LA MUSICA DEI GIUSTI Dieci Ritratti Musicali Di Giusti Tra Le Nazioni

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LA MUSICA DEI GIUSTI Dieci Ritratti Musicali Di Giusti Tra Le Nazioni LA MUSICA DEI GIUSTI Dieci ritratti musicali di Giusti tra le Nazioni CARLO ANGELA, OSKAR SCHINDLER, GIORGIO PERLASCA, GINO BARTALI, WILM HOSENFELD, KIPRAS PETRAUSKAS, ELENA PETRAUSKIENE, GOTTFRIED VON EINEM, LORENZO PERRONE, RAOUL WALLENBERG Un progetto a cura di Erik Battaglia e Claudio Voghera Olivia Manescalchi, voce recitante G IORNO DELLA M EMORIA 27 GENNAIO 2018 ORE 21.00 SALONE DEL CONSERVATORIO “G. VERDI” – TORINO Iniziativa realizzata con il sostegno del Consiglio Regionale del Piemonte e del Comitato Resistenza e Costituzione. Scuola di Composizione di Giorgio Colombo Taccani Scuola di Esercitazioni corali di Dario Tabbia Dipartimento di Jazz Scuola di Musica da Camera di Carlo Bertola Scuola di Musica Elettronica Scuola di Musica Vocale da Camera di Erik Battaglia Scuola di Pianoforte di Claudio Voghera Scuola di Quartetto di Claudia Ravetto Scuola di Violoncello di Dario Destefano Coro di voci bianche GiovanInVivavoce diretto da Grazia Abbà Interludi elettroacustici di Federico Primavera, Andrea Marazzi, Pietro Caramelli, Francesco Cesario, Matteo Martino. Montaggio video a cura del Prof. Antonio Valentino SI RINGRAZIANO: Antonio Valentino, per il lavoro sul supporto video; i professori elencati nel programma, per la cura nella preparazione delle musiche eseguite; gli studenti tutti coinvolti; Massimo Pitzianti per l’arrangiamento della canzone Bartali e i musicisti della band di Paolo Conte; il Trio Debussy; Dana Pomeranz Mazurkevich per l’amorevole sostegno e per la sua storia di vita; Ingrid Carlberg per il testo relativo a Raoul Wallenberg e l’immagine dall’agenda di Raoul con la lista delle musiche Jazz; Maria Teresa Milano per il testo introduttivo e il sostegno alle attività didattiche legate a La Musica dei Giusti; l’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea per il sostegno alle attività didattiche stesse; Yad Vashem di Gerusalemme per l’invio delle copie dei certificati di nomina dei Giusti tra le Nazioni; Laura Capretti per la composizione del logo de La Musica dei Giusti. Per il patrocinio gentilmente concesso si ringraziano: la Comunità Ebraica di Torino e il Presidente Dario Disegni; il Consiglio Regionale del Piemonte; il Comitato Resistenza e Costituzione nella figura di Nino Boeti. 2 Immagine di copertina: Dana Pomeranz e Elena Petrauskiene Raoul Wallenberg, novembre 1944 3 LA MUSICA La musica dei Giusti. Sembrerebbe la formula per definire una sezione aurea della teoria musicale o un principio filosofico universale, una sorta di «musica delle sfere» dove il sole, per dirla con Goethe, «percorre il corso prescritto intonando l’antica melodia». Invero, in uno degli enunciati pitagorici sul mondo come armonia e numero, tutto viene fatto risalire all’ordine precostituito incarnato dagli intervalli musicali di ottava, quinta e quarta. Sono i cosiddetti intervalli giusti. Di questo sottile collegamento, a noi interessa solo un aspetto: gli intervalli giusti non sono né maggiori, né minori. E ciò significa che nella simbologia musicale più elementare, quella dell’alternanza di modi come espressione della contrapposizione di stati d’animo o persino di ciò che è affermativo e della sua controparte negativa, quegli intervalli sono come un faro capace di illuminare e puntellare l’armonia in ogni sua tendenza, nel bene e nel male. Così i Giusti celebrati stasera: uomini capaci di illuminare il mondo e di puntellarlo nel momento del crollo di ogni struttura e sovrastruttura morale, etica e di pura umanità, senza necessariamente avere una qualità maggiore o minore, un’univoca bontà o una specchiata probità. Questo il senso de La musica dei Giusti. Talvolta interviene un legame più diretto a dar forza al nostro omaggio e ritratto musicale. Gottfried von Einem fu Giusto e compositore: ciò non rende necessariamente migliore la sua musica, ma ci facilita le cose; Kipras Petrauskas era un tenore, e insieme a sua moglie Elena, attrice, salvò una «sola vita» (e quindi «l’umanità intera» secondo il detto del Talmud), quella di una futura violinista e didatta, la meravigliosa Dana. Poi ci sono legami ideali, analogie sottili ma che per la musica sono tutto: il solo armonico e melodico della prima Suite di Bach in sol maggiore per violoncello rappresenta al meglio la solitudine e l’etica del lavoro (quasi protestante) di Carlo Angela; il canone di Beethoven/Goethe 4 ha un’infinita gittata di pura, quasi indifferente giustezza del procedere, proprio come l’azione di soccorso di Lorenzo Perrone nei confronti di Primo Levi, che lo ripagherà con la bellezza delle parole recitate questa sera. Altre volte ancora è la cultura di massa a fornirci lo spunto decisivo, anche se «di massa» è qui solo un attributo di quantità e non di minore qualità. Il cinema: Spielberg e Polansky, due film da Oscar, uno anche da Oskar. Schindler’s List fu il primo memorabile omaggio della settima arte ai Giusti, e nel celebrare la figura di Schindler la musica di John Williams e il coro di Warshawsky (la bambina con il cappotto rosso) rappresentano una colonna portante e non solo sonora. Il pianista è la storia del salvato, ma la scena dove il salvatore Wilm Hosenfeld, nelle vesti meno consone a un Giusto, quelle di ufficiale tedesco, chiede al giovane Szpylman di suonare per lui (come successe realmente), è uno dei momenti più alti della storia del cinema mondiale. E la canzone Bartali di Paolo Conte, che stasera emanerà da una radice mahleriana non meno illuminante, è ormai iscritta nella memoria collettiva come espressione non tanto del personaggio sportivo, ma di quella prodigiosa energia cinetica grazie alla quale il campione (anche di bontà) propiziò non solo la vittoria sull’altro, ma anche l’altrui salvezza. Infine, i luoghi, chiamati qui a giustificare il loro opposto, l’utopia della Musica dei Giusti. La Budapest del 1944 preda della furia omicida di Eichmann e dei gendarmi ungheresi a lui asserviti, nella quale Zoltan Kodály viveva da professore in pensione (e co-firmatario di una protesta contro le leggi antiebraiche del 1938), e nella quale Giorgio Perlasca agiva da salvatore di vite, è evocata qui da un brano composto trent’anni prima in quella stessa città. In quel terribile autunno del 1944 anche Raoul Wallenberg visse a Budapest la sua stagione eroica, salvando più vite di chiunque altro e sacrificando la propria. Ma noi abbiamo scelto di celebrarlo con la musica che egli amava, il Jazz di Glenn Miller (che scomparve in conseguenza della guerra 5 solo un mese prima dello stesso Wallenberg), quel «Farewell Blues» che figura nel menù musicale di una festa organizzata da Raoul a Stoccolma, poco prima della partenza per Budapest. Le prime battute della Canzona di Ringraziamento («Heiliger Dankgesang») dal Quartetto per archi n. 15 op. 132 di Beethoven sono il filo conduttore di questa serata: il grande inno di gratitudine prende forma e si annuncia raccogliendo i sommi capi dalla matassa della storia, poi, alla fine di tutto, esprime a pieno la sua forza di salvezza e speranza e assurge a simbolo dell’oblio che colpisce i fautori del male. Forse T. S. Eliot pensava proprio a questa musica (che lo ispirò per i Four Quartets) quando parlò del «frutto del conforto dopo immense sofferenze». Anche in questo senso la musica può, meglio di ogni altra forma d’arte e di linguaggio, farsi espressione dell’ineffabile ma precisa umanità dei Giusti. ERIK BATTAGLIA CLAUDIO VOGHERA Oskar Schindler in visita in Israele 6 I GIUSTI Come ha scritto Vittorio Foa «la memoria altrui ha senso solo se elaborata sulle domande proprie». Il concerto dedicato alla memoria dei Giusti non vuole trasmettere risposte, ma portare l’ascoltatore a interrogarsi sull’importanza della scelta che fu alla base dell’azione individuale, famigliare o addirittura di intere borgate. Nell’avvicinarsi al tema complesso e delicato della Shoah, tra i tanti interrogativi ve n’è uno ricorrente, forse il più spinoso: «Quale società ha permesso tutto questo?» Ma le storie che stasera verranno raccontate attraverso la musica suscitano una domanda altrettanto importante: «Quale società ha saputo compiere azioni tanto grandi?» Chi erano questi eroi quotidiani, questi individui dalla straordinaria capacità di cogliere la verità dei fatti dietro la coltre della propaganda nazi-fascista? Le testimonianze raccolte negli anni, in diversi paesi del mondo, rispondono in modo chiaro: la capacità di scegliere tra il bene e il male non fu determinata solo da un alto livello culturale, dall’istruzione o dall’estrazione sociale, anzi spesso la salvezza venne spesso da persone semplici e di umili origini, che agirono «perché era giusto così». Senza teorie complesse, senza particolari riflessioni. Le storie dei Giusti mettono in luce la diversificazione delle modalità di aiuto, in relazione al luogo in cui la vicenda si svolse o al ruolo e/o mestiere del salvatore: i contadini avevano maggiore possibilità di offrire del cibo, i montanari disponevano di baite e casotti sperduti nei boschi o in alta quota, gli impiegati comunali potevano preparare documenti d’identità e carte annonarie false, i medici ricoveravano «finti pazienti», mentre sacerdoti, suore e alti prelati sfruttavano la loro posizione e gli edifici religiosi per nascondere i profughi. Tutti, a prescindere dall’entità dell’aiuto prestato, presero un rischio altissimo consapevolmente e poco per volta, in modo spontaneo, venne a crearsi una sorta di rete della salvezza allestita dal popolo, in 7 contrapposizione a quella dello sterminio, messa in opera dal nazismo con la diretta connivenza del fascismo italiano e dei collaborazionisti europei. Ogni storia di salvataggio, meritevole di medaglia di Yad Vashem o di attestato di benemerenza o anche solo del nostro ricordo, merita di essere raccontata e ascoltata, perché contiene in sé l’essenza di quanto espresse Primo Levi riferendosi al suo Giusto, Lorenzo Perrone: «Lorenzo era un uomo; la sua umanità era pura e incontaminata, egli era al di fuori di questo mondo di negazione.
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