Carlo De Dominicis, Architetto Del Settecento Romano La Famiglia, L’Ambiente Artistico E La Parentela Con Filippo Raguzzini E Luigi Vanvitelli

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Carlo De Dominicis, Architetto Del Settecento Romano La Famiglia, L’Ambiente Artistico E La Parentela Con Filippo Raguzzini E Luigi Vanvitelli Claudio De Dominicis Carlo De Dominicis, architetto del Settecento romano La famiglia, l’ambiente artistico e la parentela con Filippo Raguzzini e Luigi Vanvitelli In appendice: Carla Rivolta Considerazioni artistiche sulle opere di Carlo De Dominicis Roma 2006 2 A partire dallo studio del Fasolo, del 1953, tutti gli autori che hanno scritto testi monografici, sempre inseriti in volumi di più ampio raggio sul Barocco od in riviste di storia dell’architettura, hanno auspicato un maggior approfondimento di questa figura di artista ma nessuno finora ci si era cimentato 1. Nonostante gli studi scientifici degli storici dell’architettura negli ultimi decenni siano sempre più rivolti allo scavo archivistico, alla vera e propria ricerca storica, la figura del De Dominicis, che occasionalmente compare, resta ancorata a quanto già si sapeva su di lui, arrivando anzi a sottrargli la paternità di opere, per una cattiva interpretazione dei documenti stessi. Approfondendo invece le fonti di archivio con un sistema più di storico in generale che di storico dell’arte, si vengono a scoprire aspetti della vita del De Dominicis finora sconosciuti che possono far considerare sotto altra luce la sua vita e la sua attività. I rapporti di parentela, di amicizia, di lavoro di un artista possono far capire od intuire anche quello che non è documentato, che non appare testimoniato dalle carte. E’ anche vero che qualsiasi ricerca storica non ha mai fine. La dispersione e la distruzione delle fonti fa sì che, per quanto si ricerchi, per quanto ci si dia da fare, non si può mai dire di essere riusciti a trovare tutto su un argomento o su un personaggio, pronti sempre alla sorpresa di veder spuntare altre notizie impensabili fino a quel momento. Non si può mai affermare di aver messo il punto finale alla storia. Si è visto a Carlo De Dominicis solo come ad un architetto minore, seppur interessante, allievo di Raguzzini e prosecutore del gusto borrominiano. La ricerca d’archivio ha dimostrato che nella sua vita c’è un qualcosa di più: l’inserimento della sua famiglia da tre generazioni prima di lui nella vita artistica romana, l’amicizia sin dalla giovinezza con Luigi Vanvitelli, che come si sà fu poi autore di quel capolavoro della Reggia di Caserta, sfociata poi in parentela, gli insegnamenti ricevuti da Filippo Juvarra, autore poi delle reggie e di altre grandiose opere a Torino e Madrid, il rapporto di lavoro con Filippo Raguzzini, anch’esso poi divenuto parentela. Tutto questo dimostra che non fu una meteora come tanti nell’ambiente artistico romano e che quello stimolo all’approfondimento della ricerca su di lui aveva motivo di essere. Purtroppo non sono stati rintracciati disegni recanti la sua firma e possiamo ritenere che avesse l’abitudine di non metterla mai, forse per umiltà od anche perché spesso gli capitava (come a molti d’altronde) di impegnarsi in lavori che sarebbero poi stati firmati da altri. Di lui si conoscono lavori certi ed altri incerti e, con questo studio, cercherò di far luce sulla sua attività e di riuscire, nel contempo, ad evidenziare una parte della storia della mia famiglia. Primo fra tutti gli studi che si sono dimostrati di grande utilità in questa ricerca è stato il volume In Urbe architectus , per la gran quantità di fonti riferite e per l’ampio raggio su tutti gli architetti del periodo 1680-1750, cioè proprio quello in cui operava il De Dominicis. Altrettanto valga per Roma nel XVIII secolo , pubblicato a cura di Micalizzi, i volumi di Artisti e artigiani a Roma , nella collana di “Studi sul Settecento romano”, Roma nel primo Settecento , ricavato dai registri della Presidenza delle Strade, ed uno studio inedito dell’autore sulle protettorie cardinalizie, indispensabile per l’individuazione delle committenze. Il capostipite romano, Tommaso, e le famiglie Colonna e Barberini Fu il bisnonno di Carlo, Tommaso, a portare la famiglia a Roma verso il 1640, dall’originaria Bagnorea, oggi Bagnoregio, presso Viterbo, dove era nato circa il 1599. Arrivò nell’Urbe dopo essere passato a Castel Madama, in diocesi di Tivoli, dove si era 1 Per questi riferimenti bibliografici, vedere la Bibliografia in fondo a questo volume. 2 3 sposato nel 1631 con Felice Guerrini 2. Il cognome, benché spesso variato, era attestato come “de Dominicis” già dal 1635, alla nascita del figlio Francesco, dove lui è indicato come “mastro muratore” 3. Molto lascia supporre che i suoi trasferimenti dalla città natale siano avvenuti al seguito delle famiglie Farnese e Colonna. La prima era la più potente famiglia dell’area viterbese ma anche feudataria di Castel Madama, ricevuta in dote da Madama Margherita d’Austria (+.1586). Dal 1628 Girolamo Colonna era governatore di Viterbo e suo cugino Muzio Colonna era vice-governatore di Tivoli, mentre governatore era il cardinale Francesco Barberini sen. (1597-1679). La famiglia Colonna si era appena imparentata con i Barberini avendo Anna Colonna sposato, nel 1624, Taddeo Barberini, fratello dell’allora pontefice Urbano VIII. Il cardinale Francesco, vice-cancelliere della Chiesa, aveva interessi di collezionista e letterato, nonché di cultore delle arti, come tutta la sua famiglia, la cui vasta committenza architettonica era affidata principalmente a Gian Lorenzo Bernini (1598- 1680). Non è escluso dunque che il trasferimento nell’Urbe sia avvenuto, tra il 1636 ed il 1640 4, al seguito di questo cardinale, coetaneo di Tommaso e omonimo del primo figlio di questo. Se così fu, l’attività edile del De Dominicis dovette svolgersi attorno ai cantieri direttamente voluti dal cardinale: la prosecuzione di Palazzo Barberini, la costruzione del grande teatro adiacente allo stesso palazzo, il restauro dell’Ospizio di S. Girolamo della Carità, la sistemazione della sacrestia della chiesa delle Stimmate e di Piazza della Cancelleria, alcuni lavori a S. Lorenzo in Damaso, la ricostruzione delle chiese di S. Salvatore in Campo, S. Rocco e S. Luca in Campo Vaccino, il riattamento di S. Teodoro e della chiesa e convento di S. Giacomo in Settignano, il restauro delle chiese di S. Lorenzo in Fonte e di S. Agata dei Goti, la costruzione della chiesa e del convento di S. Bonaventura al Palatino. Il legame coi Barberini, ed ancor più con le varie famiglie ad essi collegate, è dimostrato poi da numerosi indizi posteriori che si ritrovano nella storia dei De Dominicis e dello stesso Carlo, come avremo modo di vedere. Tommaso de Dominicis forse lavorò a S. Giovanni dei Fiorentini o per il ricco Collegio della Nazione Fiorentina perché, contravvenendo alla regola, il suo quarto figlio, Giuseppe, nel 1642, non fu battezzato nella sua parrocchia ma in quella chiesa 5. Firenze era la patria dei Barberini ed il padre del pontefice era stato sepolto proprio lì. Non è escluso che l’attività di Tommaso si sia sviluppata anche nei numerosi apparati, per feste e ricorrenze, ed impianti scenici, per le rappresentazioni drammatiche, messi in atto dal Bernini ed altri artisti della sua cerchia, tra cui il Borromini (1599-1667), su committenza barberiniana. Nel 1644, alla morte di papa Urbano VIII, gli successe Innocenzo X Pamphilj che fece aprire un processo contro i Barberini per le spese della Guerra di Castro, con l’accusa di peculato, e questi, ad esclusione del cardinale Antonio sen., dovettero fuggire a Parigi, dove vennero ospitati dal cardinale Giulio Mazzarino. Fu proprio per la protezione e la mediazione del primo ministro francese che costrinse il papa a rivedere le sue posizioni ed a far rientrare i Barberini a Roma nel 1648, restituendo loro i beni confiscati. Poco dopo, nel 1653, Carlo Barberini (1630-1704) venne creato cardinale e Maffeo Barberini 2 Archivio diocesano di Tivoli, Castel Madama, Matrimoni, a.d. 3 Archivio diocesano di Tivoli, Castel Madama, Battesimi, a.d. 4 Anni di nascita della figlia Bernardina, nata appunto a Castel Madama (Archivio diocesano di Tivoli, Castel Madama, Battesimi, a.d.), e di residenza nella parrocchia romana di S. Nicola dei Funari, attestata nello staso delle anime (ASVR, S. Marco, Stato delle anime, p. 249, n. 30). 5 ASVR (Archivio Storico del Vicariato di Roma), S. Giovanni dei Fiorentini, Battesimi 1616-1649, f. 223r. 3 4 sposò Olimpia Giustiniani, nipote del papa. Tommaso dovrebbe essere morto nel 1652, non sappiamo dove 6. La famiglia Cavalletti Tra i padrini e le madrine degli otto figli di Tommaso, troviamo la marchesa Ginevra Vari, moglie del marchese Agostino Cavalletti, che nel 1648 tenne al fonte l’ultima figlia, Anna Maria 7. E’ logico dedurre che il muratore teneva rapporti di lavoro con i Cavalletti che proprio in quegli anni avevano ereditato dai De Rossi il palazzo in piazza Campitelli, giusto dietro l’abitazione di Tommaso, e ne avevano fatto un radicale restauro. La famiglia Cavalletti è documentata a Roma dal 1410 ed ebbero il palazzo di fronte alla chiesa di S. Andrea della Valle, nel rione Sant’Eustachio, e cappella nella chiesa di S. Agostino. La marchesa Ginevra viene ricordata anche da Amayden 8. Suo marito, Agostino Cavalletti, era stato conservatore di Roma nel 1627, 1635 e 1638 ed ancora nel 1649. Francesco Cavalletti Rondinini fu l’ultimo senatore di Roma, venendo deposto dopo la presa da parte dei piemontesi, nel 1870. In questa famiglia si estinsero le casate Rondanini (o Rondinini), che gli trasmisero il marchesato nel 1623, De Rossi e Belloni, che nel 1750 gli trasmisero il marchesato di Olivo (od Oliveto) Sabino. Furono anche nobili di Terni e di Spoleto e vennero iscritti nelle famiglie coscritte romane nel 1823, in sostituzione dei Capizucchi 9. Ad Agostino seguirono, fino al 1865, altri nove membri della famiglia che furono per 15 volte tra conservatori e priori dei caporioni. Furono anche signori di Posta, o Posticciola, in Sabina, anch’essa ereditata dai Belloni.
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