III

IL CENTRO DI COLONIZZAZIONE DI AVIGLIANO

1. CARATTERISTICHE GENERALI

Nel 1951, l’avvenuta costituzione della Sezione Speciale per la riforma fondiaria in Puglia, Lucania e Molise diede il via libera alla nascita delle strutture periferiche incaricate dell’esecuzione pratica delle direttive fissate dalla 841/50, tali organismi costituiti da un insieme di Gruppi di Aziende Contadine furono denominati Centri di Colonizzazione; tra le due entità furono poi istituiti degli uffici di Zona per il coordinamento, la verifica ed il controllo dell’azione di riforma per più Centri di Colonizzazione. Il Centro di Colonizzazione di Avigliano (CCA), ubicato nella zona monta- na a nord di , comprendeva i comuni di: Avigliano, (divenuto comune autonomo nel 1953 in seguito al distacco dal comune di Avigliano), Bella, , . Avigliano diede il nome all’intero comprensorio di rifor- ma in funzione del suo maggior peso demografico e territoriale. Una caratteristica di tale Centro risiedeva nel fatto che esso fu in tutto il Mezzogiorno (assieme alla Sila) e probabilmente in tutto il Paese, uno dei pochi esempi di territorio montano oggetto di Riforma Fondiaria. L’altro aspetto che ne rende interessante una sua disamina fu che, a diffe- renza delle spopolate lande del Tavoliere delle Puglie o del Metapontino, le montagne dell’Aviglianese erano densamente popolate e quindi la “coloniz- zazione” del latifondo ivi esistente doveva necessariamente fare i conti con una realtà fondiaria molto antropizzata; cosa che provocò non pochi proble- mi in fase di applicazione dell’esproprio. Infatti, la denominazione di Centro di Colonizzazione, per i sopraccitati territori della montagna Aviglianese, fu più convenzionale che sostanziale perché l’esproprio delle

- 47 - Bartolomeo Filadelfia relative aree non riguardò il latifondo a conduzione diretta (salvo piccole zone), bensì aree di montagna detenute in affitto da una miriade di posses- sori, i quali risiedevano in esse con le loro famiglie oppure provenivano da territori limitrofi. Di tali forme d’insediamento, la prima situazione era prevalente nei comuni di Ruoti e Bella (San Fele, era dal punto di vista delle aree espro- priate territorialmente esiguo), mentre per i comuni di Avigliano, Filiano e si era di fronte ad entrambe. La sede del Centro di Colonizzazione di Avigliano, nella sua prima fase, dal 1951 al 1953, fu ubicata nel centro omonimo, successivamente per motivi logistici fu spostata a Potenza ed in seguito in località Piano del Conte (frazione del Comune di Avigliano). In tale località il Centro ebbe una breve durata, risolvendosi alla seconda metà del 1955, infatti con la ristrutturazione dei Centri di Colonizzazione in “Centri di Riforma”, avvenuta nel 1956, la sede per la zona oggetto di studio divenne definitivamente Potenza. Il predetto provvedimento del 1956 non previde soltanto un cambia- mento di denominazione e di sede per i Centri, ma anche l’abolizione degli uffici di Zona e soprattutto una diversa allocazione dei corpi d’esproprio su base provinciale1. Al Centro di Colonizzazione di Avigliano, in ragione della loro ubicazio- ne montana, furono aggregati corpi di esproprio appartenenti ai comuni di Atella, , , , , e Tricarico-Serra del Ponte2. Considerando, però, l’estensione dei territori espropriati e lo stato di possesso degli stessi è risultato utile studiare il Centro di Colonizzazione di Avigliano facendo riferimento solo ai 5 comuni che lo costituirono in origine ed aggiungendovi, tra i nuovi, il comune di Forenza. L’aggregazione di Forenza all’area oggetto di studio non è stata casuale, infatti i terreni espropriati in tale comune erano condotti in posses- so da contadini residenti nelle frazioni di Avigliano ad esso confinanti.

1 I Centri di Colonizzazione istituiti in provincia di Potenza, tra il 1951 ed il 1952, furono: Gaudiano di , Avigliano, , Genzano, . Nel 1953, per poter meglio coordi- nare i servizi offerti ai centri, furono creati gli uffici di Zona, i quali comprendevano anche gli uffici del lavoro. Nel 1956 vennero seppresse le “zone” e organizzati i Centri come segue: Avigliano-Potenza, Melfi, Gaudiano, Taccone (Genzano-Irsina). 2 Il comune di Tricarico è situato in provincia di Matera, ma comprende anche un’isola amministrativa in provincia di Potenza denominata Serra del Ponte, in cui operò la Riforma Fondiaria.

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Considerando che per la provincia di Potenza il comprensorio di riforma riguardava 21 comuni, per una superficie complessiva di 200.716 ettari, i 6 comuni del CCA si estendevano su 52.228 ettari ovvero il 26% del totale (Tabella n. 12 ed Allegato n. 3).

Tabella n. 12 - Comuni interessati dalla riforma fondiaria in Provincia di Potenza

SUPERFICIE INTERESSATA ABITANTI SUPERFICIE % RISPETTO COMUNE (CENSIMENTO 1951) TERRITORIALE ESPROPRIO III RESIDUO TOTALE ha ALLA SUP. N° (A) ha (B) ha (C) ha (D) (E=C+D) TERRITORIALE (C *100/B) Aderenza 5.414 7.713 65 40 105 0,84 Atella 3.801 8.828 41 - 41 0,46 Avigliano3 14.546 15.571 2.103 13 2.116 13,50 2.536 8.235 301 -. 301 3,65 4.323 2.464 39 - 39 1,58 Bella 6.391 9.936 2.014 - 2.014 20,27 Campomaggiore 1.255 1.224 155 - 155 12,66 Forenza 5.829 11.560 255 - 255 2,20 Genzano 8.412 20.704 2.917 84 3.001 13,06 Lavello 14.808 13.292 2.119 420 2.539 15,94 3.822 4.549 104 17 121 2,28 Melfi 17.844 20.515 3.106 136 3.242 15,14 4.808 11.340 534 69 603 4,71

Oppido Lucano 4.507 5.465 93 50 143 1,70 Palazzo S Gervasio 8.708 6.226 382 - 382 6,13 14.726 5.319 106 31 137 1,99 4.423 2.905 56 - 56 1,92 Ruoti 4.085 5.506 369 - 369 6,70 San Fele 7.933 9.655 96 - 96 0,99 Tolve 5.539 12.775 95 - 95 0,74 Venosa 13.434 16.934 2.134 48 2.182 12,58 TOTALE 156.951 200.716 17.080 908 17.988 7,97 Fonte: Prinzi (1956)

3 I dati per Avigliano comprendono anche Filiano, costituitosi in comune nel 1953.

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Nei sei comuni presi in esame, la superficie espropriata in base ai decreti di esproprio ammontò a 4.903 ettari (4.890 ettari non considerando il terzo residuo), pari al 9,38% del territorio del CCA ed al 3,02% del territorio provinciale (tabella n. 13). Questo ultimo dato non deve trarre in inganno, infatti può far pensare al CCA in termini di esiguità territoriale relativamente al resto della provincia di Potenza, ma se si considerano le restanti superfici provinciali espropriate per decreto (12.177 ettari su 17.080 ettari totali), si nota che il “peso” terri- toriale del CCA balza ad un rilevante 40,26%. Riguardevole era pure il “peso” demografico, infatti la popolazione resi- dente per i comuni del CCA (secondo il censimento ISTAT del 1951) raggiungeva i 38.784 abitanti, ovvero il 24,72% del totale residente com- prensorio di riforma della provincia di Potenza (156.951 abitanti); anche demograficamente la realtà del CCA era dunque molto rilevante.

2. MOVIMENTO CONTADINO NELL’AVIGLIANESE

Prima di descrivere circostanziatamene il modo in cui la Riforma Fondiaria operò, attraverso lo strumento del CCA, si è ritenuto impor- tante fare una breve disamina delle penose condizioni di vita delle popo- lazioni rurali lì residenti e del movimento di lotta contadino che le inte- ressò. Le cause che scatenarono il movimento contadino di occupazione delle terre non furono, in questa zona della , dissimili dal resto della regione: frammentazione e polverizzazione fondiaria, eccessiva pressione demografica sulle scarse risorse agricole, presenza di un latifondo assentei- sta ed oppressivo rendevano difficile la vita della popolazione rurale dell’Aviglianese. Nella zona di Avigliano (…) 24.641 proprietà, pari al 93% del numero complessivo avevano nel 1946 un reddito medio di L. 72, un reddito massimo di L. 400 e detenevano il 34% del reddito com- plessivo. Nella medesima zona di Avigliano vi erano quattro proprietà che possedevano da sole il 23,4% del reddito complessivo con una media di oltre L. 279.000 (Prinzi, 1956). Per avere un’idea delle condizioni di vita allora presenti è utile leggere cosa scrisse l’inviato de Il Popolo della Lucania in una sua inchiesta sulle condizioni contadine, nel settembre del 1949:

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«La terra che questi contadini coltivano4 è terra del Principe Doria o del Tufaroli, di cui questi contadini sanno solo che vivono a Roma. Per questa terra arida e magra, che è tutta al disopra degli ottocento metri sul livello del mare, i contadini aviglianesi pagano con l’unica ricchez- za che posseggono, il grano; per ogni tomolo5 di terra seminata devono dare al padrone da due a cinque tomoli di grano6 comunque vada l’annata. I ter- reni sono senza acqua, il contadino parte all’alba, col fido orciuolo per un sentiero lungo anche cinque chilometri, tanto può essere lontana dalla mas- seria la terra da lavorare… …Questi contadini non hanno un medico, non hanno un prete, il quale viene dal paese solo la domenica per celebrare la messa e i contadini gli offrono per questo servizio circa sessanta tomoli di grano all’anno… …Le abitazioni più che case, sono quattro muri messi su con terra e sassi raccolti nei terreni stessi: tutte a pian terreno, alte non più di tre metri dal suolo. Tali costruzioni non hanno finestre e sono quindi senza aria e senza luce, il fumo del focolare esce dalle fessure del muro e dalla porta: tutto è nero, i muri, le panche, i letti. In pieno giorno e in pieno sole regna la più completa oscurità. In un’unica stanza vivono, anche, famiglie di 10-12 per- sone, a cui si devono aggiungere l’asino e la capra legati al capezzale e il maiale, i colombi e le galline sotto il letto. I fanciulli sino a 8 anni sono occupati ad accudire l’asino, la pecora o il maiale; a nove anni gli si compra la piccola zappa, che diventa più pesante a 15 e, a 20 anni pesantissima. Poco dopo i 20 anni ci si sposa ricevendo dal padre, come unico aiuto, il grano per seminare e per mangiare sino alla prossima raccolta». Ancora più miserevoli erano le condizioni nel “feudo” di San Cataldo di proprietà della Principessa Ruffo: qui la popolazione residente passò, nel giro di un secolo (tra il 1850 ed il 1950), da 50 ad 800 persone circa. Questo cambiamento avvenne senza che si verificasse alcun incremento della superficie coltivata la quale rimase stabile intorno ai 600 ettari, né vi era possibilità alcuna di espansione della superficie coltivata (eccezion fatta su alcune occupazioni e dissodamenti di superfici boscate avvenute a cavallo dei due conflitti mondiali), giacchè la popolazione di San Cataldo era cir- condata dai boschi di proprietà dei Ruffo.

4 Si intende Avigliano, Filiano e Forenza. 5 Il tomolo di terreno, nell’area territoriale di studio, è circa 4000 m2. 6 1 tomolo di grano, nell’area territoriale di studio, è circa 45 chili.

- 51 - Bartolomeo Filadelfia IURIDICI - - - - . G GU/SO GU.210 IF R ATA D ECRETO DI ESPROPRIO D ------N. 800 13/09/51 GU. 210 801 13/09/51 GU. 210 4.286 24/01/53 SO 19/6 3.282 17/11/53 SO 13/5 2.267 20/12/52 SO 295/2 4.252 24/01/53 SO 19/6 4.286 24/01/5319/6 SO 3.283 17/01/5313/5 SO ------0,99 6,70 TERRITORIALE RISPETTO ALLA . % SUP ha 96 52 26 96 OTALE T UPERFICIE INTERESSATA S - - - ha RESIDUO III ha 52 26 96 96 - 30 13 43 255 - 255 - 947 28/07/52 Gu. 173 343 - 343 369 - 369 146 - 146 1888 - 1888 1.868 - 1.868 SPROPRIO E ha - - La Riforma Agraria in Puglia, Lucania e Molise nel 1956” La Riforma 9.936 2.014 - 2.014 20,27 5.506 9.655 15.571 2.155 13 2.168 13,92 UPERFICIE S TERRITORIALE 1951)

------.- BITANTI 5.829 11.560 255 - 255 2,20 - - - 6.391 4.085 7.933 38.784 52.228 4.890 13 4.903 9,38 - - - 14.546 A CENSIMENTO ( 7 OMUNE DI C APPARTENENZA ITTE ESPROPRIATE E D TOTALE CC DI AVIGLIANO Catena Antonio fu PasqualeDoria Pamphyli Filippo Andrea fu Antonio Morlino Franco fu Leonardo - - 185 - 185 -Totale Forenza 787 13/19/51 Schiavone Panni Alfredo fu Vincenzo Totale Bella Ruffo Maria Lucia fu Gioacchino Ruffo Maria Lucia fu Gioacchino Borraccia Flora di Michele e Pastore Anna ed Antonio fu Alessandro Totale Avigliano e Filiano Ruffo Maria Lucia fu Gioacchino Ruffo Maria Lucia Totale Ruoti Totale San Fele Tufaroli Francesco fu Mosè Tabella n. 13 - Quadro della situazione dei terreni espropriati dalla Riforma Fondiaria sulla montagna Aviglianese n. 13 - Quadro della situazione dei terreni espropriati dalla Riforma Fondiaria sulla montagna Tabella Fonte: Dati elaborati dall’autore incrociandovi decreti pubblicati nelle Gazzette Ufficiali /Supplementi Ordinari (GU/SO), tra il 1951 ed il 1953, i dati pubblicati da D. Prinzi in “

- 52 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

Giovanni Russo in Baroni e contadini - Le capanne di San Cataldo (1955) descrisse in modo mirabile le condizioni di vita quasi medioevali della popolazione residente in quell’area, dove le case potevano conside- rarsi delle vere e proprie capanne in cui vivevano, immersi nella sporcizia, uomini ed animali ed in cui il pavimento era in terra battuta. Al loro interno non vi era la benché minima presenza di oggetti che potessero rimandare ad una manifattura industriale, tutto era realizzato per mezzo del proprio lavoro: gli scranni per sedersi, gli scaraiazzi (delle parvenze di letto) per dormire, i cassoni per conservare il grano spesso vuoti per la scarsezza dei raccolti. Le ricchezze di ognuno sono un po’ di lardo, una treccia di agli e di cipolla, qualche pezzo di formaggio, ...in mano hanno forchette di stagno dai denti storti ed eccessivamente allargati per infilzare più maccheroni, le poche volte che ne mangiano, o pezzi di carne che è una vivanda rarissima (Russo, 1955). Il canone era esoso e protestare col Principe era come parlare al vento; spes- so, nelle annate cattive, avevano dovuto vendere le bestie e persino i maiali; le lotte per piantare le vigne, perché l’amministrazione principesca non voleva miglioramenti e solo durante la guerra aveva cominciato a tollerarli. Il loro lavoro rassomiglia a quello di un agricoltore come la lancia di un selvaggio rassomiglia ad un fucile mitragliatore (Russo, 1955). Proprio per sottrarsi a condizioni di vita tanto inumane la popolazione poverissima, ma fiera, della montagna Aviglianese, diede vita -sulla scorta di quanto stava avvenendo nei territori viciniori- ad un ampio movimento di lotta. L’assalto al latifondo ebbe come principale obiettivo le grandi superfici boscate delle proprietà Doria e Ruffo; infatti, a differenza delle grandi pro- prietà estensive nobiliari esistenti in Basilicata e nel resto dell’Italia Meridionale, i “feudi” dell’Aviglianese -per ciò che concerne le superfici col- tivate- erano affittate ad una miriade di possessori. Per tale ragione non vi era possibilità da parte della popolazione rurale locale di occupare terreni che sostanzialmente appartenevano a persone nella loro stessa condizione; conseguentemente l’occupazione del bosco rappresentò nel contempo una valvola di sfogo per stemperare la fame di

7 La sezione speciale attraverso il centro di colonizzazione pervenne ai terreni della ditta Tufaroli Francesco mediante il combinato disposto della permuta degli stessi unitamente all’acquisto di 283 ettari per un totale di 538 ettari.

- 53 - Bartolomeo Filadelfia terra ed una rivalsa contro ciò che incarnava il potere del nobile sulla povera gente. Di seguito si riportano estratti di alcune denuncie trasmesse dall’Arma dei Carabinieri all’Autorità Giudiziaria in merito alle occupazioni di boschi operate dai contadini. Il 28 novembre del 1946 contadini et familiari località Cugno Molino agro Avigliano (PZ) invadevano terreno boschivo località Principe Doria; il 26 novembre del 1946 circa 20 contadini frazione Lagopesole comune Avigliano invadevano arbitrariamente scopo dissodamento terreno boschivo proprietà Principe Doria; 30 contadini frazione Giardiniera comune di Avigliano il 2 dicembre 1946 invadevano arbitrariamente scopo dissoda- mento terreni boschivi vincolati località Acque Rosse agro detto comune proprietà principe Doria (T. Russo, 2000). L’11 novembre 1947 200 contadini frazione Scalera, San Giorgio, Cappelluccia, Sant’Angelo di Avigliano (PZ) iniziavano arbitrario dissoda- mento terreno boschivo vincolato Contrada Cancello Felice et Sant’Agata di Lagopesole proprietà principe Doria (T. Russo, 2000). Nel dicembre 1947 a San Cataldo, frazione del comune di Bella ma vici- na ad Avigliano, i contadini occuparono un bosco del principe Ruffo (T. Russo, 2000). Il 9 dicembre 1947 31 contadini della frazione Frusci di Avigliano (PZ) iniziavano arbitrario dissodamento terreno boschivo vincolato località Monte Caruso di Lagopesole proprietà principe Doria Pamphyli (T. Russo, 2000). Alcune di queste occupazioni furono pacifiche ed ebbero solo valore simbolico, altre assunsero la forma di veri e propri dissodamenti previo disboscamento della superficie occupata, altri ancora si risolsero nella messa a coltura di piccoli spazi di terreno non occupato dalle piante, detti chiarie. Tali sforzi non portarono dei risultati significativi alla popolazione occu- pante non solo perché l’azione venne rivolta verso boschi sottoposti a vinco- lo idrogeologico ed un loro dissodamento avrebbe provocato più danni che benefici, ma anche per la pervicace resistenza dei loro proprietari, che dalla gestione degli stessi ricavavano considerevoli introiti. La seconda ondata di occupazioni si verificò nel 1949, ma il modus agendi ricalcò quello del biennio 46-47: scarsissimi furono i risultati. La lotta per la terra dei contadini dell’aviglianese non risolse quasi nulla dei problemi che l’avevano vista nascere, tuttavia dimostrò che un interven-

- 54 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria to pubblico che determinasse una maggiore equità nella distribuzione delle risorse fondiarie, e quindi un miglioramento delle condizioni di vita, non era più procrastinabile.

3. ILRILIEVO DELLO STATO DI POSSESSO8

Dalla situazione del quadro di esproprio emergono alcuni dati più signi- ficativi: 1) Le ditte espropriate più rappresentative, sia per l’estensione che per ciò che avevano rappresentato e continuavano a rappresentare nelle rispettive proprietà, erano: a) Doria Pamphyli Filippo Andrea per l’area di Avigliano e Filiano; b) Ruffo Maria Lucia per la zona di Bella e Ruoti. Le origini di tali latifondi risalgono alla seconda metà del 1500 per i Doria Pamphyli e tra il 1700 ed il 1800 per i Ruffo di San’Antimo; 2) La sequenza temporale dell’azione di espropriazione e presa di posses- so dei terreni in ossequio ai DD.PP.RR. avvenne nel seguente ordine: - Autunno 1951; è il periodo di gran parte dell’esproprio della ditta Ruffo in agro di Bella e Ruoti e Catena9 in agro di Avigliano e Filiano; - Autunno 1953; avvenne il completamento dell’esproprio tutto il comprensorio della ditte Doria Pamphyli, Morlino e la permuta di Schiavone Panni, in Avigliano e Filiano e della ditta Borracci e Pastore in agro di San Fele. Infine, nello stesso periodo fu anche espropriata alla ditta Ruffo la parte residua dei propri possedimenti ricadenti nei comuni di Bella e Ruoti. Il Centro di Colonizzazione di Avigliano iniziò quindi l’attività di rifor- ma con i terreni espropriati nei comuni di Ruoti e Bella, mentre per quelli ricadenti nei comuni di Avigliano e Filiano la piena attività incominciò con la presa di possesso dell’esproprio Doria due anni più tardi.

8 Il rilievo topografico degli stati di possesso fu espletato dalla ditta Ferretti di Parma per il corpo d’esproprio di Serra D’Aini, mentre per gli altri le operazioni furono condotte o diret- tamente dal CCA o con affidamenti a ditte locali. 9I Catena, così come le famiglie Schiavone Panni, Morlino e Pastore-Borracci, costituiro- no le loro proprietà a cavallo fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900: periodo di “assalto” bor- ghese al latifondo.

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Come visto, i Centri di Colonizzazione vennero articolati in un insieme di più piccole unità periferiche: i Gruppi di Aziende contadine o Reparti, che riguardavano uno o più corpi di esproprio. Queste strutture, la cui ampiezza oscillava tra i mille ed i cinquemila ettari, provvidero, sotto il coordinamento dei CC, all’esecuzione dei piani di espropriazione ed all’assi- stenza tecnica ed economico-finanziaria nei confronti dei nuovi proprietari. Anche il Centro di Colonizzazione di Avigliano fu strutturato in GAC (Gruppi di Aziende contadine), il cui numero ammontò a cinque e si occupò dell’esecuzione dei piani di esproprio per un totale di diciotto corpi (tabella n. 14). Era chiaro, anche senza avere ancora dei dati probatori al riguardo, che non si stava espropriando una zona in cui vi era il latifondo inteso in senso comune, ma ci si trovava di fronte al latifondo che il professor Einaudi ha definito quello frazionato in minute particelle, forse non meno esteso di quel-

Tabella n. 14 - Organizzazione del CCA

GAC CORPO DI ESPROPRIO DITTA ESPROPRIATA COMUNE I Scalera Scalera-Dragonetti Doria Pamphyli Filiano Piano del Conte Doria Pamphyli Avigliano-Filiano Difesola-Lagopesole Doria Pamphyli Avigliano-Filiano Masi e Signore Catena Avigliano-Filiano Favale Doria Pamphyli Avigliano-Filiano Montecaruso Doria Pamphyli Filiano II Lagopesole Serra D’Aini Morlino e Schiavone Panni Filiano Varco di Lavello Doria Pamphyli Avigliano Montemarcone Doria Pamphyli Avigliano Monte Sant’Angelo Doria Pamphyli Avigliano San Giuliano Tufaroli Forenza Spinosa-San Rocco Ruffo Ruoti III Taverna Foy Taverna Foy-Abetina Ruffo Ruoti Bosco Grande Ruffo Ruoti

San Cataldo Ruffo Bella IV San Cataldo Caldane I e II Ruffo Bella Orti di Pierno Borracci e Pastore San Fele

V Sant’Antonio Casalini Sant’Antonio Casalini-Castelluccio Ruffo Bella Fonte: ALSIA (Agenzia Lucana per lo Sviluppo e l’Innovazione in agricoltura)

- 56 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria lo conosciuto perché ampio, e altrettanto male coltivato e poco produttivo. Tali caratteristiche condizioni erano esattamente riprodotte in questo ambiente, ove il reddito della piccole impresa coltivatrice era reso ancora più basso oltre che dall’ampiezza dall’azienda e dalla scarsa produttività dei terreni anche dalla imposizione di canoni di affitto molto elevati (Calamita, 1958). Infatti, l’aspetto peculiare della forma di conduzione dei terreni espro- priati (leggesi: un immenso numero di possessori) impose ai dirigenti del Centro di Colonizzazione di Avigliano di provvedere, senza indugi, ai lavori di rilevazione dello stato di possesso dei terreni espropriati appartenenti alle famiglie contadine, che li oramai coltivavano da più generazioni. Per la risoluzione di questo gravoso problema, la direzione del Centro venne affidata inizialmente al dr. Gerardo Salinardi, esperto agronomo, conoscitore e dei problemi locali e delle condizioni degli affittuari delle ditte espropriate. L’accertamento dello stato di possesso si rese indispensabile non solo per l’elevato numero di possessori, ma anche per il netto rifiuto delle ditte espropriate di consegnare ai funzionari della riforma atti e documenti dai quali risultassero lo stato di consistenza e la distribuzione delle affittanze. A ciò si aggiunse il mancato aggiornamento del Catasto Terreni, che creò in alcune circostanze dei contenziosi con i proprietari riguardo i suoli da espropriare: emblematico è il caso della ditta Morlino, che contestò l’espro- prio di terreni in località Serra D’Aini perchè non era stato rilevato corretta- mente l’imponibile afferente ad alcuni terreni posseduti in agro di Monticchio dal quale scaturivano i decreti di espropriazione. Con il rilievo dello stato di possesso fu “possibile precisare il nome dei possessori ed il numero di essi, la consistenza dei possessi, la loro ubicazione sulle mappe ed il numero di corpi, nonché le destinazioni colturali dei sin- goli appezzamenti. Per favorire poi i lavori di riordino dello stato di possesso,fu indicato per ciascuno di essi un punteggio di merito in base ad una scala unica che non teneva conto della qualità di coltura, ed i cui valori, per convenzione, andavano da uno a dieci” (Calamita, 1958) tale operazione fu resa possibile per mezzo di una scheda di valutazione (documento n. 1, appendice documentale). La scala dei valori faceva riferimento ad una particella reale di seminativo di classe nota a cui si attribuì un punteggio e che servì da campione; gli appez- zamenti che risultavano simili ad essa conservavano lo stesso punteggio, per le altre lo si stabiliva in base a determinate caratteristiche, ma sempre compren-

- 57 - Bartolomeo Filadelfia dendolo nell’intervallo 1-10. Il punteggio di merito permetteva di stabilire la superficie ragguagliata dei singoli possessi mediante una moltiplicazione con la superficie reale e questo ebbe una notevole importanza nella fase del con- fronto degli appezzamenti da permutare tra di loro (Calamita, 1958). Gli elementi che consentivano di giungere alla attribuzione di un pun- teggio di merito furono: 1) la fertilità del suolo in funzione delle produzioni ottenute; 2) l’acclività dei terreni (per poter valutare il grado di meccanizzabilità dell’azienda); 3) l’esposizione del suolo; 4) l’intensità dei fenomeni di erosione in atto, con esame delle possibi- lità di ridurla o di eliminarla; 5) suscettività alla trasformazione in senso ampio, sia riguardo alle opere di carattere privato sia per le eventuali opere pubbliche che potevano essere realizzate sul suolo (Calamita, 1958). Per gli orti, i vigneti ed i frutteti il punteggio teneva presente l’età e le condizioni dell’impianto, ma quasi sempre era pari a 10 perché gli stessi venivano riconfermati nel passaggio dal possesso all’assegnazione per evitare contenziosi nelle valutazioni delle operazioni di scambio. Accanto alle caratteristiche valutabili ve ne furono alcune che non si pre- stavano a nessuna stima, ad esempio il grado di attaccamento dei contadini al loro pezzo di terra, il quale ebbe in molti casi un peso non secondario nel- l’orientare le proposte di riordino fondiario. Quindi, la valutazione attraver- so punteggi di merito non ebbe un assoluto rigore scientifico, ma funse da prezioso strumento empirico nel guidare l’opera dei tecnici preposti all’asse- gnazione. Le operazioni di attribuzione dei punteggi di merito permisero di costi- tuire un piccolo ma indispensabile catastuolo basato: a) su registri dello stato di dimostrazione del possesso (corrispondenti alle tavole censuarie) che, accanto agli estremi del catasto governati- vo, portavano per ogni appezzamento rilevato un riferimento nume- rico alle mappe catastali di uso interno della Sezione, la superficie reale, il punteggio di merito con la superficie ragguagliata ed il nome, cognome e paternità del possessore10;

10 Spesso si doveva ricorrere anche all’agnome vista la larga omonimia esistente, special- mente nel trattare i possessori del GAC di San Cataldo, dove predominavano solo tre cognomi su circa cento famiglie.

- 58 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

b) su registri partitari con l’elencazione, quindi, delle ditte possessorie e degli estremi catastali del loro possesso (in base del catastuolo interno); c) su schedari, ogni ditta possessoria, cioè, aveva la sua scheda che ripor- tava, oltre gli estremi del partitario, anche l’indicazione di tutte le altre superfici che essa conduceva in proprietà o in fitto, la stessa scheda nell’altra sua faccia, portava la proposta di assegnazione (Calamita, 1958) Tale metodologia venne adottata per la prima volta nel corpo di espro- prio di Sant’Antonio Casalini-Castelluccio (GAC Sant’Antonio Casalini), da parte del team coordinato dal professor Manlio Rossi Doria; in seguito venne applicata per la rilevazione dei possessi a tutto il comprensorio di riforma del Centro di Colonizzazione di Avigliano. Di grande importanza per capire lo svolgimento della riforma fondiaria nell’Aviglianese, sarà l’analisi della scansione temporale delle prese di posses- so dei singoli corpi di esproprio. Questa poiché non sempre seguirono immediatamente i decreti di esproprio, determinarono ritardi considerevoli, che, molto spesso, portarono alla non attuazione delle assegnazioni nei tempi previsti. I motivi che produssero tali inconvenienti vanno ricercati in una serie di cause che per la loro complessità e variabilità richiedono una trattazione separata per ogni corpo d’esproprio. Le prime prese di possesso vennero eseguite nella seconda metà del 1951 in agro di Bella e Ruoti, nei corpi di esproprio di Sant’Antonio Casalini- Castelluccio, Spinosa I-San Rocco e Taverna Foy ed in gran parte di San Cataldo, con i criteri visti poc’anzi. In seguito, nel 1953, tali aree si comple- tarono con l’aggiunta dei corpi di Abetina e Spinosa II e della restante parte di San Cataldo. Il rilievo del possesso permise di accertare, innanzi tutto, che i terreni ivi espropriati, per la quasi totalità (89,8%), erano all’atto del- l’esproprio in possesso di contadini coltivatori, e precisamente per l’88,7% a Bella ed il 93,3% a Ruoti (Calamita, 1958). La superficie rimanente era occupata da castagneti da frutto, da pascoli, da alcuni ettari a bosco e da tare libere dal possesso dei contadini.

3.1 Il rilievo dello stato di possesso nel GAC di Sant’Antonio Casalini nel comune di Bella Per quanto riguarda Sant’Antonio Casalini-Castelluccio (Allegato n. 4), la superficie espropriata risultò essere pari a circa 1.326 ettari, di cui per

13 Elaborazione su dati ALSIA. - 59 - Bartolomeo Filadelfia

1.070 ettari coltivati da 181 ex affittuari della ditta Ruffo; della superficie residua 187 ettari rimasero a disposizione della Sezione (erano costituiti da pascoli, boschi e castagneto) come massa di manovra per le operazioni di scambio e 68 non vennero utilizzati perché considerati come tare (stra- de, acque, ecc.) Il numero dei corpi aziendali ammontava a 543, con una media di 3 corpi per ciascuna delle 181 famiglie ex affittuarie e con un’ampiezza media per ogni corpo di 1,97 ettari ed una ampiezza media per possesso di 5,91 ettari11. La distribuzione per classi di ampiezza della superficie e numero dei pos- sessi è esplicitata nella Tabella n. 15. “L’aspetto patologico dell’economia di tali possessi scaturisce dalla consi- derazione che in tale ambiente l’impresa contadina può ritenersi organica, vitale ed autosufficiente, quando si esercita su una superficie territoriale media non inferiore a 10-15 ettari” (Calamita). Dai dati ricavati dal rilievo del possesso risultò, invece, che i possessi più piccoli, ovvero fino ai 4 etta- ri12 ed in numero di 88 su 181 nel complessivo, ricoprivano una superficie di 184 ettari, pari al 17,20% della superficie complessiva ed avevano una ampiezza media di 2,09 ettari. Inoltre, erano distribuiti in 164 corpi, con una media di 1,86 corpi per possesso ed una ampiezza di 1,12 ettari per corpo. I possessi di dimensioni maggiori (oltre i 4 ettari, circa 93 di numero) occupavano una superficie di 886 ettari, pari al 82,80% della superficie totale, con ampiezza media di 9,52 ettari; risultavano frazionati in 379 corpi che corrispondevano a 4,07 corpi in media per ciascun possesso e 2,34 ettari per corpo: come si può notare il grado di frammentazione aumentava al cre- scere delle dimensioni aziendali.

3.2 Il rilievo dello stato di possesso nel GAC di Taverna Foy nel comune di Ruoti La situazione dei corpi di esproprio nel comune di Ruoti si manifestò in modo non troppo dissimile da quella del territorio di Sant’Antonio Casalini.

11 Elaborazione su dati ALSIA. 12 La ripartizione dei possessi in grandi e piccoli, per meno di 4, e per più di 4 ettari, è stata fatta dai tecnici del C.C.A. per poterli confrontare, in fase di assegnazione, con le quote ed i poderi.

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Tabella n. 15 - Distribuzione dei possessi nel GAC di Sant’Antonio Casalini- Castelluccio13 prima del riordinamento fondiario

% RISPETTO ALLA CLASSI DI AMPIEZZA N. SUPERFICIE IN ha SUPERFICIE TOTALE Fino ad 1 ha 17 11.00 1,03 Da 1 a 2 ha 26 36.00 3,36 Da 2 a 4 ha 45 137.00 12,82 Totale fino a 4 ha 88 184 17,20 Da 4 a 7 ha 34 180.00 16,82 Da 7 a 10 ha 28 241.00 22,52 Da 10 a 20 ha 27 366.00 34,20 Oltre i 20 ha 4 99.00 9,25 Totale oltre i 4 ha 93 886 82,80

TOTALE 181 1.070.00 100,00

La presa di possesso in questa zona avvenne in due tempi tra il 1951 ed 1953: la superficie indicata nei decreti di esproprio 800/51 e 3.282/53 ammontò complessivamente a 369 ettari, ma in fase di rilievo delle affittanze si ridusse lievemente (di circa 8 ettari) a 361 ettari14, in ragione delle tare ivi ritrovate. In sintesi le superfici espropriate furono le seguenti: • Spinosa I - San Rocco (1951), 164,90 ettari; • Spinosa II (1953), 18,98 ettari; • Taverna Foy (1951), 146,28 ettari; • Abetina (1953), 30,90. Nello studio condotto in agro di Ruoti dal professor Enrico Calamita, allora componente del team Rossi-Doria per la riforma nell’ex “feudo” Ruffo, su 339 ettari (dei 369 espropriati) vi si trovarono 107 ditte possesso- rie (Allegato n. 4) costituite da 216 appezzamenti, con una media di 2,01

13 Elaborazione su dati ALSIA. 14 Elaborazione su dati ALSIA.

- 61 - Bartolomeo Filadelfia corpi per ogni possesso, una superficie media, sempre per corpo o appezza- mento, di 1,56 ettari, ed un’ampiezza media per possesso di 3,14 ettari. (Tabella n. 16) I possessi minori rilevati (1-4 ha) furono 73, per una superficie comples- siva di 135 ettari (39,83%), con una superficie media per possesso di 1,85 ettari, distribuiti in 125 corpi, pari a 1,71 corpi per ditta e con una superfi- cie media per corpo di 1,08 ettari. I possessi maggiori in numero di 34 per una superficie di 204 ettari (60,17% della sup. totale), avevano una superficie media per possesso pari a 6 ettari erano composti da 91 corpi, con 2,67 corpi per possesso ed una superficie media per corpo di 2,24 ettari15. Il dato che in questo ambito appare lampante è la mancanza di possessi insediati con superficie maggiore di 10 ettari, si ha che soltanto l’8,4% di questi avevano aziende con superfici maggiori di 7 ettari (Calamita, 1958).

Tabella n. 16 - Distribuzione dei possessi nel GAC di Taverna Foy - Abetina prima del riordinamento fondiario

% RISPETTO ALLA CLASSI DI AMPIEZZA N. SUPERFICIE IN ha SUPERFICIE TOTALE Meno di 1 ha 7 2,00 0,60 Da 1 a 3 ha 5 6,00 1,77 Da 3 a 4 ha 61 127,00 37,46 Totale fino a 4 ha 73 135 39,83 Da 4 a 7 ha 26 142,00 41,89 Da 7 a 10 ha 8 62 18,28 Da 10 a 15 ha - - - Oltre i 15 ha - - - Totale oltre i 4 ha 34 204 60,17

TOTALE GENERALE 107 339 100,00

Fonte: Calamita (1958)

15 Elaborazione su dati ALSIA.

- 62 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

A tal uopo è necessario sottolineare che mentre nella zona di Ruoti i terreni posseduti in fitto ed oggetto di esproprio rappresentavano in molti casi delle integrazioni di piccole proprietà già esistenti (saranno trasformate in quote con le assegnazioni), nella zona di Sant’Antonio Casalini- Castelluccio il possesso negli espropri rappresentava l’unica realtà fondiaria. Tale situazione si era crea- ta perché gli affittuari di Sant’Antonio Casalini, situato nel comune di Bella, provenivano in massima parte dal comune di Ruoti e conseguentemente non avevano più alcun legame fondiario con la municipalità di provenienza. Infine, bisogna tener presente che le ditte possessorie di entrambi i GAC erano costituite in massima parte da ex affittuari residenti in loco: • su 181 possessori nel GAC di Sant’Antonio Casalini-Castelluccio, 137 residenti contro 44 non residenti (24,31%); • su 107 possessori nei GAC di Taverna Foy, 95 residenti contro 12 non residenti (11,21%). La residenzialità di queste popolazioni rurali, a differenze delle restanti zone del CCA, non si esplicitava in piccoli borghi rurali, ma in massima parte in insediamenti sparsi su quello che poi diventerà il loro podere; i pochi agglomerati di casupole che si trovavano (e ancora oggi si trovano) in queste aree erano: Repupillo, Pietrascritta, Sant’Antonio Casalini e Fontana Melagine, nel GAC di Sant’Antonio Casalini-Castelluccio, e per la zona di Ruoti: Taverna Foy, Incasciaturo, Toppa di Scioscio, Spinosa e Porcili.

3.3 Il rilievo dello stato di possesso nel GAC di Lagopesole nel comune di Avigliano Nel medesimo biennio (1951-1953) si procedette alla presa di possesso degli espropri ubicati all’altro estremo territoriale del CCA. Il primo corpo d’esproprio ad esserne interessato fu quello di Masi e Signore, appartenente alla ditta Catena Antonio e situato nel GAC di Lagopesole. Sui 189 ettari di superficie espropriata mediante D.P.R. la rilevazione dello stato di possesso accertò 72 affittuari su un totale di 169 ettari distri- buiti in 375 corpi con un numero medio di appezzamenti per ditta posses- soria pari a 5,21 ed una superficie media per corpo di 0,45 ettari, conse- guentemente l’estensione media di un’affittanza in tale area risultò essere 2,35 ettari16.

16 Elaborazione su dati ALSIA.

- 63 - Bartolomeo Filadelfia

Questi valori denotano subito una minore disponibilità della risorsa terra (polverizzazione) rispetto alla popolazione esistente e di conseguenza un più accentuato grado di frammentazione rispetto ai corpi di esproprio descritti in precedenza. I possessori erano costituiti per lo più da gente del posto abitante nei “caseggiati” di Masi e Signore. Il Gruppo di Aziende contadine di Lagopesole comprendeva, però, oltre al corpo d’esproprio suddetto, anche quello ben più importante di Piano del Conte (esteso su una superficie di 329 ettari, Allegato n. 5). In questo ulti- mo caso, buona parte della rilevazione dello stato di possesso venne resa age- vole dalle precedenti scelte aziendali operate dal Principe Doria Pamphyli nella seconda metà degli anni ‘30. Su una superficie ivi espropriata di 329 ettari circa, il 64,43%, pari a 212 ettari, era posseduto dalle famiglie ex mezzadre, mentre il 35,57% (103 ettari) era detenuto da affittuari, in numero di 89, insediatisi sui ter- reni della disciolta conduzione diretta tentata dall’Azienda Doria nei primi anni ‘30. La ex mezzadrie coprivano una superficie di circa 30 ettari ciascuna, distribuite in 12 corpi con una media per corpo di 17 ettari: un’estensione che le caratterizzava rispetto a tutti gli altri possessi presenti nell’Aviglianese, data l’assenza di manifestazioni patologiche di frammentazione e polverizza- zione, ma la loro redditività era minata dall’elevato numero di membri di cui ciascuna famiglia era composta17 e che non permetteva alcun serio salto di qualità. Gli 89 possessori si spartivano i restanti 103 ettari, con una superficie media per possesso di 0,90 ettari sparsi in 143 corpi, ciascuno dei quali aveva una superficie media di 0,57 ettari. Piano del Conte, rispetto ai corpi di esproprio viciniori, era in buona parte spopolato eccettuate le case coloniche, fatte costruire dall’amministra- zione del Principe Doria per i suoi 7 mezzadri ed abitate al momento dell’e- sproprio dalle stesse famiglie, ed il piccolo centro omonimo. Gli affittuari dell’ex conduzione diretta risiedevano nei vicini abitati di Montemarcone, Stagliuozzo, Chicone, Lagopesole, e Gianturco di Filiano.

17 Qui la accezione famiglia va intesa in modo più ampio rispetto ad oggi, infatti essa era costituita dai membri dal capofamiglia detto”capoccia” e da quelli dei figli maschi sposa- ti, tutti insieme conviventi in un’ unica struttura abitativa.

- 64 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

Gli altri corpi di esproprio appartenenti al GAC di Lagopesole erano: • Serra D’Aini I (Morlino), con una superficie di 33 ettari e Serra D’Aini II (Schiavone-Panni), con una superficie di 53 ettari permutati con quelli di (46 ettari) ai sensi dell’articolo 4 della legge 841/50 e degli articoli 5 e 6 della legge 2.377/52; • Favale, con una superficie di 30 ettari; • Difesola-Lagopesole, con una superficie di 194 ettari; • Montecaruso, con un superficie di 11 ettari; • Varco di Lavello, con una superficie di 47 ettari • Montemarcone, con una superficie complessiva di 16,80 ha suddi- visa in: - Montemarcone I, con una superficie di 4 ettari, - Montemarcone II, con una superficie di 4 ettari; - Montemarcone III, con una superficie di 4 ettari; - Montemarcone IV, con una superficie di 2 ettari; - Montemarcone V, con una superficie di 1 ettari; - Montemarcone VI, con una superficie di 1 ettari; - Montemarcone VII, con una superficie di 0,80 ettari; • Monte Sant’Angelo, con una superficie di 86 ettari18; • San Giuliano, con una superficie di 255 ettari permutati dalla ditta Tufaroli. Ai sensi dell’articolo 4 della 841/50 e degli articoli 5 e 6 della legge 2.377/52 si aggiunsero 283 ettari (per un totale di 538 ettari in parte bosco ed in parte seminativi) che erano limitrofi appartenenti alla stessa ditta; l’Ente li acquistò ai sensi degli articoli 2 e 4 rispettivamen- te della legge 230/50 e 841/50. Il corpo di esproprio Difesola-Lagopesole apparteneva alla famiglia Doria Pamphyli ed era prevalentemente condotto da affittuari dell’omoni- mo agglomerato urbano e da alcuni contadini della frazione Gianturco. Alla ditta Doria-Pamphyli appartenevano anche i corpi di Montecaruso, Favale, Varco di Lavello, Monte Sant’Angelo e Montemarcone. I possessori di que- ste aree provenivano da Favale per Montecaruso, da Frusci per Varco di Lavello e da Sant’Angelo di Avigliano per il corpo omonimo: si trattava

18 Gli 86 ettari di Sant’Angelo si riferiscono solo al comprensorio di esproprio, giacchè la maggior parte degli affittuari della ditta Doria-Pamphyli erano diventati proprietari dei loro terreni utilizzando le provvidenze del d.leg. n. 114 del 24/02/1948, ovvero la legge sulla “Piccola Proprietà Contadina”. Al momento della presa di possesso, il C.C.A. fu impegnato in un’operazione di accertamento della proprietà su tutto il comprensorio del corpo d’e- sproprio perché i dati catastali non erano aggiornati.

- 65 - Bartolomeo Filadelfia comunque di terreni poveri di alta montagna. L’esproprio di Serra D’Aini riguardò le ditte Morlino e Schiavone Panni possedute in fitto da contadini di Filiano, Vaccaro, Luponio e Sterpito ed infine i 538 ettari disabitati di San Giuliano, appartenenti alla ditta Tufaroli, erano condotti da contadini delle frazioni di Possidente, Sant’Angelo e San Giorgio di .

3.4 Il rilievo dello stato di possesso nel GAC di Scalera nel comune di Filiano19 Il corpo di esproprio di Scalera, GAC Scalera (Allegato n. 5) era uno dei più estesi, con una superficie espropriata di 1.136 ettari. L’accertamento dello stato di possesso rilevò 416 ex affittuari su 1.053 ettari, divisi in 2.321 corpi con un’ampiezza media di 0,45 ettari ed un numero di corpi medio per possessore pari a 5,6 ed un’ampiezza media per possesso di 2,52 ettari (Tabella n. 17). La rimanente superficie di 82 ettari corrispose a: - 14,78 ettari, superficie per vendite ritenute valide; - 32,38 ettari, superficie a pascoli incolti a disposizione dell’ente; - 39,07 ettari, superficie a tare e strade, eccetera. Analizzando la struttura dei possessi a Scalera, qui erano presenti 339 possessi minori (si veda la precisazione già fatta per Sant’Antonio Casalini) che coprivano una superficie di 574,96 ettari (54,58% della superficie tota- le) e di ampiezza media pari a 1,62 ettari; i possessi maggiori, in numero di 77, si estendevano per 478,50 (45,42%) ettari ed avevano un’ampiezza media di 5,96 ettari. Anche in questo caso l’Ente si trovò di fronte ad un’intricata situazione di affittanze -probabilmente la peggiore- che complicava le necessarie proce- dure per un riordinamento definitivo e difatti le complicò enormemente. I possessori del suddetto corpo di esproprio provenivano per la maggior parte dai piccoli centri situati nei territori espropriati quali: Scalera, Piano della Spina, Canestrelle, Casone Perazze, Case Paladino, Carciuso, Cugno del Mulino e Gnucco, ma anche dai centri adiacenti come Dragonetti, Iazzi di Corbo e Filiano; inoltre in prossimità del confine a nord del corpo di esproprio vi era la presenza di affittuari risiedenti nei centri abitati di e Rionero.

19 Elaborazione su dati ALSIA.

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Tabella n. 17 - Distribuzione dei possessi prima del riordinamento fondiario nel corpo di esproprio Scalera20

% RISPETTO ALLA CLASSI DI AMPIEZZA N. SUPERFICIE IN ha SUPERFICIE TOTALE Fino a 0,50 ha 36 9,97 0,94

Da 0,50 a 1 ha 72 54,45 5,17 Da 1 a 2 ha 124 192,78 18,30 Da 2 a 4 ha 107 317,76 30,17 Totale fino a 4 ha 339 574,96 54,58 Da 4 a 7 ha 60 325,70 31,00 Da 7 a 10 ha 13 107,21 10,2 Oltre i 10 ha 4 45,59 4,32 Totale oltre ai 4 ha 77 478,50 45,42

TOTALE 416 1.053,46 100,00

3.5 Il rilievo dello stato di possesso nel GAC di San Cataldo nel comune di Bella La descrizione delle condizioni dei corpi di esproprio dopo il rilevamento dello stato di possesso si completa con il corpo si San Cataldo di Bella, che viene trattato per ultimo, non perché la presa di possesso sia stata effettuata dopo tutte le altre, ma perché in quest’area le condizioni patologiche della struttura fondiaria dei possessi, evidenziate già in altri comprensori dell’aviglia- nese, risultarono di un ordine di grandezza notevolmente superiore. San Cataldo è l’esempio esasperato, ma fedele, della situazione che l’ente trovò quando espropriò i feudi della Montagna di Avigliano all’inizio degli anni ‘50, per questi motivi si è evidenziata la necessità di una trattazione separata rispetto ai corpi di esproprio con cui aveva in comune la proprietà di provenienza: la ditta Ruffo.

20 Elaborazione su dati ALSIA.

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A conclusione dei lavori di rilevamento, la situazione che i tecnici del- l’ente si trovarono di fronte era la seguente: «A San Cataldo vivevano circa 800 persone, cento famiglie composte in media da 7 persone (114 i possessi circa), che dispongono di 600 ettari di cui solo poco più di 500 sono coltivabili. L’altopiano era suddiviso in migliaia di piccolissime fette, “lenze”, come le chiamano i contadini, possedute in fitto ma trattate come vera e propria proprietà ...da tempo l’amministrazione del principe, dopo vani e deboli tentativi aveva rinunziato a seguire la storia di questi passaggi ... essa ignora- va persino l’esistenza del 30% dei possessori» (Russo, 1955). L’opera di G. Russo descrive in maniera chiara la situazione delle ex pro- prietà Ruffo in quell’area, la superficie presa in possesso dal C.C.A. aveva una estensione di 667 circa, di cui 547 coltivabili, 90 ettari a bosco e pasco- lo cespugliato, 30 ettari a pascolo.21 Le superfici coltivabili, potevano essere distinte in tre parti: - il 30% era costituito da una zona bassa, proveniente da vasti disboscamen- ti effettuati a partire dal primo dopoguerra, sufficientemente produttiva; - il 60% era costituito da una zona alta, caratterizzata da frane, da vaste aree a pascolo e di natura tufacea ed arenaria scarsamente produttiva; - il rimanente 10% era costituito dalla zona adiacente ai casolari raggrup- pati prevalentemente in quattro agglomerati: Sippariello, Mingariello, Angelone e Case Rinaldi, destinata ad orti, vigneti, aie e corti comuni La superficie di esproprio, pari a 667, 15 ettari, era così distribuita: • Caldane, con una superficie complessiva di 33,16 ettari, così suddivisi: - Caldane I, con una superficie complessiva di 28,20 ettari; - Caldane II e IV, con una superficie di 2,67 ettari; - Caldane III, con una superficie di 2,29 ettari; • San Cataldo-Serra Denti, con una superficie di circa 644 ettari. I 547 ettari di terreno coltivabile erano divisi in circa 114 possessi, sparsi in 1.237 corpi, con una superficie media per possesso di 4,8 ettari, un numero medio di corpi per possesso di 11,2 ed una superficie media per corpo di 0,44 ettari. Lo stato di possesso era frazionatissimo, la superficie coltivata da ciascun possessore era rappresentata da svariati appezzamenti sparsi nelle zone citate, spesso molto distanti tra loro.

21 Elaborazioni su dati ALSIA.

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Per orientarsi in tanta confusione, l’ente dovette compilare un nuovo catasto, il catasto del possesso22, che ha richiesto due anni e mezzo di minu- zioso lavoro (Russo, 1955). Di fronte ad uno scenario tanto difficile, per migliorare la situazione socio-economica dei futuri assegnatari si programmò di alleggerire il carico delle unità familiari che insistevano nelle varie zone espropriate mediante un programma di trasferimento volontario delle famiglie contadine in altre zone di riforma che avevano disponibilità di terreni rispetto alle forze brac- ciantili locali. Nessun segno di igiene od altra forma civile di vita esisteva negli anzidet- ti agglomerati; le uniche opere murarie nella zona erano i casoni del princi- pe fatti costruire dai principi Ruffo, mancavano del tutto case, strade, acquedotti, elettrodotti, assistenza medica o sociale. Da detti rilievi, quindi, venne fuori una situazione complessiva sconfor- tante: si era di fronte ad aziende agricole di limitate dimensioni, composte da molti corpi distanti tra di essi e dal centro aziendale, di scarsa produtti- vità vuoi per mancanza di opere di bonifica agraria, vuoi per la precarietà del titolo di godimento da parte dei contadini. Per i dirigenti del Centro di Colonizzazione di Avigliano la via del trasfe- rimento, di un congruo numero di famiglie contadine, costituiva una valvo- la di sfogo sia per ridurre le unità familiari, che per avere disponibilità di terreni lasciati liberi dagli emigranti da utilizzare come “massa” di manovra per l’azione di ricomposizione. A tal fine, venne avviata una lunga e difficile trattativa di ordine politico e burocratico per realizzare il progetto di trasferimento di famiglie della montagna Aviglianese nel Metapontino. L’azione iniziò nel novembre 1952, con la prima visita nei terreni del Metapontino, e precisamente presso i CC di Scanzano e Policoro, da parte di contadini dell’Aviglianese23. Queste famiglie vennero incoraggiate in tutti i modi a trasferirsi in quella che oggi è conosciuta come “California d’Italia”, ma che allora assomigliava molto ad una landa desolata. Dopo questa prima presa di contatto, la Direzione Generale della Sezione Speciale con sede a Bari destinò nel CC di Scanzano, in località

22 Si veda scheda di valutazione. 23 In prevalenza da San Cataldo insieme a pochi altri gruppi provenienti da Masi e Signore, dall’agro di Ruoti e da Sant’Antonio Casalini.

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Terza Madonna, 30 poderi in un corpo unico da assegnarsi alle famiglie provenienti dal CCA. Il primo trasferimento ebbe luogo nell’Agosto del 1954 e riguardò com- plessivamente 8 famiglie di Masi e Signore e circa 15 provenienti da San Cataldo e Sant’Antonio Casalini. Purtroppo, l’operazione di trasferimento per varie ragioni non ebbe il successo sperato. Il clima torrido della pianura ionica mal si addiceva alle abitudini montane delle famiglie neo-emigrate, inoltre si passava da un ambiente sociale caratterizzato da forti legami familiari ed amicali ad uno in cui non si riusciva nemmeno a comunicare correttamente con l’assegnatario confinante, viste le differenze dei rispettivi dialetti24. La già difficile situazione fu accentuata dalla scarsa attenzione prestata dalle locali strutture di assistenza tecnica maggiormente interessate a seguire altre comunità, infatti l’operazione di trasferimento dovette scon- trarsi con l’opposizione di settori della classe dirigente del Materano, che vedevano in questa emigrazione una sorta di furto a carico delle popola- zione dell’area. A seguito di queste problematiche, molti assegnatari, provenienti soprat- tutto dalla zona di San Cataldo, abbandonarono i poderi loro assegnati e ritornarono ad occupare i terreni che avevano lasciato, destabilizzando il fra- gile impianto di ricomposizione fondiaria che l’Ente stava faticosamente mettendo in piedi, si produssero allora tali e tanti effetti negativi il cui river- bero è visibile ancora oggi. Conseguentemente il grosso della popolazione contadina dei comuni di Avigliano e Filiano non vennero coinvolti nell’iniziativa, condizionando, in peggio, la successiva opera di ricomposizione fondiaria.

4. ILRIORDINAMENTO FONDIARIO E LE ASSEGNAZIONI

L’articolo 16 della legge 12 Maggio 1950, n. 230 -nota come legge Sila- dispose che l’assegnazione dei terreni espropriati avvenisse a favore di lavora- tori manuali della terra, i quali non fossero né proprietari e né enfiteuti di fondi rustici o lo fossero in misura insufficiente all’impiego di manodopera della famiglia.

24 Molti degli assegnatari del Metapontino provenivano dall’arco ionico pugliese.

- 70 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

A tal uopo, nell’assegnazione delle terre si seguì una graduatoria di prece- denza disposta dalla Sezione Speciale nel 1951 in base alla D.A.T. (Domanda di Assegnazione Terreni): a) salariati e braccianti nullatenenti residenti nel comune dove avveniva l’esproprio; b) mezzadri, coloni, compartecipanti e affittuari coltivatori diretti nulla- tenenti e non autosufficienti25 residenti nel comune; c) salariati, braccianti, mezzadri, compartecipanti, coloni e affittuari col- tivatori diretti non autosufficienti, nullatenenti, residenti in altri comuni del comprensorio, ma che dimostrassero di aver lavorato abi- tualmente nel comune negli ultimi tre anni; d) salariati, braccianti, mezzadri, compartecipanti, coloni e affittuari col- tivatori diretti non autosufficienti, nullatenenti, residenti in comuni limitrofi al comprensorio di riforma, ma che dimostrassero di aver lavorato abitualmente nel comune negli ultimi tre anni; e) salariati e braccianti nullatenenti residenti in comuni limitrofi; f) mezzadri, coloni, compartecipanti e affittuari coltivatori diretti non autosufficienti residenti nel comune; g) piccoli proprietari coltivatori diretti non autosufficienti residenti nel comune. «Veniva, per altro, data la precedenza, secondo quanto prescriveva la legge, agli affittuari e mezzadri coltivatori diretti che conducevano terreni espropriati» (Prinzi, 1956): per il CC di Avigliano questa fu imperante. L’opera di riordinamento fondiario e di assegnazione, che seguì il rilievo dello stato di possesso partendo dai dati rilevati con la scheda di valutazione, si mosse seguendo specifici criteri, i quali non furono sempre seguiti in modo sistematico (molto spesso vennero adattati alla realtà che si incontrava), ma servirono sicuramente come guida per l’attuazione del riordino dei possessi. Le direttive di massima del riordinamento furono (Calamita, 1958): 1) riconoscimento del possesso attuale agli aventi diritto all’assegnazione della terra, cercando di diminuire l’ampiezza dei possessi più grandi in modo, però, da non menomare l’organicità dell’azienda già esistente.

25 Per autosufficienti, l’ente definiva coloro i quali erano proprietari o coltivatori di superfi- cie di terra pari a quella che poteva essere assegnata dall’ente a famiglie con uguale numero di unità lavorative queste ultime erano calcolate sulla base di coefficienti: uomini dai 15 ai 6, anni 1 unità; donne dai 15 ai 65 anni, 0,60 unità; uomini e donne con meno di 15 e più di 65 anni, 0,50 unità.

- 71 - Bartolomeo Filadelfia

Ciò ovviamente permetteva di estendere l’ampiezza dei possessi più piccoli; 2) raggruppamento dei possessi più piccoli sui terreni migliori e meno soggetti ai fenomeni erosivi; 3) riordinamento degli appezzamenti e loro raggruppamento intorno al corpo più esteso; 4) ammissione di una limitata frammentazione anche nei seminativi, quando questi appartenevano a classi differenti di fertilità; 5) raggruppamento in una stessa zona delle unità poderali di fratelli e, comunque, di parenti con lo scopo di facilitare lo scambio di manodopera; 6) assegnazione dei terreni più dissestati, integrando i possessi già costi- tuiti, alle famiglie che presentavano maggiori capacità lavorative.

4.1 Il riordinamento fondiario e le assegnazioni provvisorie26 nel GAC di Sant’Antonio Casalini Il corpo d’esproprio di Sant’Antonio Casalini-Castelluccio presentò nel 1954 i seguenti risultati conseguiti con il riordinamento fondiario: 170 asse- gnatari provvisori su una superficie di 1.257 ettari, distribuiti in 204 corpi, con un numero medio per corpo pari ad 1,20, ampiezza media per corpo di 6,16 ettari ed una superficie media per assegnazione di 7,4 ettari27 (Tabella n. 18 ed Allegato n. 4) Il numero degli assegnatari provvisori si ridusse di 11 unità, passando da 181 a 170 per vari motivi fra cui l’abbandono per trasferimenti in altre zone, le disdette ai non aventi diritto -pochi in realtà- alla riconferma all’as- segnazione dei terreni in possesso come affittuari. La superficie assegnata crebbe a 187 ettari, che corrispondevano alla superficie a disposizione dell’Ente dopo l’effettuazione del rilievo di possesso. L’intervento della ricomposizione agì anche sul lato della frammentazio-

26 I risultati che si ottennero dall’applicazione dei criteri esposti nel paragrafo precedente- vengono illustrati per corpi di esproprio ed in ordine cronologico, così come è stato fatto per la descrizione dello stato di possesso. 27 Per assegnazioni provvisorie si deve intendere il dispositivo normativo espresso dal- l’art.18 della Legge n. 230 del 12/05/1950, “Nel contratto (di vendita) era previsto un perio- do di prova di 3 anni sotto condizione risolutiva espressa ...”. Questo significava che le assegnazioni si dovevano considerare provvisorie per tutto il periodo di prova. A tal uopo si veda il documento n. 2 in appendice documentale. Per i terreni del CCA trattandosi di possessori da ricenfermare non c’è mai stata assegnazione provvisoria, giacché la quasi totalità dei possessi vennero trasformati in assegnazioni. La divisione tra contratto definitivo e provvisorio si è ritenuto di mantenerla solo per ragioni di maggiore chiarezza.

- 72 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

Tabella n. 18 - Distribuzione delle unità produttive dopo il riordinamento fondiario nel corpo di esproprio Sant’Antonio Casalini-Castelluccio28

% RISPETTO ALLA CLASSI DI AMPIEZZA N. SUPERFICIE IN ha SUPERFICIE TOTALE Da 0,50 a 1 ha 10 7,00 0,56 Da 1 a 2 ha 9 14,00 1,11 Da 2 a 4 ha 18 49,00 3,90 Totale fino a 4 ha 37 70 5,57 Da 4 a 7 ha 50 278,00 22,13 Da 7 a 10 ha 44 365,00 29,06 Oltre i 10 ha 39 543,00 42,23 Totale oltre ai 4 ha 133 1.186,00 94,43

TOTALE 170 1.256,00 100,00 ne, portando i corpi a 204 con una riduzione del 37,57% rispetto al valore precedente (543). Infine su 170 assegnazioni provvisorie, 133 vennero costituiti come poderi, su una superficie totale di 1.186 ettari (94,43% della superficie tota- le) ed unitaria di 8,92, distribuiti in 165 corpi29, con un numero di corpi per azienda pari a 1,24 ed una ampiezza media per corpo di 7,18 ettari; 37 quote con una superficie unitaria di 1,92 ettari, una superficie totale di 70 ettari (5,58% della superficie totale), distribuite in 39 corpi, in numero di 1,05 corpi per ditta e con una superficie media per corpo di 1,80 ettari. Per una migliore comparazione dell’intervento di ricomposizione rispetto all’accertamento dello stato di possesso si veda la Tabella n. 19, dove si nota come le aziende con superficie maggiore di 4 ettari furono incrementate di 40 unità, pur subendo una contrazione di 0,6 ettari; le quote sono state ridotte in numero di 51 unità ed in superficie (-0,19 ettari).

28 Elaborazione su dati ALSIA. 29 Per ragioni di ordine sociale, derivante dal notevole tasso di incidenza di unità consu- matrici per ettaro di terreno, si ritennero poderi le unità aziendali che raggiungevano una superficie superiore ai 4 ettari.

- 73 - Bartolomeo Filadelfia

Tabella n. 19 - Struttura aziendale nel corpo di esproprio di Sant’Antonio Casalini prima e dopo il riordinamento30

PRIMA DEL RIORDINAMENTO DOPOILRIORDINAMENTO

AMPIEZZA MEDIA AMPIEZZA MEDIA N. ha CORPI N. ha CORPI DELL’AZIENDA IN ha DELL ’AZIENDA IN ha Q.88 184,00 164 2,09 Q.37 70,00 39 1,90 P.93 886,00 379 9,52 P.133 1.186,00 165 8,92

T.181 1.070,00 543 5,91 T.170 1.256,00 204 7,38

4.2 Il riordinamento fondiario e le assegnazioni provvisorie nel GAC di Taverna Foy Nel corpo d’esproprio di Taverna Foy, in agro di Ruoti, l’azione di ricomposizione portò ad una riduzione delle ditte di 9 unità, da 107 a 98, ma ad un contestuale aumento della superficie totale coperta dalle stesse a 349 ettari (+10 ettari rispetto alla rilevazione dello stato di possesso (Allegato n. 4). I 343 ettari furono suddivisi in 143 corpi, con una contrazione notevole rispetto ai 216 (-73) rilevati solo due anni prima, il numero medio di corpi per ditta assegnataria fu 1,45 (-46%) e la superficie media per corpo risultò di 2,4 ettari (+ 0,84 ettari) e quella per assegnazione di 3,5 ettari. (Tabella n. 20) Come per Sant’Antonio Casalini, anche per Taverna Foy si è ritenuto oppor- tuno costruire un quadro sintetico della situazione prima e dopo il riordinamen- to (Tabella n. 21), da cui si evince come l’opera di accorpamento abbia prodotto una diminuzione dei possessi ed una crescita delle superfici delle nuove pro- prietà: per i poderi si è arrivati ad avere un’estensione più che doppia. Nel 1959, il CCA acquistò dalla ditta Ruffo la foresta detta Bosco Grande con una superficie di 603,34 ettari. L’acquisto venne operato perché si inten- deva ripartire il reddito del bosco verso tutti gli assegnatari del comune di Ruoti e contemporaneamente, previo parziale disboscamento e dissodamento, formare quattro poderi da assegnare a quattro famiglie rientrate dal Metapontino. I quattro poderi coprivano una superficie complessiva di 48,65 ettari, pari a 12,16 ettari per podere (una superficie più che doppia rispetto alla estensione media dei poderi nel GAC di Taverna Foy); inoltre vennero

30 Elaborazione su dati ALSIA.

- 74 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

Tabella n. 20- Distribuzione delle unità produttive dopo il riordinamento fondiario nei corpi di esproprio di Taverna Foy

% RISPETTO ALLA CLASSI DI AMPIEZZA N. SUPERFICIE IN ha SUPERFICIE TOTALE

Meno di 1 ha 2 2,00 0,6 Da 1 a 3 ha 2 3,00 0,87 Da 3 a 4 ha 58 127,00 37,02 Totale fino a 4 ha 62 132,00 38,49 Da 4 a 7 ha 29 156,00 45,48 Da 7 a 10 ha 7 55,00 16,03 Da 10 a 15 ha - - - Oltre i 15 ha - - - Totale oltre i 4 ha 36 211,00 61,51

TOTALE 98 343,00 100,00

Fonte: Calamita (1958) costituite anche 5 quote per complessivi 24,58 ettari, con una superficie media per quota di 4,91 ettari (anche per queste quote la superficie era più del doppio rispetto a quella delle altre nello stesso corpo di esproprio): complessi- vamente la superficie assegnata di Bosco Grande corrispose a 73,23 ettari.

Tabella n. 21 - Struttura aziendale nel corpo di esproprio Taverna Foy prima e dopo il riordinamento fondiario31

PRIMA DEL RIORDINAMENTO DOPOILRIORDINAMENTO

AMPIEZZA MEDIA AMPIEZZA MEDIA N. ha CORPI N. ha CORPI DELL’AZIENDA DELL’AZIENDA Q.73 135,00 125 1,85 Q.62 132,00 89 2,13 P.34 204,00 91 6,00 P.36 211,00 54 5,86

T.107 339,00 216 3,17 T.98 343,00 143 3,50

31 Elaborazione su dati ALSIA.

- 75 - Bartolomeo Filadelfia

L’acquisto di Bosco Grande venne effettuato ai sensi dell’art. 4, per quan- to concerne l’acquisto di terreni non soggetti ad esproprio, e dell’art. 5 della 841/50 per quanto riguarda l’esproprio di boschi in pianura o in lieve pendio non soggetti a vincolo idrogeologico. Infatti, il parziale disboscamento e dis- sodamento venne eseguito solo sui 48,65 ettari di bosco ubicati in lieve pen- dio, ma l’acquisto del resto della superficie boscata -totalmente vincolata- fu una forzatura della legge, che obbligò l’Ente a cedere al Corpo Forestale dello Stato nella prima metà degli anni ’80 la superficie di 510,10 ettari.

4.3 Il riordino fondiario e le assegnazioni provvisorie nel corpo di esproprio di Lagopesole. Nel 1954 cominciarono anche le prime assegnazioni provvisorie nei comuni di Avigliano e Filiano e si partì dal corpo di esproprio di Masi e Signore: l’intervento consentì, anche in questo caso, una più razionale orga- nizzazione delle ditte esistenti. Su 189 ettari espropriati ne vennero assegnati 179, circa 10 ettari costi- tuivano le tare per borgate, strade o altro; dal confronto rispetto alla situa- zione pre-assegnazione eseguito in tale ambito, si nota come si sia avuta una riduzione della frammentazione ed un incremento della superficie media aziendale. Il numero delle ditte assegnatarie rispetto a quelle possessorie passarono da 72 a 57, queste ultime erano costituite da 17 poderi e 40 quote, rispetti- vamente aventi una superficie di 112 e 68 ettari (complessivamente 180). Diminuirono anche i corpi, passando da 375 a 74 (una riduzione del 70%!), i 17 poderi risultarono costituiti da 36 appezzamenti, con una media di corpi per podere pari a 2,11 ed una superficie media per corpo di 3,11 ettari. Le quote, in numero di 40, si estendevano per 68 ettari erano costituite da 48 corpi, con un numero medio di 1,2 corpi per assegnazione ed una superficie media per corpo di 1,42; la superficie media per quota era pari a 1,42 ettari. Complessivamente l’estensione media di corpi per ogni assegnazione fu di 2,43 ettari, contro i 0,45 della situazione precedente, mentre l’estensione media per ciascuna ditta fu di 3,16 contro i 2,35 ettari dei vecchi possessi.32 Per Piano del Conte l’assegnazione provvisoria (1955) non procurò gros- se difficoltà, così come risultò agevole la rilevazione dello stato di possesso;

32 Elaborazione su dati ALSIA.

- 76 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria dal riordinamento, in massima parte avvenuto all’interno delle stesse fami- glie ex mezzadre, si ottennero 24 poderi per una superficie totale di 228 ettari ed una superficie unitaria di 9,92 ettari (in un unico corpo!) e 8 quote su 22 ettari in totale e 2,72 di superficie unitaria (Allegato n. 5). Nel complesso vennero assegnati in maniera provvisoria, alle ex mezza- drie ed a qualche possesso consistente, 250 ettari rispetto ai 329 della super- ficie precedente, 65 rimasero ancora in possesso ai precedenti 70 affittuari in attesa di assegnazione e i rimanenti 14 vennero utilizzati per la per le opere pubbliche ivi effettuate. Per gli altri corpi di esproprio del presente GAC non è stato possibile pervenire alla documentazione riguardante il riordino fondiario e le assegna- zioni provvisorie, nella maggior parte dei casi non vennero trasformate in assegnazioni definitive, determinando una situazione molto complessa per la cui risoluzione oggi l’Alsia-UOT33 di Lagopesole- (erede del vecchio CCA) sta profondendo notevole impegno.

4.4 Il riordino fondiario e le assegnazioni provvisorie nel GAC di Scalera Nella primavera del 1958 fu la volta del corpo di esproprio di Scalera: l’assegnazione provvisoria in tale zona era rimasta bloccata fin dal 1955 per- ché non si era riusciti a trovare l’accordo con i futuri assegnatari circa i piani di riordino fondiario. Tale situazione di stallo si era verificata perché nel frattempo si erano sostituiti i tecnici dello staff precedentemente interessati alla ricomposizione fondiaria: i nuovi arrivati non conoscendo la realtà sociale del luogo non riuscirono a rapportarsi con la popolazione locale e di conseguenza non fecero un solo passo in avanti. Solo il ritorno del dr. Carlucci, già Ispettore di Zona con incarico a sovrin- tendere le necessità dell’Ente, alla direzione del CCA e l’invio da parte di que- sti del dr. Bonaventura Sanza, esperto conoscitore del territorio e della menta- lità della popolazione dell’Aviglianese, riuscì a sbloccare la situazione. La faticosa opera di riordinamento fondiario (Allegato n. 5) portò all’as- segnazione di 1.086 ettari a 344 assegnatari provvisori (Tabella n. 22), distribuiti su 749 corpi (-1.572 rispetto alla situazione precedente) con un numero medio di corpi per azienda pari a 2,18 (contro 5,5), una superficie

33 L’acronimo U.O.T. sta per Unità Operativa Territoriale che rappresenta il braccio operati- vo dell’ALSIA sul territorio Lucano.

- 77 - Bartolomeo Filadelfia media per corpo di 1,45 ettari (contro 0,45 ettari) ed una superficie media per assegnazione di 3,16 ettari34. Completa il quadro la Tabella n. 23. Anche a Scalera si assistette ad una pronunciata diminuzione delle quote e ad un aumento dei poderi, il numero degli assegnatari si ridusse da 416 a 344 in seguito a cessioni volontarie di piccoli possessi, disdette ai non aventi diritto, trasferimenti in altre aziende del CCA.

4.5 Il riordino fondiario e le assegnazioni provvisorie nel GAC di San Cataldo-Serra Denti L’operazione di riordinamento fondiario e di assegnazione in questa area risultò particolarmente difficile, innanzitutto per l’innato senso di diffidenza, caratteristico delle popolazioni contadine più povere, verso ogni forma di innovazione, ma soprattutto perché avendo gli interessati il possesso dei vari piccoli e piccolissimi appezzamenti (si ricordi che in

Tabella n. 22 - Distribuzione dei possessi dopo il riordinamento fondiario nel corpo di esproprio Scalera35

% RISPETTO ALLA CLASSI DI AMPIEZZA N. SUPERFICIE IN ha SUPERFICIE TOTALE

Fino a 0,50 ha 5 2,22 0,20

Da 0,50 a 1 ha 34 25,14 2,31

Da 1 a 2 ha 98 147,78 13,60

Da 2 a 4 ha 113 314,30, 29,00 Totale fino a 4 ha 250 489,44 45,10 Da 4 a 7 ha 66 354,51 32,64 Da 7 a 10 ha 22 173,68, 16,00 Oltre i 10 ha 6 68,22 6,28 Totale oltre i 4 ha 94 596,41 54,90

TOTALE 344 1.086,00 100,00

34 Elaborazione su dati ALSIA. 35 Elaborazione su dati ALSIA.

- 78 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

Tabella n. 23 - Struttura aziendale nel GAC di Scalera prima e dopo il riordinamento36

PRIMA DEL RIORDINAMENTO DOPOILRIORDINAMENTO

AMPIEZZA MEDIA AMPIEZZA MEDIA N. ha CORPI N. ha CORPI DELL’AZIENDA ha DELL’AZIENDA ha Q.339 574,96 - 1,62 Q.250 489,44 420 1,98 P.77 478,50 - 5,96 P.94 596,41 329 6,28

T.416 1.053,46 2.321 2,53 T.334 1.086,00 749 3,25 media la superficie per corpo era di 0,44 ettari) da vari decenni, avevano eseguito, nel tempo, sul terreno alcune opere di miglioramento sia pure di modesta importanza. Questo faceva sì che le popolazioni di quel territorio avessero un forte legame affettivo nei confronti dei loro possessi, inoltre avendo una cono- scenza diretta del valore degli altri possessi fecero un’opposizione feroce a qualunque tentativo di riordino che includesse, nelle loro nuove proprietà, terreni poco produttivi37. Per i motivi innanzi detti il riordinamento fondiario e le assegnazioni definitive segnarono il passo, realizzando, solo alla fine del 1961, 34 poderi, con superficie variabile da 5 a 14 ettari, e 22 quote da 2 a 4 ettari, per una superficie complessiva di 297 ettari (sui 547 di terreno coltivabile)38. La situazione con gli anni divenne vieppiù complessa, perché si costituirono nuovi nuclei familiari e gli assegnatari tornarono a scambiarsi i vecchi pos- sessi; in tale marasma i tecnici dell’Ente -anche per notevoli pressioni politi- che- gettarono la spugna, incancrenendo ulteriormente la situazione, la quale si trascinerà irrisolta fino ad oggi. Il corpo di esproprio di Orti di Pierno-San Fele seguì, in ragione della sua marginalità ed esiguità territoriale rispetto a tutti quelli costituenti il CCA, la stessa sorte del GAC di appartenenza (San Cataldo).

36 Elaborazione su dati ALSIA. 37 La situazione di estrema polverizzazione e parcellizzazione di San Cataldo era molto simile a quella di Scalera, ma per questo ultimo corpo d’esproprio dopo le iniziali difficoltà si era venutio ad una soluzione per i motivi opposti a quelli che la impedirono per San Cataldo: a Scalera gli assegnatari non avevano forti legami sociali, anzi molto spesso non si conoscevano neppure e ciò favorì l’opera di ricomposizione fondiaria. 38 Elaborazione su dati ALSIA.

- 79 - Bartolomeo Filadelfia

5 QUADRO RIASSUNTIVO DELLE SITUAZIONI DI POSSESSO E DELLE ASSEGNAZIONI PROVVISORIE

In tale paragrafo, per rendere più agevole la comprensione dello stato fondiario dei possessi e delle assegnazioni provvisorie, si è ritenuto corretto formalizzare il tutto nel seguente quadro riassuntivo. La tabella mostra come l’intervento dell’Ente in fase di riordino consentì una drastica riduzione della frammentazione: il numero di corpi diminuì complessivamente da 4.847 a 1.216: una riduzione del 74,9%. Il numero di corpi per podere passò da 4,91 ad 1,6 (-67,42%) per una superficie che variò da 0,71 a 3,0 (-76,3%) ettari per corpo, e la superficie disponibile per ogni azienda passò, in media, da 3,50 ettari a 4,50. L’intervento non riuscì,

Tabella n. 2439 - Prima del riordino fondiario

STATO DI POSSESSO ACCERTATO DELLE UNITÀ PODERALI CORPO DI ESPROPRIO ha ESPROPR. MEDIA MEDIA MEDIA N. ha N. CORPI ha/POSS. CORPO/POSS. ha/CORPO 1° Sant’Antonio 1.326 181 1.070 543 5,91 3 1,97 Canalini

Poss. Min. - 88 184 164 2,09 1,86 1,12 Poss.m Magg. - 93 886 379 9,52 4,07 2,34 2° Taverna Foy 369 107 339 216 3,16 2,01 1,57 Poss. Min. - 73 135 125 1,85 1,71 1,08 Poss. magg. - 34 204 91 6 2,68 2,24 3° Masi-Signore e 189 72 169 375 2,35 5,21 0,45 Favale 4° Piano del Conte 329 96 292 155 3,04 1,61 1,88 - Ex mezzadrie - 7 212 12 30,28 1,71 17,66 - Affittuari - 89 80 143 0,90 1,6 0,56 5° Scalera 1.135 416 1.053 2.321 2,53 5,57 0,53 6° San Cataldo- 667 114 547 1.237 4,8 11,2 0,44 Serra Denti

TOTALE 4.015 986 3.470 4.847 3,51 4,91 0,71 COMPLESSIVO

39 Tabella elaborata dall’Autore su dati ALSIA.

- 80 - Analisi di un intervento di riforma fondiaria

Tabella n. 24 - Dopo il riordino fondiario

STATO DI POSSESSO ACCERTATO DELLE UNITÀ PODERALI CORPO DI ESPROPRIO ha ESPROPR. MEDIA MEDIA MEDIA N. ha N. CORPI ha/POSS. CORPO/POSS. ha/CORPO 1° Sant’Antonio 1.326 170 1.257 204 7,4 1,2 6,16 Casalini - Quote - 37 70 39 1,92 1,05 1,80

- Poderi - 133 1.186 165 8,92 1,24 7,18 2° Taverna Foy 369 98 343 143 3,5 1,45 2,4 - Quote. - 62 132 89 2,12 1,43 1,5 - Poderi - 36 211 54 5,86 1,5 4,0 3° Masi-Signore e 189 57 180 74 3,16 1,30 2,43 Favale

- Quote - 40 68 48 1,70 1,2 1,42 - Poderi - 17 112 36 6,56 2,11 3,11 4° Piano del Conte 329 32 250 46 7,81 1,43 5,43 - Quote - 8 22 22 2,75 2,75 1 - Poderi - 24 228 24 9,5 1 9,5 5° Scalera 1.135 344 1.085 749 3,15 2,17 1,45 - Quote - 250 494 420 1,98 1,68 1,18 - Poderi - 94 591 329 6,28 3,50 1,80 6° San Cataldo- 667 56 297 - - - - Serra Denti 40

- Quote - 22 ------Poderi - 34 - - - - -

TOTALE 4.015 757 3.412 1.216 4,50 1,6 3,0 COMPLESSIVO tuttavia, ad avvicinarsi alle indicazioni di Calamita (10-15 ettari di superfi- cie in queste zone montane), ma si trattò comunque di un grandioso lavoro di ricomposizione, che produsse una situazione fondiaria più regolare. I problemi che si dovevano superare nascevano, sostanzialmente, dai diritti acquisiti da lungo tempo dai possessori, diritti che la legge imponeva comunque di rispettare.

40 Situazione al 1961.

- 81 - Bartolomeo Filadelfia

L’ Ente si ritrovava così a dover operare lungo uno stretto corridoio, dovendo ad un tempo rispettare la “priorità” degli allora attuali possessori e garantire alle nuove proprietà delle dimensioni congruenti l’auto-sosten- tamento: era un compito a dir poco improbo (si vedano le situazioni di Scalea e San Cataldo). Anni dopo, tale modo di operare fu soggetto ad aspra critica da parte di vari settori della politica e del mondo accademico del tempo: si rimprovera- va -e si rimprovera tutto oggi- ai funzionari ed ai tecnici che agirono mate- rialmente sul territorio di aver costituito degli appezzamenti troppo piccoli per poter sviluppare un’agricoltura economicamente valida, ma ci si dimen- ticava -e ci si dimentica- le condizioni politiche, normative, sociali ed eco- nomiche che vertevano in quelle regioni.

6. LE ASSEGNAZIONI DEFINITIVE

Nel paragrafo 4 sono state illustrate le modalità che hanno portato alla assegnazione provvisoria dei possessi rilevati in fase di accertamento dello stato di possesso, si è anche avuto modo di puntualizzare come in certi corpi di esproprio tale procedura non abbia avuto un esito felice per svariati moti- vi (a tale scopo si vedano la situazioni di San Cataldo, San Giuliano e San Fele). Oggi, a causa di quelle sfavorevoli circostanze e a distanza di quasi 50 anni dalle leggi di riforma fondiaria ci si trova nella necessità di completare le assegnazioni e a renderle definitive41. Tale compito è reso ancora più difficile dai numerosi cambiamenti avve- nuti sullo stato di possesso dei terreni: sono stati frammentati e divisi tra i figli degli allora possessori, sono stati venduti (soprattutto nel corpo di Montemarcone) in maniera del tutto illegittima, visto che erano privi di qualsiasi titolo di proprietà, sono stati edificati, rendendo necessaria una sanatoria per evitare che le abitazioni venissero dichiarate abusive.

41 Con la Legge Regionale (Regione Basilicata) n. 47, del 14 Aprile del 2000, “Recepimento del trasferimento alle Regioni, operato con l’articolo 24 della Legge dell’8 Maggio 1998 n. 146, delle funzioni normative relative ai beni della immobili della Riforma Fondiaria di cui agli artt. 9, 10, 11 della Legge 386/1976. Tale norma è stata modificata ulteriormente con le Leggi Regionali n. 35 del 7 Agosto del 2002 e la n. 7 del 4 febbraio del 2003. Con il trasferimento di questa competenza, la Regione Basilicata tramite l’ALSIA (Agenzia per l’Innovazione e lo Sviluppo in Agricoltura) sta completando le assegnazioni in modo

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Tabella n. 25 - Terreni assegnati dalla UOT di

UNITÀ PRODUTTIVE UNITÀ PRODUTTIVE UNITÀ PRODUTTIVE DA SUPERFICIE ASSEGNATE AFFRANCATE42 AFFRANCARE43 COMUNE ESPROPRIATE ha N. ha N. ha N. ha

Avigliano 656.00.26 144 364.30.30 144 364.30.30 - -

Bella (escluso San 1.337.57.51 171 1.275.41.46 165 1.233.41.26 6 42.00.00 Cataldo) Filano 1.507.70.03 465 1.363.53.48 450 1.325.07.45 15 38.46.03 Ruoti 964.42.4644 100 428.41.03 97 415.70.23 3 12.70.80

Forenza-San Giuliano 537.70.8745 190 319.59.12 190 319.59.12 - -

TOTALE 5.003.41.58 1.070 4.282.58.08 1.046 4.189.42.00 24 93.16.83

Fonte: Alsia

La situazione per San Cataldo:

UNITÀ PRODUTTIVE UNITÀ PRODUTTIVE UNITÀ PRODUTTIVE SUPERFICIE ASSEGNATE AFFRANCATE DA AFFRANCARE COMUNE ESPROPRIATE ha N. ha N. ha N. ha Bella Loc. San 667.15.28 70 365.56.07 9 73.91.73 61 291.64.34 Cataldo

TOTALE 667.15.28 70 365.56.07 9 73.91.73 61 291.64.34

Fonte: Alsia

42 Per affrancamento si intende la facoltà data agli assegnatari, in base alla Legge 386, del 30/04/1976, di potersi riscattare i poderi loro assegnati se avevano versato almeno 15 delle annualità previste nel piano di ammortamento trentennale. Le annua- lità residue dovevano essere pagate in un’unica soluzione (si veda l’articolo 10 della legge in oggetto). 43 Per i terreni da affrancare si veda la nota n. 41, infatti con gli ultimi interventi normativi, la regione Basilicata ha imposto l’affrancamento ai possessori privi di contratto di assegna- zione o morosi nel pagamento delle quote di ammortamento per il riscatto definitivo, quin- di a differenza della 386/76, l’affrancamento non avviene più su base volontaria, ma è obbligatorio. 44 di cui 510.10.91 ceduti al Corpo Forestale dello Stato. 45 di cui 21.21.07 espropriati per la costruzione della strada provinciale.

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Tabella n. 26 -Terreni nella disponibilità giuridica da dismettere

SUPERFICIE DISP. CONDUTTORI COMUNE NOTE ha N. ha Tare, cond. diretta, boschi, beni extra Avigliano 291.69.96 254 222.10.46 agricoli, vendite valide ante esproprio ha 69.59.50 Vincolo forestale (9.34.46 ha), tare, Bella 62.16.25 - - incolti (52.81.79 ha) ha 62.16.25

Tare, cond. diretta terreni extra agr. Filiano 144.16.55 82 68.95.45 Esprop., vendite valide ante esproprio ha 75.21.10 Boschi (6.96.06 ha), tare, corti Ruoti 25.90.52 11 2.72.86 comuni, sup. extra agricola (16.21.60 ha), ha 23.17.66

Forenza loc. San Boschi (68.88.04 ha), tare (12.78.22 196.90.98 131 115.24.72 Giuliano ha), ha 81.66.26

Bosco (47.00.00) tare + corti comuni + San Cataldo 301.59.21 72 196.00.00 sup. extra agric. (58.59.21), ha 105.59.21

TOTALE 1.022.43.01 297 604.63.82 421.43.00

Fonte: Alsia

Tutto ciò ha fatto si, come in questo ultimo caso, che i prezzi di vendi- ta per gli attuali assegnatari definitivi lievitassero enormemente e che in molti casi tali adempimenti risultano più costosi dell’attuale valore dei ter- reni stessi. Al 20 di ottobre 2001, la situazione dei terreni assegnati era la seguente: Le suddette tabelle non fanno che confermare quanto dettoin prece- denza: laddove l’opera di ricomposizione e di assegnazione definitiva fue- seguita in modo corretto (Sant’Antonio Casalini, Taverna Foy, Scalera e Piano del Conte) le assegnazioni definitive sono quasi tutte terminate; in zone dove, viceversa, tali operazioni hanno avuto problemi (San Cataldo, San Giuliano e parte della montagna Aviglianese) si deve registrare una grande superficie ancora da assegnare.

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7. TRASFORMAZIONE FONDIARIA ED AZIONE SOCIALE

L’azione della Riforma Fondiaria, si completò con gli interventi riguar- danti la trasformazione fondiaria dei poderi neo-assegnati ed con un com- plesso di azioni sociali miranti ad innalzare la qualità della vita delle popola- zioni contadine. La trasformazione fondiaria era uno strumento fondamentale previsto dalla legge per poter mettere le neonate aziende in condizione di operare al meglio fin dai primi momenti della loro costituzione. Per il migliora- mento dello stato degli insediamenti rurali, che versavano in condizioni di (grave) precarietà per quasi l’intera area “Aviglianese”, l’azione della Riforma Fondiaria si svolse in più direzioni: inizialmente la stessa realizzò per i poderisti (chi aveva in assegnazione almeno quattro ettari) le case coloniche con annessi per la bassa corte e stalle, mediante affidamento in appalto, e ciò avvenne nelle frazioni di Masi, Signore, Piano del Conte, Taverna Foy e Sant’Antonio Casalini-Castelluccio. Successivamente, l’Ente acconsentì, agli assegnatari che ne facevano richiesta, al rilascio della somma prevista per la costruzione degli immobili, questo al fine di accelerare i tempi di esecuzione degli stessi e di risparmiare sui costi di costruzione, giacchè i lavori venivano eseguiti in economia. Per coloro che non risiedevano sui poderi loro assegnati, ma che aveva- no l’intenzione di costruirvici un’abitazione rurale, vennero utilizzate le provvidenze della “Legge per la Montagna, n. 991 del 25/07/1952”. La legge n. 991/52, successivamente modificata ed ampliata46, consenti- va la costruzione di abitazioni rurali in zone montane, beneficiando di un contributo a fondo perduto pari al 50%, il quale sommato all’intervento in economia diretta nella costruzione consentiva un forte abbattimento dei costi in favore degli assegnatari. L’ Ente, per dare maggiore impulso a quest’iniziativa, intervenne con un contributo in anticipazione47 a tutti i possessori o assegnatari, contributo che passava sottoforma di anticipazione e che quindi sottintendeva ad una restituzione, ma che in realtà era un’erogazione a fondo perduto.

46 La 991/52 venne modificata dalla 454 del 02/06/1961, art. 10, Piano quinquennale per lo sviluppo dell’agricoltura: meglio conosciuto come primo Piano Verde. La domanda di contributo doveva essere inoltrata al Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste tramite il locale Ispettorato Provinciale Agrario.

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I risultati ottenuti della Riforma mediante questa forma di contributo ed incentivazione al miglioramento del patrimonio edilizio-rurale per le contrade dell’”Aviglianese” furono così efficaci e brillanti da avviare un pro- cesso di sviluppo socio-economico dell’intera area che, nel giro di qualche lustro, avrebbero modificato completamente il paesaggio facendolo diventa- re un’area di aspetto sub-urbano, che è un esempio quasi unico nella provin- cia di Potenza. Le provvidenze della legge per la montagna e quelle seguenti del Piano Verde non furono utilizzate solo per la costruzione di case coloniche, ma anche per tutta una serie di trasformazioni fondiarie che andavano dalla costruzione di stalle, a quella di fienili, ovili, magazzini, case appoggio (ovvero costruzioni di un solo vano realizzate sui poderi più distanti dall’a- bitazione dell’assegnatario per consentirgli il deposito di cose ed attrezzi), interventi di captazione idrica e sistemazioni terreni. Altre trasformazioni fondiarie di rilievo realizzate, però, direttamente dall’Ente furono: a) il potenziamento delle provviste idriche per uso potabile ed aziendale mediante la costruzione di acquedotti rurali, ma anche di pozzi arte- siani come nella zona di Piano del Conte; b) il rinnovamento della bonifica dell’area del Lago di Piano del Conte; c) l’installazione di aereo-generatori per l’energia elettrica a San Cataldo; d) decine di chilometri di strade interpoderali in tutto i comprensorio di riforma. Per quanto attiene il settore delle trasformazioni agrarie e conduzione dei terreni, per migliorare le condizioni socio-economiche delle famiglie conta- dine, la Riforma intervenne sulle aree assegnate con le seguenti iniziative: 1. lavori di scarificatura, spietramento, dissodamento e concimazione di fondo dei terreni coltivabili; 2. impianti di vigneti e frutteti (specializzati e/o consociati), ed essenze forestali per rinsaldamento delle pendici a difesa del suolo;

47 Il contributo di anticipazione variava da un minimo di 200.000 ad un massimo di 600.000 lire, l’entità dipendeva dalla superficie assegnata e dalla numerosità del nucleo familiare. Per dare l’idea dell’impatto di questa forma di intervento, si consideri che il costo medio di una casa colonica costruita nel 1960 (anno di massima realizzazione delle stesse) era di lire 2.080.000, corrispondenti a lire 41.974.400 nel 2001; al netto del contributo statale a carico dell’assegnatario sarebbero gravati 1.040.000 lire (20.987.000 lire nel 2001), ma con l’ausilio dell’anticipazione di 600.000 lire, pari a 12.108.000 lire nel 2001, il costo complessivo che ricadeva sull’assegnatario era di circa 500.000 lire (8.000.000 lire nel 2001). L’attualizzazione dei valori monetari è stata conseguita utilizzando opportuni indici ISTAT.

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3. dotazione ai poderisti di scorte vive (bestiame bovino, cavalle fattrici di razza “Avelignese”, ed animali di bassa corte); 4. lavorazioni ordinarie mediante aratura profonda con mezzi meccanici di proprietà della stessa Riforma Fondiaria, operazione che venne ese- guita in gran parte dell’“Aviglianese”; essa fu un primo intervento di “rottura” anche nelle contrade senza accesso ai mezzi meccanici48. segnò l’inizio di una nuova epoca per la coltivazione dei terreni ed avviò lo sviluppo della meccanizzazione agricola anche nelle zone di montagna; Le altre iniziative che effettuò la Riforma Fondiaria per questo comparto furono: - le anticipazioni annuali con fornitura nelle singole aziende contadine di concimi chimici, di sementi selezionate, di anticrittogamici ed anti- parassitari, di mangimi, ecc.; - l’assistenza tecnica, agricola e veterinaria, continua mediante informa- zioni, segnalazioni ed interventi; - la raccolta ed ammasso dei cereali e vendita ad epoca e condizioni più vantaggiose per i soci conferenti; - la costituzione, fra gli assegnatari, di cooperative per i Servizi Collettivi (aratura, semina, mietitura, trebbiatura, acquisti sementi, concimi minerali, mangimi, anticrittogamici, ecc.); - l’adesione delle predette cooperative dei Servizi Collettivi a Consorzi di Cooperative di 2° grado (a tal uopo si veda la costruzione della Centrale del latte di Potenza); - la costituzione dell’associazione di “Mutua Bestiame” a Piano del Conte che “assicurava” il bestiame degli assegnatari soci dai danni da sinistri, nonché l’assistenza veterinaria del bestiame stesso. Altri filoni di attività della Riforma per lo sviluppo economico furono: - la sperimentazione agricola; - la riproduzione di bestiame selezionato; - la formazione professionale in agricoltura. Per la sperimentazione agricola in località Piano del Conte, in collaborazio- ne con l’Università di Bari, furono impiantati campi sperimentali per sementi di cereali e di barbabietola da zucchero più idonei per le zone di montagna.

48 Il rifornimento dei mezzi meccanici veniva assicurato con il trasporto del carburante mediante animali da soma, vista la assenza di strade che potevano consentire il transito di camion.

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Per la riproduzione del bestiame selezionato, presso il Centro Aziendale di Piano del Conte in collaborazione con l’Istituto Incremento Ippico di Santa Maria Capua Vetere si impiantò una stazione per stalloni riprodut- tori in purezza di cavalli “Avelignesi” ed asini di “Martina Franca”; da que- sta iniziativa scaturì la rassegna annuale del cavallo “Avelignese” che si teneva in Piano del Conte, finalizzata alla selezione dei soggetti idonei al ripopolamento del cavallo “Avelignese”, incentivando gli allevatori con un premio di mantenimento fino al 2° anno di età dei soggetti selezionati per la riproduzione. La diffusione di questa pregiata razza equina avvenne anche nei comuni limitrofi: Pietragalla, Atella e S. Fele. La Riforma Fondiaria, constatato il risultato positivo di questa azione, avviò la penetrazione del cavallo “Avelignese” anche nelle zone di Riforma della Montagna Materna costituendone nuclei nei comuni di Stigliano e S. Mauro Forte. Per la formazione professionale fu istituito a Lagopesole l’Istituto Professionale per l’Agricoltura con annesso convitto e con campo sperimen- tale di circa 8 ettari nei terreni della Riforma Fondiaria. Esso costituì la prima scuola professionale agricola della zona del dopo- guerra, che sopperì al vuoto determinatosi con la chiusura della Scuola Agraria istituita a Piano del Conte dal Principe Doria, il quale utilizzando le provvidenze della legge 215/33 (Legge Serpieri) realizzò la bonifica, la tra- sformazione agraria e l’appoderamento di quella plaga e con esso il piccolo centro sociale comprendente la scuola per esperti agrari. La Riforma Fondiaria diede, infine, luogo ad un gran numero di interven- ti, distribuiti capillarmente su tutto il Comprensorio di Riforma, aventi carat- tere socio-assistenziali per completare il riscatto della popolazione agricola. Si accennano le opere più significative che furono realizzate nelle frazioni: a) Centri di Servizi49 a Piano del Conte, Frusci, Scalera, San Cataldo e Sant’Antonio Casalini; b) scuole elementari a Dragonetti, Vaccaro, Luponio, Casone Perazze e Cerasale nel comune di Filano. A Sant’Angelo di Avigliano, Stagliozzo, Possidente, Lagopesole, Montemarcone e Badia Sant’Angelo nel comu- ne di Avigliano. Taverna Foy, San Rocco-Spinosa e Valle dell’Olmo nel comune di Ruoti. Castelluccio, Castagne, Repupillo-Pietrascritta e le Caldane nel comune di Bella.

49 Centri di Servizio erano comprensivi di ambulatori, scuole elementari, chiese e cinema.

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c) l’apertura e gestione di ambulatori per l’assistenza medica ed ostetrica a Cascia, Badia, Sant’Angelo di Avigliano, Stagliozzo, Montemarcone, Piano del Conte, Lagopesole, Frusci, Vaccaro, Dragonetti, Scalera, Luponio, Taverna Foy, San Cataldo. Questi rappresentavano una vera e propria Rivoluzione Copernicana da un punto di vista sanitario in aree dove le più avanzate terapie mediche si basavano sulla stregoneria (sic!); d) chiese a Dragonetti, Sant’Angelo di Avigliano e Trinità Sicilia e) attività ricreativa con la costituzione di circoli per incontri e divulga- zione e proiezioni cinematografiche mobili e costruzione di una sala a Lagopesole; f) svolgimento di corsi di formazione professionale per coltivatori e mas- saie rurali. Quindi, l’intervento della riforma in queste contrade -come in tutti gli altri comprensori d’Italia da essa interessati- fu duplice, da un lato volto ad eliminare la malapianta del latifondismo e dall’altro ad assicurare condizioni di vita più dignitose e civili alle povere popolazioni contadine.

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