Trapani, caccia al superboss : il cerchio si stringe ancora

TRAPANI – La Polizia di Stato di Trapani, in collaborazione con i Reparti Prevenzione Crimine della Sicilia e della Calabria, di unità cinofile e del Reparto Volo di , su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha eseguito numerose perquisizioni e arresti nei confronti dei favoreggiatori di Matteo Messina Denaro.

15 indagati a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi, favoreggiamento della latitanza del boss mafioso

Perquisita anche l´abitazione di , residenza anagrafica del latitante Messina Denaro. L’indagine, denominata “ERMES Fase 3”, ha disvelato che i 15 indagati, membri o contigui dei mandamenti mafiosi di e di Castelvetrano, si sono adoperati per garantirne gli interessi economici, il controllo del territorio e delle attività produttive da parte dell´associazione e per aver favorito, in passato, la comunicazione riservata con il latitante Matteo Messina Denaro.

Le attività investigative hanno fatto luce sugli interessi economici e sui rapporti fra i sodali del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, e sui rapporti che il capo mafia mazarese, deceduto in data 13/07/2017, intratteneva con altri appartenenti alla famiglia mafiosa di , di Campobello di Mazara e di Castelvetrano.

Nel corso di incontri riservati e attraverso lo scambio di “pizzini” si decideva il compimento di estorsioni nella compravendita di fondi agricoli e nell´esecuzione di lavori pubblici. L´indagine ha dimostrato anche l´intestazione fittizia di beni riconducibili a mafiosi e l´intervento dell´organizzazione per risolvere partite di debito/credito fra soggetti vicini alle “famiglie”. Le decisioni in merito ad alcune estorsioni venivano assunte su indicazione diretta del latitante Matteo Messina Denaro.

Dalle indagini è emerso che uno degli indagati ha costituito un punto di riferimento nel segreto circuito di comunicazioni finalizzate alla veicolazione dei “pizzini” del latitante Matteo Messina Denaro

E´ intervenuto nella risoluzione dei conflitti interni alla consorteria mafiosa o comunque per essa rilevanti; ha partecipato ad incontri e riunioni riservate con altri membri dell´organizzazione mafiosa, anche finalizzati allo scambio di informazioni e ha mantenuto contatti con altri esponenti di vertice dell´associazione. Anche un altro soggetto ha partecipato a riunioni e incontri con altri membri dell´organizzazione e ha favorito lo scambio di informazioni, anche operative, con membri e vertici delle famiglie mafiose della Provincia di Trapani e di altre province. Il soggetto è anche intervenuto nella risoluzione dei conflitti interni alla consorteria mafiosa e si è imposto nel territorio quale imprenditore del settore di carburanti in posizione dominante in forza dalla sua appartenenza a “cosa nostra”. Tale soggetto è indagato, in concorso, anche per aver costretto, con l´intimidazione mafiosa, un dipendente di una società per la vendita di carburanti di Campobello di Mazara a rassegnare le proprie dimissioni, rinunciando al pagamento degli stipendi arretrati ed alle altre spettanze economiche derivanti dal suo rapporto di lavoro.

L´indagato era stato condannato per aver favorito la latitanza di un noto boss mafioso e successivamente per danneggiamento aggravato ai danni dell´abitazione di un uomo politico di Castelvetrano. L´attività investigative hanno dimostrato che l’assoggettamento del territorio e il controllo delle attività economico-imprenditoriali passava attraverso minacce e azioni violente, per la realizzazione delle quali era fondamentale un costante scambio di informazioni fra i vertici delle varie famiglie della provincia. Sono state documentate le pressioni estorsive esercitate su un agricoltore marsalese, al fine di costringerlo a cedere a un membro dell´associazione un appezzamento di terreno, che invece avrebbe voluto acquistare per sè.

Le indagini hanno fatto luce anche sui contrasti fra uno degli indagati mafiosi e alcuni imprenditori agricoli e allevatori e su gli incontri tra mafiosi finalizzati a ricercare una soluzione. L´intervento di “cosa nostra” era essenziale anche per risolvere dissidi per l´utilizzo di alcuni fondi agricoli e per il pascolo nelle campagne di Castelvetrano. Attraverso le attività tecniche di intercettazione è stato disvelato il tentativo di estorsione nei confronti degli eredi del defunto boss mafioso campobellese, affinchè cedessero la proprietà di un vasto appezzamento di terreno in contrada Zangara di Castelvetrano, appartenuto al boss . Le minacce dalla mafiosa di Campobello, rappresentata dal boss mafioso, furono avallate anche da una lettera intimidatoria attribuita al latitante Matteo Messina Denaro, risalente al 2013.

Trapani, caccia al boss Matteo Messina Denaro: 19 persone indagate su ordine della DDA di Palermo

TRAPANI – La Polizia di Stato di Trapani ha eseguito una serie di perquisizioni a Castelvetrano, Mazara del Vallo, Partanna, e Campobello di Mazara, finalizzate a colpire la rete di fiancheggiatori del latitante Matteo Messina Denaro e a raccogliere ulteriori elementi utili alla sua cattura. Sono 19 gli indagati dell’operazione condotta dalla Polizia di Stato e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.

Si tratta di soggetti che, nel corso degli anni, sono stati arrestati per associazione mafiosa o che hanno avuto collegamenti e frequentazioni con appartenenti a “Cosa Nostra”. Fra loro vi sono anche alcune persone che, storicamente, sono state in stretti rapporti con il latitante Matteo Messina Denaro. Ora, la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, su segnalazione della Polizia di Stato, li ha sottoposti a una nuova indagine perché sospettati di agevolare la latitanza del capomafia della provincia di Trapani.

130 uomini del Servizio Centrale Operativo di Roma, delle Squadre Mobili di Palermo e di Trapani e del Reparto Prevenzione Crimine di Palermo, con il supporto di un elicottero del Reparto Volo di Palermo, hanno perquisito edifici e abitazioni di persone legate al boss latitante. Sono state impegnate anche diverse unità cinofile antiesplosivo e antidroga.

Gli investigatori della Polizia hanno utilizzato anche attrezzature speciali per verificare l’esistenza di cavità o nascondigli all’interno degli edifici.

Nel mese di gennaio e di giugno dell’anno scorso, complessivamente altri trentacinque mafiosi erano stati iscritti nel registro degli indagati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo quali fiancheggiatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro ed erano stati sottoposti a perquisizione dagli investigatori della Polizia di Stato.

Trapani, caccia a Matteo Messina Denaro: blitz contro i fiancheggiatori. I boss di Castelvetrano nascondono i “pizzini” https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2018/06/se tl7dagb2vxfrik.mp4

TRAPANI – Blitz della Polizia contro la rete di fiancheggiatori che protegge la latitanza del boss Matteo Messina Denaro: dall’alba sono in corso una serie di perquisizioni disposte dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo in diversi comuni della provincia di Trapani.

17 gli indagati nella nuova inchiesta

Le perquisizioni sono scattate a Castelvetrano, Mazara del Vallo, Partanna, Santa Ninfa, Salaparuta e Campobello di Mazara nei confronti di soggetti che nel corso degli anni sono stati arrestati per associazione mafiosa o che hanno avuto collegamenti con personaggi riconducibili a Cosa Nostra. Tra i 17 indagati anche persone che storicamente hanno avuto stretti rapporti con Messina Denaro. Oltre 150 uomini del Servizio centrale operativo (Sco), delle squadre mobili di Trapani e Palermo e del Reparto prevenzione crimine stanno perquisendo abitazioni, terreni, attività commerciali e imprenditoriali – anche con strumenti in grado di individuare covi o bunker nascosti – con l’obiettivo di raccogliere ogni possibile elemento utile alla cattura del boss. Il blitz arriva a poco più di un mese da un’altra indagine della Dda che ha portato in carcere 21 persone tra boss e gregari dei clan di Castelvetrano, Partanna e Mazara del Vallo. A dicembre altri 30 presunti mafiosi erano finiti indagati dalla Dda sempre per aver favorito la latitanza di Messina Denaro.

Trapani, individuata la rete dei pizzini di Matteo Messina Denaro: 22 arresti TRAPANI – Individuata la rete relazionale funzionale allo smistamento dei “pizzini” con i quali Matteo Messina Denaro impartiva le disposizioni ai suoi sodali.

L´operazione della Polizia, e D.I.A.., coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha confermato il perdurante ruolo apicale di Matteo Messina Denaro della provincia mafiosa trapanese e quello di reggente del mandamento di Castelvetrano assunto da un cognato, in conseguenza dell´arresto di altri membri del circuito familiare.

Si stringe dunque il cerchio sul capo di cosa nostra Matteo Messina Denaro:

Polizia, Carabinieri e Direzione investigativa antimafia (Dia) stanno eseguendo un provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Palermo nei confronti di 22 presunti affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna (Trapani). L’indagine che ha portato al blitz in provincia di Trapani, con il fermo di una ventina tra presunti boss e fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei ‘pizzini’ con i quali dava le disposizioni agli affiliati. Le indagini di Polizia, Carabinieri e Dia, inoltre, hanno confermato sia il ruolo di vertice di Messina Denaro sulla provincia di Trapani sia quello del cognato, reggente del mandamento di Castelvetrano in seguito all’arresto di altri familiari.

Pedinamenti, appostamenti e intercettazioni hanno ribadito come cosa nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale. Tra gli arrestati ci sono anche due cognati del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. Si tratta di Gaspare Como e Rosario Allegra, i mariti di Bice e Giovanna Messina Denaro. Secondo gli inquirenti sarebbero stati proprio loro a organizzare la latitanza della primula rossa ricercata dal 1993. Il legame di sangue guida il boss latitante Matteo Messina Denaro nella scelta degli uomini a cui affidare affari e gestione delle attivit illecite. Il vincolo mafioso finisce col coincidere con quello familiare. Le indagini nel tempo hanno individuato al vertice delle cosche il cognato del capomafia Filippo Guttadauro, poi il fratello Salvatore Messina Denaro, quindi il cognato Vincenzo Panicola e il cugino Giovanni Filardo. E ancora il cugino acquisito Lorenzo Cimarosa, poi pentitosi, la sorella Patrizia Messina Denaro, i nipoti Francesco Guttadauro e Luca Bellomo. , MAFIA: SGOMINATA RETE DI MATTEO MESSINA DENARO

Redazione

Agrigento – Un’osperazione dei Carabinieri del Ros e del comando provinciale di Agrigento ha portato all’arresto di sette persone per associazione mafiosa accusate. L’operazione ha portato in carcere i presunti fiancheggiare del superboss Matteo Messina Denaro ed è stata denominata Triokola, nome antico di Caltabellotta, luogo da cui ha avuto origine l’inchiesta. A finire in manette sono stati Giuseppe Genova, su cui pende l’accusa di essere il capo della famiglia mafiosa di Burgio (Ag), Andrea e Salvatore La Puma, rispettivamente padre e figlio, Vincenzo Buscemi, Gaspare Ciaccio, Massimo Tarantino, Luigi Alberto La Scala. Gli arresti sono stati eseguiti tra e Burgio. Gli inquirenti ritengono che i fiancheggiatori avrebbero “bonificato” le campagne della zona per consentire gli incontri tra i mafiosi con il presunto boss Leo Sutera, arrestato in un primo momento e poi rimesso in libertà, gli investigatori lo ritengono vicino a Matteo Messina Denaro. MATTEO MESSINA DENARO: LA PAGINA FACEBOOK A LUI DEDICATA E' STATA RIMOSSA

di Angelo Barraco

Castelvetrano (TP)– La pagina facebook “Matteo Messina Denaro – L’ultimo Padrino di Cosa Nostra” è stata rimossa e non esiste più, a seguito del nostro articolo sulla pagina era cresciuto il numero degli insulti verso coloro che l’hanno creata e vi era una presa di coscienza sull’operato degli eroi dello Stato morti per mano della mafia, inoltre molti nostri lettori si erano indignati per la presenza sul web di una pagina di questo tipo e con questi contenuti.

Ma bisogna ricordare inoltre che il 5 gennaio è una data significativa per i siciliani poiché nel lontano 5 gennaio 1948 nacque Giuseppe “Peppino” Impastato, un giornalista, attivista che dalla sua Radio Aut ha combattuto la mafia di , Palermo, denunciando raccontando e per questo motivo è stato ucciso. La lotta al fenomeno mafioso deve essere costante e non bisogna pensare che il nemico sia sconfitto perché da un momento all’altro può tornare più agguerrito che mai. Da un po’ di tempo, la pagina facebook pubblica chiamata “Matteo Messina Denaro – L’Ultimo Padrino di Cosa Nostra”era attiva e aveva un gruppo di circa 1.268 sostenitori all’attivo. Ma come mai non è stata rimossa prima una pagina del genere? Per Natale era comparso il seguente messaggio: “Buon Anno 2016 ‪#‎By‬ Matteo Messina Denaro "L'ultimo Padrino di Cosa Nostra", si proprio così, esiste una pagina facebook con 1268 seguaci che si chiama “Matteo Messina Denaro – L’ultimo Padrino di Cosa Nostra”, dove il primo gennaio del 2016 alle 16.19 è stata pubblicata una foto del superlatitante con su scritto “Matteo Messina Denaro Happy New Year 2016”. A firma Matteo Messina Denaro – L’ultimo Padrino di Cosa Nostra appare il messaggio “Ancora una volta ho stappato bottiglie di (Champagne) A fiume. Buon anno a tutti gli (Amici) tranne che gli "INFAMI". Ah dimenticavo: Faccio il mio carissimo augurio di buon anno allo stato italiano con un messaggio: "MORTE A VOI E SALUTE A MIA". La pagina è stata rimossa. “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”, .

MATTEO MESSINA DENARO: IL BOSS SPOPOLA SUI SOCIAL di Angelo Barraco

Castelvetrano – Giovanni Falcone, , Peppino Impastato, sono alcuni nomi di soggetti che in prima persona hanno affrontato il fenomeno mafioso radicato in Sicilia, hanno lottato questo male incurabile che affligge l’isola, ci hanno messo la faccia, hanno urlato no alla mafia e sono stati ammazzati. Paolo Borsellino diceva: “La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. Ma c’è una frase di Borsellino che è l’emblema del discorso che stiamo per introdurre, ovvero “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. E nell’era post stragi, quando le coscienze dovrebbero maturare un certo distacco verso la mentalità arcaica, quando si dovrebbe prendere coscienza del lavoro svolto da coloro che sono caduti combattendo contro la mafia, che succede? “Buon Anno 2016 ‪#‎By‬ Matteo Messina Denaro "L'ultimo Padrino di Cosa Nostra", si proprio così, esiste una pagina facebook con 1268 seguaci che si chiama “Matteo Messina Denaro – L’ultimo Padrino di Cosa Nostra”, dove il primo gennaio del 2016 alle 16.19 è stata pubblicata una foto del superlatitante con su scritto “Matteo Messina Denaro Happy New Year 2016”. A firma Matteo Messina Denaro – L’ultimo Padrino di Cosa Nostra appare il messaggio “Ancora una volta ho stappato bottiglie di (Champagne) A fiume. Buon anno a tutti gli (Amici) tranne che gli "INFAMI". Ah dimenticavo: Faccio il mio carissimo augurio di buon anno allo stato italiano con un messaggio: "MORTE A VOI E SALUTE A MIA". Molti sono i soggetti che ricambiano gli auguri come se parlassero direttamente con il boss. Ma dove sono finiti gli insegnamenti di Falcone, Borsellino, Impastato e tutti i caduti? Nella pagina c’è anche chi sottolinea l’indecenza e l’offesa alla memoria ai servitori dello Stato. “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”, Giovanni Falcone.

CASTELVETRANO E "COSA NOSTRA": TERRA BRUCIATA ATTORNO MATTEO MESSINA DENARO di Andrea Li Causi

Trapani – Stamane i Carabinieri di Trapani hanno tratto in arresto, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, quattro soggetti affiliati alle famiglie mafiose di e Corso dei mille (PA), tutti indagati per rapina, ricettazione aggravata dalle finalità mafiose. L’esecuzione del provvedimento costituisce la prosecuzione dell’operazione denominata “Eden 2” che nel 2014 aveva riscontrato il coinvolgimento delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Palermo (Corso dei Mille) come responsabili di una rapina presso una ditta di spedizioni di Campobello di Mazara (TP), facente parte del patrimonio aziendale della società A.G. trasporti, che era stata posta sotto sequestro nell’ambito del procedimento di prevenzione ai danni dell’imprenditore palermitano Cesare Lupo, prestanome dei fratelli Graviano. L’esito finale dell’operazione aveva portato a provvedimenti nei confronti di ben 14 soggetti, tra cui anche Girolamo Bellomo, cognato di Francesco Guttadauro e nipote acquisito del superlatitante Matteo Messina Denaro. I collaboratori di giustizia hanno confermato la presenza degli attuali indagati sulla sopracitata rapina. Il soggetto che spicca in questa vicenda è Giorgio Provenzano, esponente del clan di Bagheria, già tratto in arresto nella precedente operazione “Eden 2”, che è nipote di Vernengo Ruggero, esponente mafioso della famiglia di “Corso dei Mille”. L’uomo si è attivato nel coinvolgere, per il tramite di Francesco Guttadauro, la famiglia mafiosa di Castelvetrano nella realizzazione della citata rapina al deposito di Campobello di Mazara (TP); reperire le autovetture e le pettorine recanti la scritta “polizia”, da utilizzare nel corso della attività criminosa; definire le modalità di spartizione dei proventi della rapina a favore delle famiglie mafiose di Bagheria, Castelvetrano e Corso dei mille. Il provvedimento ha raggiunto due soggetti che facevano parte del gruppo dei rapinatori ovvero Michele Musso e Domenico Amari e Alessandro Rizzo che era incaricato di vendere la merce rubata. L’indagine rappresenta un ulteriore tassello per l’arresto di Matteo Messina Denaro.

MATTEO MESSINA DENARO: A CASTELVETRANO ANNULLATO IL MEMORIAL PER IL FIGLIOCCIO DEL SUPER BOSS di Andrea Li Causi

Castelvetrano (TP)– L’Amministrazione Comunale di Castelvetrano ha annullato la partita tra Marsala e Folgore in memoria di Paolo Forte, amico intimo e figlioccio del superboss Matteo Messina Denaro. Il Sindaco di Castelvetrano, Felice Errante, scrive in un comunicato che è fortemente indignato per la campagna mediatica che si è scatenata per una infelice scelta operata dalla società di intestare un memorial a Paolo Forte e scrive nel comunicato: “In ordine alla partita di calcio che la società Folgore avrebbe dovuto disputare giovedì con il Marsala, ho chiesto ed ottenuto dal presidente Gaspare Raineri l'annullamento dell'incontro. – aggiunge che- di fronte al nostro impegno quotidiano ed alla battaglia in favore dell’affermazione della legalità che la mia comunità, continua a portare avanti con sacrificio, pretendo un maggiore rispetto da parte degli organi di informazione. A quei giornalisti che con troppa sufficienza attribuiscono patenti di mafiosità chiedo di trascorrere qualche giorno nel nostro territorio, di parlare con la gente, di conoscere i fatti, e sono certo che la loro opinione muterà radicalmente”

Anche l’associazione Libera scrive una nota: “Lo sport è occasione educativa dove poter sperimentare valori quali la solidarietà, la condivisione, il sacrificio,il rispetto delle regole. Quando un torneo di calcio viene dedicato alla memoria di qualcuno lo si fa perchè, in qualche modo, si vuole rendere omaggio a chi, in vita, ha incarnato valori sani, grazie al suo comportamento, che si intendono proporre come esempi cui richiamarsi per il futuro. I memorial hanno questo scopo”. Prosegue il comunicato: “Libera in questi anni ha più volte organizzato eventi sportivi dedicati alla memoria di vittime di mafia o, comunque, a persone il cui ricordo costituisce occasione per sensibilizzare alla crescita sociale e civile”. Aggiunge inoltre: “Per queste semplici ragioni non può non destare meraviglia e disappunto la notizia del memorial di calcio dedicato a Paolo Forte, ossia a chi ha messo la propria vita al servizio non della collettività, o del bene comune, o del rispetto dei valori fondanti il positivo vivere civile, bensì al servizio della mafia e dei suoi più rappresentativi esponenti, tra i quali il mafioso latitante Matteo Messina Denaro”.

Ma chi era Paolo Forte? Era uno degli amici più intimi del super boss Matteo Messina Denaro, Forte risultava inoltre coinvolto in diverse indagini di mafia ed era ritenuto dagli inquirenti un uomo d’onore della temuta famiglia mafiosa di Castelvetrano. Paolo Forte è morto a 54 anni nell’ottobre del 2012 a seguito di un infarto fulminante, prima di morire era monitorato giorno e notte dai carabinieri poiché erano sicuri che di li a poco li avrebbe condotti nella tana del superlatitante. La morte lo ha sottratto al maxiblitz che ha smantellato in quel periodo parte del mandamento di Castelvetrano. L’uomo era un imprenditore e aveva un distributore di benzina sullo svincolo A29. Era finito in carcere nel 1996 per i suoi rapporti con Matteo Messina Denaro ma non solo, Paolo Forte aveva dato il suo contributo alle stragi del 93 dando una mano ad un affiliato, Antonio Scarano; un pugliese che risiedeva a Triscina. Nell’ordinanza si apprende inoltre che i suoi rapporti con le cosche non si erano mai interrotti e lui si adoperava in prima persona sul business dell’eolico in Sicilia e a Castelvetrano era uno dei mafiosi di spicco. Al suo funerale avrebbero partecipato, oltre semplici conoscenti, anche esponenti mafiosi della provincia di Trapani.

MATTEO MESSINA DENARO: SI STRINGE IL CERCHIO ATTORNO AL SUPERLATITANTE

di Andrea Li Causi

Trapani – Il cerchio intorno al superlatitante Matteo Messina Denaro si stringe sempre di più, il boss è stato privato in precedenti operazioni della sua famiglia che è stata messa dietro le sbarre e pochi giorni fa è toccato ad 11 suoi fidatissimi fiancheggiatori che hanno favorito la latitanza del superboss di Cosa Nostra. Ricordiamo inoltre che l’operazione che ha portato all’arresto degli undici fedelissimi fiancheggiatori è stata eseguita dalle Mobili di Palermo e Trapani con il coordinamento dello Sco e la partecipazione del Ros dei Carabinieri. I fedelissimi di Matteo Messina Denaro sono: Giovanni Loretta, 42 anni, Leonardo Agueci, 27 anni, Pietro Giambalvo 77 anni, Vincenzo Giambalvo 38 anni, Giovanni Scimonelli 48 anni, Vito Gondola 77 anni, Giovanni Mattarella 49 anni, Michele Terranova 45 anni, Sergio Giglio 46 anni, Michele Gucciardi 61 anni e Ugo Di Leonardo, 73 anni.

Ma la rete si stringe sempre di più e il boss è sempre più braccato e solo, oggi è stata compiuta un’altra operazione che ha cagionato gli interessi del boss, sono stati confiscati beni per 600.000 euro a Gaspare Como, cognato del boss. Como è un commerciante di Castelvetrano ed è pregiudicato per associazione a delinquere ed estorsione ed è ai domiciliari per indagini antimafia. Per l’uomo è stata disposta la sorveglianza speciale e obbligo di residenza per 4 anni nel comune di residenza. La confisca riguarda imprese, beni mobili e immobili e autovetture.

CONDANNATA A 13 ANNI LA SORELLA DI MATTEO MESSINA DENARO di Angelo Barraco

Patrizia Messina Denaro, sorella del super boss latitante, è stata condannata dal Tribunale di Marsala a 13 anni, invece il nipote del boss di Castelvetrano Francesco Guttadauro è stato condannato a 16 anni. L’udienza è stata presieduta da Gioacchino Natoli. I reati che erano stati contestati a Patrizia Messina Denaro erano stati: associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione. Il tribunale ha riqualificato l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e ha assolto la donna dall’accusa di estorsione. Per il nipote del boss Francesco Guttadauro le accuse inizialmente contestate erano: tentata estorsione e associazione mafiosa, tali accuse sono state confermate dal Tribunale. I giudici hanno anche condannato a tre anni l’imprenditore Vincenzo Torino, accusato di intestazione fittizia. E’ stato assolto invece Antonino Lo Suto che era stato imputato per mafia, assolto anche Girolamo La Cascia accusato di favoreggiamento. L’indagine nasce nel dicembre del 2013 e fece luce sulla fitta rete di collegamenti del boss dove è emerso che la sorella aveva un ruolo molto importante poiché reggeva l’organizzazione.