I ricami tradizionali delle Valli di Susa e Terminato il censimento sulle arti d’ago realizzato dall’Università della Terza Età di Sant’Antonino. Una prima presentazione della ricerca.

Si è concluso da poche settimane, dopo due anni di lavoro, il primo censimento delle arti d’ago delle Valli di Susa e Sangone: sono stati selezionati e sottoposti a scheda BDM – autorizzata dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artisti ed Etnoantropologici del Piemonte – 1083 manufatti, archiviate più di 3000 fotografie, intervistate 101 persone. Una mole enorme di informazioni, contatti, fotografie, frutto di una capillare azione di persuasione, di passa parola, di entusiasmo che cresceva di mese in mese. Una ricerca che ha visto protagoniste buona parte delle appassionate delle arti d’ago del nostro territorio, di custodi di ricordi di famiglia ed amanti del bello. Dato questo, al di là delle specificità scientifiche della ricerca, che costituisce valore aggiunto al progetto che ha saputo – grazie alla disponibilità delle intervistate, che ringraziamo – coinvolgere tutto il territorio della Comunità montana unica, alcune scuole di ricamo, istituti di ricerca e associazioni (vedi scheda allegata). In questi due anni sono stati studiati oggetti provenienti da tutti i comuni compresi fra e , e fra e Coazze, salvo Sauze d', e Moncenisio. Nelle schede sono stati inseriti i dati anagrafici relativi alle intervistate, informazioni sul luogo dove il manufatto è conservato, le autrici, il luogo e il periodo di esecuzione; dati tecnici sul materiale impiegato, lo stato di conservazione, le tecniche di ricamo utilizzate e sull’apparato figurativo. Infine notizie di carattere storico, etnografico riguardanti l'oggetto, la sua fabbricazione e il suo utilizzo. Si possono suddividere gli oggetti censiti secondo la loro destinazione d’uso: pezzi del corredo da sposa tra cui lenzuola, federe e altra biancheria da letto, asciugamani, tovaglie, biancheria personale; corredini da neonati e bambini, in particolare copertine e abiti da battesimo; oggetti per la casa quali tappeti da tavolo, centri e centrini, paralumi e altro; abbigliamento e accessori, ed infine gli scialli e le cuffie degli abiti tradizionali. I tessuti utilizzati sono prevalentemente in fibra di origine vegetale: canapa, cotone e lino, mentre sono più rari i pezzi in lana, seta e rayon. I filati impiegati per i ricami e i pizzi sono per la maggior parte di cotone, più o meno ritorto, più o meno fine; in alcuni casi sono di lana, di seta, di canapa. Nei ricami si possono ritrovare tutti i punti di base, utilizzati per contornare e riempire i motivi disegnati: punto erba, punto filza, punto indietro, punto pieno, punto nodi, punto cordoncino, punto festone, punto lanciato, punto vapore, punto catenella, punto margherita, punto stuoia e loro varianti. Molto impiegati, spesso insieme, l’intaglio e il punto inglese. Il punto croce risulta impiegato in esecuzioni prevalentemente monocromatiche di colore rosso quali cifre e greche oltre che in alcuni imparaticci. Altri punti impiegati, soprattutto nei lavori più recenti, sono il punto ombra, i punti di fondo a fili tirati, in particolare il punto rodi, il punto palestrina e il punto Parigi. Riscontrati anche alcuni motivi di trina ad ago, di ricamo hardanger e alcuni esempi di ricamo su rete filet annodata a mano, mentre numerosissime sono le sfilature sui lenzuoli e sugli asciugamani come sui centri o sulle tende. Fra i pizzi e i merletti si riscontrano esempi di pizzo chiacchierino, utilizzato per i centrini o per gli inserti, pregevoli sono poi alcuni pezzi di merletto a fuselli dell’alta valle di Susa che ornano in particolare le cuffie. Vi sono anche molti lavori all’uncinetto: bordure e puntine per decorare camice e asciugamani così come grossi lavori quali tappeti da tavolo e copriletti. Importanti anche i nodi macramé nelle frange di alcuni asciugamani, copriletti e scialli. Una menzione particolare meritano le cifre che sono presenti in quasi tutti i capi da corredo, ricamate in svariati modi dai semplici punto erba e punto croce fino ai più impegnativi punto pieno imbottito e punto cordoncino, arricchite da motivi floreali o geometrici. Le sole iniziali sono talvolta sostituite dal nome intero o da frasi di augurio come “buon riposo” o “sonni felici”. Su una leggerissima copertina da bambino abbiamo letto una frase significativa, vista l’alta mortalità infantile del passato: “Dio ti conservi al nostro amore”. I motivi raffigurati sono soprattutto fitomorfi, fiori, foglie, frutti, ma anche zoomorfi, in particolare farfalle, e alcuni antropomorfi quali teste femminili e angeli oppure geometrici. Sono stati trovati, in paesi diversi, manufatti dal disegno uguale, si può supporre una medesima fonte quale una rivista di lavori femminili oppure un modello che veniva prestato o copiato. Le autrici di questi lavori - non risultano esserci uomini fra coloro che eseguivano manufatti tessili, salvo alcuni tessitori e chi, d’inverno, lavorava ai ferri la lana di pecora locale per fare calze - sono soprattutto ragazze nubili che preparavano il proprio corredo. Lavoravano per lo più la sera durante le veglie nelle stalle, alla luce del lume, nei mesi invernali quando non si eseguivano lavori all’aperto in campagna. Imparavano i primi punti già da bambine seguite dalle nonne o da vicine di casa anziane, dalle sorelle o cugine più grandi, oppure a scuola e all'oratorio dove le maestre delle scuole elementari, le insegnanti di economia domestica degli avviamenti professionali, le suore che gestivano gli asili portavano i disegni e insegnavano i punti. Quando non ricamava per sé la donna lavorava per il corredino di un bambino, per un dono ad un’amica, per il corredo di una nipote o del figlio maschio. Rari i casi, individuati durante il censimento, di manufatti commissionati a ricamatrici professioniste, per lo più le suore che gestivano gli asili e gli oratori. Per la maggior parte dei casi le autrici erano contadine, soprattutto se abitavano in comuni o borgate di montagna, e operaie, la bassa Valle di Susa e la Val Sangone hanno infatti visto una precoce industrializzazione tra fine Ottocento ed inizio Novecento. Per poter acquistare i tessuti e i filati senza pesare troppo su un’economia domestica per lo più povera, le ragazze s'ingegnavano con la paga degli straordinari in fabbrica, con la vendita dei capelli raccolti in grosse trecce o dei capelli “del pettine” ai commercianti di passaggio che li acquistavano per conto delle ditte produttrici di bambole e di parrucche, la raccolta delle violette in alta valle di Susa per i profumieri provenzali. In bassa Valle di Susa vengono ricordati i venditori ambulanti che giravano i paesi e le borgate con il loro carico di pezze sulle spalle avvolte in un grande telo: provenivano da Coazze ed erano chiamati “tissot”, oppure da e dal Chierese. Altri luoghi di approvvigionamento erano i mercati, sono stati ricordati quelli di e , e alcuni negozi di tessuti. Di grande rilievo l’utilizzo della tela di canapa, detta anche tela di casa o, meglio, “tela d'misun”, impiegata per lenzuola, camice e asciugamani, la cui produzione avveniva integralmente in loco. Oltre la zona di e Coazze, nota per il ciclo completo della lavorazione della canapa, durante le interviste sono state citate in modo particolare altre zone in cui essa veniva coltivata, posta a macerare, cardata e filata, almeno fino agli anni ’50 del secolo scorso: Rivera di Almese, Mocchie-Lajetto, Sant'Ambrogio, , , Mattie, , , , , Oulx. E’ stata ricordata la presenza di telai in casa a , Mocchie e Mattie, oltre le già citate Giaveno e Coazze, dove nella locale lingua franco-provenzale il lavoro di tessitura si diceva “fè d’tela” e, per quanto riguarda l’alta valle di Susa, anche a Ramats (Chiomonte), a Chateau Beaulard e a Auberges (Oulx). Nel concludere questa prima parte della descrizione della ricerca, menzioniamo i tessuti dei molti scialli censiti degli abiti tradizionali dell’alta valle, così come i nastri, per lo più di provenienza francese: spesso erano dono dei fidanzati che erano andati a lavorare oltre confine, almeno fino a quando, anche grazie all’utilizzo della ferrovia, non si iniziò ad orientarne gli acquisti su Torino. Tessuti del tutto particolari sono le cosiddette “tele blu” dell’alta Val Sangone, ma presenti anche in Valle di Susa forse per acquisto, con la tipica stampa a motivi geometrici ottenuta secondo un particolare procedimento. Gli oggetti censiti sono talvolta legati a ricordi, tristi e lieti, raccontati dalle persone intervistate, ma sono anche essi stessi racconto e testimonianza di vita quotidiana, di abitudini e di economia domestica. Ad esempio sono stati individuati, diffusamente sul territorio esaminato, i falsi risvolti, riccamente ricamati, utilizzati sul letto nelle ore diurne per coprire il lenzuolo meno bello, magari non ricamato o poco pulito: il bucato veniva fatto più raramente di oggi a causa delle difficoltà e della fatica che comportava. Testimoni di un’economia dove tutto si riutilizzava e la vita di un qualsiasi oggetto doveva essere la più lunga possibile prima di essere scartato, sono manufatti realizzati con pezzi recuperati e cuciti insieme su cui è stato realizzato il ricamo; manufatti con toppe e rammendi; ritagli di tessuto ricamato, e per questo preziosi, da conservare; pizzi scuciti dal manufatto che impreziosivano pronti per essere ricuciti su uno nuovo. Alcuni pezzi sono legati all’attesa: cuffie realizzate all’uncinetto o ai ferri, camicini, bavaglioli e copertine fanno parte del corredino del bambino che sta per nascere. Ma l’attesa non sempre era lieta: si aspettava il figlio o il fidanzato partito in guerra, e un corredo non usato racconta di un matrimonio atteso ma mai avvenuto. Momenti lieti erano sicuramente le feste dei coscritti, che segnavano il passaggio all’età adulta, in cui veniva utilizzato un foulard ricamato, indossato sulle spalle e legato attorno al collo. Le festività di carattere religioso quali le domeniche, le feste del patrono della chiesa parrocchiale come delle cappelle sparse per le borgate o le feste di santi che segnavano particolari periodi dell’anno, erano l'occasione per indossare gli abiti tradizionali festivi. Di questi sono stati esaminati gli scialli e le cuffie, unici pezzi ricamati o decorati da pizzi. Sono stati schedati alcuni scialli di San Giorio, Mattie, Meana, , , Gravere, Chiomonte, Salbertrand, Oulx, Bardonecchia, , Bousson e Fenils, nonché alcune cuffie di -Borgone, Mattie, Meana, Venaus, Gravere, Chiomonte, Salbertrand, Rochemolles, Bardonecchia, Bousson. Infine due grembiuli ricamati a San Giorio e Mattie. Sono ancora utilizzati sull'abito tradizionale, oltre che in alcune manifestazioni di promozione turistica, dalle priore in alcune feste religiose, soprattutto le feste patronali. Un tempo era quello il momento in cui si indossava per la prima volta l'abito, lo scialle, la cuffia e il grembiule, momento che segnava il passaggio all'età adulta, da marito, e l'ingresso in società, verso i 16/18 anni. Uguale nella foggia era poi anche l’abito da sposa che diventava in seguito l’abito della festa. Allegate alle schede e alle fotografie dei manufatti censiti, vi sono poi le fotografie di alcuni manufatti non schedati perché provenienti da zone limitrofe alle valli di Susa e Sangone, da altre province piemontesi e dalla Lombardia, giunti in valle al seguito di trasferimenti per nozze o per lavoro, ma che possono essere interessante materiale di confronto; fotografie di alcuni pezzi dell’abbigliamento di un tempo che non presentano ricami o pizzi eseguiti manualmente; alcune fotografie di strumenti utilizzati nella preparazione dei manufatti realizzati: il fuso, l’arcolaio, il tombolo in legno intagliato, le rotelle con gli stampini per riportare il disegno sul tessuto, album e libri e infine foto d'epoca raffiguranti alcuni manufatti schedati. Se nella forma della cuffie o nei ricami degli scialli vi sono differenze che indicano la zona di appartenenza - differenze che forse servivano per sottolineare l’appartenenza al proprio gruppo- clan, anche se comunque matrimoni e fiere suggerivano contaminazioni - non si sono rilevate diversità nello stile, nei disegni e nei tessuti impiegati per tutti gli altri pezzi censiti. In tutta la zona esaminata non si è notato, allo stato attuale della ricerca, l'uso di un particolare punto o di un motivo floreale o geometrico che possa definirsi proprio, caratteristico del territorio. Neppure l’utilizzo di un tessuto, piuttosto che un altro, può dirsi caratteristico di un’area anziché di un’altra. Cento anni di storia tra metà Ottocento e metà Novecento, e di contaminazioni, ci consegnano un materiale molto eterogeneo per punti di ricamo impiegati, disegni e tecniche realizzative ed impiego, ma assai più omogeneo all’interno del territorio esaminato di quanto finora si sia immaginato e scritto. Sarà compito degli studiosi e degli specialisti del settore, che esamineranno tutto il materiale per tipologia, per destinazione d’uso e per tecniche, accanto ad un lavoro di contestualizzazione storica e di comparazione con lavori analoghi nell’arco alpino italiano, dire quanto c’è di “valsusino” nei lavori delle nostre ricamatrici e quanto c’è, invece, di tradizionale ricamo italiano o di altra provenienza; in altre parole, quanto c’è di “nuovo” nei lavori realizzati e quanto invece abbia influito la moda o la tradizione del ricamo tramandata dai saperi domestici e dalle scuole di ricamo italiano.

Accanto al lavoro di censimento della arti d’ago, l’Università della Terza Età di Sant’Antonino, d’intesa con l’Ufficio valorizzazione e promozione del patrimonio culturale della Regione Piemonte, l’Ecomuseo dell’alta Val Sangone, la Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone e la Città di Giaveno, e con la preziosa collaborazione del maestro tessitore Bruno Tessa di Coazze, Elisa Giaccone e Federica Elia dell’Ecomuseo di Coazze, si è provveduto a realizzare un filmato ad alta definizione dal titolo “Fili intrecciati: la tessitura della canapa nella Val Sangone” per descrive ogni fase del ciclo produttivo, dalla semina della canapa alla tessitura a telaio. Protagonista del documentario, frutto di un lavoro certosino che ha portato ad una ventina di ore di riprese girate da Luigi Cantore (e conservate in un hard disk esterno), è il maestro Bruno Tessa infaticabile ricercatore ed esperto divulgatore. Non è il primo documentario sull’argomento, ve ne sono alcuni girati in Piemonte e in Francia, ma di questi nessuno segue, passo passo, ogni fase della lavorazione e, soprattutto, è girato nel nostro territorio, ovvero a Coazze. Neppure l’Ecomuseo disponeva di un filmato completo e con questa qualità di definizione. Ventidue minuti preziosi, un documentario da cineteca.

SCHEDA RISULTANZE CENSIMENTO ARTI D’AGO

SUDDIVISIONE PER AREE GEOGRAFICHE Alta valle: Cesana – Chiomonte, 259 pezzi censiti Media valle: Giaglione – Mattie, 174 pezzi censiti Bassa Valle: Bussoleno – , 495 pezzi censiti Val Censichia: 44 pezzi censiti Val Sangone: 111 pezzi censiti

SUDDIVISIONE PER TIPOLOGIA Corredo (lenzuola, federe, asciugamani, tovaglie, ecc.), 653 pezzi censiti Oggetti per la casa (tappeti, centrini, ecc.), 200 pezzi censiti Abbigliamento personale (camice, intimo, ecc.), 122 pezzi censiti Scialli e cuffie di abiti tradizionali, 99 pezzi censiti Imparaticci (per lo più seconda metà dell’Ottocento), 14 pezzi censiti

Enrica Cantore Piero Del Vecchio

Articolo pubblicato sui giornali locali, febbraio-marzo 2012