione particolare dei monti Iblei che si collegano ai monti Erei. Costruita nell’età del ferro mediterraneo-sicula, poi sede di una colonia greca, Caltagirone ha avuto dagli arabi il suo nome: Qal-at-ghiran, che vuoi dire “castello delle grotte”. Conquistata dai Genovesi nel 1030, dai Normanni nel 1090, è sempre rimasta città demaniale, sino a essere concessa nel 1400 in feudo al duca di Noto. È stata ricostruita dopo i terremoti del 1542 e del 1693. Cosicché quando Giuseppe Balsamo giunge a Caltagirone, l’idea di diventare prete in una città che ha una sua storia e un suo carisma, non gli dispiace affatto. E poi, parliamoci chiaro, gli abiti religiosi non sono mica d’impedimento a comportarsi come si ha voglia. Ci sono monaci che hanno amante, che sono ricchi, che non conducono affat- to una vita di stenti, ma di soddisfazioni mondane. Dunque, per Giuseppe Balsamo, la tunica non vuole affatto dire povertà, castità, ubbidienza, timor di Dio e così via, La tunica è solo un modo di vita, quasi un simbolo sociale. Ragion per cui, per favore, non si pretenda da lui una giovinezza di sacrifici. Anche in tunica la vita è bella fin- ché è possibile godersela! Capito la filosofia del chierichetto? I frati sono noti perché dalle erbe riescono a ricavare toccasana e medicinali. I religiosi dei “Fatebenefratelli” poi hanno addirittura fama di essere degli autentici

SeBook © Copyright Simonelli Editore 11 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania geni in fatto di misture e di alambicchi. A Caltagirone i “Fatebenefratelli” gestisco- no una farmacia, cui convergono clienti non solo dal paese e dalle zone vicine, ma addirittura da Catania, persino da Messina e da Palermo. Giuseppe Balsamo impa- ra formule, incomincia a preparare “combinazioni”, arriva addirittura a suggerire for- mule e ritrovati. Conclusione: ben presto la farmacia dei “Fatebenefratelli” diventa meta di un vero e proprio pellegrinaggio. Tutti vogliono i prodotti di fra’ Giuseppe, il quale, senza essere ancora sacerdote, ben eretto nella sua tunica nera di novizio con il cinturone bianco, si merita spesso l’appellativo di “don” o di “reverendo”. Per ogni male, fra’ Giuseppe ha un toccasana: il possidente Calogero Tuminia ha l’un- ghia incarnata? Bene: lui dalle foglie degli alberi tira fuori una pomata che si rivela un portento. Il fittavolo Nunzio La Curatela ha mal di denti? E allora fra’ Giuseppe tritura un’erba, ne fa una poltiglia .e il gonfiore alle gengive se ne va. L’agricoltore Gaetano Tuttolomondo ha dolore al fianco? Ecco fra’ Giuseppe che prepara una mistura, ci aggiunge tre gocce di limone, la offre in bicchiere e il “doloracelo” spa- risce d’incanto. Un vecchio proverbio in Sicilia dice: “Impara l’arte e mettila da parte”. Il bello invece è che fra’ Giuseppe l’arte dello speziale e del farmacista non solo l’impara e non la mette da parte, ma ci prova un gran gusto a incentivarla e a perfezionar- la. Eccolo perciò per intere sere, per intere notti e per intere mattine, intorno a pro- vette e ad alambicchi: studia, prepara, sperimenta, perfeziona. Ormai in convento non c’è mal di testa che lui non veda e al quale immediatamente non provveda. E continuerebbe in quest’arte chissà per quanto tempo ancora, se all’improvviso “qualcosa” non arrivasse a turbare quel suo affaccendarsi nei miscugli. In pratica accade questo: fra’ Giuseppe è solito partecipare a tutte le funzioni religiose. Non perché ne abbia voglia o perché sia portato, ma semplicemente perché è un rito ed è obbligatorio. Senonché una mattina, un superiore gli fa: “Senti, Giuseppe, tocca a te condurre la recita delle litanie”. E Giuseppe Balsamo risponde di sì. Il guaio è che, non appena incomincia a pronunciare le varie strofe, in ogni frase sostituisce

SeBook © Copyright Simonelli Editore 12 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania i nomi di santi, martiri o beate con quelli delle più conosciute puttane di Palermo. Apriti cielo! All’inizio è la meraviglia da parte di tutti. Poi lo scandalo. Infine l’ira. Fra’ Giuseppe viene fatto tacere all’istante, portato via di peso, schiaffeggiato e frusta- to. Da questa disavventura trae però un vantaggio: con lui, in convento, ci sono altri giovani che non hanno la vocazione. Come abbiamo visto, sono stati messi là da mamma e papa per i motivi più diversi. Ma loro, di farsi preti, non ne hanno proprio voglia. Vabbene l’obbedienza, vabbene la religiosità, ma in quanto alla povertà e alla castità, manco a parlarne. Quel fra’ Giuseppe dunque che si è permesso in pubblico di dar vita alla farsa delle litanie “sostitutive”, diventa quasi un idolo, o comunque un punto di riferimento obbligato. Finita la punizione (sette giorni a pane e acqua), Giuseppe Balsamo torna alle- gro e ciarliere e diventa oggetto di confidenze: giovani che gli chiedono consiglio, giovani che gli suggeriscono di diventare loro capo ideologico, giovani che si dichiarano pronti a eseguire qualsiasi suo ordine. Ma lui scrolla le spalle. Senonché la tentazione di combinare un’altra marachella, più per esibizionismo che per altri motivi reconditi, è troppo forte. Finché la tentazione diventa peccato: un pomerig- gio, allunga la mano e si impadronisce di una manciata di monete contenute nel- l’elemosiniere della chiesetta attigua al convento. Qualcuno però lo coglie sul fatto. Allora fra’ Giuseppe all’inizio tenta di negare e inghiotte a una a una le monete. Poiché però l’espediente non lo salva né dall’accusa, né dall’evidenza dei fatti, prende una grossa pompa, si fa un gran clistere, tira fuori le monete, le lava, le riconsegna. Ma ormai la frittata è fatta: gli fanno capire che il saio, nossignori, non è per uno come lui. L’interessato in un primo momento accenna una protesta. Poi fa buon viso a cattiva sorte. Abbandona il saio, abbraccia a uno a uno i suoi com- pagni di convento, soprattutto quelli che gli sono stati sempre solidali, se ne torna a Palermo presso gli zii. Tra esperti e studiosi c’è un gran fermento nel dare, al Giuseppe Balsamo pro- tagonista di questi episodi, un’età. Ebbene: alcuni parlano di 15 anni, altri di 16, altri

SeBook © Copyright Simonelli Editore 13 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania addirittura di 17. Al di là comunque dell’età, Giuseppe Balsamo torna davvero a Palermo e incomincia a vivere di espedienti. La sua abilità nel fabbricare e con- traffare medicinali e farmaceutici, gli permette di scoprire una straordinaria voca- zione nel riuscire a falsificare qualsiasi tipo di documento. Non c’è firma che non riesca ad imitare. Non c’è attestato che non sia in grado di ricostruire. Non c’è diplo- ma di studio o di benemerenza che non sappia sfornare. Risultato: in breve tempo sulla piazza di Palermo e dintorni, Giuseppe Balsamo diventa un falsario di grido. E sono a migliaia quelli che chiedono i suoi favori. Lui ascolta, vede, fabbrica documenti falsi e soprattutto se li fa spesso pagare un occhio della testa. Ma poi- ché i soldi non gli bastano mai, ne inventa di tutti i colori pur di avere il borsellino sempre pieno. Zio Matteo ha il forziere pieno, dispone di una notevole argenteria, ha monili d’oro in bella mostra sul comò? E chi se ne frega: presto zio Matteo si troverà senza un grammo d’argento o d’oro, perché tutta la “collezione” è finita al Monte di Pietà, men- tre Giuseppe Balsamo ha incassato l’equivalente in denaro messo a disposizione dal Banco dei Pegni. Viene programmata una prima teatrale, con prenotazione obbliga- toria, biglietti obbligatori e così via? Giuseppe Balsamo si presenta al botteghino, acquista un biglietto, poi si chiude nel suo laboratorio e fabbrica 100, 200, 300 bigliet- ti identici che consegna a loschi figuri, i quali si mettono a rivenderli all’80 per cento dei prezzi ‘ ufficiali. La sera della “prima” poi si presenta regolarmente il doppio degli spettatori previsti. Ed entra chi arriva per primo. Cosicché quelli che restano poi fuori, hanno in parte biglietti regolari e in parte no. Ma è difficile stabilire i veri dai falsi. Cosicché, per una manciata di minuti, sono grida e proteste. In un angolo, Giuseppe Balsamo se la ride: intanto la sua parte se l’è intascata! Ma l’arte di Giuseppe Balsamo, il giovinetto che da uomo sarà noto in Europa sotto il nome di Cagliostro, eccelle anche nelle truffe. Ci sarebbe da riferire tutto un campionario. Ma le truffe principali di quel periodo palermitano, sono forse tre. Cerchiamo di immaginarne il sottofondo e soprattutto la sostanza.

SeBook © Copyright Simonelli Editore 14 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania Truffa prima. C’è un nobiluomo della Conca d’Oro che per immediatezza d’im- magine e di linguaggio chiameremo Don Pippo, il quale è innamorato pazzo di una cugina di Giuseppe Balsamo, alla quale daremo le generalità convenzionali di donna Gabriella. Ebbene, il nobiluomo ha la sfortuna di parlarne con Balsamo. Don Pippo - Non riesco più a dormire. Ho vostra cugina nell’anima e nel cuore. Cagliostro - Ma perché disperarvene? Io posso intervenire per voi. Io posso aiu- tarvi. Don Pippo - No, voi non potete. Cagliostro - Io posso e vi assicuro che mia cugina donna Gabriella, avrà presto un vostro messaggio. Don Pippo - Ditele che io l’amo. Chiedetele se ho speranze. Cagliostro - Io intercederò per Voi. E, vi assicuro, con successo. Qualche tempo dopo il nobiluomo ha una risposta che lo lusinga. Cagliostro - Donna Gabriella ha perso il sonno per voi. Don Pippo - Per favore, non ditemelo, non avrei mai creduto. Cagliostro - È pazza di voi, vi dico. Certo, è una bella donna ed è corteggiatis- sima. Sarebbe meglio se provvedeste a incentivare il sentimento che ha per voi, con qualche regalino che vi ricordi sempre ai suoi occhi. Don Pippo - Ditemi e io non baderò a spese. Cagliostro - Mandategli un messaggio. Io lo consegnerò accompagnato dal regalino. C’è bisogno di dirlo? Né messaggio, né regalino (una collana in oro massiccio) arrivano a donna Gabriella: il primo finisce nella spazzatura, il secondo in casa dell’in- traprendente Balsamo, il quale però continua a illudere Don Pippo. E il nobiluomo riprende a scrivere altri messaggi e a inviare altri regalini. Finché una bella sera non s’accorge di essere stato ingannato: donna Gabriella, non solo non ha mai ricevuto nulla, ma gli grida in faccia di non mettersi certe idee per la testa. A Don Pippo non

SeBook © Copyright Simonelli Editore 15 SeBook - SimonellielectronicBook resta che denunciare il suo truffatore. Cosicché Giuseppe Balsamo scompare per alcune settimane dalla circolazione, pronto però a ordire un altro inganno. Truffa seconda. Il marchese Maurigi è disperato: vanta la proprietà di alcune terre. Però il testamento è scomparso. E se non lo esibisce al più presto, alcuni reli- giosi si impadroniranno di quei possedimenti. Ma, provvidenziale, ecco Giuseppe Balsamo, il quale, accompagnato da un sacerdote di campagna, certo don Atanasio, si presenta dal marchese e fa: “Eccellenza, nessuna paura, il testamento è qui”. E il nobile Maurigi, uno disposto a credere che pure i serpenti volano, abboc- ca davvero: che bel testamento, le terre sono sue! E mette nel borsello di Giuseppe Balsamo e del suo compare don Atanasio, una bella sommetta in denaro sonante. E i due naturalmente scompaiono. Quando così il marchese Maurigi s’accorge che il testamento è un falso, don Atanasio è irreperibile, Giuseppe Balsamo è irrag- giungibile. Truffa terza. Vive a Palermo un argentiere, la cui sete di ricchezza è insaziabi- le. Si chiama don Vincenzo Marano. Una mattina si vede avvicinare da Giuseppe Balsamo, Cagliostro in pectore, con una proposta che ha dell’incredibile. Cagliostro - Signore, posso confidarmi con voi? Murano - Giovanotto, dite pure, ma non fatemi perdere tempo. Cagliostro - Sapete che alle pendici del monte Pellegrino, i pirati nei tempi anda- ti hanno abbandonato un tesoro? Murano - Giovanotto, fatemi il piacere di non dire fesserie! Cagliostro - Voi le chiamate fesserie, io le chiamo ricchezze. Ho visto in sogno che si tratta di pietre preziose, zaffiri, diamanti. Qualcosa che, a occhio e croce, può valere anche 110 mila onze. Marono - Giovanotto, scusate, voi fate questi discorsi, ma non sarebbe meglio se, anziché parlare, andaste a prendervi questi tesori? Cagliostro - Certo che sarebbe meglio! Il guaio è che la zona è pattugliata da una squadriglia di diavoli. Per distrarli, corromperli e comunque neutralizzarli,

SeBook © Copyright Simonelli Editore 16 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania occorrono almeno 60 onze. È un anticipo sull’operazione, lo so. Io però non ho le 60 onze. Marono - Ma se io consentissi a darvi una mano, che dovrei fare? Cagliostro - Molto poco, mio signore. Oltre alle 60 onze, occorrono soltanto certi esorcismi. Innanzitutto per una settimana non dovete mangiare né carne, né gras- si. E poi dovete continuamente purgarvi. Poi, la sera dell’azione, portatevi tre gal- letti bianchi, tre galletti rossi e tre galletti neri. Non dimenticate naturalmente una vanga e alcune torce. Quindi andate sul posto, recitando pater noster, avemarie e giaculatorie. Il resto verrà da sé. L’argentiere a questo punto raccomanda di non far parola con nessuno. E pun- tigliosamente si prepara all’impresa. Raggiunge la grotta e si mette a scavare. Pochi minuti prima della mezzanotte arriva anche Giuseppe Balsamo: gli fa bere un bicchiere d’acqua benedetta e gli ordina di tenerne un sorso in bocca in modo che nessuno spirito maligno possa entrargli in corpo. Poi gli tura le orecchie con due spicchi di cera e gli cosparge naso, guance e gola di una polverina acida per tenere lontani i folletti della notte. Infine da al Marano la vanga. E l’argentiere comincia a scavare. Ma dal buio, sbucano quattro fantasmi che cercano d’ac- chiapparlo e di bastonarlo. Allora lui fugge e ritorna a Palermo. Arrivato a casa, si butta nel letto e ringrazia il Signore per lo scampato pericolo. È convinto che Giuseppe Balsamo ci abbia rimesso la vita o che comunque sia stato rapito dai fan- tasmi. Ma quando lo rivede in grande forma per le vie di Palermo, capisce la trap- pola in cui è caduto. E comprende soprattutto di essere stato alleggerito di 60 onze. Si prepara a sporgere denuncia alle autorità. Ma Giuseppe Balsamo è già scom- parso: la sua destinazione è Messina. Nella fantasia di Giuseppe Balsamo, la Città dello Stretto ha sempre esercitato un grosso fascino. Non dimentichiamo che qui abita quel Giuseppe Cagliostro, marito della donna che l’ha tenuto a battesimo, per il quale nutre un’autentica ammirazione al punto di prendere anche lui il nome Cagliostro. E poi Messina ha

SeBook © Copyright Simonelli Editore 17 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania una storia su cui Giuseppe Balsamo si trova spesso a riflettere. Balsamo di Messina sa quasi tutto. Sa che un tempo si chiamava “Zancle”, fondata nel 725 avanti Cristo da Calcidesi di Cuma, di Nasso e dell’Eubea. La città però diventava “Messana” o “Messene” quando il tiranno Anassila la indicò come rifugio di profu- ghi messeni. Distrutta dai Cartaginesi nel 396, veniva subito ricostruita da Dionigi il Vecchio di Siracusa, poi cadeva in mano a Dione, Ippone, Timoleonte, Agatocle e infine veniva conquistata dai Mamertini. Dopo lo splendore datole dai Romani, Messana diventava Messina, veniva conquistata dai Saraceni (843), dai Normanni (1061), dagli Svevi, dagli Angiò (1282), dagli Aragonesi, dagli Spagnoli, dai Francesi. Privata della sua autonomia politica e amministrativa, Messina perdeva anche importanza strategica. Ma restava una città piena d’orgoglio e di tradizioni storiche. Il 1743, l’anno appunto in cui è nato Giuseppe Balsamo, detto Cagliostro, Messina è stata colpita da una tremenda calamità, la peste bubbonica, che in un amen ha mandato al Creatore oltre 40 mila persone. Per raggiungere Messina da Palermo, via mare, Balsamo ci impiega circa 5 giorni. Ed è una navigazione inquieta, tra mille pericoli, in un mare di tempesta. Lo Stretto di Messina è un braccio di mare a forma di imbuto che separa la Sicilia dalla penisola e mette in comunicazione il mare Ionio con il mar Tirreno. Lungo da Nord a Sud 33 chilometri circa, ha una larghezza minima di 3 chilometri e massima di 16. Le correnti raggiungono una velocità sino a 9 chilometri orari, che sono accom- pagnate da controcorrenti laterali chiamate “bastardi” e da vortici detti “garofali” o’”refoli”, cui è legata la leggenda di Scilla e Cariddi. Pare che in un primo momento Giuseppe Balsamo intenda comunque restare a Messina il minor tempo possibile: vuole meditare, vuole impadronirsi dei segreti della chimica e dell’alchimia facendo esperimenti in località quasi irraggiungibili all’interno della provincia, che si estende anche sui monti Peloritani dal rilievo aspro e roccioso e, sul versante settentrionale, sui monti dei Nebrodi (o Caronie), costi- tuiti da terreni argillosi, franosi, ricoperti di boschi. Qualcuno ha addirittura parlato

SeBook © Copyright Simonelli Editore 18 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania a Balsamo di una località sui Nebrodi, quella che diventerà Monte Soro, 1847 sul livello del mare: qui non lo raggiungeranno né gendarmi, né mandati di cattura; qui avrà tutto il tempo per isolarsi e meditare formule. Ma Balsamo improvvisamente cambia idea: non andrà sui Nebrodi. Si fermerà a Messina. E così prende alloggio in una piccola locanda, a cento metri dal porto.

CAPITOLO II

IL PLAGIO DELL’ALCHIMIA

C’è una parola che da secoli affascina la mente umana, la turba, la indispetti- sce. È la parola alchimia. Siete docenti? Provate a pronunciarla in scuola: evocherà riti magici, formule segrete, scongiuri e predizioni. Siete attori? Provate a pronun- ciarla sul palcoscenico: avrete silenzio e attenzione. Siete soltanto uomini della strada, casalinghe, gente comune? Provate a dirla al vicino di casa: vi guarderà con fare sospetto, come se aveste invocato il diavolo o comunque certe streghe che hanno dominato nei secoli. Eppure alchimia deriva soltanto dal latino “alchemia”, dall’arabo “ak-kimia”, dal greco “chemia”. E, in tutti i tre casi vuoi dire “mescolanza”, il guaio è che periodi- camente nei secoli in questa “mescolanza” ognuno ci ha visto quel che ha voluto. Alchimia uguale marchingegno, alchimia uguale stregoneria, alchimia uguale per- fezione. E così via. Durante le sue giornate a Messina, Giuseppe Balsamo, cioè il Cagliostro di que- sta storia, incontra un tizio loquace, che si autodefinisce “importante” e che rispon- de al nome di Altotas. Questo signore non ha origine, né città, né antenati accertati. È insomma un signore Altotas e basta. Però ha modi così suadenti che in

SeBook © Copyright Simonelli Editore 19 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania Cagliostro lasciano subito una traccia. Non dimentichiamo che il caro “Peppino” Balsamo già dai tempi della sua permanenza presso il convento di Caltagirone ha in gran culto formule magiche e alambicchi. Figurarsi quindi cosa succede non ap- pena Altotas incomincia a parlargli di alchimia. Sissignori, secondo Altotas, l’alchi- mia è la base del mondo e della vita. E non possiamo non immaginare che tipo di discorsi faccia Altotas al suo allievo, per convincerlo sulla bontà di certe idee. Deve avergli detto frasi di questo genere: “Vedi, Peppino, l’alchimia è vecchia quanto il mondo. Ne sono stati maestri gli Egizi. Ne sono stati cultori gli Indiani. Ne sono stati divulgatori i Cinesi. Poi se ne sono impadroniti gli Arabi. E infine, dal- l’undicesimo secolo dopo Cristo, il verbo dell’alchimia ha dilagato nel mondo”. E allora ecco Cagliostro, prontissimo a ribattere: “Signore, in fondo qual’è il potere più grande dell’alchimia?”. E Altotas, serissimo e compito: “Giovanotto, le sostanze obbediscono alla legge delle trasformazioni permanenti. Ebbene, l’alchimia condu- ce alla scoperta della pietra filosofale. E con la pietra filosofale si può ottenere tutto: persino la possibilità di trasformare qualsiasi metallo in oro o in argento”. Per Altotas ben presto Cagliostro mostra una specie di venerazione: d’altronde come non si può non ammirare un uomo il quale candidamente confessa di aver trovato il segreto della “pietra filosofale” o che comunque è pronto a trame i van- taggi? A Balsamo non passa minimamente per la testa di andare al nocciolo del problema: la “pietra filosofale” è sempre esistita nella fantasia degli inventori da che mondo è mondo, mai però è diventata concretezza: insomma è sempre stata la grande aspirazione umana di conoscere i segreti della materia per dominarla. Cagliostro però non ha mai alcun dubbio né sull’alchimia, né sulle presunte doti della “pietra filosofale”. Certo, con il senno del poi si tratta di stabilire se è stata con- vinzione oppure opportunismo. Un fatto è certo: mentre Giuseppe Balsamo sta a Messina, egli beve letteralmente ogni “principio” e ogni “verità” firmata dalla viva voce di Altotas. È un’epoca in cui chi è solerte e attivo ha molte più chances rispet- to a chi è pigro e subisce. Tra ricchi e poveri c’è un abisso: i primi possono fare quel

SeBook © Copyright Simonelli Editore 20 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania che credono, i secondi possono considerarsi contenti e paghi se, entro sera, rie- scono a racimolare un buon piatto di minestra. Non solo: tra ricchi e poveri, non c’è nessun contatto, neppure attraverso l’elemosina. I ricchi stanno con i ricchi. I pove- ri stanno con i poveri. Cosicché per i ricchi è un susseguirsi di tavole imbandite e di soprusi. Per i poveri è invece una carrellata di umiliazioni e di attese. Cosa c’è però che è nei sogni degli uni e degli altri? Semplice: la “pietra filosofale”, quel qual- cosa insomma che può consentire ai ricchi di diventare potenti e ai poveri di diven- tare ricchi. In questa “filosofìa” ce n’è d’avanzo per capire perché Altotas e il suo allievo Cagliostro, in una Messina ancora bigotta e piena di pregiudizi, riescano a farsi una certa fama. Quando poi i due si mettono pure a predicare che la “pietra filosofale” rende incorruttibile la materia umana e, provaci oggi, provaci domani, può persino dare l’elisir di lunga vita, allora Messina fa da tam-tam all’alchimia e alle sue formule che potranno salvare il mondo.

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INDICE

Prefazione

Cap. I - L’arte della truffa

Cap. II - II plagio dell’alchimia

Cap. III - La cara mogliettina

Cap. IV - II piacere della vendetta

Cap. V - La carriera del “venerabile”

Cap. VI - L’evocazione dei morti

Cap. VII - Alchimista e “gran guaritore”

Cap. VIII - Verso il successo di Parigi

Cap. IX -L’”affare” del collier

Cap. X - Con le spie alle calcagne

SeBook © Copyright Simonelli Editore 22 SeBook - SimonellielectronicBook Cagliostro di Enzo Catania Cap. XI -I “miracoli” di Rovereto

Cap. XII - Manette per un “profeta”

Cap. XIII -Nelle maglie del Sant’Uffizio

Cap. XIV - Morte nella rocca

Bibliografia

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Enzo Catania, giornalista e scrittore: ha curato inchieste sui più scottanti avve- nimenti politici, di attualità e costume. Ha firmato anche reportages e interviste esclusive per autorevoli rotocalchi, radio, televisioni, giornali, periodici e quotidiani online italiani e stranieri. Classe 1940, nativo di S. Teodoro (Messina), perla dei Nebrodi a un chilometro da Cesarò, si trasferì all'età di 20 anni a Milano dopo aver esordito con corrispondenze varie su quotidiani siciliani, iniziando la carriera di giornalista professionista a "Tempo Illustrato", uno dei più popolari e settimanali degli anni '60-'70, sotto le quattro direzioni (con editori diversi) di Arturo Tofanelli, Nicola Cattedra, Guglielmo Zucconi e Carlo Gregoretti, nelle mansioni prima di redattore, poi di inviato speciale, capo della redazione romana ed editorialista. Assunto al quotidiano "Il Giorno" da Gaetano Afeltra, che al timone dell'allora quo- tidiano dell'Eni era arrivato dopo Gaetano Baldacci e Italo Pietra, è stato nominato capocronista, con ampia possibilità di grandi inchieste e commenti. Con l'arrivo di Guglielmo Zucconi al Giorno (vicario Pierluigi Magnaschi) è diventato anche vice- direttore con responsabilità sulle edizioni locali, editorialista, inchiestista per terro- rismo, mafia, criminalità organizzata, costume, eccetera. Poi le strade con Zucconi si sono separate ma per anni Catania è stato sempre al Giorno come condirettore, poi come direttore sino al 27 febbraio 1997. Da allora ha avuto diverse offerte ma è rimasto libero professionista e ha ripreso spesso a lavorare anche in televisione, come già gli era accaduto in passato.

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