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SFONDO CONOSCITIVO

4.1 Inquadramento fisico-ambientale del contesto territoriale di riferimento

4.1.1 Inquadramento fisiografico

Il pSIC ITB010004 denominato “ Foci del Coghinas ” si trova nel settore Nord occidentale della Sardegna, racchiude una superficie complessiva di 2.828 ha ed è compreso tra la Punta Prima Guardia a ovest e l’Isola Rossa a est. La valenza naturalistica del pSIC è dovuta alla presenza delle foci del Coghinas e del sistema dunare che si estende nel margine costiero della piana costiera. La piana costiera del Coghinas occupa un’ampia depressione strutturale che complessivamente ha un'estensione di circa 55 Km 2, con una forma triangolare racchiusa, verso est e nord-est, dai graniti e dalle vulcaniti del Paleozoico e verso sud sud-ovest, dal complesso delle vulcaniti calco-alcaline terziarie. Verso l'apice del triangolo, ai lati della stretta granitica di Casteldoria, sono presenti due lembi di rocce metamorfiche di tipo filladico di età siluriana. La piana alluvionale si estende per tutta la lunghezza della valle sino alla gola di Casteldoria mantenendosi ad una quota variabile tra il livello del mare e 4-5 metri s.l.m.. Una fascia di conoidi alluvionali e depositi eolici fanno da passaggio tra la piana ed il versante orientale, mentre sulla parte opposta, emerge il substrato miocenico. In Sardegna la piana del fiume Coghinas è uno dei più significativi esempi di pianura di origine alluvionale, la cui foce è situata presso il paese di , nel settore centrale del golfo dell’Asinara. In particolare la piana costiera del fiume e la porzione più a monte della gola di Casteldoria, conserva abbondanti depositi e forme di origine fluviale che documentano la genesi e l’evoluzione di questa valle. In questa zona sono presenti i depositi alluvionali terrazzati attribuibili al Pleistocene, e in alcuni casi, anche al Miocene, facendo così intuire quando è iniziato il momento di formazione dell’intera vallata. Certamente il rapporto fra corso d’acqua e ampiezza della sua valle viene perfettamente rispettato nell’intera pianura del fiume Coghinas e tale aspetto viene anche documentato nei terrazzi che il fiume ha abbandonato nel corso della sua evoluzione i quali si possono osservare a differenti quote in base alla loro età. L’ unitarietà del territorio, dunque è fortemente rappresentata dalla dominante della piana del Fiume Coghinas, integrata alle componenti del paesaggio, ambientali, insediative ed agricole Ai piedi dell’arco collinare che circoscrive la piana, si susseguono i nuclei insediativi di , , Azzagulta, Muntiggioni, La Tozza, Muntiggio, .

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La specificità dei sistemi ambientali che strutturano il paesaggio di questo territorio hanno dato origine a risorse importanti connesse alle attività agricole, alla possibilità di utilizzo di energia geotermica ed alla fruizione turistica e ricreativa. La notevole fertilità dei suoli nella piana del Coghinas e la disponibilità della risorsa idrica superficiale e sotterranea, hanno favorito lo sviluppo dell’agricoltura attraverso la coltivazione delle specie ortive e viticole. Altre peculiarità del territorio sono rappresentate dalle potenzialità offerte dai sistemi ambientali come le spiagge, il sistema dunare, che è il più esteso ed importante della Sardegna settentrionale, le zone umide di foce fluviale, e dalla loro elevata ricchezza in termini di biodiversità, che favoriscono processi di fruizione naturalistica e turistico-ricreativa.

4.1.2 Inquadramento climatico

Il clima della Sardegna è definito come tipico “clima mediterraneo insulare”. L’isola è infatti lambita dalle famiglie cicloniche di origine atlantica che penetrano nel Mediterraneo, specie nel semestre freddo, spostandosi da occidente verso oriente. La loro influenza è però mitigata dall’azione termoregolatrice delle masse marine che circondano la regione. Per quanto riguarda i tipi di circolazione atmosferica per la Sardegna, essi sono individuati e regolati dalla posizione reciproca dell’Anticiclone delle Azzorre, dell’Anticiclone Russo- Siberiano e della depressione d’Islanda. Tali centri di azione convogliano sul mediterraneo, nell’arco dell’anno, masse d’aria di origine e caratteristiche fisiche diverse, che qui subiscono trasformazioni dinamiche e termodinamiche a causa delle condizioni di temperatura del mare e della orografia locale. Il prevalere di uno dei suddetti regolatori o la contemporanea influenza di alcuni di essi determinano condizioni meteorologiche e climatiche differenziate la cui ricorrenza scandisce i ritmi stagionali del clima: durante il semestre freddo è ricorrente una configurazione barica depressionaria al suolo centrata fra la Sardegna ed il Mar Adriatico e compresa tra l’anticiclone atlantico e l’anticiclone asiatico. Questa è la condizione tipica in cui le masse d’aria freddo-umida investono l’isola producendo effetti di vorticità, marcata ventosità, nuvolosità interna e precipitazioni a carattere di rovescio, alle quali seguono, dopo breve tempo, ampie schiarite. Un altro ricorrente regime di depressione si presenta in formazioni cicloniche che si originano sull’Europa occidentale e che si spostano verso est, nord-est. Tali condizioni si presentano generalmente in autunno e in primavera con flusso di aria relativamente calda e umida dei quadranti sud-occidentali. L’impatto di tali masse d’aria con le coste occidentali e i rilievi montuosi dell’isola produce abbondante nuvolosità e precipitazioni intense e continue.

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Nel semestre caldo, il Mediterraneo occidentale rimane sotto l’influenza dell’anticiclone delle Azzorre: in tali condizioni si ha notevole insolazione, scarsa nuvolosità e ventilazione debole a prevalente regime di brezza. La costa in esame, pur non discostandosi troppo dalle caratteristiche climatiche tipiche di tutta l’isola, presenta un quadro specifico ben distinto da quello dei territori che lo circondano, ciò è dovuto alla geomorfologia della zona che induce importanti modificazioni Lo studio delle caratteristiche pluvio-termometriche dell'area è stato condotto in base alle rilevazioni dello SISS (Studio Idrologico Superficiale della Sardegna) condotto dall’ E.A.F. presso la stazione di S.Giovanni Coghinas (210 m. s.l.m.).

4.1.2.1 Temperatura Nel grafico è evidenziato l’andamento della temperatura media nell’arco di tempo che va dal 1922 al 1992 (71 anni di osservazioni).

Tabella 4.1: Valori mensili ed annuali delle temperature (base di 69 anni)

Stazione Quota Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Media

2102 Med 8,8 9,0 10,8 13,2 16,7 20,6 23,4 23,5 21,2 17,2 13,2 10,1 15,7

Stazione S. Giovanni Coghinas (210 m.s.l.m. )

30 28 26 24 22 20 18 16 Andamento 14 della T 12 (1924/1992) 10 8 Temperatura media Temperatura 6 4 2 0

le io re re r gio no gl b b ap g osto marzo lu ttobre bbraio ma giug ag tem o gennaio fe ovem set n dicembre Mesi

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Come si può notare dall’andamento della curva, le temperature massime si hanno nei mesi estivi e scendono nei mesi autunnali ed invernali, tipico del clima mediterraneo Seguendo l'andamento dei valori, si nota che l'escursione dei valori stagionali è piuttosto contenuta a causa della vicinanza del mare.

4.1.2.2 Precipitazioni* Nella figura sotto (S.A.R.) è riportato l’andamento delle precipitazioni annuali in Sardegna. Sono evidenti quattro zone piovose: le aree a ridosso del Gennargentu (Barbagie, Ogliastra e zone limitrofe), la parte centrale della Gallura (a ridosso del Limbara), l’altopiano di Campeda e infine l’Iglesiente. La Nurra ed il Campidano si presentano come zone secche, assieme ad una terza, di più difficile delimitazione, localizzabile nella fascia centrale del Nord-Sardegna appunto, attorno al bacino del Coghinas.

I dati di precipitazione (tabella 2) si riferiscono alle altezze di pioggia (in mm) misurate nella stazione pluviometrica di S.Giovanni Coghinas (serie storica 1922-1992).

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Tabella 4.2: Precipitazioni medie mensili riferite alla stazione di S.Giovanni Coghinas (210 m. s.l.m)

Stazione Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Anno S.Giovanni 88,5 85,8 73,1 68,1 48,8 19,9 7,3 16,2 52,1 97,3 117,1 117,4 791,4 Coghinas

Precipitazioni Stazione S.Giovanni Coghinas (210 m. s.l.m.)

120 115 110 105 100 95 90 85 80 75 70 65 60 andamento delle 55 50 precipitazioni 45 40 (1922/1992) 35 30 25 Altezza di Pioggia (mm) Pioggia di Altezza 20 15 10 5 0

o o le o to e gio n apr g luglio mbr marzo a e embre m giug agos ottobre v c gennai febbrai ettembre o s n di Mesi

I mesi meno piovosi sono giugno, luglio e agosto con valori di precipitazione inferiori a 20 mm di pioggia mensili. I mesi invece più piovosi sono quelli invernali (ottobre, novembre e dicembre) con valori medi di 90 mm di pioggia. La media in 71 anni di osservazione è di 791mm di pioggia, in accordo con l’andamento regionale.

4.1.3 Geologia

Il substrato geologico del settore è costituito dalle formazioni paleozoiche che affiorano lungo il bordo orientale della piana, dai terreni del Terziario che occupano circa due terzi del bacino del Coghinas e dai depositi quaternari che occupano la pianura alluvionale. I terreni paleozoici sono rappresentati dal complesso intrusivo ercinico, costituito da granodioriti tonalitiche tendenti a tonaliti e dal complesso vulcanico del Carbonifero sup- Permiano con termini di tipo riolitico e riodacitico circoscritti all’alto morfologico di M. Ruju e Punta Rossa 510 m.; quest’ultimo costituisce il punto più elevato dello spartiacque (limite orientale del pSIC), rispetto ai tratti adiacenti che non superano i 200-250 metri. L’alto morfologico probabilmente è ascrivibile a movimenti di sollevamento che hanno riattivato linee di faglia orientate N.E-S.O che lo separano rispettivamente a nord, dal blocco

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roccioso di Trinità d’Agultu, costituito da granodioriti tonalitiche, e a sud dal blocco metamorfico di P.ta Ventosa. Il versante nord-occidentale della valle è costituito dalla formazione vulcanica calcoalcalina oligo-miocenica costituita da depositi ignimbritici e piroclastici che testimoniano il processo di deriva della Sardegna dalla costa ispano-provenzale. Tale formazione è intercalata da fasi di sedimentazione continentale costituiti da depositi di ambiente lacustro-lagunare caratterizzati da calcari selciosi, siltiti, arenacee e conglomerati fluviali con resti di piante. La formazione sedimentaria del Eocene-Miocene inf. rappresenta la prima fase di subsidenza del continente sardo durante il Terziario. La formazione miocenica è rappresentata dal complesso sedimentario della serie marina risalente all’Elveziano, costituita da un alternanza di strati calcareo-marnosi, calcareo.organogeni sub litorali, arenaceo o detritici e marnoso argillosi che possono presentarsi talvolta allo stato massivo o in banchi piuttosto rimaneggiati. Il deposito sedimentario è intercalato da orizzonti tufacei che in prossimità della superficie possono dar luogo a sacche di alterazione con passaggi talvolta argillificati. L’origine di tale formazione è da ricollegarsi all’ingressione del mare miocenico e ai successivi episodi lacustri che in seguito allo sprofondamento della fascia occidentale dell’isola, dopo le manifestazioni vulcaniche del ciclo eruttivo pre-elveziano che ha interessato la regione dell’Anglona, si estese con direzione Nord-Sud dal Golfo dell’Asinara fino al Golfo di . All’interno della piana i terreni quaternari sono costituiti dai depositi a conoide di natura mista, colluviali e detriti di falda pedemontani e dalle alluvioni antiche e recenti del fiume Coghinas. Legati alle oscillazioni eustatiche del Pleistocene sono i depositi eolici che nel versante occidentale risultano rimaneggiati e spianati sulla sommità da una superficie d’erosione legata al massimo regressivo wurmiano. Ai lati della piana, in prossimità dei versanti, si estendono le dune attuali che lungo la linea di costa formano un cordone litorale alto circa 24-27 metri e distante una 10-15 metri dalla linea di riva.

4.1.4 Idrologia

L’area in cui è compreso il pSIC si trova all’interno del bacino imbrifero del Coghinas, secondo solo al Tirso come estensione; esso è costituito da tre bacini principali, quello del Rio Mannu di , del Rio Mannu di Oschiri e del Rio Mannu di . L’idronimo più noto, quello appunto del Coghinas, viene assunto dal corso d’acqua all’uscita dell’omonimo lago artificiale e mantenuto fino alla foce, nella spiaggia detta di Campo Coghinas .

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L’intero bacino del fiume Coghinas occupa una superficie di 2.452,9 Km 2. Lo spartiacque passa per Monte Littigheddu (693 m.), Monte San Giorgio (731 m.), Punta Giogantinu (1333 m.), Monte de Sa Rughe (598 m.), Monte Sa Pianedda (819 m.), Punta di Senaloga (1077 m.), Punta Olovica (892 m.), Punta Molimentos (917 m), Monte Rasu (1258 m.), Monte Iammeddari (1118 m.), Cuccuru de Monte (626 m.), Monte Traessu (717 m.), Monte Cuccuruddu (676 m.),Monte Palao (730 m.), Monte San Matteo (481 m.), Monte Entosu (522 m.), Punta de l’Anguilla (406 m.), Monte Figu (154 m.). L’asta principale del corso d’acqua misura 46 Km di lunghezza; la lunghezza complessiva di tutte le aste è invece 7.151,8 Km, le aste sono complessivamente 11.388. La rete idrografica mostra chiaramente i segni di un ringiovanimento dell’area; superfici sospese, valli morte e tracce di paleo tracciati fluviali sono da collegare a fenomeni di sollevamento del pilastro tettonico della regione dell’Anglona e di conseguenza un abbassamento della piana. Nel settore occidentale tale sollevamento avrebbe determinato l’incisione del Rio Cugiani, a contatto con i calcari-selciosi che emergono formando una testata di cuestas, e la deviazione del fiume verso nord-ovest abbandonando così il vecchio percorso di cui oggi rimangono come paleomorfologie la ampie valli riempite di materiale alluvio-colluviale ed eolico. La brusca deviazione verso nord-ovest del Rio Cugiani è da collegarsi a fenomeni di cattura causati da una ripresa dell’erosione lungo direzioni di frattura. La presenza di una idrografia relitta definita da valli morte e sospese in località Pedrighinosi fa ipotizzare che inizialmente il Rio Cugiani si dirigeva ad est verso la confluenza con il F.Coghinas. Il Rio Cugiani è un corso d’acqua perenne a carattere torrentizio che raccoglie alcune acque sorgentizie dal di e termina in mare a Ovest di San Pietro a Mare dopo aver attraversato la campagna di La Muddizza. Attualmente il corso del fiume Coghinas, nel tratto finale dalla località Stazzi Zilvara, fino alla foce, scorre parallelo alla linea di costa, separato dal mare da un cordone sabbioso lungo circa tre chilometri. Nelle vicinanze dell’abitato di Viddalba proviene dalla destra un affluente del Coghinas, il Riu Badu Crabili. Il suo bacino idrografico è piuttosto ampio rispetto alle dimensioni del corso d’acqua principale (circa 50 Km 2) perché drenato da alcuni affluenti, Riu li Iunturi, Riu Alitarru, Riu Nigola Spanu, che confluiscono nell’ultimo tratto. I corsi d’acqua che scorrono nella piana sono in buona parte rettificati e canalizzati al fine di evitare la formazione di paludi ed acquitrini. I primi lavori inerenti la bonifica e la sistemazione idraulica iniziarono nel 1913 e terminati nel 1938, e portarono all’arginatura del fiume e all’apertura dei colatori principali. Quasi contemporaneamente iniziò la costruzione

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della diga di Muzzone, ultimata nel 1927, mentre quella di Casteldoria venne inaugurata un trentennio dopo. Da quest’ultimo bacino, mediante un sistema di adduzione e canalizzzazione, l’acqua viene convogliata al comprensorio irriguo della Bassa Valle del Coghinas e quindi distribuita agli utenti che da tempo portano avanti un agricoltura altamente specializzata.

4.1.5 Idrogeologia

L'assetto idrogeologico dell'area è fortemente condizionato dal regime pluviometrico, dalla litologia del substrato e dall'assetto tettonico. Come descritto precedentemente, il bacino idrografico del Rio Coghinas si presenta alquanto variegato, infatti nell'area affiorano sedimenti di età e genesi diversa. Le rocce paleozoiche, contraddistinte da un basso grado di permeabilità, sono caratterizzate da una permeabilità secondaria a seguito dell'intensa fratturazione dovuta ad azioni di tipo tettonico. Il basamento granitico nel settore orientale presenta una scarsa permeabilità primaria: essa è esclusivamente legata alla fratturazione che può consentire un modesto immagazzinamento d’acqua nell’immediata prossimità della superficie in corrispondenza del bed rock o in profondità in corrispondenza delle principali fratture. La presenza di falde superficiali è legata soprattutto alle coperture detritiche favorevoli a contenere un flusso idrico sotterraneo. Questa coltre, caratterizzata da una media permeabilità, consente localmente l'instaurarsi di una falda superficiale alimentata direttamente dagli apporti meteorici, per cui soggetta a variazioni stagionali. Si tratta di una falda di modesta potenzialità destinata a depauperarsi durante i periodi siccitosi in quanto lo spessore della coltre detritica non consente l'immagazzinamento di ingenti quantitativi di acqua. Le vulcaniti terziarie, anch'esse per loro natura impermeabili, presentano una permeabilità media di tipo secondario legata alla presenza di linee di discontinuità. Nell'area in cui affiorano tali litotipi, la circolazione idrica profonda è controllata dalle linee di frattura e nella zona più epidermica, dall’alterazione del substrato. All’interno del complesso vulcanico, per motivi strutturali e litologici, si possono formare falde sospese dovute alle condizioni della paleomorfologia pre – Oligocenica e all’intercalazione nella successione di livelli, costituiti da depositi fini di ambiente lacustre. Queste falde sono spesso indipendenti fra loro e separate da zone a minore permeabilità relativa.

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La formazione vulcano-sedimentaria poggiante sul basamento paleozoico che presenta spessori variabili rappresenta la colmata di una antica costa marina e delle vallate che vi sfociavano a seguito dello sprofondamento della fascia occidentale dell’isola . Infatti, sotto i depositi poco permeabili si estendono notevolmente gli strati arenaceo- conglomeratici delle sponde e delle valli mioceniche marginali, dotati di una discreta permeabilità. Questo complesso clastico basale, pertanto, può essere sede di falde artesiane alimentate per filtrazione lungo i bordi miocenici, dalle acque meteoriche provenienti dai bacini idrografici dei settori paleozoici meridionali.

Lungo la fascia costiera, al disopra del basamento costituito da rocce del Terziario si estendono i depositi quaternari che presentano una permeabilità primaria variabile da bassa a media. La formazione più estesa è costituita da quella alluvionale, che ospita diversi acquiferi freatici spesso tra loro comunicanti e ampiamente utilizzati a fini agricoli

4.2 Assetto fisico-ambientale dell’area contermine e interna al Sito

4.2.1 Assetto geologico Il substrato geologico del settore in cui è inserito il pSIC è costituito da un piccolo lembo del basamento Paleozoico che affiora lungo il bordo orientale della piana e dai depositi quaternari che occupano la pianura alluvionale.

4.2.1.1 Basamento paleozoico Affiora esclusivamente nel settore orientale a chiusura dell’arco costiero che delimita l’area pSic. È costituito da granodioriti tonalitiche fino a tonaliti caratterizzate da una struttura olocristallina a grana da media a grossolana tendenzialmente inequigranulari . Ai graniti sono associati altri tipi di rocce intrusive per le quali è più complessa l'individuazione della cronologia della messa in posto: filoni compositi, inclusi microgranulari, filoni e dicchi tardo ercinici. Gli affioramenti granitici presentano evidenti sistemi di fratture e fessurazioni legati soprattutto allo stato tensionale della tettonica; questa formazione infatti è attraversata da una faglia con direzione NE- SW che interessa tutta la fascia costiera. Legati al sistema di fessurazioni e fratture sono i processi di alterazione che influenzano le caratteristiche dei terreni granitici. Questi processi si sviluppano in base a meccanismi di tipo fisico e chimico, che portano a una progressiva degradazione della roccia originaria, con conseguente formazione di una

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sovrastante zona di alterazione che può evolversi sino alla completa disgregazione della roccia con formazione di detriti sciolti che possono subire piccoli trasporti ed accumuli in corrispondenza dei bassi morfologici.

4.2.1.2 Formazioni superficiali Come detto precedentemente, la dinamica fluviale del Coghinas e dunque il colmamento della piana con le proprie alluvioni, è strettamente legato alla fase di sollevamento del territorio che ha determinato una forte capacità erosiva di questo corso d’acqua e quindi fasi di deposito di materiale lungo la piana. La stratigrafia all’interno della piana del Coghinas è stata estrapolata dai sondaggi eseguiti per la costruzione di un viadotto. La sequenza stratigrafica ha messo in evidenza una costituzione fluvio-lacustre della depressione con la presenza in due punti differenti del sottosuolo di livelli arenaceo- conglomeratici ad una profondità di circa 7-10 metri. I sondaggi hanno raggiunto una profondità di circa 12 metri mettendo in evidenza dal basso verso l’alto i seguenti terreni:  Formazione sedimentaria del Eocene-Miocene inf. costituita da depositi di ambiente lacustro-lagunare caratterizzati da calcari selciosi, siltiti, arenaree e conglomerati fluviali con resti di piante.  sabbia quarzosa a grana eterogenea di colore giallo arancio, di provenienza dal basamento Paleozoico, intercalate a livelli di argille torbose di colore nero con resti di fossili. Quest’ultimi sono da riferire ad ambiente di laguna o stagno costiero istauratesi durante l’Olocene. All’interno di questi livelli ad una profondità di circa 7-10 metri sono presenti livelli arenaceo-conglomeratici ad elementi del Paleozoico. La natura paleozoica degli elementi e le dimensioni centimetriche dei ciottoli mostrano una origine alluvionale del deposito e quindi la presenza di due paleoalvei  Chiude a tetto la serie stratigrafica un livello pressochè continuo di argille bruno- verdastre da cui risulta l’esistenza di pulsazioni positive e negative del corso d’acqua probabilmente legate a variazioni del livello del mare.

Ai lati della piana, in prossimità dei versanti, si estende una copertura eolica che lungo la linea di costa forma un cordone litorale alto circa 24-27 metri e distante una 10-15 metri dalla linea di riva. Nel lato orientale, i depositi eolici si estendono per circa 6 Km 2 formando un campo di dune di altezze variabili tra i 30-40 metri. Nel versante occidentale questi depositi eolici, risultano rimaneggiati e spianati sulla sommità da una superficie d’erosione legata al massimo regressivo wurmiano. L’avanzamento della linea di costa, a seguito della

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trasgressione post -wurmiana, ha eroso le stesse eolianiti dando origine ad una falesia alta circa 20-25 metri. (Ginesu et alii 1998)

4.2.1.3 Tettonica La morfologia dell’area in esame è legata agli eventi tettonici e vulcanici che si sono succeduti nel tempo. Uno degli eventi deformativi più importanti che hanno interessato la copertura post-ercinica della Sardegna settentrionale è la tettonica distensiva dell’Oligocene che ha sezionato il penepiano sardo in tre parti principali (la Nurra a NW, il Sulcis a SW e il settore dalla Gallura al Sarrabus a E). Questi eventi sono testimoniati dalla presenza di una serie di lineamenti morfo-strutturali molto marcati. La piana del Coghinas occupa un’ampia depressione strutturale a contatto con il pilastro tettonico di quella complessa struttura a rift che attraversava in senso meridiano la Sardegna durante l’Oligo-Miocene. L’orientazione NNE-SSO e NE-SO delle faglie che interessano l’area in studio sono riconducibili alla tettonica distensiva conseguente al movimento roto-traslatorio del blocco sardo-corso dal paleomargine del continente europeo. L’attuale conformazione vede la piana inserita tra il batolite ercinico ad oriente e il pilastro tettonico di , sollevatosi a seguito di movimenti distensivi durante il Pliocene che hanno riattivato le vecchie lineazioni di faglia dando alla piana una struttura a “semi-graben” a direzione NNE-SSO che presenta una continuità al di sotto del livello del mare con la presenza di un profondo canale.

4.2.2 Assetto geomorfologico La varietà delle morfologie presenti evidenzia settori geomorfologici la cui genesi appare legata alla struttura, alla paleomorfologia della piana, alla dinamica fluvio-litorale del corso d’acqua e alle variazioni climatiche pleistoceniche. Nell’area si possono distinguere tre settori dalle caratteristiche geomorfologiche differenti: due costituiscono rispettivamente il versante orientale ed occidentale della piana, il terzo costituisce la porzione centrale della stessa . Il settore nord-orientale, montuoso, mostra una progressiva degradazione del versante verso la piana con interposizione di una fascia detritica di raccordo costituita da un sistema di conoidi. Il versante sud-occidentale degrada verso la piana con un sistema di superfici situate a quote differenti, la cui genesi è in parte legata al substrato ed è definita dai rilievi tabulari del complesso vulcano-sedimentario. Il settore della piana è costituito dall’area

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depressa (Campo di Coghinas) costituita dalle alluvioni del fiume Coghinas, la fascia pedemontana orientale a conoidi (alluvionale e di versante) e i depositi eolici costieri, che si addentrano sino alle falde dei rilievi costituendo un campo di dune. Il limite litologico tra gli affioramenti rocciosi paleozoici del versante orientale e i depositi detritico alluvionali della fascia pedemontana è marcato da un gradino morfologico messo in evidenza dalla disposizione quasi costante dei centri abitati, questo terrazzo morfologico è noto nella zona con il termine di “ Costeras ” . Tale ripiano costituisce una superficie erosionale (Ginesu et alii 1998) collegabile ad una linea di costa più arretrata o ad un abbassamento del semi-graben, che avrebbe provocato una maggiore inclinazione del versante costringendolo a raccordarsi al nuovo livello di base. Nel versante occidentale le forme risultano prevalentemente erosive e a forte controllo strutturale. Si osservano delle superfici erosive sul substrato tufaceo - conglomeratico ad una quota compresa tra i 170 e i 200 m s.l.m di cui alcune risultano isolate dal versante da profonde incisioni. Ciò che risulta interessante nello studio dell’evoluzione della piana del Coghinas, sono le modificazioni morfologiche del tracciato fluviale e della foce avvenute nel corso dei secoli. Esistono numerosi studi effettuati nel settore per la ricostruzione dell’assetto geografico della valle del Coghinas. Nel sedicesimo secolo si ha la prima descrizione geografica della Sardegna di G.F. Fara, dove il Coghinas viene descritto come un fiume tendente a straripare in occasione di acquazzoni ed ad arrecare danni notevolissimi. La foce era già da allora ubicata presso l’attuale chiesa di San Pietro a Mare. Un contributo più valido è stato portato dall’esame di alcune rappresentazioni cartografiche storiche; a partire dal 1841 fino alle ultime tre edizioni della cartografia ufficiale dell’I.G.M. I., dove è emersa una variazione del tratto terminale del fiume Coghinas. Dal raffronto è emersa una stretta connessione tra stadi asciutti del clima e fasi di interramento e chiusura della foce, così come periodi più piovosi sono in relazione con processi di rettificazione del tracciato fluviale dovuti a tagli di meandro. Una prima analisi ha interessato la carta del 1897 e quella del 1931; in particolare si è osservato, in quest’ultima, una fase di accrescimento del cordone litorale con progressivo interramento della foce, da mettere in relazione con condizioni di aridità, quali quelle che hanno caratterizzato almeno il primo periodo individuato nella successione pluviometrica. Tra la carta del 1958 e quella del 1977, emergono profonde modificazioni che interessano l’intera asta fluviale con rettificazioni del tracciato e formazione di meandri morti, imputabili ad una maggiore capacità del corso d’acqua e quindi ad uno stadio più umido del clima. Ma

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allo stesso tempo la foce ha subito un progressivo interramento con spostamento della bocca verso ovest ed accrescimento del cordone sabbioso della sponda destra del fiume. Quindi convivono nella stessa carta due diverse condizioni, una legata ad una maggiore idrodinamicità del corso d’acqua e l’altra ad uno stadio di bassa energia. Questa situazione trova corrispondenza con lo schema pluviometrico da cui risulta che il ventennio ‘58-’77 è stato complessivamente umido anche se con brevi stagionalità secche. Nel periodo 1977-91, il più secco e arido dell’intero secolo, si osserva la foce spostata verso ovest ed un’accrescimento del cordone sabbioso sulla sponda destra del fiume. Nell’insieme quest’analisi evidenzia una notevole capacità idromorfologica del Coghinas, spesso sottovalutata in corsi d’acqua a regime variabile quali quelli della Sardegna, che mostra di possedere una portata solida di valore non trascurabile se si considera che resti di un legno fossile datato appena 500 anni sono stati ritrovati ad una profondità di circa 2 metri. Le correlazioni tra modificazioni morfologiche della foce del fiume Coghinas e i dati sulla piovosità hanno dunque messo in evidenza una stretta relazione tra aumento delle precipitazioni e apertura della foce con rottura del cordone litorale, così come una fase di siccità determina un accrescimento del cordone litorale con deposito del materiale. Dei sondaggi effettuati nell’area del Campo Coghinas hanno permesso di identificare alcune formazioni alluvionali determinate dal mescolamento delle sabbie eoliche con argille e depositi alluvionali delle periodiche esondazioni del corso d’acqua. In particolare sono stati individuati, alla profondità di circa 9 - 10 m, due depositi clastici legati alla presenza di paleoalvei sepolti. L’esistenza di questi paleoalvei è stata dimostrata anche dagli studi effettuati su due pozzi d’acqua presenti nella piana, dove è emersa la presenza di due flussi idrici distinti coincidenti con vecchi paleoalvei del Coghinas riferibili al Pleistocene medio e superiore. Sul versante orientale della piana si può anche individuare da questi dati, la presenza di un antico corso d’acqua sepolto e riferibile alla continuità di un fiume proveniente da est (l’attuale rio Enas) e coincidente con una importante struttura est - ovest che interessa l’intera fascia costiera nord orientale Ai lati della piana, in prossimità dei versanti, si estende una copertura eolica che lungo la linea di costa forma un cordone litorale alto circa 24-27 metri e distante 10-15 metri dalla linea di riva. Nel lato orientale, i depositi eolici si estendono per circa 6 Km 2 formando un campo di dune non stabilizzate di altezze variabili tra i 30-40 metri, a tratti colonizzate da vegetazione pioniera. Le dune attuali assumono morfologie paraboliche, a uncino e longitudinali della lunghezza anche di parecchie centinaia di metri.

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L’evoluzione di queste forme segue la direzione di forza del vento dominante (maestrale) da NW che sollecita progressivamente la concavità della duna fino a farle assumere l’orientazione NW-SE. Il rinvenimento di manufatti di epoca romana (vasellame) all’interno dei corpi dunari, suggerisce un’età di formazione recente, presumibilmente legata a momenti aridi durante l’Olocene. Avvicinandosi alla base del versante le sabbie eoliche risultano rimaneggiate da processi fluviali e frammiste a materiale arenitico più grossolano proveniente dal dilavamento del retrostante pendio. Le oscillazioni eustatiche del Pleistocene hanno dato origine a depositi eolici che nel versante occidentale risultano rimaneggiati e spianati sulla sommità da una superficie d’erosione legata al massimo regressivo wurmiano. L’avanzamento della linea di costa, a seguito della trasgressione post -wurmiana, ha eroso le stesse eolianiti dando origine ad una falesia alta circa 20-25 metri. (Ginesu et alii 1998).

4.2.3 Assetto idrogeologico Dal punto di vista idrogeologico è possibile distinguere il settore in tre subzone in base alla litologia e all’assetto morfologico, che condizionano in modo differente la circolazione idrica sotterranea e superficiale.  La zona orientale dove affiora il basamento Paleozoico, costituito da granodioriti tonalitiche passanti a tonaliti, le quali costituiscono degli acquiferi mediamente permeabili dove la circolazione idrica più attiva si sviluppa nella parte fratturata, relativamente più superficiale, fino a dove le fratture incominciano ad essere anastomizzate dalla pressione litostatica. Alla rete di fratture si sovrappone una coltre di detrito superficiale , permeabile per porosità, il cui spessore può raggiungere lo circa 15-20 cm. La superficie piezometrica della coltre superficiale si trova generalmente a qualche metro di profondità in quanto di adatta alla morfologia esterna. La superficie piezometrica della sottostante rete di fratture è più profonda generalmente di alcune decine di metri ed ha recapito nella parte bassa del fondovalle. Le emergenze sorgive si possono rinvenire, ad esempio, dove la morfologia del substrato lo consente, la concentrazione dei deflussi e dove la coltre arenizzata è di spessore minimo o manca del tutto. Quando presenti, le sorgenti si trovano in corrispondenza delle faglie.  La zona nord-occidentale dove è presente la formazione vulcanica calcoalcalina oligo-miocenica è costituita da depositi ignimbritici e piroclastici, la permeabilità è da

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considerarsi mista. In particolare tufi e ignimbriti presentano acquiferi dotati di permeabilità non elevata, nei quali la circolazione idrica è complessa per via dell’esistenza di continue variazioni litologiche e di permeabilità sia in orizzontale che in verticale.  La zona centrale che comprende la piana alluvionale del fiume Coghinas è costituita dalle alluvioni attuali ed antiche e dai depositi sabbiosi di duna. I depositi alluvionali , sono costituiti dalla giustapposizione disordinata di termini litologici di varia granulometria, aggregati in lenti. Ciò si traduce in una circolazione idrica per “falde sovrapposte” con deflusso preferenziale dell’acqua nei litotipi a più alto grado di permeabilità. Le diverse falde possono essere quasi sempre ricondotte ad un'unica circolazione idrica sotterranea, perché il particolare tipo di deposizione lenticolare dei sedimenti lascia moltissime soluzioni di continuità tra depositi permeabili e depositi relativamente meno permeabili; a ciò bisogna aggiungere i fenomeni di interscambio in senso verticale per fenomeni di drenanza. I sondaggi eseguiti per la realizzazione di una nuova strada di comunicazione con la costa nord orientale della Sardegna, hanno permesso di identificare alla profondità di circa 9 - 10 m, due depositi clastici legati alla presenza di paleoalvei sepolti, evidenziando così l’esistenza di una complessa rete idrografica sepolta dalle alluvioni oloceniche. Gli studi idrogeologici (Ginesu et Ali 1998), le carte sulla salinità e le carte del PH elaborate in base ai pozzi presenti nella piana, hanno evidenziato la presenza di 2 flussi sotterranei ben distinti coincidenti con vecchi paleoalvei del Coghinas, riferibili al Pleistocene medio e superiore. Sulla base di questi dati esiste, per esempio, un antico corso d’acqua sepolto, nella parte orientale della piana, coincidente con l’attuale rio Enas.  Nella fascia costiera, nei depositi sabbiosi di duna si hanno generalmente acquiferi omogenei ed isotropi, in particolare nelle eolianiti, dove le acque sotterranee circolano preferenzialmente nella coltre alterata superficiale, la quale è caratterizzata da una porosità elevata e dunque da un grado di permeabilità relativa più alto. Il basamento di appoggio caratterizzato da rocce poco permeabili, funge da limite di permeabilità, dando origine ad una vera e propria falda di base parallela al contatto.

4.2.4 Assetto pedologico

Per avere una visione completa dell’inquadramento pedologico dell’area in cui è inserito il pSic è stata esaminata la Carta dei Suoli della Sardegna , in scala 1:250.000 e la relativa Nota illustrativa , proposta ed elaborata nel 1991 da Aru, Baldaccini e Vacca, secondo cui le

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Unità Pedologiche sono individuate sulla base dell’ordinamento definito da due distinti sistemi di classificazione: la Soil Taxonomy (US National-Cooperative Soil Survey, sistema pubblicato per la prima volta nel 1975); Schema FAO (1989). Sono state individuate in questo modo tre Unità Cartografiche, le quali comprendono le associazioni di suoli in funzione del grado di evoluzione/degradazione, dell’uso attuale e futuro e della necessità di interventi specifici.

Figura 4.1: Stralcio della Carta dei Suoli della Sardegna (Aru et alii 1991)

Le Classi Cartografiche individuate (33, 9, 29) sono state descritte in base alla natura del substrato (tipo di profilo, natura dei suoli predominanti e relativi caratteri), alle sue principali attitudini, all’appartenenza ad una determinata classe di capacità d’uso ed alle principali limitazioni riscontrabili.

UNITÀ 33: E’ l’unità cartografica più diffusa nell’area Sic e rappresenta i suoli su paesaggi su sabbie eoliche dell’Olocene. I suoli predominanti sono costituiti da Entisuoli del tipo Tipic Xeropsamments e Aquic Xeropsamments . Sono costituiti da depositi sabbiosi incoerenti, dovuti alla risedimentazione, per rimaneggiamento eolico, delle antiche dune pleistoceniche, talora frammisti a sedimenti sabbiosi di origine alluvionale, dell'Olocene-Attuale. Nella loro forma tipica gli Xeropsamments hanno profili tipo A-B dove l’orizzonte A, di colore bruno o

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bruno giallastro, ha uno spessore variabile da 20 a 50 cm e sovrasta un orizzonte C che raggiunge elevate profondità. La porosità è elevata in tutto il profilo mentre la permeabilità è notevole. In alcune casi però si possono verificare fenomeni di saturazione con acqua, in qualche periodo dell’anno con conseguente idromorfia temporanea ( Aquic Xeropsamments).

Per quanto riguarda la capacità d’uso appartengono alla CLASSE IV : hanno limitazioni molto forti che restringono la scelta delle colture e richiedono una conduzione assai accurata. Gli usi alternativi per questi suoli sono più limitati che per la classe III.

UNITÀ 9 Questa unità è presente nel settore orientale dove il substrato è costituito da granodioriti tonalitiche e tolnaliti del Paleozoico. Le associazioni di suoli dominanti sono formate da Xerorthents e Xerochrepts (Typic, Dystric e lithic) con una maggiore presenza della componente evoluta, dovuto alla maggiore alterabilità del materiale ed alla morfologia generalmente ondulata. Presentano una tessitura da sabbioso-franca a franco-sabbiosa mentre il contenuto in scheletro presenta una certa variabilità.. Si passa infatti da terreni privi o quasi in materiali grossolani a tipi assai ricchi di frammenti rocciosi; spesso si può avere anche una rocciosità abbastanza elevata. Infatti dove prevalgono i massi e gli affioramenti di roccia nuda e poco alterata, i suoli, dove presenti, sono poco sviluppati e dominano i Typic Xerorthents. Dove la superficie è prevalentemente ondulata, con roccia affiorante scarsa o localizzata in ammassi, dal punto di vista podologico si ha una variabilità molto maggiore, in funzione delle condizioni morfologiche locali, della tipologia del materiale parentale. Infatti , alternati alla roccia inalterata , sono presenti materiali colluviali di varia età, dal Pleistocene all’Olocene, che occupano superfici di ampiezza e distribuzione variabilissima, su qualsiasi morfologia. La permeabilità è buona , raramente si hanno segni di ristagni idrici anzi, in qualche caso e in corrispondenza di substrati colluviali, il drenaggio può essere rapido. La debole percentuale in parti fini e finissime fa si che l’umidità utile sia piuttosto bassa. arboree previa sistemazione dei versanti ed opere per la regimazione dei deflussi. A questi suoli si possono associare le seguenti capacità d’uso: a) CLASSE IV : Hanno limitazioni molto forti che restringono la scelta delle colture e richiedono una conduzione assai accurata. Gli usi alternativi per questi suoli sono più limitati che per la classe III. b) CLASSE VI: Rientrano in questa classe i suoli caratterizzati da forti limitazioni che ne riducono il loro uso al pascolo, al prato-pascolo, al bosco ed alle riserve naturali. Le

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limitazioni sono dovute all’elevata pietrosità e rocciosità ed alla notevole idromorfia che ne rende problematico il drenaggio c) Classe VII: Rientrano in questa classe i suoli con limitazioni molto forti che li rendono non adatti alle colture, restringendo il loro uso al pascolo, bosco e riserve naturali. Le limitazioni permanenti possono riguardare le pendenze molto accentuate, il forte pericolo di erosione, lo scarsissimo spessore del suolo, l’elevata pietrosità e rocciosità.

UNITÀ 29 A questa unità appartengono i suoli tipici di paesaggi su alluvioni e su conglomerati, arenarie eoliche e crostoni calcarei dell’Olocene. Sono Entisuoli che hanno un regime di umidità xerico e si trovano principalmente nella piana alluvionale del fiume Coghinas. Il substrato è costituito da alluvioni antiche, recenti o attuali normalmente stratificate e a granulometria variabile. La maggior parte di questi sedimenti deriva dall’erosione di suoli e di substrati posti nel bacino imbrifero del Coghinas e contiene un certo quantitativo di sostanza organica, soprattutto nella frazione molto fine. La giacitura è generalmente pianeggiante ma talvolta anche depressa. Questo avviene in prossimità della foce creando spesso problemi di ristagni idrici. Gli Xerofluvents tipici presentano profili A-C con spessore superiore al metro; presentano una tessitura da sabbioso franca a franco sabbiosa e una fertilità chimica e capacità di scambio cationico abbastanza elevata. La potenza del profilo e la tessitura franco – sabbiosa o franco-sabbiosa-argillosa, rendono questi suoli capaci di alte produttività ed idonei all’irrigazione. In prossimità della foce, a causa soprattutto della morfologia in parte depressa, con falda subsuperficiale, sono presenti suoli dal regime di umidità di tipo aquico, rilevato da screziature grigie o grigio-nerastre, classificabili come Aquic Xerofluvents. In caso di prolungata saturazione idrica del suolo nell’arco dell’anno i ristagni costituiscono una seria limitazione alla produttività. I suoli sulle sabbie eoliche oloceniche, sono suoli presenti in modo discontinuo e sono poco sviluppati. Hanno profili di tipo AC con potenze inferiori a 15 cm. Il complesso di scambio ha spesso un elevato contenuto di ioni sodio, a causa degli apporti di “spray” marino.

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