Epoca Terza. 1 Procaccini Ed Altri Pittori Esteri E Cittadini Stabiliscono in Milano Nuo Va Accademia E Nuovi Stili
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STORIA PITTORICA DELL'ITALIA DAL RISORGIMENTO DELLE BELLE ARTI FIN PRESSO AL FINE DEL XVIII SEGOLO DI LUIGI LANZI CORREDATA DI MOLTE ILLUSTRAZIONI D A L L ’ A B . D E A N G E L I S E DA ALTRI. VOL. 9 V E N E Z I A , 1838 P R E S S O PIETRO MILE SI Libraio al Ponte di S. Moisè DELLA STORIA PITTORICA DELLA ITALIA INFERIORE CAPITO LO I. SCUOLA MILAN E S E. EPOCA PRIMA G li antichi fino alla venuta del Vinci. S e in ogni scuola pittorica siamo noi usati di' riandare la memoria de’ tempi barbari, e quinci discendere a’ più colti, Milano, capo della Lom-' bardia e sede de’ Regi Longobardi, ci presenta un'epoca che per la sua dignità e per la grandez za ne’ suoi monumenti non può involgersi nel si lenzio. Quando il regno d’ Italia passò da’ Goti a’ Longobardi, le arti, che sempre corteggiano la Fortuna, da Ravenna trasferirono il lor primario domicilio a Milano, a Monza, a Pav ia. In ognuno di questi luoghi rimane tuttavia qiialche orma di quel disegno, che tuttora dicesi longobardico dal luogo e dal tempo; non altrimenti die nella scien za diplomatica longobardici ancora si appellano certi caratteri proprj di quella età, o a dir meglio di quelle età ; poiché discacciati ancora i Longo- 4 SCUOLA MILANESE bardi d’Italia, continuò lungamente ir) gran parte di esse quel gusto di scolpire e di scrivere. Lo stile, di cui parliamo, espresso in lavori e di me tallo e di marmo, è rozzo e duro oltre ogni esem pio de’ secoli antecedenti ; e più spesso e meglio ve de si esercitato in ritrarre mostri, uccelli e qua drupedi, che figure umane. Al duomo , a S. Mi chele, a S. Giovanni di Pavia sono- su le porle fregi di animali variamente concatenati fra loro, spesso in positura naturale, spesso con la testa ri volta a tergo; e per entro le già dette chiese e iu alquante altre si incontrano capitelli con ligure simili, aggiuntevi talora istorie di uomini, fui per dire d’ un altra specie; tanto da noi dissomiglia no. La stessa depravazione dell’arte occupò i luo ghi dominati da' Duchi longobardici, qual fu il Friuli che conserva ancora molti monumenti di , quella barbarie. E in dividale un aitar di marmo cominciato dal duca Penimene, compiuto, da Rat eili suo figlio, vivati nell’ ottavo secolo: i bassi- rilievi presentano G . C. assiso fra varj Angeli, la sua Epifania, la Visitazione della B. Vergine (i). Sembra non potersi depravar l’ arte oltre la roz zezza di queste figure: e tuttavia chi osserverà sut luogo il fregio di una porta, o i capitelli di S. Gel so in Milano (2), opere del secolo x , confesserà (1 ) V i è annessa la iscrizione, che può leggersi nel È ertoli Antichità di Aquileja n. 516. (2) V . il eh. sig. doti. Gaetano Ungati nelle Me morie storico-critiche intorno le reliquie ed il culto di S. Gelso Martire, pag. 1 ;e il V. M. siile- gmnza Spiegazione e Riflessioni sopra alcuni sa cri monumenti di Milano,pag. 168- EPOCA PRIMA 5 che polè l’ arte peggiorar molto, quando al rozzo aggiunse il ridicolo, e creò figure nane, tutte ma ni, tutte teste, con gambe e piedi malcapaci di so stenerle. Di tale disegno in Verona e altrove sono altri marmi moltissimi. Vi ha nondimeno de’ mo numenti che vietan di credere per sistema, che fior dell’ antico buon gusto non rimanesse allora in Italia. Potrei addurne esempj tratti da diverse arti, e specialmente dalla orificeria, che nel secol x ebbe pure un V olvino autore del tanto celebre paliotto d’ oro in S. Ambrogio di Milano; opera che nello stile può andar del pari co’ più be’dit- tici d’ avorio che vantino i musei sacri. Ma restringendoci al proposto tema, il Tirabo- schi notò nel palazzo di Monza pitture antichis sime di que’ secoli (a); e qualche altra simil reli quia si addita pure a S. Michele di Pavia, benché in troppa altezza per potere ben giudicarne: al tre più copiose ch’esistono in Galliano si trova no descritte negli Opuscoli del P. Àllegranza a pag. ig 3'. Al qual proposito osservo che il Trat tato di Pittura da me già nominato si è trovalo in un codice di Cantabrigia avere avuto per tito lo: Theopilus Monachus (altrove t/ui et Rugerius) de omni scientia artis pingendi. Incipit Tracta tus Lumbardicus qualiter temperantur colores, ec. Questa è certa prova che se la pittura aveva al lora qualche asilo in Italia , sopra tutto avevaio in Lombardia. E nella Basilica di S. Ambrogio nominata poc’anzi non ne manca pur qualche sag gio. Sopra la Confessione è un volto di terra cot- (a) Esiste tuttora qual che avanzo nel luogo istes- so ove dipinse Troso da Monza. 6 SCUOLA MILANESE ta con figure in bassorilievo disegnate e colorite assai ragionevolmente,quasi sul far de’buoni mu saici di Ravenna e di Roma , e credesi fatto nel x secolo, o in quel torno. Vi son pure i SS. Dor mienti presso la porta, che dipinti circa il mede simo tempo, e poi coperti con calce, sono final mente ricomparsi a luce,egelosamente vi si man tengono da que’dotti religiosi che presiedono al la cura del tempio. Il portico ancora ha un Sal vatore sedente con un Divoto genuflesso, lutto di greco stile,ed una Crocifissione,che argomentan done da’caratteri, più volentieri si ascriverebbe al xii secolo che al susseguente. Lascio di ricor dare alquante immagini di Gesù Crocifisso e di Nostra Donna sparse per la città e per lo Stato, bastando per tutte la N. S. presso S. Satiro e quel la di Gravedona antichissime. Dopo questi principi non credo spenta mai, nè sopita in Milano e nello Stato l’arte della pittu ra : così avessimo memorie onde compilarne una copiosa istoria ! Ma di questi artefici poco hanno scritto, e solo per incidenza i più antichi ; sicco me fece il Vasari nelle vite di bramante, del Vin ci , del Carpi; e il Lomazzo nel Trattato e nel Tempio o Teatro (1) della Pittura. Poco simil mente, nè sempre con fondamenti da fare scien za, ne han detto alquanti più moderni, il Torre, il Latuada, il Santagostini, le cui relazioni rac» (1) Prese la idea del libro dal Teatro di Giulio Camillo, a cui paragona il suo lavoro nel cap.XI. Quindi credo che non disconvenga,sull'esempio d i alcuni libri che han due titoli, chiamarlo con que* ito nome àncora, come altri ha fatto. EPOCA PRIMA 7 colse l’ Orlandi e le riunì nel suo Abbecedario» Qualche supplemento ci han fatto le Notizie del le pitture d’Italia per varj artefici e per la preci- sa età loro, e la Nuova Guida di Milano ; nuova veramente, anzi unica finora in Italia; ove il eh. abate Bianconi indica non solo ciò ch’ è di taro in città, ma con sodi principi insegna discernere il buono dal mediocre e dal Cattivo. Anche il sig. consiglier de’Pagave su questa scuola ha pubbli cale note interessantissime ne’tomi 3, 5,8 del Va sari nuovamente edito in Siena (a). Nè poche no tizie ancor mss. avrò io il piacere d’inserire nel la mia opera trasmessemi gentilmente da lui me desimo. Per esse e si conosceranno nuovi maestri, e a’ già cogniti si apporranno note di cronologia più sicure, spesso dedotte dal Necrologio di Mi- lano, che gelosamente ivi si custodisce presso un pubblico magistrato. Con questi ajùti, e con altri che verrò a mano a mano ricordando, scrivo della scuola di Milano ed entro già nel 1535 , quando Giotto vi stette, lavorandovi alcune cose in varj luoghi della cit tà, che a’ tempi del Vasari erano tuttavia tenute bellissime. Nè molto di poi cominciò ivi a dipin gere, chiamatovi da Matteo Visconti, quello Ste- (a) I manuscritti del P agave, già posseduti dal cavalier Bossi defunto pit tore, passarono nelle ma ni del signor Gaetano Cattanecrdirettore d elti. B . Gabinetto Numismatico. Colla storta dei medesi mi, colle memorie lasciale dal prefalo Bossi e coi materiali che egli medesimo raccolse, sta ora com pilando le Vite degli Artefici Lombardi: opera che non tarderà guari a comparire in luce. 8 scuòla milanese fano Fiorentino che la storia celebra come il mi gliore allievo di Giotto: egli però sopraggiunto da malattia fu costretto a partire senza pure finirvi un’ opera, nè si sa che altro giottesco per allora gli succedesse. V ennevi circa il 1370 Gio, da Mi lano, scolar di Taddeo Gaddi, e così esperto, che il maestro in sul morire gli lasciò raccomandato Angiolo e un altro suo figlio, perchè in sua vece gl’istruisse nella pittura. E dunque manifesto che i Fiorentini influirono assai presto nella scuola de’Milanesi. Questi però non lasciarono di addi tarci due nazionali, che a detta del Lomazzo in fin da’tempi del Petrarca e di Giotto operavano; Eaodicia di Pavia, dal Guarianti detta pittrice, e Andrino.diEdesia similmente creduto pavese;an corché il suo nome e il nome di Laodicia dian sospetto almeno di greca origine. A ll’Edesia e al la sua scuola si ascrivono in Pavia alcune pittu re a fresco, che restano a S. Martino e altrove (i). Nulla asserisco degli autori; il gusto è ragionevo le, e nel colorito prevale a’ Fiorentini di quella età. Un Michel de Roncho milanese ci ha scoper to il conte Tassi scrivendo dei due Nova pittori di Bergamo. Dice che insieme con essi lavorò Mi chele in quel duomo dal 1375 fino al 77; e di que’ pennelli restano ancora reliquie men'lonta ne dal far di Giotto che le pavesi.