Studi pesaresi

Rivista della Società pesarese di studi storici

5 2017

il lavoro editoriale © Copyright 2017 by Società pesarese di studi storici

il lavoro editoriale casella postale 297 - Ancona Italy www.illavoroeditoriale.com

ISBN 9788876638480 ISSN 2280-4293 Indice del volume

Saggi

Silvia Serini «Il profumo dell’universo». La concezione mazziniana della musica 7

Maria Chiara Pepa Francesca da Rimini. Mitografia di un personaggio femminile medievale 18

Studi

Simone Biondi Le maioliche istoriate da parata dalla rocca malatestiana di Montefiore Conca di Rimini nelle produzioni ceramiche pesaresi 35

Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele 42

Francesco Ambrogiani La manutenzione della scarpa di Pesaro in epoca sforzesca 56

Simone Biondi e Rino Casadio I Da Montefeltro nella ceramica dai butti della rocca di Montefiore Conca 67

Stefano Lancioni La contea del Fumo 71

Tommaso Borgogelli Per la pittura del Seicento nella provincia di Pesaro e Urbino. Qualche novità e una proposta per la fase giovanile di Giovanni Venanzi 89

Elisabetta Cerigioni Francesco Maria Santinelli. Alcuni documenti inediti tra biografia e scrittura 103

Cristina Ravara Montebelli Filatoi, filande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo 112

Davide Sanfilippo Un tentativo di rivolta a Cagli nel contesto rivoluzionario e controrivoluzionario di fine Settecento 125

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Gabriele Falciasecca Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro ai tempi del napoleonico Regno d’Italia (1808-1814) 137

Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 150

Gianpaolo Ornaghi Un lato oscuro del passato. I frenastenici nella provincia di Pesaro e Urbino (1899-1918) 170

Paolo Peretti Nel cinquantesimo della morte del compositore Piero Giorgi 185

Testi

Federico Marcucci Giacomo III Stuart. Un ‘re’ inglese a Urbino 199

Notizie dal territorio

Nicole Hofmann Il fondo archivistico di Federico Valerio Ratti presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro. Indagini preliminari e primo censimento 227

Roberta Martufi La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro nella trasformazione urbana dell’area centrale della città 231

Grazia Calegari Novecento privato. Aggiunte alla collezione Elio Giuliani 240

Riassunti / Summaries 245

Biografia autori 250

4 Saggi

«Il profumo dell’universo» La concezione mazziniana della musica di Silvia Serini «Il mio carattere strano, cattivo, se vuoi, ma ormai invincibile, è tale che non sono capace di distrazione – se togli la musica – ed anche bisogna che io possa udirla a mio modo». (G. Mazzini, Epistolario, v. II, Londra, novembre 1838, lettera a Filippo Ugoni) Musicista, teorico, cultore 1 cato dalle polizie di mezza Europa. Musica ed esilio, sebbene in maniera né univoca né L’immagine classica e consolidata la- esclusiva, appaiono dunque strettamente le- sciataci da gran parte della storiografia e gati. dall’iconografia risorgimentale ha ormai E quindi non può certo essere ascritto codificato la rappresentazione del più gran- al caso il fatto che anche la più sistematica de patriota della nostra storia ottocentesca riflessione dedicata dal genovese alla musi- in termini molto standardizzati. Mazzini vi ca sia stata partorita negli anni dell’esilio. appare nelle vesti dell’eterno cospiratore, Quel breve ma corposo scritto intitolato Fi- dell’uomo perennemente vestito di nero, losofia della musica 4 è infatti del 1836, ov- dallo sguardo accigliato e dalla mente di vero appartiene a una fase di quell’infinita continuo protesa a ordire trame e congiure. serie di peregrinazioni forzate nel vecchio Eppure, se usciamo da questa lettura stereo- continente, coincidente con i primi tre anni tipata e torniamo ai testi e alle testimonian- dell’esilio svizzero. Se in generale è possi- ze dirette, potremmo scoprire volti del tutto bile asserire che Mazzini era un assiduo fre- inediti o semplicemente poco conosciuti del quentatore di concerti, un critico musicale genovese. rigoroso ed esigente e che aveva dalla sua Uno dei risvolti più suggestivi è indub- buone basi di natura tecnica e storica con, in biamente quello legato al suo amore per particolare, una notevole conoscenza «del la chitarra, strumento che prediligeva e di melodramma della sua epoca e delle caratte- cui era assiduo suonatore oltre che esecu- ristiche dei suoi protagonisti» 5, scendendo tore più che discreto. Nel ricco epistolario nel particolare va precisato che fu proprio non mancano tracce di questa passione che questo il periodo nel quale poté approfon- spesso emerge sotto forma di dichiarazione dire le proprie competenze in campo musi- o di aperta confessione. La chitarra – che cale. Da un lato si dedicò alla trascrizione «suonava anche a Roma nel 1849 quando di «alcune melodie popolari nel bernese» 6 era triumviro e l’esercito francese minac- e dall’altro concretò letterariamente il suo ciava la capitale della giovane repubblica» 2 profondo interesse per la musica proprio nel – non era soltanto un semplice mezzo di saggio pubblicato a Parigi sulle colonne de svago, ma compagna capace di «alleviare le “L’Italiano”, importante testata dell’emi- dure pene dell’esilio» 3 e dunque parte inte- grazione attorno alla quale si ritrovavano i grale della sua esistenza quotidiana di ricer- più celebri esuli nostrani.

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Edito nel cuore degli anni trenta del nel cammino dell’arte, prendeva le mosse XIX secolo, il saggio risentiva e parteci- da un’esplicita confessione. Mazzini di- pava della temperie culturale del tempo, chiarava a monte di non essere un esperto contribuendo a infondere nuova recrude- della materia ma semplicemente un appas- scenza alla polemica tra “romanticisti” e sionato, un uomo che, in quanto figlio ed “classicisti”, già impegnati in un duro con- interprete del proprio tempo, non poteva fronto dialettico sorto dapprima a seguito che guardare ad essa con “sentimento”, del Cromwell e dell’Hernani di Hugo e riconoscendole quel valore iniziatico che rinnovatosi poco dopo grazie alla Norma gli consentiva di intravedere l’«immen- di Bellini. Come molti suoi contemporanei, sa influenza che s’eserciterebbe per essa Mazzini aveva accettato «il ribaltamento sulle società» 11. Quello che gli interessa- dell’estetica illuministica e kantiana (che va esaltare nella musica non erano cioè i relegava la musica all’ultimo posto nella virtuosismi, gli orpelli o le minuzie tecni- gerarchia delle arti), privilegiando la nuo- che fini a se stesse, quanto piuttosto le sue va estetica musicale romantica (che pone- evidenti valenze pedagogico-educative per va la musica al vertice delle arti)» 7. Inoltre realizzare quel raccordo tra civiltà, società condivideva la distinzione stereotipata ma e arte che tanto gli stava a cuore 12. La sua assai diffusa in tanti testi coevi – da De riflessione muoveva dunque alla ricerca di l’Allemagne (1810) di Madame de Staël quel «concetto rigeneratore» dell’arte che all’Oper und Drama (1851) di Richard la musica aveva smarrito, autocondannan- Wagner – a proposito dell’inconciliabi- dosi a un ruolo segregato, i cui esiti sfo- le diversità identitaria tra musica tedesca ciavano nell’eccentricità e nell’individua- «grave, importante e immersa nella storia lismo. dell’umanità» e musica italiana «leggera, Anziché puntare agli effetti, la musica melodica e piacevole» 8. In questo clima, doveva ritrovarsi attorno ad un’idea: com- Mazzini auspicava che la musica teatrale pito davvero arduo perché, continuava il ge- italiana prestasse una maggiore attenzione novese, tanto il pubblico quanto gli autori alla componente spirituale ma anche agli sembravano gareggiare «a chi può meglio elementi storici, insomma a tutta «quella profanare la musica, e guastarne la sacra “realità” che il gusto dei classicisti, tuttora missione, e vietarle unità» 13. Quell’uni- imperante, mortifica non meno della vi- tà che poteva sussistere nella musica solo gente spartizione di compiti tra musicista e laddove melodia e armonia, «i due elemen- scenografo» 9. Ma soprattutto prospettava ti generatori» 14 e custodi rispettivamente alla musica, che aveva superato gli stec- dell’individualità e del pensiero sociale, si cati di un elitarismo durato secoli, il sen- fossero trovate a procedere in parallelo. In tiero dell’impegno e della consapevolezza: realtà però l’una si era radicata nella tradi- in quanto fruibile per «un numero poten- zione musicale italiana, giungendo ai mas- zialmente infinito di ascoltatori, il musici- simi livelli con Rossini, mentre l’altra era sta poteva rivolgere il suo messaggio, di divenuta il tratto caratterizzante della scuo- qualsiasi contenuto esso fosse, all’intera la musicale tedesca con il risultato che men- umanità» 10. L’, dedicata a un «ignoto tre la prima isteriliva «nel materialismo», la numini» a cui indicava la strada da seguire seconda si consumava «inutilmente nel mi-

8 Silvia Serini «Il profumo dell’universo» sticismo» 15. La musica italiana cioè, «au- lica e aristocratica per lunga tradizione» 16, doveva aprirsi alla scoperta del popolo. Il raccordo totale tra le arti, l’obiettivo dichiarato, poteva compiersi con più natu- ralezza unicamente puntando sul «ritorno alla plasticità, all’importanza del testo e ad una vocalità libera da appelli meramente virtuosistici» 17. Soltanto così sarebbe po- tuto ri-nascere un melodramma rinsaldato nelle sue fondamenta costitutive, irrobusti- to dalla presenza vivificante ed espressiva e non più solamente esornativa del “coro” 18 e consapevole del suo pieno valore di oc- casione educativa di libertà e democrazia, «propedeutica alla maturazione sociale e civile dei cittadini» 19. L’intento che doveva ispirare la nuova Figura 1 – Giuseppe Mazzini. musica europea non poteva quindi essere “giustiziere” delle tendenze precedente- Meyerbeer. D’altronde ormai la critica è mente esposte; al contrario, avrebbe dovuto concorde nel ritenere che il grande sogno tener conto «di tutti gli elementi musicali romantico di un’arte europea venne attuato che le scuole parziali anteriori hanno svolto, «in maniera primordiale ma vasta ed auten- e senza sopprimerne alcuno, saprà tutti ar- tica nel mondo del teatro d’opera» 23. Anche monizzarli e dirizzarli ad un unico fine» 20. in questo Mazzini fu vero precursore. La Ma quale talento, quale Genio «ingigan- sua sensibilità infatti anticipò una tendenza tito dalla coscienza del fine, dalla vastità che divenne imperante dagli anni sessanta dei mezzi, dalla fiducia in una immortali- dell’Ottocento, vale a dire l’influenza cre- tà ch’oggi non è dato sperare da alcuno» 21 scente dell’opera non italiana nel Belpaese avrebbe dato corpo a tale auspicio? Nono- dove imperversò sia in termini di presenza stante questo tono apparentemente sfiducia- nei cartelloni dei teatri sia come modello ar- to e a dispetto di un parziale quanto passeg- tistico ed estetico, dimostrazione ed effetto gero innamoramento per Donizetti, in cui di una «massiccia apertura di credito alla pure aveva riposto per un attimo le speran- musica teatrale d’oltralpe» 24 che il genove- ze per il futuro, il musicista a cui avrebbe se aveva già colto pienamente. assegnato l’ambizioso compito di pervenire Nelle pagine finali, in cui il linguaggio a un’autentica sintesi della musica europea evocativo e intenzionalmente misticheg- non sarebbe stato un conterraneo bensì un giante proprio dell’intero saggio tocca i suoi “continentale” come l’ebreo tedesco, ma vertici massimi, Mazzini tradiva comunque formatosi prima in Italia grazie al «tiroci- un concreto ottimismo, sia nei risultati che nio operistico come puntuale emulo rossi- nei tempi, rispetto alla traduzione reale del- niano» 22 e poi attivo in Francia, Giacomo la riforma tanto vagheggiata. E, proprio in

9 Studi pesaresi 5.2017 vista del traguardo imminente, non poteva vivendo. Se Donizetti gli ispirava grandi che riservare le ultime parole ai futuri musi- speranze perché in lui scorgeva «l’unico cisti ai quali prescriveva di il cui ingegno altamente progressivo rive- lò tendenze rigeneratrici, l’unico ch’io mi Immedesimarsi coll’amore, colla sappia, sul quale possa in oggi riposare con fede, collo studio delle armonie che nuo- un po’ di fiducia l’animo stanco e nauseato tano sulla terra e ne’ cieli, col pensiero del volgo d’imitatori servili che brulicano dell’universo. [Accostarsi] all’opere de’ in questa nostra Italia!» 26, e Bellini – di cui grandi in musica, dei grandi, non d’un pure riconosceva la grandezza – era poco paese, d’una scuola, o d’un tempo, ma di più di un «ingegno di transizione, un anello tutti paesi, di tutte scuole, e di tutti i tem- tra la scuola italiana come oggi l’abbiamo pi […] per accogliere in se stessi lo spi- e la scuola futura», del maestro indiscusso rito creatore e unitario che move da quei della musica patriottica, quel Giuseppe Ver- lavori ; non per imitarli, grettamente e di il cui talento sarebbe sbocciato più tardi, servilmente, ma per emularli da liberi, e avrebbe infine parlato con più frequenza – e connettere al loro un nuovo lavoro. [San- non sempre con fervore e ammirazione, tan- tificare] l’anima loro coll’entusiasmo, to da non nascondere una certa predilezione col soffio di quella poesia eterna che il per il suo noto rivale Richard Wagner – in materialismo ha velata, non esigliata dal- altre opere. la nostra terra, [adorare] l’Arte, siccome Merita invece una considerazione a par- cosa santa, e vincolo tra gli uomini e il te quanto scritto a proposito di Gioacchino cielo. [Adorare] l’Arte prefiggendole un Rossini, talento pesarese 27 proiettato con alto intento sociale, ponendola a sacerdo- successo sullo scenario internazionale sul te di morale rigenerazione, e serbandola quale era ormai attestato come il musicista nei loro petti e nella loro vita, candida, più celebre e accreditato del suo tempo, se- pura, incontaminata di traffico, di vanità condo soltanto a Beethoven. e delle tante sozzure che guastano il bel mondo della creazione 25. E venne Rossini. Rossini è un titano. Titano di poten- za e d’audacia. Rossini è il Napoleone Il visionario e il virtuoso: Mazzini e Rossini d’un’epoca musicale. Rossini, a chi ben guarda, ha compito nella musica ciò che Nella Filosofia della musica abbonda- il romanticismo ha compito in letteratu- no i riferimenti agli artisti italiani coevi e ra. Ha san­cito l’indipendenza musicale: al loro modo di intendere l’arte declinan- negato il principio d’autorità che i mil- dola sul piano musicale. A ognuno di loro le inetti a creare volevano imporre a chi Mazzini riservava annotazioni e commenti crea, e dichiarata l’onnipotenza del ge- che, lungi dall’essere mera riflessione di nio. Quando egli venne le vecchie rego- carattere esclusivamente personale, mira- le pesavano sul cranio all’artista, come vano a cogliere quanto l’opera di ciascuno le teoriche d’imitazione, e le viete unità fosse capace di dialogare con il presente e aristoteliche del classicismo inceppa- di incidere sulla realtà storica che stavano van la mano a qualunque s’attentava di

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scriver drammi o poemi. Ed egli si pose vendicatore di quanti gemevano, ma non osavano d’emanciparsene di quella tiran- nide; gridò rivolta, e osò. Codesta è lode suprema 28.

Le parole roboanti e il calore tribunizio con cui Mazzini incoronava l’astro rossi- niano non devono condurre a interpretazio- ni semplicistiche e forzate circa il rapporto tra i due personaggi, che in realtà fu molto meno lineare e scontato di quanto certe as- serzioni iperboliche lascerebbero presup- porre 29. Certamente, la forza linguistica e il crescendo drammaturgico tramite i quali Mazzini introduceva il personaggio Rossini restano a tutt’oggi «una delle più convin- centi collocazioni estetiche­ realizzate du- rante la vita del musicista». Ciò nonostante, Figura 2 – va precisato che il tutto faceva parte di uno stile narrativo che non raramente compare Se si guarda strettamente all’aspetto nelle pagine del genovese. D’altronde poi, delle occorrenze terminologiche, si noterà lo stesso parallelismo tra il Cigno di Pesaro poi come il nome di Rossini sia quello che – artista già pienamente europeo – e Napo- ricorre con maggiore frequenza rispetto a leone, attraversato dai medesimi toni accesi tutti gli altri musicisti; così come ben quat- di titanico entusiasmo e basato sul comune tro sono le opere (Otello, Mosè, Semirami- messaggio di coesistenza di un messaggio de e Guglielmo Tell) del maestro pesarese conservatore entro forme innovative 30, era che vengono ripetutamente citate – seppur già stato espresso da Stendhal, tra i massi- in nota – nel testo 33. Se nelle prime due mi esegeti del genio marchigiano 31, nella riconosceva una forza capace davvero di sua appassionata Vie de Rossini. Eppure, cavalcare l’avvenire senza limitarsi a «in- Stendhal e Mazzini non potevano essere più travederlo», nei lavori del 1823 e del 1828 distanti nell’intendere Rossini. Lo scrittore l’ancor più marcata connotazione storica francese lo considerava a pieno titolo un ri- era funzionale alla progressiva «armoniz- voluzionario perché coglieva nella sua arte zazione del soggetto musicale con il moto musicale «come un’iniezione di vitalità in della civiltà» 34. Segno inequivocabile di una formula ormai logora, il risveglio di una centralità della figura dell’artista con la un popolo addormentato»; invece Mazzini, quale Mazzini sentiva, inevitabilmente, di pur non disconoscendone la grandezza, ne dover fare i conti. denunciava appunto «la formula, l’infinita Quella a cui si assiste nell’opera maz- ripetizione di convenzioni prevedibili (sep- ziniana è tuttavia la progressiva presa di pur accattivanti)» 32. coscienza o, per meglio dire, l’affranca-

11 Studi pesaresi 5.2017 mento razionale dalla forza di fascinazione aprile 1815. Un episodio di cui Rossini, alla esercitata da Rossini le cui opere, in linea luce dei nuovi assetti della Restaurazione, con le posizioni assunte dalla critica roman- cercò di cancellare ogni traccia. Sfortuna- tica, erano considerate «tutto genio inna- tamente, negli anni dei successi napoletani, to a scapito della severità del dramma» 35. qualcuno se ne ricordò; e tanto bastò perché L’evoluzione delle situazioni dimostrava il sospetto di sgradite simpatie rivoluziona- come Rossini, «dolce di carattere ma fiero rie si diffondesse a macchia d’olio a corte. nell’animo» 36, nonostante avesse presagito Al punto da pretendere di stravolgere il ce- e intuito ancor prima di altri i cambiamenti lebre brano dell’Italiana in Algeri che Bar- in atto all’interno del gusto musicale, non baja 39 intendeva portare in trionfo anche si fosse voluto spingere oltre la soglia fata- nella capitale partenopea. La mannaia dei le che, dal punto di vista sociale e politico, censori borbonici fu ancora più spietata di restava quella del 1789. Per farlo, avrebbe quella dei colleghi papalini che li avevano dovuto infrangere i suoi stessi limiti: «ciò preceduti, tanto che che l’artista era in grado di intuire con la chiaroveggenza del genio, all’uomo ripu- Gioachino, infatti, avrebbe dovuto gnava» 37. Pur emotivamente in linea con lo accettare – e lo fece senza obiezioni – il spirito dei tempi nuovi, sotto il profilo ideo- taglio e il rifacimento integrale di tutta logico e di conseguenza anche sul piano mu- la parte finale della commedia. Quella, sicale, Rossini rimaneva consapevolmente appunto, del rondò «Pensa alla patria» impantanato nelle maglie di un ancien régi- preceduto dalla marcia con la fanfara me quanto mai duro a morire. L’amore non che accennava alla rivoluzionaria Mar- corrisposto tra Rossini e i patrioti italiani seillaise. Il recitativo secco diventò «No, del primo Ottocento nasceva proprio da tale non temete», e il successivo rondò, «Sul- ambivalenza sostanziale. Eppure la storia lo stil de’viaggiatori», un’aria gradevole, era iniziata in maniera ben diversa. Come è totalmente di evasione 40. noto infatti, nel 1815, in una temperie cultu- rale non ancora pienamente risorgimentale Si evitava in tal modo «ogni riferimen- ma già rovente, Rossini, su sollecitazione di to alla “patria” o alla “nazione” (e non vi Pellegrino Rossi, all’epoca braccio destro sono indizi che Rossini abbia protestato): di Gioacchino Murat, e dei patrioti della sua l’esperienza napoleonica era un ricordo città d’elezione, Bologna, aveva musicato troppo recente, e i governi restaurati an- la composizione di Giovan Battista Giusti, cora troppo suscettibili» 41. Una decisione nota come Inno dell’Indipendenza, che con- che, oggettivamente, pesò non poco nella teneva questi versi: «Sorgi, Italia, venuta è valutazione che i contemporanei diedero di già l’ora: / l’alto fato compir si dovrà. / Dal- Rossini, figlio di quel Giuseppe, detto “il lo Stretto di Sicilia alla Dora, / un sol regno Vivazza”, giacobino di razza, sul piano del l’Italia sarà» 38. Non si era limitato però a patriottismo. E ciò, a fronte del successo e questo perché fu sempre lui, rampante mu- della diffusione popolare del rondò origina- sicista ventitreenne, a guidarne la direzione rio che continuò a essere cantato, in purezza e l’esecuzione, anche per la parte vocale al e senza tagli, nei più importanti teatri del Teatro Contavalli della città felsinea il 15 Belpaese. Ecco dunque che non si può non

12 Silvia Serini «Il profumo dell’universo» concordare con le parole di Visconti che ha cancellasse o modificasse potentemente parlato di un Rossini strattonato a destra e a l’antico: promosse l’elemento dominato- sinistra dalla politica. Una politica sempre re al più alto grado di sviluppo possibi- più nemica che lo forzava «a prendere po- le; lo spinse all’ultima conseguenza: lo sizione, e lui, in quella condizione, ci si ri- ridusse a formola, e lo ricollocò su quel girava malissimo» 42. E sono proprio queste trono d’onde i pedanti l’avevan caccia- scelte o, ancor più, certe mancate opposi- to senza pur pensare, che chi strugge un zioni a spiegare le incomprensioni dei gio- potere, ha debito di sostituirne un miglio- vani e ardimentosi eroi risorgimentali e le re. E i molti che guardano anche oggi in perplessità mazziniane nei suoi confronti. I Rossini, come in un creatore di scuola e primi chiedevano all’artista qualcosa di più di epoca musicale, come nel capo di una alto e di più eroico di una comicità innalzata rivoluzione radicale nella tendenza e nei fino a «farsi categoria dello spirito» 43, ov- destini dell’arte, travedono, dimenticano vero una musica capace di catalizzarne l’ar- le condizioni nelle quali, poco innanzi a dente ebbrezza patriottica che nulla aveva a Rossini, si stava la musica. […]. Protestò che vedere con la strepitosa allegria conser- — ma non contro 1’elemento generato- vatrice del pesarese. Per sanare questa frat- re, non contro il concetto primitivo fon- tura che pareva irrecuperabile non sarebbe damentale della musica italiana; bensì a bastata neppure un’opera di alto ingegno e favore di quel concetto obliato per impo- di spirito europeo come il Guglielmo Tell tenza, contro la dittatura dei professori, – in cui vibrano, con corde sino ad allora contro la servilità dei discepoli, contro il insondate, un popolo intero bramoso di ri- vuoto che gli uni e gli altri facevano. In- scatto e, in tutta la sua potenza, una natura novò, ma più nella forma che nell’idea, misteriosa mai così partecipe dei travagli più nei modi di sviluppo e d’applicazio- umani – la quale riveste per certi versi quasi ne che nel principio. Trovò nuove mani- un carattere di sfida per Rossini, intenzio- festazioni al pensiero dell’epoca; lo tra- nato a mostrare che, se solo avesse voluto, dusse in mille guise; lo incoronò di così avrebbe potuto anche lui comporre secondo minuto intaglio, di tanta fecondità d’ac- i canoni della nuova estetica romantica. Ma cessorii, di tanto fiore d’ornato, che talu- la soglia che occorreva superare non fu var- no potrà forse sederglisi a fianco, non su- cata. Questo, per Mazzini, fu il suo limite. perarlo: lo espose, lo svolse, lo tormentò fin che l’ebbe esaurito. Non lo varcò. Più Non però giova esagerare o franten- potente di fantasia che di profondo pen- dere la parte che spetta a Rossini nei siero o di profondo sentimento, genio di progressi dell’arte; la missione ch’egli libertà e non di sintesi, intravvide forse, s’assunse, è missione che non esce dai non abbracciò l’avvenire. Forse anche confini dell’epoca ch’oggi gridiamo privo di quella costanza e di quell’alte- spenta o vicina a spegnersi. È missione rezza d’animo che non guarda, se non di genio compendiatore, non iniziatore. dietro le esequie, alle mille generazio- Non mutò, non distrusse la caratteristica ni vegnenti, anziché a quell’una che si antica della scuola italiana: la riconsacrò. spegne con noi, cercò fama, non gloria; Non introdusse un nuovo elemento che sacrificò all’idolo il Dio; adorò l’effetto,

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non l’intento, non la missione; però gli sulla via di Rossini è un condannarsi a rimase potenza a costituire una setta, non esser satellite, più o meno splendido, ma a fondare una fede. Dov’è in Rossini l’e- pur sempre satellite 46. lemento nuovo? Dove un fondamento di nuova scuola? Dove un concetto unico, Mazzini, già in D’una letteratura euro- dominatore di tutta la sua vita artistica, pea, portava a maturazione l’idea di una for- che armonizzi a epopea la serie delle sue ma artistica superiore capace di trascendere composizioni? 44 i singoli particolarismi nazionali, quand’an- che essi fossero stati delle eccellenze cul- Con una padronanza linguistica e tecnica turali assolute. È però solo nella Filosofia davvero specialistica – ancor più lodevole delle musica che il passaggio e il distacco se si pensa che la musicologia ufficialmente si realizzano compiutamente. D’altronde, nascerà soltanto nel 1854 45 – nonostante la ne costituisce prova ulteriore la simpatia proemiale dichiarazione di umiltà, Mazzi- dichiarata di Mazzini per Wagner, antiros- ni enucleava con lucidità e precisione tutti siniano per eccellenza sebbene disposto a gli elementi di intrinseca debolezza presenti stemperare il suo giudizio sul genio pesa- nel pur magnifico ma tradizionale edificio rese dopo la visita che gli fece nel 1860 al musicale rossiniano. L’onnipotenza del ge- punto da dire: «Mi fece l’impressione del nio musicale, la produttività inesauribile e primo uomo veramente grande e degno di la mirabile capacità inventiva non gli ve- rispetto, incontrato fino allora nel mondo nivano di certo negate; tuttavia, restava il dell’arte» 47. vulnus di fondo, quello di non aver creato Nell’ottica mazziniana, in sintesi, Rossi- un’arte autenticamente nuova. Se poi si ni rappresentava la quintessenza dell’indi- metteva a confronto la situazione italiana vidualità trionfante e ciò lo rendeva sostan- con quella germanica e l’aurorale ma al zialmente inadatto, in quanto ridondante, contempo crescente contrapposizione dico- a ricoprire il ruolo di bardo misurato ma tomica e fenomenologica tra opera italiana credibile dell’unitarismo musicale europeo. e opera tedesca, allora non se ne poteva che Con una precisazione fondamentale però. dedurre, considerando l’altezza della posta Tutto ciò che, musicalmente parlando, era in gioco, ovvero la creazione della «scuola «recuperabile­ al moto sociale dell’arte» 48, musicale europea», l’improcrastinabile ur- sarebbe stato destinato a durare in eterno. genza di liberarsi dal giogo del magistero rossiniano. E scuola musicale europea non può es- sere se non quella che terrà conto di tutti Oggi urge l’emancipazione da Rossi- gli elementi musicali che le scuole par- ni, e dall’epoca musicale ch’ei rappresen- ziali anteriori hanno svolto, e senza sop- ta. Urge convincersi ch’egli ha conchiu- primerne alcuno, saprà tutti armonizzarli so, non incominciato, una scuola — che e dirizzarli a unico fine. Però, dicendo una scuola è conchiusa, quando, spinta ch’urge in oggi l’emanciparsi da Rossini all’ultime conseguenze, ha corso tutto lo e dalla scuola ch’egli ha riassunta, guardo stadio di vitalità che a essa spettava — unicamente allo spirito esclusivo di quella ch’ei l’ha spinta fin là, e che l’insistere scuola, al predominio esclusivo della me-

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lodia, all’esclusiva rappresentanza della me opere che ho sentito a Genova; e in individualità che la informa, che la rende virtù delle reminiscenze che mi desta, frazionaria, ineguale, sconnessa, e la con- ho deciso di fare un miracolo e andare: danna al materialismo, peste di tutte Arti, unica volta che andrò a teatro pagando; di tutte dottrine e di tutte imprese 49. giacché se andrò altre volte, andrò con i biglietti dati da’ miei amici cantanti. Una La posizione di Mazzini era, dunque, pazzia in un anno può farsi 51. quanto mai definitiva. Eppure, ferma restava l’idea che Rossini e la sua opera «senz’om- Una “pazzia” che non si poteva pensare bra, senza misteri, senza crepuscolo» non di compiere per chiunque. Ma per un musi- potevano essere archiviati sic et simpliciter. cista del calibro di Rossini, certamente sì. E infatti, tra le innumerevoli richieste di Nella distanza innegabile che li separò musica che il patriota rivolgeva alla madre, emerge tuttavia, con il nitore della rivela- non mancavano «anche dilettevoli riduzioni zione, una verità incontestabile. L’uno, con per chitarra di arie di Rossini» 50. O ancora, la forza delle idee, l’altro, con la potenza come scrisse sempre a quest’ultima dalla della creazione artistica, furono rispetti- capitale britannica il 10 aprile del 1847, il vamente l’ispiratore sul piano politico e pesarese era uno dei pochi per cui valesse uno degli artefici sotto il profilo musicale la pena, nonostante tutto, pagare il prezzo di quell’unificazione nazionale della quale del biglietto. possono a tutti gli effetti definirsi, ancorché fraintesi quando non dimenticati, padri le- Questa sera vado – gran cosa – a gittimi. sentire la Semiramide; è una delle pri-

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1 L’espressione in G. Mazzini, Filosofia della 20 Mazzini, Filosofia della musica cit., pp. 147. musica, in Id., Scritti letterari editi ed inediti, v. II, 21 Ibid., p. 156. Cooperativa tipografico editrice Paolo Galeati, Imo- 22 G. Ballola Carli, Rossini. L’uomo, la musi- la 1910, p. 165. Una panoramica completa dei vari ca, RCS Libri, Milano 2009, p. 44. aspetti della personalità di Mazzini si trova in Aa.vv., 23 L. Arruga, Il teatro d’Opera italiano. Una Mazzini, pensatore, umanista, musicista, amatore, storia, Feltrinelli, Milano 2009, p. 218. Lim, Milano 2011. 24 Bianconi, Il teatro d’opera cit., p. 83. 2 M. Finelli, La chitarra di Giuseppe Mazzini, in 25 Ibid., p. 165. «il Pensiero Mazziniano», 2, 2006, p. 98. 26 Ibid., p. 158. 3 R. Paganelli, Giuseppe Mazzini e la musica, in 27 Per la biografia si rinvia ai profili omonimi ibid., 3, 2004, p. 50. contenuti in G.M. Claudi, L. Catri (a cura), Diziona- 4 Mazzini, Filosofia della musica cit., pp. 119-165. rio biografico dei marchigiani, il lavoro editoriale, 5 Ibid., p. 45. Ancona 2007, pp. 554-557 e a quello redatto da B. 6 M. De Angelis, Mazzini, Giuseppe, in Dizio- Cagli in Dizionario Enciclopedico della musica e nario Enciclopedico Universale della musica e dei dei musicisti, v. VI, diretto da A. Basso, Utet, Tori- musicisti. Le biografie, v. 4, diretto da A. Basso, Utet, no 1988, pp. 446-465. Quanto alla bibliografia sul Torino 1985, p. 743. teatro di Rossini, essa è a dir poco sterminata. Mi li- 7 A. Focher, Postfazione, a F. Grillparzer, Bee- mito a segnalare contributi che, a distanza di tempo, thoven, Se, Milano 1995, p. 74. restano ancora illuminanti: G. Radiciotti, Gioac- 8 C. Abbate, R. Parker, Storia dell’opera, Edt, chino Rossini: vita documentata, opere ed influenza Torino 2014, p. 162. su l’arte, Majella, Tivoli 1927-1929; R. Bacchelli, 9 L. Bianconi, Il teatro d’opera in Italia, il Muli- Rossini e saggi musicali, Mondadori, Milano 1968; no, Bologna 1993, p. 68. F. D’Amico, Il teatro di Rossini, il Mulino, Bologna 10 A. Barbon, Mazzini e la musica, in «il Pensie- 1992; P. Fabbri (a cura), Gioachino Rossini 1792- ro Mazziniano», 1, 1998, p. 78. 1992. Il testo e la scena, convegno internazionale 11 Mazzini, Filosofia della musica cit., pp. 119. di studi Pesaro, 25-28 giugno 1992, Fondazione 12 In quegli stessi anni anche Franz Liszt e Féli- Rossini, Pesaro 1994, in particolare pp. 79-91. Tra cité de Lamennais esprimevano concetti contigui a quelle più recenti, si segnalano V. Emiliani, Il furore quelli di Mazzini. Il primo, parlando delle valenze e il silenzio. Vite di Gioacchino Rossini, il Mulino, democratiche dell’arte e del nuovo ruolo sociale del Bologna 2007; Ballola Carli, Rossini. L’uomo, la musicista; il secondo, negando il valore dell’arte per musica, cit. Per una ricognizione bibliografica com- l’arte tout court, a favore di un’interdipendenza tra le pleta su Rossini si rimanda al “Bollettino del Centro diverse dimensioni e delle loro implicazioni sociali. Rossiniano di studi”, a cura della Fondazione Rossi- Si veda S. Ragni, Consonanze mazziniane nella fi- ni, L, 2010, pp. 85-105 losofia musicale di père Lamennais, in «il Pensiero 28 Mazzini, Filosofia della musica cit., p. 138. Mazziniano», 1, 2006, pp. 135-155. 29 Una buona analisi delle riflessioni mazziniane 13 Ibid., p. 127. su Rossini si trova in S. Ragni, La musica di Rossi- 14 Ibid., p. 135. ni nel pensiero di Giuseppe Mazzini, in “Bollettino 15 Ibid., p. 144. della Domus Mazziniana”, 2, 1992, pp. 150-171, ora 16 M. Mila, Breve storia della musica, Feltrinel- consultabile anche on-line all’indirizzo http://www. li, Milano 2014, p. 270. rodoni.ch/malipiero/adrianolualdi/aggiunte/mazzini- 17 De Angelis, Mazzini, Giuseppe cit., p. 743. musica.htm. 18 Mazzini, Filosofia della musica cit., pp. 152. 30 Mila, Breve storia della musica cit., p. 261. 19 S. Ragni, La lettura della Filosofia della musi- 31 La fama internazionale dell’artista ci viene ul- ca in Giuseppe Mazzini, in «il Pensiero Mazziniano», teriormente confermata dai tanti intellettuali europei 2, 2005, p. 44. che spesero parole sul suo talento con giudizi in larga

16 Silvia Serini «Il profumo dell’universo» parte lusinghieri. Tra gli altri, Goethe, Heine, Scho- 38 Citazione tratta da F. Dorsi, G. Rausa, Storia penhauer, Gautier e Leopardi. dell’opera italiana, Mondadori, Milano 2000, p. 247. 32 Abbate, Parker, Storia dell’opera cit., p. 181. 39 Sul personaggio e sulla sua attività nella città 33 «Lo varcò talora: lo varcò forse nel Mosè, lo partenopea si rimanda al contributo di P. Maione, F. varcò senza forse nel terzo atto dell’Otello, divino Seller, Domenico Barbaia a Napoli (1809-1840): lavoro, appartenente tutto intero, per l’alta espressio- meccanismi di gestione teatrale, in Fabbri (a cura di), ne drammatica, per l’aura di fatalità che vi spira, per Gioachino Rossini 1792-1992, cit., pp. 403-429. la unità mirabile dell’ispirazione, all’epoca nuova». 40 Emiliani, Il furore e il silenzio cit., p. 123. Mazzini, Filosofia della musica cit., p. 140. E ancora, 41 Gosset, Reazionario o patriota? Un dilemma poco dopo: «O m’inganno, o tra’ presentimenti della rossiniano, in Pensa alla Patria cit., p. 14. musica futura che sono a trovarsi in Rossini, s’hanno 42 Emiliani, Il furore e il silenzio cit., p. 108. a porre alcune ispirazioni storiche disseminate nel- 43 Mila, Breve storia della musica cit., p. 296. le sue opere e specialmente nella Semiramide e nel 44 Mazzini, Filosofia della musica cit., pp. 139-140. Guglielmo Tell. Nella prima, l’introduzione, il primo 45 Si tende infatti a farla coincidere con l’uscita tempo del duetto bella imago, e alcuni altri brani, del lavoro di E. Hanslick, Il bello musicale, Aestheti- hanno nello stile grave, grandioso, talora leggermen- ca, Palermo 2007 (edizione originale 1854) tradotto e te ampolloso, un riflesso orientale. NelTell , lasciando stampato in Italia soltanto nel 1883. le varie reminiscenze locali e alcuni cori, e il celebre 46 Mazzini, Filosofia della musica cit., p. 146. walzer, basti citare la sinfonia, ispirazione sublime di 47 Riportato in F. D’Amico, Il teatro di Rossini, verità». Ibid., p. 149. ristampa con introduzione di G. Pestelli, il Mulino, 34 http://www.rodoni.ch/malipiero/adriano- Bologna, p. 39. lualdi/aggiunte/mazzinimusica.htm (cons. 11 luglio 48 Ibidem. 2017). 49 Mazzini, Filosofia della musica cit., p. 147. 35 Cagli, Rossini, Gioachino cit., pp. 454-455. 50 http://www.rodoni.ch/malipiero/adrianolual- 36 Lettera di Rossini all’amico Filippo Santoca- di/aggiunte/mazzinimusica.htm (cons. 5 luglio 2017). nale citata in Ph. Gosset, Pensa alla Patria, Comune 51 Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe di Pesaro, Pesaro 1994. Mazzini. Epistolario, v. XVII, Cooperativa tipografi- 37 Mila, Breve storia della musica, cit., p. 262. co editrice Paolo Galeati, Imola 1910, p. 106.

17 Francesca da Rimini Mitografia di un personaggio femminile medievale di Maria Chiara Pepa

1. Indagine storica di un personaggio risposto l’amore. L’omicida è atteso nella quasi tutto letterario Caina, cerchio infernale in cui si puniscono i traditori dei parenti. Da questa presenta- Chi di noi può dichiararsi insensibile di zione Dante riconosce l’identità della donna fronte ai versi danteschi che danno voce a e le si rivolge chiamandola per nome, Fran- Francesca da Rimini? E chi non subisce il cesca appunto. Su richiesta del poeta questa fascino della storia di Paolo e Francesca al si fa narratrice dell’istante in cui si rende suo essere riproposta fra le mura del castello manifesto l’amore colpevole corrisposto di Gradara? Questa ricerca prende le mosse dall’anima da cui è indivisa per l’eternità. da un’emozione e volge lo sguardo alle sue La storia di Lancillotto offre l’occasione origini storico-letterarie per scoprire, con ad un bacio, dopo il quale la sua lettura si l’occhio sospettoso ma qui quanto mai in- interrompe. Dante non aggiunge altri det- nocuo di uno storiografo, chi sia Francesca tagli all’interno dei suoi versi. Gradara dà da «la marina dove ‘l Po discende» e per- alla storia della stessa Francesca una ma- ché in un comune sentire viva ora nella sua terializzazione di luogo e di spazi su cui stanza gradarese. il poeta fiorentino non si pronuncia. Nella Il racconto dantesco sulla vicenda di stanza di Francesca, ormai di ampia fama, amore e morte di Francesca da Rimini è si mostra una botola sul pavimento in legno, diffusamente noto, e lo ricordiamo dunque suggestione di un tentativo di fuga dell’a- qui solo con brevi cenni essenziali. Dante mante Paolo dal marito Gianciotto, deciso a incontra l’anima di questa donna all’interno vendicare l’offesa del tradimento subito. Si del secondo cerchio infernale, dove si puni- tratta di un esempio fra molti altri che si po- sce il primo dei peccati di incontinenza, la trebbero chiamare all’attenzione. L’aspetto lussuria. Fra coloro che sono travolti dalla più curioso e interessante consiste nel fatto bufera imposta dal contrappasso Francesca che a riempire il divario ora accennato – tra attrae l’attenzione del poeta perché legata a una fonte letteraria medievale e l’interno di un’altra anima. Dante la invita allora a pre- un castello che nell’immaginario collettivo sentarsi. Francesca non rivela il suo nome, le sarebbe forse almeno all’incirca coevo – bensì la sua origine attraverso la perifrasi non sono stati gli storici. sopra citata, accenna alla sua morte e defi- In un’indagine storica ci si dovrebbe do- nisce la sua colpa. Dichiara di essere stata mandare innanzitutto se esista, per quanto uccisa insieme alla persona di cui ha cor- si sappia ad oggi, una qualche testimonian-

18 Maria Chiara Pepa Francesca da Rimini za che attesti l’esistenza effettiva di questa sione e interpretazione dei versi del poeta Francesca, amante di tale Paolo. Un docu- fiorentino 3. Importante per l’identifica- mento certamente esiste ed è l’atto testa- zione dei protagonisti della vicenda, e per mentario dettato da Malatesta da Verucchio avercene offerto quindi la chiave di lettura, il 18 febbraio 1311. All’interno del comma è Jacopo Alighieri, figlio di Dante stesso in cui impone ai suoi eredi di non conten- e primo editore della Divina Commedia 4. dersi il patrimonio si legge: Nel suo commento leggiamo:

Ordina ai suoi nipoti sopraddetti […] Essendosi degli antichi infino a qui e loro eredi ed alle sopraddette nipoti ragionato, di due modernamente si se- […] e loro eredi che non diano da parte gue, de’ quali l’un fu una donna nomina- loro o da parte di altri alcuna molestia o ta monna Francesca figliuola di messer permettano di trarre in giudizio i sopra- Guido da Polenta, cioè Guido Vecchio scritti eredi ed esecutori testamentari da Polenta di Romagna, e della città di sia per la dote della fu Francesca da lui Ravenna, e l’altro Paolo d’i Malatesti da avuta, già moglie del fu Giovanni suo fi- Rimini, la quale essendo del fratello del glio e madre di Concordia, sia per la dote detto Paulo moglie, il quale ebbe nome della fu Zambrasina lei pure moglie del Gianni Isciancato, carnalmente con lei suo figlio Giovanni, essendo le loro doti usando, cioè col detto suo cognato, alcu- integralmente rispettate […] 1. na volta insieme, dal marito fur morti 5.

Da qui veniamo dunque a conoscenza Si nota la collocazione di Francesca del fatto che tale Francesca, già morta nel in tempi coevi in opposizione alla schiera 1311, è stata nuora di Malatesta da Ve- degli antichi precedentemente menzionati rucchio, moglie di Giovanni Malatesta e da Dante. Si può osservare la dettagliata madre di Concordia. Non si fa riferimento cura nell’identificazione del padre di Fran- al modo in cui sia avvenuta la sua morte, cesca. È spiegata l’origine ravennate della né ovviamente si accenna al suo eventua- donna e vengono fatti i nomi dell’aman- le tradimento. Per quanto ad oggi sappia- te e del marito. Negli stessi anni inizia un mo, non esistono altre fonti storiche su vero e proprio filone di commenti, ciascu- Francesca. Ne consegue che a Gradara si no dei quali parte da questi stessi presup- consegna un personaggio esclusivamente posti, ornando la storia di vari dettagli e letterario fin dalle sue origini, che si collo- scegliendola come pretesto per affermare cano sostanzialmente nei versi danteschi. un giudizio morale o la propria fazione po- La poesia con cui Dante narra questa storia litica. Selezioniamo soltanto tre esempi si- di amore e morte viene colmata di infor- gnificativi al riguardo. Innanzitutto Jacopo mazioni e dettagli dai suoi commentatori della Lana, bolognese, aggiunge informa- a partire già dagli anni Venti del Trecento zioni taciute da Dante, sostenendo che la fino a fine secolo 2. Dei numerosi autori vicenda dell’uccisione di Francesca si sia che hanno lasciato un contributo in questo svolta a Rimini e che la donna sia stata col- senso considereremo qui soltanto coloro pita da una spada. Leggiamo il suo scritto, che hanno avuto un ruolo nella compren- elaborato entro il 1328 6.

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Qui tocca Dante una istoria, la quale una nuova suggestione nelle parole del fra- venne ad Arimino in questo modo […] te carmelitano Guido da Pisa. La bellezza Poi ch’ha detto del luogo, dice della con- della donna sarebbe irrinunciabile per Pa- dizione del compagno, cioè ch’aveva ‘l olo: «Guido habuit filiam pulcherrimam, cuore gentile. E soggiunge che a cuore nomine Franciscam […]. Accidit itaque gentile facilemente s’aprende amore: sì quod Paulus fuit captus pulcritudine sue co- che quel suo compagno avendo il cuore gnate» 10. Anche l’Ottimo Commento, ano- gentile s’inamorò della persona di lei, la nimo del 1333 verosimilmente attribuito quale persona li fu tolta al mondo, come al fiorentino Andrea Lancia, lascerà la sua che morì di gladio […] 7. impronta sui commenti che seguiranno 11. Qui i Malatesta e i da Polenta hanno tra- Dopo l’identificazione dei protagonisti scorsi di reciproca rivalità, per cui le nozze un ulteriore nuovo elemento completa il di Francesca con Gianciotto – qui Gianni quadro dei fatti. Francesca sarebbe più volte Sciancato, uomo malvagio – sarebbero il redarguita dal marito prima che questi passi sigillo di una pace raggiunta. Appare inoltre all’azione, ma persevera nella colpa fino ad per la prima volta la figura di un servo, che essere uccisa in un abbraccio con Paolo. sorprenderebbe l’adultera, uccisa poi nella sua camera. A tal proposito non si ha cer- Francesca giacea con Paolo fratello tezza se si tratti di un’invenzione dell’au- di suo marito ch’era suo cognato: corret- tore o di una rielaborazione della vicenda tane più volte dal suo marito non se ne trasmessa oralmente e da lui riportata 12. castigava; infine trovolli in sul peccato, L’informazione certa che Lancia abbia co- prese una spata e conficcolli insieme in nosciuto personalmente Dante non aiuta a tal modo che abbracciati ad uno moriro- comprendere dove si fermi la conoscenza no 8. di quest’ultimo sulla storia narrata e dove invece abbia inizio la libera interpretazione A Jacopo della Lana si deve anche il me- del suo commentatore 13. rito di aver esplicitato in modo descrittivo il desiderio del bacio tra Francesca e Paolo. In Romagna sono due grandi case, in Rimino i Malatesti, in Ravenna quelli da Or dice che leggendo come Lancil- Polenta; le quali case per la loro gran- lotto ebbe la reina per trattato del princi- dezza ebbero guerra insieme, della qua- pe Galeotto […] più fiate l’uno guardava le fecero pace; alla cui fermezza Janni all’altro. Infine quando furono in quello Sciancato di Messer Malatesta, uomo de passo dove Lancillotto gittò lo braccio al l’abito rustico, e del cuore franco, e ar- collo a Ginevra e baciolla, costoro fenno migero, e crudele, tolse per moglie Fran- lo simile insieme: e qui feceno punto a cesca figliuola di Messer Guido il vechio sua lezione. Poi e lìe e altrove si favel- da Polenta, donna bellissima del corpo, lonno per altro modo 9. e gaia ne’ sembianti. In costei s’inamorò Paolo figliuolo del detto Messer Malate- Probabilmente ancora entro il 1328 sta, uomo molto bello del corpo, e ben l’immagine di Francesca si arricchisce di costumato, e aconcio più a riposo, che a

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travaglio; e la donna in lui. Finalmente renze a leggere e commentare pubblicamen- stando l’uno con l’altro sanza nulla so- te la Commedia di Dante. Le letture hanno specione sì come cognati, e leggendo carattere divulgativo, essendo rivolte a gen- nella camera della donna un libro della te del popolo. Si interrompono nel genna- Tavola Ritonda […] posto giù il libro io 1374 ma vengono messe per iscritto da vennero a l’atto della lussuria […] e que- Boccaccio nell’opera Esposizioni sopra la sta opera si publicò sì, che per alcuno Commedia 17. La sua versione della storia famigliare data posta a Giannni Iscianca- di Francesca trae spunto in modo evidente to, elli lor due insieme dopo certo tempo dai commentatori precedenti, primo fra tutti nella detta camera uccise 14. quello dell’Ottimo Commento, ma si svilup- pa poi in maniera autonoma e fantasiosa. Dal momento che ci si pone qui l’obiet- Riprende infatti la versione secondo cui le tivo di indagare una verità storica, ci è utile nozze di Francesca rinsalderebbero la pace menzionare Pietro Alighieri, anch’egli fi- fra le famiglie degli sposi. Inventa poi però glio di Dante e commentatore della sua ope- che il matrimonio sia stato tramato con un ra. Elabora tre redazioni in latino, dapprima inganno alle spalle della giovane. Aggiunge nel 1340, poi fra 1350 e 1355, e infine nel inoltre che Guido da Polenta designa Gian- 1358. Si propone di chiarire i punti critici ciotto come marito per la figlia perché de- del poema paterno, che inducono i suoi ese- stinato a prendere le redini delle proprietà geti a fraintendimenti. Per la sua profonda dei Malatesta. conoscenza della poetica dantesca si tende a considerarlo un commentatore affidabile. Piacque a ciascuna delle parti di vo- Riportiamo qui un estratto della terza reda- lerla fortificare [la pace] per parentado; e zione, in cui vengono confermate l’origine ‘l parentado trattato fu che ‘l detto mes- e la paternità di Francesca, oltre che il suo ser Guido dovesse dare per moglie una matrimonio con Gianciotto 15. sua giovane e bella figliuola, chiamata madonna Francesca, a Gian Ciotto […] Item fingit auctor ibi se invenire um- Ed essendo questo ad alcuno degli amici bram dicti Paridis et Tristani, ac domine di messer Guido già manifesto, disse un Francisce, filie domini Guidonis de Po- di loro a messer Guido: - Guardate come lenta, domini olim civitatis Ravenne […] voi fate, per ciò che […] in questo paren- et uxor olim Iohannis Ciotti de Malate- tado egli ve ne potrà seguire scandolo. stis de Arimino, item umbram Pauli, fra- Voi dovete sapere chi è vostra figliuola, tris dicti Iohannis, que domina Francisca e quanto ell’è d’altiero animo; e se ella et dominus Paulus cognati, simul reperti vede Gian Ciotto avanti che ‘l matrimo- in adulterio occisi sunt a dicto suo viro 16. nio sia perfetto né voi né altri potrà mai fare che ella il voglia per marito. E perciò Un commento straordinariamente parti- quando vi paia, a me parrebbe di doverne colareggiato è quello di Giovanni Boccac- tener questo modo: che qui non venisse cio, l’ultimo che qui ci interessi considera- Gian Ciotto ad isposarla, ma venisseci un re. Nell’ottobre 1373 l’autore viene invitato de’ fratelli, il quale come suo procuratore nella chiesa di Santo Stefano di Badia a Fi- la sposasse in nome di Gian Ciotto.- Era

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Gian Ciotto uomo di gran sentimento non quello che l’autore ne scrive; il che e speravasi dover lui dopo la morte del possibile è che così fosse: ma io credo padre rimanere signore; per la qual cosa, quello essere più tosto fizione formata quantunque sozo della persona e scian- sopra quello che era possibile ad essere cato fosse, il desiderava messer Guido avvenuto, ché io non credo che l’autore per genero più tosto che alcuno de’ suoi sapesse che così fosse […] E perseveran- fratelli. E, conoscendo quello, che il suo do Polo e madonna Francesca in questa amico gli ragionava, dover poter avveni- dimestichezza, ed essendo Gianni andato re, ordinò segretamente così si facesse, in alcuna terra vicina per podestà, quasi come l’amico suo l’avea consigliato 18. senza alcuno sospetto insieme comincia- rono ad usare. Della qual cosa avveduto- Nella narrazione di Boccaccio l’amore si un singulare servidore di Gianni, andò di Francesca per Paolo nasce comunque a lui e racontogli ciò che della bisogna prima del matrimonio per mezzo di una da- sapea 20. migella. La scena finale è descritta con dovizia di Era Polo bello e piacevole uomo e co- fantasia e particolari. stumato molto; e andando con altri gen- tili uomini per la corte dell’abitazione di Di che Gianni fieramente turbato, oc- messer Guido, fu da una delle damigelle cultamente tornò a Rimino e da questo di là entro, che il conoscea, dimostrato da cotale, avendo veduto Polo entrare nella uno pertugio d’una finestra a madonna camera di madonna Francesca, fu in quel Francesca, dicendole: - Madonna, quegli punto menato all’uscio della camera, nel- è colui che dee esser vostro marito.- E la quale non potendo entrare, ché serrata così si credea la buona femina; di che era dentro, chiamò di forza la donna e diè madonna Francesca incontinente in lui di petto nell’uscio. Per che da madonna puose l’animo e l’amor suo 19. Francesca e da Polo conosciuto, creden- do Polo, per fuggire subitamente per una Boccaccio narratore interviene in prima cateratta, per la quale di quella camera si persona sostenendo di aver udito solo da scendea in un’altra, o in tutto o in parte Dante e da nessun’altra fonte che Francesca potere ricoprire il fallo suo, si gittò per si è unita a Paolo, instillando il dubbio che quella cateratta, dicendo alla donna che il poeta potrebbe aver inventato una storia gli andasse ad aprire. Ma non avvenne d’amore mai esistita. Poco oltre però ripren- come avvisato avea, per ciò che, gittan- de a ricamare ulteriori dettagli. Ad esempio, dosi giù, s’appiccò una falda d’un coret- Gianni si trova lontano per la carica di po- to, il quale egli avea indosso, ad un ferro, destà, i due amanti quindi si frequentano, e il quale ad un legno di quella cateratta torna in scena la figura di un servitore che era; per che, avendo già la donna aper- funge da spia. to a Gianni, credendosi ella, per lo non esservi trovato Polo, scusare, ed entrato Col quale [Paolo] come ella [France- Gianni dentro, incontinente s’accorse sca] poi si giugnesse, mai non udì dire se Polo esser ritenuto per la falda del coret-

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to; e con uno stocco in mano correndo là sivamente sulla base dei commentatori si per ucciderlo, e la donna, accorgendose- è stabilito che Francesca è figlia di Guido ne, acciò che quello non avvenisse, corse Vecchio o Minore da Polenta, così chiamato oltre presta e misesi in mezzo tra Polo e per distinguerlo dal cugino Guido Maggiore Gianni, il quale avea già alzato il braccio o Guido Riccio. Nulla si sa della data di na- con lo stocco in mano e tutto si gravava scita della donna, ipotizzata intorno al 1260, sopra il colpo: avvenne quello che egli né del nome di sua madre o della casa in cui non arebbe voluto, cioè che prima pas- nasce e trascorre l’infanzia. Ha una sorella sò lo stocco il petto della donna che egli minore, Samaritana, e altri sette fratelli tra agiugnesse a Polo. Per lo quale accidente legittimi e non 24. Francesca sposa Giovanni turbato Gianni, sì come colui che se me- Malatesta, o Gianciotto o Sciancato, figlio desimo amava la donna, ritratto lo stoc- di Malatesta II da Verucchio verosimilmente co, da capo ferì Polo e ucciselo 21. intorno al 1275. Le due famiglie, da Polenta e Malatesta, sono sicuramente in relazione Una volta passata in rassegna la lette- dal 1266, quando, il 25 luglio, si redige in ratura, non si può non volgere lo sguardo casa di Guido Vecchio lo strumento dotale alle cronache tardo duecentesche e tre- di Margherita Paltonieri, seconda moglie di centesche spingendoci fino al Quattrocen- Malatesta da Verucchio 25. Nel 1275 i Ma- to, a caccia di qualche traccia lasciata da latesta portano aiuto ai da Polenta, affinché coloro che si sono occupati di tramandare Guido Minore, a capo dei guelfi, prenda fatti storici. Ma la verità è che se ne esce possesso su Ravenna. In quel tempo la Ro- a mani vuote. Non fanno cenno a questa magna è quasi completamente sotto il con- tragica storia d’amore le cronache raven- trollo del ghibellino Guido da Montefeltro, nati né il Chronicon del faentino Pietro che minaccia di conquistare tanto Ravenna Cantinelli. Nulla di più che un’estrema quanto Rimini. Le due famiglie dunque si sintesi sulla morte di Paolo per mano del alleano per contrastarne la potenza. I Ma- fratello si legge nel Chronicon Ariminen- latesta, interessati ad imporre su Ravenna se e nella Marcha di Marco Battagli. Lo un dominio guelfo, offrono ai da Polenta un stesso si può dire se ci si spinge fino alla contingente di armati. A sostenere l’allean- cronaca malatestiana di Baldo Branchi, za tra le due famiglie è l’arcivescovo raven- della seconda metà del XV secolo 22. nate Bonifacio Fieschi. Non è da escludere Chi sia Francesca nei documenti storici che proprio questi le abbia incoraggiate ad lo abbiamo già visto tramite il testamento instaurare legami parentali 26. Effettivamen- di Malatesta da Verucchio. Ma quanto e te, nello stesso 1275 si celebrano le nozze cosa uno storico può ritenere veritiero del- fra Bernardino da Polenta, fratello di Fran- la sua vicenda di amore e morte? Partendo cesca, e Maddalena Malatesta, sorellastra certamente dai presupposti del testamento, di Giovanni. Sappiamo che nel 1276 Paolo gli storici si sono rifatti al materiale lette- invia all’arcivescovo un procuratore per as- rario di cui sopra abbiamo riportato qual- secondarne l’iniziativa di una tregua con i che estratto. Il più esaustivo e preciso degli ghibellini 27. storici di questo caso, cui tutti gli studiosi Torniamo un istante ai commentatori. fanno riferimento, è Luigi Tonini 23. Esclu- Boccaccio afferma che il matrimonio tra

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Francesca e Giovanni avviene per procura trollo di Cesena tra Uberto, figlio di Paolo, e di Paolo. Sappiamo che nel corso della sua Bernardino da Polenta 30. Allo stesso modo vita Boccaccio si reca almeno quattro volte viene smentita la possibilità che Francesca a Ravenna. Una prima volta nel 1346, poi sia ingannata al fine di farle sposare il brut- nel 1350, ancora nel 1353 e infine nel 1362. to Gianciotto 31. Per di più, Paolo dovrebbe Possiamo supporre che in una di queste oc- essere già sposato al tempo delle nozze tra casioni possa essere giunta alle sue orecchie Francesca e Giovanni. Infatti, nel 1269 Pa- una tradizione orale della storia di Francesca olo sposa Orabile Beatrice, figlia ed erede insieme alla notizia dell’operato di Paolo a del conte Uberto di Giaggiolo. È pressoché Ravenna. Dalla nostra abbiamo che l’autore impossibile che Francesca non sia a cono- non sembra del tutto digiuno da notizie sto- scenza di tale unione 32. riche, poiché colloca Giovanni fuori Rimini Anche la datazione della morte di per un incarico politico. In effetti Giovan- Francesca è piuttosto problematica. Pren- ni è podestà di Forlì nel 1276 e podestà di dendo per vero il presunto amore cantato Pesaro nel 1285 28. D’altra parte dobbiamo da Dante, consideriamo quanto sappiamo prendere atto che Boccaccio ci dice di non su Paolo. Le notizie certe al suo riguardo aver sentito dell’innamoramento e uccisio- terminano nel febbraio del 1283, quando ne di Francesca da altri che Dante. In verità presenta le dimissioni dall’incarico di ca- siamo consapevoli che consulta altri com- pitano del popolo per il comune di Firenze. mentatori, specie l’autore dell’Ottimo Com- A ciò si aggiunge che nel 1286 Giovanni mento, da cui attinge l’informazione della Malatesta è già risposato a Zambrasina, rivalità fra Malatesta e da Polenta. Potreb- figlia di Tebaldello Zambrasi di Faenza 33. be scrivere tale affermazione sapendo che Dunque, Francesca muore prima del 1286. Dante è non solo fonte originaria ma anche E se muore insieme a Paolo, come da tra- unica fonte su Francesca. Oppure, più vero- dizione dantesca, allora la sua morte si similmente, potrebbe inserirsi nel racconto colloca fra il 1283 e il 1286. Le fonti do- fingendo un intento storico, per conferire cumentarie tacciono questa morte. Nevio maggiore verosimiglianza alle sue parole. Matteini spiega tale silenzio come esigen- In nessun caso escludiamo la probabilità za da parte di due famiglie potenti – e in di una tradizione orale degli eventi. Stan- particolare della famiglia Malatesta – di do alle differenze fra la prolissità dei com- tenere nascosti i misfatti. I cronisti coevi, mentatori e la laconicità dei cronisti, essa tendendo all’adulazione piuttosto che per- sembrerebbe comunque essere cominciata seguendo la verità, avrebbero taciuto di proprio a partire da Dante piuttosto che da proposito. Dobbiamo però spiegarci anche una divulgazione di fatti cronachistici. altre due lacune. Per sposarsi una seconda La rivalità fra Malatesta e da Polenta volta, Gianciotto dovrebbe avere chiesto viene senza dubbio smentita da Tonini 29. l’assoluzione papale per il commesso uxo- L’autore dell’Ottimo Commento potreb- ricidio. Ma anche di questo non abbiamo be aver confuso il ramo ghibellino dei da tracce. Inoltre, se da un lato nulla sappia- Polenta con il ramo guelfo della stessa fa- mo della sepoltura di Francesca, lo storico miglia. Oppure, potrebbe aver anticipato, settecentesco Gaetano Battaglini trova il seppur di molti anni, il contrasto per il con- nome di Paolo il Bello tra i sepolti nella

24 Maria Chiara Pepa Francesca da Rimini chiesa di Sant’Agostino a Rimini. Con- un’età minima di sette anni. Se supponiamo siderando Paolo coinvolto nell’adulterio che Tino nel 1288 abbia almeno sette anni, di Francesca – peraltro incestuoso per la ne ricaviamo che sarebbe nato al più tardi legge morale dell’epoca – dovrebbe essere nel 1281. In quell’anno Francesca sarebbe stata firmata da un vescovo o da un legato allora dovuta essere già morta. Eppure, sap- pontificio l’autorizzazione a seppellirlo in piamo che Paolo è certamente ancora vivo luogo sacro. Ma anche in tal caso non ne nel 1283. Da qui si ricaverebbe che i due abbiamo traccia. Comunque è vero anche non sono morti insieme. Quindi si potreb- che tali mancanze non sono da considerar- be ragionevolmente mettere in discussione si prova della non esistenza di una storia l’adulterio 36. d’amore tra Francesca e Paolo. Infatti si- Quanto al luogo della morte di Fran- mili documenti – nel caso fossero realmen- cesca, Rimini risulta l’ipotesi più accre- te esistiti – potrebbero facilmente essere ditata oltre che la più antica, se torniamo andati perduti perché riguardanti un’unica alle parole di Jacopo della Lana. Nono- questione, un’unica precisa situazione e al stante ciò, la scena del delitto è stata a massimo due sole persone, senza coinvol- lungo dibattuta e via via contesa a Rimini gere gli eredi su fatti da non tramandare. da Pesaro, Santarcangelo, Gradara e altre Non ci sarebbe dunque stata ragione di re- località sempre meno probabili 37. Con- digerli in molteplici copie 34. centrandoci qui esclusivamente su Gra- Appurata l’esistenza di una certa Fran- dara, che è ad oggi la località che ospita cesca in qualche modo legata ai Malatesta, effettivamente la memoria di Francesca, e preso per vero il racconto di Dante, si può sappiamo che si inscrive molto tardi in ipotizzare che il poeta sia venuto a cono- questa disfida. Piero Meldini ne attribui- scenza della vicenda nel 1304 alla corte dei sce la responsabilità a Lambertino Casali, conti Guidi di Romena, che lo ospitano in datandola al 1933 in seguito al restauro seguito alla battaglia della Lastra. Qui ri- della rocca e alla sua apertura al pubbli- siede Margherita, figlia di Paolo e Orabile co 38. Tonini non fa cenno a Gradara, per Beatrice, andata in sposa a Uberto, figlio di cui possiamo dedurre che la teoria sia, se Aghinolfo e nipote di Guido II e Alessandro non nuova nel 1933, almeno successiva II, conti appunto di Romena 35. Solo Gio- al 1870, anno della seconda edizione del- vanni Rimondini, storico riminese, si disso- la sua opera 39. Gradara vanta il fatto che cia da una conclusione che vuole realmente nel 1283 appartiene alla famiglia Malate- accaduta la storia d’amore e uccisione di sta 40. Tuttavia, risulta strano che nessuna Francesca. Questi suppone che il delitto fonte medievale citi una località che non sia solo una congettura antimalatestiana di sia Rimini. L’associazione con Rimini Dante. La sua teoria si fonda sulle seguenti è divenuta tanto frequente che tutti noi considerazioni. Una bolla di papa Nicolò IV conosciamo la donna come Francesca da dell’8 agosto 1288 autorizza il vescovo di Rimini, pur conoscendone l’origine ra- Pesaro a concedere la dispensa per gli spon- vennate 41. Rimane comunque pura con- sali di Tino, figlio di Giovanni e Zambrasina gettura ogni tentativo di collocare l’uxo- Zambrasi, con Agnese, figlia di Corrado da ricidio nell’una piuttosto che nell’altra Montefeltro. Il contratto di nozze richiede abitazione malatestiana 42.

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2. Le origini del mito di Francesca agli illetterati. Il medievalismo, proprio di questo momento storico-culturale, viene al- Ma come mai allora Gradara, e con que- lora veicolato attraverso questo stesso mec- sta altre località diverse da Rimini, hanno canismo di profusione, dando vita ad una avuto interesse ad impossessarsi di una percezione comune anche popolare dell’era tragica vicenda medievale? Com’è accadu- medievale. È in questo tempo che il concet- to che un fatto nella sua essenza letterario to dell’esistenza di un’epoca denominata sia divenuto quella storia romanzata e an- medioevo diventa dominio di massa. che letteralmente teatralizzata che riprende In secondo luogo sappiamo che per la vita ogni qual volta entriamo nel castello sensibilità romantica e risorgimentale il me- di Gradara? La chiave di comprensione sta dievalismo genera pathos. La rievocazione proprio nel fatto che si tratta del risultato di medievale che viene veicolata attraverso una tradizione letteraria del cui sfondo sto- i più diversi canali di trasmissione della rico non si ha bisogno di dubitare. Questa cultura di massa viene formulata apposi- mescolanza fra letteratura e storia medie- tamente per avere un impatto affettivo sul vali così come ogni mitografia medieva- pubblico, quindi anche sul popolo, chiama- le trovano la loro origine e la loro ragion to ad esserne non solo partecipe ma prota- d’essere nell’Ottocento. È il medievalismo gonista. Se è vero che il medievalismo vive ottocentesco ad attingere indifferentemente alterne fortune una volta chiuso il periodo alla letteratura e alla storia medievali asser- romantico e risorgimentale, d’altra parte è vendole agli ideali del romanticismo e del vero anche che quel momento ha visto solo risorgimento. Per comprendere la portata l’inizio di un’officina tuttora attiva, seppur dell’azione di questo movimento culturale con modalità e obiettivi sempre aggiornati per la cultura occidentale – e di conseguen- al tempo che attraversa. za il motivo per cui oggi possiamo ancora La vicenda di Francesca senza dubbio parlare di Francesca restando affascinati ed non è scomparsa sotto la polvere che copre emotivamente coinvolti dalla sua vicenda il passato per il fatto di essere nata dalla pen- così come diffusamente è nota – è sufficien- na di Dante. Vero è anche che i commenta- te soffermarci su due concetti 43. tori hanno avuto tanta parte nella tradizione, Innanzitutto, l’Ottocento conosce una non ultimo il dettagliato Boccaccio. Ma nei socializzazione della cultura completamen- secoli successivi al medioevo e precedenti te nuova e unica nella storia, fino a quell’e- l’Ottocento in pochi hanno scritto ancora di poca. Per la prima volta la cultura esce da- lei. In modo particolare non abbiamo fonti gli ambienti elitari come corti e salotti, che che superino il Cinquecento 44. L’amore di fino a quel momento l’avevano ospitata, per Francesca e la morte causata da esso sono farsi accogliere in modo pervasivo non solo però un’ottima materia per il gusto romanti- da giornali e riviste ma anche e soprattutto co e anche patriottico degli intellettuali, che dagli spazi cittadini più comunemente vis- si impegnano a far sorgere negli animi del suti, dalle piazze ai teatri ai caffè. Conosce popolo italiano il senso di un passato comu- quindi una notevole vastità e una rilevante ne della nascente Italia per cui è chiamato varietà di pubblico, oltre che per età anche a combattere. L’efficacia di tanto lavoro sta per livelli di istruzione, giungendo perfino nel fatto che non occorre domandarsi quan-

26 Maria Chiara Pepa Francesca da Rimini to di vero e quanto di rielaborato ci sia negli bile Beatrice. Fin da questo esordio D’An- eventi riportati alla luce. Affinché l’impre- nunzio pare davvero essersi informato tan- sa funzioni, è sufficiente che ogni storia sia to dalla storia delle famiglie protagoniste verosimile, senza indagare su quale senso quanto dai commentatori di Dante. Come si gli accadimenti della storia medievale real- può osservare, sa infatti del matrimonio di mente abbiano avuto alla loro origine 45. Paolo e colloca sulla scena una cameriera e Il potere evocativo che l’età medievale perfino un giullare – come già nelle Chiose ha acquisito in questo modo ha la stessa anonime del 1337, qui non analizzate per forza oggi dentro le mura di Gradara come ragioni di spazio 47. ai suoi albori nel clima ottocentesco sopra I Forlivesi assalgono i Ravennati sotto indicato. Francesca, cui già i versi danteschi Cervia. Francesca, sul punto di lasciare Ra- avevano donato immortalità, si è vestita di venna, ricorda con Samaritana, sua sorella, nuova vita e di nuova immortalità diventan- la vita trascorsa insieme. Le cameriere di do mito. Il castello di Gradara, appropria- Francesca vedono Paolo giungere al fianco tosi della storia di Francesca, è una perfet- di Ostasio. Francesca, commossa, gli offre ta testimonianza di questo fenomeno e dà una rosa rossa. Nel secondo atto la scena è contemporaneamente voce al suo interno dominata dalla torre dei Malatesta, ripropo- all’eco classica e a quella contemporanea sta secondo lo stile neogotico dell’architet- dell’amore di Francesca per Paolo, senza tura. A Rimini è in corso la battaglia contro che il suo pubblico necessiti di distinguere i ghibellini seguaci dei Parcitadi. Continua le due voci narranti o di chiedersi se, cosa e un’evidente commistione di indagini sto- quanto sia davvero avvenuto così come vie- riche e letterarie. Samaritana è ad esempio ne raccontato. una figura del tutto estranea ai commenti A campione dell’operato del medievali- medievali e in generale alle narrazioni della smo sulla storia di Francesca e a testimo- vicenda precedenti a D’Annunzio, ma è co- nianza dell’interminabile influenza che i munque attestata dagli storici come sorella di suoi prodotti artistici e letterari hanno sul Francesca. Lo stesso può dirsi per Ostasio, nostro senso comune del medioevo, analiz- effettivamente fratello della giovane 48. Inol- ziamo qui brevemente la tragedia teatrale di tre, i Parcitadi sono un’importante famiglia D’Annunzio, Francesca da Rimini 46. Vie- riminese. In particolare il ghibellino Monta- ne portata in scena per la prima volta il 9 gna ne costituisce il punto di forza per con- dicembre 1901 al teatro Costanzi di Roma trastare la fazione guelfa dei Malatesta 49. da Eleonora Duse. Il testo è elaborato sul- Torniamo all’opera. Dopo le nozze con la suggestione del recupero delle fonti del lo Sciancato, Francesca non ha più rivisto passato. Si compone di cinque atti e si apre Paolo. Quando questi ricompare, la donna sulla corte dei Polentani a Ravenna. Una lo rimprovera di tradimento. Per farsi per- cameriera di Francesca scherza con un giul- donare, l’uomo si sottopone senza elmo alle lare. Ostasio, fratello di Francesca decide frecce nemiche mentre Francesca, in ginoc- di farle sposare con l’inganno lo Sciancato, chio, prega per lui. Paolo ne esce incolume facendole credere di essere promessa a Pa- e viene perdonato. Gianciotto si rallegra per olo, per stabilire un’alleanza necessaria con la nomina di Paolo a capitano del popolo i Malatesta. Paolo è già sposato con Ora- a Firenze. In questo frangente viene porta-

27 Studi pesaresi 5.2017 to in scena Malatestino, anch’egli figlio di sveglia improvvisamente da un sonno tur- Malatesta da Verucchio, svenuto. Ha perso bato. Scopre che Paolo è lì con lei e gli si l’occhio sinistro combattendo contro Mon- getta fra le braccia. Gianciotto però è alla tagna Parcitade. La battaglia di questi conti- porta e intima a Francesca di aprire. Paolo nua, ma viene sconfitto dai Malatesta. Come con il suo pugnale in mano decide di na- sopra accennato, sappiamo dagli storici che scondersi sotto una botola mentre la donna Paolo è effettivamente capitano del popolo va ad aprire la porta. Gianciotto entra e sco- a Firenze dal 1282 per un anno, tanto che pre che Paolo non è riuscito a nascondersi abbiamo il documento delle sue dimissioni perché i suoi vestiti si sono impigliati in un presentate nel 1283. Quanto a Malatestino, ferro della botola. Francesca viene colpita fratello di Gianciotto e Paolo, D’Annunzio da Gianciotto mentre tenta di evitare che risolve con un’invenzione verosimile la sua Paolo sia ferito. Paolo riceve Francesca effettiva cecità da un occhio. Malatestino, morente fra le braccia e la bacia. Gianciotto detto appunto dall’Occhio, perde in realtà lo uccide. Questa scena finale è un evidente la vista durante l’infanzia 50. calco da Boccaccio. Nella stanza gradarese L’atto terzo si apre nella camera di Fran- di Francesca si conserva una riproduzione cesca. La giovane legge la storia di Lancil- dell’abito di scena di Eleonora Duse nelle lotto del Lago. Entra un mercante fiorenti- vesti di Francesca da Rimini. no, che le porta notizie sull’ufficio di Paolo a Firenze. Nel quarto atto Francesca è insi- diata da Malatestino, che si dichiara pronto 3. Riflessioni conclusive ad avvelenare Gianciotto pur di averla per sé. Malatestino viene respinto, ma decide Della tragica vicenda d’amore di Fran- di vendicarsi. Essendo a conoscenza dell’a- cesca da Rimini si potrebbe parlare a lungo more di Francesca per Paolo, lo denuncia a guardando alla storia della letteratura come Gianciotto. Questi sta per partire per Pesa- dell’arte e del teatro. La produzione che la ro, dove rivestirà il ruolo di podestà, ma su vede protagonista è infatti molto ampia e consiglio di Malatestino finge la partenza, dilatata nei secoli se, come abbiamo visto, dopo aver affidato Francesca alla custodia scavalca il medioevo per giungere all’Otto- di Paolo. Dai documenti che gli storici han- cento e via via fino ad oggi. Qui abbiamo no potuto analizzare per ricostruire la vita selezionato una piccola porzione di un’in- di Francesca si deduce che Malatestino non dagine che potrebbe riempire ed ha già ri- ne ha avuto parte attiva 51. Forse D’Annun- empito molte pagine, prime fra tutti quelle zio risolve con questo componente della scritte da Ferruccio Farina e da tutti i ricer- famiglia Malatesta quel servo cui i com- catori qui menzionati. Dovendo restringere mentatori hanno attribuito il ruolo di spia il campo, abbiamo scelto di concentrarci per Gianciotto. Inoltre, gli storici pongono sul luogo che nell’immaginario collettivo Gianciotto a Pesaro per la carica podestarile avrebbe visto lo svolgersi dei fatti in que- nel 1285. Storia e letteratura continuano a stione, preferendo smascherare per qualche fondersi indistintamente nell’opera dannun- istante le ragioni di quell’emozione che tutti ziana. coglie nel castello di Gradara. In apertura dell’ultimo atto Francesca si Avviandoci alla conclusione è dovero-

28 Maria Chiara Pepa Francesca da Rimini sa un’ultima osservazione. Qui si è parlato storiografia medievale ha smesso di essere principalmente di Francesca, ma la storia esclusivamente maschile per preoccuparsi d’amore di pubblico dominio è, a onor del di intuire e testimoniare anche il ruolo della vero, quella di Paolo e Francesca. Una ri- presenza femminile nella storia medievale. cerca che volontariamente porti in primo Rimandiamo questo interessante e fonda- piano la protagonista femminile è possibi- mentale passaggio agli studi di storiografia le solo da tempi piuttosto recenti, almeno di genere, ritenendo che sia sufficiente qui per quanto riguarda le donne medievali. rilevarne semplicemente il merito 52. Infatti, solo verso la fine del Novecento la

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1 Adele Bellù, Anna Falcioni (a cura), Il te- care dopo il 1326: Matteini, Francesca da Rimini stamento di Malatesta da Verucchio, Ghigi, Rimini cit., p. 64. Il Dartmouth Dante Project (d’ora in poi 1993, pp. 99-100. Lo stesso estratto del testamento si DDP) riporta alcuni frammenti di Jacopo Alighieri trova già così tradotto in Luigi Tonini, Storia, IV/2, p. con riferimento allo stesso anno della prima edizio- 29. Molti studiosi delle origini e della fortuna di Fran- ne dell’opera paterna: http://dante.dartmouth.edu/ cesca da Rimini confermano l’unicità di questa fonte biblio.php?comm_id=13225. Tanto il DDP quanto documentaria circa l’esistenza di questa donna, ripor- Silvia Pari traggono le citazioni da Jarro (a cura), tando il frammento originale «olim domina Franci- Chiose alla Cantica dell’Inferno di Dante Alighieri sca», privo però di riferimenti bibliografici. Ne sono scritte da Jacopo Alighieri, Bemporad, Firenze 1915. esempi Nevio Matteini, Francesca da Rimini. Storia/ Jarro (Giulio Piccini) scrive però che le Chiose a Mito/Arte, Cappelli, Rocca San Casciano 1965, p.8 noi pervenute non recano alcuna data (p. 28). Piero e Enrico Galavotti, Dante laico e cattolico, ebook: Meldini sostiene che Jacopo Alighieri riprenda qua- http://books.google.it/books?id=70QuRh9TdUwC si alla lettera Graziolo dei Bambagliuoli, cancelliere &pg=PA101&dq=olim+domina+francischa+malate bolognese che scriverebbe nel 1324:. Piero Meldini, sta&hl=it&sa=X&ei=0n9jVN21DOrG7Aa0u4CwC Come quando dove. Le fonti documentarie, narrative w&ved=0CCIQ6AEwAA#v=onepage&q=olim%20 e letterarie della vicenda, in Claudio Poppi (a cura), domina%20francischa%20malatesta&f=false, p.101. Sventurati amanti: il mito di Paolo e Francesca Tutti i siti qui riportati sono stati da me riconsultati nell’Ottocento, Mazzotta, Milano1994, pp.45-51: 48. nel gennaio 2017. Non ho elementi sufficienti per allinearmi all’una o 2 Va rilevato innanzitutto che il principale studio- all’altra ipotesi di datazione del commento di Jaco- so di Francesca da Rimini e della sua fortuna classi- po Alighieri. Ritengo comunque opportuno rilevare ca e moderna è Ferruccio Farina: Ferruccio Farina, che il commento in latino del succitato Graziolo dei Francesca da Rimini, sulle tracce di un mito, in “Ro- Bambagliuoli riporta la stessa parafrasi dei versi dan- magna arte e storia”, anno XXVI, n.78, settembre- teschi, seppur leggermente meno preciso sul padre di dicembre 2006; Id., Francesca d’Italia, in “Romagna Francesca, Guidone da Polenta. V. DDP. arte e storia”, anno XXXI, n. 92-93, maggio-agosto/ 5 V. Jarro, Chiose cit., p. 62. settembre-dicembre 2011. Per la periodizzazione dei 6 Pari, Francesca da Rimini cit., p. 52 e DDP testi composti dai commentatori di Dante cfr. Silvia online http://dante.dartmouth.edu/search_view.php. Pari, Francesca da Rimini nei commentatori dan- 7 V. http://www.bibliotecaitaliana.it/xtf/ teschi del Trecento, in Anna Falcioni (a cura), Le view?docId=bibit000768/bibit000768.xml&chunk. donne di casa Malatesti, Centro studi malatestiani, id=d4912e2467&toc.id=d4912e2467&brand=bibit. Rimini 2004, pp. 49-67. Un’edizione di riferimento potrebbe essere Luciano 3 Per un’analisi completa di tutti gli autori che Scarabelli (a cura), Commedia di Dante degli Al- hanno commentato i versi danteschi del V canto lagherii col commento di Jacopo di Giovanni della dell’Inferno si rimanda a Pari, Francesca da Rimini Lana bolognese, Civelli, Milano 1864-1865, 3 voll., cit. e a http://dante.dartmouth.edu/. ristampa Stilte, Napoli 1975. 4 La prima edizione della Commedia risale al 8 Come note 6 e 7. 1322. Si veda a tal proposito Olindo Guerrini et al., 9 Ibidem. La prima copia della Divina Commedia, in Studi e 10 DDP in http://dante.dartmouth.edu/search_ polemiche dantesche, Zanichelli, Bologna 1880, view.php?doc=132751050730&cmd=gotoresult&a pp.121-126: 123. La definizione della datazione del rg1=3 commento di Jacopo Alighieri è contorta. Le fonti da 11 Cfr. Pari, Francesca da Rimini cit., p. 53. La me consultate non sono concordi al riguardo. Silvia Pari riporta il suo riferimento bibliografico: Gian- Pari lo colloca vagamente a meno di quattro anni franco Folena, La tradizione delle opere di Dante dopo la morte di Dante: Pari, Francesca da Rimini Alighieri, in “Atti del congresso internazionale di cit., p. 51; Nevio Matteini sostiene che sia da collo- studi danteschi”, I, Firenze 1965, pp. 42-45. V. anche

30 Maria Chiara Pepa Francesca da Rimini

Francesco Mazzoni, Andrea Lancia in Enciclopedia 25 Matteini, Francesca da Rimini cit., p. 20. Dantesca online, http://www.treccani.it/enciclopedia/ 26 Tonini, Memorie storiche cit., p. 21. Cfr. anche andrea-lancia_(Enciclopedia-Dantesca)/. Pari, Francesca da Rimini cit., pp. 62-63. 12 Cfr. Pari, Francesca da Rimini cit., p. 53. 27 Ibidem e Meldini, Come quando dove cit., 13 La testimonianza che Lancia e Dante si siano p.49. conosciuti si trova direttamente nel testo del primo, 28 V. la voce Malatesta, Giovanni, in Dizionario come si può leggere nel DDP, http://dante.dartmouth. Biografico degli Italiani cit., online alla pagina http:// edu/search_view.php?doc=133351100850&cmd=got www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-malatesta_ oresult&arg1=1. (Dizionario-Biografico)/. 14 DDP, http://dante.dartmouth.edu/search_ 29 Tonini, Memorie storiche cit., p. 22. view.php?doc=133351050700&cmd=gotoresult&a 30 Cfr. Pari, Francesca da Rimini cit., p.63. La rg1=17. studiosa ritiene sia necessario un approfondimento 15 Cfr. Mazzoni, Pietro Alighieri cit. storico al riguardo, poiché non si può escludere i Ma- 16 DDP, http://dante.dartmouth.edu/search_view. latesta e i da Polenta si siano contesi Giaggiolo nel php?doc=134951050970&cmd=gotoresult&arg1=5. 1269. Nello stesso DDP si possono confrontare anche le 31 Tonini, Memorie storiche cit., p. 22. altre redazioni. “L’autore finge qui di incontrare l’a- 32 Cfr. Pari, Francesca da Rimini cit., p. 63. nima dei detti Paride e Tristano, e Francesca, figlia 33 V. Matteini, Francesca da Rimini cit., pp.33-40. del signor Guidone da Polenta, signore un tempo del- 34 Ibid., p. 59; Pari, Francesca da Rimini cit., p. la città di Ravenna, e moglie un tempo di Giovanni 5; Monumenti riminesi estratti da Patrii archivi. Rac- Ciotto dei Malatesta di Rimini, e l’anima di Paolo, colta di copie di documenti a cura di Battaglini, Bi- fratello del detto Giovanni. Francesca e Paolo, cogna- blioteca Universitaria di Bologna, inventario n. 4290. ti, sorpresi in adulterio, furono uccisi dal detto mari- 35 V. Matteini, Francesca da Rimini cit., pp. 36- to”. Traduzione mia. 37 e Meldini, Come quando dove cit., p. 47. 17 Cfr. Pari, Francesca da Rimini cit., p. 56. 36 Ibid., pp.50-51. Purtroppo non dispongo di un 18 DDP, http://dante.dartmouth.edu/search_view. riferimento bibliografico diretto di Rimondini. php?cmd=nextresult. Per gli studi critici sull’autenti- 37 Tonini, Memorie storiche cit., p. 3. cità del commento a noi pervenuto e sulla corrispon- 38 Meldini, Come quando dove cit., p. 50. denza fra questo e le letture tenute da Boccaccio in 39 Luigi Tonini, Memorie storiche intorno a Santo Stefano in Badia rimando a Nevio Matteini, Francesca da Rimini, Malvolti, Rimini 18702. Francesca da Rimini cit., pp. 82-83. 40 La ricerca è dello storico settecentesco Anni- 19 Ibidem. bale degli Abati Olivieri, in Matteini, Francesca da 20 Ibidem. Rimini cit., p. 94. 21 Ibidem. 41 L’osservazione è di Charles Yriarte, France- 22 Cfr. Pari, Francesca da Rimini cit., pp. 52-66 sca da Rimini in Legend and History, trad. inglese e Meldini, Come quando dove cit., pp. 48-49. di Arnold Harris Mathew, Nutt-Acre, London 1908, 23 Luigi Tonini, Memorie storiche intorno a Fran- pp. 82-83. cesca da Rimini, Tipi Fratelli Ercolani, Rimini 1852. 42 Matteini, Francesca da Rimini cit., p.95. 24 Cfr. le voci Polenta, Guido Minore da, e Ma- 43 Per una conoscenza approfondita del medie- latesta, Giovanni in Dizionario Biografico degli Ita- valismo e i meccanismi di recupero e rievocazione liani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, I ed., Roma medievali da esso operati rimando ai seguenti studi: 1960: online alle pagine http://www.treccani.it/en- Tommaso di Carpegna Falconieri, Medioevo mi- ciclopedia/guido-minore-da-polenta/ e http://www. litante. La politica di oggi alle prese con barbari e treccani.it/enciclopedia/giovanni-malatesta_(Dizio- crociati, Einaudi, Torino 2011; Renato Bordone, Lo nario-Biografico)/. V anche Meldini, Come quando specchio di Shalott. L’invenzione del Medioevo nella dove cit., p. 47. cultura dell’Ottocento, Liguori, Napoli 1993; Giusep-

31 Studi pesaresi 5.2017 pe Sergi, Antidoti all’abuso della storia. Medioevo, te da Francesco Selmi con riscontri di altri antichi medievisti, smentite, Liguori, Napoli 2010. Utile alla commenti editi ed inediti e note filologiche, Torino comprensione della strumentalizzazione risorgimen- 1865. tale del medioevo sono anche Alberto Mario Banti, 48 Matteini, Francesca da Rimini cit., pp. 49-50. Roberto Bizzocchi, Immagini della nazione nell’Ita- 49 Augusto Vasina, Parcitadi, Montagna dei, in lia del Risorgimento, Carocci, Roma 2002 e Duccio Enciclopedia Dantesca online, http://www.treccani. Balestracci, Medioevo e Risorgimento. L’invenzione it/enciclopedia/montagna-dei-parcitadi_%28Enciclo­ dell’identità italiana nell’Ottocento, Il Mulino, Bo- pedia-Dantesca%29/. logna 2015. 50 Matteini, Francesca da Rimini cit., p. 22. 44 Matteini, Francesca da Rimini cit., pp. 96- 51 Ibid., pp. 64-67. 113 e Giuliana Nuvoli, Vorrei raccontarti una sto- 52 Gli studi di storiografia femminile medieva- ria… Paolo e Francesca fra testo e rappresentazione li sono molti. Ne citiamo qui solo alcuni, rilevanti. artistica dal Trecento all’età romantica in “Italiani- Tiziana Lazzari, Le donne nell’alto medioevo, Mon- stica. Rivista di letteratura italiana”, anno XXXVIII, dadori, Milano 2010; Anna Rossi Doria (a cura), A n.2, maggio-agosto 2009, pp. 363-375. che punto è la storia delle donne in Italia, Viella, 45 V. Sergi, Antidoti all’abuso cit., p. 360 e Di Roma 2003; Maria Consiglia De Matteis (a cura), Carpegna Falconieri, Medioevo militante cit., pp. Idee sulla donna nel Medioevo: fonti e aspetti giuri- 86-87. Cfr. anche Banti, Bizzocchi, Immagini della dici, antropologici, religiosi, sociali e letterari della nazione cit., p. 110. condizione femminile, Patron, Bologna 1981; Giulia 46 Gabriele D’Annunzio, Francesca da Rimini, Barone et al., Storia delle donne in Italia, Laterza, Treves, Milano 1902. Roma-Bari 1994 e sgg., vol.II. Imprescindibile la bi- 47 V. Francesco Selmi (a cura), Chiose anonime bliografia di Georges Duby, così come molti altri testi alla prima cantica della Divina Commedia di un con- di autori non italiani che qui omettiamo, necessitando temporaneo del poeta pubblicate per la prima volta a solo di un campione esemplificativo. celebrare il sesto anno secolare della nascita di Dan-

32 Studi

Le maioliche istoriate da parata dalla rocca malatestiana di Montefiore Conca di Rimini nelle produzioni ceramiche pesaresi

di

Simone Biondi

Le maioliche descritte di seguito sono diosi come Sauro Gelichi, Chiara Guarnieri, solo una piccola parte del patrimonio arche- Mauro Librenti, Carola Fiocco e Gabriella ologico che si conserva oggi all’interno del- Gherardi, questo per ricordare solo alcuni le sale della rocca malatestiana di Montefio- fra i più attenti curatori della materia, di re Conca. Le ceramiche restituite e integrate sradicare in questi anni un approccio cam- nel loro aspetto, grazie ai corsi di primo panilista, comune ancora fino a una trentina restauro coordinati dall’ex Soprintendenza di anni fa nelle pubblicazioni, indirizzando archeologica di Bologna in collaborazione gli studi sulle produzioni materiali verso con l’Istituto statale d’Arte di Faenza, pro- una conoscenza non più di tipo collezioni- vengono dalla sezione espositiva dedicata sta, ma supportata da una ricerca scientifica ai reperti archeologici ritrovati in corso di diretta alla ricostruzione di una realtà com- scavo nelle discariche e nei locali d’uso, plessa come quella delle botteghe dei cera- oggi musealizzati al piano di corte 1. misti e dei vasai fra ’400 e ’500. L’attenzione per la ceramica di Mon- Se per alcuni manufatti, come le grezze tefiore non è nuova. Pubblicazioni recenti da cucina o le maioliche da mensa ritrovate, attestano la presenza di orciai nel paese già è in corso faticosamente, per la quantità dei a partire dal 1324. Un dato, al momento pri- reperti, lo studio e la pubblicazione di que- vo di riscontri archeologici diretti, riporta a sti ultimi (sono oltre 4.500 ca. i soli fram- una nota d’archivio della seconda metà del menti ceramici recuperati), per altri oggetti Quattrocento nella quale si fa riferimento come per i piatti istoriati da esposizione 4 si anche a una famiglia de Orzarolis operanti presentano per la prima volta i risultati delle nel centro di Montefiore, dal 1455 fino al ricerche degli ultimi mesi. L’approccio se- 1499, bottega a cui faceva capo un certo guito nella stesura di questo intervento ha Marino e i figli Mengo, Antonio, Simone e portato a concentrare l’attenzione su parti- Marcolino. Tutti vasai a eccezione di Mar- colari aspetti tipologici, condizione prelimi- colino chiamato con la qualifica di “mae- nare per ogni successivo approfondimento stro” 2. delle indagini, privilegiando i dati tecnico- Lo studio delle maioliche istoriate 3, così stilistici e lo studio cronologico attraverso come delle differenti produzioni ceramiche il confronto e il riesame dei dati in rappor- medievali e post-medievali, quali “fossili to con altri ritrovamenti editi. La giacitura guida” nell’interpretazione dello scavo, ha primaria dei depositi in rocca, confermata permesso sull’esempio delle ricerche di stu- dall’apertura delle caditoie delle discariche

35 Studi pesaresi 5.2017 solo durante gli scavi (l’ultimo butto era re da Deruta e Gubbio, attive sin dalla fine ancora in uso alla metà del Cinquecento, del Duecento, e Gualdo Tadino verso Siena quando la struttura fu chiusa e lasciata se- e la Romagna, da Faenza verso Firenze e le mivuota), oltre all’impossibilità di accede- provincie toscane settentrionali come Siena, re all’interno delle stesse senza demolire Arezzo e altrettanto dalle Marche salendo per prima parte delle coperture in laterizio, ha Ravenna e Faenza fino a Bologna e Ferrara e permesso di documentare una successone viceversa 6. Intorno alla prima metà del Cin- nella formazione dei butti tale da consentire quecento l’orizzonte delle officine ceramiche di annotare sia le abitudini alimentari degli marchigiane risulta, alla stregua di molti alti abitanti del castello, grazie allo studio dei centri italiani, profondamente influenzato da reperti faunistici e pollinici 5, fornendo in- questa commistione artistica e dalla nuova dicazioni preziose sulla natura dei contesti, cultura umanista che stava prendendo piede sia il recupero di una quantità impressio- nelle diverse corti italiane del tempo. I ma- nante di oggetti. estri ceramisti più sensibili a questa nuova Quando si parla di maiolica istoriata si corrente sperimenteranno con grande suc- discute, almeno per quel che riguarda l’Ita- cesso un moderno filone artistico sempre più lia centrale e l’area umbro-tosco-romagno- apprezzato e richiesto dalla committenza, la, di studi specifici di settore che, seppu- legato principalmente alle illustrazioni dei re arricchiti negli ultimi anni da numerosi testi come la Hypnerotomachia Poliphili o contributi che si sono via via moltiplicati, si Sogno di Polifilo, le Metamorfosi di Ovidio, presentano ancora oggi problematici e con le Deche di Tito Livio o le figure descritte diversi interrogativi che meritano un esa- nella Bibbia. Nella prima metà del Cinque- me. Gli studi più recenti dimostrano come cento fiorisce nei maggiori centri italiani, le maioliche istoriate si collochino in un così come nelle officine pesaresi quello che contesto produttivo caratterizzato da speri- prenderà il nome di “primo istoriato” o “stile mentazioni tecniche e recuperi storici con bello” grazie all’opera di maestri, non sempre continui rimandi alla pittura dell’epoca, agli riconosciuti, ma che prendono soprannome ornati architettonici e alle produzioni tessili da gruppi di ceramiche stilisticamente diver- dei grandi arazzi, all’interno di una realtà se tra loro, come il Pittore di Venere, il Pittore costruita su continui rapporti commerciali di Argo, il Pittore di Zenobia. Stile figurativo e scambi culturali fra i vari centri. Aspet- che trova un iniziale contatto con il mercato to, quest’ultimo, indice di un’origine geo- grazie alle prime produzioni a motivi prerina- graficamente differenziata nelle produzioni scimentali fra Quattro e Cinquecento. ma caratterizzata da una serie di aspetti ti- pologici e formali affini, a conferma della I piatti da parata da Montefiore rientrano circolazione tanto dei ceramisti quanto dei in questa seriazione stilistica sono stilistica loro prodotti da una bottega all’altra. La do- e sono databili al decennio di passaggio fra cumentazione d’archivio relativa a questo lo stile severo e il preclassicissimo dei pri- periodo è abbastanza eloquente, già dalla mi anni del secolo successivo. Il linguaggio prima metà del Quattrocento sono attesta- figurato, sia nella graphìa che nello stile, ti spostamenti frequenti di manodopera oltre alle qualità nella resa formale, permet- specializzata dall’Umbria, e in particola- terebbe di attribuire queste produzioni alla

36 Simone Biondi Le maioliche istoriate da parata dalla rocca malatestiana di Montefiore Conca mano di un unico maestro, del quale resta delle grandi scodelle in legno diffusi in tutto impossibile per ora un riconoscimento con il Quattrocento sulle tavole. La forma lega- una bottega specifica, soprattutto nell’in- ta a una praticità d’uso difficilmente sosti- certezza che caratterizza le produzioni dei tuibile è stata sicuramente una delle cause primi istoriati quattrocenteschi. Maioliche principali nel ritardo nella produzione di contraddistinte dal recupero di un reperto- queste nuove forme ceramiche, più fragili rio decorativo ancora chiaramente gotico, e costose, alle quali si lega un preferenziale unitamente a una resa classicistica e intima- utilizzo per fini decorativi e di “rappresen- mente naturalista che sarà una delle carat- tanza”, confermato dalla costante presenza teristiche dello stile bello della prima metà di coppie di fori passanti praticati nel pie- del Cinquecento. de prima della cottura a biscotto e usati per Per quanto riguarda gli aspetti tecnici l’affissione a parete. Entrambi gli istoriati, dei reperti da Montefiore è molto difficile, come alcuni altri frammenti riferibili allo senza un’analisi chimico-mineralogica de- stesso nucleo ma conservati in deposito e gli impasti e per sezioni sottili delle caratte- non restaurabili, presentano un profilo con ristiche dei componenti, stabilire, per certo, un’ampia tesa, quasi orizzontale, rinforzata se si tratti di argille locali o di importazio- sul labbro da un cordolo rimarcato e rial- ne, consuetudine quest’ultima ampiamente zato, cavo molto ampio con carena appena documentata per il periodo. Altri pezzi pro- accennata sul verso nel punto di incontro tra dotti in altrettanti centri marchigiani e della vasca e tesa, e grande piede ad anello. Romagna, come Rimini, Cesena, Ravenna Per quanto riguarda le decorazioni sono e Faenza presentano di fatto caratteristiche state prese in esame distintamente, in re- del tutto simili, con biscotti chiarissimi con- lazione all’iconografia e all’iconologia traddistinti da una leggera componente rosa- dell’opera figurata, per ognuna delle quali ta, ferrosa, che si è riscontrata in prevalenza si è cercato di interpretare il significato ico- anche in diversi reperti associati al gruppo nologico sia singolarmente che attraverso la della famiglia gotico-floreale e datati fra la lettura d’insieme degli elementi rappresen- prima metà e la seconda metà inoltrata del tati. Quattrocento. Un discorso simile riguarda lo smalto stannifero. Il rivestimento, con Il primo piatto istoriato (fig. 1) restituisce colature esterne sotto bordo e lungo i mar- nella scena centrale una versione che richia- gini si presenta a copertura della superficie ma la figura di Andromeda, in una resa del decorata, nel cavo interno e sulla tesa, mol- soggetto non canonica ma comunque cono- to pesante e carico, “untuoso” al tatto, per sciuta e diffusa, tanto nelle produzioni li- la presenza di un sottile stato di cristallina. brarie e ceramiche quanto nei grandi dipinti Solo in un caso sono evidenti tracce di ca- a olio del tempo. L’osservatore è totalmente villatura della vetrina con una conseguente attratto dalla figura della giovane legata al alterazione cromatica dei colori. fusto di un grande albero dipinto al centro Un discorso a parte riguarda la tipologia del cavo, a cui fa da sfondo una quinta sceni- vascolare. Per quanto riguarda la forma e le ca arretrata e divisa, con il bosco a chiusura dimensioni dei piatti, entrambi i pezzi espo- delle fughe prospettiche laterali e delimitata sti rimandano alle produzioni dei taglieri e in lontananza dal paesaggio montano. La

37 Studi pesaresi 5.2017

testa della Gorgone, che ritroviamo invece nelle produzioni dell’istoriato più maturo. Stilisticamente si possono comunque osser- vare una serie di elementi che richiamano le prime fatture del classicismo urbinate e pesarese, contraddistinte dal segno sciolto nel contorno delle figure, che prendono a modello le pitture del primo rinascimento di Raffaello e Botticelli, e il disegno non sem- pre corretto ma spesso nervoso che porta a trascurarne alcuni dettagli a vantaggio di un’esecuzione grafica più veloce. Anche la tavolozza cromatica conserva alcuni accor- gimenti che rimandano da vicino alla scuola marchigiana e centro-italica. I colori sono luminosi nel disegnare la figura della giova- ne, altrettanto per il paesaggio, in un quadro che salvo alcuni particolari come il lunghi capelli aranciati di Andromeda o gli alberi dalle chiome ritoccate in giallo-ferraccia, appare quasi una monocromia in blu. Car- toni di soggetto comune con elementi di confronto e/o di ispirazione si ritrovano ne Il Perseo libera Andromeda (1513-1515) di 8 Figura 1 – Piatto da parata in maiolica istoriata Piero di Cosimo esposto agli Uffizi e nel- policroma. Andromeda. Fine XV-inizi XVI sec. la xilografia dell’Ovidio Methamorphoseos Montefiore Conca, Rimini. vulgare, stampato da Giovanni Bonsignori a Venezia nel 1501 in seconda edizione (una prima edizione censurata è datata al 1497) figura riprende le forme morbide del gusto su commissione di Luca Giunta. Nel piatto del tempo per la donna, insieme al richiamo di Montefiore manca a differenza del rac- a una classicità che è rappresentata dai seni conto di Ovidio anche il paesaggio marino, piccoli e dal panno sul pube. La storia di sfondo canonico dell’episodio. Elemento Andromeda 7, è raccontata nel libro IV delle quest’ultimo che non troviamo comunque Metamorfosi di Ovidio. Simbolo lunare, la anche in altre produzioni rinascimentali giovane era figlia del re d’Etiopia Cefeo e dall’iconografia sicura, come nel bellissimo di Cassiopea, responsabile della sorte della piatto di attribuzione faentina (1500-1510) figlia, colpevole di averla paragonata in bel- delle collezioni del Victoria e Albert Mu- 9 lezza superiore a Era e alle Nereidi figlie di seum di Londra o ancora nel codice mi- Poseidone. Rispetto all’iconografia più co- niato Ms. français 137, f. 61r esposto nella mune, qui, mancano i personaggi canonici Bibliothèque Nationale di Parigi. Tornando come l’eroe Perseo, il mostro marino e la all’istoriato da Montefiore, il quadro nella

38 Simone Biondi Le maioliche istoriate da parata dalla rocca malatestiana di Montefiore Conca vasca è chiuso da una serie di filettature concentriche in bicromia in blu di cobalto e ferraccia, che separano la scena dall’am- pia tesa decorata con un registro continuo di “alberelli” entro specchiature romboida- li su fondo bianco. Questo tipo di decoro a modulo sequenziale con foglia crenata non trova confronti puntuali nelle produzioni lo- cali del periodo né con quelle di scuola mar- chigiana, mentre lo si trova come elemento accessorio nelle ceramiche fiorentine della seconda metà del Quattrocento 10, come nelle cornici dorate dei polittici medievali d’altare e nelle miniature di scuola ferrarese e padovana. Interessante e certamente non casuale è la scelta della foglia del pioppo, dalla duplice simbologia, rappresentata da un lato come immagine propiziatoria dell’unione matrimoniale e dall’altro quale simbolo di salvezza 11. Di difficile lettura iconologica è il se- condo piatto esposto (fig. 2). Mentre la tipologia del modulo sulla tesa permette Figura 2 – Piatto da parata in maiolica istoriata una facile attribuzione cronologica al pe- policroma. Fauno a pesca. Fine XV-inizi XVI riodo finale dello stile severo, resta difficile sec. Montefiore Conca, Rimini. un’interpretazione che non si limiti alla sola descrizione della scena nelle sue singole caratteristiche. In questo secondo reperto il Montefiore in un susseguirsi di prospettive soggetto principale è un satiro, seduto, con che sembrano legare la costa agli speroni le zampe anteriori distese in posizione ram- rocciosi di Gemmano, San Marino e dei pante mentre pesca sulla rive di una cala di colli riminesi man mano che ci si allontana. mare isolata. La costruzione dell’immagine La cerniera è completata da un cielo carico non è più costruita per successive quinte in azzurro di cobalto steso per successive verticali, ma l’equilibrio nel disegno è as- pennellate orizzontali, parallele, quasi geo- sicurato dalla contrapposizione del fauno metriche, interrotto solo da qualche nuvola sulla destra, a cui fa da corrispettivo sulla e da una coppia di alcioni in volo. La figura diagonale in alto a sinistra un piccolo borgo del satiro è curata nei volumi da pennellate incastellato costruito su un sprone 12 in de- cariche di colore che ne disegnano la mu- clivio verso il mare. Quest’ultimo elemento scolatura delle spalle con uno sfumato del domina la scena e spinge l’osservatore a ri- busto in contrasto con il bianco dello smalto salire l’insenatura fino ai monti dipinti sullo di copertura, che si ritroverà solo più tardi sfondo. Il paesaggio richiama idealmente nelle produzioni nel primo istoriato dello

39 Studi pesaresi 5.2017 stile bello. La scena è chiusa infine da una presentazione teatrale della Fabula di cephalo coppia concentrica di bordi in ferraccia e di Niccolò da Correggio del 1486, composta ocra separati da filetti in blu. Elemento im- per Ercole d’Este e rappresentata alla corte di portante che rimanda queste produzioni al Ferrara nel 1487 14. Nella maiolica ritrovata a primo rinascimento è l’uso sul margine del Montefiore, il pittore non sembra voler illustra- registro decorativo sequenziale, realizzato re un mito antico specifico o una sua variante in questo caso a penna di pavone caratte- contemporanea conosciuta, ma libera le idee rizzata nel tipo, dalla successione canonica per reinterpretare una storia alla luce della sua dell’ocra, del verde e del giallo ferraccia e fantasia, trasformandola in una personalissima dal blu di cobalto, chiusa al centro da un invenzione figurativa. pesante bacello in zaffera violacea dal qua- Nella dottrina dei temperamenti, che è le si dipartono i singoli elementi radiali, in alla base delle rappresentazioni delle pas- alternanza nella successione del motivo da sioni e dei caratteri nell’arte rinascimentale, una bacca innestata su un lungo gambo di sembra rientrare invece la coppia di alcio- derivazione italo-moresca 13. ni in volo, che ritroviamo anche nel piatto Come già scritto, resta difficile la lettura con Andromeda, simbolo questi ultimi nel iconologia della figura nel suo insieme. Il satiro racconto di Igino (Fabulae 65) e in Ovidio è nell’accezione classica un simbolo di lussuria (Metamorfosi, XI, 410-750), di dedizione e di sfrenatezza sessuale, immagine della na- e amore inseparabile 15. Soggetti che si ri- tura nei suoi molteplici aspetti, ritratto qui con chiamano ancora una volta nelle forme e i suoi tratti tipici come le orecchie a punta, gli nella resa formale alla pittura su tavola di zoccoli caprini e la faccia camusa. Dall’altro scuola toscana e alle produzioni ceramiche lato manca però ogni attribuzione specifica se pesaresi e marchigiane. non al soggetto stesso a un tema o un racconto In conclusione, se resta di fatto dubbia noto. Va ricordato come nel tempo queste di- per ora l’attribuzione a una bottega, più si- vinità persero sempre più il proprio carattere cure sono da un lato il rapporto del pittore ferino, animalesco, per essere rappresentate an- con i modelli figurativi raffaelliti e toscani che nel caso del vecchio Sileno quale simbolo (in particolare con la pittura di della scuola di continua ricerca verso la saggezza (Catullo, fiorentina di Piero di Cosimo) con cui Pesa- Carmi LXIV; Ovidio, Fasti, III; Virgilio, Eclo- ro ebbe sicuri e importanti rapporti e scambi ghe, VI) o diventare addirittura immagine di culturali già dalla metà del Quattrocento, e fedeltà in amore ne La Morte di Procri, (1495), la proposta suggerita di considerare la pro- un dipinto a olio su tavola di Piero di Cosimo duzione di queste maioliche da parte della conservato nella National Gallery di Londra. committenza come parte di un più ampio La storia di Cefalo e Procri è raccontata ancora gruppo di ceramiche da esposizione, a rap- da Ovidio nelle Metamorfosi (VII, 752-765), presentanza di temi e di valori a carattere ma il poeta non descrive tuttavia Cefalo come laico e eroico proprio di una consuetudine un satiro. Questa iconografia del soggetto si che troverà larga fortuna nei decenni suc- trova ciò nonostante già in una precedente rap- cessivi.

40 Simone Biondi Le maioliche istoriate da parata dalla rocca malatestiana di Montefiore Conca

1 Oggi grazie a un nuovo allestimento perma- piede 12,4 cm; fig. 2, n. inv. 250757, altezza 5,4 cm, nente è stato costruito un percorso cronologico sulle ø 31,5 cm, piede 12,4 cm. produzioni attestate nei butti, dalla prima metà del 5 Valentina Catagnano, Marco Marchesini, A 1300 agli inizi del 1500, attraverso singole vetrine tavola e in Giardino in “Medioevo”, anno 16 n. 11 espositive allestite per criteri cronologici e tipologici, (190), novembre 2012. correlate da apparti didattici e informativi. 6 Berardi, L’antica maiolica cit., pp. 11-52; Gar- 2 Gino Valeriani, Giancarlo Frisoni, Con la ter- delli, Cinque secoli cit., pp. 129-132; Paola Nova- ra della Valconca, Rimini 2000; Maria Grazia Ma- ra, Fulvia Fabbri, La rocca di Montefiore attraverso ioli, Gli scavi archeologici all’interno della rocca, in la documentazione: storia, archeologia, tutela, in Valter Piazza, Cetty Muscolino (a cura), La rocca e Carlo Giunchi (a cura), Montefiore Conca, Passato il sigillo ritrovato, Rimini 2009; Simone Biondi, Un e futuro della rocca malatestiana, Rimini 2003, pp. Guastafamiglia a corte, in “Medioevo”, anno 16 n. 41-45. 11 (190), novembre 2012. 7 Joel Schmidt, Dizionario di Mitologia classica, 3 Paride Berardi, L’antica maiolica di Pesaro. Roma 1989; Jean Seznec, La sopravvivenza degli an- Dal XIV al XVII secolo, Firenze 1984; Gian Carlo tichi dei. Saggio sul ruolo della mitologia nella cultu- Bojani (a cura), Ceramica fra Marche e Umbria ra e nell’arte rinascimentale, Torino 2001. dal Medioevo al Rinascimento, atti conv. Fabriano 8 Mina Bacci, Piero di Cosimo, Milano 1966; 9 aprile 1989, Bologna 1992; Giuliana Ericani, Silvia Malaguzzi, Piero di Cosimo, in “Art e Dos- Paola Marini, La ceramica nel Veneto. La terra- sier”, n. 262 (gen. 2010). ferma dal XIII al XVIII secolo, Verona 1990; Ser- 9 Bernard Rackham, Italian Maiolica, London gio Nepoti, Maioliche a Mondaino fra XV e XVII 1954. secolo, Rimini 1999; Giuliana Gardelli, Cinque 10 Ibid., fig. 10a. secoli di maiolica a Rimini dal ’200 al ’600, Ferra- 11 Giuliana Ericani, Il dipingiare sui vasi e la ra 1981; Giuliana Ericani et al., Il ritrovamento di decorazione rinascimentale. Appunti sul materiale di Torretta. Per uno studio della ceramica Padana, Torretta, in Ead. (a cura), Il ritrovamento di Torretta, Venezia 1986, Gian Carlo Bojani, Per una storia Venezia 1986; Jurgis Baltrušaitis, Il Medioevo fan- della ceramica di Faenza. Materiali dalle mura tastico, Milano 1982; Erwin Panofsky, Studi di ico- del Portello, Faenza 1997; Ghiara Guarnieri et nologia. I temi umanistici dell’arte del Rinascimento, al., Il bello dei butti. Rifiuti e ricerca archeologi- Torino 1975. ca a Faenza tra Medioevo e età Moderna, Firenze 12 Una riproduzione, liberamente ispirata al bor- 2009; Gaetano Ballardini, La maiolica italiana go di Montefiore si trova nel dipinto di Giovanni Bel- (dalle origini al Cinquecento), Firenze 1938; Ga- lini, Madonna con il bambino (1480), oggi alla Natio- leazzo Cora, Storia della Maiolica di Firenze e nal Gallery di Londra e in una seconda opera di tema del Contado. Secoli XIV e XV, Firenze 1973; Giu- analogo, sempre del Bellini, Madonna col Bambino seppe Liverani, Le maioliche del Museo nazionale (ca. 1480-1490), esposta al Kansas City, Museum. di Ravenna, Modena 1976. 13 Berardi, L’antica maiolica cit., pp. 132-134. 4 Le fotografie sono in uso su concessione del 14 Niccolò da Correggio, Opere: Cefalo, Psi- MIBACT - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e che, Silva, Rime, cur. Antonia Tissoni Benvenuti, Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì Cesena e Bari 1969. Rimini; i disegni sono dello scrivente. Per le dimen- 15 Francesco Maspero, Bestiario medievale, sioni dei piatti, così è indicato nelle schede di inven- Alessandria 1997; Hygini de astronomia, cur. Ghi- tario: fig. 1, n. inv. 250756, altezza 5,5 cm, ø 31,6 cm, slaine Viré, Stuttgart 1992.

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di

Tamara Dominici

Urbino conserva ancora alcuni mo- Italia si ritrovi» 3. numenti di que’ tempi in che videsi ele- Il clima alla corte dei Montefeltro si vata ad un grado di eminente prosperità. rivelò dunque ideale per avanzare nuove Ad onta del declinare delle età e delle proposte artistiche 4 e così in questi anni si politiche vicende, questi venerati avanzi segnalano presenze illustri quali quelle di nel metter sott’occhio dell’osservatore il Paolo Uccello, di Piero della Francesca e valore degli artisti che hanno preceduto del fiammingo Giusto di Gand. A conferma Bramante e Raffaello ridestano in esso la di come la città marchigiana fosse ormai di- brama di apprendere come vivessero e da venuta uno dei più importanti poli artistici chi furono impiegati 1. e politici della penisola, vi è anche il poe- metto epico La vita e le gesta di Federico Poste a incipit dell’Elogio storico di da Montefeltro Duca d’Urbino composto in Giovanni Santi, queste parole rivolte al de- “terza rima” da Giovanni Santi (ante 1439- legato pontificio della provincia di Urbino 1494), padre del ben più noto Raffaello 5. Il e Pesaro, mons. Ludovico Gazzoli, aiuta- testo, conosciuto solitamente con il nome di no senz’altro a comprendere l’importan- Cronaca rimata e realizzato probabilmente za della corte di Federico da Montefeltro dopo la morte del duca, racconta la lunga (1422-1482) 2. Egli, prima conte e poi duca carriera di Federico, accrescendo e rielabo- nel 1474, fece di Urbino una delle capita- rando in maniera raffinata la prosa cortigia- li culturali del Rinascimento. Il prestigio na dei Commentari di Pierantonio Paltroni, di Federico crebbe notevolmente durante fedele cancelliere del signore di Urbino 6. la sua lunga carriera di scaltro e spregiu- Di grande interesse sono certamente i passi dicato uomo d’armi. Appassionato e colto in cui Santi dimostra la sua piena autorità e collezionista, il duca divenne presto anche competenza nell’affrontare tematiche rela- un grandissimo mecenate delle arti, circon- tive alla letteratura artistica e ai pittori co- dandosi di una selezionata schiera di pitto- evi. La Cronaca rispecchia le opinioni e il ri, architetti, letterati, matematici e poeti. gusto degli ambienti di corte, contenendo, Ampliò e rinnovò l’antica residenza di fa- in particolare nella Disputa de la pictura 7, miglia, opera simbolo del suo potere, tanto diversi rimandi figurativi, indice di un’ag- che Baldassarre Castiglione nel Cortegiano giornata e diretta conoscenza del clima cul- ne parlerà come di «una città in forma di turale contemporaneo. Del resto, non poteva palazzo», il palazzo «più bello che in tutta essere altrimenti, dato il mestiere di pittore

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Figura 1 – Giusto di Gand, Comunione degli Apostoli, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.

svolto dal suo cronachista, che precisa vo- Le prime notizie critiche su Giovan- lutamente nel testo: «[p]rincipio de l’opera ni Santi ci vengono fornite da Vasari, che composta da Giohanni de Santi pictore» 8, nell’edizione torrentiana del 1550 delle Vite e orgoglioso di appartenere a questa catego- lo definisce: ria scrive: «[…] giungendo alla etade ch’io sarei forsi stato disposto a qualche più utile Pittore non molto eccellente, anzi virtù, da poi molti negotij per guadagnarmi non pur mediocre in questa arte. Egli era el victo, me dette alla mirabile arte de pic- bene uomo di bonissimo ingegno e do- tura […] e de la cui clarissima arte non me tato di spirito e da saper meglio indiriz- vergognio essere nominato» 9. zare i figliuoli per quella buona via, che

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per sua mala fortuna non avevano saputo superati molte volte el vero» 16. Ciò che quelli che nella sua gioventù lo doveva- però fa presupporre in questo testo una più no aiutare 10. ampia conoscenza della pittura d’oltralpe da parte dell’urbinate è il verso in cui, sem- Il giudizio su Santi, inserito nella vita pre riferendosi ai due fiamminghi, aggiunge di Raffaello, si riduce ulteriormente nella «cum tanti di excellentia chiar dotati» 17, seconda edizione del 1568 dove le infor- lasciando intendere di essere informato per- mazioni sul padre diminuiscono e la prece- fino sul lavoro di altri artisti nordici, come dente valutazione di mediocrità scompare, per esempio Giusto di Gand, da lui non cita- privando l’urbinate di una propria autono- to, ma certamente conosciuto. Forse, come mia artistica e facendolo dipendere e cono- è stato da più voci suggerito, la causa di scere unicamente grazie alla gloria tributata questa omissione è da tributare a una «ge- al figlio. Spesso il solo merito assegnato a losia facilmente comprensibile» 18 da parte Giovanni era quello di aver indirizzato Raf- di Giovanni nei confronti del pittore fiam- faello alla pittura, favorendo così la nascita mingo preferito dal duca Federico agli arti- di colui che fu «nell’architettura eccellente, sti locali e ingaggiato dalla confraternita del e nella pittura divino» 11. Bisognerà aspetta- Corpus Domini per dipingere la Comunione re le Notizie dei Professori del Disegno di degli Apostoli (fig. 1) 19. Filippo Baldinucci, pubblicate a partire dal- In ogni caso, è innegabile l’apporto della la fine del XVII secolo, perché Santi possa pittura fiamminga sull’attività del padre di essere finalmente considerato come pittore Raffaello, basti pensare alla copia della fi- a pieno titolo 12. gura del Cristo di Urbino (fig. 2) 20. In verità Maggiore, invece, presso i contempora- questa profonda affinità stilistica con Santi, nei e non, è stata la fama di Dieric Bouts evidenziata ripetutamente da Giovan Batti- (1415 ca.-1475) 13, tanto da giungere sino sta Cavalcaselle nei fogli 37v e 38r, con fitti in Italia: lo stesso Vasari nel 1568 parla di commenti e diverse annotazioni da cui si un «Divik da Lovano» 14, artista di pregio ottiene il disegno dell’intera composizione e buon maestro. Gli anni della sua forma- della Comunione 21, non può che far riflette- zione, non diversamente da quanto accade re, tanto che recentemente è stata palesata la per Giovanni Santi, sono però ancor oggi possibilità di ritenere validi i suggerimenti avvolti nel mistero. Karel van Mander, noto del critico veneto, relativi a un intervento al grande pubblico soprattutto come autore di completamento della Comunione degli dello Schilder-Boeck, pubblicato nel 1604, Apostoli proprio da parte di Giovanni San- pari per importanza alle Vite vasariane, ri- ti 22. Del resto, non era affatto difficile po- ferisce di non essere riuscito «a scoprire chi ter vedere opere fiamminghe all’epoca 23: sia stato il suo maestro» 15, sebbene inizial- risaputa è l’esterofilia e l’apprezzamento mente le opere da lui realizzate risentano che Federico e la sua corte nutrivano pro- non poco dell’influenza di Rogier van der prio per l’arte nordeuropea. Inoltre, è sem- Weyden, citato insieme a Jan van Eyck, per- pre questa costante presenza di elementi di sino nella Cronaca rimata di Santi, in cui matrice nordica nell’opera di Giovanni San- si riporta: «ne la cui arte et alto magistero ti che ha portato a ritenere le sei tavolette, / di colorir, son stati sì excellenti, / che han raffiguranti i cosiddettiApostoli , di mano di

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Giusto di Gand 24, restituite definitivamente al pittore urbinate da Cesare Gnudi prima e da Pietro Zampetti poi 25. L’illusionismo e la capacità di indagare la realtà fenomenica nelle sue pieghe più profonde sono i tratti caratterizzanti della pittura fiamminga e quelli attraverso i qua- li è possibile individuare una certa affinità tra questa e altre opere di Giovanni Santi, al punto da parlare di fiamminghismo, in par- ticolare per alcune immagini di Cristo do- lente 26. Non vanno dimenticate nemmeno certe assonanze gestuali tra il gruppo cen- trale della Visitazione di Fano realizzata dal marchigiano e l’opera del Prado di soggetto analogo di Bouts 27. Inoltre, il riferimento alla resa mimetica e naturale si ritrova spe- cialmente per i ritratti di Santi 28, tanto che il 20 aprile 1493 la marchesa di Mantova Isabella d’Este scriveva: «havemo mandato Figura 2 – Giovanni Santi (attr.), Cristo comu- per un forestiere, qual ha fama di contrafa- nica san Pietro, Urbino, Galleria Nazionale re bene el naturale» 29. Il forestiero a cui fa delle Marche. riferimento è appunto Giovanni Santi, abile ritrattista, «pictor de la Ill.ma Duchessa de ne di uno status sociale all’interno dei due Urbino» 30, raccomandato dalla stessa co- rispettivi contesti è il comune denominatore gnata Elisabetta Gonzaga, moglie di Gui- che lega questi due artisti. dobaldo da Montefeltro, figlio di Federico. Giovanni Santi si integra pienamente Se escludiamo il singolare e sottile rap- nella cultura cortigiana che si va formando porto che lega insieme Giovanni Santi e sotto l’egida dei Montefeltro: la sua era una Dieric Bouts, passando per Giusto di Gand, famiglia in vista che poteva godere di una dettato in entrambi i casi da affinità stili- certa agiatezza economica. Come riporta stiche 31, più volte riscontrate dalla critica, Luigi Pungileoni, Giovanni «era figlio di pare che questi due artisti abbiano ben poco Sante nato di Piero volgarmente detto Pe- in comune. Entrambi vissero intorno alla ruzzolo. Vide la prima luce nel contado di metà del XV secolo, l’uno a Urbino e l’al- Urbino in Colbordolo» 33. La cittadina for- tro a Lovanio 32, due cittadine molto lontane tificata si trovava sul confine tra le terre di geograficamente, ma che videro proprio in appartenenza ai Montefeltro e quelle sotto il quegli anni un rifiorire di arte e cultura e che controllo dei Malatesta, tanto che nel 1446 pur non avendo dato i natali a nessuno dei «dictum castrum Colburdoli fuit saccoman- due pittori, seppero apprezzarne il lavoro. natum et combustum» 34 dalle truppe del In realtà, proprio il profondo inserimento signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo nella società dell’epoca, ossia l’acquisizio- Malatesta, in lotta con Federico da Monte-

45 Studi pesaresi 5.2017 feltro. Fu questo il motivo che spinse Peruz- se verso la pittura, tanto da essere ritenu- zolo, commerciante di granaglie, a lasciare to in grado dalla confraternita del Corpus quello che il nipote diversi anni dopo defini- Domini, di porsi quale loro intermediario, rà «el paternal mio nido […] dove destructa offrendo ospitalità a Piero della Francesca, ogni nostra substantia» 35 e a trasferirsi a chiamato per dipingere la Comunione degli Urbino. Nonostante l’estrazione contadina Apostoli, che verrà poi assegnata a Giusto e nonostante quanto riportato nell’Elogio di Gand, e comprando tutto ciò di cui questi storico di Giovanni Santi dove si dice «vis- avrebbe avuto bisogno 41. sero eglino in bassa fortuna o per dir meglio Al 1464 risale anche il contratto stipu- in povertà, perché astretti a procacciarsi lato tra la confraternita del Corpus Domini il vitto col sudore della fronte» 36, a causa di Lovanio 42 e il pittore Dieric Bouts, per anche delle continue scorrerie e incursioni, adornare l’altare della cappella del Santissi- dovute al perenne stato di guerre tra Mon- mo Sacramento presso la collegiata di San tefeltro e Malatesta, Peruzzolo aveva certa- Pietro della stessa città 43. Il Trittico con mente raggiunto una discreta agiatezza se il l’Ultima Cena (fig. 3), realizzato dal mae- 14 gennaio 1438 acquistava la casa abitata stro nordico, raffigura nel pannello centrale vicino al castello di Colbordolo. Nel docu- più precisamente l’istituzione dell’Euca- mento, il nonno di Santi compra da Gau- ristia, che non era certamente un soggetto denzio e Bartolo di Ciccio di Gaudenzio da nuovo in ambito artistico, benché non fosse Colbordolo una casa vicino alla strada pub- così comune. Successivamente al momen- blica al prezzo di 40 fiorini 37. All’abitazio- to della benedizione del pane e del vino, ne si aggiungeva poi il possesso di alcuni vi è quello della comunione degli apostoli. pezzi di terra coltivata, vigneti e oliveti, fra Quest’ultima, rara in ambito pittorico sia cui un terreno acquistato per 50 ducati 38. italiano sia fiammingo, è invece proprio Le alienazioni fatte in questi anni permet- quella rappresentata da Giusto di Gand, il teranno a Peruzzolo di investire il denaro in cui linguaggio artistico rivela, come già sot- un luogo più sicuro e protetto da mura, la tolineato, una certa familiarità con quello di città di Urbino, e di iniziare così un’attivi- Bouts. Il Trittico con l’Ultima Cena è anche tà che avrebbe conferito alla famiglia una una delle opere del Quattrocento fiammingo posizione alquanto rispettabile. Giovanni meglio documentate e che sappiamo essere Santi compare nelle carte per la prima volta stata pagata dalla confraternita 200 gulden nel 1464, come appunto «Iohanne Sanctis renani 44, circa 12.000 plakken 45. Sempre Peri Peruzoli» 39, in qualità di testimone: 12.000, questa volta però bolognini 46, dei questo dimostra già la sua maggiore età, 250 fiorini d’oro erano stati consegnati per cui si deve suppore che all’epoca San- a Giusto di Gand per la Comunione degli ti fosse almeno venticinquenne e cioè un Apostoli il 25 ottobre del 1474 47. Nonostan- soggetto giuridico a pieno titolo, portando te in quest’ultimo caso sia difficile poter così ad anticipare la sua data di nascita dagli stabilire con certezza la cifra finale conse- anni 1440-1445, finora proposti, almeno al gnata a Giusto, significativo, sebbene sicu- 1439 40. Egli non mostrò la stessa attitudine ramente azzardato, è il rapporto tra plakken del padre Sante per gli affari, ma dovette e bolognini, valute minori, utilizzate rispet- maturare abbastanza precocemente interes- tivamente a Lovanio e a Urbino per assolve-

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Figura 3 – Dieric Bouts, Trittico con l’Ultima Cena, Lovanio, collegiata di San Pietro. re i pagamenti in gulden renani e in fiorini fece di questo luogo una delle aree cultu- d’oro. Invece, quel che è certo, è che mentre rali dei Paesi Bassi. Lovanio era dunque in la confraternita della cittadina marchigiana quegli anni in rapida espansione e aspira- non rimase affatto soddisfatta dell’operato va a rivaleggiare con i centri più famosi di di Giusto 8, quella belga non poté che ap- Bruxelles e Anversa. Disponiamo anche di prezzare il trittico, dai più ritenuto il capo- una breve, ma efficace descrizione di questa lavoro di Dieric Bouts, che si era trasferito città a opera dello storico belga Adriaan van nel centro brabantino dalla città natale di Baarland (1486-1538): Haarlem, probabilmente sedotto dallo svi- luppo economico e dal clima culturale di Lovanium caput est urbium Bra- Lovanio 49. bantiae, coeli et aëris benignitate nulli Qui l’intensa attività edilizia aveva por- cedens aliarum. Hic intra muros libera tato alla realizzazione dei principali monu- prata, vineae, horti spatiosi, agri, poma- menti in stile gotico brabantino, fra cui la ria, campi, dumi, saltus, pascua, parvae collegiata e il nuovo e suggestivo munici- sylvulae, parva nemuscula, ut merito pio, che naturalmente necessitavano della hanc sedem ac domicilium optimarum presenza in loco di un consistente numero artium delegerint majores nostri 51. di artigiani e artisti. Inoltre, l’università di Lovanio, la più grande e antica della regio- In particolare, Lovanio, già residenza ne, fondata nel 1425 da Giovanni IV di Bra- dei duchi brabantini, fin dal XIV secolo go- bante 50, con il consenso di papa Martino V, deva di un alto grado di splendore, grazie

47 Studi pesaresi 5.2017 alle manifatture di lana, drappi e tappeti, stessa istituzione dalla quale ricevette di- che la rendevano prima fra le aree del Bra- versi pagamenti: «[e] a dì 12 di novembre bante proprio per importanza economica 52; [1486] ducati doi d’oro a Giohanne de San- inoltre, nonostante lo stato di indigenza de- te per comper/are l’oro per andorare li an- gli strati più bassi della popolazione, vide gioli a la fraternita» 57, «[e] a dì ditto [1487, fiorire diverse industrie di merci di lusso. aprile 12] florini septe d’ohro per dipingere Era, in altre parole, «de beste stad van Bra- e dorare li angioli a / Giohanne de Sante a bant» 53. la fraternita» 58 e ancora «[e] a dì ditto [10 Le prime notizie d’archivio riguardanti giugno 1487] florini septe d’oro a Giovanni Dieric Bouts risalgono al 1448, quando si de Sante per adorare e depenge/re li angio- sposò con Catherine van der Brugghen, la li» 59. L’artista era ormai ben inserito nella cui famiglia era conosciuta con il sopran- società del tempo 60, divenendo persino pri- nome di «Metten Ghelde» (lett. “quelli che ore del comune di Urbino dal 1 agosto al hanno i soldi”). Il pittore, però, non risulte- 30 settembre 1487. Nonostante fosse meno rà residente in città fino al 1457. È dunque predisposto del padre agli affari, tanto che possibile che dopo essere stato a bottega da si registra un numero inferiore di vendite e Rogier van der Weyden, Bouts sia ritorna- acquisti di beni, seppe comunque investi- to ad Haarlem, rimanendovi per quasi die- re attentamente i propri capitali, aumentati ci anni prima di trasferirsi definitivamente inoltre dai lasciti in terreni. a Lovanio. Del resto una situazione simile Anche il pittore Dieric Bouts pare aves- è riscontrabile anche nel caso di Giovanni se ottenuto intorno alla prima metà del XV Santi, che è possibile documentare a Urbi- secolo uno status sociale di gran lunga su- no fino al 1471; egli stesso, infatti, racconta periore a quello di un normale artigiano, nella Cronaca, di aver partecipato ai festeg- disponendo di diversi beni immobili sia a giamenti tenutisi per la nascita del figlio di Lovanio sia nei dintorni e beneficiando di Federico, Guidobaldo, avvenuta appunto il più rendite 61, per non parlare poi dell’ampia 24 gennaio 1471 54. Da questa data in poi abitazione, a cui si aggiungevano altre tre però il padre di Raffaello non compare più casette contigue, in Minderbroedersstraat, nei documenti: la causa è verosimilmente dove si trovava il convento dei frati mino- da ricercarsi in un soggiorno piuttosto lun- ri. A ciò dovevano ovviamente unirsi i nu- go che lo portò a visitare diverse regioni e merosi monili e oggetti di valore, citati nel a poter godere così di un buon apprendista- testamento e ottenuti grazie ai due matrimo- to artistico. Il nome «Giovanni de Sante» 55 ni. Proprio la profonda stima sociale di cui torna in un ordine del 1482 del priore Simo- godeva in città, legata all’eccellenza dei suoi ne di ser Matteo e del consiglio della con- lavori, deve avergli permesso l’unione con fraternita del Corpus Domini 56. Giovanni famiglie influenti, facendolo così entrare a Santi, infatti, negli anni ’80, dopo essere far parte della classe agiata. Dopo il matri- stato assunto come intermediario per man- monio con Catherine van der Brugghen si tenere i rapporti con Piero della Francesca, risposò, infatti, con Elisabeth van Voshem, la che lo resero certamente una persona di or- figlia e vedova di due borgomastri di Lova- mai provata fiducia e responsabilità presso nio 62. Sarà quindi quest’ultima a comparire la confraternita, continuò a operare per la nel testamento del 17 aprile 1475 63, quan-

48 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele do egli, ormai gravemente malato, decise andata al fratello di Santi, don Bartolomeo, di dettare le sue volontà in cui spartiva l’e- quale capo famiglia, vista la minore età di redità fra i familiari, stabilendo anche una Raffaello o se vi siano state disposizioni a serie di lasciti ecclesiastici, come era in uso parte emanate nei confronti del valido col- all’epoca. Le opere terminate o in procin- laboratore, nonché testimone delle volontà to di esserlo venivano quindi lasciate alla di Santi 65, Evangelista da Piandimeleto 66. moglie Elisabeth, che riceveva inoltre i beni Giovanni nominò eredi universali Raffael- mobili e immobili che non erano stati in- lo e don Bartolomeo, e decise di lasciare seriti nel testamento, a cui si aggiungevano alla seconda moglie Bernardina, figlia di un anche oggetti preziosi quali tazze, gioielli, orafo e sposata nel maggio del 1492, l’u- cucchiai che potevano essere o d’oro o do- sufrutto della casa, purché ella conducesse rati. Tuttavia la stessa Elisabeth, grazie al una vita onesta e casta, rimanendo nell’a- lascito del marito, avrebbe dovuto saldare bitazione con i maggiori beneficiari dell’e- le spese della permanenza delle due figlie redità. A Bernardina andavano anche una di Bouts, Catharine e Gertrude, frutto della serie di altri beni, quali vestiti, tovaglie rica- prima unione, nel convento di Sant’Agnese mate, cinte, veli, quattro anelli d’oro con e di Dommelen, esonerando totalmente i figli senza pietre. Dal testamento emerge inoltre del testatore da tali obblighi. I due maschi, un dato molto interessante: «libris et codi- Dieric il Giovane e Albrecht, avuti sempre cibus ipsius Iohannis et manu eiusdem» 67. durante il primo matrimonio, e beneficiari Il fatto che l’artista marchigiano disponesse di tutti i beni mobili e immobili citati nel di testi e codici manoscritti, che venivano testamento, avrebbero ereditato anche il lasciati alla moglie, ne sottolinea non solo materiale di pittura del padre e alcune tavo- la ricchezza, ma anche il ruolo di letterato, le ancora da completare 64. Nonostante sia autore della Cronaca rimata e di rappresen- ormai certo il loro apprendistato presso la tazioni teatrali, scritte per la corte. Egli, for- bottega paterna, presa poi dal maggiore, è se più di ogni altro, era legato alla cultura comunque difficile dire quale sia stato pre- dei Montefeltro che magnificamente descri- cisamente il peso che un artista del calibro ve nei versi del suo poemetto epico. Gio- di Bouts poté esercitare sui figli, così come vanni Santi è uomo di corte, ben informato è complicato comprendere, vista la man- sull’aggiornata cultura che gravita in uno canza di documenti in merito, l’organizza- dei più raffinati e moderni centri dell’epoca. zione del suo lavoro. Pochissime, quasi nulle, sono le indicazioni Lo stesso potrebbe dirsi per la bottega sulla bottega, ma comunque sufficienti per di Giovanni Santi e per l’influenza che l’ar- poter affermare una presenza importante in tista ebbe su Raffaello, avuto dalla prima città, che doveva avere un’attività assai fio- moglie Magia, figlia del facoltoso mercante rente 68, visti i numerosi rapporti Santi con Battista Ciarla. In quest’ultimo caso si ri- personalità illustri dell’epoca e visti i lasciti scontra persino nelle disposizioni testamen- testamentari. tarie una completa assenza di riferimenti Allo stesso modo anche Bouts seppe alla sua attività pittorica e di conseguenza a inserirsi a pieno nel contesto lovaniense ri- quella di bottega, la cui gestione e respon- scuotendo grande successo: l’acquisto di un sabilità alla sua morte non sappiamo se sia certo status sociale nel suo caso lo si deve

49 Studi pesaresi 5.2017 in particolare ai dipinti per il municipio, in termini geografici. Da una parte vi è la iniziati nell’ottobre 1467 69, e che costitu- vita di Giovanni Santi, pittore e letterato di iscono la sola commissione richiesta dalla corte, dall’altra quella di Dieric Bouts stad municipalità di Lovanio. Egli spesso rico- schilder. Entrambi hanno abbandonato il nosciuto come stad schilder, “pittore della loro luogo natale, trasferendosi in un centro città”, o anche come de Portratuerdere, culturalmente fiorente, in un caso Urbino e appellativo, probabilmente usato per indi- nell’altro Lovanio. La loro ascesa sociale, care proprio la natura eccezionale dell’ar- caratterizzata anche dall’unione con fami- tista originario di Haarlem, designando un glie facoltose, permise loro l’acquisizione pittore non di decorazioni, quanto di figure di terreni e beni. I figli, infine, continuarono e quindi generalmente di pannelli, veniva la strada intrapresa dai padri, ma se il ge- omaggiato con doni di vino 70 e vestiario, nio di Raffaello è subito riuscito a mettere superiori a quelli regolarmente forniti ad in secondo piano l’opera di Giovanni, nella altri artigiani e artisti. famiglia Bouts fu invece Dieric il vecchio I documenti, specie i testamenti e gli a rimanere il modello insuperato, determi- atti notarili di vendite, di acquisti di case e nando così una sorta di chiasmo nel rappor- terreni, di matrimoni sembrano unire due to ‘celebrità e generazione’ fra i Santi e i destini quasi paralleli, seppur molto distanti Bouts.

50 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele

1 Vincenzo Guerrini, Epistola dedicatoria a partita del Duca da Urbino per andare a Milano, e Monsignor Ludovico Gazzoli, in Luigi Pungileoni, una disputa de la pictura (lib. XXII, cap. XCI). La Elogio storico di Giovanni Santi, pittore e poeta, pa- Disputa è una cronaca d’arte in cui Giovanni Santi dre del gran Raffaello di Urbino, Guerrini, Urbino appare aperto al dibattito e al confronto. Questi versi 1822. presentano un panorama artistico equilibrato e molto 2 Su Federico da Montefeltro cfr. Marcello Si- originale, in cui viene prestata attenzione alle diverse monetta, Federico da Montefeltro: un illustre uomo generazioni di artisti, così come alle diverse aree d’armi fra gli illustri uomini di lettere, in Alessandro geografiche. Per approfondimenti su Giovanni Santi Marchi (a cura), Lo studiolo del Duca. Il ritorno de- quale fondatore della moderna critica d’arte si veda gli Uomini Illustri alla corte di Urbino, cat. mostra Creighton Gilbert, Giovanni Santi, uno dei fondato- (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche 12 marzo-4 ri della storia dell’arte, in Varese (a cura), Giovanni luglio 2015), Skira, Milano 2015, pp. 37-44. Si veda Santi cit., pp. 14-18. anche Walter Tommasoli, La vita di Federico da 8 Santi, La vita cit., lib. I, cap. I, p. 58. Montefeltro (1422-1482), Argalìa, Urbino 1978. 9 Id., Epistola dedicatoria al Duca Guidobaldo, 3 Baldassare Castiglione, Il libro del Cortegia- in Id., La vita cit., p. 3. no, 1528, cur. Amedeo Quondam, Mondadori, Milano 10 Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti ar- 2002, p. 14. chitetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insi- 4 Per maggiori dettagli sul clima artistico urbi- no a’ tempi nostri, 1550, cur. Luciano Bellosi, Aldo nate cfr. Claudia Caldari, L’ambiente artistico ur- Rossi, Einaudi, Torino 1986, p. 618. binate nell’ultimo trentennio del Quattrocento, in Lo- 11 Bernardino Baldi, Memorie concernenti la renza Mochi Onori (a cura), Raffaello e Urbino: la città di Urbino dedicate alla sagra real maestà di formazione giovanile e i rapporti con la città natale, Giacomo III re della Gran Brettagna &c, Salvioni, cat. mostra (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche Roma 1724, p. 33. 4 aprile-12 luglio 2009), Electa, Milano 2009, pp. 28- 12 Qui, parlando del ben più celebre Raffaello, si 37. riporta: «Il padre suo fu Giovanni de’ Santi urbinese, 5 Si veda appunto Giovanni Santi, La vita e le pur anch’esso pittore, che quantunque non arrivasse gesta di Federico da Montefeltro duca d’Urbino: po- nell’arte sua a segno di molta eccellenza, avendo te- ema in terza rima (Codice Vat. Ottob. Lat. 1395), cur. nuta una maniera alquanto secca, merita contucciò, Luigi Michelini Tocci, Città del Vaticano e Biblioteca che di lui si faccia alcuna memoria, giacché per la sua apostolica vaticana andrebbero invertite, quindi “cur. bontà, per l’ottima educazione, che sappiamo aver Luigi Michelini Tocci, Biblioteca apostolica vatica- data al figliuolo, e per la sollecitudine, colla quale na, Città del Vaticano 1985”. Per approfondimenti cfr. procurò, che il bel genio di lui fosse aiutato nell’ac- Kim E. Butler, La “Cronaca rimata” di Giovanni quisto di nobili arti, fu non piccola cagione che potes- Santi e Raffaello, in Mochi Onori (a cura), Raffaello e se il mondo possedere uomo sì degno», Filippo Baldi- Urbino cit., pp. 38-43 e Riccardo Scrivano, La “Cro- nucci, Notizie dei Professori del Disegno da Cimabue naca rimata” di Giovanni Santi, in Ranieri Varese (a in qua, Batelli, Firenze 1847, vol. 2, p. 21. cura), Giovanni Santi, atti convegno (Urbino, Con- 13 Su Bouts si veda Catheline Périer-D’Ieteren, vento di Santa Chiara, Castelcavallino 17-19 marzo Thierry Bouts: l’œuvre complet, Fonds Mercator, 1995), Electa, Milano 1999, pp. 24-36. Bruxelles 2005. L’artista è anche conosciuto come 6 Cfr. Pierantonio Paltroni, Commentari della Dirk, Dirck o Thierry Boudts o Bout. vita et gesti dell’illustrissimo Federico Duca d’Ur- 14 Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pit- bino, 1470-1474, cur. Walter Tomassoli, Accademia tori, scultori, et architettori, Giunti, Firenze 1568, Raffaello, Urbino 1966. vol. 3, p. 858. 7 Il testo contiene una specifica parte sulla pittu- 15 Karel van Mander, Le vite degli illustri pit- ra: si tratta della Disputa de la pictura che occupa i tori fiamminghi, olandesi e tedeschi, cur. Ricardo de vv. 217-426 all’interno del capitolo intitolato De la Mambro Santos, Apeiron, Sant’Oreste 2000, p. 132.

51 Studi pesaresi 5.2017

16 Santi, La vita cit., lib. XXII, cap. XCI, vv. teramente pagato”. Giusto di Gand e la “Comunio- 361-363. ne” del duca d’Urbino: “forse Santi perfezionò?”, in 17 Ibid., v. 360. Marchi, (a cura), Lo studiolo del Duca cit., pp. 71-76. 18 Walter Bombe, Una ricostruzione dello Stu- 23 Benedetta Montevecchi, Giusto, Berruguete diolo del Duca Federico ad Urbino, in “Rassegna e i fiamminghi a Palazzo, in Paolo Dal Poggetto (a Marchigiana”, VIII, 1929, 3, pp. 73-88, in part. p. cura), Piero e Urbino. Piero e le Corti rinascimentali, 87. Questa spiegazione certamente cozzerebbe con la cat. mostra (Urbino, Palazzo ducale e Oratorio di San più probabile intenzione di Santi di riportare nel testo Giovanni Battista 24 luglio-31 ottobre 1992), Marsi- solo i pittori maggiormente conosciuti e importanti lio, Venezia 1992, pp. 338-348. anche al di fuori dell’area urbinate, cfr. Ranieri Va- 24 Walter Bombe, Intorno alla Comunione degli rese, Giovanni Santi, Cassa di risparmio di Pesaro, Apostoli di Giusto di Gand, in “Rassegna Marchigia- Pesaro 1994, pp. 41-42. na”, VII, 1929, 7/8/9, pp. 209-223, in part. 222-223. 19 Cfr. Francesca Bottacin, Riflessioni su Giu- 25 Per maggiori informazioni sull’argomento cfr. sto di Gand e la sua attività urbinate, in Bonita Cle- Varese, Giovanni Santi cit., pp. 248-250. ri (a cura), Bartolomeo Corradini (Fra’ Carnevale) 26 Sul fiamminghismo di Santi si vedaS usan Ur- nella cultura urbinate del XV secolo, atti convegno bach, Joos van Ghent and Giovanni Santi revisited: a (Urbino, chiesa di San Cassiano, Castelcavallino 11- case of study on a “fiamminghismo” in Italian pain- 12 ottobre 2002), Grafica vadese, Sant’Angelo in ting, in Henri Pauwels, André van den Kerkhove, Vado 2004, pp. 69-84 con bibliografia precedente. Leo Wuyts (a cura), Liber memorialis Erik Duverger, Una ricostruzione storiografica e critica sul pittore Universa Press, Wetteren 2006, pp. 375-407. originario di Gand è stata riproposta anche in Tamara 27 Cfr. Caterina Limentani Virdis, Alcune note Dominici, Sul ritorno “a casa” degli Uomini Illustri: e proposte sul fiamminghismo di Giovanni Santi, in analisi e considerazioni su Giusto di Gand e la sua Varese (a cura), Giovanni Santi cit., pp. 115-118, in attività urbinate, in “Arte marchigiana”, II, 2015, part. p. 117. pp. 9-30. Invece, per quanto riguarda specificata- 28 Sulla sua attività di ritrattista non può non ci- mente la predella realizzata da Paolo Uccello si veda tarsi lo storico scritto di Egidio Calzini, Dei ritratti M. Aronberg Lavin, The altar of Corpus Domini in dipinti da Giovanni Santi, in “Rassegna bibliografica Urbino: Paolo Uccello, Joos van Ghent, Piero della dell’arte italiana”, XV, 1912, 1-3, pp. 11-17. Molto Francesca, in “The Art Bulletin”, XXLIV, 1967, 1, più recente invece il contributo Claudia Cieri Via, pp. 1-23. Giovanni Santi ritrattista, in Varese (a cura), Gio- 20 Si tratta di Cristo comunica san Pietro, la cui vanni Santi cit., pp. 94-98. attribuzione a Santi è stata esclusa nella più recente mo- 29 Citato in Alessandro Luzio, La Galleria dei nografia di Ranieri Varese (cfr.V arese, Giovanni Santi Gonzaga venduta all’Inghilterra nel 1627-28, L. F. cit., p. 133 e 176) e poi invece rilanciata nel 2006 dalla Cogliati, Milano 1913, p. 189. studiosa Susan Urbach e appoggiata nel 2015 da Ales- 30 Ibidem. sandro Marchi. A questo proposito si veda Marchi, (a 31 Cfr. Caterina Limentani Virdis, Dirk Bouts: cura), Lo studiolo del Duca cit., p. 126. quelques cas de réception ou le charme de la narra- 21 Nel 1861 Giovan Battista Cavalcaselle e Gio- tivité, in Bert Cardon et alii (a cura), Bouts studies, vanni Morelli, in occasione del loro viaggio nelle atti convegno (Leuven, 26-28 novembre 1998), Pee- Marche, descrissero brevemente la tavola della Co- ters, Leuven 2001, pp. 345-353. munione degli Apostoli nel Catalogo delle opere 32 Lovanio (in neerlandese Leuven, in francese d’arte nelle Marche e nell’Umbria. Cfr. Francesca Louvain) apparteneva all’antico ducato del Brabante Bottacin, Giusto di Gand e Giovan Battista Cavalca- corrispondente all’attuale zona settentrionale del Bel- selle: both “on the road again”, in “Notizie da Palaz- gio e a quella meridionale dei Paesi Bassi. zo Albani”, XXXIV-XXXV, 2005-2006, pp. 257-269. 33 Pungileoni, Elogio storico di Giovanni Santi 22 Cfr. Ead., “Non fece el dovere et da noi fu in- cit., p. 2. Il corsivo è nel testo. Nelle citazioni che

52 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele seguiranno le parole poste in corsivo saranno sempre 40 Anna Falcioni, Documenti urbinati sulla fa- riproduzione esatta delle trascrizioni degli originali. miglia Santi, in Mochi Onori (a cura), Raffaello e Ur- 34 Il tragico evento viene ricordato in un rogito bino cit., pp. 268-284, in part. pp. 271-272. del notaio Simone Vanni, cfr. doc., Urbino, 3 ottobre 41 Per approfondimenti sull’attività urbinate di 1562 da Sezione Archivio di Stato di Urbino (d’ora in Piero si veda Dante Piermattei, Piero e Urbino. La poi Sasu), Archivio Notarile di Urbino (d’ora in poi Flagellazione. Metafisica di una morte annunciata, Il Anu), not. Vanni Simone, vol. 7, c. 91v. lavoro editoriale, Ancona 2008. Si veda anche Ranie- 35 Santi, Epistola dedicatoria cit., p. 3. ri Varese, Giovanni Santi e l’influsso di Piero, in Dal 36 Pungileoni, Elogio storico di Giovanni Santi Poggetto (a cura), Piero e Urbino cit., pp. 368-371. cit., p. 2. 42 Nel sud dei Paesi Bassi si svilupparono diver- 37 Cfr. doc. Colbordolo, 14 gennaio 1438 da se confraternite dedicate al Santissimo Sacramento. Sasu, Anu, Quadra di Posterula, vol. 30, cc. 8r-v, cita- La confraternita del Santissimo Sacramento di Lova- to in Anna Falcioni, Vincenzo Mosconi (a cura), Ap- nio, una delle più antiche, fu stabilita nel 1432 nella parato documentario. Regesti e trascrizioni, in Mochi chiesa di San Pietro. Cfr. Maurits Smeyers, The liv- Onori (a cura), Raffaello e Urbino cit., pp. 285-333, ing bread. Dirk Bouts and the Last Supper, in Id. (a in part. doc. n. 10. Tutti i documenti riguardanti la cura), Dirk Bouts (ca. 1410-1475) een Vlaams primi- famiglia Santi, dalle origini fino alla sua estinzione tief te Leuven, cat. mostra (Leuven, Sint-Pieterskerk (XV-XVI), sono oggi facilmente consultabili proprio e Predikherenkerk, 19 settembre-6 dicembre 1998), grazie a questo lavoro di regesto e trascrizione a cura Peeters, Leuven 1998, pp. 35-58, in part. p. 37. Il con- di Anna Falcioni e Vincenzo Mosconi. Inoltre, per tratto tra Bouts e la confraternita, stipulato il 15 marzo comprendere a quanto corrispondesse il pagamento 1464, è stato trascritto e pubblicato da van Even nel di 40 fiorini vanno fatte alcune specifiche sulla mone- 1898, si veda appunto Edward van Even, Le contrat tazione dell’epoca. Nell’ultimo periodo della signoria pour l’exécution du triptyque de Thierry Bouts de la del conte Antonio (1348-1404) a Urbino una libra si collégiale Saint-Pierre, à Louvain (1464), in “Bulle- divideva in 20 soldi e ogni soldo valeva 12 denari, tins de l’Académie Royale des Sciences, des Lettres mentre il bolognino d’argento si componeva di 14 et des Beaux-Arts de Belgique”, LXVIII, 1898, pp. denari di rame e di argento. Dai documenti emerge 469-479, in part. pp. 474-476, nota 1. che nel 1395 il fiorino o ducato a Urbino veniva valu- 43 Cfr. Micheline Comblen-Sonkes, The Colle- tato circa 34 bolognini d’argento e il titolo di cambio giate Church of Saint Peter Louvain, Centre interna- andò aumentando negli anni successivi. Per ulterio- tional d’étude de la peinture médiévale des bassins ri informazioni sulla monetazione si veda Vincenzo de l’Escaut et de la Meuse, Bruxelles 1996, pp. 1-84. Mosconi, Le monete urbinati nelle fonti archivistiche 44 All’epoca, 1 gulden o fiorino renano corri- (secoli XIV-XVI), in Anna Falcioni, Antonello de spondeva a 1 lira di 40 grossi fiamminghi. In questi Berardinis (a cura), Federico di Montefeltro, Battista anni la varietà delle monete di conto si mostra piutto- Sforza, Elisabetta Gonzaga: mostra documentaria, sto ampia nel territorio borgognone, nonostante siano cat. mostra (Urbino, Palazzo ducale, Sala dei Ban- stati due i sistemi più utilizzati: quello della lira fiam- chetti 13 agosto-10 ottobre 2010), Ars ducale, Urbino minga di grossi e quello della lira sottile di 40 gros- 2010, pp. 33-40. si, in generale il più impiegato. Cfr. Peter Spufford, 38 Doc. Colbordolo, 2 febbraio 1436 da Sasu, Monetary problems and policies in the Burgundian Anu, Quadra di Posterula, vol. 28, cc. 28v-29r, citato Netherlands, 1433-1496, Brill, Leiden 1970. in Falcioni, Mosconi (a cura), Apparato documenta- 45 Cfr. Leo van Buyten, De sociale situatie van rio cit., doc. n. 8. de Leuvense familie Bouts (ca. 1450-ca. 1550), in 39 Doc. Urbino, 18 giugno 1464 da Sasu, Anu, Dirk Bouts en zijn tijd, cat. mostra (Leuven, Sint- not. Vanni Simone, vol. 26, c. 62r, citato in Falcioni, Pieterskerk, 12 settembre-3 novembre 1975), Leu- Mosconi (a cura), Apparato documentario cit., doc. ven 1975, pp. 129-176, in part. p. 134, nota 12. Nel n. 81. 1460-1461, 1 gulden renano era anche l’equivalente

53 Studi pesaresi 5.2017 di circa 60 plakken (placken o pleeken). Nel 1436, für Kunstwissenschaft, Berlin 1938, p. 234, doc. 22. tuttavia, 1 gulden renano corrispondeva precisamente 50 Quando Filippo III il Buono (1419-1467) di- a 54 plakken, cfr. Alphonse Meulemans, De Leuven- venne duca di Borgogna nel 1419, il Barbante era ret- se broederschap van Sint-Lucas, in “Jaarboek van de to da Giovanni IV (1415-1427), il figlio maggiore di Geschieden oudheidkundige Kring voor Leuven en Antonio (1406-1415), noto anche come Antonio del omgeving”, XIX, 1979, pp. 3-63, in part. p. 52, nota Brabante e fratello di Giovanni Senza Paura (1404- 263. 1419), quindi anch’egli figlio del duca di Borgogna 46 300 fiorini da 40 bolognini. Tra il 1445 eil Filippo l’Ardito (1364-1404). Cfr. Richard Vaughan, 1450, sotto il governo di Federico da Montefeltro, Philip the Good: the apogee of Burgundy, Longmans, 1 fiorino corrispondeva a circa 45/50 bolognini, cfr. London 1970. Mosconi, Le monete urbinati cit., p. 33. 51 Johannes Molanus, Historia Lovaniensium 47 Fernando Marías, Felipe Pereda, Petrus Hi- libri XIV, cur. Pierre François Xavier de Ram, M. spanus pittore in Urbino, in Francesco Paolo Fiore Hayez, Bruxelles 1861, lib. IX, cap. 2, p. 461. (a cura), Francesco di Giorgio alla corte di Federico 52 Cfr. Raymond van Uytven, Stadsfinanciën en da Montefeltro, atti convegno (Urbino 11-13 ottobre stadsekonomie te Leuven van de XIIe tot het einde der 2001), Olschky, Firenze 2004, pp. 249-267, in part. XVIe eeuw, Koninklijke academie voor wetenschap- vol. 1, p. 254. Nell’ottobre 1474 la confraternita pa- pen, letteren en schone kunsten van België, Bruxelles gava «fiorini trecento de bolognini 40 l’uno contati / 1961. a mastro Giusto da Guanto depentore per fiorini 250 53 Per approfondimenti si veda Id. (a cura), Leu- d’oro, / a lui promessi per sua fatigha per dipingiare la ven de beste stad van Brabant, 1. De geschiedenis van ta/vola de la fraternita», doc. Urbino, 25 ottobre 1474 het stadsgewest Leuven tot omstreeks 1600, Vrienden da Archivio della Confraternita del Corpus Domini stedelijk musea, Leuven 1980, pp. 113-365. (d’ora in poi Accd), lib. B, 1, c. 73r, citato in Falcio- 54 Santi, La vita cit., lib. XII, cap. LII, vv. 145- ni, de Berardinis (a cura), Federico di Montefeltro 168. cit., p. 94. 55 Doc. Urbino, 7 aprile 1482 da Accd, b. 1, fa- 48 «[N]on fece el dovere, et da noi fo intieramen- scicolo II, c. 27, citato in Falcioni, Mosconi (a cura), te pagato», doc. Urbino, 25 ottobre 1474 da Accd, lib. Apparato documentario cit., doc. n. 196. B, 1, c. 74v, in Falcioni, de Berardinis (a cura), Fe- 56 Giovanni doveva essere rientrato a Urbino già derico di Montefeltro cit., p. 95. da un paio di anni, se il cantastorie di Mercatello sul 49 In più, la presenza di studiosi e professori pro- Metauro, Antonio Nuti, in un’ottava a lui inviata nel venienti dall’Olanda e in particolare da Haarlem po- 1480, affinché la correggesse, riportava: «Librecto trebbe aver favorito lo spostamento di Bouts, che nel mio, se se’ palesato / Lì in Urbino fra quei Mercha- 1448 pare fosse già presente nella città brabantina. tanti, / E che si lecto in pian de Merchato / O da le Cfr. Maurits Smeyers, Dirk Bouts: peintre du silence, dompne o da giohan de Santi, / Voglo ch’a lui tu si Renaissance du Livre, Tournai 1998, pp. 25-26. A tes- ricomandato, / Che te correghi, ch’è secondo Danti», timonianza del fatto che l’artista non fosse originario citato in Luigi Michelini Tocci, Giovanni Santi e il di Lovanio vi è per esempio anche un documento in suo poema, in Santi, La vita cit., p. XII. cui si legge: «Theodoricus et Albertus Bouts fratres, 57 Doc. Urbino, 12 novembre 1486 da Accd, lib. filii quondam magistri Theodorici, quos hahuit a Ka- B, 1, c. 127r, citato in Falcioni, Mosconi (a cura), therina quondam Metten Gelde, ejus uxore, […] cum Apparato documentario cit., doc. n. 252. consensu ac scitu et interesse domini Mychaelis Ab- 58 Doc. Urbino, 12 aprile 1487 da Accd, lib. B, 1, soloens, militis, Brugimagistri oppidi Lovaniensis, ex c. 130r, citato in Falcioni, Mosconi (a cura), Appara- parte dicti quondam Theodorici, nativi extra patriam, to documentario cit., doc. n. 259. et Judoci Lachman, consanguinei dicti Alberti, ex 59 Doc. Urbino, 10 giugno 1487 da Accd, lib. B, parte matris», Atto del 12 luglio 1476, citato in Wol- 1, c. 127v, citato in Falcioni, Mosconi (a cura), Appa- fgang Schöne Dieric Bouts und seine Schule, Verl. rato documentario cit., doc. n. 260.

54 Tamara Dominici Giovanni Santi e Dieric Bouts: vite parallele

60 Infatti, lo troviamo presente, in qualità di te- su Giovanni Santi, in Varese (a cura), Giovanni Santi stimone, in stipule di contratti fra personaggi illustri cit., pp. 223-226. dell’epoca, a dimostrazione della posizione di tutto ri- 66 Su Evangelista da Piandimeleto cfr. Bonita spetto che aveva pienamente acquisito. In questi anni Cleri, Claudio Crescentini (a cura), Evangelista da Giovanni lavorò per il patrizio cagliese e alto funzio- Piandimeleto: «primo maestro di Raffaello», Erreci- nario di corte Pietro Tiranni, per il vicario Domenico emme, Roma 2016. de’ Domenici e le relazioni con la corte, lo portarono 67 Doc. Urbino, 27 luglio/29 luglio 1494 da Sasu, anche a dover organizzare la direzione della decora- Anu, Quadra di Santa Croce, vol. 84, cc. 32v/34v, ci- zione del Tempietto delle Muse nel Palazzo ducale tato in Falcioni, de Berardinis (a cura), Federico di di Urbino. Cfr. Cecil H. Clough, Il Tempietto delle Montefeltro cit., pp. 309-310, docc. 327-328. Muse e Giovanni Santi, in Varese (a cura), Giovanni 68 A testimonianza della feconda attività è inte- Santi cit., pp. 63-70. ressante il saggio di Maria Rosaria Valazzi relativo 61 Cfr. Smeyers, Dirk Bouts cit., pp. 28-29. alle migrazioni dei modelli e alle differenti mani 62 Cfr. Edward van Even, L’ancienne école de presenti nelle opere di Santi, cfr. Maria Rosaria Va- peinture de Louvain, Muquardt, Bruxelles 1870, p. lazzi, Riflessioni sulla bottega di Giovanni Santi e la 119. Per maggiori dettagli si veda inoltre van Buyten, migrazione dei modelli, in Mochi Onori (a cura), Raf- De sociale situatie cit. faello e Urbino cit., pp. 52-59. 63 È possibile trovare una trascrizione del testa- 69 Per il nuovo e suggestivo municipio, Bouts fu mento in Schöne, Dieric Bouts und cit., pp. 230-232, incaricato di eseguire il Giudizio Finale. A seguire doc. 17. furono commissionati a Bouts anche quattro pannelli 64 «[O]mnia instrumenta ad officium picture con esempi storici di giustizia, le cui uniche due ta- pertinentia, similiter et omnes tabulas et ymagines vole a essere completate ed esposte furono quelle de nondum perfectas neque completas», ibid., p. 231, Il giudizio dell’imperatore Ottone. Cfr. Jacob Wisse, doc. 17. Distinguishing between Bouts and Stuerbout as offi- 65 Il 1 agosto del 1494, di ritorno dal viaggio a cial city painters, in Smeyers (a cura), Dirk Bouts (ca. Mantova, Santi si spegne, dopo aver dettato il suo te- 1410-1475) cit., pp. 19-34. stamento in due diverse redazioni a pochissimi giorni 70 Il vino è un elemento molto utile per compren- di distanza l’una dall’altra. Riguardo alle due redazio- dere lo status sociale acquisito, essendo un bene di ni del testamento cfr. Tom Henry, Nuovi documenti lusso rispetto alla più comune birra.

55 La manutenzione della scarpa di Pesaro in epoca sforzesca

di

Francesco Ambrogiani

Grazie ai superstiti verbali delle sedu- ti alla «fabbrica della scarpa» tra le porte te consiliari dell’antico Comune di Pesaro Curina e Ponte 2. I consiglieri accolsero la sappiamo che, nella seconda metà del quat- proposta, e affidarono l’incarico a Barnaba trocento, il bilancio comunale comprendeva di Bernardo Piccioni e a Battista di ser Gio- un capitolo di uscita intitolato scarpa, che vanni de Padovani 3; i loro nomi fuono in- raggruppava le spese di manutenzione del- clusi nel contratto a cottimo sottoscritto il 4 le mura cittadine: dalla riparazione di tratti giugno di quell’anno con i maestri muratori deteriorati di torri e muraglie ai pilastri dei che vinsero l’appalto: ponti antistanti le porte, dalla sostituzione di tavole dei ponti levatoi alla pulizia dei Barnabeo di Bernardo de Piccioni e fossati 1. Battista di ser Giovanni de Padoani ci- Confrontando i dati disponibili, si può tadini de Pesaro soprastanti ellecti nel osservare che le somme elencate alla voce consiglio de la credenza de Pesaro a fare scarpa oscillarono da un minimo di 400 in questo presente anno fabricar certo lire a un massimo di 1.500, a seconda degli pezo di scarpa cum li torrioni necessarii interventi: la cifra più bassa serviva all’or- a le mura fra porta Chorina e porta del dinaria manutenzione; la più alta alla straor- Ponte 4. dinaria manutenzione, come il rifacimento di tratti di mura o la realizzazione di nuovi I soprastanti assunsero l’onere di fare fortilizi. portare via il terreno gettato fuori dagli sca- L’avvio di lavori di maggiore entità e vi di fondazione, e di condurre in cantiere complessità comportava per il Comune un il legname necessario ai ponteggi e alle ar- onere aggiuntivo; in quelle occasioni, infat- mature: ti, il consiglio sceglieva fra i propri membri una coppia di soprastanti, che avevano il dicti soprastanti promettino a li dicti compito di vigilare sul buon andamento dei maestri farli levare e portare via a spese lavori, e di coadiuvare l’appaltatore nella del dicto comune omne quantità de terre- realizzazione dell’opera. no che essi maestri cavassero in li dicti Queste figure compaiono, per la pri- cavaticci de scarpa e turroni e gettassino ma volta, nella seduta assembleare del 25 de fora de li dicti como è detto de sopra; marzo 1459, quando il vicario delle gabelle e darli rocce, grate, conzolci, zavaroni e esortò i presenti ad eleggere due soprastan- omne altra cosa necessaria per armar e

56 Francesco Ambrogiani La manutenzione della scarpa di Pesaro in epoca sforzesca

per appontellar conducti appresso el dic- deputati dal nostro illustrissimo signore to lavorero.. sopra la fabrica se ha affare l’anno pre- sente al porto de Pesaro 11. Inoltre, promisero di fornire all’appalta- tore «petra matta, petra cotta, rena, calzina I soprastanti si avvalevano del supporto compastata […] e tutta la materia necessa- di ufficiali, detti della scarpa. La loro pre- ria a fare li dicti turroni e scarpa». senza è documentata nel verbale della sedu- Per comprendere il ruolo dei soprastanti ta consigliare del febbraio 1460, nel corso si deve tenere presente che i contratti di quel della quale fu proposta l’elezione di uno periodo obbligavano l’appaltatore a fornire «scriba seu officiale» per tenere i computi, esclusivamente la manodopera, mentre tutti e compilare le bollette nel modo usuale 12. materiali necessari al cantiere (dai mattoni La misura delle opere veniva eseguita alla calcina, dal legname per le impalcature con i criteri stabiliti nel contratto di cotti- agli utensili, ecc.) dovevano essere forniti mo; ad esempio, in quello del 1459 fu inse- dal Comune. Questa particolare tipologia rito il seguente articolo: di contratto, molto diffusa nel Quattrocen- to, fu adottata dalle grandi committenze convennero che la dicta mesura se per sopperire alle difficoltà delle imprese di dovesse fare a raxione de canna de dexie anticipare le somme per l’acquisto dei ma- pé quadra e a muro de tre teste commo teriali da costruzione, e soprattutto dei mat- è dicto de sopra e ch’el pagamento se li toni, che costituivano la voce più onerosa 5. dovesse fare a raxion de bolognini ven- L’elezione dei soprastanti avveniva ticinque per ciascuna canna quadra de all’inizio dell’anno, poco dopo l’approva- dixie pè e de muro de tre teste 13. zione del bilancio. Nel 1460, vennero eletti Nicolò di Durante e Battista di Giovanni La frase sta ad indicare che le muratu- Padovani 6; nel 1462 Lello di Raniero Al- re dovevano essere misurate usando come merici e Zongo di Giovani Ondedei 7; nel unità di riferimento la «canna de dexie pé 1463 e 1464 Lello di Raniero Almerici e quadra», equivalente a circa 12 metri qua- Battista di Giovanni Padovani 8, nel 1465 e drati 14; e siccome la testa del mattone (al- nel 1466 Barnaba Piccioni e Luca di Bar- lora come oggi) stava ad indica il lato cor- tolomeo 9, nel 1474 ancora Lello assieme a to, che era di 14 centimetri, si può tradurre Zongo di Giovanni Ondedei 10. l’articolo del contratto dicendo che il costo Un altro contratto in cui figurarono i so- della manodopera necessaria a realizzare un prastanti fu quello del 14 febbraio 1483, muro alto e largo circa 3 metri e mezzo, di per la costruzione delle nuove difese al por- spessore tre teste, fu stabilito in una lira e 5 to di Pesaro: soldi. Naturalmente, dimensioni e spessori diversi sarebbero stati pagati in proporzio- Infrascripti sono li pacti e conventioni ne; ad esempio due canne da sei teste sareb- facti infra maestro Guardabasso murato- bero state pagate il quadruplo, ecc. re da una parte e noi maestro Cherubino Il primo ufficiale della scarpa che si ingegnere, Zongo de Jacomo Ludovico incontra nei superstiti registri comunali fu e Antonio del Panno soprastanti electi e Gianfrancesco di ser Blanconi, che rimase

57 Studi pesaresi 5.2017 in carica per tutto il 1460 15. Nel 1461 tro- gno 1459, il primo di epoca sforzesca che viamo ser Giacomo da Roma, che fece la si incontra nei superstiti libri del Comune, sua comparsa in occasione dell’ordine di compaiono i seguenti maestri muratori: demolizione della torre colombara vicina «maestro Cristofano de Biasio da Fano, ma- a porta Fanestra 16. Ser Giacomo prese par- estro Gasparino de Bastiano da Como, ma- te ai lavori di ristrutturazione della scarpa estro Antonio de Piero da Como e maestro fra porta Curina e Santa Chiara, e fu ri- Jacomo de Giohanne da Ripalta, al presente petutamente nominato nelle registrazioni abitanti in Pesaro» 22. del 1463 17. Dal 1463 al 1467 compaiono Altri importanti lavori a cottimo furo- i nomi di Antonio di Francesco del Panno no quelli stipulati da Costanzo Sforza con e Luca di ser Giovanni; nel 1479 figurò un Giorgio Marchesi da Settignano per la co- ser Liberato 18. Questi personaggi riceveva- struzione della nuova rocca del Tentamento no dal Comune una paga di 4 lire al mese 19; (10 febbraio 1474) 23, e con maestro Gio- le loro retribuzioni non erano inserite nelle vanni di Marco da Como, detto Guardabas- voci di bilancio (al pari degli altri salariati) so, per il completamento e la realizzazione ma registrate nelle voci di spesa: ciò confer- di nuove fortificazioni nell’area portuale ma che gli ufficiali della scarpa non erano (14 febbraio 1483) 24. figure ordinarie, ma venivano nominati solo I registri delle spese lasciano intravede- per cantieri complessi. re altri contratti a cottimo. Nel luglio del Gli ufficiali della scarpa erano in pos- 1463 Giovanni di Zugarello e Paladino de sesso di buone conoscenze tecniche e di Pedrello, entrambi da Como, ricevettero calcolo, perché dovevano misurare le opere un pagamento per la costruzione di un trat- realizzate, e computare le somme da pagare to di scarpa a porta Curina per 24 soldi la agli appaltatatori; ad esempio, ser Giacomo canna 25; a ottobre dello stesso anno furono da Roma autorizzò il pagamento di due trat- nominati Giovanni di Piero e Giovanni di ti di scarpa da lui misurati: il primo di 35 Grugnetto, anch’essi da Como, per lavori canne e 58 piedi di muro da quattro teste e il alla scarpa e al torrione di porta Curina 26. secondo di 20 canne e mezza di muro da tre Fra il 1465 e il 1467 Cherubino di Giovanni teste 20; più avanti, Antonio del Panno au- da Milano edificò la nuova torre di Santa torizzò il pagamento di 105 lire a favore di Chiara 27. Nel 1480 Guardabasso pattuì un Cherubino di Giovanni di Milano, per lavo- costo unitario di 20 bolognini la canna per ri alla nuova torre di Santa Chiara 21. la costruzione del muro del porto 28. Oltre agli ufficiali e soprastanti, i ver- La tabella seguente ricapitola i lavori a bali dei consigli e i libri delle spese riporta- cottimo individuati nei documenti (a sini- no anche i nomi dei maestri muratori, che stra è riportato il costo per canna di piede ebbero in appalto la fornitura della mano- quadro di muro da tre teste, indicato in sol- dopera. Nel contratto a cottimo del 4 giu- di, o bolognini):

58 Francesco Ambrogiani La manutenzione della scarpa di Pesaro in epoca sforzesca

Cristofano de Biasio da Fano Gaspare di Bastiano da Como Tratto di muraglia e torrioni fra 1459 25 Antonio di Piero da Como porta Curina e porta del Ponte Jacomo di Giovanni da Ripalta Giovanni di Zugarello Paladino di Pedrello Tratto di muraglia e torre a porta 1462/63 24 Giovanni di Piero da Como Curina Giovanni di Grugnetto da Como 1465/67 Cherubino di Giovanni da Milano Torrione di Santa Chiara 20 Rocca nuova, dal terreno in su 20 1474 Giorgio Marchesi da Settignano Rocca nuova, dal terreno in giù 13 1480 Muro del porto 20 1483 Giovanni di Marco da Como (detto Completamento torrione del porto 33 Guardabasso) Tratto di muraglia e torrione vicino 1483 22 a porta Fanestra

Degli undici maestri muratori sopra no- dieci piedi quadri stabiliti a Pesaro nel con- minati nove furono forestieri, e otto lombar- tratto del 1459 31. di. Tale preponderanza si può spiegare, in I pagamenti dei lavori a cottimo veniva- primo luogo, con la scarsità, a Pesaro e nel no effettuati dal depositario del Comune, contado, di maestranze esperte e organizza- sulla base di bollette compilate dall’ufficia- te, in grado di fare fronte all’attività edifi- le della scarpa, o dai soprastanti. Le bollet- catoria avviata dal Comune e dalla signoria te erano fogli che riportavano la descrizione nella seconda metà del Quattrocento, e poi, sintetica del lavoro, le misure, il costo uni- secondariamente, con i legami che si instau- tario e il totale. Ad esempio, nel dicembre rarono fra le signorie sforzesche di Milano e 1463, ser Giacomo da Roma, ufficiale della Pesaro, che facilitarono il trasferimento dei scarpa, autorizzò il pagamento di 24 lire e lavoranti e delle loro famiglie nella signori 12 soldi a favore di maestro Giovanni di adriatica 29. Piero da Como: La tabella mostra che il costo a cottimo di un muro oscillò fra i 20 e 25 soldi, con mastro Gioanni di Piero muratore da una punta di 33 soldi nel 1483, per il torrio- Como per uno pezo de scarpa cum doi ne del porto. È da ritenere che questi prezzi contraforti sopra uno fondamento de la fossero comuni ad un’area geografica più dicta incominzata contra el ponticello de vasta; ad esempio, nel 1452 il comune di l’andata de Sancto Francesco de fora fra Cesena avviò la ristrutturazione della cinta doi torrioni verso porta Curina incomin- urbana, che si protrasse per più di un de- zata adì 15 de septembre e finita per tutto cennio 30. Anche lì i lavori furono affidati a dì ultimo de novembre passato misurata cottimo, con un costo unitario di 3 lire (60 per maestro Jacomo canne venti e meza a soldi) per «tavola di muro da tre teste», che raxone de bolognini ventiquattro la can- corrisponde proprio ai 25 soldi per canna di na lire ventiquattro e soldi 12

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como appare de bolletta de ser Jacomo Nel primo caso muratore e garzone eb- da Roma officiale de la dicta scarpa 32. bero una paga giornaliera di 11 bolognini; nel secondo il solo muratore ebbe 5 bolo- Vi sono anche casi in cui la bolletta si gnini. Nonostante l’attenzione posta dal limitò a riportare il totale, come in questa depositario nel trascrivere gli importi, si annotazione, di data incerta, però collocabi- rilevano errori di computo, come in questa le fra il 1465 e il 1467: registrazione, dove il totale corretto è di 40 soldi, cioè 2 lire. Mastro Cherubino de Giovanni da Milano maestro del dicto turrion per parte del pagamento lavorato al muro del comune a fare para- de l’opera facta al turrione predicto lire pecti e merli per giorni tre cum uno gar- 105 come appare de la bolletta de An- zone e uno dì senza garzone a bolognini tonio predicto e de li dicti XI el dì con il garzone a sue spese e per soprastanti de la scarpa 33. dì tre bolognini VII per la sua persona lire 1 soldo 19 denari 0 37. Qui il depositario omise la trascrizione delle misure e dei calcoli, forse per la loro Un altro personaggio dedito, anche se lunghezza; è da notare che la bolletta, pro- in modo non prevalente, alla manutenzio- babilmente per la rilevanza dell’importo, fu ne della scarpa, fu il maestro del porto, firmata congiuntamente dall’ufficiale della che compare costantemente negli elenchi scarpa, Antonio del Panno, e dai soprastanti. dei salariati del Comune. Negli anni 1450 I lavori di piccola entità, o di breve dura- e 1452 venne registrato come maestro del ta, erano pagati a giornata. Anche in questo porto Piero da Pozzo, un muratore di lunga caso la computazione degli importi da pa- esperienza, già segnalato nel 1438 38. Mae- gare al maestro muratore e ai suoi garzoni, stro Piero non si limitò alla manutenzione per «il magisterio e la fatiga» 34, era ana- delle strutture portuali, che era il suo com- litica, e riportava il salario giornaliero del pito precipuo, ma anche a quelle delle porte lavorante, la qualifica, e il numero di giorni urbane; ad esempio, nel maggio del 1452 in cui era stato impiegato, come appare da acquistò dei chiodi «per reconciare la porta queste registrazioni del 1479: « falsa fora porta del ponte e per conciare la casetta dove sta el conestabile de la decta Donato dal Bosso muratore per aver porta» 39; a luglio lavorò con altri due ma- lavorato cum un garzone a fare parapecti estri muratori al ponte di porta Ponte 40, a e merli al muro de la cità per XIII gior- novembre a quello di porta Curina 41. nate a bolognini XI el dì le sue spese Oltre alla manodopera, i libri delle usci- lire 7 soldi 3 denari 0 35. te contengono anche i pagamenti dei mate- Andrea da Como muratore bolognini riali. Le forniture più onerose furono quel- trenta per avere lavorato […] cum ma- le dei mattoni, che venivano prodotti nelle stro Jacomo e mastro Donato sei dì a soe fornaci locali. Una delle più importanti si spese a bolognini 5 el dì lire 1 trovava nella zona detta del Verzero, fuori soldi 10 denari 0 36. porta Curina, verso il fiume Foglia; la sua

60 Francesco Ambrogiani La manutenzione della scarpa di Pesaro in epoca sforzesca attività è documentata per l’intero periodo sempre per la rocca, furono stabilite 3 lire e della signoria sforzesca: dal 1452, quando mezza al migliaio per i mattoni provenienti furono prodotti i coppi per la torre grande di della fornace del Verzero e un ducato (circa porta Ponte 42, fino al 1506, per una fornitu- tre lire) per quelli di San Pietro in Caliba- ra di mattoni, pianelle e coppi per la rocca no 52. Le fornaci non producevano solo mat- nuova 43. La fornace del Verzero appartenne toni, ma anche coppi, tavelle, e altri genere agli Sforza; infatti, in un elenco di spese del di laterizi. Nel 1452 una fornitura di 500 settembre 1477, riguardante la riparazione coppi per la torre di porta Ponte fu pagata delle rive del fiume vicino al Verzero, fu 9 lire il migliaio 53; nel 1463 il prezzo calò: menzionata una siepe situata vicino «la for- 7 lire il migliaio per 6.050 pezzi da destina- nace del nostro illustrissimo signore» 44. re all’arsenale delle fuste 54; anche i quadri Alcuni pagamenti dimostrano che la per fare il torrione di Santa Chiara furono fornace produceva mattoni non solo per gli pagati 7 lire il migliaio 55. Diversi fornacia- edifici commissionati dal signore, ma anche ri erano originari di Vigevano, che vantava per i cantieri del Comune; nel 1462 fu regi- una lunga tradizione nella fabbricazione dei strato un pagamento di 24 lire in favore del laterizi 56. A partire dagli anni sessanta, ri- «nostro illustre signore», cioè Alessandro sultano attivi a Pesaro i maestri Giovanni Sforza, per una fornitura di «migliara cin- Beltrami, Tommaso e Ambrogio Morselli, que de madoni e per migliara uno de tavelle Bartolomeo Zanini, Menghino di Antonio, tolte da la sua fornaxie a raxone de le lire tutti originari della città lombarda 57. quattro el migliaro» 45. Al contrario dei mattoni, la pietra è Nell’agosto del 1463 furono annotati al- pressoché assente nei registri delle spese tri due pagamenti, di 72 e 64 lire, per 34.000 del Comune. Trattandosi di un materiale mattoni acquistati per «bisogno della scar- costoso, che veniva importato dalle coste pa di Pesaro» 46 (per inciso, va notato che, dalmate, la pietra veniva usata con molta in quel periodo, il Comune, sollecitato da parsimonia; ad esempio, per lo stemma Alessandro a ristrutturare la cinta muraria, con il leone rampante collocato nel di- acquistava i laterizi dalla sua stessa fab- cembre 1466 sul torrione di Santa Chia- brica). Nel 1476 Costanzo Sforza affittò la ra dal maestro tagliapietra Bartolomeo fornace a Matteo Nicolini, che si impegnò da Milano 58. Diverso è il discorso per le a fornire centomila mattoni per il cantiere opere commissionate dagli Sforza, che, della rocca nuova 47. per dare lustro alle loro costruzioni, fece- Oltre a quella del Verzero, esisteva ro ampio uso di pietra bianca. un’altra fornace a San Pietro in Calibano 48. Un altro importante materiale di costru- Nel 1462 49 e nel 1463 50 il prezzo dei zione fu la calce viva, da cui si ricavava la mattoni era di 4 lire al migliaio. Negli anni calce spenta che, mescolata con acqua e settanta, all’epoca della costruzione della sabbia, costituiva il legante di pietre e mat- rocca nuova, i soprastanti di Costanzo Sfor- toni. La calce era pagata a quarti, come ri- za pattuirono un costo di 3 lire il migliaio. sulta da questa scrittura dell’agosto 1463: La rocca richiese ingenti quantitativi di mat- toni: centomila pezzi nel 1476 e cinquecen- Gaspare de Damiano da Monte Ci- tomila nel 1479 51; in un contratto del 1506, cardo e compagni per quarti ducento de

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calcina viva comperati da lui per soldi 3 11 fino in dì 29 de maggio lire octo de bo- ½ el quarto e conducta a porta Curina 59. lognini» 65. Altrove si trovano costi inferiori, 17 o Il 23 dicembre 1473, poco tempo prima anche 15 soldi la barcata 66. Nei libri delle che venisse avviato il cantiere della nuova spese non è specificato l’uso della pietra rocca al Tentamento, Costanzo Sforza con- matta; è probabile che venisse gettata nella trattò l’acquisto di mille quarti di calcina, trincea di fondazione, mescolata con calce, da portare nel luogo dei lavori in due metà: e servisse da basamento per la sopraeleva- la prima entro il mese di marzo del 1474, e zione in muratura; oppure nella costruzione la seconda entro giugno; il costo fu stabili- dei muri, per riempire gli interstizi fra le file to in 2 bolognini e mezzo al quarto 60. Nel di mattoni 67. 1479 una fornitura di 60 quarti di calcina fu I ferramenti comprati nelle botteghe dei pagata 10 lire e 10 soldi, con un costo unita- fabbri venivano venduti a libbre, come fi- rio di 3 soldi e mezzo al quarto 61. gura in una registrazione del 1452, per l’ac- La calcina veniva innaffiata con acqua quisto di due caviglie di ferro: in un trogolo, e scendeva per caduta in una fossa scavata vicino al cantiere (la calcina- Mastro Lorenzo de mastro Nanni e ra), dove si otteneva la calce spenta; dopo mastro Lodovico compagni per due ca- un riposo di un paio di settimane, la calce viglie tolte da loro [...] per lo contrapeso veniva mescolata («compastata») con sab- del ponte de porta Curina, pesano libre 4 bia e acqua per ottenere il legante; la «com- ½ a soldi uno la libra lire 0 dena- pastatura» veniva generalmente effettuata ri 4 soldi 6 68. dagli stessi appaltatori dei lavori a cottimo, i quali venivano retribuiti con bollette sup- I due fabbri, Lorenzo e Ludovico, com- pletive rispetto al contratto principale 62. paiono frequentemente nei registri di spese La sabbia da mescolare alla calcina ve- del Comune dei primi anni cinquanta; dalla niva raccolta sul lido del mare, come risulta loro bottega uscirono anelli per catene, pia- da un pagamento a favore di un carrettaio stre, biette, chiodi, chiavi, vale a dire le bar- di nome Michele di Daniele, per «23 some re di ferro che venivano usate per irrigidire de rena per lui conducta da la marina a l’ar- le murature (ad esempio, fra le forniture del sanal de le fuste per compastar calzina» 63. 1452, si trovano «quattro chiavi per inchia- Nei registri compare frequentemente un vare la torre de fora de porta del ponte» 69). materiale locale, chiamato pietra matta, che I chiodi, o aguzi, acquistati nelle botte- indicava i ciottoli provenienti dalle vicine ghe degli «spetiali», erano di varie tipologie rive di Fiorenzuola e Casteldimezzo 64; la (di Cesena, da barca o da quaderno), come pietra matta veniva trasportata in città via si apprende da questa registrazione del di- mare e pagata a barcata, come appare da cembre 1462: «Per ducento aguti da barca questa registrazione del luglio 1463, per il soldi 8 e per 50 aguti de Sexena soldi 5 e per pagamento di 8 lire in favore di «Gaspare 50 aguti da quaderno soldi 3 per lo tecto de de Turino per barcate octo de petra matta la torre vecchia de porta Churina» 70. comprata da lui per soldi venti la barcata Anche il legname da costruzione era per bisogno de la scarpa e conducta da dì molto variegato. Nei libri delle spese si

62 Francesco Ambrogiani La manutenzione della scarpa di Pesaro in epoca sforzesca incontrano termini come tavole di olmo 71, dagli ufficiali della scarpa o dal maestro del di abete 72, veneziane 73, da fiume 74, «della porto. Questa divisione di compiti costituì maggior sorte» 75; molto usati furono i con- una dei principali criteri adottati dal Co- solzi (o consolci), e i ciavaroni (o zavaro- mune nell’organizzazione dei lavori riguar- ni), termini ricorrenti soprattutto nei lavori danti i beni pubblici. Anche se non esplici- riguardanti i ponti delle porte e gli steccati; tamente motivata, si può ritenere che essa vi erano poi le stracche che avevano a che servisse ad evitare comportamenti fraudo- fare con i ponti levatoi. Il legname veniva lenti, perché metteva i personaggi coinvolti pagato a lunghezza, cioè a piede, come indi- nelle condizioni di controllarsi reciproca- cato in questa scrittura del 1462, che riporta mente. Nel contempo, l’accuratezza usata alcuni degli articoli sopra indicati: dai compilatori delle bollette per determina- re le somme da pagare ai maestri muratori e Per 5 consolzi de 12 pè a soldi 4 l’uno ai vari fornitori, denota la volontà di rende- e per 5 zavaroni de 12 pè per soldi 1 ½ re pubblica la virtuosità del proprio operato. l’uno e per un ciavarone de 15 pè soldi 2 Naturalmente, rimane sempre la possibilità e per 4 tole veneziane a soldi 5 l’una 76. che le contabilità fossero falsate da qualcu- no degli ufficiali, o deisoprastanti , per otte- Gli esempi sopra riportati mostrano che nere una contropartita da maestri muratori le bollette trascritte dal depositario nei regi- o speziali compiacenti: però i verbali delle stri delle spese erano compilate dai sopra- sedute assembleari nella seconda metà del stanti o dal capitano del porto, sulla base Quattrocento non hanno lasciato memoria di misure contabili o indicazioni rilasciate di episodi di corruzione.

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1 I bilanci del 1459, 1460 e 1461 sono in Biblio- sure, pesi e monete in uso attualmente e presso tutti i teca Oliveriana Pesaro (in seguito Bop), Archivio sto- popoli, ristampa Roma 1976, p. 519. rico comunale (in seguito Asc) I-a-31, 1459-1462. Li- 15 Bop, Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., 28 febbraio ber reformationum; quelli del 1463, 1464, 1465, 1466 1460, c. 40v. e 1467 sono in Bop, Asc, I-a-28, 1463-1467. Refor- 16 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463. Libro degli in- mationum (liber decretorum et consiliorum); quello troiti e delle spese del Comune di Pesaro, 15 marzo del 1503 in Bop, ms.1177, 1503-1512. Libro dei de- 1461, c.137v. creti e dei consigli. Dell’anno 1501 si conosce solo il 17 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467. Liber deposita- totale, senza il dettaglio; il documento è stato redatto rie, portuo, scali, cluse et scarpe comunis civitatis dal notaio Giovanni Germani, ma è conservato nella Pisauri, luglio-dicembre 1463, cc.125r-127r. busta di un notaio vissuto successivamente, Giovanni 18 Bop, Asc, XII-b-4, 1479-1480. Libro della De Angelis Sforza (Giovanni Germani, Archivio di depositaria, entrata e uscita del Comune di Pesaro Stato di Pesaro (in seguito Asps), Archivio notarile cit., 31 ottobre 1479, carta non numerata (in seguito (in seguito An), inserito in Giovanni De Angelis Sfor- c.n.n.) za, busta 1379, c.95r). 19 Ivi, 31 dicembre 1462, c.123r (pagamento per 2 Bop, Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., 26 marzo Giacomo da Roma); ivi, c.136r, data non leggibile 1459, c. 13r. (pagamento per Antonio di Francesco del Panno) e 3 Ivi, 14r. c. 139v, data non leggibile (pagamento per Luca di 4 Ivi, cc. 112r-113r. Parte del documento è stato ser Giovanni). pubblicato in Giulio Vaccaj, Pesaro pagine di storia 20 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., luglio 1463, e topografia, cur. Roberta Martufi, Editrice Flami- c.125r e dicembre 1463, c. 126v. nia, Pesaro 1984, pp. 60-61. 21 Ivi, c. 138v, senza data. 5 Sulle tipologie dei contratti si veda Richard A. 22 Bop, Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., cc.112r-113r. Goldthwaite, La costruzione della Firenze rinasci- 23 Paride Berardi, Arte e artisti a Pesaro. Re- mentale, Il Mulino, Bologna 1984, pp. 197-207. gesti di documenti di età malatestiana e sforzesca. 6 Bop, Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., 28 febbraio Parte terza, “Pesaro città e contà” 16, 2002, p. 124, 1460, c. 40r. regesto n.122/a. 7 Ivi, 27 marzo 1462, c. 109r. 24 Bop, Asc, I-c-2, 1454-1565, cit., cc. 18r-19r. 8 Bop, Asc, I-a-28, 1463-1467. Reformationum 25 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., luglio 1463, (liber decretorum et consiliorum), 23 gennaio 1463, c. 125v. In questo contesto il termine canna sottinten- c.4v e ivi, 24 gennaio 1464, c. 27r. de “canna di dieci piedi quadrati di muro da tre teste”. 9 Ivi, 27 maggio 1465, c. 59r e 23 gennaio 1466, 26 Ivi, 18 ottobre 1463, c.126r; dicembre 1463, c. 72r. c. 126v. 10 Bop, ms. 937, Spogli Almerici, vol.V, Squarcio 27 Ivi, 7 novembre (1467?), c. 145r. AB, regesti del notaio Ser Sepolcro, 30 agosto 1474. 28 Bop, Asc, XII-b-4, 1479-1480 cit., 22 agosto 11 Bop, Asc, I-c-2, 1454-1565. Liber decretorum, 1480, c.n.n. cc. 18r-19r. 29 Un elenco di muratori operanti a Pesaro in 12 Bop, Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., 28 febbraio quel periodo è riportato in Berardi, Arte e artisti cit., 1460, c. 39r. pp. 92-95. 13 Bop, Asc, I-a-31, 1459-1462 cit., cc. 112r- 30 Giordano Conti, La ristrutturazione della 113r. cinta muraria di Cesena in “Studi Romagnoli”, anno 14 Poiché un piede equivale a 0,348 metri, una XXXI (1980), pp. 359-382. canna quadrata di dieci piedi è un’unità di superficie 31 Considerato che la tavola era un’unità di su- corrispondente a 3,48x3,48 metri quadrati, cioé circa perficie corrispondente a 28,985 metri quadrati M( ar- 12 metri quadrati. I dati del piede sono stati tratti da tini, Manuale cit., p. 153), si può affermare che, nella Antonio Martini, Manuale di metrologia, ossia mi- città romagnola, i lavori a cottimo comportarono una

64 Francesco Ambrogiani La manutenzione della scarpa di Pesaro in epoca sforzesca tariffa di 60/28,985=2,07 soldi per metro quadrato di 53 Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 30 novembre muro da tre teste; eseguendo il rapporto con la tariffa 1452, c. 82r. di Pesaro (25 soldi per canna di piede quadro, pari a 54 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit.,31 dicem- 12,110 metri quadrati), si ottiene lo stesso risultato: bre 1463, c. 178r. 25/12,110=2,06. 55 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., (data illeggi- 32 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., dicembre bile), c. 139v. 1463, c. 126v. 56 Patrizia Mainoni, Viglaebium opibus primum. 33 Ivi, c. 138v, senza data. Uno sviluppo economico nel quattrocento lombardo, 34 La frase è tratta da Bop, Asc, XI-b-16, 1452 in Metamorfosi di un borgo. Vigevano in età viscon- cit., 4 dicembre 1452, c. 83r. teo-sforzesca, a cura di Giorgio Chittolini, Franco 35 Bop, Asc, XII-b-4, 1479-1480 cit., 31 ottobre Angeli 1992, p. 204. 1479, c.n.n.; il totale di bolognini è 13×11=143, equi- 57 Loreti, Pesaro cit., p.55, regesto n. 57, 22 valenti a 7 lire e 3 bolognini, o soldi. agosto 1463; p. 55, regesto n. 59, 4 giugno 1464; p. 36 Ivi, 31 ottobre 1479, c.n.n. 55, regesto n. 62, 20 ottobre 1464; p. 73, regesto n. 37 Ivi, 31 ottobre 1479, c.n.n. Il totale è 152, 5 aprile 1479; p. 77, regesto n. 169, 11 marzo 11×3+7=40 bolognini, cioè 2 lire, e non 1 lira e 19 1482. soldi. 58 Bop, ms.937, Spogli Almerici, vol. XII, Squar- 38 Bop, Asc, X-f-17, 1438-1439. Libro dell’en- cio BN, 13 dicembre 1466; l’originale del pagamento trata e delle spese della comunità di Pesaro, 10 feb- è in Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., data illeggibile, braio 1438, c. 46v e, 21 settembre 1438, c. 74v. c. 140r. 39 Bop, Asc, XI-b-16, 1452. Libri di depositeria, 59 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., agosto 1463, salariati, 24 maggio 1452, c. 68r. c. 125v. 40 Ivi, 27 luglio 1452, c. 76r. 60 Asps, An, b.17, anni 1473-1474, Sepolcro di 41 Ivi, 4 novembre 1452, c. 81v. Borgo San Sepolcro, 23 dicembre 1473, cc.123r- 42 Ivi, 31 novembre 1452, c. 82r. 124r, parzialmente trascritto in Loreti 1985, p.61, 43 Asps, An, Giovanni Germani, busta 337, anni regesto n.102. 1500-1507, 10 gennaio 1505, c. 17r. 61 Bop, Asc, XII-b-4, 1479-1480 cit., 31 ottobre 44 Bop, Asc, XIV-b-7, 1477-1478. Depositaria 1479, c.n.n. liber redditus et expensarum illustris domini Con- 62 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., 4 dicembre stantii, 14 settembre 1477, c. 111r. 1463, c.126r e (senza data), c.140v. Bop, Asc, XII- 45 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 28 maggio b-4, 1479-1480, cit., 31 ottobre 1479, c.n.n.. 1462, c. 150r. 63 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 13 novem- 46 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., agosto 1463, bre 1463, c.173v. c. 125v. 64 Maria Lucia De Nicolò, Le Pietre di Focara, 47 Leon Lorenzo Loreti, Pesaro. Monumenti in “Pesaro. Città e contà”, 17, 2003, pp. 101-113. malatestiani e sforzeschi, Urbania 1985, p. 67, rege- 65 Bop, Asc, II-a-4, 1462-1467 cit., 1 giugno sto n. 126, 26 novembre 1476. 1462, c. 116v. 48 Asps, An, Giovanni Germani, busta 337, anni 66 Ivi, 22 maggio 1463, c. 14v e ivi, 8 giugno 1500-1507, 10 gennaio 1505, c. 17r. 1464, c. 33v. 49 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 28 maggio 67 A Fano la pietra trasportata per barca veniva 1462, cc. 150r-v. chiamata «da fondazione» (Gastone Petrini, Docu- 50 Ivi, 31 dicembre 1463, c. 178r. menti per lo studio della rocca malatestiana di Fano, 51 Loreti, Pesaro cit., p. 67, regesto n.126, 26 in Fano medievale, Fano 1997, pp. 285-339, regesti novembre 1476 e p. 73, regesto n. 151, 5 aprile 1479. nn. 303, 304, 305, ed altri, pp. 329-330). 52 Asps, An, Giovanni Germani, busta 337, anni 68 Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 2 ottobre 1452, 1500-1507, 10 gennaio 1505, c. 17r. c. 79r.

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69 Ivi, 24 giugno 1452, c. 72r. vembre 1479, c.n.n.; ivi, 20 dicembre 1479, c.n.n. 70 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 31 dicem- 73 Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 17 maggio 1452, bre 1462, c. 160v. Di «aguti di Cesena» si parla anche c. 67v; Bop, Asc, I-a-3, 1453. Bollette del porto, 31 nei documenti riguardanti la rocca di Fano (Petrini, dicembre 1453, c.n.n.; Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 Documenti cit., regesto n. 245, p.297). cit., 28 maggio 1462, cc. 150r-v; 31 dicembre 1462, 71 Bop, Asc, XII-b-8, 1450. Depositeria del Co- c. 161r; 31 novembre 1463, c. 174v. mune di Pesaro, libro di entrata e uscita, 1 aprile 74 Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 31 ottobre 1452, 1450, c. 64v. c. 81r; Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 17 aprile 72 Bop, Asc, XI-b-16, 1452 cit., 11 febbraio 1461, c. 140r; 31 dicembre 1461, c. 146r; 31 dicem- 1452, c. 62r; Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 22 bre 1462, c. 160v. novembre 1461, c. 144r; Bop, Asc, XIV-b-7, 1477- 75 Bop, Asc, XIV-b-9, 1461-1463 cit., 13 aprile 1478 cit., 4 luglio 1477, c. 108v e 31 dicembre 1477, 1461, c. 140r. c. 116v; Bop, Asc, XII-b-4, 1479-1480 cit., 15 no- 76 Ivi, 31 dicembre 1462, c. 160v.

66 I Da Montefeltro nella ceramica dai butti della rocca di Montefiore Conca

di

Simone Biondi e Rino Casadio «Dovrei augurare all’uomo di corte di ravvivare la sua fama con doti di abilità e astuzia e assicurarsi che, ovunque andrà da straniero, al suo arrivo sia preceduto dalla sua buona reputazione... È opinione di molti che essa accresca la fiducia incrollabile nel valore degli uomini che è già forte nelle menti disposte e preparate» Baldassare Castiglione

L’occupazione del castello di Montefiore casione della guerra degli Otto Santi fra Conca da parte dei Montefeltro sotto l’arma lo Stato Pontificio e le città del centro Italia, di Federico III (Gubbio, 7 giugno 1422 – Fer- soprattutto Firenze, avvenuta tra il 1375 e rara, 10 settembre 1482), secondo duca di Ur- il 1378. La scelta dell’immagine dell’aquila bino, durò meno di cinque anni, dal 1458 al come stemma di famiglia, a sé, non inquar- 1463, fatta eccezione per i mesi dall’autunno tato, richiama di fatto una precisa posizio- del 1462 all’estate del 1463, quando Giovan- ne politica in chiave imperiale da parte dei ni, figlio di Sigismondo Pandolfo Malatesta, Montefeltro, un’affermazione di merito che ne rientrò in possesso. Assedio che durò solo ritroviamo fra Trecento e Quattrocento nel- alcune settimane fino alla riconquista di Fe- le insegne di Oddantonio (1378-1443) e del derico. L’8 novembre 1463 papa Pio II iniziò figlio Guidantonio (18 gennaio 1427 - Urbi- lo spoglio dello stato malatestiano 1 . Federi- no, 22 luglio 1444) e più tardi sotto Federico co III era uno statista, un capitano di ventura III (1422-1482). Proprietà, comando, sem- che traeva la sua legittimità politica dall’anti- plice alleanza, erano i messaggi fondamen- co riconoscimento al tempo della discesa in tali lanciati immediatamente dagli stemmi Italia del imperatore Federico I Barbarossa ai loro osservatori nel tempo in cui l’aral- (1154) 2, dalla centralità della contea di Ur- dica svolgeva un’effettiva funzione pubbli- bino nel suo dominio e dal continuo riflettersi ca e privata. Ne sono un chiaro esempio le con la Chiesa di Roma 3, pur nell’alternarsi rare produzioni ceramiche a testimonian- delle alleanze. za delle relazioni ufficiali tra le casate dei Uno degli aspetti più discussi, ancora Montefeltro e dei Malatesta già partire dal oggi, riguarda l’origine dell’arma della fa- Duecento. Questi rapporti, instabili per loro miglia e in particolare la storia dello stem- natura, sembrarono distendersi sotto Novel- ma con l’aquila nera smaltata in campo lo Malatesta (Brescia, 5 agosto 1418-Cese- d’oro. L’origine 4, secondo un recente stu- na, 20 novembre 1465) signore di Cesena. dio di Antonio Conti 5, è da attribuire a una Nei decenni precedenti si erano conclusi seconda arma istituita per ragioni politiche importanti matrimoni: Guidantonio aveva dal conte Antonio II da Montefeltro in oc- sposato in prime nozze Rengarda sorella

67 Studi pesaresi 5.2017

fu celebrato il 2 giugno del 1442 a Urbino: Novello aveva 24 anni, Violante appena 12 e data la giovane età di lei, i due sposi resta- rono secondo le norme del tempo separati, ciascuno nella propria città. Del periodo di occupazione della rocca e del confini di Montefiore da parte di Fede- rico III, ci restano pochissime attestazioni.

Di particolare interesse sia per lo stato di conservazione, sia per l’importanza del recupero in sé, è il piatto da esposizione in maiolica 6, di produzione metaurense 7, databile intorno al 1460 (fig. 1). Pregevo- le è la decorazione dipinta a pieno campo raffigurante una aquila a ali ribassate in blu (a sostituzione del colore nero-manganese tecnicamente più difficile da usare per que- sto tipo di resa), incoronata, armata, mem- brata e imbeccata in lionato. Tutti parti- colari araldici con un chiaro riferimento simbolico, sia nei colori che negli attributi accessori, come la corona “all’antica”. La forma rientra di fatto nei modelli propri sia dell’araldica che della pittura medie- vale dei secoli XIII-XV, caratterizzata da Figura 1 – Piatto da parata con stemma dei Mon- un cerchio rialzato gemmato a otto fioro- tefeltro. Metà XV secolo circa, rocca di Monte- ni (di questi, cinque visibili) sostenuti da fiore Conca. altrettante punte, simbolo nominale della carica di duca 8. L’aquila non è racchiusa di Carlo Malatesta e le sue sorelle Anna e eccezionalmente in uno scudo, né caricata Battista avevano sposato rispettivamente da altre arme o inquartata, come la si tro- Galeotto Belfiore Malatesta (Montefiore, 5 va nel vaso di attribuzione faentina della luglio 1377-Montalboddo, 15 agosto 1400) collezione del Victoria & Albert Museum e Galeazzo Malatesta, soprannominato l’i- datato intorno al 1510 9. Non è possibile netto, signore di Pesaro (Pesaro, 1385-Fi- stabilire di conseguenza se questo piatto renze, 1461). Inoltre nel 1442 Violante da fu commissionato come unico manufatto a Montefeltro, sorella di Oddantonio, andò sé, come le figure sugli scudi che decorano in sposa per volere di Sigismondo Pandol- l’alcova 10 del duca Federico III (1460 ca.) fo, al fratello Domenico Malatesta Novello nella stanza della Jole o negli stemmi sul (Brescia, 5 agosto 1418-Cesena, 20 novem- soffitto della biblioteca di palazzo ducale bre 1465), signore di Cesena. Il matrimonio di Urbino, o se diversamente potesse far

68 Simone Biondi e Rino Casadio I Da Montefeltro nella ceramica dai butti della rocca di Montefiore Conca par parte in origine di un insieme plastico composto da più pezzi. L’assenza dello scudo ha permesso d’al- tro canto al boccalaro di riempire lo spa- zio, a proprio gusto, con fiori di brionia in color ocra cerchiati di zaffera. Decorazione quest’ultima che trova facili confronti con le maioliche pesaresi di imitazione ispano-mo- resca 11 datate dal Berardi intorno alla metà del Quattrocento. La seconda forma (fig. 2) è un piatto in maiolica policroma da mensa, in uso su qual- che servizio da tavola. La tipologia vascolare trova precisi confronti nelle produzioni della famiglia gotico-floreale, in particolare nelle forme della seconda fase dello stile severo in Romagna, a Pesaro e in capi di fattura umbro- marchigiana 12. L’attribuzione all’arma dei Montefeltro è supposta sulla base della deco- razione sul fondo della vasca, bandata d’oro e d’azzurro, nei colori ocra-giallo ferraccia e blu di cobalto. Le pezze invertite e in numero sbagliato, rispetto all’insegna originaria della Figura 2 – Maiolica da tavola con decorazione famiglia bandata d’azzurro e d’oro, sono se- di ispirazione all’arma dei Montefeltro. Metà parate da tratti lasciati a risparmio sullo smalto XV secolo circa, rocca di Montefiore Conca. di fondo e chiuse da filettature circolari in bi- cromia. Il motivo sulla tesa realizzato da una sequenza continua di tratti a punta di pennello in color cobalto, simili a gocce, non trova cor- Un dato interessante, che dovrà essere- rispondenze precise in altre forme inventariate preso in esame in futuro nella ricostruzione o nei fondi di magazzino provenienti dal butto d’insieme del contesto, è l’assenza nella for- in esame. La semplicità del modello attribuibi- mazione dei depositi di manufatti legati alle le al ventennio di passaggio, fra le prime pro- smaltate araldiche (monocrome o policrome) duzioni dello stile severo alle attestazioni “di tardo-medievali con stemma o sigle malate- scuola locale” più tarde, rientra di fatto nelle stiane, rispetto alle produzioni in “maiolica numerose varianti non codificate dei registri arcaica” tarda o a quelle contemporanee fel- rispetto ai tipi canonici delle decorazioni di tresche. Segno importante di un passaggio contorno più comuni, come i monticelli, le storico in corso, anche nell’ambito della tra- fiammelle e i ciuffi ricorrenti. dizione produttiva artistica locale.

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1 Elisa Tosi Brandi (a cura), Castelli e fortifica- scala regionale, nelle produzioni pesaresi e della bas- zioni nel riminese, Bologna 2007. sa Romagna della metà del Quattrocento. Lo smalto 2 Nel 1155 venne eletto vicario imperiale di Urbi- applicato per successive immersioni, si conserva nel no dall’imperatore Federico I Barbarossa. Dalla divi- cavo interno e sul bordo uniforme e ricco (in alcuni sione dei beni paterni con gli altri due fratelli Guido e punti lo spessore raggiunge, compresa la coperta, ol- Galeazzo, ricevette Montecopiolo, al quale aggiunse tre il millimetro di spessore: 1, 1,2 mm circa). N. Inv. San Leo e il Montefeltro grazie ai privilegi imperia- SBA-ERO 250736. Dimensioni: diametro superiore li. Il conte Buonconte (m. 1241), nipote di Antonio, 28 cm, piede 9,9 cm, altezza 5,4 cm. vicario di Federico Barbarossa a Urbino, continuò la 8 Giovanni Santi Mazzini, Araldica. Storia, lin- politica in senso favorevole agli Svevi, combattendo guaggio, simboli e significati dei blasoni e delle armi, più volte in Umbria per Federico II. Milano 2003. 3 Fu papa Eugenio IV infatti, nel 1443, a nomina- 9 Bernard Rackham, Italian Maiolica, foto 23. re Oddantonio II da Montefeltro primo duca di Urbi- 10 Alessandro De Marchi, Maria Rosaria Va- no, fratellastro di Federico III a trasformare la contea lazzi (a cura), Il Rinascimento a Urbino. Fra’ Car- di Urbino, costituita nel 1213, in ducato, governato nevale e gli artisti del Palazzo, cat. mostra (Urbino, dalla famiglia Montefeltro. Palazzo Ducale, 20 luglio-14 novembre 2005), Mila- 4 Senza affrontare in questa sede l’esame specifico no 2005; Matteo Ceriana (a cura), Fra Carnevale. di numerosi documenti araldici, ricordiamo semplice- Un artista rinascimentale da Filippo Lippi a Piero mente che l’aquila fu la figura prediletta nei cimieri dei della Francesca, cat. mostra (Milano, Pinacoteca di Montefeltro, almeno dalla metà del Trecento; l’aquila Brera, 13 ottobre 2004-9 gennaio 2005); (New York, campeggia, proprio come un totem, sulla celeberrima Metropolitan Museum, 1 febbraio - 1 maggio 2005), facciata dei torricini di palazzo ducale di Urbino. Milano 2004. 5 Antonio Conti, Il sigillo di Corrado da Mon- 11 Paride Berardi, L’antica maiolica di Pesa- tefeltro vescovo di Urbino dal 1309 al 1317 e le im- ro. Dal XIV al XVII secolo, Firenze 1984, pp. 125- plicazioni araldiche riguardo gli stemmi del casato e 125. della città di Urbino, in “Nobiltà”, a. XXIV, nn. 138- 12 N. inv. SBA-ERO 250744, ø superiore 22,5 139, maggio-agosto 2017. cm, piede 8,4 cm, altezza 5,5 cm. Ghiara Guarnieri 6 Il piatto è ricoperto da vetrina o “coperta”, et al., Il bello dei butti. Rifiuti e ricerca archeologi- come la chiama il Piccolpasso su smalto. Aspetto ca a Faenza tra Medioevo e età Moderna, Firenze quest’ultimo proprio delle produzioni fra ’400 e ’500. 2009; Gian Carlo Bojani, Per una storia della ce- 7 Si tratta di un grande piatto da parata con va- ramica di Faenza. Materiali dalle mura del Portel- sca emisferica marcata esternamente da due cordoli lo, Faenza 1997; Paride Berardi, L’antica maioli- appena sotto il labbro e piede ad anello con coppia ca cit.; Gian Carlo Bojani (a cura), Ceramica fra di fori passanti realizzati a crudo. Anche questa tipo- Marche e Umbria dal Medioevo al Rinascimento, logia si ritrova con alcune varianti sia locali che su atti del convengo Fabriano 9 aprile 1989.

70 La contea del Fumo

di

Stefano Lancioni

Ad ovest di Apecchio (PU) si trovava il territorio del castello di Montefiore, poi contea, in mano agli Ubaldini che, dal XIV secolo (definitivamente dal XV) sottrasse- ro tutto quel cantone cisappenninico (com- prendente i castelli di Montefiore, Pietra- gialla, Montevicino e Apecchio) a Città di Castello, dal quale precedentemente dipen- deva. Dopo una prima divisione di Montefio- re, avvenuta nel 1541 tra Ottaviano Ubal- dini e i suoi quattro nipoti, figli di Tiberto (fratello di Ottaviano), la parte meridionale del territorio fu amministrata dai discenden- ti di Ottaviano, i quali ben presto si divi- sero in due diverse casate, che risiedevano abitualmente a Cantiano e a Jesi. Dopo al- terne vicende, all’inizio del Seicento il feu- do era amministrato dalla Camera ducale, dopo la morte del conte Federico Ubaldini (1597), a causa della minore età dei nipo- ti di quest’ultimo (i fratelli Giulio Cesare, Giovanni Francesco e Desiderio Ubaldini, residenti a Cantiano) 1; erano stati nell’oc- casione trascurati i diritti del ramo jesino della famiglia, rappresentato da Flaminio Ubaldini e da suo nipote Federico (figlio di Guido, fratello di Flaminio), che subito in- tentarono un processo contro il procuratore del fisco.

71 Studi pesaresi 5.2017

La divisione del 1606 In particolare Flaminio Ubaldini di Jesi e suo nipote Federico ottennero il territorio La causa, iniziata nel 1598 dagli Ubal- conosciuto successivamente come “contea dini di Jesi (anche in nome dei loro parenti del Fumo”. Questa denominazione ven- di Cantiano), riguardava non solo il domi- ne utilizzata, accanto a quella ufficiale “di nio di Montefiore (più una piccola rata della Montefiore”, prendendo spunto dal nome contigua comunità di Pietragialla, da sem- del monte più alto situato nel territorio della pre assoggettata al feudo), ma anche il pos- contea, per evitare confusione con i feudi sesso del luogo di Pian di Molino, in cui si contigui; nei secoli XVII e XVIII sarebbero riscuoteva una gabella del passo 2. Nel 1602 stati infatti “conti di Montefiore”, oltre agli gli Uditori ducali accolsero la richiesta di ri- Ubaldini di Jesi, anche: Ubaldini di Apec- pristino della giurisdizione di Montefiore (e chio per il feudo di Somole; Corboli di Ur- Pietragialla) ma, per quanto riguarda Pian bino, Antaldi, Pianetti di Jesi e Cardelli di di Molino, stabilirono che dovesse rimanere Roma per il feudo di Migliara; Ubaldini di soggetta al duca (ma gli Ubaldini mantene- Cantiano, Vitelli di Roma e Brozzi di Arez- vano il diritto di riscuotere la gabella) 3. zo per quello di Carlano). Nella divisione Qualche anno dopo, gli Ubaldini di Jesi del 1606 furono con precisione individua- e Cantiano decisero, di comune accordo, ti i due feudi. Quella di competenza degli di dividere il feudo, fino allora governato Ubaldini di Jesi comprendeva: pro indiviso, in due rate indipendenti l’una - la Valle di Poltro, incominciando «dal- dall’altra (23 settembre 1606) 4. le sommità dell’Alpi confinanti con S. Chiesa», verso la vetta della valle di Carlano, passando per la sommità dei monti, seguendo la pendenza dell’ac- qua, ed arrivando a Serra della Libera- ta, Serra di Poltro, Serra di S. Stefano, «pigliando la chiesa di S. Stefano entro i confini, et termini di detta Valle di Pol- tro, et giungendo presso il fosso o fiume di Biscubio» 5; - l’altra banda della sommità di detta val- le, «andando per la serra di Carotili alla Serra della Lastra e da lì al Palazzo del Monte sempre a confine di detto Stato verso lo Stato della medesima Altezza d’Urbino […] sino al fosso o fiume di Carotili, che è termine tra il signor Conte Gentile e questa Giurisdizione» 6; - la «Villa del Montione confinante da doi bandi con i fiumi, cioè di Biscubio et Corotili da doi Bande, et nel resto dal dominio del signor conte Gentile» 7;

72 Stefano Lancioni La contea del Fumo

- tutte le ragioni che possedevano sul luo- questa giurisdizione commettesse delitto go detto «la Taverna» 8; alcuno che possa esser affidato dall’altro - Piano di S. Martino, nella zona setten- signore della parte, ove non sarà com- trionale del territorio di Pietragialla; messo il delitto rimettendosi in tutto e - un luogo del territorio di Pietragialla per tutto di questi e d’altri alle conven- chiamato «il Colombaro» 9; tioni e stabilimenti vecchi 10 che sono fra - le due rate delle gabelle «di Pietragialla» questi signori e di più ognuno de detti e «di Pian di Molino». signori possa andare a caccia nella giu- Giulio Cesare, Giovanni Francesco e risdizione dell’altro senza alcuna licen- Desiderio, fratelli e figli del defunto Orazio, za […] similmente gl’uomini della valle ottennero invece tutta la Valle di Carlano, di Carlano debbano andare a macinare più Colle di Strigone, nel territorio di Pie- al molino del signor conte Flaminio se- tragialla. condo il solito che quando però siano lì Nell’atto sono anche ricordati, come secchi che il molinaro gli dia licenza che destinati alla rata dei conti Giulio Cesare e possano andare dove vogliano. fratelli, sia la torre (situata presso Carlano, nel luogo in cui sorgeva il castello di Mon- tefiore, che nei decenni successivi sarebbe La storia: il Seicento stato abbandonato) sia «la casa in cui si tie- ne ragione et vi è la prigione», specificando Nei primi anni del Seicento Flaminio però che i sudditi dei figli del conte Orazio Ubaldini e a suo nipote Federico furono avrebbero dovuto rimborsare i sudditi dei aggregati alla nobiltà di Jesi 11, città in cui conti Flaminio e Federico della loro quota vivevano stabilmente. Nel feudo del Fumo di possesso della suddetta casa. erano rappresentati da un commissario che Si decideva anche di dividere proporzio- aveva il compito di amministrare la giu- nalmente alle due comunità debiti e crediti stizia e soprattutto raccogliere le imposte dell’Abbondanza e le entrate di colte, fazio- camerali (o «colte»), che si riscuotevano il ni, suppliche e pene. 22 luglio alla ragione di 14 bolognini duca- Successivamente sono riportati capitoli li (cioè 15 baiocchi e mezzo romani) ogni e norme per regolare i rapporti economici, cento fiorini ducali di valore delle proprie- sociali, giurisdizionali tra gli uomini dei due tà 12. Venivano in definitiva riscossi poco feudi. Tra le tante, veniva specificato che più di venti scudi, che servivano per co- prire le spese del feudo (la più consistente gl’uomini di queste giurisdizio- era la paga del commissario, ammontante ni ancorché separate possano cavare li a quattro scudi annui) e permettevano l’in- grani a loro libito, biade, scotani, vino, vio al feudatario di una piccola somma di legne, polli, formaggi, pesci, bovi, ova, una quindicina di scudi. Il commissario era et ogn’altra cosa senza dimandar li- generalmente un funzionario di una località cenza a nessuno superiore; intendendo vicina (fino al 1623 il podestà di Sant’An- però quant’a quelli che possedano terre gelo in Vado 13) o almeno aveva la residenza nell’una, et l’altra giurisdizione d’es- nelle zone contigue. si signori che similmente se nessuno di Il conte Flaminio Ubaldini viene più

73 Studi pesaresi 5.2017 volte ricordato negli anni successivi. Era tà perugina, ed ebbe quattro figli, Ottaviano, canonico di Jesi e visse, almeno per una Guidobaldo, Giovanni Battista e Sebastia- parte della sua vita, a Scalocchio (di cui era no 18. Nel 1633 cercò anche di ingrandire il abate) e a Roma 14, trattando con una certa feudo: il 5 settembre comprò da Annibale severità gli abitanti del feudo: sono conser- Ubaldini la rata di competenza di quest’ul- vate due suppliche di abitanti della sua giu- timo (Somole), sempre appartenente all’an- risdizione che chiedono giustizia per pre- tico territorio di Montefiore, per 400 scudi sunti abusi del feudatario 15. In particolare in contanti e 775 da pagarsi in tre anni, al il 27 luglio 1620 vennero appianate, grazie tasso del 7% di interesse 19. Morì però nei alla mediazione degli uditori ducali, le dif- mesi successivi (una lettera del conte Gio- ferenze che intercorrevano tra il conte e gli vanni Francesco Ubaldini di Carlano, del 4 uomini della sua giurisdizione riguardanti febbraio 1634, ci informa del decesso, già le cosiddette «ragaglie» (termine eviden- avvenuto a quella data) 20 e subentrò nella temente deformato di regalìe), una sorta di giurisdizione il figlio Sebastiano 21. Costui tassa feudale in natura pretesa ab immemo- sposò Felice Maria Fiordimonte 22 e fu pa- rabili dal locale feudatario. Nell’accordo, dre di Federico e Giovanni Battista 23. Morì sottoscritto a nome del conte Flaminio dal il 26 settembre 1660 24. Il 19 giugno 1644 il nipote Federico, veniva confermata l’usan- conte Sebastiano promise di vendere la rata za di dare al conte un agnello e un castrato; di Montefiore da poco comperata al conte tuttavia, se gli animali, precedentemente Ottaviano d’Apecchio «in quelle azioni e segnati, fossero morti senza colpa del loro ragioni che fu venduta dal detto signor con- padrone, costui non sarebbe stato più tenuto te Annibale al detto signor conte Federico, a consegnarne un altro al conte. Veniva an- e cioè per il medesimo prezzo che la pagò il che confermato diritto del conte di esigere, detto suo signor Padre e scudi 100 di paoli come di tradizione, «opere et paglia», che 10 oltre il detto prezzo» 25. Rimase pertan- potevano essere eventualmente sostituite da to agli Ubaldini di Jesi il solo territorio del un versamento in denaro; se il conte aves- Fumo. se avuto ancora bisogno, pagata la tassa, Dopo la morte del conte Sebastiano, go- di una ulteriore fornitura di manodopera, vernò il feudo suo figlio Federico. Costui la remunerazione del lavoro sarebbe do- aveva ricoperto l’ufficio di paggio presso vuta avvenire «giorno per giorno, finita la la regina di Svezia a Roma ed era poi sta- giornata», e il conte avrebbe dovuto pagare to al servizio del principe Borghese. Gra- «quello sarà solito pagarsi da altri». Il conte zie all’interessamento di questi due perso- da parte sua perdonava i sudditi che erano naggi, aveva contratto, nel settembre 1661, andati in Maremma senza licenza e si impe- un promettente matrimonio con la signora gnava a restituire due some di grano a una Margarita Amatucci di Assisi. I due però certa Giovanna; avrebbe inoltre soddisfatto non ebbero figli e, nel proprio testamento (7 coloro ai quali era stato requisito il grano 16. maggio 1680), il conte Federico volle istitu- Nel 1621 infine il conte Flaminio donava ire la primogenitura 26: da questo momento al nipote Federico Ubaldini ogni diritto sul avrebbe ottenuto il titolo di conte di Monte- feudo di Montefiore 17. Costui si sposò con fiore e Pietragialla (e i beni feudali connes- Virginia Boncambi, appartenente alla nobil- si) solo il primogenito maschio 27.

74 Stefano Lancioni La contea del Fumo

Dopo la morte del conte Federico, tutti ducale. Questo primo fronte di scontro si i diritti sulla giurisdizione passarono allo allargò poi all’intero feudo di Apecchio, su zio Giovanni Battista, fratello di Sebastiano cui vantavano diritti anche gli Ubaldini di Ubaldini. Giovanni Battista ebbe diversi fi- Jesi che, essendo gli ultimi discendenti ma- gli: Guidottavio, Filippo (canonico di Jesi), schi di Tano Ubaldini, capostipite comune Sebastiano (II) (che si sposò con Artemi- dei diversi rami degli Ubaldini, iniziarono dora Colini) e Vittoria (andata sposa, nel un lungo contenzioso con la Santa Sede 33. 1694, in casa Vannucci a Cingoli) 28. Morì Negli anni 1755-1756 poi la Camera nel 1699 29. apostolica richiese a tutti i feudatari della legazione di Urbino di dimostrare il legit- timo possesso dei titoli. I titoli richiesti non La contea del Fumo nel Settecento furono del resto subito forniti e il 15 marzo 1756 si intimava agli Ubaldini di Jesi di ob- Alla morte di Giovanni Battista, suben- bedire immediatamente alla richiesta, non trò nella contea il primogenito Guidotta- avendo risposto alle due lettere precedenti vio che, il 27 febbraio 1722, alienò le due del 6 ottobre e 4 dicembre 1755 34. Il 2 mag- giurisdizioni di Monte Fiore e Pietra Gialla gio 1756 però, il conte Giambattista Ubal- a vantaggio della sorella Virginia Ubaldi- dini scriveva a sua eminenza spiegando che, ni Vannucci per 400 scudi (a lui necessari appena era giunto a Jesi per assumere il per il matrimonio che doveva contrarre con gonfalonierato dopo una lunga assenza, gli Anna Maria Boni), con riserva di ricompra- erano state consegnato dal mastro di posta re tale feudo per la stessa somma. due dispacci con l’ordine di giustificare il Virginia Ubaldini Vannucci assunse così possesso dei diritti sul feudo di Montefiore: il titolo di “contessa di Montefiore e Pie- chiedeva naturalmente una dilazione e in- tragialla” 30, che mantenne fino al 20 luglio tanto inviava l’attestato del mastro di posta 1733, quando la giurisdizione fu recuperato relativo al ritardo della consegna 35. dal cugino Giovanni Battista (figlio del con- Un quarto fronte di scontro riguardava te Sebastiano), ancora minorenne 31. la località di Taverna. Nel settembre infatti Il conte Giovanni Battista, che si sposò un certo Cipriano Casini, ex oste di Pietra- con Maria Felice Mattoli 32, ebbe una serie gialla senza impiego, aveva appunto aperto di problemi, intorno alla metà del secolo, un’osteria proprio sul confine con Pietra- con la Santa Sede. Un primo fronte si aprì gialla. Il luogo a quel tempo era diviso in nel 1752 quando le milizie pontificie, alla due giurisdizioni dalla strada: nella parte morte del conte Federico Ubaldini, prende- di competenza di Montefiore-Fumo aveva vano possesso della contea di Apecchio e preso a nolo una casa dove forniva allog- degli altri luoghi che, nei secoli, erano stati gio a mulattieri e viandanti, vendeva vino, ad essa accorpati. Venne anche nell’occa- faceva incetta di fieno, strame e paglia. La sione impedita l’appalto della “gabella del presenza di tale osteria danneggiava con la passo” che gli Ubaldini di Jesi riscuotevano sua concorrenza sleale l’oste di Pietragial- da tempo per la loro piccola rata di Pietra- la (tale Niccolò Aloigi) che aveva inviato gialla, dato che per il commissario di Apec- un apposito memoriale alle autorità per ri- chio era di stretta pertinenza della Camera solvere la questione 36. Il podestà di Apec-

75 Studi pesaresi 5.2017 chio informava inoltre che era commissario In un’altra lettera, purtroppo non datata, il per gli Ubaldini di Jesi il notaio Bigini di conte Giovanni Battista precisava che lo Sant’Angelo in Vado, con cui il Casini ave- Stramigioli aveva fatto benissimo a prender va fatto regolare istrumento d’affitto. Mai, possesso del terreno di un suddito che non a memoria degli anziani, vi era stata in quel aveva rispettato un precetto («La troppa in- luogo un’osteria 37. Da Pesaro vennero su- dulgenza da me fatta in passato a’ sudditi bito inviate, nei mesi di ottobre e novem- gl’ha fatti divenire sprezzatore degli ordi- bre, lettere al podestà di Apecchio con cui si ni; ma in appresso mi troveranno di diversa chiedeva di interrogare il Bigini e chiedere indole») 44. Il 14 febbraio 1771 il conte si a lui spiegazioni 38, quindi di precettare il interessava invece della gabella «di Pian di Casini e procedere anche alla carcerazione, Molino», che un tempo si affittava per uno se ce ne fosse stato il bisogno e in caso di scudo e mezzo, ma che dal 1761 era rimasta renitenza 39. Collegata alla vicenda, se ne inaffittata per mancanza di oblatore, - chie intrecciava un’altra riguardante la “gabella dendo al commissario di attivarsi per man- del passo” di Pian di Molino, che dal com- tenerne almeno il diritto, dato che l’Udienza missario era stata trasportata alla Taverna 40. di Urbino sosteneva che spettasse ad essa 45. Procedeva invece senza difficoltà il go- Nel 1778 diverse lettere riguardano la spesa verno del feudo. Dal gennaio 1771, dopo la per il nuovo catasto 46. Nel 1779 ci fu qual- morte di un certo Ercolani, venne nominato che problema per la riparazione del ponte commissario il dottor Antonio Stramigioli, della Taverna, situato ai confini della giuri- che avrebbe ricoperto tale incarico fino al sdizione, la cui spesa doveva essere in par- 1794 41. Negli anni successivi si susseguiro- te sostenuta dai sudditi del conte Giovanni no le lettere tra Sassoferrato (dove il conte Battista 47. risiedeva) e Città di Castello (dove pose la Il successivo conte, Sebastiano (II), era residenza lo Stramigioli). Buona parte della nato il 30 dicembre 1738 48 e assunse il go- corrispondenza riguardava l’esazione della verno del feudo nel 1781, dopo la morte del colletta e la richiesta, rinnovata ogni anno, padre, avvenuta il 4 maggio di quell’an- di consegnare o far pervenire la quota esatta no 49. Era sposato a Chiara Chiappolini (una quindicina di scudi e qualche baioc- Malatesta, ed ebbe come figli Luigi (futuro co) a Cagli per il giorno di San Martino al conte di Montefiore dal 1791), Antonio e signor Filippo Pellegrini (genero del conte Federico 50. Giovanni Battista), che avrebbe provveduto La prima lettera a lui inviata dal com- a consegnare la somma al conte 42. Segui- missario Stramigioli è del 3 giugno 1781 va naturalmente lettera di ringraziamento, e informa il nuovo Conte del terribile ter- anche per le castagne che lo Stramigioli remoto che in quel giorno aveva colpito la regolarmente inviava insieme ai soldi della zona di Cagli ed Apecchio. Per fortuna i colletta. danni nella contea del Fumo furono molto Saltuariamente venivano affrontate altre limitati (tre case crollarono, ma senza vitti- questioni. Compare nella corrispondenza me) 51. Negli anni successivi non ci furono il nome di un certo Vagni, un sacerdote, il invece particolari motivi di preoccupazio- cui comportamento doveva essere sanzio- ne e l’amministrazione procedette regolar- nato, a detta del conte, dallo Stramigioli 43. mente, con i soli problemi di esazione delle

76 Stefano Lancioni La contea del Fumo imposte camerali. In una missiva del 1786 si pienamente nello Stato di Urbino e non lo Stramigioli precisava che «gli affari del mancava di pretendere, in ogni occasione, feudo qui vanno benissimo, mentre non v’è privilegi ed esenzioni. La volontà di affer- cosa alcuna da fare, e li sudditi di Vostra mare la propria indipendenza si manifestò Signoria Illustrissima vivono con tutta la anche nel 1796 quando, alla vigilia dell’in- quiete» 52. vasione francese, la Santa Sede previde una Nel 1791 divenne conte di Montefiore Lu- serie di imposte straordinarie che colpivano igi Ubaldini, nato a Sassoferrato il 28 agosto anche i detentori di feudi. Il 15 settembre 1768 53; è ancora commissario lo Stramigioli, di quell’anno la legazione richiedeva l’in- che invia al nuovo conte la colletta del 1791 tervento del podestà di Apecchio per in- (ammontante a scudi 15.35) 54. Qualche anno formarsi sulla situazione della contea del dopo tuttavia l’avvocato Antonio Stramigioli Fumo, dato che il conte Luigi Ubaldini di morì a Città di Castello (30 aprile 1794) 55. Montefiore pretendeva che i suoi vassalli Subito il conte Luigi si mise alla ricerca di un fossero liberi da ogni imposizione 59. E la nuovo commissario: dapprima venne preferi- richiesta fu rinnovata un mese dopo, con la to ad altri candidati don Orazio Iacobelli, ar- precisazione che era convinzione del conte ciprete e vicario foraneo di Apecchio; succes- Luigi che il feudo non appartenesse neppu- sivamente, avendo don Iacobelli frapposto re alla provincia di Urbino 60. motivi di salute, fu scelto don Antonio Can- Nel frattempo, il 22 ottobre 1796 la Se- cellieri, cappellano curato, notaio, parroco di greteria di Stato inviava apposita lettera alla S. Patrignano di Monte Vicino 56, che avrebbe legazione prevedendo la necessità di forma- mantenuto la carica dal 1794 al 1807, a parte re un esercito scegliendo un individuo, in le brevi interruzioni provocate dall’arrivo dei ogni comunità, ogni cento anime presenti. Il Francesi. 27 ottobre monsignor Ferdinando Saluzzo, A parte la riscossione delle colte (argo- presidente di Urbino, inviava apposita cir- mento onnipresente nella corrispondenza colare a tutte le comunità dello Stato, com- con il conte Luigi), in quei primi anni gli presi i luoghi feudali: in essa si prescriveva unici problemi sorsero intorno al ponte del- la creazione di due deputati per comunità la Taverna, su cui passava la strada che por- con il compito di scegliere un uomo atto tava a Città di Castello, da restaurare (c’era- alle armi ogni cento individui, «non mino- no problemi per la divisione della spesa con ri d’anni 16 né maggiori di 45, non capi di la contigua comunità di Pietragialla) 57 e per casa, non figli unici, non malsani, né d’una la pretesa dell’ospedale di Città di Castel- statura troppo piccola». I prescelti sarebbe- lo (possessore del fondo “Il Fumo”, situato ro stati visitati dal chirurgo, che ne avrebbe all’interno della Contea), di non concorrere attestato l’abilità alle armi, quindi dove- al pagamento della propria quota 58. vano tenersi a disposizione con obbligo di partire a richiesta 61. Don Antonio Cancel- lieri nel novembre, scrivendo a sua eccel- L’arrivo dei Francesi lenza, precisava che, essendo gli abitanti del feudo solo 87, e per giunta miserabilis- Alla fine del Settecento la contea di simi, non era necessario sceglierne neanche Fumo mostrava scarsa volontà di integrar- uno 62. Gli fu risposto che il ragionamento

77 Studi pesaresi 5.2017 non era corretto, dato che la popolazione Apecchio, Montevicino, Baciuccheto, Pie- si avvicinava al numero di cento 63. Ma gli tragialla e Colle degli Stregoni 68. avvenimento presero ben presto una piega Intanto il 18 febbraio il conte Ubaldini diversa da quella che a Pesaro si aspettava: era stato sbrigativamente invitato a nomi- il 31 gennaio 1797 il generale Bonaparte nare un nuovo commissario, se non voleva annunciava l’invasione dello Stato della e che a ciò provvedesse l’Amministrazione il 2 febbraio i francesi (10.000 uomini cir- centrale. La scelta cadde sul commissario ca) spezzavano la resistenza dei pontifici di Apecchio, Masini (che accettava l’incari- (circa 4.000 uomini) lungo il fiume Senio co il 22 aprile 1797), ma il vento era orami presso Faenza, marciando verso sud senza cambiato e si tornò a maggio a don Anto- incontrare altra resistenza: il 5 febbraio gli nio Cancellieri 69. Tuttavia era impossibile invasori entravano a Pesaro, abbandonata tornare alla situazione precedente e anche il dal presidente della legazione 64. Il coscritto tono della corrispondenza tra il Cancellieri di Montefiore non giunse probabilmente in e il conte Luigi abbandona i toni accomo- tempo per partecipare agli eventi. danti e le formule di cortesia: in una lettera Il 7 febbraio 1797 il generale Bonaparte del settembre 1797 infatti, rispondendo ad ordinò a tutte le comunità della legazione una missiva del conte Luigi che criticava il (comprese quelle feudali) di prestare giura- suo operato per non aver inviato, secondo il mento alla Repubblica francese 65: ciò ven- solito, le colte del vassallaggio e gli arretrati ne effettuato nei giorni successivi di fronte civili e criminali, il Cancellieri riconosceva ai soggetti componenti l’Amministrazione che volentieri li avrebbe mandati «quante centrale della Provincia di Urbino, residen- volte li quattro gatti de’ suoi sudditi ogni te in Pesaro 66. Alcune piccole comunità giorno facessero risse, non essendo questa feudali furono nell’occasione dimenticate gente buona». (non furono ad esempio contattati possesso- Continuava inoltre polemicamente: ri o commissari dei feudi di Carlano e Mi- gliara, né quello di Colle Lungo, situato ad Dopo l’invasione dei francesi per fa- est di Monte Vicino), ma non la contea del vore ho riassunta la carica, affinché non Fumo e Colle degli Stregone (degli Anto- perdesse li suoi diritti, come mi signifi- nelli di Senigallia), i cui “viceconti” risiede- cò in due sue una segnata sotto il dì 27 vano in Apecchio: erano i due sacerdoti don marzo e l’altra sotto il dì 8 maggio e non Antonio Cancellieri e don Giambartolomeo per il vile interesse di scudi 4, che otto Ghigi, che però si dimisero dalla carica per ne pagherei per non seccarmi così. Onde non dover giurare obbedienza al nuovo go- giacché si vede da me mal servito venga verno 67. Il giuramento di fedeltà al nuovo pure all’elezione d’altro legato che fede- regime (senza conseguenze pratiche, dato le gli sarà che nulla a me fa torto 70. che il primo dominio francese durò poche settimane e si concluse con il trattato di Di lì a poco ci furono nuovi cambia- Tolentino) fu poi effettuato, il 21 febbraio menti. Quando, tra dicembre 1797 e gen- 1797 dal cittadino Carlo Grilli per il feudo naio 1798, lo Stato venne invaso prima dai di Montefiore, che era stato inviato dal po- cisalpini, poi dai francesi, il conte Luigi destà Masini a Pesaro insieme ai delegati di Ubaldini aveva chiesto al suo commissario,

78 Stefano Lancioni La contea del Fumo don Antonio Cancellieri, se fosse opportuno abbaglio, ed a ripararlo immediatamente, formare nel suo feudo una municipalità; il lasciando in libertà detto feudo, ed annes- Cancellieri però il 10 febbraio 1798 lo in- si» 73. Ciò naturalmente non fu fatto. Tutta- formava che già dal 16 gennaio erano stati via la municipalità provvisoria durò fino al chiamati i deputati di Montefiore-Fumo a giugno 1799, quando crollò la Repubblica Città di Castello, e lì si erano assoggetta- romana. Una lettera del solito don Antonio ti: erano stati eletti due commissari dalla Cancellieri informava del cambio di regime municipalità tifernate, da cui ora dipende- ad Apecchio; ciò spinse il conte Luigi ad at- vano 71. tivarsi presso l’autorità provvisoria a Urbino La nuova situazione lasciò costernato il o Pesaro per ottenere il reinsediamento nel Conte, che tuttavia non era stato con le mani suo feudo 74 e, approfittando della confusio- in mano ed aveva chiesto autorizzazione, ne, pensò di fare “restaurare” i suoi diritti su già dal 22 di gennaio, al ministro del Sacro Montefiore insieme a quelli che pretende- Romano Imperatore, ad alzare nei suoi feu- va avere su Apecchio. Abortito il tentativo di lo stemma imperiale. Con lettera del 14 nel settembre 1799 per l’opposizione del febbraio tale autorizzazione era arrivata. Il De Iacobj, imperial regio commissario, si 19 febbraio chiedeva al Cancellieri di alza- trovò in difficoltà anche per Montefiore, di re nei suoi feudi (Montefiore e Pietragialla) cui non aveva ancora preso possesso. Don lo stemma imperiale (specificava anche che Antonio Cancellieri, il 6 novembre 1799, «lo stemma imperiale è un’aquila, e la ban- sottolinea di essere pronto alla presa di pos- diera è gialla e nera») e, giusto per risolvere sesso dell’antico feudo: nulla infatti più lo tutti i problemi su Apecchio (su cui vantava impediva, se non la contrarietà dei sudditi: diritti), voleva che il Cancellieri innalzasse a suo nome lo stemma imperiale anche su perché l’unico motivo che li sudditi quella terra 72. non vogliono sentire il nome de’ conti, Il folle tentativo (che dimostrava scar- che essendo gravati non possono ad alcu- sa comprensione della situazione politica e no ricorrere; ciò sarebbe al caso ne’ suoi militare creatasi con l’invasione dello Stato sudditi presentemente, se a lei le è ben pontificio da parte di francesi e cisalpini) nota la loro cocciutaggine, che neppur avrebbe potuto provocare grossi guai a co- vogliono pagare il dovere come accadde loro che, eventualmente, avessero cercato nella spesa occorsa per il ponte 75. di porre in pratica tali ordini. Nessuno fu tanto sconsiderato da eseguirli. Per il periodo 1801-1807 (nuova restau- Qualche giorno il conte Luigi scriveva razione del potere pontificio nella legazione anche all’avvocato Nicola Domenichini e, per quanto riguarda Montefiore, feudale) Travi di Città di Castello comunicando l’au- è conservata all’archivio Ubaldini di Jesi la torizzazione di innalzare lo stemma impe- corrispondenza tra il conte Luigi Ubaldini riale nei suoi feudi, tra i quali era compreso e il commissario don Antonio Cancellieri: (secondo l’Ubaldini) anche Apecchio. Dato si tratta di lettere generalmente molto bre- che tale feudo era stato sottoposto per errore vi, riguardanti questioni amministrative ed dalla Repubblica alla municipalità di Città economico-finanziarie della piccola comu- di Castello, pregava di far «conoscere tale nità 76.

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Don Antonio Cancellieri, commissario Le comunità appodiate perdevano «par- (o viceconte) di Montefiore dal 1794 passò te della loro autonomia economica e quasi a miglior vita il 12 maggio 1807 77. Ultimo completamente la loro autonomia ammi- viceconte della contea fu Lorenzo Collesi, nistrativa per dar vita ad aggregazioni più già commissario del conte Boni a Castiglio- vaste ruotanti attorno alla comunità princi- ne e del marchese Brozzi a Offredi e Carla- pale. Non si trattava tuttavia di federazione, no. L’incarico venne conferito il 29 maggio né tanto meno di fusione, ma di una vera e 1807; l’ultima lettera da lui inviata al conte propria diminuzione di personalità degli ap- Luigi Ubaldini di Jesi porta la data del 25 podiati a favore dei capoluoghi». Esse era- ottobre 1807 78. Il feudo fu quindi occupato no rette da un sindaco (scelto dal delegato dalle truppe del napoleonico regno d’Italia, di Urbino e Pesaro tra una terna proposta) che mantennero il potere fino al 1813. In che dipendeva dal gonfaloniere della comu- tale periodo i tre piccoli feudi di Carlano, nità principale 82. Migliara e Fumo si trovarono riuniti nel me- Nella comunità principale venne isti- desimo municipio di Apecchio, insieme ad tuito un consiglio, nominato dal delegato, altre entità territoriali minori della zona 79. formato da un certo numero (da 18 a 48) di residenti, al capo del quale era il podestà. La magistratura che amministrava la comu- La fine del feudo nità era costituita da un gonfaloniere e dagli anziani (da due a sei a seconda del numero Ritornati i legittimi detentori alla cadu- degli abitanti; anch’essi venivano scelti dal ta del napoleonico regno d’Italia (1814), i delegato su terne proposte dai consiglieri). feudi ebbero tuttavia vita breve. Il cardinal Ai consigli del comune partecipavano an- Consalvi, segretario di Stato, rifiutando il ri- che i sindaci delle comunità appodiate 83. torno al particolarismo feudale e comunale Completava la riforma il riparto territoria- dell’Antico regime, fece approvare una del- le, cioè l’elenco delle nuove aggregazioni le leggi più significative del suo segretariato amministrative locali (comuni e appodiati), di Stato: il motu proprio 6 luglio 1816. Esso che solo in parte ricalcavano precedenti ri- prevedeva la ristrutturazione territoriale di partizioni dell’Antico regime. tutto lo Stato, che fu suddiviso in diciassette Con il riparto territoriale allegato al delegazioni, una delle quali, quella di Urbi- motu proprio e con l’editto 26 novembre no, corrispondeva alla precedente legazione 1817, Apecchio venne confermata comune di Urbino e Pesaro 80. Vennero in tale occa- con gli appodiati di Carlano, Colle Rosso, sione abolite tutte le giurisdizioni baronali e Costregone e Collelungo, Migliara, Monte- feudali esistenti, prima dell’arrivo dei fran- fiore (cioè la contea del Fumo), Montevici- cesi, nel territorio dello Stato della Chiesa 81 no e Fagnille, Pietragialla e annessi e si cercò di rendere uniforme l’amministra- L’amministrazione locale fu di nuovo zione comunale e di riorganizzarla comple- riorganizzata con il motu proprio 21 di- tamente con l’istituto dell’appodiamento, in cembre 1827 84, che prevedeva un ultimo base al quale entità amministrative minori riparto territoriale. Il comune di Apecchio erano “appodiate” (“appoggiate”) ad una mantenne tutti gli appodiati precedenti e comunità principale. ottenne di nuovo “Carda e Serravalle” (che

80 Stefano Lancioni La contea del Fumo nel decennio 1817-1827 era stata appodiata un’altitudine di 600-850 metri s.l.m., si ca- a Cantiano), ratterizza per il paesaggio montano, attual- Nel Riparto territoriale dello Stato Pon- mente in buona parte ricoperto da boschi. tificio a tutto l’anno 1833, l’ultimo pre- Fino all’Ottocento era caratterizzata da sentato dallo Stato della Chiesa, venivano insediamento sparso in un decina di abita- confermati gli appodiati del motu proprio zioni (più numerose nel Seicento, quando la del 1827 con un più razionale accorpamen- popolazione della zona montana era supe- to degli appodiati: nell’occasione Carlano, riore), dipendenti, dal punto di vista religio- Migliara e la contea del Fumo furono riuniti so dalle parrocchie di S. Andrea di Carlano in un unico appodiato 85. e S. Stefano in Alboreto/di Osteria Nuova. Gli appodiati avrebbero perso autono- Le due parrocchie, il cui territorio si esten- mia giuridica e amministrativa solo nel deva anche nei territori contermini, non si 1860, quando, con l’occupazione piemon- trovavano nel territorio del Fumo, ad ec- tese delle Marche, furono progressivamente cezione di quella di S. Stefano in Alboreto estese le leggi sarde nella nostra regione: (sicuramente all’interno del feudo agli inizi una di queste eliminò implicitamente tutti del Seicento, trasferita ad Osteria Nuova di gli appodiati (24 settembre 1860) 86, da que- Pietragialla, nel luogo in cui anche ora si sto momento annoverati tra le frazioni del trova, probabilmente nel Settecento). comune capoluogo. Per quanto riguarda insediamenti e pro- prietà un primo documento del 1685 ci for- nisce un elenco di 18 possidenti del Fumo e Territorio, proprietà, popolazione di Pietragialla che erano tenuti a versare la colletta camerale per un totale di circa 22 La contea del Fumo si estendeva nel- scudi, a cui si aggiungevano scudi 1.20 per la parte occidentale dell’attuale comune l’appalto della gabella di Pian di Molino e di Apecchio per 3483,38 tavole romane 1.00 per quella di Osteria Nova (quest’ul- (348,338 ettari) delle 17.400,05 dell’origi- tima sarà successivamente chiamata del nale feudo di Montefiore 87. Fumo). Da sottolineare che i beni delle Essa comprendeva tutta la vallata del istituzioni religiose esistenti non feudo non fosso del Fumo (affluente di destra del Bi- figurano tassati 88. Vengono menzionati una scubio, che si immette in tale torrente pres- serie di toponimi, diversi dei quali si ritro- so la località di Taverna) e la parte inferiore veranno nelle successive descrizioni: Palaz- della vallata del fosso della Lastra (affluente zo, Collalpe, Taverna, Montone, Caldese, del fosso del Fumo) fino agli attuali confini Col della Casa, Monte, Ca Vagni. regionali. La vallata del Fumo era abbastan- Dieci anni dopo, nel 1695, vengono ri- za importante perché attraversata da uno dei cordate quindici abitazioni a Montefiore principali percorsi viari che univano Apec- (Osteria del Fumo, la Casa, Casa del Mar- chio a Città di Castello (poi sostituito, alla celli, Casa Colonna, Monte, Palazza; inoltre fine dell’Ottocento, dalla provinciale attual- quattro famiglie a Collalpi, tre a Montio- mente in uso, che scorre nella vallata del ne, due a Caldese), sette a Pietragialla (Ca Fosso della Lastra). Giorgi; tre famiglie a Piano di S. Martino, La zona, il cui territorio che si trova ad tre a Palazzo del Pian di S. Martino) 89.

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Durante il governo della contessa Vir- dirittura è di sole 20 tavole, cioè lo 0,05% ginia Ubaldini Vannucci (1722-1733) figu- del totale). In particolare abbiamo, su circa ravano 16 proprietari tenuti al pagamento 43000 tavole 94 della colletta (che in quell’anno ascende- va a 21,83 scudi), compresa la venerabile estensione tipologia % compagnia di S. Antonio di Carlano (uni- (tavole) ca istituzione religiosa presente nella lista) lavorativa buona 20,00 0,05 e l’entrata della gabella del passo di Pian lavorativa mediocre 1266,15 2,94 di Molino 90. Nel 1754 i “vassalli” che pa- gavano la tassa erano solo undici per 21,22 lavorativa cattiva 5462,11 12,70 scudi (non computati gli enti religiosi, con lavorativa pessima 2453,88 5,71 l’eccezione della compagnia di S. Antonio). soda cerrata cattiva 13430,24 31,22 Le entrate erano accresciute dalla gabella soda cerrata pessima 5340,00 12,42 del Fumo, appaltata per uno scudo, mentre soda cattiva 6735,00 15,66 non era stata riscossa la gabella di Pian di soda pessima 120,00 0,28 Molino perché riscossa da Apecchio (era soda pessima stata appena devoluta quella terra e il loca- 8184,00 19,03 le commissario la considerava competenza infruttifera della Santa Sede) 91. Nel 1778 vennero fatti gli estimi di tut- Nel 1855, quando non esisteva più la te le proprietà; alla fine del secolo, quando contea ma era rimasta la ripartizione ca- era conte Luigi Ubaldini (dal 1790-1791), si tastale, furono censiti 129 appezzamenti contavano al Fumo 17 proprietari (a cui si di 10 proprietari, per una superficie totale aggiungevano i conti Marsili per Caivico di di 3483,38 tavole e un estimo riveduto di Pietragialla), comprese le parrocchie di S. 1806,22 scudi. Giovanni di Somole, San Paolo di Fagnille e S. Stefano d’Alboreto e l’ospedale di Città di Castello, che aveva assorbito, in tale data, la compagnia di S. Antonio di Carlano 92. La qualità dei suoli della contea non doveva essere particolarmente apprezza- bile: nel Terratico della Contea Ubaldi- ni 93, compilato alla fine del Settecento, tutto il territorio della contea era diviso in nove diverse tipologie, quattro riguardanti la “terra lavorativa” (complessivamente il 21,39% del totale) e cinque quella “soda” (il 78,61%); in entrambe le tipologie pre- valgono caratteristiche negative (con gli aggettivi “cattiva” e “pessima”), mentre la terra lavorativa “buona” o “mediocre” non raggiunge il 3% del totale (quella buona ad-

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1. Cappella di Montefiore di Sant’Anto- 6. Parrocchia in Arboreto di Santo Stefa- nio posseduta da Cioni prete Giovanni: no posseduta da Giomelli prete Tom- sup. 69.80 tavole maso. Sup. 169.06 2. Gaggi Tommaso, Andrea, Livio, Do- 7. Parrocchia in Fagnille di San Paolo menico e Giovanni fu Giovanni Batti- posseduta da Giandomenichi prete Do- sta di Montefiore: sup. 71.62 menico: sup. 25.06 3. Grelli Pasquale fu Carlo proprietario e 8. Polidori Andrea fu Giovanni Maria di Grelli Maria Domenica usufruttuaria di Pietragialla: sup. 1237,48 Monte Fiore: sup. 366.41 9. Polidori Domenico e Pasquale fu Ber- 4. Parlani Paolo fu Piermatteo di Monte- nardino di Pian di Landuccio: sup. fiore: sup. 754,75 72.21 5. Parlani Piermatteo - Causa Pia posse- 10. Spedali in Città di Castello = Ospedali duta da Parlani prete Piermatteo junio- uniti: sup. 685,65 re di Monte Fiore: sup. 31.34

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Il territorio si presentava in buona parte estendevano nella parte centrale, interval- destinato al pascolo (44% circa) e al “bosco lati da modeste estensione di seminativo e da frutta”, cioè al castagneto (36% circa); di seminativo vitato gran lunga inferiore la percentuale di semi- Non sono disponibili dati continuativi nativo (10% sommando anche il “semina- sul popolamento della zona. Un primo do- tivo vitato”) e bosco ceduo; molto limitate cumento del 1636-1645, riportato da Angelo altre tipologie 95. Ascani, indica in 78 il numero complessivo di case presenti a Montefiore, attribuendo 96 Superficie Percen- quindi alla rata del Fumo 20 case . Inuti- Coltivazione (in tavole) tuale lizzabili alcuni dati del 1701 e 1708, dato che fanno riferimento alla ripartizione re- pascolo 1559,93 44,78 ligiosa, non coincidente con quella civile- bosco da frutta 1263,81 36,28 amministrativa 97. Viene invece organizzato seminativo 266,04 7,64 per comunità il censimento del 1782, ma bosco ceduo 252,96 7,26 vengono registrate, presumibilmente per seminativo vitato 82,05 2,36 errore, solo 10 anime 98; nel 1796 si conta- sterile 47,1 1,35 no 87 abitanti (compresi quelli della rata di 99 prato naturale 8,39 0,24 Pietragialla) ; nella tabella del 1816 le ani- me della sola contea del Fumo sono 59 100. case 2,79 0,08 Anche nel censimento del 1853 abbiamo aja 0,31 0,01 un totale di 59 persone (11 in parrocchia di totale 3483,38 100,00 S. Giovanni di Somole, 48 in quella di S. Stefano di Osteria Nuova) 101, suddivise in Le aree boschive predominavano nel 10 case. Quest’ultimo dato indica che, in nord (zona di Montione) e nel sud (zona due secoli, era scomparsa la metà delle abi- del Fumo) del territorio, mentre i pascoli si tazioni attestate nel Seicento.

84 Stefano Lancioni La contea del Fumo

1 Archivio di Stato di Pesaro (d’ora in poi Asp), categoria, al 19° posto con 5.121,11 scudi (Ibid., pp. Legazione (d’ora in poi Leg.), Feudi, b. 11, CLXXXV, 164-165 e 178-179). 1: «Per la morte del conte Federico Ubaldini dalla 12 Anche a Pietragialla le imposte cameriani ve- Carda, senza figli maschi, pretende il nostro Fisco, nivano riscosse nella stessa data e con la stessa entità che la nostra Camera deve succedere nei luoghi feu- (diverse invece per le altre comunità dell’Apecchie- dali posseduti già da esso. Perciò vogliamo che da Voi se); v. S. Lancioni, Dopo la Devoluzione (Apecchio se ne prenda il possesso in nome nostro, dandovi ogni dal 1752 al 1789), Fano, 2009, p. 24. autorità accessoria con darci poi avviso del seguito. 13 Asp, Leg., Lettere delle comunità: Massa, b. 8, Di Pesaro li 12 di maggio 1597». lettera del podestà Flaminio Biscaccianti, S. Angelo 2 Asp, Leg., Feudi, b. n. 11, CLXXV, lettera del in Vado, 24 luglio 1623. Da una lettera del conte Gen- duca al commissario di Massa, Casteldurante 20 giu- tile di Apecchio sappiamo che, nel 1666, il commis- gno 1598; b. 12, volume 8531, LXXXIII H, 20 giu- sario di Apecchio era stato incaricato di amministra- gno 1598. re la giustizia anche al Fumo (ASP, Leg., Lettere di 3 Asp, Leg.¸ Copialettere, b. 8583 (1600-1602), Sua Eminenza, b. 41 (1666), lettera del conte Gentile al commissario di Massa, 13 novembre 1602 (tra- Ubaldini, Apecchio, 29 ottobre 1666). scritta in ASP, Leg., Feudi, b. 12, vol. 8531, XC). 14 Non deve esere confuso con un omonimo La gabella riguardava il passo e veniva applicata a conte Flaminio Ubaldini del ramo di Valboscosa, re- qualunque soma o carro di passaggio nella località: sidente in Urbino, che fu impegnanto in quegli anni in generalmente era esatta da un oste, che anticipava una diverse campagne militari all’estero (Ungheria, Ger- quota fissa annua al titolare del diritto. mania) e che morì nel 1620. 4 Asp, Archivio Notarile, Giacomo Testo, 1604- 15 Asp, Leg., Lettere: Massa, b. 5 (1617), lette- 1606, cc. 359r-364v, 23 settembre 1606 (documento ra del commissario Andrea Furiosi, Casteldurante 12 che mi è stato segnalato da Girolamo Allegretti); v. giugno 1617 anche ASP, Leg., Feudi¸ b. 12, vol. 8531, CXVII). 16 Asp, Leg., Feudi, b.11, CLXXIX, lettera al 5 È questa la vallata del Fosso del Fumo, seguen- commissario di Massa, 27 luglio 1620. Lo stesso do- done lo spartiacque a nord della stessa. cumento in b.11, CXIII e nella Biblioteca Planettiana 6 Il confine segue lo spartiacque a sud del fos- di Jesi (d’ora in poi BPJ), Archivio Ubaldini, b. 17- so del Fumo, fino a congiungersi con il fosso della 20, n. 156. Lastra (nome attuale del fosso di Carotili, toponimo 17 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 117, Memorie ono- ancora attestato in zona). rifiche della famiglia de’ conti Ubaldini compilate dal 7 È indicata la zona nordorientale della contea del conte Luigi Ubaldini da Jesi nell’anno 1812 levate Fumo. da diversi autori, che hanno scritto di detta famiglia 8 Nella zona settentrionale della contea del Fumo e da documenti autentici che si conservano nell’ar- 9 Il luogo è situato nella parte meridionale di Pie- chivio domestico di detto conte Luigi in Jesi. Contee tragialla. e giurisdizioni delli signori conti Ubaldini nell’anno 10 Si fa riferimento ai Capitoli allegati alla divi- 1695, c. 270r. sione del 1541, riportati in ASP, Leg., Feudi b. 10, 18 E. Gamurrini, Istoria genealogica delle fa- LIII, pp. 371r-373r.; b. 11, CL (19 marzo 1541): miglie nobili di Toscana ed Umbria, vol. IV, Firenze 11 R. Molinelli, Un’oligarchia locale nell’età 1679, p. 11. moderna, Urbino 1976, p. 117. Gli Ubaldini sono 19 Asp, Leg., Feudi, b. 10, LXX, pp. 444 r - assenti dal bussolo cittadino nel 1587; inseriti nel 446v (la data del motu proprio di concessione di 1621 (ivi, pp. 62-64). Nel catasto della prima metà autorizzazione è 31 maggio 1633). V. anche ASP, del XVII secolo gli Ubaldini figurano al 19° posto tra Leg., Feudi, b. 10, XCIII, cc. 476r-477r (9 giugno i maggiori proprietari terrieri con 81.573 canne cen- 1644 in Jesi). site; nel 1697-1698 al 24° posto tra i maggiori con- 20 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 15-16, lettera del tribuenti, con 7.341, 29 scudi; nel 1797, nella stessa conte Giovanni Francesco Ubaldini di Montefiore

85 Studi pesaresi 5.2017 alla contessa Fioredimente degli Ubaldini, Monte 33 Sono abbondantissimi i documenti conservati Fiore 4 febbraio 1634. nella BPJ, Archivio Ubaldini (buste 17-20 e 41-42- 21 Il 19 giugno 1644 figurava minore di 25 anni 89) riguardanti tale contenzioso ma maggiore di 22 (ASP, Leg., Feudi, b. 10, XCIII, 34 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 17-20, n. 90 (a cc. 476 r- 477 r; b. 9, XCIII). stampa). 22 BPJ, Archivio Ubaldini, inventario al vol. 117 35 Asp, Leg., Lettere di Sua Eminenza, b. 109 (scritto da Luigi Ubaldini) (1755-1756), lettera di Giambattista Ubaldini conte 23 Gamurrini, Istoria genealogica cit., IV, p. 11 di Montefiore, Jesi, 2 maggio 1756. (Giovanni Battista di Sebastiano non è altrimenti at- 36 In effetti la gestione dell’osteria veniva ap- testato) paltata e l’oste aveva la privativa di comprare fieno, 24 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 117, Memorie biada, vino, ecc. nonché di ospitare forestieri, esigere onorifiche cit., c. 119v: «anno 1660 adì 26 settembre la gabella del passo, ecc. morì il signor conte Sebastiano Ubaldini nella città 37 Asp, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, di Fuligno, e fu seppellito il giorno seguente nella b. 1 (1752-1755), Apecchio 3 ottobre 1754, lettera del chiesa di S. Giacomo di detta città, dove s’infermò, podestà Giampaolo Mazzarini. L’affermazione sem- mentre faceva il viaggio di Assisi per l’accasamento bra difficilmente credibile, se non altro per il toponi- del conte Federico suo figlio con la signora Margarita mo della località. Amatucci». 38 Asp, Leg., Copialettere, ex 7161 (1753-1755), 25 Asp, Leg., Feudi b. 10, XCIII, cc. 476r-477r; c. 161v, 28 ottobre 1754, al podestà di Apecchio. b. 9, XCIII. 39 Ivi, Copialettere, ex 7161 (1753-1755), c. 26 La primogenitura presupponeva, per gli Ubal- 164v, 8 novembre 1754, al podestà di Apecchio. dini, la potestà assoluta del feudo (cosa difficilmente 40 Ivi, Copialettere, ex 7169 (1764-65), 17 aprile sostenibile dal punto di vista giuridico, dato che la 1764, al podestà di Apecchio. loro era una signoria consortile non modificabile per 41 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 15-16, lettera del la volontà di uno dei membri; i vari esponenti della conte Giambattista Ubaldini ad Antonio Stramigioli famiglia avevano inoltre più volte giurata fedeltà ai in Sant’Angelo in Vado per Apecchio, Sassoferrato, duchi di Urbino, che aveva quindi voce in capitolo). 25 gennaio 1771 La volontà di sottolineare la loro indipendenza fu co- 42 Ivi, b.15-16, passim. Scudi 15.72 nel 1773 e munque, da questo momento fino alla fine del feudo, nel 1779. sostenuta da vari esponenti della casata. 43 Ivi., passim. 27 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 23-90-91; b. 117, 44 Ivi. passim. 45 Ivi, lettera del conte Giovanni Battista al dot- 28 Gamurrini, Istoria genealogica cit., IV, p. 11; tor Antonio Stramigioli, Sassoferrato 14 febbraio BPJ, Archivio Ubaldini, b. 117, passim. 1771. Ancora nel 1777 il conte Giovanni Battista so- 29 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 15-16, lettera del steneva il suo diritto di esigere la gabella (pur confes- conte Federico Ubaldini (di Apecchio) al conte Ni- sando di non aver scritture per sostenere a che titolo colò Vannucci di Cingoli, Città di Castello, 4 aprile fosse esatta). [16]99. 46 Ivi, lettere del conte Giovanni Battista al dot- 30 Ivi, b. 15-16, nomina di Pier Donato Paltoni a tor Antonio Stramigioli, Sassoferrato, 12 novembre commissario di Montefiore e Pietra Gialla, Cingoli, ed 11 dicembre 1778. Tutti gli estimi, sottoscritti da 28 gennaio 1724. periti appositamente nominati, sono conservati in 31 Ivi, b. 23-90-91, opuscolo a stampa (Mainardi, BPJ, Archivio Ubaldini, b. 21-22. Jesi 1736) indirizzata all’Illustrissima Congregazione 47 Ivi., lettera del conte Giovanni Battista al dot- dei Baroni in cui si riportano i vari documenti della tor Antonio Stramigioli,, Cagli, 12 novembre 1779. sospensione della giurisdizione. 48 Ivi, b. 117, c. 143r. 32 BPJ, Archivio Ubaldini, inventario al vol. 117. 49 Ivi, b. 39, lettera di condoglianze di Francesco

86 Stefano Lancioni La contea del Fumo de Vico Ubaldini al conte Sebastiano Ubaldini, Mace- nel periodo francese (1797-1814), parte I (febbraio- rata 31 maggio 1781. agosto 1797), Urbino 1906, p. 23. 50 BPJ, Archivio Ubaldini, inventario al vol. 117, 65 Petrucci, Insorgenti marchigiani cit., p. 112. cit. 66 Il libro che registra i giuramenti è in ASP, Re- 51 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 15-16, lettera di pubblica Francese, 1797, b. 1 (giuramenti di fedeltà Antonio Stramigioli, Apecchio, al conte Sebastiano prestati alla Repubblica Francese dai rappresentanti Ubaldini a Sassoferrato, Città di Castello 30 settem- degli 86 comuni della Provincia), n. 7269. bre 1781. 67 Ivi, lettera del sacerdote Antonio Cancellieri, 52 Ivi., lettera di Antonio Stramigioli al conte Apecchio, 13 febbraio 1797... Sebastiano Ubaldini in Jesi, Città di Castello, 13 no- 68 Ivi, n. 7269; v. anche S. Lancioni, La contea vembre 1786. di Colle degli Stregoni, in “Studi pesaresi”3, 2015, 53 Ivi, b. 117, Memorie onorifiche cit., c. 83r: pp. 202-214: 207. «Luigi di Sebastiano nato in Sassoferrato nella cura 69 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 17-20, lettere del di S. Facondino nel 28 agosto 1768». podestà Francesco Masini, Apecchio 18 febbraio e 22 54 Ivi, b. 15-16, lettera del conte Luigi Ubaldini, aprile 1797; lettera di don Antonio Cancellieri, Apec- Jesi, 20 novembre 1791. chio 12 aprile 1797. 55 Ivi, lettera di Elisabetta Stramigioli, Città di 70 Ivi, lettera di don Antonio Cancellieri, Apec- Castello 4 maggio 1794. chio, 30 settembre 1797. 56 Ivi, b. 17-20, lettere di don Orazio Iacobel- 71 Ivi, lettera di don Antonio Cancellieri (non li, Sant’Angelo in Vado 3 maggio; Apecchio 14, 21 firmata ma riconoscibile dalla grafia) al conte Luigi maggio e 21 giugno 1794. Ubaldini, Apecchio 10 febbraio 1798 57 Asp, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, 72 Ivi, lettera del conte Luigi Ubaldini al Com- b. 7 (1790-1796), lettera del podestà Giuseppe Mattei missario di Montefiore, Jesi 19 febbraio 1798. Gentili, Apecchio 14 novembre 1795. 73 Ivi, lettera del conte Luigi Ubaldini all’avvo- 58 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 17-20, passim (in cato Nicola Domenichini Travi di Città di Castello, particolare lettera del canonico Nicola Fabbri, Città Jesi, 22 febbraio 1797. di Castello 6 novembre 1794 e 31 dicembre 1794). La 74 Ivi, lettera di don Antonio Cancellieri (in effet- situazione era invariata nel 1796. ti anonima, ma facilmente attribuibile al Cancellieri 59 Asp, Leg., Copialettere, ex 7262 (1796), n. dal contenuto e dalla grafia) al conte Luigi Ubaldini, 585, 15 sett 1796, al podestà di Apecchio. Urbania per Apecchio, 22 giugno 1799. 60 Ivi, n. 705, 20 ottobre 1796, al podestà di 75 Ivi, lettera di don Antonio Cancellieri a Luigi Apecchio. Ubaldini, Apecchio 6 novembre 1799. 61 Asp, Leg., Coscrizione e nota delle polveri, 76 Ivi. 1796-1797, b. 1, lettera circolare di monsignor Ferdi- 77 Ivi, lettera di don Giovanni Cancellieri, Apec- nando Saluzzo, Pesaro 27 ottobre 1796. chio 16 maggio 1607. 62 Ivi, lettera di don Antonio Cancellieri com- 78 Ivi, passim. missario di Montefiore, Apecchio, 5 novembre 1796. 79 F. Corridore, La popolazione dello Stato Ro- 63 Asp, Leg., Copialettere, ex 7262 (1796), n. mano, 1656-1901, Roma 1906, p. 253: il municipio di 814, 17 novembre 1796, a don Antonio Cancellieri Apecchio, di 1439 anime complessive, comprendeva commissario del feudo di Montefiore. gli aggregati di Montevicino, Fagnille, Pietragialla ed 64 S. Petrucci, Insorgenti marchigiani - Il trat- annessi, Constrengone, Collelungo, Carlano, Monte- tato di Tolentino e i moti antifrancesi del 1797, Ma- fiore contea del Fumo e Migliara. cerata 1996, pp. 85-86; G. Allegretti, Note sulle 80 D. Cecchi, Dagli Stati signorili all’età postu- mutazioni nei comuni di Montefeltro e Massa (1790- nitaria: le giurisdizioni amministrative in età moder- 1814), in “Studi Montefeltrani”, 6/7 (1978/1979), pp. na, in S. Anselmi (a cura), Economia e Società. Le 69-110: 74; G. Garavani, Urbino e il suo territorio Marche tra XV e XX secolo, Bologna 1978, pp. 82-83.

87 Studi pesaresi 5.2017

81 Moto Proprio della Santità di Nostro Signore tamente nominati, sono conservati in BPJ, Archivio papa Pio VII in data de’ 6 luglio 1816 sull’organizza- Ubaldini, b. 21-22. zione dell’amministrazione pubblica, Ferdinando Ba- 93 Ivi, Terratico. ret, Milano 1816, p. 14, art.19: «Rimane confermata 94 La misura non corrisponde alle tavole romane. l’abolizione delle giurisdizioni baronali nelle provin- Si tratta evidentemente di un’unità di misura locale. ce di Bologna, di Ferrara, di Romagna, delle Marche, 95 Asp, Governo Pontificio, Presidenza generale d’Urbino e dei Ducati di Camerino e Benevento». del censo, Provincia di Urbino e Pesaro, Cancelleria 82 G. Allegretti, Mutazioni circoscrizionali nei del censo di Cagli, Territorio di Monte Fiore, C30C, comuni di Montefeltro e Massa (1814-1833), in “Stu- matrice provvisoria per la successiva formazione sta- di Montefeltrani”, 4, 1976, pp. 5-43: 15-16. bile del catasto rustico con l’estimo riveduto. 83 Cecchi, Dagli Stati signorili cit., p. 83. 96 A. Ascani, Apecchio contea degli Ubaldini, 84 Il Motu Proprio 21 dicembre 1827 (Codex re- Città di Castello 1977, nota 15 p. 173. Nel documento formatorius administrationis Status Ecclesiastici) e si specifica che spettano al conte Giovanni Francesco la relativa tabella del riparto territoriale sono pubbli- Ubaldini 18 case, 45 a Sebastiano Ubaldini di Iesi (20 cati in Bullari Romani continuatio, tomo XVII, Roma sue per diritto ereditario, 25 comprate dal conte Anni- 1855, CCXXX, pp. 113-291. bale), 15 al Corboli di Urbino (ex possesso di Germa- 85 Riparto territoriale allegato all’editto 5 luglio nico Ubaldini). In pratica, collegando i personaggi so- 1831, pp. 264-265. pra indicati con i luoghi in loro possesso nella prima 86 A. Del Rio Ghiandoni, La liberazione della metà del XVII secolo, è possibile attribuire a Carlano Provincia di Pesaro-Urbino nel 1860, Pesaro 1960 18 case, 20 alla contea del Fumo 20, 25 a Somole e 15 (estr.da “Studia Oliveriana”, II, 1954), p. 24. a Migliara. Il totale è di 78 case. 87 S. Lancioni, Apecchio nel catasto pontificio 97 Nel 1701 Monte Fiore è indicata con una par- (1833 e 1855), Fano 2010, pp. 5-6 (10 tavole corri- rocchia e 219 anime; nel 1708 con due parrocchie e spondono a un ettaro) 239 anime ( Corridore, La popolazione cit., pp. 108 88 BPJ, Archivio Ubaldini, b. 21-22, Nota del de- e 145). naro spettante all’illustrssimo signor conte Federico 98 Ibid., p. 249. Dieci è il numero delle case e Ubaldini di Jesi per l’anno 1685. delle famiglie presenti a Montefiore nel 1853. 89 Ivi, b. 117, Memorie onorifiche, cc. 104v-105r. 99 Asp, Leg., Coscrizione e nota delle polveri, 90 Ivi, b. 21-22, Nota di quelli che pagano le 1796-97, b. 1, lettera di don Antonio Cancellieri com- colte per la Contea di Monte Fiore dell’illustrissima missario di Montefiore, Apecchio 5 novembre 1796. signora contessa Ubaldini ne Vannucci. 100 Moto Proprio della Santità di Nostro Signore 91 Ivi, Nota del Vassallaggio Camerale che ri- papa Pio VII, cit., tabella del riparto territoriale, p. 47. scuote l’illustrissimo signor conte Ubaldini da Jesi 101 Apparteneva alla parrocchia di S. Giovanni nelle sue Contee di Pietra Gialla, Fumo, S. Angelo in la villa del Fumo, a quella di S. Stefano le ville di Vado 22 marzo 1754. Montione, Caudese, Taverna, Ponte, Coll’Alpi, Spec- 92 Tutti gli estimi, sottoscritti da periti apposi- chio, Palazza, Valdibotte, Casa.

88 Per la pittura del Seicento nella provincia di Pesaro e Urbino Qualche novità e una proposta per la fase giovanile di Giovanni Venanzi

di

Tommaso Borgogelli

Nel vivace panorama della pittura mar- pesarese 2), sta proprio nel registrare una chigiana del Seicento, nel quale la presenza pressoché totale assenza, contrariamente ad simultanea di numerose e dissimili culture altri centri marchigiani, di episodi di natu- figurative favorirono la formazione di un ralismo caravaggesco nel territorio, nono- autentico crocevia dell’Arte italiana, il ter- stante i natali e l’attività di una personalità ritorio corrispondente all’odierna provincia quale Giovan Francesco Guerrieri 3. Isolate di Pesaro e Urbino rivestì un ruolo a se stan- e quasi prive di seguito alcune eccezioni si te, dove il gusto della committenza si orien- possono però individuare nel saraceniano tò prevalentemente verso un rinnovamento Miracolo di San Paterniano di Carlo Bo- culturale e figurativo che si inserisse senza noni, eseguito per l’omonima chiesa fanese troppi scossoni entro un tessuto artistico assieme ai laterali con l’estasi di san Pa- fortemente legato alla tradizione. L’eredità terniano e la Ricognizione della salma del di Federico Barocci, inizialmente tramite i santo (quest’ultimo evidentemente riferi- suoi allievi diretti e successivamente grazie bile alla bottega del ferrarese) 4, oppure, ai suoi epigoni, fece da sottofondo per tutto in misura minore, nell’ancora sfuggente il secolo e solo il rassicurante e confidente attività del misterioso Venanzio l’Eremita, classicismo di marca emiliana e bolognese monaco camaldolese formatosi nell’entou- (si pensi a Fano), e il caldo colorismo ve- rage di Antiveduto Gramatica 5. Si parlerà neto di un pittore di stampo cinquecentesco invece in seguito del San Michele Arcan- come Palma il giovane, riuscirono ad attec- gelo abbate Lucifero conservato presso la chire compiutamente in un territorio che « chiesa di Sant’Arcangelo di Fano; un di- tende a classicizzare anche le esperienze pinto quest’ultimo (in parte snaturato da più all’avanguardia provenienti dal coté ca- successive ridipinture ad opera del fanese ravaggesco» 1. Sebastiano Ceccarini), che a causa delle Una sorta di cartina al tornasole per ve- sua problematicità attributiva è stato avvi- rificare quasi una diffidenza nei confronti cinato da Luciano Arcangeli ad un anonimo delle novità più ardite della pittura contem- seguace marchigiano di Orazio Gentileschi, poranea (si pensi ad esempio alla preferen- oscillando precedentemente tra la paternità za accordata da Federico II Della Rovere a del pisano e di Giovan Francesco Guerrieri, Palma il Giovane, a dispetto del più moder- pittore che le fonti locali citano con sicurez- no Orazio Gentileschi, per l’esecuzione del za come autore della tela 6. Sant’Ubaldo destinato all’omonima chiesa Se queste isolate e temperate esperienze

89 Studi pesaresi 5.2017 non ebbero ripercussioni sulla committenza che raggiunsero il culmine durante il ponti- pubblica e privata, il solo a coglierne i frutti ficato dell’urbinate Clemente XI Albani 7), (ad eccezione di alcuni riflessi in Domenico sembra guardare quasi unicamente in dire- Peruzzini), rimodulandoli in una formula zione bolognese ed emiliana. personale fu quell’autentico “genio ribelle” Questa preferenza non deve però es- di Simone Cantarini che, coniugando il mi- sere rivista nei termini di una scarsa at- tigato naturalismo del Guerrieri maturo con tenzione nei confronti delle novità che in l’argentea lezione di Guido Reni, consegnò quel momento si diffondevano a Roma; ai suoi allievi la chiave per un sicuro suc- al contrario, come evidenziato da Anna cesso locale. Alla morte di Simone, dopo Maria Ambrosini 8, i nuovi orizzonti bo- una carriera breve ma densa di commissioni lognesi ed emiliani che si diffusero nella e capolavori, assistiamo infatti ad un sim- città adriatica presero avvio da uno stretto bolico passaggio di testimone dal maestro contatto con l’ambiente artistico romano, ai suoi concittadini, nonché allievi diretti, in particolare con quel crogiuolo di stimoli Giovanni Maria Luffoli e Giovanni Venanzi culturali che si andava formando attorno i quali (in maniera forse più originale il pri- all’ambiente oratoriano e dal quale padre mo, forte anche di un alunnato presso An- Girolamo Gabrielli (nel 1608 documen- drea Sacchi), opereranno un programma di tato a Roma), trasse spunti fondamentali capillare diffusione del verbo del pesarese, per l’impresa dell’oratorio fanese di San culminando, coadiuvati da Niccolò Berret- Pietro in Valle, dove la tradizione barocce- toni, in quell’autentico sacrario della lezio- sca (Alessandro Vitali, Antonio Viviani), ne cantariniana che fu la chiesa di Sant’An- convive con il “nuovo corso” emiliano di tonio a Pesaro. Reni, Guercino, Loves, Garbieri, ma anche Lo scenario pittorico della provincia di con Guerrieri e Cantarini. Certamente in Pesaro e Urbino nel XVII secolo, ruotante seguito i rapporti artistici evolveranno ver- attorno ai tre centri maggiori di Fano, Pe- so un asse che congiungerà direttamente saro e Urbino, ci appare quindi diviso in Fano con l’Emilia ma il rapporto culturale due grandi filoni talvolta comunicanti: da con Roma, sebbene sempre minoritario ri- un lato quello della grande tradizione locale spetto a quello con Bologna e i territori ad baroccesca alla quale si affianca, in segui- essa artisticamente legati, rimarrà sempre to, l’eredità di Simone Cantarini; dall’altro acceso ed alimentato; ne sono una testimo- quello delle committenze esterne che, al- nianza la presenza a Fano di Domenichino, meno per Fano (Pesaro e Urbino, almeno personalità che nonostante la sua forma- fino alla devoluzione del Ducato di Urbino zione può definirsi a tutto tondo romana, alla stato pontificio nel 1631, rivestirono un o di Giacinto Gimignani, presente nella ruolo sensibilmente minoritario rispetto a città con ben tre pale d’altare 9. Un recente quest’ultima a causa di una politica cultu- contributo di Francesco Petrucci ha inoltre rale, quella di Francesco Maria II Della Ro- permesso di riferire al giovanissimo Carlo vere, che poco concedeva alla pittura; dopo Maratti la pala con l’Assunzione della Ver- questa data, forti di un contatto diretto con gine conservata presso la chiesa di Santa Roma, in questi due centri si assiste ad una Maria Assunta di Monteporzio e tradizio- lenta propagazione di apporti maratteschi nalmente riferita ad Andrea Sacchi 10; il

90 Tommaso Borgogelli Per la pittura del Seicento nella provincia di Pesaro e Urbino dipinto, proveniente dalla chiesa dei santi Filippo e Giacomo di Fano e da qui tra- sferito nell’attuale collocazione tra la fine del ’600 e gli inizi del ’700, rappresenta, assieme alla Natività della Vergine della chiesa di Santa Chiara a Nocera Umbra, di poco successiva, la prima prova pubblica del maggiore caposcuola del barocco ro- mano, citata dal Bellori e dal Baldinucci e databile con sicurezza nel 1642. Con Gimignani e il giovane Carlo Ma- ratti fa quindi il suo ingresso a Fano quel- la cultura pittorica di stampo barberiniano che, grazie al programmatico recupero e alla quasi divinizzazione della figura di Annibale Carracci operata dal suo fulcro Andrea Sacchi, si inseriva senza alcuna fri- zione nell’ambiente filo-emiliano fanese. Alla luce di queste significative esperienze e considerata anche la giovanile Sant’Orso- la eseguita per l’omonima chiesa di Pergola (oggi presso il museo dei Bronzi Dorati), Figura 1 – Gian Domenico Cerrini, San Ro- non apparirà isolata o fuori contesto la pre- mualdo e il miracolo del faggio, eremo di Monte senza a Fano di Gian Domenico Cerrini 11, Giove, Fano. umbro di nascita ma romano d’adozione e strettamente legato all’ambiente barberinia- Domenico a Cagli, un Miracolo di Soriano no, al quale va restituito con sicurezza un (fig. 2) che occupa il primo altare laterale a notevole San Romualdo e il miracolo del sinistra a fianco della ben più nota cappella faggio (fig. 1) conservato presso la chiesa Tiranni affrescata da Giovanni Santi 15. Se dell’eremo camaldolese di Monte Giove 12; la tela in questione non trova riscontri con riferito da Bonita Cleri al già menzionato l’opera di Gian Domenico Cerrini, sicura- Venanzio l’eremita 13, la piccola pala di- mente più evidenti appaiono invece alcuni chiara invece con forza l’autografia del pit- ricordi stanzioneschi e ribereschi che, come tore perugino che, citando Hermann Voss , già notato da Alberto Mazzachera 16, per- « è facilmente riconoscibile per i contorni mettono di collocare con sicurezza il dipin- ondulati, piuttosto morbidi, nei quali egli to in ambito napoletano; a conferma di ciò inserisce campi di colore chiaro e lattiggi- chi scrive, in collaborazione con Viviana noso» 14. Un’ulteriore proposta in favore Farina, ha recentemente restituito il Mira- del pittore perugino è stata avanzata, sep- colo di Soriano al corpus del pugliese Cesa- pure dubitativamente, da Benedetta Monte- re Francanzano 17, personalità di spicco nel vecchi relativamente ad un misconosciuto panorama pittorico napoletano della prima dipinto conservato presso la chiesa di San metà del Seicento e oggetto di un’attenzio-

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non era nota una produzione al di fuori dei territori napoletani o pugliesi. Data l’insolita collocazione e in assenza di documenti utili a fare chiarezza sull’ar- rivo della pala a Cagli risultava plausibile, a mio avviso, ipotizzarne una commissione da parte di un personaggio (un monaco ap- partenente al convento domenicano al quale la chiesa era annessa?), in stretto rapporto con Napoli o forse con la stessa Barletta, luogo dove Fracanzano trascorse gli ultimi anni della sua vita e ai quali oggi, contraria- mente a quanto ipotizzavo nel 2014 quando propendevo per una collocazione all’interno del terzo soggiorno napoletano del pittore, credo sia più probabile riferire il Miracolo di Soriano visti gli evidenti collegamenti con la sua tarda produzione pugliese. Una commissione isolata dunque, dettata forse da legami professionali o religiosi con il meridione oppure da una provenienza geo- grafica da esso dell’anonimo committente, Figura 2 – Cesare Fracanzano, Miracolo di So- entrambe ipotesi che escludevano rapporti riano, chiesa di San Domenico, Cagli (PU). diretti del pittore con il territorio al quale il dipinto è stato destinato. Queste suppo- ne crescente da parte degli studi specialisti- sizioni hanno però subìto un inaspettato ci che, nonostante l’autorevole stroncatura cambio di rotta quando Giuseppe Porzio, in longhiana 18 e il cono d’ombra generato contemporanea al contributo di chi scrive, dall’ingombrante peso del più noto fratello ha convincentemente restituito allo stesso il Francesco , permettono oggi un’adeguata San Michele Arcangelo abbatte il demonio rivalutazione e una maggior comprensione (fig. 3) dell’omonima chiesa fanese già ci- del suo percorso artistico. tato in precedenza 19, dove lo stringente rap- Il Miracolo di Soriano (il cui riferimen- porto con la tela di medesimo soggetto della to a Cesare Fracanzano appare evidente se cappella dei conversi della chiesa della cer- confrontato con la tela di medesimo sogget- tosa di Napoli e l’inequivocabile fisionomia to di Palazzo Sylos Calò a Bitonto o con il del putto accovacciato in alto a destra, dalla Miracolo della Porziuncola della chiesa di fronte smisuratamente spaziosa, non lascia- Sant’Antonio a Barletta, dove la figura della no dubbi circa il riferimento al maestro pu- Vergine viene puntualmente riproposta nel- gliese anche del dipinto fanese. la Santa Caterina d’Alessandria della tela in Allo stato attuale risulta quindi difficile esame), rappresenta un’inaspettata aggiun- rivedere le due commissioni come slegate ta al catalogo del pittore pugliese del quale l’una dall’altra tanto più che, ad una brevis-

92 Tommaso Borgogelli Per la pittura del Seicento nella provincia di Pesaro e Urbino sima distanza geografica, si dovrà aggiun- gere un altrettanto breve scarto cronologico tra le due opere dove il monumentale San Michele di Fano, sicuramente posteriore al più dinamico dipinto della certosa di San Martino (risalente ad una fase profonda- mente toccata dal pittoricismo vandichiano che si diffonde in area napoletana alla metà del quarto decennio), potrebbe anticipare di poco la pala di San Domenico a Cagli la quale, come abbiamo visto, si collochereb- be nella più accademica tarda attività pu- gliese nonostante una qualità pittorica sen- sibilmente superiore alla produzione coeva del pittore. Resta però il rimpianto di non essere per ora in grado di chiarire le motiva- zioni di una presenza che, data l’importante collocazione dei due dipinti, dovette scatu- rire da un rapporto estremamente fruttuoso con il territorio, dovendo purtroppo fare i conti con la totale dispersione dell’archi- vio di San Domenico avvenuta in seguito alle confische post-unitarie e con la perdita dei faldoni relativi al Seicento dell’archivio delle benedettine di Fano, oggi custodito nella loro nuova sede extraurbana ma al cui antico monastero era annessa la chiesa di Sant’Arcangelo. Ci si accontenterà quindi Figura 3 – Cesare Fracanzano, San Michele Ar- di aver fornito uno spunto di ricerca che cangelo abbatte il demonio, chiesa di Sant’Ar- permetterà ulteriori chiarimenti non solo cangelo, Fano. relativamente alla sfuggente presenza di Cesare Fracanzano, ma anche a proposito to nel Duomo di Fano, per il quale ancora dei rapporti pittorici intercorsi tra il meri- oggi non sembra essere giunti ad una con- dione e il territorio, rapporti che dovettero vincente soluzione: oggetto in passato di essere più rilevanti e consistenti di quanto si anonimi tentativi di assegnazione a Do- pensasse fino a questo momento e quasi un menichino, Cantarini, Antonio Barbalonga sottobosco rispetto alla dominante corrente e Lucio Massari riportati da Luigi Asioli e emiliana 20. Franco Battistelli 21, i due dipinti, un’Ultima È ora mia intenzione occuparmi di quel- Cena e una Raccolta della manna (fig. 4), lo che può a ben diritto considerarsi un vero sono stati recentemente riportati all’atten- e proprio enigma attributivo, ovvero i due zione degli studi da Guido Ugolini il quale, dipinti laterali della cappella del Sacramen- riferendoli con sicurezza a Terenzio Teren-

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Figura 4 – Giovanni Venanzi (attr.), Raccolta della manna, cattedrale di Santa Maria Assunta, Fano. zi detto “il Rondolino” li ha pubblicati con nei al pesarese. Il baroccismo aggiornato di questa paternità in due diverse occasioni 22. Rondolino, che per altro ripropone puntual- Se l’attribuzione al pesarese veniva respinta mente fisionomie ben riconoscibili assenti già da Lorenza Mochi Onori ravvisando nei nei dipinti di Fano (si pensi alla ricorrenza due dipinti «..ascendenze bolognesi tanto dei tipi femminili dal sapore raffaellesco marcate da risultare incompatibili col suo nelle numerose madonne col bambino del modus operandi..» 23, si dovrà concordare pesarese), non trova infatti alcun punto di con la studiosa non solo per i troppo vistosi contatto con le schiarite già cortonesche e accenti bolognesi ma per l’evidente distan- sacchiane dell’Ultima Cena, evidentemen- za cronologica dei due dipinti da Terenzio te opera di una personalità in dialogo con Terenzi e per l’appartenenza di questi a due Romanelli e Gimignani che, unitamente al diverse personalità pittoriche con differenti tributo al Barocci del Duomo di Urbino nel- e ben distinguibili caratteri stilistici estra- la figura di Cristo, cita apertamente Giovan-

94 Tommaso Borgogelli Per la pittura del Seicento nella provincia di Pesaro e Urbino ni Lanfranco nell’apostolo inginocchiato di Alessandro Turchi (il profilo del perso- all’estrema sinistra; quest’ultimo, pratica- naggio maschile biondo in primo piano ha mente sovrapponibile al medesimo perso- inoltre un sapore quasi saraceniano e sem- naggio dell’Ultima Cena del parmense (ora bra di intravedere più di una simpatia ver- alla National Gallery di Dublino), eseguita so Angelo Caroselli), per le quali mi pare all’interno delle decorazioni per San Paolo imprescindibile un rapporto con Guerrie- fuori le Mura a Roma in occasione del Giu- ri; a questa lettura, purtroppo complicata bileo del 1625, permette dunque di fissare dall’inspiegabile incompiutezza del dipinto un termine post quem che già da solo, per che in alcune figure lascia trasparire la pre- ovvi motivi cronologici, esclude il nome di parazione bruna, si dovranno aggiungere le Rondolino 24. marcate ascendenze bolognesi evidenziate La lontananza del pesarese è altrettanto dalla Mochi Onori che, soprattutto nelle te- evidente nel secondo dipinto della cappella, ste dei soldati in secondo piano, potrebbero la Raccolta della manna, come già eviden- davvero far pensare a Lucio Massari. ziato chiaramente opera di una personalità Se per l’Ultima Cena preferirei per il differente rispetto al precedente: non c’è momento rimandare un giudizio definitivo in questo caso traccia di baroccismo o di in attesa di ulteriori elementi di raffronto, palesi riferimenti a quest’ultimo come nel limitandomi ad evidenziare come il rappor- caso dell’Ultima Cena (riferimenti in ogni to con Lanfranco e la citazione da Baroc- caso insufficienti ad etichettare il dipinto ci inducano a pensare ad un pittore locale come baroccesco). Ci troviamo invece da- in rapporto con Roma, vorrei avanzare in vanti ad una moltitudine di stimoli culturali questa sede una proposta per la Raccolta e stilistici che convivono assieme rendendo della manna che, con una buona dose di davvero difficile inquadrare questo vivacis- azzardo, potrebbe spiegare le sue difficoltà simo pittore all’interno di uno schema ben di inquadramento e l’apparente impossibi- preciso, tanto da avere la sensazione che si lità a riferirla con certezza ad una precisa tratti di una personalità giovanissima, estre- personalità pittorica, locale e non. Da qual- mamente curiosa e ancora alla ricerca di che tempo credo che il dipinto possa rap- una propria direzione stilistica, ipotesi che presentare l’unica testimonianza a noi nota troverebbe giustificazione in alcuni impac- della fase giovanile del pesarese Giovanni ci compositivi (si vedano le evidenti spro- Venanzi, avvolta nel buio più assoluto con- porzioni anatomiche dei tre personaggi in trariamente ad una maturità ben documen- primo piano a sinistra), che convivono con tata e ricchissima di opere. Ricordato dalle brani di notevole livello pittorico. In ogni fonti come allievo di Simone Cantarini e caso una sincera adesione ad un classicismo più genericamente di Guido Reni 25, la no- di stampo poussiniano, del quale mi sembra stra conoscenza della sua produzione pit- di scorgere un ricordo nel personaggio ma- torica ha inizio solamente attorno agli anni schile a capo chino sul bastone a sinistra o sessanta del secolo in concomitanza con il in quello intento a reggere il bacile a destra, suo trasferimento a Parma, sicuramente il convive con alcune suggestioni di naturali- suo periodo qualitativamente più alto, se- smo nobilitato che trovano un parallelo in gnato da numerose commissioni per i Te- certe soluzioni di Antiveduto Gramatica o atini, i Carmelitani e dalla nomina a pittore

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Figura 5 – Giovanni Venanzi, Idolatria di Salomone, collezione privata. di corte di Ranuccio II Farnese nel 1678; si tratta di un lasso di tempo considerevo- successivamente al suo ritorno a Pesaro at- le all’interno del quale ogni inserimento di torno al nono decennio, Venanzi divenne nuovi dipinti, in mancanza di un supporto un protagonista della scena locale assieme documentario, presenta un elevato margi- a Giovanni Maria Luffoli, accaparrandosi ne di rischio, tanto più non conoscendo le importanti commissioni e licenziando un precedenti evoluzioni stilistiche del pittore. elevato numero di opere di qualità discon- A questo dovrà aggiungersi un’evidente di- tinua, indicatore evidente dell’età che avan- stanza stilistica tra il “naturalismo classiciz- zava e di una scarsa propensione a restare al zato” della Raccolta della manna e i primi passo coi tempi che lo traghettavano ormai dipinti noti di Giovanni Venanzi, come il verso il nuovo secolo (il pittore morirà nel neo-correggesco Sant’Andrea Avellino della 1705) 26. chiesa di Santa Cristina a Parma (firmato e Se ammettiamo un inizio della sua at- datato 1661), o i restanti dipinti del pesarese tività artistica attorno alla metà del quinto nella medesima chiesa, dove il background decennio, dunque presumibilmente tra i 16 cantariniano si coniuga con suggestioni e ti- e i 18 anni essendo nato nel 1627, il perio- pologie che tradiscono un rapporto con Be- do da colmare risulterebbe di circa 15 anni; nedetto Gennari e con i modi edulcorati del-

96 Tommaso Borgogelli Per la pittura del Seicento nella provincia di Pesaro e Urbino la pittura emiliana alla metà del Seicento. dere a volte ad una vera e propria firma del Per contro però, un trasferimento a Parma pesarese. Se nella Raccolta della manna per commissioni di prestigio così elevato anche il bambino sorretto dalla madre e risulterebbe impensabile senza presuppore quello al suo fianco con il dito in bocca in- una posizione già precedentemente conso- tento a guardare lo spettatore mi sembrano lidata in patria, e la realizzazione di un di- prefigurare, in embrione, alcune tipologie pinto per una collocazione importante come tipiche di Venanzi (si pensi ai putti nell’Im- il Duomo di Fano, a confronto diretto con macolata Concezione con i santi Apollonia Domenichino e Ludovico Carracci (sebbe- e Giacomo di Compostela sempre a Santa ne restino inspiegabili le motivazioni per le Cristina a Parma), un ulteriore confronto si quali il pittore, sia o non sia Venanzi, non potrà istituire con una poco nota Nascita di portò l’opera a compimento), potrebbe aver San Giovanni Battista conservata presso la favorito la sua ascesa artistica. chiesa di San Biagio a Pergola; contraria- A favore dell’identificazione del pittore mente al suo debole pendant con il Martirio con Giovanni Venanzi si possono inoltre di San Biagio il dipinto, datato 1684, pre- avanzare alcuni confronti con opere di si- senta una qualità insolitamente alta rispetto cura autografia che, nonostante l’evidente alla stanca e un po’ legnosa tarda produzio- scarto stilistico, mostrano alcune somi- ne del pittore spesso frutto di un’intensa glianze tipologiche che potrebbero essere collaborazione con la bottega, e la bellissi- chiarificatrici in tale senso. Penso ad esem- ma figura della serva china sul bacile, nella pio alla notevole Idolatria di Salomone (fig. quale si intravede un aggiornamento in di- 5) transitata ad un’asta viennese Dorotheum rezione di Carlo Cignani, mostra un interes- nel 2011 (firmata e datata 1668) 27, dove una sante rapporto con il personaggio maschile delle mogli del re, precisamente quella in- inginocchiato in primo piano nel dipinto di coronata a sinistra, presenta strette affinità Fano (fig. 6). Se è evidente un’affinità nella tipologiche con la figura femminile intenta postura, decisamente meno ingenua e pro- ad accudire un bambino al centro del se- porzionalmente meglio riuscita nella tela di condo piano della composizione fanese; al Pergola, la struttura anatomica del braccio di là della difficoltà di lettura questa figura sinistro dei due appare identica, quasi so- presenta evidenti somiglianze fisionomiche vrapponibile; analoga è inoltre la posa della con quella del dipinto già Dorotheum, dove mano e la posizione delle dita, con medio oltre al medesimo taglio dell’arcata soprac- e anulare ravvicinati e indice e mignolo di- cigliare corrispondono un’analoga espres- stanziati con una simile flessione. sione degli occhi e della bocca, quest’ulti- Sebbene creda che i confronti appena ma solcata dallo stesso sorriso smorzato, e proposti non possano dirsi casuali, ammetto una simile acconciatura dei capelli, raccolti allo stesso tempo come non appaiano nep- ma lasciati liberi di gonfiarsi morbidamen- pure risolutori; non sarà quindi superfluo te. Le due donne sembrerebbero inoltre ribadire ancora una volta il rischio e la diffi- accomunate dallo stesso paio di orecchini coltà di simili operazioni volte alla riscoper- (purtroppo molto consunti nel dipinto del ta della giovinezza di un pittore, soprattutto Duomo), accessori ricorrenti nei personag- se in assenza di documenti o fonti certe e gi femminili di Venanzi tanto da corrispon- basate esclusivamente su confronti stilisti-

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Figura 6 – Da sinistra; Giovanni Venanzi (attr.), Raccolta della manna (part.), cattedrale di Santa Maria Assunta, Fano; Giovanni Venanzi, Nascita di San Giovanni Battista (part.), chiesa di San Biagio, Pergola (PU).

ci. Spero quindi che questa proposta possa continuità e come, con il supporto del pa- stimolare ulteriori ricerche che confermino dre Girolamo e del fratello Vincenzo gestis- o rettifichino l’ipotesi, facendo definitiva- se comunque una sua scuola Pesaro, dove mente luce sulla fase oscura di un pittore negli anni dell’adolescenza di Venanzi (dal meritevole di una nuova riscoperta e su un 1642 al 1647) è frequentemente documen- dipinto troppo a lungo rimasto in disparte. tato 30. Certamente, se l’autore della Raccolta del- Personalmente credo che l’influenza di la manna fosse davvero Giovanni Venanzi, Simone Cantarini sull’autore del dipinto fa- l’influenza di Simone Cantarini sulla sua nese, sia o non sia Giovanni Venanzi, resti formazione ricordata dalle fonti ne uscireb- comunque evidente a giudicare dal ricordo be ridimensionata a favore di una cultura della santa Eufemia della Vergine in gloria più composita; se l’ipotesi di un alunnato e santi della pinacoteca di Bologna che mi di Venanzi presso Cantarini veniva messa sembra di scorgere nella donna con turbante in dubbio da Pier Paolo Mendogni 28 sul a sinistra nella Raccolta della manna; allo fatto della presenza di questi a Pesaro nel stesso tempo però, (e ciò non esclude la solo 1639 per presenziare al contratto dota- possibilità di un alunnato del giovane Ve- le della sorella (quando Giovanni avrebbe nanzi presso Cantarini), penso che un ruolo avuto solo 12 anni) 29, Anna Maria Ambro- determinante sulla formazione del pitto- sini Massari ha giustamente respinto questa re spetti in misura uguale anche a Giovan impossibilità evidenziando come Cantarini Francesco Guerrieri, la cui Visitazione di andasse e venisse da Bologna a Pesaro con Serrungarina si riverbera nel tono popolare-

98 Tommaso Borgogelli Per la pittura del Seicento nella provincia di Pesaro e Urbino sco del dipinto del Duomo dove alcuni per- un breve soggiorno del giovane pittore a sonaggi femminili riecheggiano con forza Roma? le contadine della tela del forsempronese. In chiusura di questo lungo contributo Detto questo resto comunque dell’opinione vorrei illustrare brevemente un documento che l’influenza di Cantarini, della lezione conservato nel fondo Amiani della Biblio- dei grandi bolognesi ed emiliani (tra Fano teca Federiciana di Fano 32; si tratta di un e Pesaro di certo imprescindibile), e non capitolo di spesa relativo ai lavori di re- ultima quella del naturalismo di Guerrieri, stauro effettuati tra il 1636 e il 1645 nella appaiano comunque insufficienti a chiarire cappella del Sacramento per volontà di Gre- appieno la grande varietà di accenti e solu- gorio Amiani, alla cui famiglia spettava il zioni che permeano il dipinto e una forma- Giuspatronato dal 1619. All’interno del ca- zione del pittore racchiusa esclusivamente pitolo, privo di data ma presumibilmente re- entro i confini artistici locali apparirebbe datto durante lo stesso 1645 ricordato come probabilmente restrittiva. termine dei lavori in un’epigrafe votiva nel- Come giustificare la familiarità con un la stessa cappella realizzata su una pietra classicismo che va oltre Domenichino? La di paragone elencata nello stesso, vengono mediazione di Giacinto Gimignani, che infatti citate le spese effettuate per la dora- proprio negli anni della presunta forma- tura delle cornici “dè dui quadri grandi della zione del pittore invierà tre capolavori pro- cappella con spesa di scudi 33”, per “il qua- prio a Fano potrebbe spiegare un’evidente dro di pittura, scudi 50” e subito di seguito conoscenza di Poussin? Mi sembra quindi “per la tela, all’uno, portatura, inanzi et in- naturale, anche se qui entriamo nel campo dietro per dei viaggi da Roma a Fano, scu- delle pure ipotesi, avanzare la possibilità di 12”. Lontano da portare chiarimenti alla di un breve soggiorno romano del giovane questione questo documento, non menzio- pittore (del quale non è comunque proban- nando i soggetti delle opere, sembra addirit- te, vista la vasta diffusione del modello, la tura complicarla ulteriormente; la menzione palese citazione del Parnaso di Raffello nel dei due quadri grandi potrebbe riferirsi alla Mosè della Raccolta della manna), e sicura- Raccolta della manna e all’Ultima Cena mente una visita alla vicina Fabriano dove ai quali, alla fine dei lavori sono state fat- meditare sui testi di Orazio Gentileschi e te indorare le cornici? Al quadro di pittura soprattutto sul “naturalismo classicizzato” può corrispondere l’Ultima Cena e la Rac- di Giuseppe Puglia, per molti aspetti affi- colta della manna, in quanto non terminata ne al nostro, potrebbe aver rivestito un’e- e presumibilmente non pagata, essere stata sperienza fondamentale. Non mi sembra esclusa dalle spese effettuate? La “portatu- inoltre fuori luogo ricordare come a Roma, ra” della tela da Roma a Fano (ammesso che alla metà del secolo, fosse attivo il pittore di tela pittorica si tratti), potrebbe suggerire pesarese Pier Francesco De Rossi il quale, una provenienza romana del dipinto, proba- nonostante non sia al momento possibile ri- bile nel caso si trattasse dell’Ultima Cena ferirgli alcun dipinto, dovette godere di una visti i suoi contatti stilistici con la capitale? notevole reputazione tanto da divenire nel Nonostante questi interrogativi i 1619 Accademico dei Virtuosi del Panthe- dati che si estrapolano da questo documen- on 31; potrebbe quest’ultimo aver favorito to sembrano in definitiva escludere docu-

99 Studi pesaresi 5.2017 mentariamente (dove già intervenivano i tima avanzata da Ugolini; non da ultimo il dati stilistici), la realizzazione dei dipinti documento potrebbe lasciare intendere l’e- nell’ambito dei lavori di restauro e orna- secuzione della Raccolta della manna attor- mento promossi dal vescovo Tommaso Lapi no al 1645, quando Giovanni Venanzi aveva (morto nel 1622), per fare della cappella il quindi 18 anni, rafforzando così l’ipotesi di luogo della sua sepoltura e ricordati dal suo una precocissima collocazione del dipinto successore Boncompagni, ipotesi quest’ul- all’interno del percorso del pesarese. 33

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1 A. M. Ambrosini Massari, Guercino e Co. Bolognesi fragio, oggi in Episcopio. Si veda R. Battistini, Persistenze nelle Marche del Seicento, in M. R. Valazzi, Guercino a architettoniche e presenze pittoriche, in A. Deli (a cura), Fano tra presenza e assenza, cat.mostra Fano 7 maggio-1 Fano nel Seicento, Fano 1989, p. 178. ottobre 2011, Fano 2011, cit. p. 27. Al medesimo contributo 10 F. Petrucci, Agli esordi del Maratta: l’Assunzione si rimanda inoltre per un’esaustiva disamina sulle presenze della Vergine di Monte Porzio, in “Studi di Storia dell’Arte”, bolognesi ed emiliane nel territorio marchigiano. 25, 2014, pp. 199-206. 2 Si veda G. Calegari, Apporti esterni e cultura locale 11 Per Gian Domenico Cerrini si veda F. F. Mancini nella pittura del Seicento, in F. Battistelli (a cura), Arte e (a cura), Gian Domenico Cerrini: il Cavalier Perugino tra cultura nella provincia di Pesaro e Urbino, dalle origini a classicismo e barocco, cat. mostra Perugia 17 settembre oggi, Venezia 1986, p. 388. 2005-8 gennaio 2006, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 3 Per un aggiornato resoconto sugli aspetti del natura- 2005. lismo nelle Marche si veda ora G. PAPI, Fatti di naturali- 12 Si veda T. Borgogelli, Da Venanzio l’eremita al smo caravaggesco nelle Marche, in B. Cleri, G. Donnini, Cavalier Perugino: aggiunte al catalogo di Gian Domeni- La chiesa di San Benedetto a Fabriano, Editoriale Umbra, co Cerrini e Anton Maria Fabrizi, in “Arte Cristian”, 102, Foligno 2013, pp. 63-77. 2014, 881, pp. 153 – 156. 4 Per i dipinti di fanesi di Bononi si veda da ultimo R. 13 B. Cleri, I dipinti di Monte Giove, in M. Belogi, Battistini, Apporti pittorici romagnoli, veneti e emiliani, Monte Giove: un eremo camaldolese a Fano, Fano 1996, in G. Volpe (a cura di), Il complesso monumentale di San pp. 69-79. Paterniano a Fano: dalle origini agli ultimi restauri, Fano 14 H. Voss, Die Malerei des Barock in Rom, Berlino 2010, pp. 179-197 (con bibliografia precedente). 1924, cit. p. 558. 5 Per la personalità di Venanzio l’Eremita, priore 15 B. Montevecchi, scheda n. 80 in A. Marchi (a cura), dell’eremo di Monte Giove a Fano nel 1641, si rimanda a Seicento eccentrico: pittura di un secolo da Barocci a Guer- L. Conigliello (a cura), Da Antiveduto della Gramatica a cino, cat. mostra San Leo 26 giugno-24 ottobre 1999, Firen- Venanzio l’eremita, cat. mostra Poppi 5 agosto-31 ottobre ze 1999, pp. 198-200. 1995, Octavo, Firenze 1995, e Ead., Nuovi dipinti e un lun- 16 A. Mazzacchera, Il forestiere in Cagli: palazzi, go soggiorno polacco per Venanzio l’eremita, in L. Forna- chiese e pitture di una antica città e terre tra Catria e Nero- sari, Il Seicento in Casentino. Dalla Controriforma al Tar- ne, Cagli 1997, p. 101. do Barocco, catalogo della mostra (Poppi, 23 giugno – 31 17 T. Borgogelli, Un’inattesa aggiunta marchigiana ottobre 2001, Firenze 2001, pp. 119-133; per la complessa a Cesare Fracanzano, in “Arte Cristian”, 102, 2014, 882. questione dell’entourage di Antiveduto Gramatica si veda 18 R. Longhi, G. B. Spinelli e i naturalisti napoletani invece G. Papi, Antiveduto Gramatica, Soncino 1995. del Seicento, in “Paragon”, 227, 1969, pp. 42-52. 6 L. Arcangeli, Un misconosciuto dipinto di Fano e 19 G. Porzio, Cesare Fracanzano: un “Compianto gli echi della contesa romana tra Baglione e Gentileschi, sul corpo di Abele” e altre restituzioni al suo catalogo, in in M. Cellini, C. Pizzorusso (a cura), Giovanni Francesco “Ricerche sull’Arte a Napoli in età moderna”, 1, 2014, pp. Guerrieri. Un pittore del Seicento fra Roma e le Marche, 80-87. cat. mostra Fossombrone 19 luglio-19 ottobre 1997, Marsi- 20 Relativamente alle rare presenze pittoriche meridio- lio, Venezia, 1997, pp. 37-42. nali nel territorio sarà opportuno ricordare la Crocifissione 7 Per la diffusione del marattismo nella provincia di Pe- di Luca Giordano nel Duomo di Pergola. Differente il caso saro e Urbino si veda G. Semenza, Le Marche settentrionali del Miracolo di San Nicola di Mattia Preti proveniente dalla tra Bologna e Roma, in C. Costanzi, M. Massa, Il magistero chiesa di San Francesco a Fano e oggi presso la Pinacoteca di Carlo Maratti nella pittura marchigiana tra Sei e Sette- Civica; il dipinto si colloca attorno agli anni ’70 del Seicen- cento, 24 ore cultura, Milano 2011, pp. 73-102. to durante il periodo maltese del calabrese e non negli anni 8 A. M. Ambrosini Massari, Guercino e Co. cit., p. 34. napoletani sebbene dipenda dalla tela di medesimo sogget- 9 Si tratta del Sant’Agostino e della Sacra Famiglia , to oggi a Capodimonte (si vedano J. T. Spike, Mattia Preti; eseguite per la chiesa di Sant’Agostino (oggi in deposito catalogo ragionato dei dipinti, Firenze 1999, scheda n. 34; presso la curia), e della Resurrezione per la chiesa del Suf- e R. Morselli, in A.M. Ambrosini Massari, R. Battistini,

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R. Morselli (a cura), La Pinacoteca Civica di Fano, Fano Parma e Piacenza, in J. Bentini, L. Fornari Schianchi (a 1993, p. 73-74. cura), La pittura in Emilia e in Romagna nel Seicento, II, 21 L. Asioli, La Cattedrale Basilica di Fano, Urbania Milano 1993, p. 104. 1975, p. 52; S. Tomani Amiani, Guida Storico-Artistica di 29 M. Cellini, La biografia di Simone Cantarini nei Fano, cur. F. Battistelli, Pesaro 1981, p. 215. documenti e nelle fonti, in A. Emiliani (a cura), Simone 22 G. Ugolini, I dipinti della Cappella del Sacramento Cantarini detto il Pesarese 1612-1648, cat. mostra Bologna nel Duomo di Fano, in “Accademia Raffaello. Atti e Stud”, 1997-1998, Milano 1997, p. 412. 1, 2004, pp. 35-44; Id., La Cappella del Santissimo Sacra- 30 A. M. Ambrosini Massari, Pesaro per Simone Can- mento, in G. Volpe (a cura), La Basilica Cattedrale di Fano, tarini: genio ribelle. 1612-2012, cat. mostra Pesaro 7 lu- Fano 2015, pp. 141-151. glio-9 settembre 2012, Il Lavoro editoriale, Ancona 2012, 23 L. Mochi Onori, Terenzio Terenzi detto il Rondoli- p. 110. no, in A.M. Ambrosini Massari (a cura), Nel segno di Ba- 31 Per Pier Francesco De Rossi si rimanda a S. Spe- rocci: allievi e seguaci tra Marche, Umbria e Siena, Milano rindei, Due pittori e “bottegari” marchigiani nella Roma 2005, p. 247. della prima metà del Seicento: Leonardo De Sanctis e Pier 24 Ugolini (I dipinti della Cappella del Santissimo Sa- Francesco De Rossi, in P. Carofano (a cura), Atti della Gior- cramento cit., nota 27), senza fondamento per chi scrive, ri- nata di Studi. Quesiti caravaggeschi, Pontedera 2014, pp. vede il rapporto tra i due dipinti come una ripresa del dipinto 149-169. fanese da parte di Lanfranco (citazione a suo parere meno 32 Biblioteca Federiciana di Fano, Fondo Amiani, ms entusiastica e convincente), giustificata da una comune fre- 133, carta sciolta. quentazione (del parmense e di Rondolino) del cardinale 33 All’interno del problema della Raccolta della Man- Peretti di Montalto tra il 1615 e il 1616. na e della fase giovanile di Venanzi potrebbe rientrare anche 25 Si vedano A. Becci, Catalogo delle pitture che si una Sant’Orsola, con ogni probabilità frammento di una conservano nelle chiese di Pesaro, Pesaro 1783, p. 84; D. composizione di dimensioni più ampie, conservata presso Bonamini, Abecedario degli architetti e pittori pesaresi, Bi- i depositi del Museo Civico di Pesaro ma proveniente dalla blioteca Oliveriana di Pesaro, ms. 1009; A. Antaldi, Notizie collezione di Vittoria Toschi Mosca (Inv. Turrini n. 180; Inv. di alcuni architetti, pittori, scultori di Urbino, Pesaro e dé Gen. Polidori n. 3919). Attribuito dubitativamente ad Anto- luoghi circonvicini, cur. A. Cerboni Baiardi, Ancona 1996, nio Gherardi da G. Milantoni, in C. Giardini, E. Negro, M. p. 142. Pirondini (a cura), Dipinti e disegni della pinacoteca civica 26 Su Giovanni Venanzi si veda G. Calegari, Sensuali- di Pesaro, Modena 1993, p. 108, scheda n. 83, il dipinto tà e classicismo bolognese nella pittura di Giovanni Venan- appare piuttosto in stretto rapporto fisionomico con la figura zi, in “Incontri Banc”, 2, 1996, pp. 4-5. femminile all’estrema destra nella tela del duomo di Fano, 27 Dorotheum, , 13 aprile 2011, lotto n. 686, con la quale condivide una simile espressione e un’inclina- 153 x 105 cm. zione della testa del tutto analoga. 28 P. P. Mendogni, La cultura figurativa dei Teatini a

102 Francesco Maria Santinelli Alcuni documenti inediti tra biografia e scrittura

di

Elisabetta Cerigioni

Intanto, al fido Argio, che in gran volume per conto della corte viennese (è il caso dei stringe le sue vittoriose imprese, versi proposti). che istorico canoro, al sol lume Da studi pregressi 5 è ormai noto come di sua gloria, le carte a vergar prese, il personaggio di quel primo verso, l’eroe benefico si mostra, e quasi nume cristiano Argio, sia controfigura dell’autore. cui l’interno di lui siasi palese, Meno conosciuti, viceversa, sono i richiami a l’adriaca del mare alta regina esatti, entro le pagine del poema, al ruolo cesareo ambasciator tosto il destina 1. di Santinelli (Argio) come uomo di corte e di fiducia di Leopoldo I: proprio come il Questi i versi che si possono leggere marchese l’alterego viene insignito del ruo- nell’ultimo canto, il ventesimo, del poe- lo di «cesareo ambasciator» «a l’adriaca del ma eroico del marchese Francesco Maria mare alta regina» (Venezia) dall’imperato- Santinelli 2, il Carlo Quinto, overo Tunesi re. E non a caso, dentro la folla di personag- raquistata. Opera di pregio, entro la quale, gi che popolano l’opera, solamente Argio assieme al fatto di guerra 3, l’autore espone riceverà «l’aulico manto» 6. (ed è questo un elemento di originalità per È nel 1676 che Santinelli offre la copia il genere poematico) un vero e proprio reso- d’onore del Carlo Quinto a Leopoldo I, a conto di cronaca privata, dando notizia delle questa altezza di tempo in soli sei canti. Il circostanze più rilevanti, nonché rocambo- pesarese continuerà a lavorare al poema an- lesche del suo vissuto: l’amore contrastato cora per molto tempo, almeno fino al 1689, per la duchessa Anna Maria Aldobrandini preoccupandosi di registrare nelle ottave di (conosciuta durante gli anni romani di Fran- questo romanzo in versi («in gran volume», cesco, dal 1655 al 1659, quando si trovava a appunto) tutte le vittorie finora ottenute servizio di Cristina di Svezia), la prigionia (le «sue vittoriose imprese») – così scrive della dama attuata dai parenti che a tutti i Santinelli all’imperatore in un documento costi vollero separare i due amanti, gli anni di pregio 7 che testimonia una continuità di impiegati dal marchese nel tentativo di libe- rapporti ancora ad una data così alta. Rap- rarla e dunque il rapimento e le nozze. Ma porti di sempre maggior vicinanza iniziati anche l’appartenenza a gruppi rosacrociani in quel 1659, quando Cristina di Svezia 4 e, congiunto alle ragioni encomiastiche aveva inviato il marchese (all’epoca suo del poema, dedicato a Leopoldo I d’Austria, gran ciambellano) in Austria con la scusa di il ruolo di ambasciatore cesareo a Venezia una ambasciata e poi lo aveva licenziato 8.

103 Studi pesaresi 5.2017

È nel settimo canto che prende avvio la che l’701 [Amb.re] di 578 [V.A.R.] dia lunga ecfrasi con la quale Santinelli illustra trattato, con la 60·20·17·50·19·02· [pa- la genealogia asburgico-spagnola e la sua rità] uguale, all’702 [Amb.re di Spagna] discendenza, ed è alla sessantunesima otta- et all’704 [Ambasciatore nostro]. Le ac- va che si accampa il nome di Leopoldo I. Il cennai ancora che mi mossi a far scoprir motivo encomiastico e dunque il resoconto paese, et assicurarmi se 570 [V.A.R.] delle imprese militari si apre con la prima acconsentisse di buona voglia al tratta- guerra intrapresa contro l’impero ottoma- to, sull’ordine e concerto che rimasi col no, combattuta dall’imperatore a fianco del Signore 786 [conte Torrismondo della regno di Polonia (guidato da Giovanni Ca- Torre], quando anche non avesse avuto simiro II Vasa) fino alla pace di Oliva del questo impulso; sarebbe bastata la mia 1660: divotione verso 574 [V.A.R.] per farmi promovere un tale affare sì vantaggioso Pur, al volo primier che al pio Polono per 574 [V.A.R.], mentre aveva quasi l’aquila imperial spiega in aiuto, certa speranza di riuscita, come è seguito il drago bizzantin fugge, ed il tuono nella parte che toccava finora a me, e che non aspetta del fulmine temuto 9. riuscirà in quella che si vorrà proseguire. Finora ho attesa risposta con impatienza La relazione dei «trionfi sì belli» 10 che dall’Eccellenza Vostra, ma essendo ve- solo a «Leopoldo attribuir si denno» 11 si nuto a posta a trovarmi il Signore 746 arresta al 1686 con il definitivo assedio del- [conte Torrismondo della Torre], et aven- la città fortificata di Buda che cade sotto le domi detto ch’aveva mandata cifra a lei truppe imperiali; è così che Leopoldo, scri- per scriverle tutta l’opera con tanta feli- ve Santinelli, «la gran Buda acquista» 12. cità, è rimasto meco che io le scriva con Sicuramente il marchese conosceva bene la medesima cifra, e veda se veramente la politica imperiale e questo perché, in qua- 578 [V.A.R.] vuole abbracciare l’occa- lità di ambasciatore, non solo promuoveva sione, onde si possa stabilire adesso che e si faceva garante delle manovre politiche si trova la dispositione così favorevole 13. di Leopoldo, ma era addirittura coinvolto negli affari segreti della corte, come testi- Il trattato di cui si parla è relativo ad una moniato da diverse missive contenute in un lega segreta che Leopoldo I avrebbe dovuto copialettere conservato all’Archivio di Sta- stipulare sicuramente con il re di Spagna. to di Torino. La prima di queste missive au- Nell’affare furono implicate altre perso- tografe accoglie un aspetto curioso, perché nalità legate alla corte cesarea e al vissuto è redatta con un codice misterioso. Nella santinelliano, come il conte di Duino Tor- lettera cifrata, inviata da 585 [Venezia], si rismondo della Torre, lo stesso conte che può leggere: assieme al fratello Ulderico, pochi mesi addietro, aveva aiutato Anna Maria Aldo- Da 16·2a·71·19·95·57·20 [Mantova] brandini (Amira nel poema e futura sposa scrissi a 509 [V.A.R.] intorno alla nego- del marchese) ad evadere dalla prigionia dei ziazione promossa sottomano 627·586 parenti e a scappare con Santinelli. [in Vienna], per ottenere dal 620 [Imp.re] Santinelli continuò ad essere implicato

104 Elisabetta Cerigioni Francesco Maria Santinelli in questa dinamica internazionale ancora categorica, io perderò mezzo il credito per molto tempo, tanto che in un’altra mis- con li sudetti ministri che cominciano a siva di quattro anni più tardi si discute an- dubitare di venir da me pasciuti di paro- cora dell’affare e del fatto che «la riuscita le senza fondamento. Supplico però di di questo trattato consiste nella segretezza»: nuovo Vostra Altezza Reale, a risolvere et a farmi pervenire i suoi sentimenti più Sono costretto di scrivere a Vostra sollecitamente che sia possibile, affine Altezza Reale a dirittura, perché l’occa- che possa ben servirla in un trattato così sione presente non patisce di lasciarvi, grande, e posto a segno finora che mo- e quei ministri, co’ i quali ho intavolato ralmente posso assicurarne la riuscita 15. l’affare, vogliono da me qualche risposta concludente e non vogliono essere più da E ancora un’altra lettera, nella quale si me tenuti sospesi col portargli in lungo, discute delle difficoltà incontrate, in parti- da un ordinario all’altro, la risolutione di colar modo inerenti i pagamenti, nel chiu- levar mano al trattato, o di concluderlo. dere questa alleanza tra stati: Questo negozio che riguarda unicamente il vantaggio di Vostra Altezza Reale è fat- Non ho maggior disiderio et applica- tibile, e si concluderà ogni volta che resti tione in questo mondo che di rendermi accordata la somma di denari, come ho meritevole della sua Real protettione, scritto al Signor Marchese, dal quale può coll’impiego di tutto me medesimo in farsi dare le mie lettere sopra questo par- servirla, così assicuro Vostra Altezza ticolare, in cui vi riconosco un grandissi- Reale che l’apertura incontrata in paese mo utile et è che non avrà da procurarle straniero, per il suo buon servitio, non parità più da Spagna, né da altro Principe poteva, né può essere, più riuscibile, inferiore, mentre subito ottenuta da Sua mentre quelle che reggono la machina Maestà Cesarea per conseguenza, e sen- volevano, e vogliono, girarla a nostro za manifattura l’otterrà anche da Spagna modo, ma, come ho scritto al Signor et da Vienna, si entrerà in possesso col Marchese di Pianezza, questi hanno fatta trattarli egualmente gli ambasciatori; la dimanda, né vi è pericolo che operino con mio gran ramarico sono costretto di senza prima assicurarsi del premio che scrivere senza cifra a Vostra Altezza di non sia per mancargli. La dimanda parve questo trattato, per timore che la lettera anche a me troppo alta, e senza aspettar non vadi in sinistro, giaché la riuscita di risposta dal Signor Marchese, rescrissi questo trattato consiste nella segretezza, che bisognava certamente calare assai colla quale sono incaricato da i ministri et essi, dalle 200 mila vennero alle 150 che vogliono farlo riuscire a caminare. mila, con dire che anche si contenteran- Io supplico Vostra Altezza Reale a pon- no di qualche cosa di manco, sì che per derar quanto ho scritto in quattro lettere 130 mila mostrano di volere operare, 100 al Signor Marchese di Pianezza 14, et a mila per il ‹padrone’ e 30 mila per loro riflettere particolarmente che non ha da stessi. Io poi scrissi al Signore Marche- spendere un soldo, se non a negozio fini- se in risposta della sua (con la quale mi to, ma, se troppo si tarda a darmi risposta diceva che il ribasso di questa somma,

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non sarebbe stato pratticabile e per ciò ti, nei quali il sovrano (Carlo V), compiuta non lo esplicava) che sperava di ridurre l’impresa tunisina, specie grazie al valore le doble in ungari, quando potessi prose- dei due eroi per eccellenza, Argio e Amira guire il trattato più fondatamente, e che appunto, promette di premiare l’eroina re- mi venisse significato liberamente a che stituendole i suoi legittimi territori, quelli somma vuole arrivare Vostra Altezza Re- che le erano stati sottratti ingiustamente da ale, ma coll’ultima del Signor Marchese altri familiari (sono frequenti nel poema gli non ricevo altra risposta, se non che io accenni a questo contrasto parentale, a quei dica a quanto meno mi comprometta di «consanguinei tiranni» 17 che da sempre si tirare il negoziato, cosa impossibile a po- erano opposti all’unione del marchese con tersi accertare da me che non posso assi- la duchessa, prima fra tutti la principessa di curare Vostra Altezza Reale d’altro, che Rossano, Olimpia Aldobrandini, divenuta di fare tutto il possibile per ridur l’affare Rossea nel Carlo Quinto e contro la quale i con la minor spesa che mi sarà prescritta. coniugi Santinelli, ormai sposati da tempo, Dico bene a Vostra Altezza Reale che se avvieranno una lunga causa legale). Questi si tarderà molto a stringere questo affare, i versi: forse non trovaremo più la facilità che di presente s’offerisce, come più diffusa- Dal consolar poi la costante Amira mente ne ho trascorso, et a Vostra Altez- non si riman, con generose offerte: za Reale faccio profondissimo inchino. 16 di placar la fraterna, improvid’ira, e di Rossea le tirrannie scoperte. D’altronde Santinelli era noto per le sue Anzi, gli stati suoi, che ad altri or mira doti diplomatiche fin dai tempi romani, du- soggetti sol per violenze aperte, rante i quali si era occupato delle questio- promette far che la romana Astrea ni politiche di Cristina di Svezia ed aveva tolga di mano, a usurpation sì rea. 18 seguito in prima persona le negoziazioni coi francesi, intercedendo soprattutto col Uguale sorte per Amira e per la duchessa Mazzarino, per favorire le mire della sovra- Aldobrandini, perché quest’ultima, dopo il na sul trono di Napoli. In ogni caso, qual- matrimonio con Santinelli e il trasferimento siasi riferimento allo spaccato biografico veneziano, poté recuperare le proprie ric- di quegli anni al servizio di Cristina viene chezze solo grazie all’intervento imperiale. taciuto nel poema. E Santinelli tace anche A questo proposito restano determinanti al- in relazione alla lega, nonostante nel Carlo cuni documenti che danno notizia di questo Quinto le imprese diplomatiche e di guerra cammeo del vissuto santinelliano. È il caso di Leopoldo vengano riportante con perizia della lettera che segue, scritta da Santinel- di dettagli. Del patto segreto non resta, né li all’imperatore, non troppo tempo dopo il qui né altrove, alcuna notizia. matrimonio: A dire di questi rapporti duraturi e di fiducia tra il marchese e l’imperatore, non passo a supplicar Vostra Altezza Rea- di rado pertinenti a questioni personali, nel le della continuazione della sua benignis- poema si fanno vedere altri indizi di natura sima gratia, dalla quale viene sì altamen- autobiografica. È il caso dei versi seguen- te nobilitata la mia umilissima servitù,

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massime appresso il Signore Abate Ro- gnata la lite di duecento milla ducati in circa, spigliosi, a cui un nuovo cenno di Vostra tra frutti e capitale, contro il Duca Borromei, Altezza Reale, portato efficacemente dal con sue sentenze conformi in piena rota, et Signore mio Residente di Roma, darebbe esser di già incamminata un’ultima speranza l’ultimo impulso, perché alla Duchessa di ottener giustitia, l’altra lite di due millioni mia consorte fossero disequestrati i suoi e passa, contro la Principessa di Rossano» 21. effetti, gratia che non può negarsi per E quest’ultima partecipa alle avventure del giustitia e che solo dalla benefica cle- Carlo Quinto trasfigurata in un personaggio menza di Vostra Altezza Reale attendo, mostruoso e metamorfico, al quale Santinelli giaché è proprio della sua magnanimità decide di far confessare le sue colpe proprio l’aborrire le oppressioni, et assicurar gli ad Amira: innocenti 19. Io son quella Rossea, che si confessa Ma anche la duchessa era in contatto persecutrice tua finor costante, col sovrano asburgico ed è lei ad inviare quella son, che ingemmai fin da la cuna, a quest’ultimo una seconda missiva, dalla con le ricchezze tue, la mia fortuna 22. quale si apprende che parte di quelle pro- prietà erano tornate di suo dominio e, anco- Nel 1681 moriva la principessa di Ros- ra una volta, solo grazie all’interessamento sano e ancora una volta, dopo oltre vent’an- imperiale: ni di servizio, Santinelli si rivolge all’impe- ratore per una richiesta di aiuto: Quanto di pietosa beneficenza ha potuto provenire dalla mano di Sua Be- Per la morte di Donna Olimpia Al- atitudine, nel rilassamento del sequestro dobrandini, già Principessa di Rossano sopra i frutti decorsi, e da decorrere de’ essendo succeduta alla primogenitura o miei beni in Roma, tutto è da me rico- maggiorente della robba aldobrandina la nosciuto per uno de gli aditi profusissimi Duchessa Donna Anna Maria Aldobran- che si è compiaciuta l’Altezza Reale di dini mia moglie, ultima di questa casta, contribuirmi in tal causa […]. Vedo an- et avendo pigliati i possessi di tutti li sta- che stabilita, con franchissimo appoggio, ti di Romagna e de’ luoghi dinnanzi, e non solo la quiete mia, ma il progresso tenute, e case di Roma, si spera che la delle più propitie avventure 20. santa giustitia di Nostro Signore non sia per permettere che dalli avversari paren- Tuttavia Francesco e Anna Maria dovet- ti, che sono li principi Borghesi e Pan- tero attendere fino al 1674, e ancora oltre, per fili, venga prepotentemente cancellata la ottenere il dissequestro di tutti i territori, del- chiarissima ragione incontrastabile della le case e delle tenute in questione. Nel 1674 i Duchessa mia consorte. Tuttavolta, per- coniugi avevano improntato una causa lega- ché sono parti potenti, e si tratta di una le contro Olimpia Aldobrandini e, a quanto sì gran facultà, così di stati, come di beni pare, erano in procinto di vincerla: «Do parte mondiali, è da temersi più di uno svan- a Vostra Altezza Reale – scriveva Santinelli taggio per la nostra parte, quando il pa- il 18 maggio di quell’anno – d’aver guada- trocinio augustissimo di Vostra Maestà

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non essaudisse le mie umilissime sup- porto con la prima opportunità a Vostra Re- plicationi. Prostrato dunque appresso del ale Altezza l’avviso, con fiducia che sia per suo trono, imploro la cesarea protettione gradirlo» 24, così aveva scritto Francesco. appresso Nostro Signore che a una lette- Non mancherà, il marchese, di racconta- ra di Vostra Maestà, a favore della Du- re la sua straordinaria impresa in quel poe- chessa Donna Anna Maria Aldobrandini ma nel quale emergono, numerose, le ottave mia moglie. Spero con spontaneità que- dedicate all’episodio. Come accade nel XIII sto, che farà camminare la giustitia per le canto, dove molto più che allusa è anche la vie ordinarie, massime se la Maestà Vo- corrispondenza segreta intercorsa tra i due stra averà la clemenza di esprimere a co- amanti durante gli anni di lontananza e con testo Signore Cardinale che Vostra Ma- la quale poterono meglio accordarsi per està mi raccomanda a Nostro Signore, e portare a termine il piano di fuga: perché mi sia fatta giustitia, e perché ho l’onore grande di vivere attualmente ser- Sbarcai notturno, e in solitaria riva, vitore di Vostra Maestà in qualità di suo legato a più d’un pin l’abete strano, Cameriere e di suo Consigliere. Suplico, giunsi in Napoli, e ancor che Amira priva mentre quando averanno a considerarmi fosse di libertà, non giunsi invano. insignito del Cameriere di Sua Maestà, L’avvisai ch’era giunto, e che veniva e Ministro della Maestà Illustrissima, sol per torla al rigor d’odio romano. sono certo che non mi sarà denegata la Ella pronta rescrisse, e trattò meco giustitia, né oppressa la mia ragione. Qui la commendabil fuga a l’aer cieco 25. genuflesso, di nuovo umilissimamente supplicando la clementissima cesarea Le avventure diplomatiche e amorose protettione, resa con l’accluso sonetto a del marchese erano da sempre note a chiun- scioglier voti a Dio, perché con prospe- que, a Roma, Venezia, Pesaro, Vienna, ma rità più felici benedica la persona e Casa anche altrove, e in molti avevano seguito lo augustissima di Vostra Maestà 23. svolgersi degli eventi. Anche Giovanni Ro- magnoli, servitore di Santinelli, lascia una D’altronde era stato Leopoldo ad acco- testimonianza interessante, una lettera in- gliere Santinelli dopo il licenziamento da viata proprio al marchese, capace di confer- parte di Cristina e ad eleggerlo ambascia- mare, ancora una volta, quanto e fino a che tore cesareo e poi cavaliere della Chiave punto Francesco Maria Santinelli fosse un d’Oro. Ed anche lui aveva di certo seguito personaggio pubblico, circondato da amici i rocamboleschi tentativi del marchese coi fedeli ma soprattutto da un folto numero di quali aveva cercato, per quasi nove anni, di nemici: rapire e sposare Anna Maria contro il vole- re di chiunque. Non a caso, in quel 1667, i Al primo aviso che portò qua la fama coniugi in fuga avevano scritto a Leopoldo dell’imbarco della Signora Duchessa di I per comunicare la riuscita del loro propo- Ceri, per isposarsi coll’Eccellenza Vo- sito: «seguito dunque il mio matrimonio, stra, mi tremò il cuore nel petto, rifletten- doppo tanti disturbi, con la Signora Donna do all’insidie de gli emoli e molto più a Maria Aldobrandini Duchessa di Ceri, ne quelle del mare, che anche in tempi men

108 Elisabetta Cerigioni Francesco Maria Santinelli

borascosi, fece tremare altre volte la for- come è mio solito, che le maggiori furie tuna di Cesare. Mille gratie a Dio, che che flagellino il cuore d’i dissamorevo- dopo tanti travagli l’ha dapprima condot- li suoi, consistono in questo: che Vostra ta al porto desiderato, nel quale si come Eccellenza sia per governarsi bene, e per ora riposano tutti gli animi già alternanti costituire un capitale considerabile da de’ suoi veri amici e servitori, così pro- ciò che la Signora Duchessa ha portato vano somme borasche la Calunnia e l’In- seco, per goderlo poi con quel più che vidia, domate dal suo gran coraggio, e è di retaggio dell’Eccellentissima sposa dalla sua regia virtù che non ha saputo felicemente in Patria, od altrove nelle ac- mai coronarsi che d’allori ben combattuti conciature d’i tempi che ordinatamente, […]. Vostra Eccellenza ha consorte una dopo il fatto, son facilissime 26. Principessa; gli soli affetti della sua casa di Pesaro, quando saranno ben appurati, Non proprio «facilissime» saranno, sono sufficienti per vivere degnamente come si è visto, le «acconciature d’i tempi» ad ogni Cavaliere cospicuo. Il contorno, per Santinelli, il quale, tra vicende private, come non è appoggiato allo stabile, o che legali, ma anche alchemiche e rosacrociane, non s’usa per stabilirlo tutto per sé, e per non visse affatto, come ebbe a scrivere il liberarlo dagli insulti diurni d’i creditori, Bonamini, «in felice calma dopo tante sof- facilmente e bene spesso si sperde, e so ferte burasche» 27. dire a Vostra Eccellenza, sinceramente

109 Studi pesaresi 5.2017

1 Trascrivo dall’unico testimone completo del del circolo rosacrociano di Federico Gualdi. Cfr. E. poema: Napoli, Biblioteca Vittorio Emanuele III, Cerigioni, Alcuni inediti per la biografia e il ‘Carlo ms. XIII – c.27 Il Carlo Quinto. Poema heroico del V’ del marchese Santinelli, in “Filologia & Critica”, a. Marchese Francesco Maria Santinelli (XX, 90). Del XXXIX, fasc. II, Salerno Ed., Roma maggio-agosto poema, dedicato a Leopoldo I d’Austria, restano 2014; M. Rocchi, Santinelli, Newton e l’alchimia: un quattro testimoni: il manoscritto sopracitato, nel qua- triangolo di luce, Argalìa, Urbino 2010; Francesco le sono presenti parti e correzioni autografe, nonché Maria Santinelli alchimista della Massa Trabaria, vaste porzioni testuali redatte da almeno due distinti cur. A. Jorio, Mimesis, Milano-Udine 2009; F. Cop- copisti. Il manoscritto manca della dedica all’impe- paro e F. Filippetti, A convito con il Marchese San- ratore e delle Allegorie che accompagnano gli altri tinelli alchimista e poeta, Brillarelli, Castelfidardo testimoni. Gli altri tre testimoni riportano un testo 1997. R. Biordi e G. D’Amato, Ombre e segreti del incompleto, costituito dai soli primi sei canti: il ms. passato. La duchessa di Ceri, Unione Editoriale d’I- 317 della Biblioteca Oliveriana di Pesaro (d’ora in talia, Roma 1936. poi Bop), l’unico a presentare varianti significative 3 M. Pellegrini, Guerra santa contro i turchi. La nel testo, redatto in bella calligrafia, offre nella prima crociata impossibile di Carlo V, il Mulino, Bologna carta l’indicazione di un’altra copia del Carlo Quinto 2015. a Vienna, attestata da Callisto Marini nel 1763; il ms. 4 Per la componente alchemica e rosacrociana Philologist 23, conservato all’Österreichische Natio- della biografia santinelliana cfr. Wellcome Library, nalbibliothek di Vienna, è la copia di dedica vergata London ms. 3870, XVII secolo. Collezione di lettere, in pergamena, alla quale sono allegate, oltre alle Al- estratti e trattatelli sull’alchimia, di cui la maggior legorie e alla dedicatoria, anche una Lettera del Si- parte indirizzati da Vincenzo Pezzi di Venezia al mar- gnor Marchese Santinelli al Signor Michele Angelo chese Francesco Maria Santinelli a Roma, in latino Torcigliani e una risposta di questi al Santinelli, la e in italiano e Archivio di Stato di Venezia, sezione dichiarazione dello stampatore a chi leggerà e dieci Sant’Uffizio, bb. 119 ss., Processo contro Federico sonetti di plauso all’opera e all’autore, composti da Gualdi. Antonio Ottoboni, Giovan Francesco Vistoli, Tiberio 5 Per uno studio più approfondito, circa l’irru- Ceuli, Sebastiano Baldini, Antonio Loredano, Pietro zione del privato nel poema, rinvio a T. Mattioli, Il Giubilei, Camillo Boccaccia, Carlo de’ Dottori, Carlo ‘Carlo V’ di Francesco Maria Santinelli. Tra auto- Stefano Arduini, Gioseppe Montani; infine il ms. 620 biografia e storia, in Dopo Tasso. Percorsi del poe- della Biblioteca Corsiniana di Roma, che risulta es- ma eroico. atti del convegno di Urbino, 15-16 giugno sere una copia esatta, redatta in chiara calligrafia, del 2004, cur. G. Arbizzoni, M. Faini e T. Mattioli, Edi- testimone viennese. Da qui in avanti le citazioni dal trice Antenore, Roma-Padova 2005, pp. 163-210. poema, tutte dalla copia napoletana, verranno restitu- 6 (XV, 47, 8). ite in nota con la sola indicazione tra parentesi tonde 7 Bop, ms. 316, vol. III, Schede del Marchese di canto, ottava, versi. Francesco Maria Santinelli, fasc. 107, cc. n.n. Il do- 2 Francesco Maria Santinelli (1627-1697). Nato cumento si trova pubblicato in Cerigioni, Alcuni ine- a Pesaro, fu poeta, romanziere, autore di commedie diti per la biografia cit. pp. 285-286. e uomo di teatro, ma anche alchimista, cavallerizzo 8 Cristina informa Santinelli del licenziamento e spadaccino provetto, nonché celebre per le sue doti con una lettera, datata 3 maggio 1659. Cfr. Roma, Bi- di diplomazia e eleganza cavalleresca. Nel 1655, a blioteca Casanatense, ms. 2367, c. 415r. Molteplici Roma, entra al servizio di Cristina di Svezia in qualità le cause: le accuse di un doppio omicidio, un proces- di gran ciambellano. Nel 1659 viene licenziato dalla so per furto, falso in bilancio e abuso di potere (cfr. regina ed entra alla corte di Leopoldo I d’Austria in Riksarkivet, Stockholm, K. 413, c.n.n., Processo del qualità di ambasciatore cesareo. Nel 1667, dopo anni Marchese Santinelli, Cameriere Maggiore della Re- di amore contrastato, sposerà la duchessa Aldobran- gina di Svetia, 1659, con due lettere del Monaldesco; dini con la quale si stabilirà a Venezia, dove farà parte Affaire de F. M. Santinelli. Papiers divers regardant

110 Elisabetta Cerigioni Francesco Maria Santinelli le Marquis F. M. Santinelli, 1652-1659), e poi la re- 16 Ivi., Lettera da Venezia, datata 21 marzo1671. lazione con la duchessa Anna Maria Aldobrandini, 17 (XIV, 85, 2). proveniente da una famiglia molto potente che fin da 18 (XX, 89). subito si oppose a questa unione. 19 Lettera da Venezia, datata 17 dicembre 1667, 9 (VII, 60, 1-4). Archivio di Stato di Torino, Sezione Corte, Lettere di 10 (VII, 60, 8). F.M. Santinelli cit. 11 Ibidem. 20 Ivi., Lettera da Venezia, datata 28 giugno 12 (VII, 99, 8). 1668, ivi, lettera A, mazzo 8, c.n.n.. 13 Lettera da 585 [Venezia] datata 6 agosto 1667, 21 Ivi., Lettera da Venezia, datata 18 maggio Archivio di Stato di Torino, Sezione Corte, Lettere 1674, ivi, lettera S, mazzo 41, c.n.n. di F. M. Santinelli e Anna Maria Aldobrandini, ma- 22 (XV, 24, 5-8). terie politiche per rapporto all’interno, lettere di 23 Lettera da Pesaro, datata 26 dicembre 1681, particolari, lettera S, mazzo 41, c.n.n.. La trascrivo Bop, ms. Oliv. 316, vol. III, Schede del Marchese indicando tra parentesi quadre lo scioglimento delle Francesco Maria Santinelli, fasc. 114, c.n.n. identità cifrate, così come appaiono in una copia della 24 Lettera da Rimini, datata 10 marzo 1667, Ar- missiva corredata dalla chiave e allegata alla missiva chivio di Stato di Torino, Sezione Corte, Lettere di medesima. F.M. Santinelli cit. 14 Carlo Giambattista Onorato Francesco Ber- 25 (XIII, 22). trando di Simiana (Torino,1608-1677) marchese di 26 Lettera da Senigallia, datata 13 marzo 1667, Pianezza e di Livorno fino al 1672. Bop ms. Oliv. 316, vol. III, Schede del Marchese 15 Lettera da Venezia, datata 7 febbraio 1671, Francesco Maria Santinelli, fasc. 112, c.n.n.. Archivio di Stato di Torino, Sezione Corte, Lettere di 27 Bop, ms. Oliv. 1063, vol. II, D. Bonamini, F.M. Santinelli cit. Biografie degli uomini illustri pesaresi, c. 59r.

111 Filatoi, filande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo

di

Cristina Ravara Montebelli

«La seta è fonte di larghissimi guadagni; produzione di organzini, noti anche con il sì per la coltivazione de’ bachi che per la nome di orsogli, ovvero di fili in seta ritor- filatura e la tessitura»: esordisce in questo ti più volte, costituenti l’ordito delle stoffe modo la descrizione delle industrie di mag- seriche e realizzati a partire dal XVII secolo giore rilevanza a Pesaro nel Dizionario in grandi filatoi o mulini ad acqua, ben at- corografico dello Stato Pontificio, datato testati nella vicina Rimini 3. La produzione 1856 1. di organzini od orsogli è poi confermata da Il testo continua sintetizzando effica- altre fonti precedenti. I Cenni economico- cemente le caratteristiche di tutto il ciclo statistici sullo Stato Pontificio del 1840 produttivo dell’epoca: l’allevamento del annoverano Pesaro, insieme a Bologna, Ri- baco da seta è in aumento in virtù dei buo- mini, Forlì e Faenza, fra le città dello Stato ni metodi applicati, producendo bozzoli di pontificio in passato molto attive «nell’arte «eccellente qualità», venduti sul mercato di di orsogliare», ma successivamente deca- Pesaro, il quale «ha molto credito nelle vi- dute a causa dell’attivazione di filatoi «in cine province». Non è purtroppo precisato Lombardia, in Francia e soprattutto il per- il numero delle «caldaie da filanda», per la fezionamento di quest’arte in Inghilterra trattura del filo di seta dal bozzolo, che però […]», quest’ultimo in virtù delle innovazio- sono «in discreto numero», non tale però da ni meccaniche e tecniche per la torcitura in- assorbire tutta la produzione dei bozzoli, ac- trodotte a Derby all’inizio del XVIII secolo caparrata dai filandieri di altre località delle dai fratelli Lombe, dopo che John Lombe Marche e della Romagna. Quanto infine alla ne aveva rubato il segreto ai piemontesi 4. produzione tessile in seta essa si sostanzia La metà del XVIII secolo è l’epoca in in «trine, fettucce, frange, fiocchi, nonché cui, anche a Pesaro, sono in piena attività in calze ed organzini” mentre le fabbriche i filatoi, infatti fabbricatori e mercanti di di bavella, ovvero i cascami di seta prodotti orsoglio pesaresi, insieme a quelli di Ri- durante la prima fase della trattura, produ- mini, Faenza ed «altre città dello Stato» cono bordati (un tipo di tela variegata), co- presentano nel febbraio 1755 «per la terza perte e filoselli, tessuti realizzati con tutti gli volta» un ricorso al papa, protestando per avanzi dei bozzoli, opportunamente trattati l’aumento dell’imposizione fiscale, destina- in acqua saponata, scardassati e filati 2. to a pagare il debito contratto per le truppe Nella lettura di questa fonte la nostra at- straniere 5. A margine di questo documento, tenzione è però attirata dalla citazione della evidentemente una copia ad uso ammini-

112 Cristina Ravara Montebelli Filatoi, filande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo strativo conservata nell’Archivio di Sta- dotta, onde il rimanente, che non può con- to di Rimini, è trascritta anche la risposta sumarsi nello Stato, è pur necessario, che della Congregazione del Commercio della passi altrove, e si avanzi nelle parti estere, provincia (istituita dall’allora legato di Ro- le quali tramandino nello Stato Pontificio magna cardinale Gianfrancesco Stoppani), quel denaro, di cui tanto egli scarseggia, e che si dichiara sorpresa della partecipazio- che è l’unico oggetto, al quale tendono tutte ne al ricorso dei «Mercadanti di q[ue]sta le mire di quei, che s’impegnano in q[ue]sta Città di Pesaro» e considera il loro ricorso sorte di negozio 6. «surretizio ed usurpativo del nome altrui». Il ricorso fu comunque accolto, «giacché il Accogliendo quindi la proposta di dimi- commercio delle sete in detta città di Pesaro nuire i dazi sulle sete orsogliate, a discapito è forse il più frequente ed accreditato di al- delle sete grezze «si verrebbe a rilevare la cuna altra città dello Stato Ecc[lesias]tico». borsa di pochi mercanti applicati all’opifi- L’istanza però «fu dopo maturo discorso cio degli organzini e rifondere tutto il peso creduta la più irragionevole e la più distrut- sopra il rimanente di un’infinità di persone, tiva del commercio delle sete» in quella vale a dire sopra tutti quelli, che s’impiega- giurisdizione pontificia, in quanto: no nella prodotta de’ bocci da seta, nel la- voro dei med[esi]mi, che è lo stesso di tutti […] nelle tre Provincie della Marca, i contadini, di tutti i possidenti e di tutta la della Legaz[ion]e d’Urbino, e di quella di povera gente impiegata nelle caldare, si sa- Romagna altro genere più ve[na]le e più flo- rebbero avvantaggiati i pochi fabbricatori rido in linea di commercio non si ha, che i di seta». La Congregazione consiglia infi- boccioli da seta. Questo nella stagione, in ne ai mercanti di sete orsogliate di ricorrere cui si produce è il miglior capitale d’ogni alla clemenza del papa perché sia abbassata genere di persone, si de’ possidenti, che l’imposizione o sia distribuita sopra altre senza particolar fatiga ritraggono il contan- merci, come accade a Pesaro dove, «per te effettivo da simil prodotto de’ loro beni, mantenere in q[ue]sto parlare libero il com- si de’ contadini, che con poca industria, ed mercio, ha procurato per le comuni gravez- in poche settimane provvedono alle loro ze di ferire meno che sia possibile il capo indigenze col denaro, che ritraggono dalla delle sete, sopra le quali non vi è gabella vendita de’ med[esi]mi boccioli, e si anche che di pochi quattrini per libbra» 7. della povera gente di città, massime di don- La situazione però diviene negli anni ne, che tutte regolarm[en]te s’impiegano successivi sempre più critica per i produtto- nelle caldare da seta, tanto, che si và com- ri di orsoglio, tanto che nel 1775 il tesoriere putando, che un anno per l’altro q[ue]ste tre generale monsignor Pallotta, in viaggio con Provincie unite non rendano meno di seta l’abate De Miller per verificare le condizio- greggia, che libre 250 mila poco più o poco ni economiche dello Stato pontificio, rileva meno, è altresì certo, che per un scandaglio a proposito di Pesaro, nella sua Relazione generale negli organzini, o siano filatoj del del viaggio, che ai filatoi «manca il necessa- med[esim]o Stato Eccl[esiast]ico non si rio lavoro a motivo che una gran parte delle consuma neppur la metà di tutta q(ue)sta sete gregge si manda a Londra» 8, quindi le seta greggia dalle med[esi]me caldare pro- sete grezze, prodotto della semplice trattu-

113 Studi pesaresi 5.2017 ra della seta dal bozzolo, erano mandate a all’articolo 1 del Codice del commercio del Londra per la successiva trasformazione in Regno d’Italia, sono registrati in un Elenco orsoglio. Solo cinque anni più tardi, i pri- esercenti qualche ramo di traffico vari ope- mi di settembre del 1780, quattro ebrei di ratori nel settore della vendita e produzione Padova, dei quali purtroppo non è nota l’i- di seta grezza, fettucce, «setarie», telerie, dentità, «stanno trattando per l’acquisto di mussoline e pannine, fra i quali si possono 500 telari» per trasferire a Pesaro la loro segnalare: Mariano Gallucci negoziante di fabbrica di cordelle in seta, ma soprattutto seta grezza con sede alle Logge di Piazzet- intendono impiantare un «grandioso filatoio ta n. 56; Vincenzo Mosca produttore di seta ad acqua capace al lavoro di duecento e più grezza con annessa fabbrica di fettucce in persone» e a tale scopo cercano nel ghetto Contrada Monaci n. 2249; analoga è l’atti- alcune case adatte a contenere «due grosse vità del Negozio Pistoja, in Strada Molini n. famiglie» 9. Non è noto purtroppo l’esito di 2926; Giovanni della Valle ha una fabbrica questa impresa, come non si conosce il nu- di seta grezza «per suo conto» in Contrada mero dei filatoi presenti a Pesaro nel XVIII San Carlo n. 108 ed infine Raffaele Severini secolo, né i nomi dei loro proprietari o tanto è fabbricante di cera e seta grezza in Pozzi meno la loro ubicazione, o se avessero al dell’Antaldi e Strada Cappuccini 12. loro interno filande per la trattura della seta Alcuni di questi nomi ritornano anche e la trasformazione in matasse della seta in un altro documento, l’elenco delle Fab- grezza, non essendo stata finora effettuata briche esistenti in Pesaro nell’agosto 1824, tale ricerca, che ci ripromettiamo di svol- che è il risultato di un’indagine promossa gere per una futura pubblicazione, analoga- dal delegato apostolico Benedetto Capellet- mente a quella da noi sviluppata e pubblica- ti per avere un quadro preciso non solo del ta per Rimini 10. numero di fabbriche, ma anche del capitale Per quanto invece concerne la vendi- investito e del numero di addetti, oltre ad ta dei bozzoli alcuni dati rilevati nel 1779 eventuali osservazioni mirate al loro inco- risultano utili per inserire il pesarese nel raggiamento e miglioramento 13. Pistoia contesto dello Stato pontificio 11: Bologna Maddalena, probabilmente l’intestataria del in quell’anno ha pesato 1.900.000 libbre di già citato Negozio Pistoja, risulta avere una seta (la libbra bolognese era circa kg. 0.361), fabbrica di fettucce di seta ed orsogli, con in Romagna si sono raccolte 1.000.000 lib- un mulino ad acqua («il primo orsoglio la- bre, la sola Perugia ha prodotto 500.000 vora ad acqua»), che però necessita di «mi- libbre e «soltanto a Pesaro e Fossombrone glioramento delle macchine e dell’arte», nel se ne tirano 110.000 libbre». È bene però quale è investito un capitale di 600 scudi e precisare che spesso le fonti, come quest’ul- lavorano 6 operai. Mosca Vincenzo ha la tima, assommano la quantità di bozzoli o di medesima attività, con un capitale investito seta grezza prodotta dalle città e contado di di 1.000 scudi e 14 operai. Nuovi operatori Fossombrone e Pesaro, rendendo impossi- del medesimo settore sono invece Antonio- bile individuare la produttività delle singole li Marianna, con un capitale di 800 scudi e città. 20 operai e Perotti Giovanni con un capitale Per conoscere i nomi di alcuni filandie- di 500 scudi e 8 operai; sono poi segnala- ri si deve attendere il 1810 quando, in base ti 150 proprietari di caldaie da seta per la

114 Cristina Ravara Montebelli Filatoi, filande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo produzione della seta grezza, nelle quali curate». Se si tiene conto che a quest’epoca sono impiegati 560 operai o meglio opera- 12 libbre di bozzoli lavorati a 6 fila o capi ie, che lavorano due mesi all’anno e con un danno 1 libbra di seta, e che servono 14 lib- capitale investito totale di 60.000 scudi, che bre di bozzoli per ottenere 1 libbra di seta utilizzano 300.000 libre di bozzoli, a 20 ba- a quattro fila o capi del tipo sublime, come iocchi la libbra. quella di Fossombrone, la seta grezza filata Il suggerimento per l’incoraggiamento indicata nel documento è di 22.230 libbre, di questo settore è ovviamente «l’aboli- interamente esportata nello Stato pontificio. zione del dazio sull’estrazione della seta». Il valore della «manifatturata», ad un primo Infine degni di menzione sono la fabbrica stadio di lavorazione non ben precisabile, è di calzette in seta di Prada Enrico con 13 invece di 34.197 libbre, di cui 8.700 libbre operai e un capitale di 800 scudi e la fab- esportate nello Stato e 25.497 libbre espor- brica di pettini da bavella di Palazzoli An- tate all’estero. La seta orsogliata grezza è drea, impiegati per cardare la bavella prima pari a 1.225 libbre, mentre la manifattura- che sia filata, con 2 operai ed un capitale ta è 1.494 libbre, entrambe esportate nello di 400 scudi, ma il documento precisa che Stato; le fettucce di seta grezza sono 2.500 il proprietario è «pensionato dal governo» , libbre e manifatturate 3.500, anch’esse in- quindi la fabbrica sembra chiusa 14. teramente esportate nello Stato, mentre i Un altro documento dello stesso anno ci tessuti in seta sono solo poche libbre, tutte permette poi di avere informazioni più spe- esportate nello Stato pontificio 16. cifiche sulla forza lavorativa delle tre prin- Nel 1824 anche a Rimini viene stesa una cipali filande pesaresi e sui salari pagati agli Memoria relativa alla statistica industria- operai: l’ebreo Bonaiuto d’Ancona 15 ha 55 le e manifatturiera richiesta dal Governo, operaie pagate 13 baiocchi a giornata e 5 ra- rimasta manoscritta e nella quale il princi- gazzi a 6 baiocchi; Spinaci con 43 operaie, pale filandiere riminese, Marco Aducci, è ancora a 13 baiocchi a giornata e 9 ragazzi ricordato come inventore di un metodo per a 5 baiocchi, infine Severini, probabilmente uccidere le crisalidi con il vapore, che egli, quel Raffaele del precedente elenco, con 3 «con vero spirito di giovare la nazione», operai a 20 baiocchi a giornata, 15 operaie a comunicò a vari altri filandieri nel distretto 15 baiocchi e 2 ragazzi a 5 baiocchi. riminese e «al Sig. Gennari di Pesaro» 17. L’inchiesta del 1824 ha inoltre conteg- Questo metodo sarà ricordato nelle “Eserci- giato i valori economici dei manufatti pro- tazioni dell’Accademia Agraria di Pesaro” dotti dalle fabbriche, benché, come riportato del 1833, nel rapporto di una commissione nel documento «molti fabbricatori non sono appositamente creata per valutare il libro stati molto esatti nel somministrare tutte le di Gera di Conegliano, il Saggio sull’arte notizie richieste dal Governo negli stati par- di trarre la seta da’ bozzoli, dedicata alle ziali, non ostante le procure usate tanto dal nuove macchine per la trattura del filo, in Municipio quanto dalla Deputazione. Onde particolare alla Santorini e alle migliorie si dichiara che tutti quei valori che non si apportate su di essa 18. sono potuti desumere dagli stati parziali Due membri della commissione erano sono stati posti a calcolo approssimativo, esperti del settore. Il riminese marchese dietro notizie e cognizioni che si sono pro- Pietro Belmonte Cima aveva costruito ben

115 Studi pesaresi 5.2017 due bigattiere padronali nella sua residenza dassini, nell’aprile del 1834, faceva arriva- di campagna di Spadarolo, pubblicando i re da Dolo «dieci barbatelle da un anno» risultati dei suoi esperimenti nelle “Eserci- da piantare, che l’anno seguente diedero tazioni”, mentre Andrea Buffoni era un im- già le foglie; nell’estate dello stesso anno portante filandiere di Fossombrone, autore anche Giuseppe Mamiani piantò nell’orto di un primo articolo nelle “Esercitazioni”, della sua abitazione di Pesaro, «con aspet- volto ad incentivare la coltivazione del gel- to al mezzogiorno, due piantoni venuti dal so «come una prima risorsa dello Stato», e Dolo», i quali nel 1836 produssero foglie di un secondo sull’utilizzo del gelso delle per i bachi sia a giugno che, dopo averle tol- Filippine, in sostituzione del gelso bianco te, ad agosto. Mamiani tentò con successo (Morus alba) 19. anche l’innesto dei mori bianchi con quelli Il gelso delle Filippine, con termine delle Filippine 23. scientifico Morus multicaulis, per le sue Nel luglio 1834 la contessa Elena Cassi radici molto ramificate, o cucullata – come Schiavini, figlia del conte Francesco Cassi, era stato ribattezzato dal direttore dell’orto presentava in una lettera pubblicata nelle agrario di Torino, Matteo Bonafous, nel suo “Esercitazioni”, i risultati dei suoi «tentativi Saggio sui gelseti e sopra una nuova spe- di educare una piccola quantità di filugelli cie di gelso del 1831 20 – era stato portato col gelso delle Filippine», dimostrando la in Francia nel 1821 dal viaggiatore natu- sua competenza in materia ed inviando agli ralista Perrottet, che lo aveva acquistato a Accademici un campione di seta «tirata a Manila, da cui il nome comune, ma aveva tre fili» e cavata da 11 bozzoli, che risultava avuto origine in Cina. Carlo Maupoil, so- essere «bellissima di colore, consistente e cio dell’Accademia Agraria di Pesaro, in un fina» 24. Per promuovere ulteriormente l’a- suo articolo sulle “Esercitazioni”, dedicato dozione di queste piante l’Accademia isti- al gelso delle Filippine, dichiarava di avere tuì proprio in questo anno un premio di 30 acquistato già nel 1825 tre piante del nou- scudi per chi le avesse presentato «per tre veau murier de la Chine, così chiamato in anni consecutivi una maggiore quantità di francese, presso il botanico Cels di Parigi 21 seta ricavata da bozzoli indigeni che siano e di averlo iniziato a coltivare e inserito nel stati alimentati sempre con le foglie del gel- catalogo del suo stabilimento orticolo-agra- so delle Filippine» 25. rio di Dolo presso Venezia. Il conte Cassi fu La capillare diffusione degli allevamenti il primo ad acquistare da Dolo un esemplare di baco nelle campagne faceva però prolife- di questo gelso nel 1830, facendolo piantare rare i furti di foglie e frutti di gelso, pertanto nel suo belvedere di San Benedetto, poi Orti per arginarli i proprietari delle piante si ri- Giulii, «ad una esposizione per vero dire volsero al legato di Pesaro e Urbino, cardi- piuttosto infelice, e sotto l’ombra di altre nale Riario Sforza, il quale con un editto del piante». Nel 1834 Cassi ne fece piantare al- 13 aprile 1837 stabilì che chiunque fosse tri sei esemplari e nel 1835 «fu per la prima stato trovato in possesso di frutti o foglie volta spogliato di foglie, onde alimentarne i di mori gelsi detenuti illegittimamente, ne bachi, tanto indigeni che delle Indie» 22. avrebbe subìto il sequestro 26. In seguito a questi primi esperimenti di Questi anni sono anche ricchi di novi- coltivazione anche il marchese Carlo Bal- tà sul fronte dei metodi da utilizzare nelle

116 Cristina Ravara Montebelli Filatoi, filande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo bigattiere per incrementare e migliorare la La casa ducale acconsente ad aggiungere produzione dei bozzoli. Giuseppe Mamiani alla primitiva porzione una seconda che è in prima linea per la loro analisi e diffusio- permetta un più semplice accesso dalla via ne, infatti nel 1839 compare nelle “Eserci- Flaminia e quindi è dato l’avvio alla pro- tazioni” un suo rapporto, nel quale in primo gettazione del vivaio ovvero Stabilimento luogo analizza il metodo del francese D’Ar- Agro-Botanico di Commercio, diretto dal cet, che consisteva in un sistema di canaliz- Botter. zazioni per arieggiare a dovere le bigattiere, Si trattava di un terreno sperimentale per ma dove fornisce anche utili informazioni la scuola e per gli esperimenti accademici, sulla situazione produttiva nelle campagne ma nel contempo utile agli Orti Giuli per pesaresi dell’epoca. Mamiani scrive infatti incrementare il commercio dei vegetali. che nelle case coloniche mancano bigattiere Nel progetto del Botter i gelsi e la bi- propriamente dette, ovvero «un locale nella gattiera avevano un ruolo importante: tutti fattoria, o nella villa, o nella casa colonica i ritagli di terreno erano occupati da gelsi più ampio per la bigattiera comune», e che «a boschetto, a cepaja, ad alto fusto» ed tali locali debbano essere muniti «delle ve- alla coltivazione dei gelsi si aggiungeva trate, de’ camini, de’ cannicci; e la direzione l’allevamento dei bachi in una piccola «bi- di un bozzolajo [debba] fare una quantità gattiera costruita e disposta coi metodi più di bachi, proporzionata alla foglia da rac- accreditati» all’interno della casa colonica, cogliere sopra tutti i poderi». In tal modo dove in una stanza apposita dovevano esse- il padrone avrebbe la metà del prodotto e il re conservati i semi e «un quadro che rap- contadino sarebbe compensato della foglia presenti tutte le età del baco da seta, le sue di gelso e delle fatiche impiegati nell’al- metamorfosi, bozzoli coi caratteri denotanti levamento, perché con questo sistema la la loro qualità» 28. buona riuscita sarebbe stata certa. Mamiani Una bigattiera modello è invece quella però è ben conscio che non tutti i possiden- della casa Castelbarco Litta-Albani, costru- ti del territorio pesarese siano in grado di ita dal sacerdote don Silvestro Bonci all’in- investire denaro per seguire i metodi con- terno dell’Imperiale nel 1840 e della quale sigliati, quindi suggerisce che «potrebbero il sacerdote fornisce i risultati in tre articoli adottare il sistema di fare l’allevamento de’ delle “Esercitazioni” 29. Il conte Cesare Ca- bachi in comune, cioè nel locale migliore, stelbarco aveva ingaggiato due contadini con la foglia, e l’opera di tutti gli altri co- della Brianza perché istruissero i contadini loni» 27. nelle sue varie fattorie, stabilendo a Seni- Nel 1841 l’Accademia incarica France- gallia la dimora del contadino che doveva sco Luigi Botter, professore di Agricoltura seguire le fattorie di Pesaro e Poggio Berni, a Pesaro, di trovare un appezzamento di mentre l’altro risiedeva a Fossombrone per terreno adatto per realizzare un terreno spe- seguire quelle di Urbino, Urbania e Fos- rimentale. La sua scelta ricade sul podere sombrone stessa. Il primo ammalatosi fu detto “Carmine vecchio” della casa ducale costretto a tornare in Lombardia, pertanto Leuchtenberg, posto non lontano dagli Orti il conte trovò un nuovo contadino, tal Gio- Giulii, che il conte Cassi già da tempo ave- vanni Comi, che fu destinato esclusivamen- va destinato ad orto agrario sperimentale. te a Pesaro. Il sacerdote volle inoltre che i

117 Studi pesaresi 5.2017 coloni di vari possidenti, come i due coloni dotate di una sola caldaia e gestite tutte da dell’eminentissimo principe signor cardina- donne (Giampaoli Marianna; Gennari Ma- le Luigi de’ conti Ciacchi oppure quello del ria; Trevisani Marianna ubicate tutte Dietro reverendo don Giovanni Battista Barilari, si Severini; e Giuliani Teresa, sotto le Logge); riunissero ad allevare i bachi nella bigattiera 15 attività, appartenenti sia a uomini che a dell’Imperiale, mettendo insieme nel primo donne, hanno 2 o 3 caldaie e fra queste tro- anno 232 ottave (ottava parte di 1 libbra) di viamo come proprietaria una Severini Anna seme bachi quasi interamente prodotto dai Maria, con 3 caldaie ubicate Dietro S. Gio- coloni di Pesaro, salvo una piccola quantità vanni, forse un membro della famiglia già della Brianza. Il sacerdote quindi ipotizzò incontrata di Severini Raffaele; 7 attività di utilizzare 83.000 libbre di foglie di gelso, hanno 4 caldaie; una sola ne ha 5, quella di ma a metà allevamento dovette riscontrare Nascimbeni Margherita, in contrada Gai- che i fondi avevano prodotto solo 46.630 gattoli e cinque hanno 6 caldaie, fra le quali libbre e fu costretto ad acquistare il resto. compare il nome di Giovannelli Amato, che Il risultato alla fine di due anni della ritroveremo; una sola ha 7 caldaie, quella di sperimentazione era stato ottimo sia come Togni Antonio, in Strada del Porto. Infine quantità che come qualità, perché i bozzoli le maggiori appartengono a Righetti Giaco- erano stati venduti ad un prezzo maggiore mo, localizzata in contrada Tortora con 10 rispetto al prezzo solito della piazza di Pe- caldaie; al già noto Spinaci Antonio, pres- saro di 24 e 25 baiocchi. Nel 1841 i francesi so Porta Sale con 16, a Gennari Francesco Millet et Robinet, con Madame Cora Mil- localizzata in Strada del Porto con ben 24 let-Robinet sperimentano nella loro bigat- caldaie, anche lui già noto 31. tiera di Cataudière (Magnanerie de la Ca- Nel 1845 il legato della provincia di taudière, arrondissement de Chatellerault) Pesaro e Urbino, si trovò costretto ad ina- il seme di ben 20 diverse razze di bachi, fra sprire il regolamento precedente sui furti di le quali compare anche quello di Fossom- foglia di gelso, perché sarebbe stato puni- brone e di Pesaro, fornendo un dettagliato to «chiunque senza possedere la foglia dei rapporto dei risultati: la razza di Pesaro è gelsi esercitando l’industria di allevare ba- risultata eccellente per due anni di seguito, chi da seta, se la procurava derubandola nei 22 kg. di bozzoli hanno dato 1 kg. e 800 gr. fondi altrui». Nel primo articolo stabilì che di seta, ovvero 430 di questo tipo di bozzoli gli allevatori «per proprio conto, o in socie- per chilogrammo 30. tà, o per commissione di altri» erano tenuti Tornando alle filande cittadine, un pre- a «denunciare nella Segreteria del rispettivo zioso documento del 1838 ci permette fi- Comune la quantità del seme dei detti vermi nalmente di conoscere l’esatto numero di che intende di alimentare, il luogo preciso filande presenti in quell’anno a Pesaro, ov- di loro custodia, ed il numero, non che l’u- vero 38 attività, identificate dal cognome e bicazione degli alberi di mori gelsi che pos- nome del proprietario, spesso donne, con la siede del proprio, o abbia da altri comprato, loro precisa localizzazione nella contrada: avvertendo che nell’uno o nell’altro caso in città il numero di caldaie è quantificato deve la foglia essere in corrispondenza alla in ben 170. quantità de’ bachi che si propone di alleva- In almeno quattro casi si tratta di attività re; e se non si tratta di foglia propria, dovrà

118 Cristina Ravara Montebelli Filatoi, filande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo il denunciante indicare il nome del vendito- figlia di Antonio, oggetto delle attenzioni re, e dare anche le prove della compra qua- di Agostino, era stata affidata ad una delle lora venissero dall’ufficio richieste». Per “sorveglianti” della filanda, perché i geni- registrare queste informazioni le magistra- tori erano fuori casa ad «attendere a custo- ture comunali si sarebbero dovute dotare dire i bocci e a fare ogni altro preparativo di «un apposito registro, nel quale saranno per la filanda» e il misfatto era accaduto in notate con un numero progressivo le fatte uno dei letti di queste sorveglianti, posti denunce, rilasciando gratis ai denuncianti nel piano superiore della filanda. L’attività altrettante bollette quante sono le bigattiere della filanda cessa alla fine dell’estate e le denunciate, o i contratti di compra e vendita filandaie tornano alle loro normali occupa- della foglia corrispondente», da conservare zioni oppure alle loro città d’origine, come per eventuali verifiche della Forza pubblica. tre donne di Fossombrone. Il frutto del pec- La misura però non deve avere avuto l’ef- cato, una bambina, sarà abbandonata nella fetto sperato, infatti sarà ribadita nel 1852 ruota dell’ospedale San Salvatore, ma la vi- dal delegato apostolico Pasquale Badia 32. cenda avrà un lieto fine con la celebrazione, Per conoscere alcune fasi del lavoro il 5 luglio 1847, del matrimonio riparatore femminile, che in questi anni veniva effet- fra Agostino e Luigia, che otterranno nuo- tuato all’interno di una filanda pesarese, vamente la loro bambina e successivamente risultano utili gli atti di una causa presen- avranno ben dieci figli. tata il 13 novembre 1846 al tribunale ec- A partire dalla metà del XIX secolo, le clesiastico di Pesaro dal proprietario di una principali filande a Pesaro sono tre. La pri- filanda, tale Antonio S., contro il portolotto ma di proprietà di Luigi Valazzi, decorato Agostino C., colpevole di aver stuprato la col titolo di Vicepresidente onorario della figlia 33. La filanda in questione è ubicata Società universale di Arti e industria fonda- presso porta Sale, al piano inferiore dell’a- ta a Londra il 1851, che ottiene una meda- bitazione di Antonio, quindi è evidente che glia per le sue sete dal ministero del Com- dietro la S. si cela l’identità del filandiere a mercio e delle Arti dello Stato pontificio e noi già noto Antonio Spinaci. A quest’epo- un’altra all’Esposizione universale di Pari- ca la sua filanda è dotata di ben 36 caldaie, gi 35. La seconda di Giovannelli Domenico con altrettante donne, che da giugno a metà e Amato, forti delle loro 54 caldaie, che ot- settembre sono impegnate a “tirare la seta”, tengono premi a Londra nel 1862 e a Dubli- ovvero ad effettuare la trattura del filo dal no nel 1865 36. E infine quella di Gaetano bozzolo, e a “piegare la seta filata”, utiliz- Venerandi, menzionato con gli altri come zando un apposito attrezzo chiamato tornel- espositore di campioni di buona seta grezza lo o piegatore per la piegatura delle matasse all’Esposizione di Roma delle Manifatture di seta greggia, che evita si sformino e si di lana e dei Campioni di filature e tessuti di ingarbuglino 34. seta dello Stato pontificio, nel 1856 37. Il documento cita poi altre due azioni A testimonianza dell’abilità delle don- di più difficile precisazione, quella della ne che lavoravano in queste filande, si co- “spiegatrice” e della “spruzzatrice”, inol- noscono i nomi di alcune di loro premiate tre da esso si ricavano informazioni relati- all’Esposizione italiana di Firenze del 1861: ve all’organizzazione della filanda: Luigia, Baldini Maria, Ercolessi Anna e Cortiglioli

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Vincenza della filanda Valazzi; Dini Clelia Ruggero Giovannelli, che in una pubblicità e Dini Zenaide, di quella Giovannelli; e in- dichiara di essere «Direttore e proprietario fine Giangolini Vittoria, Pompei Filomena del Regio Osservatorio Bacologico con e Felicini Teresa della filanda Venerandi 38. annesso Premiato stabilimento per la con- La Guida di Pesaro del 1864 ci permette fezione del Seme Bachi Cellulare sistema invece di conoscere l’introduzione già da Cantoni Pasteur», e nel quale esaminava e tempo del vapore in molte filande: non è vendeva «razze gialle-pure, robustissime, riferito purtroppo il numero di filande, ma resistenti alla flaccidezza, immuni da atrofia solo quello dei «fornelli», che sono 400, “Pebrina”, delle Cevennes, Brianza, Asco- metà dei quali a vapore, con una produzio- lana» 41. L’osservatorio garantiva il monito- ne di 6.000 kg di seta all’anno. Inoltre ri- raggio della produzione serica del territorio sultano ancora attive 12 «fabbriche a telaj di Pesaro 42, come testimoniano le osserva- di cordelle, fettuccie e passamani, sì di seta zioni che Giovannelli pubblica periodica- che in bavella e cotone» ed è indicato anche mente sul Bollettino di notizie agrarie del il numero delle lavoratrici, tre donne con- 1884. Nell’ultima del 23 giugno, a chiusura ciatrici di bavella e 284 «setajuole» 39. della campagna bacologica di quell’anno, Questi però sono anche gli anni in cui scriveva: «Siamo agli sgoccioli. La cam- comincia a diffondersi, prima in Francia e pagna bacologica ha avuto in quest’anno poi in Italia, la terribile malattia del baco da un risultato brillantissimo. Rari furono gli seta, atrofia o pebrina, che costringe gli alle- allevamenti danneggiati dalla flaccidezza, vatori ad acquistare il seme bachi all’estero, rarissimi i casi di giallume, scomparsa del in particolare in Giappone, dove il 25 agosto tutto la pebrina, sebbene nell’ultima età del 1866 viene stipulato il primo trattato com- baco la stagione sia stata oltremodo avver- merciale, con il quale prende avvio la com- sa. Bisogna convenire che le razze nostrane mercializzazione in Italia del sanranshi, il abbiano di molto acquistato nella robustez- cartone di seme bachi giapponese. za. Apertosi da parecchi giorni vennero pe- Nel 1870 Louis Pasteur pubblica a Pari- sati sino ad ora 80,000 chilogrammi circa di gi l’Étude sur la maladie des vers à soie, nel bozzoli. I prezzi oscillano dalle lire 3 alle quale espone il risultato delle sue ricerche lire 8.80» 43. Lo stabilimento resterà aperto sulla malattia dei bachi, l’analisi al micro- almeno fino al 1924, perché il suo nome ri- scopio e il metodo cellulare che permette sulta nell’Elenco alfabetico delle Ditte eser- di capire se il seme è malato, dando avvio centi l’industria della confezione del seme ad analisi anche in Italia. L’anno seguente bachi, pubblicato sulla rivista Informazioni nasceva a Padova la Stazione sperimentale, seriche. Rivista dell’industria bacologica e che nel 1872 istituiva sul territorio italiano serica, a cura del ministero dell’Economia una fitta rete di osservatori, strumento di nazionale 44. rapida diffusione del metodo cellulare, che Ruggero era nato a Pesaro il 14 luglio contribuì ad arginare il costoso acquisto di 1857 da Teresa Romano ed Enrico. Il padre seme straniero 40. compare in una lista elettorale redatta dalla Un importante stabilimento per la con- Camera di Commercio pesarese nel 1890 fezione di seme bachi è fondato nel 1874 come esercente la professione di «filatore di anche a Pesaro, in via del Governatore, da seta», ovvero proprietario di filanda, e figlio

120 Cristina Ravara Montebelli Filatoi, filande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo di Amato 45, uno dei due proprietari della fi- un’altra città, Palazzolo sull’Oglio, provin- landa Giovannelli già incontrati, aggregato cia di Brescia, località con una tradizione alla nobiltà pesarese nel 1768 46. Nella lista nell’industria serica di oltre tre secoli; e elettorale compaiono anche altri cogno- infine Roberti Terenzio, di Giuseppe, clas- mi di filandieri a noi noti, che dimostrano se 1841, che era anche rigattiere. I nomi continuità nell’esercizio della professione e di questi filandieri ritornano con minime per quali è fornita anche la data di nascita e varianti, ma significative negli Annali di spesso la paternità, come accade per Gen- Statistica. Notizie sulle condizioni indu- nari Raffaele, figlio di Giuseppe, nato nel striali della provincia di Pesaro e Urbino 1823, con una fabbrica di nastri e tintoria; del 1891, indicati come proprietari di filan- Spinaci Alfredo di Alessandro «filatore di de a vapore 49: la filanda dei fratelli Gio- seta», ovvero filandiere, nato nel 1861, for- vannelli, ancora Amato e Domenico, «è se nipote di Antonio, e infine Valazzi Luigi definitivamente chiusa», mentre quella Spi- di Antonio anche lui «filatore di seta», del naci è gestita, come si è visto, dagli eredi. 1810. «Fra tutte dispongono di 7 caldaie a vapore Nel documento però sono registrati an- della forza di 43 cavalli, con 6 motori di 18 che i nomi di homines novi del settore. Il cavalli, contano 261 bacinelle a vapore at- primo è Cecchi Agostino, figlio di Antonio tive ed occupano 821 operai»: questi ultimi nato nel 1826, portolotto e proprietario di un risultano diminuiti di 169 operai rispetto trabaccolo, che a ben guardare uomo tanto alla rilevazione riportata nell’annessa tabel- nuovo del settore non è, avendo sposato Lu- la del 1889, nella quale risultano impiegati igia Spinaci, figlia di Antonio Spinaci, quin- nella trattura 21 maschi adulti, 887 donne di è lui l’incognito presunto stupratore della e 82 ragazze al di sotto dei 15 anni, con causa! Nella lista risulta proprietario di una un computo medio di 150 giorni lavorati filanda in Strada Grande, poi diventata via all’anno, il più alto della provincia. Doria e oggi via Cecchi, dal nome del più Per quanto infine attiene alla bachicol- noto figlio della coppia, l’esploratore Anto- tura e al confezionamento del seme bachi, nio Cecchi (1846-1896) 47. la prima risulta dalla fonte diffusissima e Un proprietario di filanda del tutto nuo- curata con metodi razionali, con una produ- vo, citato nella lista, è un altro marittimo, zione e vendita nell’anno 1889 di 369,709 un capitano per la precisione, Sponza Mel- kg di bozzoli per un valore complessivo di chiorre, figlio di Giovanni, nato nel 1829, lire 1.364.834, mentre «l’industria seme ba- che ben conosceva Agostino Cecchi, in chi, coll’applicazione del sistema cellulare, quanto entrambi figurano rispettivamente viene esercitata nei comuni di Fossombro- come sottotenente e luogotenente nella IV ne, Pesaro e Sant’Angelo in Lizzola», con compagnia della guardia nazionale pesarese una produzione nel medesimo anno di 103 nel 1868 48. Infine i più giovani proprietari kg, del valore di lire 60.900, che vede occu- di filande, e veri uomini nuovi, sono Torre pate 103 donne con un salario compreso fra Angelo, figlio di Angelo, nato nel 1855 in le 0.30 e le 1.50 lire al giorno.

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1 Gugliemo Stefani, Dizionario Corografico del- Pesaro, chiedendo informazioni circa il tentativo isra- lo Stato Pontificio, Milano-Verona 1856, p. 802. elita di introdurre in città la produzione di cordelle, 2 La migliore definizione di “filoselli” che abbia- si veda Andrea Caracausi, Nastri, nastrini, cordelle: mo rintracciato è nel Nuovo Corso completo d’agri- l’industria serica nel Padovano, secc. XVII-XIX, Bo- coltura teorica e pratica, tomo 4, Padova 1817, p. 91: logna 2004, p. 125. «I bozzoli finalmente bucati dalla farfalla, le pellicole 10 Ravara Montebelli, Le vie della seta a Rimini di quelli che restano, dopo di averne levato la seta, cit., pp. 65-108. i lati che sono il primo inviluppo della crisalide, la 11 Lorenzo Hervas, Storia della vita dell’uomo, bava bianca, alla quale sospesi restano i bozzoli sulle Cesena 1785, p. 148. siepi, tutti questi avanzi, conosciuti sotto il nome di 12 Archivio di Stato di Pesaro, Regno d’Italia, straccj, battuti e pesti a diverse riprese, fatti quindi 1810 Tribunale del Commercio, b. 26, Elenco eser- bollire nell’acqua di sapone, e finalmente scardassati centi qualche ramo di traffico a term. dell’art. 1° del e filati, formano diverse materie, nominate filosello, Codice del Commercio, il documento è trascritto in capitone, fantasia, secondo la particolare loro natura Cristina Ortolani, Pesaro, La moda e la memoria, o preparazione, che adoperate poi vengono, sotto la il lavoro dei sarti 1900-1970, Pesaro 2009, pp. 8-9. generica loro denominazione di fioretto, nella fabbri- 13 Gabriele Falciasecca, Manifatture pesaresi ca d’una quantità di tessuti e d’oggetti da berrettajo». da un censimento del 1824, in “Pesaro città e contà” 3 Per i filatoi riminesi v. Cristina Ravara Mon- 21, 2005, pp. 103-115: 107. tebelli, Le vie della seta a Rimini. Artefici e luoghi 14 Ibid. p. 107, ma abbiamo corretto la lettura del produttivi (XVI-XX sec.), Rimini 2014, pp. 27-64. nome al n. 16. 4 Richard Whately Cooke-Taylor, Introduction 15 Le famiglie ebraiche erano notoriamente im- to a history of the factory system, London 1886, pp. pegnate nella vendita dei tessuti di seta e nella loro 357-365. produzione, pertanto l’argomento relativamente alla 5 Il documento è in parte trascritto in Ravara città di Pesaro, nella quale risiedeva un’importante Montebelli, Le vie della seta cit., p. 54-56; per una comunità, merita adeguato approfondimento in altra prima analisi della situazione a seguito dell’edit- sede. to del camerlengo Silvio Valenti, che aveva proibi- 16 Falciasecca, Manifatture pesaresi cit., p. 113. to l’esportazione della seta grezza fuori dallo Stato 17 Ravara Montebelli, Le vie della seta cit., p. pontificio e dei numerosi ricorsi della città di Pesaro, 93. si veda Marco Moroni, Commerci e manifatture di 18 Andrea Buffoni, Pietro Belmonte Cima, Do- una “città di gran passo”: Pesaro in età moderna, in menico Paoli, Osservazioni intorno all’opera intito- Pesaro dalla Devoluzione all’Illuminismo, “Historica lata: saggio sull’arte di trarre la seta da’ bozzoli, del Pisaurensia” 4.1, Venezia 2005, pp. 89-124: 112. signor dottor Gera di Conegliano, in “Esercitazioni 6 Ibid., p. 55. dell’Accademia agraria di Pesaro”, a. III semestre II, 7 Ibid., p. 56. 1833, pp. 12-21. 8 Archivio di Stato di Roma, Camerale II, Com- 19 Su Pietro Belmonte Cima, si veda Ravara putisteria generale della RCA, Relazione del viaggio Montebelli, Le vie della seta cit., pp. 111-120; su fatto da Monsig. Ill.mo Tesoriere generale per lo Sta- Andrea Buffoni si veda Marco Moroni, Un filandie- to Ecclesiastico nell’anno 1775. La fonte è riferita re marchigiano e il “gran mercato” della seta negli all’attività delle filande sia da Renzo Paci, L’ascesa anni Trenta dell’Ottocento, in “Proposte e ricerche. della borghesia nella legazione di Urbino dalle ri- Economia e società nella storia dell’Italia centrale”, forme alla restaurazione, Roma 1966, p. 28, che da 65, 2010, pp. 12-27; Andrea Buffoni, Sulla necessità Moroni, Commerci e manifatture cit., p. 116. di animare la coltivazione del gelso come una delle 9 Moroni, Commerci e manifatture cit., p. 116; prime risorse dello Stato, e cenni per conseguirne Alvise Contarini, l’inquisitore alle arti, aveva inviato l’intento in “Esercitazioni dell’Accademia Agraria di il 4 settembre una lettera a un suo rappresentante a Pesaro” anno II semestre I, 1830, pp. 101-112; per il

122 Cristina Ravara Montebelli Filatoi, filande e bachicoltura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo ruolo dell’Accademia agraria di Pesaro nella speri- di Pesaro per l’anno 1841, “Esercitazioni dell’Acca- mentazione del gelso delle Filippine si veda Marco demia Agraria di Pesaro”, a. X semestre I, 1844. pp. Moroni, Istruzione agraria e sviluppo agricolo nelle 80-84; Silvestro Bonci, Altri cenni sulla Bigattiera Marche dell’Ottocento, in “Quaderni di Proposte e Castelbarco-Litta-Albani nel Palazzo dell’Imperiale ricerche”, 25, 1999, pp. 47-49. di Pesaro per l’anno 1842, “Esercitazioni dell’Acca- 20 Matteo Bonafous, Saggio sui gelseti e sopra demia Agraria di Pesaro”, a. X semestre I, 1844, pp. una nuova specie di gelso, Torino 1831, p. 8. 85-87. 21 Carlo Maupoil, Intorno alla coltivazione e 30 François Millet, Stéphane Robinet, Cora prodotti serici del gelso delle Filippine morus mul- Millet, Notice sur les éducation de vers à soie faites ticaulis Perrottet vel cucullata Bonafous, in “Eser- en 1841 dans le département de la Vienne, [Vienne citazioni dell’Accademia Agraria di Pesaro” anno V, 1842], pp. 4-5. semestre I, 1835, pp. 110-210. 31 Biblioteca Oliveriana di Pesaro, Archivio sto- 22 Giuseppe Mamiani, Continuazione degli espe- rico comunale di Pesaro, b. 313 Filande da seta in rimenti, ossia ragguagli storici sul nuovo Gelso delle Pesaro 1838. Filippine, in “Esercitazioni dell’Accademia Agraria 32 Notificazione. Il Delegato Apostolico del- di Pesaro” anno V semestre II 1836, pp. 55-61: 58. la Provincia di Urbino e Pesaro, Pesaro, 9 maggio 23 Ibid. pp. 58-60. 1853, documento in vendita su ebay, ultima visualiz- 24 Elena Cassi Schiavini, Risultato di alcuni ten- zazione 15 febbraio 2017. tativi per l’allevamento dei bachi con la foglia del 33 Gli atti del procedimento giudiziario, presen- gelso delle Filippine, in “Esercitazioni dell’Accade- tato alla cancelleria criminale del tribunale ecclesia- mia Agraria di Pesaro” anno IV semestre II, 1834, pp. stico di Pesaro, sono stati in gran parte trascritti da 106-107. Gianfranco Flori, La filandaia e il portolotto. Il foro 25 Lettera del Segretario F. Baldassini, Pesaro 20 ecclesiastico in un caso di riparazione matrimoniale novembre 1834 in “Giornale agrario toscano”, IX, di metà ‘800, in “Pesaro città e contà, 2, 1992, pp. 1835, pp. 130-131. 33-46. 26 Editto di Tommaso del titolo di S. Maria in Via 34 Francesco Gera, Il trattore da seta ossia Lata della S.R.C. Diacono Cardinale Riario Sforza, l’arte di svolgere i bozzoli, Venezia 1844, p. 171. legato di Urbino e Pesaro, Pesaro 13 aprile 1837, do- Gera descrive in questo modo l’operazione di piega- cumento in vendita su ebay, ultima visualizzazione 15 tura della seta in matasse: «Perciò posta la matassa febbraio 2017. su l’uncino del piegatore, mentre col bastoncello la 27 Giuseppe Mamiani, Delle bigattiere salubri si tiene distesa, prima di far girare l’uncino si piega secondo il metodo del signor d’Arcet. Rapporto del mezza matassa entro l’altra con l’indice e il medio, e socio e censore Giuseppe Mamiani, in “Esercitazioni si tengono a questa avvicinati i lembi dell’altra metà dell’Accademia Agraria di Pesaro” anno VII semestre col pollice, anellare e mignolo. Così si prende la ma- II, 1839, pp. 68-78: 68. tassa presso l’uncino, e mano a mano che questi si 28 Francesco Luigi Botter, Sullo stabilimento fa muovere si guida la mano all’opposta estremità. agronomico proprietà di S.A.I.R. Massimiliano Duca Attorcigliata così la matassa a guisa di corda, si mette di Leuctemberg [rectius Leuchtenberg], in “Eserci- la mano destra alla metà, per avvicinare le due estre- tazioni dell’Accademia Agraria di Pesaro” anno IX, mità, raddoppiandola così, e permettendo che da sé semestre I, 1842, pp. 75-135: 78-96. stessa si attorcigli. Si leva poscia dall’uncino il ba- 29 Silvestro Bonci, Sull’allevamento de’ bachi stoncello colla seta, e levatolo, si fa passare questa da seta tenuti nel palazzo dell’Imperiale di Pesaro, in estremità entro dell’altra. Intanto per aver tolto il pie- “Esercitazioni dell’Accademia Agraria di Pesaro”, a. de dal pedale del piegatore, questi si ripone in azione, X semestre I, 1844, pp. 62-80; Silvestro Bonci, Se- e si passa a piegare un’altra matassa». guito della memoria sull’andamento della Bigattiera 35 Della munificenza di sua santità Papa Pio IX, Castelbarco Litta-Albani nel Palazzo dell’Imperiale felicemente regnante, Roma 1864, p. 421.

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36 The illustrated record and descriptive cata- rie, vol. 5, parte 1 (1884), pp. 511, 546, 577, 655, 814. logue of the Dublin International Exhibition of 1865, 43 Bollettino di notizie agrarie, vol. 5, parte 1 London 1866, p. 431 n. 298. (1884), p. 814. 37 La Enciclopedia Contemporanea, vol. IV, 44 Informazioni seriche. Rivista dell’industria Fano 1856, p. 227 “Dal Giornale di Roma degli 11 bacologica e serica, n. 11-12, 5-20 giugno 1924, p. ottobre”. 143. 38 Esposizione italiana tenuta in Firenze nel 45 La lista elettorale prodotta dalla Regia Camera 1861: Relazioni dei giurati, vol. 3, Firenze 1864, p. di Commercio di Pesaro nel 1890 è trascritta in Orto- 52. lani, Pesaro, La moda e la memoria cit., p. 30. 39 Giuliano Vanzolini, Guida di Pesaro, Pesaro 46 Vittorio Spreti, Enciclopedia Storico-Nobi- 1864, pp. 80-81, 83 e 86. liare, vol. 3, Bologna 1935, p. 472. 40 Sull’industria bacologica in generale e in par- 47 Queste informazioni biografiche sono state ticolare sul ruolo predominate di quella di Ascoli Pi- ricavate da Gianfranco Flori, Antonio Cecchi. Un ceno, senza accenni a Pesaro, si veda Patrizia Sabba- mito della Terza Italia, Pesaro 1996, pp. 7-8. tucci Severini, L’industria bacologica nell’Ascolano, 48 Sebastiano Gargano, Manuale statistico am- in “Proposte e ricerche” 51, 2/2004, pp. 7-24. ministrativo storico ed artistico della provincia di 41 La pubblicità compare nella pubblicazione di Pesaro e Urbino, Pesaro 1868, p. 67. Ortolani, Pesaro, La moda e la memoria cit., p. 21. 49 Annali di Statistica. Statistica Industriale. 42 Nel territorio di Urbino c’era un altro osser- Notizie sulle condizioni industriali della provincia di vatorio, diretto da Castracane Staccoli, che comunica Pesaro e Urbino, fasc. XXXIV, Roma 1891, pp. 43- varie sue osservazioni nel Bollettino di notizie agra- 44 e tabella a p. 45.

124 Un tentativo di rivolta a Cagli nel contesto rivoluzionario e controrivoluzionario di fine Settecento *

di

Davide Sanfilippo

Presso l’Archivio di Stato di Urbino cittadina alla fine dell’antico regime 1. sono presenti diverse serie archivistiche Documenti utili a questo tipo di ricer- di natura giudiziaria riguardanti Cagli nel ca sono presenti in numero cospicuo, oltre Settecento e nell’età napoleonica. Questi a Urbino, anche nell’Archivio di Stato di documenti non sono mai stati oggetto di Pesaro e nell’Archivio storico comunale di un’analisi sistematica, ma rappresentano Cagli; purtroppo la situazione degli archivi delle fonti potenzialmente importanti. Una sopracitati non è sempre ottimale: a Pesaro prima ricognizione su una parte di que- non vi sono problemi di sorta e a Urbino sta documentazione è stata fatta da Guido la professionalità e la passione di chi lavo- Dall’Olio, docente di Storia moderna all’U- ra all’interno dell’archivio ha fatto sì che, niversità “Carlo Bo” di Urbino. Attraverso nonostante le cattive condizioni della docu- queste carte è possibile aprire un varco nella mentazione, vi sia una inventariazione som- fitta nebbia che solitamente ricopre piccole maria sufficiente a permettere la ricerca, ma realtà storiche come la Cagli del Settecento, alcuni problemi sorgono per l’archivio di dal momento che la storiografia in generale Cagli dove una inventariazione non sem- è più interessata a centri considerati di altra pre esatta e il cattivo stato di conservazione rilevanza, lasciando così il compito di af- delle carte non sempre permette di arrivare frontare tali ricerche a storici locali; nono- a risultati soddisfacenti. Detto ciò, è utile stante la mancata attenzione da parte della comunque sottolineare come tali testimo- storiografia, dette testimonianze forniscono nianze non siano importanti esclusivamente informazioni per la storia della vita quoti- per la storia locale di Cagli: un’analisi pon- diana. La loro struttura narrativa permette, derata dei risultati scaturiti dallo studio di infatti, di entrare a contatto con la mentalità queste carte può far sì che queste diventino del tempo fino ad arrivare ai risvolti più pri- un tassello per ricerche di portata più ampia vati dei protagonisti delle carte; se oppor- rispetto all’interesse locale. La conoscenza tunamente integrate con documentazione della vita quotidiana, della mentalità e delle in grado di fornire maggiori informazioni dinamiche socio-economiche di una piccola sulla vita politico-istituzionale, economica, realtà come quella della Cagli del Settecen- sui legami parentali o sulla prosopografia to dà la possibilità di meglio comprendere dei cittadini di Cagli nel diciottesimo se- la portata degli avvenimenti che investirono colo, queste fonti possono essere usate per l’Italia, e in particolar modo lo Stato ponti- costruire una “storia totale” di una società ficio, in un periodo travagliato e spesso di

125 Studi pesaresi 5.2017 non facile interpretazione come la fine del no. Ulteriori prove della cattiva organiz- diciottesimo secolo. zazione economica e politica dello Stato La comprensione di tali eventi non può della Chiesa furono gli obiettivi verso cui prescindere dalle dinamiche storiche di un si indirizzarono gli sforzi della corrente periodo tanto travagliato. In Europa il Set- riformatrice che si formò nel Settecento tecento fu un secolo di enorme importanza, all’interno dei confini papali. Personaggi che segnò in maniera netta il corso della come Ferdinando Nuzzi, Lione Pascoli, Storia: fu il “secolo dei lumi”, periodo di l’abbate Venuti e il marchese Girolamo grande fermento intellettuale che portò a un Belloni portarono all’attenzione di tutti i radicale cambiamento nella mentalità del gravi mali dello Stato; le tematiche do- tempo, delle grandi guerre di Successione, minanti di questa corrente erano l’agri- della Rivoluzione francese e infine fu il se- coltura e il commercio, per le quali tutti colo in cui fece la sua comparsa in scena proponevano riforme: in campo agricolo Napoleone. Nella Penisola questi eventi si sentiva la necessità di introdurre col- ebbero risvolti non sempre positivi: l’illu- ture specializzate, abbandonando la mo- minismo non vi ebbe una diffusione pari al nocoltura granaria, e di ripensare più resto dell’Europa, con le guerre di Succes- equamente la proprietà terriera; in campo sione gli Stati Italiani si scoprirono pedine commerciale, invece, l’esigenza princi- di scambio delle grandi potenze europee pale era l’abolizione delle imposte indi- – mostrando tutta la loro arretratezza eco- rette (dazi e gabelle), in modo da favori- nomica e la loro inadeguatezza politica – e re la circolazione interna delle merci, in la Rivoluzione francese, arrivata dai confi- particolar modo del grano 4. ni d’oltralpe con Napoleone sarà causa di Tali problematiche riguardavano sia sofferenze e illusioni infrante, tali da dare Roma che le comunità periferiche dello inizio al fenomeno delle insorgenze. Stato, al controllo delle quali l’organo Se gli Stati Italiani erano ai margini della preposto era la congregazione del Buon politica europea 2, tra essi lo Stato pontificio Governo, che aveva nel patriziato citta- era «forse, e senza forse, il più miserabile di dino il principale interlocutore politico 5. tutti gli altri». Questa affermazione di Lio- La comprensione delle problematiche ne Pascoli (1674-1744), autore di scritti della società pontificia non può avvenire economici e precursore del movimento pienamente senza soffermarsi su tale rap- riformatore dello Stato della Chiesa, rap- porto e sui privilegi di cui godeva questa presenta al meglio la condizione in cui classe sociale: l’esclusività nella gestio- versava detto Stato: non più in grado di ne degli uffici pubblici più importanti, far valere la propria autorità nei rappor- garantita dalla “chiusura di ceto” che non ti con le grandi potenze europee e privo permetteva alla nascente classe borghese di un esercito degno di questo nome, di- di avere rilevanza politica; la detenzione venne una compagine di terza categoria 3, di larghissime porzioni di reddito agra- caratterizzata da un’economia stagnante, rio e, quindi, del monopolio di fatto del priva di importanti centri manifatturieri, commercio granario; la gestione degli uf- con un’agricoltura arretrata e non sempre fici pubblici, dell’annona, dei dazi, delle in grado di soddisfare il fabbisogno inter- gabelle 6. Al monopolio nella gestione di

126 Davide Sanfilippo Un tentativo di rivolta a Cagli questi uffici, unito a una forte presen- per aver istigato dei soldati ad uccidere tale za nella produzione agricola e granaria, Domenico Centanni, di professione biroc- faceva riscontro la povertà che gravava ciaio). sul popolo, mentre il ceto nobile aveva a Imputati nel processo considerato erano disposizione tutti i mezzi per mantenere quattro cittadini cagliesi: Pietro Moscardi quella forte disparità sociale, tratto ca- , ventotto anni, fabbro; Biagio Moscardi, ratterizzante delle comunità dell’antico ventinove anni, mercante; Francesco Mo- regime. scardi, trentacinque anni, fabbro; Emidio Nelle fonti archivistiche locali tali Sordini, cinquant’anni, sellaro. I primi tre, problemi sono una presenza costante. Le fratelli, erano accusati per quello che oggi testimonianze di vita quotidiana della so- si chiamerebbe resistenza e oltraggio a pub- cietà pontificia di fine Settecento sono blico ufficiale, mentre Emidio Sordini fu permeate dalla forte instabilità econo- accusato di incitamento della folla alla se- mica e sociale e dall’insofferenza verso dizione. Detti reati avvennero la sera dell’8 una struttura politica, tipica dell’ancien settembre 1797. régime, ormai arrivata al collasso. L’atto Quella sera Pietro Moscardi, in compa- giudiziario preso in esame in questa sede, gnia di tale Accurzio Ludovici, sedeva sui conservato nell’Archivio di Stato di Ur- gradini del palazzo pubblico; la sentinella bino, ne è un esempio 7. di turno, eseguendo gli ordini ricevuti, che L’atto giudiziario ci è giunto privo della vietavano di sedersi di fronte al palazzo, in- sentenza finale. Riguardo all’esistenza timò ai due di allontanarsi dalle scalinate. stessa di una conclusione occorre fare una Il Ludovici si allontanò subito, il Moscar- breve considerazione sulla cronologia degli di invece protestò, non solo disubbidendo avvenimenti. Le carte finali riportano come all’ordine ma, anzi, aggredendo verbalmen- data il 21 novembre 1797, cioè appena un te prima il soldato e poi il caporale Jacopo mese prima della seconda invasione fran- Angotti, il quale nel frattempo era soprag- cese, avvenuta il 23 dicembre dello stesso giunto in aiuto del suo sottoposto. Pietro anno. Quest’ultimo evento sicuramente non si limitò alle parole, ma «colla mano sconvolse le istituzioni di Cagli, compreso dritta fece atto verso la saccoccia de’ cal- il tribunale, compromettendone il funziona- zoni, come se prendere volesse una qualche mento. Alla luce di ciò, è legittimo chiedersi arma», come disse poi il caporale Angotti se il processo si sia concluso, e la mancanza nella sua deposizione di fronte al giudice. della sentenza non ci permette di sapere se Il caporale, allora, decise di tornare al pre- gli imputati furono condannati – anche se la sidio di guardia per formare una pattuglia lettura dell’atto lascia intuire che essi fosse- e procedere all’arresto di Pietro Moscardi. ro considerati colpevoli dei reati di cui era- Nel frattempo quest’ultimo si era allontana- no accusati. (Durante le ricerche condotte to e in seguito venne trovato dalla pattuglia all’Archivio di Urbino è stato ritrovato un insieme a Francesco e Biagio, suoi fratelli. atto processuale del 1808 8, conservato nel Il tentativo d’arresto sfociò in una rissa dal- fondo del tribunale di Urbino, in cui appare la quale i soldati uscirono feriti e disarma- uno dei protagonisti, Emidio Sordini, anche ti, mentre i tre fratelli si diedero alla fuga, qui nel ruolo di imputato, ma questa volta prima rifugiandosi nel convento di San

127 Studi pesaresi 5.2017

Domenico e in seguito dirigendosi verso milordi» 10, i quali oltre voler decidere arbi- la Romagna e le aree che di lì a poco sa- trariamente il prezzo del grano, a detta della rebbero diventati territori della Repubblica classe artigiana, erano responsabili di una Cispadana (la cui proclamazione sarebbe cattiva gestione della cosa pubblica. avvenuta il 27 dicembre del 1797). L’episodio di Cagli, del tutto sconosciu- La truppa di soldati, tornando verso il to e “nascosto” tra le carte degli archivi di presidio di guardia, si imbatté in Emidio Urbino, è affine a un evento meglio noto Sordini, il quale incitava la folla a insorgere alla storiografia, la rivolta di Fano del 1791. contro i «milordi», cioè i nobili cagliesi 9. Ne sono consapevoli anche i protagoni- La sera stessa il Sordini venne portato nelle sti del processo: Emidio Sordini, durante carceri, mentre i fratelli Moscardi si sareb- l’interrogatorio rivela che tale Lucanto- bero costituiti a processo in corso. nio Mancaroni, in una discussione avve- Tra i due reati non vi era apparente- nuta nella bottega del Sordini stesso in un mente alcuna connessione. In realtà furo- giorno non ben precisato dall’accusato, si no entrambi causati dal medesimo motivo: era lamentato che: nel mese di agosto si era sparsa per Cagli la voce che i proprietari terrieri volessero in città il grano non si trovava perché decidere autonomamente il prezzo del gra- questi milordi ne volevano quanto gli pa- no, il quale solitamente veniva imposto da revano e piacevano e che fra questi era chi gestiva l’annona locale a favore dei ceti uno, il conte Pietro Mattarozzi che vole- meno abbienti. L’eventualità di un aumento va apprezzare il grano a suo capriccio e generò malcontento tra le classi popolari e, che però conveniva fare quello che ave- per evitare disordini, la mattina stessa del vano fatto i fanesi, cioè una ribegione 11. giorno in cui si verificarono i disordini, era stata emanata l’ordinanza, trasgredita da Non deve stupire se a distanza di sei anni Pietro Moscardi, con cui si vietava alla po- il ricordo della “rivolta del pane” di Fano polazione di sedersi nelle gradinate del pa- era ancora viva nei ricordi dei cittadini di lazzo pubblico, sede del comune e del corpo Cagli, tale moto ebbe infatti molta risonan- di guardia cittadino, e anche luogo in cui si za all’interno della legazione d’Urbino, il trovava il deposito armi di quest’ultimo. grido «evviva Fano, li fanesi son bravi, Il Sordini fu arrestato poiché venne trova- facciamo come loro!» era risuonato a Se- to a inveire proprio contro quei «signori» nigallia e a San Costanzo in alcuni tumul- che ordinarono il divieto, non rispettato dal ti che vi erano scoppiati, e nel frattempo Moscardi, e che volevano vendere il grano anche a Pesaro, Torre e Fossombrone il secondo il loro interesse. La causa scate- popolo appariva pronto alla ribellione 12. nante di entrambi gli episodi, quindi, è da Notizie riguardo a ciò che avvenne in riscontrarsi nel malcontento per le azioni di quelle circostanze a Fano sono pervenu- «certi signori». Dalle deposizioni di alcuni te anche grazie alla Cronaca fanestre di testimoni si scoprirà come vi fosse, tra gli Tommaso Massarini 13, il quale racconta artigiani cagliesi, l’intenzione di formare che il 6 settembre 1791 sorse una solleva- una truppa cispadana, così da poter fare zione popolare per l’aumento del prezzo una ribellione e «tagliare la testa a questi della farina e il calo del peso del pane,

128 Davide Sanfilippo Un tentativo di rivolta a Cagli nonostante l’abbondante raccolto. I capi ne ne risenta poi dal pregiudizio perché erano due calzolai: Marcello Giovannini trovandosi la cassa esaurita di danaro e Cosmo Ratta. Il Massarini menziona per colpa loro non si possono fare a tem- anche una popolana, detta “Moretta”, che po quelle proviste che sono necessarie ebbe un ruolo di primo piano nelle pri- per il mantenimento della popolazione me fasi della rivolta. Quest’ultima infatti medesima, ed un tale ritardo fa sì che i fece irruzione assieme ad altre donne nel generi si paghino a maggior prezzo di magazzino appartenente ai sensali Dome- quello che si potrebbero avere, ed alle nico Cattena e Stanislao Piccioni, i quali volte conviene ancora prendere danari ad si diedero alla fuga per non incorrere alla interesse, dal che ne viene in tal guisa a rabbia del popolo. Dopo aver saccheggia- risentire un maggior aggravio la popola- to il magazzino, all’interno del quale vi zione con dovere anche pagare i frutti dei era il grano che doveva essere imbarca- medesimi 15. to, “Moretta” ne informò i capi-rivolta, i quali andarono alla ricerca dei sensali e Se il problema dell’apprezzamento del nel frattempo reclutavano gente per pro- grano richiamava alla memoria dei citta- seguire l’insurrezione. Il cronista si sof- dini cagliesi i moti di Fano, il malcontento ferma sulle motivazioni che provocarono generato dall’amministrazione della cosa la rabbia dei cittadini: a Fano il prezzo pubblica da parte del ceto patriziale creava del grano e del pane veniva imposto in una certa assonanza con gli avvenimenti ac- base al calmiere delle piazze di Senigal- caduti a Senigallia nel 1790, dove il «ceto lia, Fossombrone e Pesaro; nonostante civico di Senigallia» aveva manifestato ciò a Fano il pane aveva un prezzo mag- apertamente la propria insofferenza, chie- giore rispetto a queste tre città, cioè otto dendo, con una petizione al pontefice Pio paoli la coppa. VI, di poter essere aggregato al consiglio L’analogia tra i due fatti appare piuttosto cittadino. La nobiltà, che non aveva inten- evidente, ma a Cagli il malcontento non era zione di rinunciare al proprio predominio dovuto solamente al timore di un eccessivo politico, aveva negato risolutamente che i prezzo del grano, secondo la deposizione «sedicenti cittadini» potessero essere con- di Pietro Loreti (trent’anni, afferma di vi- siderati rappresentanti di «una classe di vere di rendita), chiamato a testimoniare in popolo separata fra la plebe ed i nobili» ed quanto persona informata dei fatti, «si do- affermò che bisognava riconoscere «non ad vevano far le feste a questi signori» a causa altro oggetto essere rivolte le pretese loro del loro «cattivo governo» 14. A conferma- lagnanze che a inorpellare la malideata pre- re questa insofferenza, argomentandone la tensione di sconvolgere in un punto tutto motivazione, è lo Stesso Emidio Sordini il l’ordine delle cose». Il pericolo di «una ir- quale affermò che: ruzione di popolo nell’amministrazione di cose pubbliche» era stato dimostrato, per la La maggior parte di loro nell’ammi- nobiltà senigallese, in maniera più che suf- nistrare le pubbliche cariche escano nel ficiente dal «miserabile quadro che presenta terminare dell’impiego con dei migliaia attualmente tanta porzione d’Europa». In de’ scudi di debito per cui la popolazio- risposta il «ceto civico», dopo una lunga e

129 Studi pesaresi 5.2017 documentata storia delle usurpazioni con- e i fratelli Moscardi non si accenna mini- dotte dai nobili, i quali miravano a rendere mamente all’intenzione di partecipare alla «sudditi della nobiltà e del suo capriccio- vita pubblica della città, né tantomeno a ri- so governo» tutti i cittadini, con sfoggio di vendicare quei diritti e quelle idee tipiche cultura giuridica aveva fatto appello «all’in- dell’illuminismo che il «ceto civico di Se- delebile jus delle genti». È qui evidente la nigallia» proclamava invece con fermezza. matrice illuminista delle rivendicazioni A Cagli, nonostante il governo patriziale della borghesia senigallese, avvalorata an- fosse reputato insostenibile, la possibilità di cor di più dalla presenza delle teorie rousse- partecipazione politica da parte del popolo, auviane sull’origine contrattualistica dello diversamente da Senigallia, non venne per Stato: i cittadini affermavano infatti che la nulla rivendicata. Da un lato, dunque, il ten- società umana «nasce dalla comune unione tativo di far valere i propri diritti, dall’altro e dal comune consenso di ciascuna parte e il proposito di una insurrezione violenta ma di ciascun ceto», ridicolizzando la boria as- senza richieste politiche. solutistica dei nobili dei quali non c’era da A porre in relazione gli eventi di Cagli meravigliarsi che «proferiscano tali spro- e Fano fu invece la minaccia (o il timore) positi per essere di quel ceto il quale, più di un aumento ingiustificato del prezzo del dedito all’ozio e ai piaceri che allo studio, grano. I due episodi mostrano apparente- non comprende il valore dei suoi detti». Un mente che a cause simili corrisposero rea- dato che si evince da questo episodio è la zioni simili (anche se nel caso di Cagli si solidarietà che si formò a Senigallia tra le rimase nell’ambito delle intenzioni). In classi più attive e operose: la petizione fu realtà tra le due reazioni, seppur entrambe sottoscritta anche da centotré artigiani, te- violente, vi fu profonda differenza. Ciò è stimoniando l’insofferenza di tutto il popo- testimoniato dalla corrispondenza tra la Se- lo nei confronti del patriziato locale 16. greteria di Stato e mons. Frosini, il prelato Le cause che stanno alla base del tentati- mandato dal governo centrale per sostituire, vo di rivolta di Cagli – arbitrarietà nell’ap- nel momento di maggior disordine, l’impo- prezzamento del grano e cattivo governo da tente governatore di Fano. Da questa corri- parte del ceto patriziale – sono identiche a spondenza si evince la preoccupazione del quelle che anni prima avevano dato origi- visitatore apostolico di trovarsi di fronte a ne agli episodi di Fano – prezzo del grano una vasta congiura dovuta alla «influenza di – e di Senigallia – episodi di mal governo massime estere». –. Ma al di là delle comuni motivazioni Nel periodo della rivolta circolavano in- alle origini di tali eventi, condivise con al- fatti fra il popolo due memoriali anonimi. Il tri episodi che interessarono in quegli anni primo affermava che: lo Stato pontificio e non solo 17, ciò su cui vale la pena di porre attenzione sono le dif- Tre cose potrebbero ridurre questo ferenze di modalità e d’intenti tra gli epi- consiglio e questa città in un florido go- sodi di Fano e Senigallia e quello di Cagli. verno e rendere illuminati questi signori L’insofferenza contro il governo patriziale che sempre pensano e scelgono il peg- a Cagli e Senigallia non ebbe uguali reazio- gio: primo un consiglio popolare che li ni: nel processo che vide imputati il Sordini renderà umili; secondo un consiglio po-

130 Davide Sanfilippo Un tentativo di rivolta a Cagli

polare che li renderà utili; terzo un consi- rezioni popolari ebbero nelle zone montane glio popolare che li renderà esperti. della legazione, dove invece assunsero pre- valentemente il carattere del brigantaggio Il secondo memoriale, insistendo sul contadino, in cui confluirono fedeltà alla consiglio popolare, precisava che esso do- tradizione religiosa e la confusa esigenza veva essere composto per un terzo di ar- di un rinnovamento sociale in un contesto tigiani, per un terzo di borghesi e per un dove nobili e speculatori erano ben disposti terzo di nobili «come tant’altre città ben ad accettare l’arrivo dei francesi, a patto di regolate» 18. Anche a Fano, dunque come a mantenere i loro privilegi 20. Senigallia, artigiani e borghesi sembravano Il fermento riottoso che si evince negli d’accordo nel richiedere un ridimensiona- episodi sopracitati era d’altronde presente mento del potere della nobiltà, influenzati in tutti gli Stati italici. L’ondata di tumulti da ciò che accadeva in Francia, cosa che, che attraversò tutta la Penisola è estrema- a quanto sembra, non accadde a Cagli. Le mente interessante, ma anche molto com- idee ultramontane ebbero una più faci- plessa. Le cause di questi disordini furono le propagazione nelle città costiere, dalla diverse e alcune di esse avevano la propria struttura sociale più articolata e dai più fre- ragion d’essere in mali sociali da tempo quenti contatti con l’estero, assicurati dalla radicati: crisi economica e sociale da una via adriatica percorsa da commercianti e parte, attaccamento alle tradizioni religio- pellegrini, dalla vivacità mercantile dei loro se minacciate dal riformismo illuministico, porti e soprattutto dal contatto con migliaia requisizioni, sfruttamento finanziario, ca- di stranieri che, in occasione della fiera di roviveri, peso della guerra e della coscri- Senigallia, accorrevano da ogni parte d’Eu- zione militare durante le invasioni francesi ropa. dall’altra 21. Negli anni successivi l’influenza france- La tradizione storiografica del Nove- se si andò precisando e allargando nell’am- cento ha spesso identificato due tipologie bito della legazione, scossa dalla rivolta di di rivolte: sommosse rivoluzionarie e rea- Fano, dalle rivendicazioni della borghesia zioni controrivoluzionarie (denominate in- senigallese e dalle discussioni degli acca- sorgenze dalla storiografia, spiccatamente demici di villa Caprile, tenuta estiva dei antifrancesi 22), sottolineando come queste marchesi Mosca nei pressi di Pesaro dove, ultime ebbero, nel panorama italiano, un all’ombra del tollerante cardinal Doria maggior rilievo. Il discorso in realtà appa- Pamphili, si tenevano discorsi di politica, re complesso. In anni non lontani Giorgio di economia e di religione, fortemente in- Candeloro respingeva in maniera decisa e fluenzati dal pensiero francese. Si esprime- convincente questa tesi, intesa nel senso pu- va l’aperta esigenza di porre riparo alle più ramente negativo di «refrattarietà dell’Italia stridenti disparità sociali, criticando aspra- alla Rivoluzione»: mente il lusso nel quale gli epigoni del mer- cantilismo vedevano ancora un fenomeno In tutti gli stati italiani esisteva, in- positivo 19. Questa diffusione, limitata quasi fatti, in misura maggiore o minore, verso esclusivamente alla fascia costiera, influì il 1790, una situazione di crisi sociale e non poco sul diverso carattere che le insur- politica, sebbene non presentasse le con-

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traddizioni acute che presentava in Fran- fondato sulla diseguaglianza sociale e sulla cia. E non è vero che le masse popolari preponderanza sia politica che sociale dei in Italia fossero ostili fin da principio alla ceti alti e quindi vi erano spesso fenomeni Rivoluzione, perché, a parte il fatto che di emulazione o espedienti per richiamare le notizie della Rivoluzione in Francia detti fatti, correlati a quella lotta sociale di provocarono in molti luoghi di campa- cui tanto sentiva l’esigenza il popolo dei re- gna moti di simpatia e desiderio di «fare gni italici. come i francesi», resta pur sempre vero Particolare attenzione meritano alcuni che i fenomeni di insorgenza, prima del dettagli di cui si viene a conoscenza attra- 1799, furono limitati e locali. verso le testimonianze del processo. Era cosa nota a tutti i testimoni l’intenzione da Il Candeloro, sostenendo una tesi di parte dei sediziosi di voler «tagliare la testa ispirazione gramsciana sul giacobismo ai milordi» 25. Nella prima carta dell’atto, in italiano, il quale non era riuscito ad at- cui vi è la trascrizione della deposizione di tuare un’alleanza tra città e campagna, Jacopo Angotti, caporale della guardia ci- proseguiva affermando che solo nel 1799 vica della città di Cagli, resa l’8 settembre l’insorgenza si estese a tutta Italia, ed 1797 si legge: ebbe «la sua causa, oltre che nelle enor- mi ruberie e nei saccheggi dei francesi e Nacque giorni addietro [la voce] che nell’opera di agenti reazionari, nel fatto il popolo, ed artiggiani di questa città che per i contadini la Rivoluzione era ri- erano nella determinazione di sorprende- masta una parola vana, poiché non ave- re la guardia stessa, di armarsi colle armi va portato ad un effettivo miglioramento de’ soldati, e poi sorprendere gli stessi delle loro condizioni, ma anzi rese più consiglieri nell’atto dell’addunanza loro, difficile la loro situazione» 23. non che di recidere a più d’uno la testa 26. In realtà, al di là della matrice giacobina o antigiacobina delle insurrezioni che pre- Nell’immaginario collettivo la decapi- cedettero il periodo napoleonico, ciò che tazione era, allora come adesso, un chiaro appare evidente è che il malcontento popo- riferimento alla rivoluzione francese. Esa- lare tra il 1789 e 1796 era andato aumentan- minata in questa chiave, la componente do e aveva assunto «il carattere di disordini eversiva che pervade parte del popolo ca- locali e di vere e proprie rivolte, spesso pro- gliese assume una forte connotazione sim- vocati dalla fame, ma talvolta rivolti anche bolica, soprattutto alla luce degli studi fatti contro il regime feudale ed economico in finora riguardo le varie componenti insurre- genere». In questi casi non mancarono chia- zionali che vi furono nella legazione di Ur- ri echi della Rivoluzione, testimoniati dalla bino di fine Settecento. Pare opportuno qui comparsa di coccarde francesi nelle comu- riprendere l’argomento e sottolineare che nità insorte 24. Ciò comunque non vuol dire nell’entroterra della legazione, a differenza che si trattasse sempre di rivolte filo-gia- della zona costiera, il movimento insurre- cobine, a favore dell’invasione francese; i zionale fu prevalentemente anti-francese, fatti d’oltralpe dimostravano più che altro fortemente condizionato da una propaganda la possibilità di lottare contro un sistema cattolica contro il «morbo rivoluzionario»,

132 Davide Sanfilippo Un tentativo di rivolta a Cagli che attingeva a un vasto e immaginifico prima degli eventi narrati nell’atto giudizia- repertorio linguistico, spesso impregnato rio, il 27 marzo del 1797). Nel tentativo di di toni apocalittici: i rivoluzionari furono attuare una rivolta a Cagli, si cercò quindi definiti belve assetate di sangue, demoni, di coinvolgere persone che appartenevano violentatori, perfino antropofagi 27. L’im- al ceto nobiliare e al clero, indirizzandosi magine di una Cagli che demonizzava la probabilmente su coloro che avessero dato rivoluzione francese e fortemente legata al prova di non essere tra quei nobili che ves- papa e ai valori cattolici tesi stride peraltro savano, con i loro privilegi e la loro politica, con il tentativo di emulazione da parte dei le classi più basse. Tale fatto non deve stu- rivoltosi della città. Nelle carte giudiziarie pirci, la ricerca di aiuto nelle classi più alte alcuni esponenti agiati della città di Cagli della società da parte del popolo è un tratto furono chiamati in causa per partecipare tipico di molte rivoluzioni, quella francese alla ribellione. Tale Felice Centini, cinquan- in primis, i cui fautori erano di ogni estra- tenne, curiale, che svolgeva il ruolo di no- zione sociale. Noto a tutti, infatti, è il ruolo taio pubblico e difensore civile, durante sua preponderante che ebbero i sans culottes testimonianza afferma: così come personalità della nobiltà come il marchese La Fayette. A Cagli però, tale Fui salutato da Paolo Sordini – fra- commistione di classi non si verificò: l’at- tello di Emidio Sordini – con lo titolo to giudiziario mostra come le personalità di generale, ed avendo io risposto cosa di alto ceto chiamate in causa rifiutassero significasse questo termine di generale, sdegnati l’assegnazione delle cariche del esso mi rispose che ero stato fatto gene- futuro governo. Pur considerando la natura rale della loro truppa cispadana per agire giudiziaria della documentazione, dove per- contro questi signori 28. sonaggi chiaramente coinvolti si affannano a negare ogni responsabilità, è però possi- Oltre al Centini, a cui si voleva asse- bile che lo sdegno espresso corrispondesse gnare il grado di generale, diverse cariche a una chiusura di classe. Il nobile cagliese militari vennero proposte ad altre esponenti Mattia Tocci, interrogato sulle vicende del dei ceti più alti di Cagli: a Domenico Men- tentativo di rivolta, riferì di aver un giorno cucci, che aveva ricoperto diverse funzioni salutato provocatoriamente «il curiale si- pubbliche, quella di tenente; al conte An- gnor Felice Centini», che «era stato invitato tonio Righi la carica di capitano 29; al vice ad essere capo del complotto», con l’epiteto cancelliere del vescovo Domenico Grassi, di “generale”. A questo punto il Centini: il ruolo di segretario della rivoluzione 30. L’emulazione della rivoluzione francese tornò egli indietro da pochi passi fatti e di ciò che ne conseguì, si attuò quindi, e raccontommi esser vero che le era sta- pure nell’organizzazione di una «truppa ta offerta simil carica che da lui rifiutata, cispadana», a conferma di come anche i udì rispondersi che o l’avrebbe presa col- risvolti che la Rivoluzione ebbe in Italia le buone o a forza d’archibugio 31. fossero seguiti con attenzione: l’avanzata del generale Bonaparte e la creazione del- In conclusione un dato evidente dallo la repubblica Cispadana (nata solo sei mesi sfoglio di queste carte è il carattere improv-

133 Studi pesaresi 5.2017 visato e utopistico della rivolta, che evi- pitazione dei “milordi” – che richiamava dentemente contava su una larga adesione immediatamente quanto era accaduto in e su una partecipazione di almeno parte del Francia negli anni immediatamente prece- ceto dominante, e che invece non vi fu. In denti è comprensibile, ma probabilmente secondo luogo, le carte sembrano smentire non corrisponde a pieno alle reali intenzioni un pregiudizio storiografico che vede Cagli, dei congiurati. Queste considerazioni forse come tutte le città dell’entroterra, schiera- possono essere estese anche a molte altre ta su posizioni antigiacobine e reazionarie. rivolte verificatesi nello Stato pontificio in Tale tesi si trova, ad esempio, negli scritti di quegli stessi anni, contribuendo a smontare Carlo Arseni, storico e bibliotecario di Ca- il luogo comune storiografico di una perife- gli vissuto nel Novecento, il quale affermò ria pontificia arretrata, bigotta, reazionaria, che all’indomani della vittoria dell’esercito completamente refrattaria alle suggestioni francese sulle truppe pontificie il 2 febbra- rivoluzionarie provenienti dalla Francia. io del 1797 a Castel Bolognese, e la con- Gli artigiani cagliesi guardavano, quin- seguente occupazione di Pesaro e Ancona, di, alla Rivoluzione con una certa simpatia, il popolo cagliese fu pervaso da un senso pur essendo consapevoli della sua inconci- di ostilità nei confronti dei francesi 32. In liabilità con i valori su cui si reggeva la so- realtà, le cose sembrano più complesse di cietà in cui vivevano. Alla luce del dibattito quanto affermato da Arseni e da altri sto- storiografico che verte sui fenomeni rivolu- rici: la rivolta di Cagli non può essere con- zionari e controrivoluzionari dell’Italia di siderata “semplicemente” né un moto filo- fine Settecento, il singolare caso di Cagli, in francese, né un’insorgenza antinapoleonica. cui sembrano coesistere componenti di am- Il suo vero obiettivo era l’eliminazione dei bedue le correnti citate, può costituire – so- secolari privilegi che mantenevano al pote- prattutto se inserita in un contesto di ricerca re un ceto sociale a scapito di tutti gli altri, più ampio – la testimonianza di un periodo frenando ogni tentativo di partecipazione in cui fermenti rivoluzionari non avevano più allargata all’autogoverno della comu- sempre una chiara e univoca matrice ideo- nità. Che quest’obiettivo si esprimesse at- logica. traverso un’immagine – la ventilata deca-

134 Davide Sanfilippo Un tentativo di rivolta a Cagli

* Questo articolo è il frutto del lavoro di tesi ma- processo è accompagnata da alcune lettere, inclu- gistrale svolto presso l’Università degli studi di Ur- se nel manoscritto, alle carte 16r-v, 115r e 117r: si bino “Carlo Bo nell’a.a. 2013/2014, sotto la supervi- tratta della corrispondenza tra Luigi Rossi, podestà sione del prof. Guido Dall’Olio nel ruolo di relatore. di Cagli, e mons. Ferdinando Saluzzo, presidente dello Stato di Urbino. 1 G. Dall’Olio, Cagli nel Settecento attraverso 8 Archivio di Stato di Pesaro-Urbino, sezione di le carte della Pretura (1725-1800): una prima rico- Urbino, Tribunale di Urbino, processi penali, b. 7, gnizione, in Rerum Urbinatium archiva. Studi in me- fasc. 2T. moria di Leonardo Moretti, cur. A de Berardinis e G. 9 Diciamo “nobiltà” ma per esattezza terminolo- Paolucci, Pesaro 2010, pp. 93-109. gica dovremmo parlare di “patriziato cittadino”. Su 2 M. Caravale, A. Caracciolo, Lo Stato ponti- questa tipologia di ceto esistono molte ricerche e in ficio da Martino V a Pio IX, “Storia d’Italia” diretta particolare, per quel che riguarda lo Stato pontificio, da G. Galasso, XIV, Utet, Torino 1978. B. G. Zenobi, Le “ben regolate città”. Modelli politi- 3 P. Prodi, Il Sovrano Pontefice, il Mulino, Bo- ci nel governo delle periferie pontificie in età moder- logna 1982, p. 89. na, Bulzoni, Roma 1994; in particolare su Cagli cfr. 4 F. Venturi, Elementi e tentativi di riforma pp. 102-103.. nello stato pontificio del settecento, in “Rivista 10 Aspu, PC, b. 47, c. 80v. storica italiana, vol. LXXV, Napoli 1963 11 Ivi, c. 82r. 5 S. Tabacchi, Il Buon Governo. Le finanze 12 R. Paci, L’ascesa della borghesia nella le- locali nello Stato della Chiesa (secoli XVI-XVIII), gazione di Urbino dalle riforme alla restaurazione, Viella, Roma 2007. Un esempio di integrazione Giuffré, Milano 1966, pp. 58-62. fra aspetti locali e “generali”, con particolare at- 13 G. Boiani Tombari (a cura), Cronaca fane- tenzione al governo del territorio e ai mutamenti stre o siano memorie delle cose più notabili occor- intervenuti alla fine del Settecento, inA . Cicerchia, se in questi tempi nella città di Fano. Notate per La terra di Saltara. Nella periferia pontificia tra mio piacere da me Tommaso Massarini Fanese, Antico Regime e Restaurazione, Senigallia 2009. quad. 6 di “Nuovi Studi Fanesi”, Fano 2001. 6 B. G. Zenobi, Ceti e Poteri nella Marca Pon- 14 Aspu, PC, b. 47, cc. cc. 46v-47r. tificia. Formazione e organizzazione della piccola 15 Ivi, cc. 46v-47r. nobiltà fra ’500 e ’700, il Mulino, Bologna 1976, 16 Paci, L’ascesa della borghesia cit., pp. 52- p. 279. 64. 7 Archivio di Stato di Pesaro-Urbino, sezione di 17 Caravale, Caracciolo, Lo Stato pontificio Urbino, Pretura di Cagli, Processi criminali avan- da Martino V a Pio IX cit. pp. 561-564. ti il pretore, b. 47, fasc. n. n. (d’ora in poi Aspu, 18 Paci, L’ascesa della borghesia cit., p. 58. PC, b. 47); in mancanza della copertina non è pos- 19 Ibid., pp. 51-52. sibile identificare il numero di fascicolo (che si trova 20 Ibid., pp. 59-60; v. anche A. Brancati, G. in fondo alla busta). Il manoscritto cartaceo è di 262 Benelli, Storie della città di Pesaro nel secondo carte rilegate, numerate da 1 recto a 131 verso; è in Settecento. Metamorfosi di una società di provincia buone condizioni, ma dalla carta 124r alla 131v fra tradizione pontificia e illuminismo di frontiera, nella parte inferiore dei fogli è presente un buco “Collana di studi storici del Comitato di Pesaro e che aumenta durante lo sfoglio, a questo se ne ag- Urbino dell’Istituto per la storia del Risorgimento giunge un altro di dimensioni più piccole a parti- italiano, Urbino 2016. re dalla carta 128r. All’interno vi sono nove carte 21 A. M. Rao (a cura), Folle controrivoluziona- bianche, di cui le carte 6v, 7r-v, 17v, 115v, 116r rie. Le insorgenze popolari nell’Italia giacobina, con scritto “alba” al centro e tratti di inchiostro per Carocci, Roma 2002, pp. 15-16. “sbarrare” le parti restanti del foglio, e le carte 26v 22 Nel caso delle Marche v. S. Petrucci, Insor- e 27r-v completamente bianche. La trascrizione del genti marchigiani. Il trattato di Tolentno e i moti

135 Studi pesaresi 5.2017 antifrancesi del 1797, Sico ed., Macerata 1996, pp. ci catene. Testi della controrivoluzione cattolica in 149-202. Italia, Istituto per la storia del Risorgimento italia- 23 G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna, no, Roma 1988. vol. I, Le origini del Risorgimento 1700-1815, Fel- 28 Aspu, PC, b. 47, c. 66v. trinelli, Milano 1956, p. 287. 29 Ivi c. 41v. 24 Rao, Folle controrivoluzionarie cit., p. 19. 30 Ivi, c. 34v. 25 Aspu, PC, b. 47, c. 80v. 31 Ivi, cc. 34v.-35r. 26 Ivi, c. 1r. 32 C. Arseni, Immagine di Cagli. Storia rac- 27 C. Galli, I controrivoluzionari, il Mulino, contata della città dalle origini all’avvento della Bologna 1981. Sulla propaganda controrivoluzio- repubblica, Calosci, Cortona [1989], p. 219. naria in Italia, cfr. V.E. Giuntella (a cura), Le dol-

136 Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro ai tempi del napoleonico Regno d’Italia (1808-1814)

di

Gabriele Falciasecca

1. L’organizzazione territoriale. quale prima dell’annessione dell’Urbinate e delle Marche al Regno d’Italia, aveva scrit- Il Regno d’Italia, fondato da Napoleone to: «Il loro spirito pubblico è favorevole ai a conclusione di una campagna di conquista preti e alle monache: quindi è molto cattivo iniziata nel 1796 con una fase rivoluziona- […] senza dubbio ben pochi abitanti desi- ria e repubblicana, interessò la regione Mar- derano che il paese sia riunito al Regno» 3. che e il Pesarese a partire dall’11 maggio Sull’Italia, allo stesso destinatario Napo- 1808 – dopo aver coinvolto il Piemonte, la leone scrive il 23 agosto del 1810, dopo che Lombardia, il Triveneto, l’Emilia Romagna i milanesi si erano lamentati del trasferi- (escluse Parma e Piacenza) – e durò fino al mento di alcune risorse del regno alla Fran- 4 febbraio 1814. Sull’intero periodo napo- cia: «Bisogna che l’Italia non faccia dei cal- leonico, sulle sue fasi, sui risvolti econo- coli separati dalla prosperità della Francia: mici, politici, sociali verificatisi nel nostro essa deve confondere i propri interessi con territorio e soprattutto sui rapporti del po- i suoi […] Adottate dunque come motto: la tere con la chiesa locale, l’illustre studio- Francia innanzi tutto!» 4. so Silvio Linfi ha già condotto una ricca e Una concezione dunque non lusinghiera, documentata ricerca storica 1. Questo arti- carica di diffidenza e pregiudizio, che spie- colo intende focalizzarsi sul settore dell’a- ga la politica di pieno asservimento dell’I- gricoltura, per descriverne i cambiamenti e talia alla Francia attuata da Napoleone, con le innovazioni introdotte durante il regno di riflessi diretti e indiretti anche nel campo Napoleone. dell’agricoltura. Per comprendere meglio anche questo Occorre inoltre ricordare che durante aspetto così specifico, giova fare due brevi la dominazione francese il territorio ita- premesse. Ricordare, innanzitutto, la scarsa liano venne suddiviso, come in Francia, considerazione che l’imperatore francese in dipartimenti, secondo il rigido centrali- aveva degli italiani e dell’Italia. Dei pri- smo imposto dall’imperatore, che nel 1806 mi, infatti, scrive – in una lettera inviata al aveva applicato al Regno d’Italia il Codice viceré Eugenio de Beauharnais – che «per civile adottato in Francia due anni prima. I natura sono indotti a essere deboli e falsi e dipartimenti, che prendevano solitamente il a distaccarsi e ingiuriare colui che credo- nome dai fiumi, erano governati da un pre- no nella polvere» 2; giudizio che, del resto, fetto, direttamente dipendente dal ministero coincideva con quello dello stesso viceré, il degli Interni ed erano a loro volta suddivi-

137 Studi pesaresi 5.2017 si in distretti (con a capo un vice-prefetto), la vite e l’olivo; nelle aree pianeggianti, cantoni e comuni: comuni di prima classe, formatesi con le alluvioni dei fiumi Marec- governati da un podestà, sei savi, quaranta chia, Foglia e Metauro – rare, ma fertili e consiglieri; di seconda classe da un pode- produttive – si trovavano le condizioni più stà, quattro savi e trenta consiglieri; di terza favorevoli per le colture cerealicole e per classe da un sindaco, due anziani e quindici l’allevamento. La forma di appoderamen- consiglieri 5. to più diffusa (diversamente dal territorio Le Marche furono suddivise in tre dipar- laziale, dove prevalevano grandi aziende timenti: Metauro, Musone, Tronto. Di que- agricolo-pastorali con carattere estensivo di sti il dipartimento del Metauro – che conta- proprietà dei nobili romani e della chiesa) va 5 distretti (il capoluogo Ancona, Pesaro, era quella della mezzadria, che assicurava Jesi, Senigallia e Gubbio), 16 cantoni, 76 una maggiore produttività ai terreni agrico- comuni – era il più esteso, benché a un certo li, come avveniva nella confinante legazio- punto non comprendesse parte del Monte- ne della Romagna. Le proprietà appartene- feltro (compensato peraltro dalla bassa Val- vano principalmente ai nobili e alla chiesa, conca): «Aveva dimensioni territoriali quasi secondariamente alla borghesia terriera e doppie rispetto agli altri due messi insieme, urbana, con una modesta presenza anche misurando 4637 kmq e contando una popo- di piccoli coltivatori proprietari. Nelle zone lazione di oltre un terzo superiore al Muso- più elevate, inoltre, non mancavano le “co- ne e al Tronto» 6 (fig. 1). munanze” agrarie, forme ultrasecolari di proprietà, gestita collettivamente dagli abi- tanti di una determinata area. Una descrizione della situazione dell’a- 2. L’agricoltura nelle Marche prima del gricoltura in questo territorio nel sec. XVIII, Regno d’Italia è contenuta nei volumi della “visita Doria”, ispezione compiuta nel 1788 dal cardinale La legazione di Urbino, di cui ci occupia- Giuseppe Doria Pamphili (legato di Urbi- mo, si estendeva per un’area che spaziava no dal 1785 al 1794) in tutte le comunità dal territorio di Urbino, della val Marecchia della legazione 7. Il cardinale, di origine e di Pesaro fino alla zona dell’Eugubino e di genovese, pur soffermandosi principalmen- Senigallia (esclusi Fano e il suo contado). te sulle attività manifatturiere e artigianali, Fu fondata nel 1631, ai tempi di papa Ur- rilevava, a proposito dell’agricoltura, come bano VIII quando, con la fine della dinastia le campagne fossero benissimo coltivate, roveresca, il ducato di Urbino venne devo- con piccoli poderi provvisti di una casa luto allo Stato pontificio, al quale rimase contadina; come dai terreni si ottenessero inglobato fino all’avvento del napoleonico grano, vino, olio in abbondanza, che veni- Regno d’Italia. vano esportati, insieme al bestiame bovino Per quanto riguarda l’attività agricola, il e suino, dal porto di Pesaro. Questa valu- territorio della legazione era molto diversi- tazione era forse troppo ottimistica, eppure ficato: nella zona appenninica, ricca di bo- coglieva «i fremiti di rinnovamento sotter- schi, prevaleva l’allevamento del bestiame; ranei o palesi che per tutto il secolo XVIII in quella collinare si coltivavano il grano, attraversarono lo Stato pontificio e che si

138 Gabriele Falciasecca Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro

Figura 1 – Carta topografica del dipartimento del Metauro, 1813. manifestarono nelle opere di pubblica eco- e di “estrazione» (ovvero di importazione nomia, nelle discussioni e nei progetti degli ed esportazione) 9. Questa innovazione, in- organi amministrativi, nei tentativi dei papi sieme all’istituzione ad Ancona di un porto volti ad instaurare ordinamenti migliori e franco nel 1732 10, favorì il manifestarsi di più adatti alle esigenze dei tempi» 8. quei segnali di ripresa 11 che caratterizza- Ricordiamo, tra questi tentativi, le rifor- rono, pur intervallati da numerose carestie, me doganali effettuate dal papa Pio VI, il tutto il ’700 nelle Marche e nel nostro terri- quale, con l’adozione del “Piano delle do- torio, facendo presagire una rinascita dopo gane e dei confini” (30 agosto 1786) «intese la lunga depressione del ’600. eliminare il disordine esistente nella legisla- Il papa Pio VI tentò anche un’altra co- zione pontificia in materia doganale, stabi- raggiosa operazione: «accatastare unifor- lendo la libertà di commercio interno e l’a- memente la proprietà terriera, senza privi- bolizione di tutte le gabelle di “introduzione legio alcuno» 12. Tentò cioè di intaccare i

139 Studi pesaresi 5.2017 privilegi della nobiltà e del clero, introdu- te uno strumento, o un punto d’appoggio cendo una riforma agraria secondo la quale politico-territoriale per la Chiesa cattolica ciascun proprietario terriero, indipendente- e pertanto gli interessi generali, dei quali i mente dal suo status sociale, avrebbe dovu- gruppi dominanti nella Corte di Roma ave- to pagare le tasse in base all’effettivo ren- vano il compito di preoccuparsi, erano in dimento del proprio terreno. Questo ardito primo luogo quelli della Chiesa e solo su- e complesso tentativo però fallì, non solo bordinatamente quelli dello Stato» 15. perché troppo “rivoluzionario”, ma anche Nell’opera di rinnovamento che carat- perché era certamente più difficile da met- terizzò il sec. XVIII anche nelle Marche, tere in atto. «Le riforme agrarie costano ben un’indubbia influenza fu esercitata dalla più di quelle doganali» asserisce opportuna- diffusione delle idee illuministiche, che mente il Venturi 13. incrementarono, tra l’altro, gli studi scien- Esso tuttavia non ci esime dal sottoline- tifici anche in campo agrario. Una conse- are come l’immagine di uno Stato pontificio guenza di ciò fu la trasformazione dell’Ac- retrivo e refrattario ad ogni azione riforma- cademia dei Sollevati di Treja da centro di trice, così frequentemente tramandata da studi letterari in Accademia Georgica, nata tanta storiografia, sia viziata da pregiudizi con l’intento, mutuato dall’Accademia dei ideologici. È lo stesso Luigi Dal Pane che, Georgofili di Firenze, di studiare nuove in- in modo molto equilibrato e supportato da venzioni da introdurre nel campo agricolo. seria documentazione, lo riconosce a con- L’Accademia di Treja ebbe una funzione clusione del suo ponderoso lavoro, dopo importante nello sviluppo della produ- aver riportato diverse e contrastanti tesi su zione agricola marchigiana, perché mirò questo tema: a superare la monocoltura cerealicola e a raccordarla ad alcune attività manifatturie- Si può dire che in queste opere di sto- re, tanto che essa fu valorizzata successi- riografia generale manchi proprio quello vamente anche da Napoleone. Nonostante che dovrebbe costituire il nerbo essen- questi tentativi riformistici, si può comun- ziale, il dominio della materia trattata e que affermare che nella legazione di Ur- della letteratura che la riguarda, il senso bino, prima del periodo napoleonico, non vivo delle connessioni, la sintesi vera, si ebbero forti cambiamenti nelle rese dei che è valutazione di tutto il conosciuto prodotti agricoli più importanti: il grano, il e non di una sola parte di esso. Si rive- mais, le biade e i legumi. la qui, in tutta la sua calzante evidenza, Per il grano le rese erano di tre, quattro l’errore delle scelte aprioristiche, che fal- sementi in media nella parte montana; di sa senza possibilità di scampo la certez- tre o cinque sementi nella submontana; di za dei risultati o l’architettura dell’opera sei nella zona collinare; di otto nei pochi storiografica 14. terreni di fondovalle 16. La coltivazione del mais, introdotta nel pesarese solo alla fine Nel valutare, inoltre, l’attività dei papi e del ’700, produceva una quantità di cere- l’organizzazione dello Stato pontificio, non ale pari complessivamente a un quinto/un bisogna dimenticare, come afferma il Can- settimo di quella granaria ed era anch’essa deloro, che tale Stato «era essenzialmen- diversificata in base alla altimetria del terri-

140 Gabriele Falciasecca Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro torio: nella zona collinare se ne produceva 3. Innovazioni e sperimentazioni in maggiore quantità per destinarlo ad uso introdotte nel dipartimento del Metauro alimentare, in modo da riservare una più consistente quantità di grano all’esportazio- Come si è detto, nel 1808 con l’occupa- ne 17. Anche il mais, comunque, cominciò zione napoleonica le Marche furono divise ad essere esportato in modo crescente, tanto in tre dipartimenti, di cui il più esteso era il che alla fine del ’700 raggiunse la metà del dipartimento del Metauro. totale delle esportazioni di cereali che parti- Per avere informazioni più dettagliate vano dai porti di Ancona, di Senigallia e, in sulla situazione dell’agricoltura al tempo di minor misura, di Pesaro e servivano preva- Napoleone, e sulle innovazioni e sperimen- lentemente a rifornire Roma 18. tazioni che furono introdotte in questo set- Non mancarono, però, gravi periodi di tore, sono importanti gli scritti di Giovanni carestia e rivolte tra le popolazioni. Le più Brignoli, allievo dell’agronomo reggiano gravi si verificarono nel 1763-1764 e so- Filippo Re (1763-1817), suo successore prattutto nel 1792 nella zona di Cagli, i cui alla cattedra di Botanica dell’università di abitanti si ridussero a mangiare le ghiande, Modena, nonché professore di Botanica e di che per questo motivo cominciarono a scar- Agraria al liceo di Urbino, dove fondò l’orto seggiare: i documenti segnalano infatti una botanico. Le fonti più importanti sono: gli diffusa preoccupazione perché «mancano le Annali dell’agricoltura del Regno d’Italia, ghiande, di cui sogliono nutrirsi li campa- che furono pubblicati in fascicoli mensili gnoli, segnatamente abitanti nelle monta- dal gennaio 1809 al giugno 1814, nei quali gne» 19. lo stesso Filippo Re descrive uno stato de- I fattori all’origine di questi drammati- solante dell’agricoltura del tempo, che vie- ci eventi erano di varia natura: le esigenti ne definita «non razionale, ma empirica» 22. richieste annonarie della città eterna; il Di grande utilità è anche la recensione fatta progressivo esaurirsi dei monti frumen- dallo stesso Re a un opuscolo con cui l’al- tari, il sistema delle esportazioni (tratte), lievo Brignoli aveva partecipato al concor- che venivano subappaltate spesso a degli so bandito dal prefetto del dipartimento, speculatori; la falsificazione dei quan- Giuseppe Casati, sul tema “Istruzione sul titativi di cereali prodotti (le assegne) miglioramento de’ vini nel Dipartimento che spesso venivano gonfiati per ottene- del Metauro”, dove sono elargiti numero- re l’autorizzazione ad esportarne di più, si consigli sui tipi di vitigni più adatti alle anche nei momenti di carestia 20. Con il condizioni climatiche del luogo e ai terreni paradosso che, di fronte ad uno scarso au- presenti, sulla potatura, sulla concimazione, mento delle rese agricole, si verificava un sulla vendemmia e sulla conservazione del aumento demografico della popolazione e vino (il concorso fu vinto da un certo Mi- il prezzo del grano, dopo un periodo di chele Mallio, finito a fare il delatore negli stabilità durante i primi anni del ‘700 ten- anni della Restaurazione) 23. derà a salire fino a raddoppiare alla fine All’anno 1809 risale un articolo anoni- del secolo 21. Tutto ciò accadeva all’ap- mo sulla Agricoltura del Distretto di Ur- prossimarsi delle vicende rivoluzionarie bino 24 nel quale si descrive un’agricoltura francesi e all’arrivo di Napoleone. basata prevalentemente sulla coltivazione

141 Studi pesaresi 5.2017 del grano e sulla mezzadria e dove si critica La sua descrizione dell’agricoltura il metodo di coltura “a ritocchino” (v. in- del dipartimento del Metauro inizia con il fra) e il troppo rapido avvicendamento delle rammarico per la presenza di troppi terre- colture stesse. Dell’anno seguente è una re- ni argillosi, la scarsità di pianure fertili e il censione del famoso trattato del parroco di pesante disboscamento di monti e colline a Monsano, Angelantonio Rastelli, dal titolo vantaggio delle colture cerealicole. Il Bri- Il dottore della Villa su tutti i principali og- gnoli avanza poi alcune critiche sui meto- getti dell’agricoltura 25, apprezzato tanto da di di coltivazione e sui prodotti coltivati. essere gradito per la sua chiarezza e com- Viene criticata, ad esempio, la lavorazione pletezza dallo stesso Napoleone e da essere “a ritocchino”, che era largamente pratica- utilizzato nelle scuole per tutto l’Ottocento. ta nei terreni declivi e consisteva nel trac- Sempre del 1810 è l’articolo Della col- ciare i solchi per le semine e nel disporre tivazione della sulla nel Dipartimento del i filari delle piante in senso ortogonale alle Metauro di Giacomo Giovannini 26, nel qua- curve di livello, in modo da favorire il rapi- le si sottolinea, in difesa degli allevamenti do deflusso delle acque e di impedirne una di bestiame, la necessità di incrementare la infiltrazione eccessiva nel terreno. Per il produzione del foraggio contrariamente a Brignoli questo metodo andrebbe sostituito quanto avveniva nei tre dipartimenti mar- con la lavorazione “a traverso”, per ridurre i chigiani dove, come scrive Vincenzo Miotti fenomeni di dilavamento dei terreni e quin- in un articolo successivo, si privilegiava la di le erosioni e gli smottamenti. coltivazione del grano per la sua convenien- Anche i contratti di mezzadria vengono za: «I dipartimenti hanno visto ridurre a col- criticati perché, da un lato, non stimolavano tivazione di grani quanti più possono prati i proprietari a introdurre delle innovazioni, e boschi. A cui sono condotti dall’aumento dall’altro non stimolavano i mezzadri ad del prezzo de’ grani da 30 anni a questa par- adottare colture pluriennali. te…» 27. Relativamente ai prodotti il nostro Al di là di queste fonti, comunque, una agronomo, concordando con il citato Gio- importanza prioritaria rivestono, come si vannini, è convinto che si coltivi troppo è detto, gli scritti di Giovanni Brignoli: in grano; esso infatti ricopriva la metà di tutti particolare Del letame di alghe e d’altre gli appezzamenti marchigiani: nelle zone piante marittime che viene adoperato in interne, veniva alternato a foraggere e le- alcune parti del Regno d’Italia e della Pu- gumi; nei distretti costieri di Pesaro, Se- glia 28 – in cui si fa riferimento a sperimen- nigallia e Ancona era coltivato insieme a tazioni effettuate per la concimazione degli mais, lino e foraggere; nello Jesino e spe- ortaggi a Fano, Senigallia ed Ancona – e so- cialmente intorno a Chiaravalle era alter- prattutto Dell’agricoltura del Dipartimento nato ad appezzamenti coltivati a tabacco del Metauro 29 del 1811, in cui l’autore (con che servivano alla Regia di Stato che ivi la collaborazione del parroco di Monsano s’intendeva potenziare. don Angelo Rastelli, del senigalliese Do- Note negative vengono rilevate anche menico Benedetti e di Antonio Piattelletti, sugli allevamenti di pecore, che essendo di fattore del conte pesarese Antaldo Antaldi) razza scadente producevano una pessima risponde dettagliatamente a 33 domande. lana, e sui tentativi di incrocio con i i mon-

142 Gabriele Falciasecca Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro toni merinos, che non riuscivano. Rilievi in precedenza, all’inizio dell’Ottocento: an- positivi invece sia sui buoi, che, nonostante che allora, infatti, a causa del verificarsi di la carenza di foraggi, sono descritti come alcuni casi di malaria, erano state sospese, forti, di carne eccellente ed esportata in no- su ordine del delegato apostolico 30, alcu- tevole quantità (quasi un riconoscimento ne coltivazioni di riso effettuate nei terreni ante litteram della qualità della razza mar- del podestà Nicola Troiani appartenenti al chigiana) sia sui maiali, ben nutriti grazie comune di Montelabbate 31, nei pressi delle alla presenza di numerose querce ed espor- anse del fiume Foglia abbandonate (remor- tati in Veneto e a Roma. te) e di carattere paludoso. Per quanto riguarda i prodotti agricoli Sulla coltura del gelso l’autore si dilun- il Brignoli, dopo aver sottolineato che la ga in molti dettagli: cita i luoghi principa- patata era quasi sconosciuta e che i conta- li di produzione (il Pesarese, il Fanese, il dini, soprattutto nelle zone montane, erano Forsempronese, il Senigalliese, lo Jesino costretti, in certi casi, a nutrirsi di pane di e l’Anconitano e, in minor misura, l’Urbi- ghianda a causa delle frequenti carestie, nate); rimarca la fama della seta prodotta a parla della coltivazione delle viti, che veni- Fossombrone. Si trattava di seta che aveva vano disposte “ad alberate” e maritate agli subito la prima lavorazione, cioè la trattu- aceri campestri (localmente detti “oppi”) ra, ed era chiamata “organzino” 32: «I bocci oppure alla “folignate”, con gli “oppi” posi- di tutto il Dipartimento servono a formare zionati a quiconce (secondo cioè la raffigu- quella seta che dai mercanti di Ancona e di razione del numero cinque sulla faccia di un Senigaglia si appella seta di Fossombrone»; dado), e lamenta le varietà di uva coltivate e ne apprezza il tipo di coltivazione, affer- i tempi troppo anticipati della vendemmia. mando ironicamente: «Sarebbe forse la tra- Vengono descritte le varietà di mele e di scuratezza che si ha nella loro coltura quella pere, considerate poco pregiate; le varietà di che rende tanto sottile e lucida la seta così olive verdi e nere (raggia o raggiola, cor- detta di Fossombrone…e passa per la prima giola); viene inoltre sottolineata la scarsa dell’Italia?». presenza di agrumi: solo gli alberi di aranci In altri articoli di minor rilievo, presen- (e portogalli) della signora Paolucci a Treb- ti negli annali di Filippo Re e riguardanti biantico e quelli del giardino dei Gavardini l’agricoltura del dipartimento del Metauro, a Pesaro vengono apprezzati. Relativamen- si trovano suggerimenti utili a migliora- te ai boschi, afferma di «non aver veduto re la produzione: Sui difetti della pastori- la menoma traccia di particolare coltura»: zia nel distretto di Urbino”, di anonimo 33; fatto riprovevole per il Brignoli, abituato al Quesiti relativi ad alcune pratiche agrarie nord Italia, specialmente al Friuli sua regio- de’ quali si chiede la soluzione, di Filippo ne d’origine, dove i boschi venivano parti- Re 34; Sugl’insetti distruggitori delle viti, colarmente curati. di Fortunato Benigni 35; Alcuni cenni sulle L’autore si sofferma anche sulle colture produzioni naturali del Dipartimento del del riso e del gelso. Ricorda un esperimento Metauro, di Antonio Bodei e Giovanni Bri- di risaia nel Forsempronese, ad opera della gnoli 36 ; infineRisposta ai quesiti registrati famiglia Albani, che però era fallito come, nel volume XVII […] da Filippo Re, di Ora- del resto, era fallito un tentativo realizzato zio Valeriani 37.

143 Studi pesaresi 5.2017

oppure a sperimentare in loco la coltura dei prodotti stessi. Fu questo il caso del cotone, che gli agricoltori tentarono di coltivare anche nel dipartimento del Metauro. Furono emanati diversi decreti non solo a carattere nazio- nale 38 ma anche a carattere locale, come quello indirizzato al podestà di Pesaro dal prefetto del dipartimento del Metauro Giu- seppe Casati 39. Vennero distribuiti semi di cotone e istruzioni per la coltivazione 40 a diversi proprietari di molti comuni – Mom- baroccio, Montelabbate, Montemaggiore, Montelevecchie (oggi Belvedere Foglien- se), San Costanzo, Tomba (oggi Tavullia), Fano e anche all’Accademia Pisaurica) 41 – dando inizio ad una gara a cui parteciparono «molti acquirenti di beni nazionali, alcuni grandi proprietari terrieri […], avventurosi imprenditori e qualche imbroglione» 42. Di questi coltivatori si è conservato il nome. Alcuni erano di Pesaro e, come si deduce dai Figura 2 – Filippo Re, Istruzione sul modo di nomi, appartenevano a facoltose famiglie coltivare il cotone, Milano 1810 (Bop, Ascp, nobiliari e possidenti della città: Francesco 1810, b. 44). Baldassini, Vincenzo Donati, Paolo Machi- relli, Giuseppe Fattori, Andrea Marzetti, Vincenzo Billi e Francesco Belluzzi 43. Altri Trasformazioni più evidenti nell’agricol- abitavano a Montelevecchie: Andrea Mas- tura del dipartimento del Metauro vennero salini, Antonio Pedini, Domenico Cecchini, introdotte in seguito al blocco continentale don Domenico Venturi, Francesco Andreani delle merci inglesi ordinato da Napoleone e Francesco Pieri 44 (fig. 2). a Berlino il 21 novembre 1806 e inasprito I risultati di tale sperimentazione furono dai decreti di Trianon nel 1810: blocco che scadenti o nulli, come emerge dai resoconti dalla Francia venne esteso anche al Regno dei coltivatori richiesti dai decreti: Giovan- d’Italia. Il blocco costrinse i territori sog- ni Paolo Lanci, ad esempio, affittuario della getti alla Francia ad adottare una politica mensa vescovile di Fano, ebbe a dire che autarchica. Nel campo dell’agricoltura, le «la siccità ha fatto mancare l’acqua alle va- autorità spronarono i coltivatori – con la sche, per cui è stato necessario smettere il diffusione di opuscoli informativi e la pro- tutto ed in conseguenza le piante appassiro- messa di incentivi e premi – a sostituire i no senza alcun frutto» 45. Un coltivatore di prodotti importati dalle colonie inglesi delle Mombaroccio faceva notare che «nel mese Americhe e delle Indie con altri succedanei di maggio ne eseguì la seminagione in ter-

144 Gabriele Falciasecca Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro reno di ottima qualità e lo innacquò spesse di di fabbricazione» e avrebbe proposto volte. Ciò nonostante ne ottenne un tenuis- «le ricompense e gl’ incoraggiamenti che simo prodotto» 46. avranno meritati» 51. Dato lo scarso successo ottenuto dalla In una lettera successiva, inviata dal coltivazione del cotone, si incentivò quella ministero dell’Interno al prefetto del dipar- del lino, della canapa e della lana. Ciò è at- timento del Metauro il 3 ottobre del 1811, testato sia dalla documentazione di un con- vengono dettagliate le disposizioni di ca- corso a premi di un milione di lire per chi rattere generale, in modo che i podestà e avesse inventato la migliore macchina per i sindaci che fossero venuti a conoscenza filare il lino 47 sia dalle carte che fissano la delle coltivazioni di barbabietola avreb- somma per l’acquisto di macchine per filare bero potuto distribuire le ricompense e gli cotone, canapa e lana 48. Un altro prodotto incoraggiamenti previsti ai coltivatori. Si di origine coloniale, e quindi non importa- evidenziava anche il fatto che se fossero bile, era la canna da zucchero, che si tentò state impiegate da qualcuno tecniche nuo- di sostituire sia con l’olio di cafraria (saggi- ve con buoni risultati, queste sarebbero na) sia con la barbabietola. dovute essere dettagliate alle autorità 52. I Per quanto riguarda il primo, non si eb- risultati ottenuti da questa campagna pro- bero sperimentazioni di rilievo nel diparti- mozionale furono molto buoni. Si può ci- mento del Metauro, benché il prof. Arduino tare a questo proposito l’affermazione di ne avesse dimostrato la fattibilità e avesse Renzo Paci: «La barbabietola, facilmente inviato una memoria esplicativa a stampa ambientabile, si estese rapidamente su pa- a tutti i dipartimenti, come dimostra la cir- recchi ettari di terreno a Senigallia, Cagli, colare inviata dal viceprefetto al podestà di Mondolfo, Mondavio, Monteporzio, Tom- Pesaro il 17 maggio 1811 49. ba, Orciano, Ripe, Pergola e San Lorenzo Più rilevante, invece, fu la campagna per e rappresentò il maggior successo ottenuto ottenere lo zucchero dalla barbabietola oppu- dall’amministrazione napoleonica nel set- re dal mosto d’uva e ben più consistenti fu- tore agricolo» 53. rono i risultati. Anche in questo caso fu data Ancora maggiori riscontri si ebbero ampia diffusione al materiale informativo che sull’ottenimento dello zucchero nel dipar- sarebbe stato poi distribuito a tutti quei colti- timento dallo sciroppo d’uva. Anche in vatori che ne avessero fatto richiesta 50. questo caso non mancarono disposizioni in Venne emesso un decreto, in data 28 merito 54. Sono segnalati diversi personag- settembre 1811, con la elencazione dei gi che effettuarono delle sperimentazioni premi (50.000 lire tra i quattro stabilimen- di questo tipo, tra cui alcuni premiati con ti che avrebbero fabbricato la maggiore una medaglia d’argento: Serafino Merloni quantità di zucchero di barbabietola) e con e Francesco Baroncelli, «per aver cavato l’indicazione, tra l’altro, della quantità duecento libbre di sciroppo dalla uva» 55. minima di zucchero da fabbricare (5.000 Risale al 1810 la testimonianza di Nico- libbre). Nel medesimo decreto era anche la Bottoni, il quale scrive: «Nella piccola detto che il ministero dell’Interno avrebbe quantità di mosto di libbre 50 ho estratto fatto conoscere «nello stesso tempo i fab- libbre 12 di sciroppo […] Il metodo usato bricatori che avranno perfezionati i meto- è quello […] inserito negli annali di chi-

145 Studi pesaresi 5.2017 mica di Parigi […] Dal calcolo, il prezzo impiegato, come documentano diversi stu- dello sciroppo ascende a circa 28 centesi- di 59, fino dal ‘500 e oltre nel nostro terri- mi la libbra» 56. E sempre nello stesso anno torio. Anche per questa coltivazione non Domenico Paoli afferma che «il prodotto mancarono istruzioni, che venivano inviate ottenuto è stato di libbre 25 per ogni 100 di a tutti coloro che avessero voluto intrapren- mosto, per cui ho incontrato la spesa di lire derla, come dimostra la richiesta al podestà 6.04.06 italiane» 57 di Pesaro di Vincenzo Billi, interessato a ca- Il 4 marzo 1811 i fratelli Leonoro e Gio- pire se il suo terreno fosse adatto per effet- vanni Battista Leonori descrivono al pode- tuare una sperimentazione. Non mancarono stà di Pesaro, in modo molto dettagliato, i neppure riconoscenze e premi per gli artisti risultati della loro sperimentazione per otte- e coltivatori meritevoli, come Luchini Do- nere lo zucchero d’uva in piccola quantità, menico di Gubbio come altri coltivatori di dopo avere osservato le istruzioni inviate in guado di cui è rimasta traccia: Giuseppe proposito. Il loro esperimento parte da 250 Fattori, Francesco Belluzzi, Domenico Pa- libbre (poco meno di 125 chilogrammi) di oli, Serafino Merloni, Francesco Baroncelli, mosto che hanno dato 58 libbre di sciroppo Leonoro Leonori, Antonio Antonioli, Seba- e 15 libbre di zucchero crudo che, raffinato stiano Pagnoni 60. con alcool, ha prodotto 3 libbre di solo zuc- Altri tentativi, anche bizzarri, furono chero e un residuo di 40 libbre di buon sci- fatti per supplire alla scarsità dei prodotti roppo. La spesa totale è stata di lire 15,47. d’importazione, come, ad esempio, quella Si è ottenuto così un totale di 55 libbre di del caffè: dei chicchi, infatti, si utilizzava zucchero e di sciroppo. I fratelli Leonori solo una piccolissima quantità, alla quale prendono poi in considerazione le condi- poi si aggiungeva una miscela ottenuta con zioni dell’uva, dichiarando che «quest’anno i piselli tostati (fig. 3). le uve sono state generalmente poco dolci, poco mature […] impregnate d’acqua onde non è meraviglia se il risultato dei nostri Conclusioni esperimenti non è riuscito a quella perfe- zione che leggesi in detta istruzione» 58. Gli Da quanto emerge dai documenti d’ar- sperimentatori s’impegnavano ad inviare chivio, dunque, si può concludere sottoli- i pani di zucchero al podestà in modo che neando che, durante il napoleonico Regno l’utilità che ne derivava potesse essere co- d’Italia, venne effettuato nel campo dell’a- nosciuta e fabbricata “in grande”, affinché gricoltura un notevole dispiegamento di la produzione di zucchero dal mosto d’uva incentivi, premi, pubblicazioni, allo scopo sostituisse quella di canna. di sottrarsi alla stretta dei prodotti coloniali Con il blocco continentale di Napoleone legata al blocco continentale. Tale dispiega- divenne impossibile o quanto mai difficile mento, pur non avendo prodotto i risultati importare dall’India o dalle Americhe an- che le autorità speravano, contribuì indub- che l’indaco, utile per tingere di blu i tessu- biamente alla ricerca di nuove forme di ti, e si cercarono pertanto altre erbe tintorie coltivazione e a smuovere (in circa sei anni che lo potessero sostituire. Il più adatto si solamente) una agricoltura prima quasi im- rivelò il guado (Isatis tintoria), coltivato e mobile.

146 Gabriele Falciasecca Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro

Risulta quindi veritiera la considerazio- la coltivazione del riso (specialmente nella ne di Carlo Zaghi che quello napoleonico Pianura Padana) intensificando la gelsiba- fu «un periodo ricco di mutamenti, di espe- chicoltura e per tentare, sia pure con scarso rienze nuove e variate e, sotto certi aspetti, successo, la coltivazione del cotone, della di singolare modernità […] L‘economia ru- barbabietola da zucchero e del lino» 61. rale del Regno ne ebbe stimolo per allargare

Figura 3 – Avviso prefettizio di premiazione (Bop. Ascp, 1813, b. 94).

147 Studi pesaresi 5.2017

1 S. Linfi, La Chiesa di Pesaro nell’età napoleo- 15 G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna, le nica in Italia (1797-1814), Urbania 2012. origini del Risorgimento 1700-1815, vol. I, Milano 2 Corresp. t. X, pp. 634-636, Napoleone a Eu- 1961, p.134. genio, Brescia 12 giugno 1806, in E. Tarle, La vita 16 R. Paci, Rese, commercio ed esportazione nel- economica nell’età napoleonica”, Torino 1950, p. 34. la Legazione di Urbino nei secoli XVII e XVIII, in 3 Tarle, La vita economica nell’età napoleonica “Quaderni Storici”, 28, 1975, p. 93. cit., p. 61. 17 Ibid., p. 106. 4 C. Zaghi, L’Italia di Napoleone dalla Cisalpina 18 Ibid., p. 117. al Regno, “Storia d’Italia” diretta da G. Galasso”, vol. 19 Archivio di Stato di Pesaro (d’ora in poi Asp), 18, Torino 1989, p. 108. Legazione, Annona e assegne, b. 47, osservazioni al 5 R. Luraghi, Politica, economia ed amministra- Ristretto del 1792. zione nell’età napoleonica, in Aa.vv., Nuove que- 20 R. Paci, L’ascesa della borghesia nella Le- stioni di storia del Risorgimento, Marzorati, Milano gazione di Urbino dalle Riforme alla Restaurazione, 1961, pp. 345-380. Milano 1966, p. 11. 6 S. Anselmi, Etnografia del Regno Italico: l’in- 21 A. Caracciolo, Il porto franco di Ancona nel chiesta napoleonica del 1811 nei dipartimenti del XVIII secolo, in “Proposte e Ricerche”, 28, 2002, p. Metauro, del Musone, del Tronto, in Id. (a cura), Con- 215. tadini marchigiani del primo Ottocento. Una inchie- 22 F. Re, Prefazione, in “Annali dell’agricoltura sta del Regno Italico”, Senigallia 1995, pp. 14-16. del Regno d’Italia”, I, 1809, pp. 3-21. Per le mutazioni circoscrizionali interne, e fra Me- 23 S. Anselmi, Contributi marchigiani agli “An- tauro e Rubicone (che nel 1811 si scambiano l’alta nali di agricoltura” di Filippo Re, in “Proposte e Ri- Valmarecchia e la bassa Valconca), v. R. Domenichi- cerche”, 14, 1985, p. 80. ni, Il dipartimento del Metauro nell’età napoleonica 24 Anonimo, in “Annali dell’Agricoltura del Re- (1808-1815). Divisioni territoriali amministrative e gno d’Italia”, t. III, lug.-set.1809, pp. 227-245. stato della popolazione, in “Atti e memorie” della 25 F. Re, Recensione a A. Rastelli, Il Dottore Deputazione di st. p. per le Marche, 92 (1987), Anco- della Villa su tutti i principali dell’agricoltura, in na 1989, pp. 463-517:488-489. “Annali dell’Agricoltura del Regno d’Italia”, t. V, 7 S. Caponetto, Pesaro e la Legazione di Urbino gen.-mar. 1810, pp.175-191. nella seconda metà del secolo XVIII, in “Studia Oli- 26 G. Giovannini, Della coltivazione della Sulla veriana”, VII, MCMLIX, pp. 75-110. nel Dipartimento del Metauro, in “Annali dell’Agri- 8 L. Dal Pane, Lo Stato Pontificio e il movimento coltura del Regno d’Italia”, t. V, gen.-mar. 1810, pp. riformatore nel ‘700, Milano 1959, p. 1. 284-288. 9 F. Bonelli (a cura), Il commercio estero dello 27 V. Miotti, Osservazioni nelle due Marche di Stato Pontificio nel secolo XIX, Roma 1961, pp.1-2. Ancona e Fermo, che formano i Dipartimenti del Me- 10 A. Caracciolo, Il porto franco di Ancona nel tauro, Musone e Tronto, in “Annali di agricoltura di XVIII secolo: crescita e crisi di un ambiente mercan- Filippo Re”, t. VII, lug.-set. 1810, p. 153. tile, in “Proposte e Ricerche”, 28, 2002. 28 G. Brignoli, Del letame di alghe e d’altre 11 Id., Le grandi fasi di sviluppo dell’economia piante marittime che viene adoperato in alcune parti delle Marche, in “Studia Picena”, XXXI, 1963. del Regno d’Italia e della Puglia, in “Annali dell’A- 12 S. Anselmi, Padroni e contadini, in Id. (a gricoltura del Regno d’Italia”, t. II, apr.-giu.1809, pp. cura), Le Marche, Storia d’Italia Einaudi, le Regioni 227-230. dall’unità a oggi, Torino 1987, p. 255. 29 Id., Dell’agricoltura del Dipartimento del Me- 13 F. Venturi. Elementi e tentativi di riforma nel- tauro, in “Annali dell’agricoltura del Regno d’Italia”, lo Stato Pontificio, in “Rivista Storica Italiana”, anno t. IX, gen.-mar. 1811, p. 221. LXXV, fasc. IV, Dic. 1963, p. 812. 30 Asp, Legazione Apostolica, Lettere della Co- 14 Dal Pane, Lo Stato Pontificio cit., p. 61. munità, 1800-1807, 1 maggio 1806, b. 2.

148 Gabriele Falciasecca Innovazioni nell’agricoltura del dipartimento del Metauro

31 R. Rossi, Montelabbate, Memorie di una Co- 43 Bop, Ascp, b. 44, 1810. munità, Urbania 2002, pp. 95-97. 44 Asp, Regno d’Italia, Vice Prefettura di Pesaro, 32 G. Pedrocco, L’economia pesarese nel corso Agricoltura, b.175, 1811. dell’Ottocento: agricoltura, manifatture industria- 45 Ivi. li, porto e commerci, in Pesaro tra Risorgimento e 46 Ivi. Regno unitario, “Historica Pisaurensia”, V, Venezia 47 Asp, Regno d’Italia, Vice Prefettura di Pesaro, 2013, p. 157. Commercio, b.181, 1811. 33 Anonimo, Sui difetti della pastorizia nel Di- 48 Bop, Ascp, b. 44, 1810. stretto di Urbino, in “Annali dell’Agricoltura del Re- 49 Bop, Ascp, b. 64, 1811. gno d’Italia”, t. XV, lug.-set. 1812, pp. 272-286. 50 Ivi. 34 F. Re, Quesiti relativi ad alcune pratiche 51 Asp, Regno d’Italia,Vice Prefettura di Pesaro, agrarie, de’ quali si chiede la soluzione, in “Annali Agricoltura, b. 175, 1811. dell’Agricoltura del Regno d’Italia”, t. XVII, gen.- 52 Ivi. mar. 1813, pp. 92-94. 53 Paci, L’ascesa della borghesia cit., p. 129. 35 F. Benigni, Sugl’insetti distruggitori di viti, t. 54 Bop, Ascp, b. 44, 1810. XVIII, in “Annali dell’Agricoltura del Regno d’Ita- 55 Asp, Regno d’Italia, Vice Prefettura di Pesaro, lia”, apr.-giu. 1813, pp. 97-158. Commercio, b.182,1811. 36 A. Bodei, G. Brignoli, Alcuni cenni sulle pro- 56 Asp, Regno d’Italia, Vice Prefettura di Pesaro, duzioni naturali del Dipartimento del Metauro, in Commercio, b. 83, 1810. “Annali dell’Agricoltura del Regno d’Italia”, t. XX, 57 Ivi. ott.-dic. 1813. pp. 176-179. 58 Bop, Ascp, b. 64, 1811. 37 O. Valeriani, Risposta ai quesiti registrati nel 59 D. Bischi, Le macine da guado, in “Proposte e volume XVII, p. 92, in “Annali dell’Agricoltura del Ricerche”, n. 23, 1989. G. Allegretti, La montagna Regno d’Italia”, t. XX, ott.-dic.1813, pp. 219-220. Tosco-Marchigiana dal guado all’emigrazione sta- 38 Biblioteca Oliveriana Pesaro, Archivio storico gionale nella crisi di fine Cinquecento, in “Proposte e comunale di Pesaro (d’ora in poi Bop, Ascp), b. 44. Ricerche, n. 20, 1988. V. Bonazzoli. Guado e scotano 1810. nell’economia pesarese tra Basso Medioevo ed Età 39 Ivi. moderna, in “Proposte e Ricerche”, n. 28, 1992. 40 Ivi. 60 Asp, Regno d’Italia, Vice Prefettura di Pesaro, 41 Asp, Regno d’Italia, Vice Prefettura di Pesaro, Commercio, b. 182, 1811. Agricoltura, b.175, 1811. 61 Zaghi, L’Italia napoleonica dalla Cisalpina al 42 R. Paci, Vecchi e nuovi vegetali per le mani- Regno cit., pp. 570-571. fatture nelle Marche napoleoniche, in “Proposte e Ricerche”, 28, 1992, p. 179.

149 La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900

di

Marco Delbianco

Risulta dai registri di epoca sforzesca tizia a Novilara è il dottor Giuseppe Rosa che il Comune di Pesaro stipendiava an- residente, a partire dagli inizi dell’800, nel nualmente un medico fisico ed un medico castello con una numerosa famiglia. Era cerusico con stipendi notevolissimi, di poco molto stimato dalla popolazione, faceva inferiori a quelli del podestà 1. Esisteva già parte del consiglio comunale, tuttavia ave- dall’antichità una netta separazione tra il va una formazione piuttosto sommaria, più medico fisico, più erudito, formato allo stu- da flebotomo che da medico chirurgo. Eser- dio della filosofia oltre che della medicina, e citò senza contestazioni fino al 1818 per il chirurgo o cerusico, considerato più arti- mancanza di medici titolati finché, dietro giano che medico, esercente un’attività ma- perentorio ordine del delegato apostolico, nuale quasi vile quale era quella di suturare il consiglio comunale elesse per chiamata il ferite, amputare arti, comporre fratture, ap- dottor Leopoldo Tortolì in possesso di rego- plicare sanguisughe e salassi. L’attività dei lare matricola. cerusici era assimilata a quella dei barbieri Oltre all’università di Roma e Bologna che in antico oltre al taglio dei capelli inci- erano abilitate a rilasciare lauree in medici- devano ascessi, toglievano verruche e altre na anche Urbino o il Collegio Nolfi di Fano, formazioni cutanee. elevato a vera e propria facoltà universitaria Nel piccolo centro di Novilara fino alla da Benedetto XIII nel 1729. Numerosi me- fine del ’700 non è documentata la presenza dici che esercitarono a Novilara, tra cui il di alcun medico residente, né fisico né chi- dottor Fradelloni e il dottor Leoni, si erano rurgo. Il Comune, tuttavia, fin dal suo sor- laureati a Fano. Secondo l’ordinamento de- gere si fece carico della salute pubblica at- gli studi del tempo la facoltà era Filosofia e traverso il finanziamento della società degli Medicina e gli autori di riferimento erano Scoriati che amministrava l’ospedale di San Aristotele e Ippocrate. I candidati alla lau- Michele 2. La società o scola degli Scoriati rea venivano esaminati su punti filosofici o Escoriati discendeva dal movimento dei tratti dalla Fisica di Aristotele e sugli Afori- Flagellanti, presente nella vicina Romagna smi di Ippocrate, considerati fino agli inizi fino agli inizi del ’400; nel tempo aveva ab- dell’800 la “Bibbia del medico”. Esistevano bandonato la pratica dell’autoflagellazione anche gli insegnamenti di Chimica, Farma- e delle grandi processioni per dedicarsi alla cia, Anatomia, Botanica e Scienze naturali cura dei poveri e al seppellimento dei morti ma mancavano il gabinetto di Fisica, l’orto derelitti. Il primo medico di cui si abbia no- botanico e soprattutto la sala anatomica. Per

150 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 questo il Nolfi abilitava solo per la bassa e scuola era senza dubbio la cifra più alta non per l’alta chirurgia. Ci sono pervenute possibile per le asfittiche finanze comunali. due tavole anatomiche, conservate presso la Questo dato dimostra come, già dagli inizi Biblioteca Federiciana, simili a quelle più dell’800, l’esigenza di garantire l’assistenza famose del De humani corporis fabrica di sanitaria ad ogni cittadino fosse prioritaria Andrea Vesalio. L’insegnamento della me- anche per i piccoli comuni. Gli obblighi dicina era affidato a sei medici di condotta inerenti la condotta e le rispettive penali operanti in città che in alcuni casi si pre- in caso di inadempimento erano riportate stavano anche per insegnamenti di Logica in un capitolato che il medico era tenuto a e Metafisica 3. sottoscrivere al momento dell’accettazione A differenza dell’odierna matricola che dell’incarico. viene attribuita agli studenti al momento Già dai primi articoli si notano i caratte- dell’iscrizione alla facoltà, allora la matri- ri di un contratto capestro: il medico aveva cola veniva concessa dopo la laurea, al ter- l’obbligo di recarsi a far visita a domicilio mine di un tirocinio pratico di due anni ed ad ogni malato che lo richiedesse e tornare equivaleva all’odierna abilitazione alla pro- a controllarlo senza ulteriore avviso fino al fessione. Esistevano una matricola medica termine della malattia. Il medico non poteva e una matricola chirurgica, e condotte medi- eccepire sulla necessità della visita e, qua- che e condotte chirurgiche, oppure medico- lora si fosse rifiutato di andare a domicilio, chirurgiche come quella di Novilara. Chi il paziente avrebbe potuto chiamare un altro fosse in possesso della sola matricola medi- medico dalla condotta vicina chiedendo il ca non poteva diventare titolare di una con- rimborso della spesa al medico inadempien- dotta chirurgica, né chi fosse in possesso di te. Questa clausola fu all’origine di nume- sola matricola chirurgica di una medica. Per rose controversie, tanto che fu modificata la condotta di Novilara occorreva possedere dopo il 1830 e completamente riformulata entrambe le matricole. Così rimase fino al agli inizi del ‘900. Emblematico è il caso di 1870 quando con l’ordinamento degli stu- un tal Romualdo Mazza che avendo la figlia di del regno d’Italia furono unificati i corsi «gravemente malata» (non si dice di cosa) universitari di Medicina e chirurgia e le ri- chiamò il dottor Fradelloni la domenica 27 spettive matricole. marzo 1831, poi ancora il lunedì successi- Il dottor Tortolì era in possesso di en- vo 5. Non essendo riuscito a ottenere la vi- trambe le matricole e già esercitava a Mon- sita, la fece visitare dal ministro ecclesiasti- teguiduccio. Non essendovi altri aspiranti, co che consigliò di chiamare un medico di per convincerlo il consiglio comunale fu un’altra condotta. Questi venne al pattuito costretto ad aumentare il magro stipendio compenso di mezzo scudo e dopo la secon- di 60 scudi annui, che attribuiva al dottor da visita la figlia migliorò. A questo punto il Rosa, a 108 scudi più 12 erogati dall’ospe- Mazza denunciò il fatto al podestà e chiese dale dei pellegrini 4. Per una professione il rimborso della spesa. Il Fradelloni rispose così impegnativa, svolta 24 ore su 24 per con una lettera alquanto piccata che 365 giorni all’anno, era un discreto stipen- dio se rapportato ai 50 scudi annui del se- se ogni individuo, in caso di legitti- gretario comunale e ai 40 del maestro di ma assenza del medico condotto, avesse

151 Studi pesaresi 5.2017

arbitrariamente la facoltà di chiamare a ti con tutta pazienza e carità e non trattarli suo capriccio un altro medico non sa- con asprezza», quindi di avere un sovrappiù rebbe sufficiente tutto il suo stipendio a di umanità e di valori morali. Quest’ulti- coprire le spese, per cui l’istante avver- mo aspetto, discendente principalmente da sario Mazza o non ritrovando il medico principi religiosi ma anche filantropici dif- o ricevendo dal medesimo una negativa fusi nell’800, contribuì a creare il concetto di accedere alla di lui chiamata, doveva di medicina intesa come missione e di me- avanzare i suoi reclami al priore e questi dico condotto come eroe infaticabile della interpellare a voce o per lettera il medi- sanità. co invitandolo a soddisfare alla chiamata Senza voler sminuire per nulla i meriti del Mazza, colla minaccia che qualora della folta schiera di medici che contribui- esso medico si fosse rifiutato di accedere rono a dare lustro alla condotta, i documen- alla medica assistenza richiesta, si sareb- ti ci mostrano spesso una realtà diversa e be venuto alla chiamata di altro medico a meno aderente all’ideale. Prendiamo ad tutte sue spese. esempio il caso del dottor Tortolì, sicu- ramente un buon medico, ma valutato in Il podestà Nicola Grazia, dopo aver con- questi termini dal gonfaloniere comunale al sultato il priore comunale il 12 aprile 1831, momento della sua rinuncia alla condotta: decretò a tempo di record che fosse «trat- tenuto sul soldo che deve percepire il dott. […] Mi è indispensabile peraltro far- Fradelloni ciò che il supplicante ha speso le conoscere le doglianze di questo Con- per avere altro professore» 6. siglio in rapporto al volubile contegno Dunque la disponibilità del medico do- del succitato dott. Tortolì, non solo per veva essere totale e incondizionata, e in essersi preso gioco del Municipio col di- caso di inadempienza scattava la sanzione. simpegnare malamente nel tempo stesso Per tale motivo aveva l’obbligo di risiedere più condotte e percepire doppi onorari, nel centro abitato e doveva essere munito di cose incompatibili, ma benanche per le cavallo con cui recarsi più celermente pos- maniere usate verso i poveri malati che sibile al domicilio del paziente; se tuttavia amaramente si dolgono. Aggiungesi il paziente risiedeva ad oltre un miglio di inoltre che il medesimo, come dissi, va distanza, aveva diritto ad un rimborso spe- a disimpegnare al presente tre condotte se da parte del paziente. Durante il servi- cioè questa sino al termine dei convenuti zio non poteva assentarsi per alcun motivo, mesi, quella delle Ville di la dall’acque nemmeno per una notte, senza il permesso di Pesaro, che più di un anno ricopre del priore e senza aver indicato un sostitu- provvisionale, e quella parimenti del det- to per le urgenze. In realtà questa clausola to Comune di qua dall’acque di cui fra non era applicata in modo rigido, il medi- giorni viene immesso al possesso come co aveva una certa libertà di movimento e stabile. Ritengasi pure che il menziona- prima di essere sanzionato di solito veniva to fisico ha sempre clandestinamente e richiamato. con raggiri esercitato un tal riprovevole Oltre alla competenza e alla diligenza, al metodo anche negli altri Comuni, il che medico era richiesto di «assistere ai mala- peraltro sarà represso dalle varie provvi-

152 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900

denze che l’Eccellenza Vostra Reveren- 1895 Mengaroni Arnaldo di Pesaro dissima sarà per prendere prima che sia 1908 Cariani Edoardo di Novara ammesso al possesso dalla Comune di 1910 Simonini Umberto di Bologna Pesaro. Mi si fa credere infine che il me- 1913 Fonzi Domenico di Lanciano desimo abbia progettato di abbandonare 1930 Giacomini Giuseppe di Montefiore Conca clandestinamente questa condotta senza 1949 Ricciarini Giulio di Fossombrone alcun professore 7. 1978 Del Bianco Giancarlo di Pesaro

Durante il governo pontificio decisa- mente rilevante era l’obbligo per il medico Sono documentate denunce anche sul «dopo la terza visita ordinare li Santissi- mancato rispetto di questo obbligo: Giovan- mi Sagramenti in quei mali che potessero ni Mazza, figlio di Romualdo citato sopra, essere pericolosi». Alla luce della dottrina denunciò il dottor Tucchi perché nonostan- cattolica del tempo chi fosse morto senza te fosse stato chiamato più volte a visitare la possibilità di confessarsi e comunicarsi alcuni ammalati, si era rifiutato di tornare a sarebbe stato condannato irrimediabilmente vederli per seguire il decorso della malattia. all’inferno, quindi alla morte eterna. Uno di questi, Giovanni Ricci, era morto senza che il medico avesse ordinato tempe- Tab. I medici condotti di Novilara stivamente i sacramenti. Il delegato aposto- lico nella sua risposta non censurò tanto la Anno negligenza del medico nel curare i pazienti quanto la omessa richiesta dei sacramenti 1800 Rosa Giuseppe per cui ordinò un’indagine per accertare i 1818 Tortolì Leopoldo fatti. Il dottor Tucchi evitò le sanzioni gra- 1826 Leoni Carlo di Cupramontana zie all’intervento di un cappellano della 1829 Franci Gregorio di Pesaro parrocchia che dichiarò di essere stato avvi- 1830 Marconi Domenico di Macerata sato dal medico ma di non di essere riuscito 1831 Tonelli Domenico di Urbania ad arrivare in tempo dal malato «prima che 1832 Lazzarini Annibale di Perugia passasse a miglior vita» 8. 1833 Zappoli Antigono Per capire l’inconsueta formulazione 1834 Bonucci Anicio di Amandola dell’ultima clausola («Sarà in obbligo di 1835 Tucchi Fortunato prestare la sua assistenza nei casi di bisogno 1837 Colussi Carlo di Serrapetrona anche negli affari di ostetricia») dobbiamo 1840 Trasarti Domenico di Ancona ricordare che fino alla fine del ’700 l’oste- 1843 Boccaccini Vincenzo di Comacchio tricia era di esclusiva pertinenza femmini- 1846 Moroni Andrea di Battaglia le. La disciplina seguiva ancora il trattato 1854 Leoni Carlo di Cupramontana di Louise Bourgeois in cui si sosteneva che 1874 Sacchetti Antonio di Bologna le ostetriche (femmes savantes) dovevano 1876 Frezza Angelo difendersi dai medici in quanto solo le don- 1878 Mancini Ulisse di Novilara ne potevano occuparsi delle donne. Quindi 1888 Santopadre Temistocle di Amelia l’obbligo del medico era di intervenire solo 1889 Martelli Gio.Antonio di Argelato (BO) se richiesto, in caso di parti complicati, di

153 Studi pesaresi 5.2017 emorragie o di sepsi puerperali. Nell’800 la mine del quale il protomedico di Roma le mortalità da parto, sia materna che infanti- conferiva il diploma. Domenica Bruscia, ci- le, era altissima; le manovre effettuate sul tata sopra, ricevette il diploma il 12 settem- nascituro in caso di presentazione podalica bre 1820 da parte del protomedico di Roma o di spalla difficilmente avevano successo Carlo Bartolomeo Porta 10. Il percorso di e il taglio cesareo si praticava solo su don- regolarizzazione delle ostetriche fu tuttavia na morta o morente. Nel caso che il bam- lungo, visto che ancora nel 1843 la lega- bino fosse anche minimamente in pericolo zione di Urbino diramava una disposizione l’ostetrica aveva l’obbligo di battezzarlo secondo la quale in ogni concorso medico poiché, secondo la dottrina del tempo, se chirurgico si imponeva all’aspirante medico fosse morto senza battesimo sarebbe stato l’obbligo di istruire gratuitamente un’oste- destinato per sempre al limbo 9. In caso di trica, onde potesse essere matricolata senza sopravvivenza il battesimo sarebbe stato doversi recare a Roma 11. Fino al 1860 non ripetuto in forma ufficiale dal parroco nei risulta che le ostetriche (o levatrici) rice- giorni successivi. vessero alcun compenso pubblico, mentre sotto il regno d’Italia, tra il 1870 e 1880, ricevevano tra le 150 e le 200 lire annue, Ostetrica condotta uno stipendio bassissimo se confrontato con quello del medico di circa 2500-3000 lire In un secolo ad alta natalità come l’800, annue. Il trattamento economico migliorò in cui i parti avvenivano esclusivamente a lievemente dopo l’istituzione ufficiale della domicilio, l’ostetrica ricopriva un ruolo sa- condotta ostetrica nel 1906 12 e l’albo delle nitario fondamentale. Il suo intervento do- ostetriche nel 1937. veva essere ancor più tempestivo di quello del medico, a qualsiasi ora del giorno e della notte, in tutti i giorni dell’anno. Di solito il Farmacista condotto mestiere era tramandato di madre in figlia, infatti vediamo operante a Novilara nella Un’altra figura sanitaria fondamentale prima metà dell’800 Domenica Bruscia e e complementare a quella del medico con- dopo di lei la figlia Teresa Orfei, in servizio dotto era il farmacista. Il primo farmacista, dal 1860 al 1890. Alla Orfei subentrò agli o meglio speziale, di cui si abbia notizia a inizi del ’900 la nuora Maria Politi e dopo Novilara è un certo Emidio Cruciani. Nella la Politi sua figlia Elisa Toni, attiva fino al seduta del consiglio comunale del 2 aprile 1965 circa. 1819 13, in cui fu eletto segretario comunale, Fino agli inizi dell’800 non esisteva al- egli fece presente ai consiglieri di «essere cuna formazione delle ostetriche né alcun fornito anche delle facoltà farmaco-chimi- controllo sulle loro capacità professionali. che» per cui sarebbe stato pronto a rifornire Intorno al 1820 il governo pontificio, in- il paese di una spezieria purché, data la ri- sieme alla matricola dei medici, introdusse strettezza del luogo, gli venisse concessa la anche la matricola per le ostetriche. Per ac- privativa. Il consiglio accettò e il Cruciani quisirla la candidata doveva saper leggere e tenne entrambi gli incarichi fino al 1825, scrivere e seguire un corso abilitante al ter- dopo di che subentrò Pietro Gai in entrambi

154 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 gli incarichi. Quest’ultimo, visti gli esigui la penicillina fu scoperta da Fleming solo ricavi, chiese e ottenne dal consiglio comu- nel 1928. Grazie alle osservazioni di Jenner, nale un contributo di quattro scudi per l’af- alla fine del ’700 si era scoperta la vaccina- fitto del locale della farmacia. zione per il vaiolo e, dopo varie resistenze, Intorno al 1820 fu introdotta la matricola verso la metà dell’800 fu resa obbligatoria anche per i farmacisti. Per conseguirla era affidandola ai medici condotti. Il comune di necessario seguire un corso di studi di due Novilara affidò la prima campagna di vac- anni e sostenere un esame finale. Per aprire cinazione, o innesto, estesa a tutta la popo- la farmacia occorreva inoltre l’aperiatur del lazione al dottor Trasarti, noto per lo zelo cardinal prefetto della Congregazione spe- e l’impegno per la pubblica salute. Questi ciale di Sanità che veniva concesso dopo nella primavera del 1842 riuscì a vaccinare un’ispezione ai locali da parte di due far- ben 170 persone, dai tre mesi ai 20 anni, su macisti delegati e una relazione del priore una popolazione di 1300 abitanti 14. comunale circa le qualità e la condotta del Si conoscevano gli analgesici come l’a- farmacista. Il primo ad ottenere l’aperiatur spirina e derivati per i dolori più lievi e la a Novilara fu Giovanni Mattioli nel 1836 morfina per i dolori più acuti. Diffuso era ma, essendo diplomato solo in bassa farma- l’uso della cocaina, importata dal Perù a cia, ebbe il permesso di condurre l’eserci- partire dalla metà dell’800, ma veniva as- zio «nella qualità di semplice spacciatore». sunta sotto forma di granuli o di bevanda Sfortunatamente l’anno successivo morì e ottenuta dalla macerazione delle foglie di la farmacia fu rilevata dal dottor Vincenzo coca. Introdotta per bocca anziché per via Cagnis di Mondolfo. Come i suoi prede- iniettiva o respiratoria, la sostanza perdeva cessori anche il Cagnis si trovò in difficoltà quasi completamente l’effetto stupefacente economiche, tanto che fu costretto a chie- perché gli alcaloidi venivano rapidamente dere un contributo al Comune minaccian- idrolizzati in composti non psicoattivi. Nel do di chiudere la farmacia. In luogo dei sei 1863 il dottor Angelo Mariani,un farmaci- scudi richiesti ne ricevette due ma dopo po- sta corso, ebbe la geniale idea di macerare chi anni fu costretto a chiudere ugualmente le foglie di coca nel vino Bordeaux ottenen- l’esercizio per la morte prematura del figlio do una bevanda dagli effetti decisamente Luigi. tonici. L’alcol associato alla cocaina infatti Riguardo alle cure dobbiamo ricordare dava origine al cocaetilene, dagli effetti so- che non esistevano importanti presidi tera- vrapponibili a quelli della cocaina iniettiva. peutici di cui disponiamo oggi, quali gli an- Il vino Mariani ebbe una diffusione straor- tidiabetici, cortisonici e antiipertensivi. La dinaria in tutta Europa e fu apprezzato da pressione arteriosa non si misurava ancora papi, re e regine finché agli inizi del ‘900 poiché lo sfigmomanometro fu introdot- non fu proibito a causa degli effetti tossi- to solo agli inizi del ’900. Non esistevano ci 15. antibiotici per contrastare temibili malattie Sul versante chirurgico le cose non an- infettive, principali cause di morte, quali davano meglio: non esisteva anestesia; la la difterite, il tetano, la sifilide ed epidemie prima anestesia con etere fu sperimenta- come quella di colera del 1855. I primi agen- ta da un dentista inglese nel 1846, per cui ti infettivi furono isolati alla fine dell’800 e era impossibile fare interventi di chirurgia

155 Studi pesaresi 5.2017 maggiore quali laparotomie o toracotomie. si banditi che, per legge, dovevano essere Non esistevano ospedali intesi in senso pubblicati in tutti i comuni dello Stato pon- moderno, né sale operatorie per cui gli in- tificio. Per cercare di attrarre i candidati nei terventi venivano effettuati a domicilio del bandi venivano inserite descrizioni accat- paziente o a casa del medico, con l’ausilio tivanti del luogo e della condotta, come si di una spugna soporifera imbevuta di oppio, legge ad esempio in un bando del comune giusquiamo e mandragola. di Novilara: «Il paese è posto in amena col- Come possiamo notare in tutti i capitola- lina vicino alle due città, Pesaro e Fano ed ti dell’800, fino al 1896 la pratica del salas- è servito da comode strade ed essendo at- so (cavar sangue) rientrava tra i doveri del torniato da vicine ville può offrire lucri al medico ed era comunemente praticato per la candidato...» 16. Nel momento in cui il neo- febbre, l’apoplessia e la cefalea, considera- eletto prendeva contatto con il territorio e ti sintomi di pletora secondo la teoria degli constatava la durezza della condotta tentava umori di Galeno. La critica al salasso iniziò in un primo tempo di ottenere miglioramen- verso la metà dell’800 soprattutto ad opera ti economici poi, appena si presentava una del fisiologo francese François Magendie, condotta migliore, si trasferiva. A tal propo- famoso per il suo motto «più persone muo- sito così scrive i dottor Trasarti al consiglio iono per la lancetta che per la lancia». Le comunale: osservazioni ed il metodo di Magendie fu- rono raccolte e sistematizzate dal suo allie- Non appena assunto il possesso di vo Claude Bernard nel trattato Introduzione questa condotta, che io riteneva di assai alla medicina sperimentale, ritenuto oggi più ristretto territorio ed assai meno po- pietra miliare della medicina moderna. polato, conobbi tosto la forza di due forti ostacoli che all’esatto servizio ed al me- dico disimpegno opponevansi, ma non Concorsi e concorrenti subito volli rinunziare all’onore conferi- tomi, lusingandomi che col fatto, indotto Uno stereotipo abbastanza comune ri- avrei questi pubblici comunali rappre- guardo al medico condotto è che conosces- sentanti a persuasione e convincimento, se ed accompagnasse i pazienti dalla culla additando loro che il peso della chirurgia alla tomba. In realtà, fatte le dovute ecce- e quello della cavalcatura a mio carico zioni, nella maggior parte dei comuni d’Ita- erano incompatibili con l’onorario di lia l’avvicendamento dei condotti era piut- scudi 142, assorbendomi dessi la metà e tosto rapido, soprattutto nella prima metà più dell’assegnato stipendio. Non vi sarà dell’800. certo alcun di questo illustre Corpo che Scorrendo l’elenco dei medici condotti non si lasci penetrare dalle ragioni espo- di Novilara notiamo come dal 1820 al 1846 ste, perché sarà sempre vero che un me- si avvicendarono una media di oltre un ti- dico non eserciterà giammai per procac- tolare all’anno, senza contare gli interini e ciarsi sol tenue e scarso vitto in mezzo i sostituti. La ragione di questo turnover è a strabocchevoli e materiali fatiche... 17. da ricercare nell’esiguo numero di medici matricolati disponibili rispetto ai concor- Di solito la rinuncia avveniva in modo

156 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 garbato, ma non mancano esempi di rinunce Dal momento in cui il medico si dimet- con vivaci rimostranze da parte del candidato teva era compito del consiglio comunale che riteneva di essere stato raggirato, come nominare un sostituto o interino che assi- nel caso del dottor Domenico Marconi: curasse l’assistenza fino alla nuova nomi- na. Pubblicato il bando e pervenute le do- Rilevo dalla medesima [lettera] che mande si riuniva nuovamente il consiglio codesto Municipio ama di avere il Fisi- per procedere alla nomina del vincitore. I co gratis, come si suol dire, poiché non titoli dei candidati venivano letti dal se- è più vero come si accennò nel Fogliet- gretario comunale poi, dopo eventuali in- to di Affissione alle Vacanze e rimpiazzi terventi e osservazioni, si procedeva alla delle condotte mediche e chirurgiche che votazione mediante il bossolo, con palle l’annuale onorario consista in scudi 150 bianche per il sì e palle nere per il no. Dif- coll’obbligo però della bassa chirurgia e ficilmente i consiglieri, dei quali oltre la non altro. Le cose in oggi cambiano af- metà non sapeva né leggere né scrivere, fatto d’aspetto. Il soldo si riduce a soli riuscivano a valutare le effettive qualità annui scudi 130 cogli oneri di visitare dei candidati, per cui la scelta era deter- gli infermi in codesto ospidale, di eser- minata per lo più dalla simpatia personale citare alta e bassa chirurgia, di tener del o dalla raccomandazione di personaggi in- proprio la cavalcatura, di prestarsi in fluenti. Per ovviare a questo inconvenien- caso di bisogno anche in affari di oste- te a partire dal 1840 furono introdotti gli tricia ecc. Possono più oltre estendersi elezionari, una sorta di commissione con i pesi per un povero professore con un il compito di valutare preventivamente i assegno così tenue e meschino? Sono candidati per poi riferire in consiglio. Il peraltro convinto del maneggio niente medico eletto restava in carica due anni lodevole, che tuttora crede mantenersi, e dopo di che poteva essere riconfermato o la lettera ufficiale che mi si è diretta può meno nella seduta consigliare di metà di- unicamente valutarsi per salvar le solite cembre, detta di S. Lucia. formalità, mentre sarebbe da mentecatto l’abbracciare una condotta come codesta senza una scorta di qualche centinaio di Dott. Paolo Mancini piastre per supplire alle necessarie spese di mantenimento. Sarebbe stato miglior In mezzo a tanta precarietà sanitaria non partito che Ella non si fosse incomoda- stupisce che il priore comunale, a nome del ta a scrivermi, poiché il Fisico Condotto consiglio, salutasse con enfasi il consegui- cerca titulus et res, e non titulus sine re mento della laurea da parte di un brillante [...] Emettendone pertanto più che volon- giovane di Novilara: taria e formale rinuncia [...] sono al som- mo dolente di non poter assecondare le I molti elogi fatti a V.S. da codesti brame di codesti comunisti augurandomi egregi Fisici Professori per l’indefesso di però più propizia circostanza per dare lei studio di chirurgia, nonché l’univer- una riprova della mia servitù e sudditan- sale applauso riscosso da codesto almo za in verso loro 18. collegio medico nel riportare, conforme

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ella fece, decorosa laurea nell’enuncia- quentò l’ospedale S. Salvatore di Pesaro 21. ta scienza, mi porgono l’opportuna oc- Il prof. Filippo Giorgi scrive di lui: casione d’avanzarle le mie più ingenue congratulazioni. Siccome poi in questa Ospedale S. Salvatore - Pesaro li 23 di lei Patria manca attualmente un chi- dicembre 1827 rurgo condotto e non vi è che un solo Io qui sottoscritto dottore in Chirur- medico, sarebbe voto comune dei miei gia, Chirurgo assistente e Priore del sud- amministrati che V.S. conseguisse quan- detto venerabile Spedale di questa città. to prima la matricola, ossia la facoltà di Certifico che il signor Paolo Mancini del libera pratica e quindi si restituisse tanto- Comune di Novilara, studente di Chirur- sto in seno alla propria famiglia, poten- gia ha per lo spazio di anni quattro, assi- do in allora giovare la Patria stessa nella duamente frequentata, eseguita in questo qualità di chirurgo venturiere, finché non Spedale la Clinica del suo maestro dott. avrà ottenuta una stabile condotta... 19. Giorgio Regnoli professore di Chirurgia, avendomi dato nel lasso del suddetto Il neolaureato era il dottor Paolo Man- tempo prove della sua premura, carità, cini (1803-1879), figlio di un valente arti- intelligenza e profitto. In fede di che...”. giano, personaggio autorevole del paese, più volte gonfaloniere. Viste le buone doti Il prof. Regnoli era stato per tre anni intellettuali del giovane, il padre aveva de- allievo del famoso chirurgo Guglielmo ciso di avviarlo allo studio della medicina Dupuytren all’Hôtel-Dieu di Parigi e ave- pensando di indirizzarlo verso una profes- va portato in Italia tecniche chirurgiche sione sicura data la grave carenza di medici. avanzatissime per l’epoca. Insieme al prof. Il suo primo maestro fu il dott Tortolì, visto Giorgi è passato alla storia della medicina sopra, che attesta per aver operato, il 3 gennaio 1822 all’o- spedale di Pesaro, una bambina di 10 anni il signor Paolo Mancini, studente di di un grosso tumore alla mandibola e per Chirurgia fin dall’anno 1820 in cui oc- averla risanata 22. L’anno successivo sempre cupava la Medica Chirurgica Condotta a Pesaro Regnoli aveva eseguito il primo di Novilara suddetta, il prelodato gio- intervento in Italia di tracheostomia 23. È vane Mancini è sempre intervenuto alle verosimile che il Mancini abbia assistito a mie lezioni di Chirurgiche Istituzioni, questi interventi in quanto interno all’ospe- Anatomia e mi ha seguitato alla visita dale. Dalle certificazioni risulta che Paolo degli ammalati di Chirurgia ed assistito Mancini ebbe come maestro anche il prof. a diverse operazioni, avendole affidato Francesco Gattei, dottore di Filosofia e Me- ancora la medicatura di piaghe, ferite ed dicina, primario chirurgo e lettore di anato- ha cavato sangue sotto i miei occhi ed ha mia a Pesaro poi nella Repubblica di San spiegato somma premura, zelo, capacità Marino il quale attesta: e talento da divenire un ottimo professo- re di Chirurgia 20 . il signor Paolo Mancini studente di Chirurgia non solo è intervenuto ed ha Dal 1820 al 1823 il Mancini anni fre- assistito a varie operazioni di alta chirur-

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gia da me eseguite ma li è stata anche af- fidata la cura successiva dei miei malati presso i quali si è dimostrato molto dili- gente e premuroso pel buon risultato, ed ho conosciuto in lui quella disposizione e quelle doti necessarie per riuscire abilis- simo professore. In fede.

Seguì inoltre le visite dei medici condotti di Pesaro dott. Giuseppe Maria Vaccai, dott. Sante Mengaroni, dott. Giacomo Salvatori e del chirurgo condotto dott. Vincenzo Ghiso- ni. Nel frattempo con la riforma degli studi operata da papa Leone XII nel 1824 con la bolla Quod divina sapientia le sedi univer- sitarie con meno di 18 cattedre, tra cui Ur- bino e il Collegio Nolfi di Fano, avevano perso il privilegio di conferire lauree. Per questo il Mancini fu costretto a trasferirsi a Roma dove conseguì la laurea in Chirurgia Figura 1 – Matricola chirurgica di Paolo Manci- il 22 giugno 1828. ni, 5 novembre 1828. Nel momento in cui arrivò all’Archigin- nasio romano erano in atto grandi innova- della diagnostica clinica, inoltre fu il primo zioni: era da poco entrata in vigore la rifor- a sperimentare il solfato di chinino nelle ma degli studi medici operata da papa Pio febbri malariche e ad usare l’olio di Croton VII, che istituiva gli insegnamenti di Cli- in alcune affezioni intestinali 24. Per la Cli- nica medica e di Clinica chirurgica, l’una, nica Chirurgica il Mancini seguì le lezioni affidata a Giuseppe De Mattheis, impiantata del prof. Antonio Trasmondi, titolare della all’ospedale di Santo Spirito in Sassia (do- cattedra e sopranumerario chirurgo dell’Ar- dici letti per gli uomini e sei per le donne); cispedale di Santa Maria della Consolazio- l’altra, diretta da Giuseppe Sisco, al San ne e SS. Maria e Gallicano. Seguì anche le Giacomo in Augusta (sette letti per gli uo- lezioni di Medicina teorico-pratica del prof. mini e sei per le donne) con libertà di scelta Pier Luigi Valentini, le lezioni di Fisiologia dei malati di qualsiasi ospedale. In sostanza del prof. Giovanni Battista Bomba e quelle la medicina, da scienza filosofica e metafi- di Medicina politica legale del professore sica, si andava trasformando in disciplina di Francesco Bernardini di Palestrina che scientifica e clinica con lezioni e sperimen- insieme costituivano la scuola di medicina tazioni al letto del malato (fig. 1). più all’avanguardia dell’epoca. Il prof. Giuseppe De Mattheis, brillan- Il dott. Mancini conseguì la matricola te clinico con esperienze all’estero (Parigi chirurgica il 5 novembre 1828 poi continuò e Spagna), fece conoscere in Italia lo ste- la frequenza fino al 15 marzo 1829 ma non toscopio di Laënnec, ancor oggi caposaldo riuscì a conseguire la matricola medica per-

159 Studi pesaresi 5.2017 ché allo scritto fu bocciato per un solo voto. vendita della foglia di gelso (allora la foglia A questo punto, forse un po’ sfiduciato, tor- di gelso era ricercata per la coltivazione dei nò a casa e il 30 aprile 1830, probabilmente bachi da seta). su suggerimento del padre, tentò di inserir- Nel caso del signor Domenico Batti- si nel concorso per la condotta di Novilara stelli, anche lui ferito, il dottor Mancini fu stipulando un accordo con il dott. Antonio costretto a ricorrere al priore per ottenere il Fradelloni 25, abilitato solo per la medicina pagamento di cinque medicazioni a domi- e bassa chirurgia, ma il tentativo non andò a cilio in cui, oltre all’importo della visita, buon fine. Fin dalle prime mosse il giovane gli era dovuta una maggiorazione visto che manifestò una personalità vigorosa e batta- l’abitazione era a oltre un miglio di distan- gliera, a tratti anche spregiudicata. Era un za dal paese. Non essendoci nulla di scritto chirurgo, libero professionista (avventurie- il paziente contestò il numero delle visite e re, secondo la glossa del tempo), ricercato Mancini non avendo elementi per contro- spesso anche dalla municipalità di Novilara battere in un primo tempo lasciò perdere. ma che rifiutava di essere considerato sem- Arrivatagli nei giorni successivi l’ingiun- plicemente un “buon samaritano”, ovvero zione di pagamento di una tassa dal Col- di prestare la sua opera gratis come gesto di legio medico di Roma tornò dal priore a carità. In questo senso è decisamente antesi- rivendicare l’onorario forse perché a corto gnano di una medicina che si delinea come di denaro. Non ottenendo soddisfazione professione scientifica-economica e rifiuta «si fece lecito denigrare il priore con ter- il ruolo di missione a cui pazienti e pubblici mini e proposizioni insolenti dette anche amministratori pretenderebbero relegarla. in presenza del segretario nella piazza di In sostanza il dottor Mancini era un buon Pesaro» 26. chirurgo che si faceva pagare quando le Il limite del dottor Mancini era di aver leggi gli riconoscevano un compenso, sen- conseguito solo la matricola chirurgica per za considerare se il paziente fosse povero cui, essendo la condotta di Novilara medi- o l’amministrazione avesse o meno soldi in ca e chirurgica, non aveva titolo legale per cassa. Significativo è l’episodio di un tale concorrere. Vi fu un tentativo nel 1833, da Tommaso Della Chiara, percosso in una parte del consiglio comunale, di ottenere gamba, che si rivolse a lui per una medi- una separazione tra la condotta medica e cazione. Il capitolato della condotta preve- chirurgica ma fu respinto dal legato ponti- deva che il medico fosse tenuto a medicare ficio. Visto il continuo susseguirsi di con- ferite e fratture ma, in caso di dolo, avesse corsi, il Mancini ebbe numerosi incarichi diritto a farsi pagare da chi aveva procura- interinali e di sostituzioni. Stabilì anche con to il danno, ovviamente previo intervento alcuni colleghi meno versati nella chirur- dell’autorità giudiziaria. Il dottor Manci- gia vere e proprie convenzioni, ma questo ni non aspettò le lentezze dell’indagine, si fu all’origine di attriti e contestazioni dal fece pagare dal paziente sia la medicazio- momento che il suo intervento non sempre ne che la relazione all’autorità giudiziaria, poteva limitarsi all’atto chirurgico senza lasciando al paziente l’onore di recuperare comportare anche risvolti medici. La conte- l’esborso. Non avendo il paziente di che stazione più rilevante avvenne nel febbraio pagare si accontentò di una cambiale sulla 1851, quando fu chiamato a visitare la mo-

160 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 glie di un tal Sante Renzi gravemente ma- stipendio a favore della vedova del collega lata, a cui in un primo tempo prescrisse una defunto. pozione angelica, ovvero soluzione purgan- Nel 1854 vi fu il concorso per l’elezione te composta di manna, cremore di tartaro del nuovo medico condotto ma sulla base e foglie di senna. Non riscontrando alcun della valutazione fatta dagli elezionari don miglioramento, dopo la terza visita ordinò i Terenzio Donati e fra’ Gaetano Garavelli, sacramenti e disse ai familiari che la malata il Mancini si classificò solo quinto. Inter- necessitava di vescicanti ma per questo era venne allora in suo favore il parroco don necessario interpellare il medico condotto, Vincenzo Ferri, deputato ecclesiastico del dottor Moroni. Il condotto, più volte chia- consiglio comunale, che propose una va- mato, si rifiutò di andare a visitare la mala- lutazione non solo per titoli ma anche per ta non intendendo assumersi responsabilità meriti ed esperienza, definendolo pubblica- altrui. A questo punto il Renzi denunciò il mente «persona pacifica, proba ed onesta»; fatto al priore e il dott. Moroni fu costretto vista l’autorità di cui godeva riuscì a farlo a prendere in cura la malata sotto minaccia eleggere in accoppiata con il dott Leoni, di sospensione dall’incarico. Fece sommi- classificato secondo e sprovvisto di laurea nistrare alla malata una limonata per il vo- in alta chirurgia 28. mito ed essa guarì, ma la denuncia pervenne Il problema del rapporto tra medico e ugualmente al legato pontificio che incari- chirurgo non era risolto ma i due profes- cò il priore di ammonire il dottor Mancini sionisti ressero la condotta senza contrasti a «non uscire più mai dalla sfera delle sue fino al 1873. Il dottor Leoni percepiva 172 attribuzioni proprie alla professione chirur- scudi annui più 10 per l’abitazione e passa- gica, avvertendolo che alla nuova prossima va 24 scudi annui al dottor Mancini: visti i mancanza verrà sottoposto a regolare pro- magri guadagni nessuno dei due si arricchì. cedura e condannato secondo le attuali leg- Tuttavia il dottor Mancini, sicuramente più gi penali» 27. intraprendente del collega, riuscì a maritare Per ovviare a questa incresciosa situa- quattro figlie con i migliori partiti del pae- zione il dottor Mancini decise di laurearsi e se, a far studiare i due figli maschi fino alla abilitarsi anche in Medicina (Bologna 6 lu- laurea e il terzo fino al sacerdozio. Il dottor glio 1852) onde poter aspirare alla titolarità Leoni invece non maritò nessuna delle due piena della condotta. figlie e morì così povero che le figlie do- L’occasione si presentò proprio l’anno vettero chiedere un sussidio al Comune per successivo poiché, nonostante la giova- traslocare le loro suppellettili a Cupramon- ne età, il dottor Moroni si ammalò e morì tana, loro città natale. nel giro di pochi mesi di idropisia genera- le. La sua famiglia, con tre figli minori, ri- mase priva di sostentamento dal momento Dott. Alessandro Mancini che all’epoca non erano diffuse forme di previdenza o assicurazione. Con un gesto Nel frattempo il figlio maggiore del dot- di grande solidarietà intervenne il dottor tor Mancini, Alessandro, si era laureato in Mancini, nominato nel frattempo a regge- farmacia a Roma il 12 maggio 1853 ed ave- re la condotta, che si decurtò di un terzo lo va rilevato la farmacia di Novilara lasciata

161 Studi pesaresi 5.2017 vacante da Pietro Gai trasferitosi a Pozzo Regno d’Italia nel 1851. Dotato di una personalità non meno forte e battagliera di quella del padre, Dopo l’Unità d’Italia non vi furono si era trovato ad affrontare nel 1855 la terri- grandi cambiamenti nell’amministrazione bile epidemia di colera che mieté oltre ses- comunale; venne escluso il deputato ec- santa vittime nel territorio comunale. Due clesiastico, carica solitamente ricoperta dal anni dopo era ancora in lite con il Comune parroco, e fu mutata la carica di priore in per il rimborso di «medicinali e suffumigi quella di sindaco, ma i consiglieri rimase- somministrati ai colerosi» 29. Era un ferven- ro gli stessi. D’altra parte le cariche non te sostenitore dello Stato pontificio tanto erano remunerate e chi veniva chiamato a che, non accettando la nuova dominazione ricoprirle non poteva rifiutarsi se non per piemontese, scrisse un sonetto denigratorio validi motivi personali. È il caso di Pietro contro il re Vittorio Emanuele e fu punito Guerrini, fratello di Domenico sindaco di con alcuni mesi di carcere. Pesaro, nominato consigliere di Novilara Negli oltre sessanta anni in cui tenne nel 1861: poco dopo rassegnò le dimissioni aperta la farmacia si scontrò costantemen- ma furono respinte all’unanimità dal con- te con le ristrettezze economiche del Co- siglio e qualche anno dopo fu eletto anche mune per cui fu costretto anche a chiude- sindaco. Per quel che riguarda il medico re l’esercizio per qualche tempo in segno condotto vi furono pochi ritocchi al capito- di protesta per i mancati pagamenti. Nel lato; nel 1878 era ancora previsto il salasso, 1880 «dopo 27 anni di esercizio farmaceu- nonostante fosse ormai una pratica residua- tico in questa disgraziata patria», riceveva le; lo stipendio subiva un certo incremento, come farmacista condotto meno di 150 in gran parte per bilanciare la svalutazione lire annue e con grande fatica riusciva a monetaria, e comprendeva anche le spese farsi rimborsare l’importo dei farmaci di- per il cavallo. Si eliminò la spesa per la sua stribuiti ai poveri iscritti nella lista comu- abitazione alloggiandolo, a partire dal 1876 nale. Per la disponibilità verso le richieste nell’ex-convento dei Gerolamini, requisito della popolazione ebbe anche contrasti nel 1861. Coerentemente con la laicità dello con i medici condotti, come ad esempio Stato fu abolito l’obbligo per il medico di il dottor Temistocle Santopadre che lo de- ordinare i sacramenti in caso di pericolo di nunciò, nel 1888, per esercizio abusivo vita del paziente. dell’arte sanitaria avendo somministrato Con l’ordinamento sanitario del Regno medicinali senza prescrizione medica 30. d’Italia venne introdotta la figura del me- Il sindaco si limitò ad un blando richiamo dico provinciale, responsabile della sanità verbale, visto che appena due anni prima pubblica, a cui furono demandate funzioni la giunta comunale gli aveva rilasciato un prima attribuite ai consigli comunali come attestato di benemerenza per aver «in di- ad esempio la gestione delle vaccinazioni. verse circostanze di assenza dei sanitari, In ogni comune venne nominato un uffi- disimpegnato l’arte sanitaria tanto in me- ciale sanitario e nei comuni piccoli, come dicina che in chirurgia con soddisfazione Novilara, la funzione di ufficiale sanitario degli amministrati e della rappresentanza venne affidata al medico condotto. Ven- comunale». ne introdotto un fondo pensioni comunale

162 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 per porre riparo ad incresciose situazioni Dott. Ulisse Mancini di fine attività e soprattutto ai casi di mor- te improvvisa del medico. I casi non erano Dopo la scomparsa del dott. Leoni la poi tanto isolati: a Novilara oltre al dottor condotta di Novilara andò incontro ad un Moroni vi era stato anche un altro medico, periodo di instabilità sia per la morte pre- il dottor Sacchetti, finito tragicamente: ot- matura del dott. Sacchetti, accennata sopra, tenuta la condotta nel 1873, all’uscita del che per la rinuncia del dott. Frezza seguita dottor Leoni, poco dopo era morto all’im- da un lungo contenzioso legale. Nel frat- provviso all’età di 59 anni, colpito da ictus, tempo si era laureato in Medicina e chirur- lasciando moglie e figli senza tutela. gia con il nuovo ordinamento accademico L’Unità d’Italia favorì certamente l’in- del Regno d’Italia, il dott. Ulisse Mancini terscambio culturale tra i medici condotti e figlio di Paolo, ed aveva ottenuto un primo la formazione di un’associazione nazionale incarico di condotta a Colbordolo. Non ri- che celebrò il suo primo congresso a Forlì uscendo il comune di Novilara ad avere un nel 1874 31. medico stabile nonostante i concorsi indet- Oltre all’esternazione del malessere ti, pensò di chiamare il neolaureato dottor diffuso nella categoria per l’inadeguatezza Ulisse. Questi in un primo tempo tergiver- dei compensi a fronte delle tante incom- sò, chiedendo un aumento dello stipendio e benze mediche e burocratiche, in que- determinate condizioni pensionistiche; poi, sto primo congresso i medici avanzarono nel dicembre 1878, accettò l’incarico per importanti richieste. Prima di tutto che le chiamata diretta, senza sostenere alcun con- scelte dei medici per le condotte fossero corso. fatte dai consigli superiori di sanità e non La sua formazione professionale era di dal «fuggevole dominio di un partito, da prim’ordine: veniva dalla scuola del prof. politiche ingerenze, dall’indecoroso pa- Cantani, innovatore dell’insegnamento cli- trocinio di un burgravio di villaggio, dal nico, che teneva le lezioni al letto dei malati supplicato favore di un feudatario in ago- e in sala di dissezione per perfezionare la nia”, perché i medici non devono essere diagnosi. Il dott. Ulisse Mancini oltre ad es- giudicati nel loro sapere da uomini, “ai sere un clinico capace era anche un attento quali fu dato il cervello sol per dormire nel osservatore, come si può notare dalla Re- cranio il sonno dell’idiota». Poi che fosse lazione sulle condizioni igienico-sanitarie stabilito un congruo compenso per il loro del comune di Novilara da lui stilata nel lavoro; infine che si stabilisse una cassa di 1880 33. In essa mise in rilievo le precarie mutualità per i medici in caso di infortunio condizioni abitative della popolazione con e di malattia, e per le vedove e gli orfani case contigue a depositi di letame; l’alimen- dei medici condotti. Quest’ultima richiesta tazione a base di cruschello di grano, farina arrivò subito in discussione in Parlamento di formentone, patate e farina di fava; l’al- e nel volgere di pochi anni si arrivò all’i- tissima mortalità infantile; lo sfruttamento stituzione a livello nazionale della Cassa del lavoro infantile a partire dagli otto o Pensioni per i medici condotti, in un primo dieci anni. Non mancò di elencare anche le tempo con iscrizione volontaria e poi ob- malattie più frequenti: febbri intermittenti, bligatoria per tutti i medici neo-assunti 32. febbri tifoidee, pleuriti, polmoniti, febbri

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don Terenzio Mosca, questi accusò il dottor Ulisse di aver sbagliato diagnosi e di aver- lo curato per una malattia diversa da quella che lo portò a morte. Come risposta il dot- tore sporse querela al Comune e ottenne il sanzionamento del becchino. Non si conoscono i motivi che porta- rono il dottor Ulisse a trasferirsi nel 1887 a Monteciccardo, poi l’anno successivo a Candelara dove esercitò fino al 1893, dopo di che andò in pensione a soli 50 anni, gra- zie ai versamenti effettuati presso la cassa pensioni comunale. Non si ritirò tuttavia a vita privata, ma assunse nel 1895 la carica di sindaco di Novilara e la mantenne, salvo una breve interruzione, fino al 1920.

Figura 2 – Dott. Arnaldo Mengaroni (1869-1933). Inizio del Novecento gastriche reumatiche, angine tonsillari, Finita la condotta del dott. Ulisse Man- difteria, coliche, gastriti, enteriti, cefalgie, cini, seguì ancora un periodo di rapidi avvi- nevralgie sotto diverse forme, tubercolo- cendamenti di medici fino alla nomina, nel si, metriti, asma, bronchiti, catarri bron- 1895, del dott. Arnaldo Mengaroni, fratello chiali, elmintiasi, pertosse. Trattandosi di del famoso ceramista pesarese. In un ver- malattie per gran parte infettive, in epoca bale consigliare dell’anno 1900 viene de- pre-antibiotica, non abbiamo difficoltà a ca- scritto come «...instancabile e rigido osser- pire come queste fossero anche le principali vatore delle leggi e dei regolamenti sanitari cause di morte. in vigore, da lui applicati con sicurezza e Nonostante esercitasse nel proprio paese prontezza sempre e dovunque imparzial- natale non era amato da tutti, aveva come mente [...] cercando sempre di conciliare acerrimo nemico il veterinario comunale la regolare esplicazione della sua attività Ottavio Ricci, che lo accusava apertamente come vigilante su la pubblica igiene con le di incapacità professionale. In occasione di finanze comunali e con le speciali condizio- una malattia del figlio Attilio, il veterinario ni sanitarie locali» (fig. 2). Dopo la laurea si rivolse al sindaco chiedendo che fosse vi- si era specializzato in Igiene, batterioscopia sitato da un altro medico. Il sindaco prese e chimica applicata alla Scuola di Sanità le difese del dottor Ulisse e invitò il veteri- militare di Firenze, sicuramente la scuola nario, se lo ritenesse opportuno, a chiamare più avanzata del Regno d’Italia, e dall’am- un altro medico a sue spese 34. Anche con il biente accademico era passato alla condot- becchino comunale non correva buon san- ta. All’epoca le carriere accademiche non gue: in occasione della morte del parroco erano rigidamente separate dalle condotte,

164 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 per cui succedeva di frequente che illustri Introdusse inoltre l’obbligo «ad ottem- clinici come Augusto Murri (1841-1932) perare a tutti gli incombenti di legge per la passassero dall’università alla condotta e cura e la profilassi della pellagra». Questo viceversa. si era reso necessario a seguito di una cir- Il dott. Mengaroni visse in un periodo colare prefettizia del 17 febbraio 1900 che di grandi progressi della medicina a livello segnalava nella provincia di Pesaro ben 100 mondiale, basti pensare agli studi di Robert decessi nell’anno 1899 per questo «terri- Koch e di Paul Ehrlich che portarono nel bile morbo causa non ultima di delitti, di 1910 alla scoperta del primo antibiotico, il suicidi e di decessi anzi tempo specie nella Salvarsan. Di conseguenza anche a livello classe laboriosa degli agricoltori». Come è legislativo nazionale vi fu un grande prolife- noto il governo Giolitti avrebbe emanato rare di leggi in materia sanitaria. Per dare or- nel 1902 una legge per combattere la pella- dine alle molteplici ordinanze ministeriali, il gra istituendo delle “locande sanitarie” che dott. Mengaroni compilò un Regolamento di offrissero ai pellagrosi poveri bagni e pasti Pubblica Igiene per il comune di Novilara completi. Anche la prefettura di Pesaro le suddividendo la materia in sette capitoli: 1) raccomandò ma i comuni, assillati da ri- Servizio di vigilanza igienica sulle bevande strettezze finanziarie, si limitarono a girare e sugli alimenti, 2) Polizia mortuaria, 3) Ser- l’incombenza ai medici condotti. vizio ostetrico, 4) Vaccinazione pubblica, 5) Il dott. Mengaroni recepì anche alcune Igiene dell’abitato e del suolo, 6) Profilas- richieste di tipo sindacale avanzate dall’As- si delle malattie infettive, 7) Delle pene 35. sociazione Medici Condotti come l’inden- Soprattutto dal sesto capitolo percepiamo il nità di anzianità nella misura di un decimo grande balzo in avanti fatto dalla medicina di aumento rispetto allo stipendio iniziale pubblica, spostata dalla cura alla preven- ogni sei anni; il diritto a venti giorni di fe- zione delle malattie in modo dettagliato e rie, pagate dal comune; la supplenza in caso sistematico. Sarà una strategia così efficace di malattia a carico del comune fino a tre che, nel volgere di soli cinquant’anni, farà mesi, prolungabili fino ad un anno in caso sparire pressoché completamente malattie di malattia per causa di servizio. Non meno molto temibili quali la peste, il colera, la importante fu l’introduzione della clausola tubercolosi, la sifilide, la difterite e la sepsi secondo cui, in caso di contenzioso, il giu- puerperale, ecc. Oltre alla medicina preven- dizio sull’operato del medico non spettasse, tiva il dott. Mengaroni pose mano anche al come per il passato, all’amministrazione capitolato della condotta, rimasto pressoché comunale ma ad una commissione prefetti- invariato dagli inizi dell’800. Eliminò final- zia super partes 36. mente l’assurda pratica del salasso, ribadì Nel luglio del 1908 il dott. Mengaroni l’obbligatorietà del concorso per accedere si trasferì a Fano andando a ricoprire l’in- alla condotta e la necessità di due anni di carico di medico del porto. Sulla scelta in- prova per acquisire la stabilità dell’ufficio fluì probabilmente il desiderio della moglie, e dello stipendio. Per garantire la sicurezza contessa Elvira Borgogelli, di ricongiun- del medico introdusse il diritto ad essere ac- gersi alla famiglia e facilitare l’accesso agli compagnato da una persona conosciuta nel- studi dei tre figli maschi nati a Novilara. le visite effettuate di notte. Suo successore fu il dott. Edoardo Caria-

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il comune venne soppresso e aggregato a Pesaro. Nel frattempo avvenivano importanti mutamenti sociali, si registravano grandi miglioramenti nei trasporti e nella viabili- tà con grande vantaggio per il medico, so- prattutto di campagna, che poteva servirsi di motocicli o dell’automobile per i propri spostamenti. Per questo motivo il comune di Pesaro decise di accorpare le condotte di Novilara e Candelara e fissarne la sede a Candelara. Il dott. Giuseppe Giacomini subentrò nel 1930 al dottor Fonzi, trasferito a Poz- zo, e resse la condotta per circa un venten- nio. Scomparve prematuramente a soli 53 anni (fig. 3). Fu rimpiazzato dal dott. Giulio Ricciarini, discendente da una facoltosa fa- miglia di Fossombrone. Instancabile lavo- ratore, con una minuscola Fiat 500 rossa si proiettava da un capo all’altro della condot- Figura 3 – Dott. Giuseppe Giacomini (1897-1950). ta senza trascurare nemmeno il più lontano dei contadini, da cui accettava volentieri ni di Novara, celibe, rimasto nell’incarico uova fresche e frutta. Auscultava ancora però solo fino al marzo 1910 perchè nomi- direttamente con l’orecchio sul torace del nato chirurgo direttore dell’ospedale di Ro- paziente e faceva visite molto accurate assi- verbella (MN). Per breve tempo rimase an- stito, specialmente negli ultimi anni, dall’o- che il dott. Umberto Simonini di Bologna, stetrica Elisa Toni che svolgeva anche fun- sposato con una farmacista di Barga (LU), zioni di infermiera (figg. 4 e 5). che ripartì nel luglio 1912 per S. Agata Bo- Il convenzionamento con l’INAM, isti- lognese. Negli anni successivi abbracciò la tuita nel 1947, e con le varie mutue miglio- carriera militare, senza trascurare la farma- rò sensibilmente la condizione economica cia (che eredi gestiscono ancor oggi a Barga dei medici condotti ma di pari passo au- e porta il nome Castelli-Simonini). mentò il loro carico di lavoro per far fronte Nel 1913 divenne titolare della condot- a richieste, spesso incongrue, di visite, esa- ta il dott. Domenico Fonzi, nato a Lancia- mi e farmaci. Infatti l’assistenza medica e no (CH) ma da alcuni anni operante a San farmaceutica offerta gratuitamente a tutti Costanzo. Gli anziani del paese lo ricorda- aumentò a dismisura la domanda di presta- no ancora, oltre che come valido medico, zioni; di fronte a richieste incongrue il dott. anche come persona di grande umanità e Ricciarini non esitava a dire: “Questo no, disponibilità. Fu praticamente l’ultimo me- non bisogna sfruttare senza motivo la mu- dico condotto di Novilara poiché nel 1929 tua”. Uscì di scena senza clamore a soli 66

166 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 anni nel novembre 1978, appena un mese prima che fosse istituito il Servizio Sanita- rio Nazionale. Con la riforma sanitaria le molteplici funzioni del medico condotto vennero at- tribuite agli uffici di igiene e prevenzione, all’ufficio di polizia mortuaria e agli uffici socio-sanitari. Agli ultimi condotti rimasti in servizio venne offerta la possibilità di scegliere tra la medicina convenzionata con il SSN e la medicina pubblica dei distretti in regime di dipendenza.

Figura 4 – Dott. Giulio Ricciarini (1912-1978).

Figura 5 – Elisa Toni, ultima ostetrica condotta.

167 Studi pesaresi 5.2017

1 Archivio Storico Comune di Pesaro (d’ora in 13 Ascp, Ex Comuni, Novilara, b. 1, p. 36. poi Ascp), Liber Reformationum, I a 31: per l’anno 14 Ivi, b. 39, “Elenco nominativo di tutti gli in- 1459 il salario del medico cerusico ammontava a lire dividui innestati dal dott Domenico Trasarti, medico 266 e quello del medico fisico a lire 400, poco meno condotto in Novilara”. di quello del podestà che era di lire 600. Ulteriori re- 15 Il Tonico Mariani è ritenuto anche precursore tribuzioni a medici sono riportate in I a 28, c. 8, 52, della Coca-Cola. Sembra infatti che il medico e far- 90, per gli anni 1463-1467. macista statunitense John Stith Pemberton si sia ispi- 2 Marco Delbianco, Il Comune di Novilara tra rato tale bevanda per creare nel 1885 la Coca Cola. ’400 e ’500 , in “Pesaro città e contà”, 21, 2005, p. 5. 16 Ascp, Ex Comuni, Novilara, b. 107, bando 3 Per maggiori notizie sul Collegio Nolfi di Fano 1873. v. Marco Belogi, L’eredità di Guido Nolfi da Fano 17 Ivi, b. 38, consiglio comunale 12 luglio 1840 giurista e mecenate alla corte dei papi, Fano 2001 18 Ivi, b. 23, prot. 87, 13 giugno 1830, lettera del e anche http://servizi1.univpm.it/sites/default/files/ dottor Marconi al priore comunale. Lettere/2005/LETTERE%202005%2006.pdf; http:// 19 Ivi, b. 19, prot. 269, 13agosto 1828. www.guardachice.tv/puntate_4_edizione/archivio- 20 La documentazione relativa alla laurea di di-stato-puntata-30/ (ultima cons. di entrambi 10 lu- Paolo Mancini è conservata all’Archivio di Stato di glio 2017). Roma, Congregazione degli studi, b. 509. 4 Ascp, Ex Comuni, Novilara, busta 1, delibera 21 L’ospedale San Salvatore nell’800 era ubicato 25/9/1818. nel borgo di Pesaro, all’incrocio tra via Mazzini e cor- 5 Il dottor Antonio Fradelloni si era laureato al so XI settembre sull’area in cui oggi sorgono le scuole Collegio Nolfi di Fano il 27 novembre 1804 con tesi Perticari. L’attuale ospedale venne costruito nel 1906: Ex Hippocrate: quando ducere oportet, Aph 21, sect Luigi Maria Bianchini, Massimo Gunelli, Pesaro e il 1; Ex Aristotele: quo circa si quis, Lib 1 Text 53. suo ospedale. Notizie storiche, Pesaro 1995. 6 Ascp, Ex Comuni, Novilara, b. 25, prot. 94, 2 22 Questi interventi destarono grande ammira- aprile 1831. zione all’epoca perché, non esistendo ancora l’ane- 7 Ivi, b. 15, prot. 187, 28 dicembre 1825, lettera stesia generale e le cure antibiotiche, le probabilità del gonfaloniere all’assessore legale G. Lugaresi. che un paziente sopravvivesse erano pochissime. Un 8 Ascp, Ex Comuni, Novilara, busta 34, prot. 159- noto chirurgo inglese del tempo diceva: «Il paziente 14/10/1835. che giace sul nostro tavolo operatorio corre maggior 9 In caso di presentazione podalica o di braccio pericolo di morte che il soldato inglese nella battaglia con pericolo che il bambino morisse durante l’espul- di Waterloo». La descrizione dettagliata dell’inter- sione, l’ostetrica lo battezzava versando l’acqua sulla vento fu pubblicata sul Dizionario Classico di Me- parte sporgente. Leggiamo nel registro dei battesimi dicina interna ed esterna: https://books.google.it/bo di Novilara: «Adì 24 gennaio 1774. N.N. figlio di oks?id=aMBQAAAAcAAJ&pg=PA595&dq=prof+ Domenico Monetti passò ieri a miglior vita alle ore filippo+giorgi&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjJwtS sedici incirca, essendo stato battezzato in una mano Uk_HSAhXJKsAKHRWCCCgQ6AEILzAE#v=on dall’Ostetrica nell’atto che fu partorito ed il suddetto epage&q=prof%20filippo%20giorgi&f=false (cons. dì è stato sepolto in questa Parrocchiale nella sepol- 10 luglio 2017). Su Giorgio Regnoli v. anche: https:// tura degli angeli. In fede Gio. Ceccoli abbate manu it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Regnoli. propria». 23 La descrizione dell’intervento è reperibile in: 10 Ascp, Ex Comuni, Novilara, b. 43. https://books.google.it/books?id=ugd0RIDlQMAC 11 Ivi, b. 49, Capitolato dott. Leoni 1853. &pg=PA79&dq=memoria+su+di+una+operazione 12 Regio Decreto 19 luglio 1906, n. 466. Nel +di+tracheotomia+regnoli&hl=it&sa=X&ved=0ah 1902 venne stilato un Regolamento per il servizio UKEwia-_Kz9_HSAhWDLcAKHdwqD3AQ6AE ostetrico del comune di Novilara ad opera del dottor IQzAI#v=onepage&q=memoria%20su%20di%20 Arnaldo Mengaroni. una%20operazione%20di%20tracheotomia%20

168 Marco Delbianco La condotta medica di Novilara tra ’800 e ’900 regnoli&f=false (cons. 10 luglio 2017). che esposto del dott. Mengaroni, b. 191, prot. 305, 8 24 Per ulteriori notizie su Giuseppe De luglio 1900. Mattheis vedi anche https://books.google.it/ 31 Renato Bettica-Giovannini, Raffaele Fla- books?id=RLRhCH-mVM8C&pg=PT2&dq=giusep minio Dondi, Il primo congresso dei medici condot- pe+de+mattheis+s.+spirito&hl=it&sa=X&ved=0ah ti italiani, tenutosi a Forlì nel 1874, e il contributo UKEwiwi7bMgo3SAhWDVxoKHeT4C4sQ6AEIST portato del piemontese Giuseppe Berruti al suo suc- AJ#v=onepage&q=giuseppe%20de%20mattheis%20 cesso, Saggi e studi di storia della medicina 4, s.i.s. s.%20spirito&f=false (cons. 10 luglio 2017) e le sue [Ciriè 1975]. L’istituzione del medico provinciale opere: Analisi delle virtù dei medicamenti, 1810; Ra- prese corpo con il r.d. 20 marzo 1865, n. 2248, all. tio Instituti Clinici romani…, 1816. C: nell’ambito del ministero dell’Interno fu costituita 25 Il dott Antonio Fradelloni si era laureato in una apposita Direzione generale della Sanità pubbli- Medicina e Filosofia al Collegio Nolfi di Fano il ca, mentre in periferia furono istituiti gli Uffici sani- 27/11/1804 con tesi Ex Hippocrate: quando ducere tari provinciali alla dipendenze dei prefetti. oportet, Aph 21, sect 1; Ex Aristotele: quo circa si 32 La Cassa Pensioni a favore dei medici con- quis, Lib 1 Text 53, ma tale istituto, non avendo la sala dotti fu istituita con legge 14 luglio 1898 n. 335, a anatomica, abilitava solo alla medicina e alla bassa cui fecero seguito le leggi 19 maggio 1907, n. 270; chirurgia. 2 dicembre 1909, n. 744; 13 luglio 1910, n. 431; 18 26 Ascp, Ex Comuni, Novilara, b. 34, prot. 116, giugno 1911, n. 543 fino al testo unico di cui alla leg- 19 luglio 1835. ge n. 1035/1939. 27 Ivi, b. 46, prot. 48, 10 febbraio 1851. 33 Ascp, Ex Comuni, Novilara, b. 122, 22 giu- 28 Ivi, b. 63, Prospetto degli esercenti sanitari gno1880; Relazione relativa alle condizioni igienico- di Novilara del 1861. Il dott. Carlo Leoni di Cupra- sanitarie del Comune (Circolare prefettizia 8 giugno montana si era laureato al Collegio Nolfi di Fano il 1880, n. 343). 17 dicembre 1818 con tesi Ex Hippocrate: coniecta- 34 Ivi, b. 144, prot. 585, 22 dicembre 1886. ri autem oportet, Aph 9, sect 1; Ex Aristotele: quae 35 Ascp, sezione Novilara, 1902. propter ex universalibus ad singularia, Lib 2 Text 4. 36 Ivi, Capitolato pel servizio della condotta 29 Ivi, b. 54, 28 settembre 1857. medico-chirurgica del comune di Novilara approvato 30 Ivi, b. 153, prot. 333, 29 maggio 1888; v. an- nel 1907.

169 Un lato oscuro del passato I frenastenici nella provincia di Pesaro e Urbino (1899-1918)*

di

Gianpaolo Ornaghi

Introduzione Urbino 2, con la quale comunicava le sue osservazioni in merito al sopralluogo da lui Nonostante la celebre avventura di Jean condotto presso l’Istituto medico-pedagogi- Marc Gaspard Itard con Victor, il “ragazzo co emiliano situato a Bertalia, presso Bolo- selvaggio dell’Aveyron”, risalisse ai primi gna, dietro richiesta della deputazione stes- anni dell’Ottocento; e nonostante questa sa. I toni della relazione erano quelli di una avesse aperto la strada ad esperienze impor- vera e propria denuncia: assenza dei medici, tanti nei decenni successivi, come quelle alloggi in cattive condizioni, vitto scarso e che permisero a Edouard Séguin di compie- inadeguato. Particolarmente significativo il re i suoi studi e perfezionare il suo meto- giudizio da lui espresso nei confronti di An- do, il destino dei bambini – e degli adulti tonio G., il piccolo degente di cui era stato – con deficit cognitivo fu, per quasi tutto il incaricato di verificare le condizioni: lo psi- XIX secolo, l’internamento manicomiale 1. chiatra affermava che questi non presentava Nell’ultimo ventennio del secolo si aprì un «la minima educabilità», come, d’altronde, dibattito che coinvolse medici, antropologi gli altri bambini inviati presso la medesima ed educatori e si realizzarono i primi ten- struttura a carico della Provincia; motivo tativi di psicologia sperimentale e di peda- per cui ne consigliava il ritiro da detto isti- gogia speciale. Tuttavia, queste pionieristi- tuto, giudicandone vane la permanenza e la che sperimentazioni rimasero circoscritte relativa spesa di mantenimento. ad una ristretta minoranza e il destino dei In una lettera successiva, in risposta più, per ragioni che tenterò di esporre più alla richiesta dello stesso presidente della avanti, rimase quello dell’esclusione e della Provincia, Alberti si esprimeva negativa- marginalità. mente circa la possibilità di allestire presso il manicomio pesarese un reparto dedicato esclusivamente ai minori frenastenici, mo- Una lettera, un sopralluogo tivandone l’impossibilità con un elenco di requisiti a suo avviso necessari ad una si- Il giorno 30 del mese di agosto, nell’an- mile soluzione, per i quali la struttura del no 1911, il direttore del manicomio provin- San Benedetto risultava assolutamente ina- ciale “San Benedetto” in Pesaro, Angelo datta 3. Alberti, inviava una lettera al presidente All’epoca dello scambio epistolare ap- della deputazione provinciale di Pesaro e pena riportato la questione dei frenastenici 4

170 Gianpaolo Ornaghi Un lato oscuro del passato era già stata introdotta nel dibattito medi- scontro nelle numerose lamentale delle co da diverso tempo: erano attivi diversi quali esiste documentazione 6 e che trove- istituti in Italia e il lavoro svolto da Maria ranno risposta nell’inchiesta che il consi- Montessori e Giuseppe Montesano a Roma glio provinciale di Bologna ordinò a segui- con i fanciulli che presentavano deficit co- to delle accuse formulate il 14 novembre gnitivi cominciava ad ottenere i primi timi- del 1912 7 da alcuni membri del consiglio di riconoscimenti 5. Tuttavia, come spesso stesso. D’altra parte lo scetticismo circa l’e- accade, allo slancio di pochi e determinati ducabilità dei piccoli degenti rispondeva a pionieri non corrispondeva necessariamen- una sostanziale presa di distanza, potremmo te una diffusione di sensibilità e competen- dire un vero e proprio disinteresse, da par- ze generalizzata ed estesa a tutto il territo- te della psichiatria coeva per affezioni che rio nazionale. La frenastenia si collocava non erano più giudicate passibili di terapia, in un territorio liminale tra ambito medico come dimostra uno scritto redatto da Ange- e pedagogico e chiamava in causa figure lo Alberti in occasione della sua nomina a professionali diverse: ora lo psichiatra, ora direttore. Nel 1912 sul periodico “Note e l’antropologo, ora, infine, il pedagogista. riviste di psichiatria”, organo interno del Figure diverse, portatrici di preoccupazioni manicomio provinciale “San Benedetto” di differenti. Pesaro, Alberti pubblicava un articolo dal Va da sé che l’opinione dominante in un titolo Le malattie mentali nella provincia di contesto come quello pesarese dovesse ri- Pesaro e Urbino in cui forniva un rendicon- sentire dell’impostazione positivistica lom- to statistico delle entrate e delle uscite, della brosiana – eredità del seppur breve periodo provenienza dei degenti dalle diverse zone di direzione del San Benedetto da parte del del territorio e delle cause di internamen- celebre alienista veronese – e dell’indulgen- to 8. Nonostante la frenastenia vantasse una za che Alberti e il collega Giuseppe Piazzi, presenza numericamente importante, egli con il quale aveva condiviso un semestre decise di non occuparsene in un paragrafo di gestione autonoma del manicomio tra appositamente dedicato, contrariamente a le direzioni di Luigi Cappelletti e Antonio ciò che fece riguardo alle altre afflizioni ri- D’Ormea, nel 1906/1907, mostravano a più scontrate. Né vi si soffermò in conclusione riprese verso le tesi della scuola criminolo- dello scritto per segnalare, come avveniva gica. L’interpretazione che si sceglieva per per le differenti cause d’internamento, pos- quel complesso di manifestazioni che rien- sibili misure profilattiche volte ad arginare travano sotto la definizione di frenastenia il fenomeno 9. (quali imbecillità, idiozia, cretinismo) finiva Sembra opportuno, a questo punto, fare per comportare opinioni circa la profilassi, un passo indietro, per meglio comprendere i trattamenti utili e le soluzioni necessarie le ragioni di questa scelta. affatto diverse da quelle verso cui si orien- tavano pedagogisti ed educatori. Risulta utile separare due elementi pre- I frenastenici. senti nelle relazioni corrisposte da Alberti: da un lato ci sono i dubbi circa la cattiva L’introduzione del termine frenastenia conduzione dell’istituto, che trovavano ri- nel dibattito medico-alienistico italiano si

171 Studi pesaresi 5.2017 deve allo psichiatra milanese Andrea Verga, resto del mondo medico, così come di quel- che nel 1877 pubblicò un articolo sulla rivi- lo politico. sta da lui diretta, “Archivio italiano per le Rispetto alla psichiatria francese, quel- malattie nervose e più particolarmente per la italiana vedeva un’affermazione quasi le alienazioni mentali”, dal titolo Frenaste- indiscussa delle teorie organicistiche nella nici e imbecilli 10, in cui l’autore esaminava riflessione circa la natura dell’alienazione quel complesso di manifestazioni quali l’i- mentale 12. Una distanza dalla scuola d’ol- diozia, l’imbecillità, il cretinismo. tralpe che si rifletteva anche nella natura e Il celebre alienista, che definiva la mate- negli intenti della prima – e per lungo tem- ria come «di interesse più del filosofo o del po principale – associazione di categoria, la naturalista» piuttosto che «del medico o del Società freniatrica italiana, marcatamente clinico» 11, motivava la scelta del termine in distinta (anche nella scelta del termine “fre- relazione a quel significato etimologico che niatria” in luogo di quello di “psichiatria”) rimandava ad una “debolezza” della mente dalla Société médico-psychologique, consi- piuttosto che ad una malattia in quanto tale, derata troppo accondiscendente al dialogo della quale venivano a mancare le caratte- con discipline umanistiche quali la filoso- ristiche osservabili di origine eziologica e fia e, appunto, la psicologia 13. L’obiettivo progressività dello sviluppo. La particola- era quello di svicolarsi dal ruolo eminen- re alterità dei frenastenici, ravvisata nella temente custodialistico e poliziesco che gli natura teratologica della loro afflizione, in psichiatri si erano visti assegnare e di farlo luogo della forma patologica della malattia attraverso la progressiva medicalizzazione mentale, ne faceva dei soggetti di difficile della disciplina e la riorganizzazione scien- inquadramento, sia dal punto di vista me- tifica delle strutture manicomiali (uno slan- dico che da quello amministrativo: laddove cio che si infrangerà contro la legge n. 36 alla malattia era opponibile una terapia, la del 1904 («Disposizioni sui manicomi e su- deformità, o mostruosità, dei frenastenici gli alienati») che, indicando quali soggetti non offriva speranza di cura, lasciando allo deputati all’internamento coloro che fosse- scienziato esclusivamente la possibilità di ro risultati «pericolosi e sé medesimi o agli educare il soggetto in questione. altri, o di pubblico scandalo», finirà per de- Questa impossibilità di cura veniva “dia- ludere proprio le componenti progressiste gnosticata” in un momento particolarmente della psichiatria coeva). delicato per la psichiatria italiana: l’ultimo Il sovraffollamento dei manicomi, che si quarto del XIX secolo può essere conside- era fatto preoccupante a partire dall’ultimo rata una fase di grandi trasformazioni, che decennio dell’Ottocento, chiamava in causa avrebbero dovuto traghettarla dal nebuloso la necessità di liberarli da coloro le cui affe- ed eterogeneo campo del primo alienismo zioni non dovevano essere più considerate ottocentesco – frammentato tanto dal punto «di competenza manicomiale»: la presenza di vista accademico-scientifico quanto da dei cosiddetti incurabili preoccupava gli quello legislativo-territoriale del contesto alienisti soprattutto in virtù dell’insuccesso post-unitario – alla dimensione di scien- cui sarebbe stato destinato qualsiasi inter- tificità cui anelava, per ottenere quelli che vento terapeutico, andando così a compro- riteneva i giusti riconoscimenti da parte del mettere ulteriormente le statistiche di una

172 Gianpaolo Ornaghi Un lato oscuro del passato disciplina la cui efficacia era troppo spesso Ungarelli, per due anni, per poi trasferirsi definita «mortificante e fallimentare» 14. a Bertalia, presso Bologna, in una struttura giudicata più adeguata ad ospitare il nume- ro sempre crescente di fanciulli inviati dalle Gli istituti medico-pedagogici. diverse province emiliane e da fuori regio- ne 20. Fu proprio questo istituto la principa- Cominciò a farsi strada la necessità di le destinazione di alcuni dei bimbi e delle edificare particolari istituti per i bambini bimbe provenienti dalla provincia di Pesaro frenastenici 15, che già potevano vantare e Urbino, qualora fossero stati riconosciu- una certa diffusione nel resto d’Europa e, ti educabili. E qualora le istituzioni locali soprattutto, negli Stati Uniti, dove Edouard avessero ritenuto di farsi carico delle spese Séguin, considerato a ragione vero pioniere di invio e mantenimento presso simili strut- in merito, aveva portato il suo metodo nel ture, nell’impossibilità – piuttosto frequente 1850, quando aveva lasciato la Francia per – delle famiglie di corrispondervi. motivi politici. Per la verità i primi centri di questo tipo Ma molti altri, ora per la gravità della a vedere la luce in Italia non furono gestiti loro condizione, ora per l’età avanzata, e pensati da medici ma da due insegnanti, il conobbero un destino diverso, senz’altro che sarà motivo di non poche riserve in am- peggiore: esclusi dall’istituzione mani- bito medico: Antonio Gonnelli-Cioni, nel comiale; impossibilitati ad un percorso 1889 presso Chiavari, poi trasferito a Ver- di educazione e reinserimento in fami- curago, e Luigi Olivero, nel 1891 a Nervi. glia o nella società; rifiutati dalle fami- Importante, a questo riguardo, fu senz’altro glie, che non potevano farsi carico della la figura di Clodomiro Bonfigli 16, psichia- loro cura, vennero destinati al ricovero tra prima a Ferrara e poi a Roma e fondatore di mendicità, il che significava una con- della Lega nazionale per la protezione dei danna dalla quale non vi era possibilità fanciulli deficienti, costituita nel gennaio alcuna di ritorno. del 1899 allo scopo di sensibilizzare il mon- do politico sul tema e di sovrintendere a ini- ziative che andavano in questa direzione, Chi erano? Le storie… nonché di vigilare circa la buona condotta delle stesse 17. Sarà utile, a questo punto, soffermarci In Emilia vedeva la luce già nell’apri- per un momento sui dati numerici di cui le del 1899 l’ Associazione emiliana per disponiamo, per comprendere quanti fos- la protezione dei fanciulli deficienti 18, cui sero i frenastenici ospitati al San Benedet- spettò la supervisione dell’Istituto medico- to e quali reali soluzioni vennero pensate pedagogico emiliano fino all’approvazione per risolvere la contraddizione della loro della legge 36/1904 19. L’Istituto veniva “ingiustificata presenza” all’interno della inaugurato nel 1899 e sarebbe rimasto a struttura manicomiale. Secondo Alberti, nel San Giovanni in Persiceto, sotto la direzio- quinquennio che va dal 1906 al 1910 le am- ne amministrativa del proprietario Socrate missioni per le categorie ascrivibili sotto la Gardini e quella sanitaria affidata a Teofilo diagnosi di frenastenia ammontavano a 64

173 Studi pesaresi 5.2017 su un totale di 921 internamenti 21. Una let- in famiglia nei loro riguardi si facesse inso- tura sistematica dei registri di popolazione stenibile, per ragioni economiche, ma anche del San Benedetto, a partire dall’anno 1900, sociali 23. ci fornisce informazioni più dettagliate sul- A partire dal 1900 la maggior parte di le condizioni di questa presenza. Un primo loro ha un’età compresa tra gli 11 e i 25 elemento da considerare è l’età media di anni alla data del primo internamento. Ci ingresso in manicomio, per i frenastenici sono ovviamente casi di persone di età in genere molto bassa. In questo senso, va superiore, ma rappresentano una minoran- tenuto conto di quanto evidenziava lo stesso za. Considerato che nei registri di popola- Alberti riguardo all’età di internamento dei zione l’età indicata è quella che i degenti degenti: avevano al momento dell’ammissione, è possibile fare alcune considerazioni circa Spesso si confonde nelle statistiche il mutamento nell’approccio a tali catego- l’età in cui il malato entra per la prima rie di infermi. Le ammissioni di minori di volta in manicomio con quella dell’e- età inferiore ai 10 anni (se ne registrano tre sordio della psicosi, mentre anche una entrati a 6 anni) risalgono prevalentemen- mediocre pratica insegna che spesso te al periodo che va dagli anni Settanta agli l’accettazione del malato coincide con anni Novanta dell’Ottocento 24; col passare l’esito della malattia: poiché non si ricor- del tempo si fece evidentemente strada la re ai nostri istituti quando, come sarebbe convinzione che non fosse opportuno inse- desiderabile, si manifestino i primi sinto- rire dei bambini in un contesto come quello mi dello squilibrio mentale, ma quando manicomiale e si preferì optare per altre so- invece la famiglia non riesce più in alcun luzioni, come testimonia il caso di Irma A., modo a sorvegliare il malato e il morbo di undici anni, fanese, ammessa al San Be- ha già provocato irrevocabili danni. La nedetto sul finire del 1904 con diagnosi di cifra quindi dell’età dice soltanto in qual «idiotismo con accessi maniaci» e trasferita periodo della vita dell’alienato la sinto- all’istituto di Bertalia il 30 settembre 1906 matologia divenne più appariscente e più con diagnosi mutata in «imbecillità grave»; antisociale 22. il 30 marzo 1905 il direttore del manicomio Michetti scrive alla deputazione provinciale Tuttavia, nel caso dei frenastenici, ci delle condizioni della bambina unitamente troviamo di fronte ad una importante ecce- a quelle di Pietro G., undicenne di Ronca- zione. Le considerazioni sulla natura tera- glia di Pesaro ammesso il 16 dello stesso tologica della loro afflizione evidenziano mese, cogliendo l’occasione per far presen- che non si può parlare di età o momento te l’impossibilità del San Benedetto di ac- della vita, in cui la morbosità prende a ma- cogliere una sezione speciale per «fanciulli nifestarsi, dato che la loro particolare con- idioti, non bastandosi di già la struttura per dizione doveva apparire evidente fin dalla adeguata terapia per gli alienati comuni», più tenera infanzia. In questo caso possiamo e consigliandone l’invio a Bertalia 25. Il 5 quindi supporre che le famiglie tendessero a luglio 1905 la deputazione provinciale de- farli ricoverare quanto prima fosse loro pos- libera il trasferimento e il pagamento della sibile, o quando il mantenimento e la cura retta presso Bertalia della bambina; nell’a-

174 Gianpaolo Ornaghi Un lato oscuro del passato dunanza ordinaria del 14 novembre 1905 se «attesa la tenera età dell’individuo [riteneva ne argomenta la necessità: che] il manicomio non poteva ritenersi am- biente adatto per esso» 28. attesocchè non esiste nel nostro Ma- In altre occasioni erano le famiglie a ri- nicomio una Sezione speciale per gli im- volgersi alla deputazione provinciale per- puberi, onde la fanciulla si trova in con- ché acconsentisse all’invio presso queste tinuo contato con altre malate di ogni età strutture. Questo avrebbe consentito loro di e condizione morale, né possono esserle non farsi carico, se non in parte, del mante- prestate quelle cure specialmente d’in- nimento dei loro congiunti 29. Era il caso, ad dole morale, che valgano a correggere il esempio, di Pietro G., per il quale il padre suo stato di infermità mentale, per cui si scriveva nel marzo del 1905: «Il sottoscrit- rende necessario il ricovero della mede- to fa domanda alla S.V. Illma perché voglia sima in un Istituto speciale, quale quel- compiacersi di mandare il proprio figlio lo di Bertalia (Bologna); la deputazione Pietro, di anni undici, nella casa di salute unanime delibera di iniziare le pratiche a Bertalia (Bologna) perché affetto da paz- per il collocamento della A. nell’Istituto zia. Sa il medesimo che colà si curano e si predetto a carico della provincia, conché custodiscono positivamente i bambini […] la famiglia sostenga la spesa di trasferi- e la prega di sollecitare perché gli è assolu- mento della fanciulla nell’Istituto 26. tamente impossibile di poterlo curare più a lungo in casa stante le sue tristissime condi- In alcuni casi furono i medici stessi a si- zioni finanziarie, e anche per tema che so- gnificare l’opportunità di trasferire in strut- pravvengano guai maggiori» 30; o quello di ture più adeguate i fanciulli, come quello Alba U., per cui la madre si rivolgeva, il 22 di Francesco C., di nove anni, proveniente agosto 1918, al presidente della provincia, da Cantiano e ricoverato al San Benedetto stretta in questo caso anche dalle contingen- il 6 novembre 1907, per il quale D’Ormea ze della guerra: scriveva, il 25 novembre, al presidente della provincia che «data l’età del C. e mancan- la sottoscritta abitante in Santa Maria do in questo Istituto una speciale Sezione delle Fabrecce di condizione povera ed per fanciulli, il medesimo non vi potrebbe avendo il marito al fronte con due figlie essere trattenuto che con suo svantaggio. di 5 anni una e l’altra di 10 quest’ulti- Prego quindi la S.V.Illma di voler iniziare ma malata da parecchi anni di epilessia, le pratiche pel trasferimento del C. suddetto visitata e curata da non pochi medici e nell’Istituto Medico Pedagogico Emiliano sempre con risultato negativo; fa istanza in Bertalia» 27. Oppure, ancora, Raffaele L., alla S.V. Illma perché voglia prendere in undicenne di San Lorenzo in Campo, «epi- considerazione questa domanda e vedere lettico con indebolimento e perturbamen- se fosse possibile a mezzo suo colloca- to mentale», che nel luglio del 1901 viene re questa povera infelice in un luogo di trasferito all’Istituto medico-pedagogico cura sotto l’alta protezione, essendo essa rmiliano di San Giovanni in Persiceto – del sempre eccitata per modo che una per- quale seguirà lo spostamento a Bertalia – su sona deve continuamente starle attorno. indicazione del direttore Michetti il quale Conoscendo per fama il suo buon cuore

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spero e confido che non mi vorrà nega- circa la contiguità dei fanciulli con pazienti re questa grande carità, tanto più che io adulti dai comportamenti «moralmente sono nella impossibilità di poter andare pericolosi», quando la scelta fosse stata più avanti 31. quella dell’invio presso il ricovero: non ci è difficile, infatti, immaginare quale fosse la Dopo qualche mese, dietro segnalazione composizione di questa istituzione, con un del direttore del manicomio presso cui si era gran numero di anziani le cui condizioni non recata per far visitare la figlia, indicava con avevano potuto che peggiorare nei lunghi maggiore precisione: «è pregato di ospitare anni di reclusione, di malati cronici che mia figlia Alba U., il sig. direttore del Ma- aspettavano di spegnersi senza gravare sui nicomio, prof. Alberti, il quale ha dichiarato loro congiunti né sulla struttura ospedaliera che ella è affetta da frenastenia grave e che del San Salvatore. Un luogo poco adatto quindi è indicato ricoverarla in uno specia- a dei minori, che non offriva neanche la le luogo di cura per malati di quel genere. possibilità di lieve svago rappresentata dal Mi rivolgo perciò alla S.V. Illma, essendo parchetto del manicomio, in cui i degenti la mia famiglia nullatenente in condizioni solevano trascorrere il tempo nella bel- poverissime per il richiamo alle armi di mio la stagione, o le uscite per le passeggiate marito U. Ferruccio, di voler comprendere o per i bagni al mare, di cui almeno sal- la mia figlia suddetta nella prima spedizione tuariamente godevano i ricoverati del San di malati all’Istituto di Bertalia, a spese di Benedetto. codesta amministrazione» 32. Rispetto al numero considerevole di mi- Dietro questi accorati appelli è facile nori che passarono per il San Benedetto e intravedere una preoccupazione da par- che si videro destinare all’inadeguato rico- te dei familiari, consapevoli di quelle che vero di mendicità, furono pochi quelli in- erano in fondo le condizioni a cui i loro viati presso gli istituti medico-pedagogici: figli sarebbero andati incontro se, non non se ne contano mai più di sei o sette nel potendo essere ammessi al San Benedet- medesimo periodo 34, considerando quelli to, fossero finiti al ricovero di mendicità, ovviamente a carico totale o parziale della considerata l’unica alternativa agli istituti Provincia. Nulla sappiamo, invece, di colo- specializzati. Le statistiche, del resto, ro che, magari perché di condizione agiata, mostrano che il ricovero era la destinazione trovarono collocazione in cliniche private o più frequente per coloro cui non veniva rimasero presso le famiglie, che potevano riconosciuta la necessità di invio presso provvedere loro con istitutori e assistenza le strutture medico-pedagogiche. Questo privati. poteva avvenire per svariate ragioni; per La prima giovane paziente che risulta l’età avanzata – l’istituto di Bertalia fissava essere stata accolta all’istituto medico-pe- l’età massima per la permanenza a quindici dagogico emiliano è Maria Guglielmina L., anni, l’Umberto I di Firenze addirittura a di quattordici anni, ammessa già il 13 otto- dodici 33 –, perché non veniva riconosciu- bre del 1899, quando il centro si trovava an- ta l’educabilità dell’infante, per semplice cora a San Giovanni in Persiceto, trasferita decisione di bilancio da parte del consiglio dal manicomio di Imola dove era ricoverata provinciale. È evidente la preoccupazione per «epilessia». Una possibile spiegazio-

176 Gianpaolo Ornaghi Un lato oscuro del passato ne della ritrosia nell’inviare i fanciulli agli talia dal 13 luglio 1901, riconosciuto affetto istituti medico-pedagogici sta nella volontà da «epilessia, con indebolimento e pertur- di fare economia da parte delle istituzioni, bamento mentale». Il 20 maggio 1903 la per le quali il mantenimento di questi indi- direzione dell’istituto, nella persona del di- vidui presso detti istituti rappresentava una rettore medico Perugia, scrive al sindaco di spesa considerata eccessiva, soprattutto se San Lorenzo per informarlo delle condizio- confrontata con quella in atto nelle struttu- ni del ragazzo, consigliandogli di prolunga- re provinciali. La retta giornaliera da corri- re il ricovero 38. L’undici giugno il sindaco spondere per i degenti del manicomio ospi- di S. Lorenzo in Campo scrive, quindi, al tati presso il ricovero di mendicità passava presidente della deputazione provincia- da lire 1.05 a 1.20 nel 1913; in tempo di le per ottenere il mantenimento della retta guerra, dati gli aumenti considerevoli subiti che, sebbene per motivi di legge sarebbe dai generi di prima necessità, se ne otteneva dovuta essere coperta dalla provincia, fino un ulteriore aumento di lire 0.15, in luogo a quel momento era stata corrisposta dal di quello richiesto di 0.40 35; per il mante- comune 39. Inizia un lungo rinvio di respon- nimento dei degenti nell’istituto bolognese sabilità, che vede il Comune e la Provincia la retta giornaliera era già nel 1913 di lire contrapporsi circa la spettanza della retta e 1.50, e continuò a salire ogni anno duran- il pagamento all’istituto degli arretrati; un te il conflitto, a cominciare dall’aumento a braccio di ferro che si protrarrà fino alla lire1.60 comunicato al termine del 1914 ed fine del 1904 40. Le parole della madre del entrato in vigore nel gennaio successivo. A ragazzo, rivolte al presidente della depu- tutto il 1915 l’amministrazione provinciale tazione provinciale per sollecitarne l’inter- si fece carico di spese corrispondenti ad una vento, ci aiutano, infine, a comprendere le media di 270-280 lire a bimestre per i fan- preoccupazioni che sorgevano al rientro dei ciulli ricoverati a Bertalia; dal 1916 la spesa ricoverati in famiglia rispetto al loro mante- media sale a 385, per continuare a crescere nimento dopo che, in qualche modo, si era fino alle 658 lire del dicembre 1916 (366 riusciti a sistemarli altrove: giornate nel bimestre a lire 1.60 al dì, più 0.20 di supplemento) e alle 969 lire del laonde si verrebbe a ciò, che l’Istitu- quarto bimestre 1917 (lire 2 al giorno) 36. Se to Emiliano non venendo soddisfatto del per i nullatenenti l’amministrazione provin- suo avere rimanderebbe a casa il giova- ciale si faceva carico dell’intera retta, per le ne. Ciò sarebbe una grave disgrazia per famiglie che venivano ritenute in grado di lui e per la famiglia, perché privo delle contribuire al mantenimento si provvedeva cure e delle attenzioni dell’Istituto, per- con una somma corrispondente al sussidio derebbe in poco tempo tutto quanto ha di colonizzazione 37, utilizzando il relativo guadagnato in questi anni che è stato fondo. ricoverato, e correrebbe anche il rischio Da questo provvedimento nascevano in di finire pazzo; mentre vi è fondata spe- alcuni casi veri e propri conflitti di compe- ranza che restando qualche altro anno tenza tra le istituzioni e le famiglie, come nell’Istituto possa guarire completamen- dimostra il caso di Raffaele L., originario di te, come nel tempo che vi è stato finora San Lorenzo in Campo e ricoverato a Ber- ha grandemente migliorato 41.

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Nell’agosto del 1905 la provincia di Pe- zione una retta di £15 mensili su quella di saro e Urbino cesserà il suo impegno circa £39 che si corrisponde al detto Istituto» 44. la corrispondenza della retta. Raffaele sarà A questo punto gli unici documenti che ri- dimesso il 1° ottobre 1905, riconsegnato ai guardano il ragazzo risultano essere la lette- suoi cari dietro richiesta della famiglia stes- ra che il direttore amministrativo dell’isti- sa, per la quale forse la spesa di manteni- tuto medico-pedagogico emiliano invia l’8 mento risultava eccessiva. maggio del 1904 al presidente della Provin- Una situazione simile può essere consi- cia per comunicare che il giorno preceden- derata quella che si verificò nei confronti di te, il 7 maggio, Giuseppe era stato «dimesso Giuseppe M., di 16 anni, ricoverato pres- in via di esperimento e riconsegnato alla fa- so il San Benedetto il 16 aprile 1903 con miglia», e le numerose richieste del fratello diagnosi di «idiotismo». Lo accompagna Luigi circa la possibilità di posticipare il pa- il fratello Luigi che, a detta dei medici che gamento di quanto ancora dovuto all’ammi- compilano l’anamnesi familiare, «mostra- nistrazione provinciale – lire 123.50 – per il si assai indifferente e poco curante della pagamento delle rette mensili. Dai fascicoli malattia dell’infermo» 42. Dalle informa- dell’istituto conservati a Bologna appren- zioni contenute nella cartella nosografica diamo che la dimissione avvenne «per do- scopriamo che è il fratello a mantenere la manda della famiglia, guarito» 45; è legitti- famiglia, della quale fanno parte la madre, mo supporre che il pagamento della retta, un altro fratello e una sorella, dopo la morte anche se parziale, fosse troppo oneroso per del padre, che «si suicidò all’età di 54 anni la famiglia, e che si sia quindi deciso di ri- senza nessuna causa nota. Vent’anni prima accogliere il ragazzo. del suicidio era affetto da periodi di forte Questioni di non poco conto quelle rela- melanconia, alternati da periodi di loqua- tive al mantenimento dei fanciulli, che po- cità eccessiva. Nei periodi di melanconia tevano essere aggirate solo nel caso in cui restava per mesi interi taciturno e rispon- qualcuno, in luogo della famiglia, avesse deva a stento» 43. Il fratello faceva, dunque, garantito per il pagamento di una parte della richiesta di poter corrispondere non più di retta. Ma anche riguardo all’iter necessario 15 lire al mese; dopo pochi giorni, però, si per l’ammissione, un conto era presentare ritenne più opportuno inviarlo altrove, non la richiesta privatamente, un altro passare essendo le sue condizioni compatibili con il per una struttura sanitaria, un’amministra- manicomio. In data 4 giugno la deputazione zione o addirittura trovare una personalità provinciale «visto l’incarto relativo al neu- influente che si fosse spesa in proposito. rastenico M.G. di Urbino, ricoverato in que- Un caso interessante in questo senso è, sto Manicomio dal 16 aprile, ritenuto essere ad esempio, quello della piccola Caseria G., necessario trasferirlo in un Istituto speciale entrata all’istituto di Bertalia l’ 11 settembre dove potrà meglio essere curato; sentito il 1905 all’età di 11 anni. Il primo settembre parere della direzione del Manicomio […] il padre scrive alla deputazione provinciale unanime delibera di inviare il M. all’Istituto perché voglia farsi carico del mantenimen- Medico-pedagogico Emiliano di Bologna, to della bambina, impegnandosi, però, per con che la famiglia provveda alle spese di quanto concerneva l’accompagnamento del- viaggio e corrisponda a questa Amministra- la stessa presso l’istituto e per il contributo

178 Gianpaolo Ornaghi Un lato oscuro del passato di lire 3 mensili. La richiesta viene redatta rio, con allegato certificato medico, che le alla presenza della contessa Giulia Selvatici sue condizioni ne consigliavano il trasferi- vedova Mariotti in qualità di garante, per la mento «in uno stabilimento per deficienti», quale l’uomo lavorava come colono. Sarà la perché «il minore, oltre ad essere refrattario contessa a provvedere al corredo necessario assolutamente al regime educativo, perché al momento dell’ammissione 46. Nonostante nulla apprende[va], mangia[va] il vetro la delibera di spesa della deputazione pro- e si trapassa[va] la lingua con aghi o se li vinciale sia del 3 agosto 1905, l’iter nella ri- pianta[va] nelle carni», rendendosi in que- chiesta di ricovero non viene seguito corret- sto modo «pericoloso per sé» e aggravando tamente, tanto che il giorno stesso dell’arrivo l’istituto di una responsabilità che non gli di Caseria presso la struttura, il primo luglio, competeva 48. Il 19 agosto 1915 il tribunale il direttore Gardini scrive alla garante con- civile e penale di Pesaro ne ordinò perciò tessa Mariotti che la bambina non può «es- «il proscioglimento dal ricovero coattivo» sere accolta regolarmente» in quanto «non è e, nell’informarne il presidente della depu- munita dei prescritti documenti voluti dalla tazione provinciale, ne sollecitava l’invio Legge… n° 36», di cui richiede dunque l’in- «nell’Istituto di Bertalia di Bologna od un vio «con la massima sollecitudine», comu- altro, non essendo possibile neppure conse- nicando che «intanto la bambina, semplice- gnarlo provvisoriamente alla madre anche mente per riguardo a Lei, rimarrà presso la perché gravemente ammalato e non po- mia famiglia finché non saranno giunti i do- tendosi prolungare la sua permanenza nel cumenti» 47. Un riguardo degno di nota, cui detto Riformatorio» 49. Sentito il parere del difficilmente la figlia di un colono avrebbe direttore Alberti, il presidente Forni esortò potuto sperare altrimenti. La giovane verrà quindi il consiglio ad approvarne il trasferi- poi trasferita da Bertalia al San Benedetto il mento presso l’istituto medico-pedagogico 14 novembre 1912, diciottenne, dove rimar- emiliano. Il ricovero al Bertalia avvenne il rà fino alla dimissione, avvenuta per miglio- 17 settembre 1915. La madre avrebbe po- ramento l’8 marzo 1914. tuto riprenderlo in consegna presso il San L’invio presso istituti specifici poteva Benedetto solo due anni dopo, il 29 agosto però essere, in alcuni casi, addirittura cal- del 1917 50. deggiato, quando la reale competenza sul minore dal punto di vista legislativo fos- se stata incerta e la sua condotta giudicata Solo bambini? problematica o potenzialmente pericolosa. Ecco che allora si riteneva più semplice Sembra doveroso accennare al destino di affidarlo ad altre strutture, che se ne sareb- coloro che non poterono giovarsi dell’invio bero così dovute fare carico. Significativo presso le strutture appositamente pensate il caso di Aldo G.: il giorno 13 dicembre per la loro condizione: parliamo, come già 1914, su proposta della regia procura, il mi- accennato, di chi trascorse la propria vita nistro dell’Interno ne ordinò il ricovero nel tra il manicomio e il ricovero di mendicità. riformatorio “Pietro Siciliani” di Bologna; Significativo, da questo punto di vista, esa- la prefettura di Pesaro-Urbino ricevette co- minare i dati circa la recidiva nei registri di municazione dalla direzione del riformato- popolazione del San Benedetto.

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I frenastenici sono quelli che mostrano il inadeguati durante i mesi invernali – e alla rischio più alto; persino rispetto agli affetti scarsità, quantitativa e qualitativa, del vitto, da alcolismo, che erano soggetti ad interna- faceva sì che le condizioni di salute dei ri- mento nelle fasi di intossicazione alcolica, coverati spesso addirittura si aggravassero dimessi non appena la manifestazione acuta anziché migliorare. Il che avveniva con una cessava, e quindi costretti ad un continuo certa frequenza se numerosi, in questo sen- dentro-e-fuori dal manicomio. Ma, nella so, risultano i casi di degenti tornati a morire maggior parte dei casi, per i frenastenici si al San Benedetto dopo pochi giorni dal riti- trattava di alternare la lungodegenza presso ro dal ricovero di mendicità, come Giuliano il ricovero, senza speranza alcuna quindi né B., ammesso al manicomio nel maggio del di miglioramento né di dimissione, a tem- 1912, all’età di tredici anni, per «idiozia», poranee riammissioni presso il manicomio, trasferito in luglio al ricovero di mendicità solitamente brevi, in occasione magari di dal quale tornerà a fine settembre per mori- una crisi che il personale del ricovero non re di «enterite acuta» il 15 dicembre dello era in grado di gestire o dell’acutizzarsi di stesso anno 53; o Crescentino M., trasferito qualche malattia fisica. È il caso di Elvira ventenne al ricovero nel 1905, rientrato una S., che tra il 1906 e il 1907 conosce tre rico- prima volta nel 1907 per poche settimane e veri al San Benedetto e tre trasferimenti al una seconda nel 1909, per morire di polmo- ricovero, dove si spegnerà il 17 settembre nite il primo febbraio 54. Dino P., all’età di 1911 51; o di Rosa D., ammessa in manico- 34 anni, è alla terza ammissione, l’ultima: mio nel 1895, trasferita al ricovero nel 1902, morirà di marasma dopo un mese dal ritiro dal quale torna una prima volta nel gennaio dal ricovero, il 26 ottobre 1914 55. E ancora del 1907, anno nel quale conoscerà altri tre Pietro S., ammesso per la prima volta quat- rientri e altrettanti trasferimenti 52. O, anco- tordicenne per «idiozia» nel 1908, inizierà ra, di Annunziata F., che dopo quarant’anni un andirivieni dal ricovero che culmine- di internamento manicomiale viene trasferi- rà dieci anni più tardi, al quarto rientro in ta, nel febbraio del 1913, al ricovero, all’età manicomio, col decesso avvenuto un mese di 51 anni, dal quale tornerà nel luglio del più tardi per tubercolosi polmonare. A que- 1916 per poi rientrarvi definitivamente nel sti vanno aggiunti i decessi di Angiola P., gennaio dell’anno successivo; o di Ida G., Rosa C., Maria D., trasferite presso il rico- dimessa, a 26 anni dalla seconda ammis- vero durante la Grande guerra e decedute di sione al San Benedetto, come «guarita» il 5 tubercolosi nel 1918 a meno di un mese dal maggio del 1917; rientrata, quindi, sei mesi rientro, «in gravi condizioni di salute» 56. dopo e trasferita in via definitiva al ricovero nell’aprile del 1918. Si aggiunga a questo che l’assistenza Sulle lacune archivistiche riguardanti prestata ai degenti non era assolutamente l’Istituto medico-pedagogico emiliano all’altezza di quella di una struttura ospeda- liera, cosa che unita alle precarie condizio- Alcune considerazioni sono rese possi- ni igieniche, all’insalubrità degli ambienti bili dalla documentazione rinvenuta presso – che mancavano di riscaldamento, con un l’Archivio di Stato di Pesaro. La totalità servizio di guardaroba e fornitura di coperte degli studi e delle ricerche precedenti in-

180 Gianpaolo Ornaghi Un lato oscuro del passato dicavano la cessazione dell’attività della sei piccoli degenti inviati dalla provincia di struttura con la supposta requisizione de- Pesaro e Urbino, di cui tre al San Benedetto gli ambienti da parte delle forze armate, e tre all’istituto di Vercurago. nel 1915 57. La fonte di tale informazione La conversione della struttura in caserma sembra essere un articolo di Angela Mori- avvenne probabilmente dopo il 1918, visto si, pubblicato sul primo numero di “Strada che nelle lettere inviate fino a quell’anno maestra” 58. al direttore del manicomio di Pesaro, dai Dai dati reperiti presso l’Archivio di deputati della Provincia e dai familiari dei Pesaro apprendiamo, invece, che l’istituto degenti, si continuava a fare riferimento a proseguì la suo opera fino a tutto il 1917, Bertalia. Paradossalmente, è stato appunto sotto la direzione, nuovamente, del proprie- grazie al materiale rinvenuto a Pesaro che tario Gardini: sue sono le comunicazioni si sono potuti colmare alcuni “vuoti crono- con cui, periodicamente, richiederà alle logici” riguardanti le vicende dell’istituto di province che lì mantenevano i fanciulli gli Bertalia; è stata una fortunata coincidenza aumenti di retta, resi necessari dal caro-vita, quella di poter incrociare i dati reperiti in in conseguenza delle vicende belliche; sua, città diverse, accomunate dal medesimo infine, l’ultima lettera presente nel faldo- interesse circa le sorti dei minori affetti da ne riguardante Bertalia, con cui, in data 29 frenastenia. agosto 1917, comunicava il trasferimento di

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* Questo contributo è un estratto della mia tesi 8 A. Alberti, Le malattie mentali nella provin- di laurea in Storia dal titolo Educare gli incurabili. cia di Pesaro e Urbino. Studio statistico e clinico sul I frenastenici nella provincia di Pesaro e Urbino quinquennio 1906-1910, in «Note e riviste di psichia- (1899-1918), disponibile per consultazione presso tria», a. XLI, 1912. l’Archivio di Stato di Pesaro e presso la Biblioteca 9 L’autore inseriva una tabella, in cui a ogni pato- Oliveriana, sempre a Pesaro, e alla quale rimando chi logia corrisponde il relativo numero di internamenti volesse approfondire le questioni relative al dibattito effettuati dal 1° gennaio 1906 al 31 dicembre 1910, Asp – Archivio di Stato di Pesaro; per un totale di 921. Al primo posto si collocava la Mp – Fondo del Manicomio Provinciale di San frenosi maniaco depressiva, da cui risultavano affetti Benedetto; 279 degenti; seguivano la psicosi alcolica (173), la Ap – Fondo dell’Amministrazione provinciale; demenza precoce (104) e la frenastenia con 64 degen- Aaepfd – Archivio dell’Associazione emiliana ti. Per intenderci, una delle maggiori piaghe tra quelle per la protezione dei fanciulli deficienti; che nell’Ottocento avevano contribuito ad affollare i manicomi, la pellagra, si fermava a 53 casi; la psicosi 1 Quella della presenza infantile negli ospedali epilettica a 51. psichiatrici fu una realtà dolorosa che ebbe fine solo 10 A. Verga, Frenastenici e Imbecilli, “Archivio con il definitivo superamento dell’istituzione ma- per le malattie nervose e più particolarmente per le nicomiale. In questo senso, illuminanti le pagine in alienazioni mentali”, XXIV, 1877, poi in Studi anato- cui Alberta Basaglia racconta del suo incontro con le mici sul cranio e sull’encefalo. Psicologici e frenia- cartelle nosografiche dei piccoli degenti del manico- trici, Mannini-Wiget, Milano 1897, vol. III, libro I, mio di Trieste, sui quali elaborò la sua tesi di laurea. Frenopatie congenite o frenastenie. Ora in A. Basaglia, con G, Raccanelli, Le nuvole 11 Ibidem. di Picasso. Una bambina nella storia del manicomio 12 V. P. Babini, M. Cotti, F. Minuz, A. Tagliavini, liberato, Feltrinelli, Milano 2014. Tra sapere e potere. La psichiatria italiana nella se- 2 Asp, Ap, Beneficenza pubblica, 1911 “Lettera conda metà dell’Ottocento, Il Mulino, Bologna 1982; del direttore del Manicomio Alberti, 30/08/1911”. R. Canosa, Storia del manicomio in Italia dall’Unità 3 Asp, Ap, “Lettera del direttore del Manicomio a oggi, Feltrinelli, Milano 1979; A. Scartabellati, A. Alberti del 27/12/1918”, b. 1289, prot. 3144. L’umanità inutile. La “questione follia” in Italia tra 4 Prendo a prestito la felice espressione utilizzata fine Ottocento e inizio Novecento e il caso del Mani- da Valeria Paola Babini nel titolo nell’importante sua comio Provinciale di Cremona, Franco Angeli, Mila- opera: V. P. Babini, La questione dei frenastenici. Alle no 2001; P. Guarnieri, La storia della psichiatria. Un origini della psicologia scientifica in Italia (1870- secolo di studi in Italia, Olschki, Firenze 1991. 1910), Franco Angeli, Milano 1996. 13 A. Tagliavini, La «scienza psichiatrica». La 5 F. Bocci, Una mirabile avventura. Storie dell’e- costruzione del sapere nei congressi della Società ducazione dei disabili da Jean Itard a Giovanni Bol- italiana di freniatria (1874-1907), in Babini, Cotti et lea, Le Lettere, Firenze 2011. al., Tra sapere e potere cit, pp. 77-134. 6 Aaepf, b. 2, Deficienti 1899-1904. 14 C. Mantovani, Rigenerare la società. L’euge- 7 La commissione di inchiesta stilò una relazio- netica in Italia dalle origini ottocentesche agli anni ne, trasmessa la consiglio provinciale il 15 marzo Trenta, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004, p. 23. 1913. Questo giudicò a sua volta «di far cosa gradita 15 Tra i primi a lanciare un appello in questo a tutti gli Enti che manten[evano] fanciulli deficienti senso, segnalando il ritardo italiano rispetto ad altri nell’Istituto di Bertalia e […] di inviare a ciascuno di paesi, lo stesso Enrico Morselli, Le scuole per i fan- detti Enti una copia della relazione», consultabile in ciulli idioti ed epilettici, “Rivista della beneficenza Asp, Ap, Beneficenza pubblica, b. 1245, “Relazione pubblica e degli istituti di previdenza”, 1880, fasc. di della commissione d’inchiesta sull’Istituto Medico- agosto. pedagogico Emiliano”. 16 La Lega potrà annoverare tra i suoi più entusia-

182 Gianpaolo Ornaghi Un lato oscuro del passato sti sostenitori lo stesso ministro dell’istruzione Guido 23 Va segnalato in questo senso che molte richie- Bacelli, che «diramava nel Febbraio 1899 una circo- ste di ammissione inviate da genitori ai medici del lare, inspirata a nobili e razionali criteri scientifici ed San Benedetto, ma anche dai sindaci di piccoli co- educativi, ai Prefetti e alle Autorità scolastiche, rac- muni, facevano leva sulla questione dello «scandalo» comandando di favorire in ogni modo gli intenti della che i propri congiunti suscitavano con i loro compor- Lega Nazionale, e cioè la protezione, l’educazione e tamenti disordinati, o del pericolo morale cui andava- l’istruzione dei deficienti, sia con classi aggiunte alle no incontro per la possibilità che qualcuno approfit- comuni scuole, sia con Istituti speciali, ed ordinava tasse di loro. Cfr. Asp, Mp, “cartelle nosografiche”. intanto corsi speciali e conferenze sulla istruzione dei 24 I registri di popolazione consultati per il pre- frenastenici nelle scuole Normali maschili e femmi- sente lavoro vanno dal 1900 al 1918. I dati ricavati nili, onde tutti i futuri Maestri conoscessero i metodi per il periodo precedente sono quindi relativi ai de- speciali a tal uopo richiesti»: A. Tamburini, L’odierno genti ancora presenti nel 1900, divenuti ormai a tutti movimento in Italia per la cura e l’educazione dei fre- gli effetti dei lungodegenti, e non si conoscono perciò nastenici, in «Rivista sperimentale di freniatria», vol. i dati statistici sul totale degli ammessi antecedente- XXV, fasc. II, 1899 p. 5. mente, dai quali vanno sottratti i dimessi, i trasferiti 17 Nascevano così, con incredibile solerzia, co- e i deceduti. Mi sembra comunque che questo non mitati in diverse regioni d’Italia: a Firenze Eugenio vada ad inficiare la considerazione secondo cui col Tanzi dava il suo contributo all’iniziativa del duca passare degli anni e col mutamento della sensibilità Leone Strozzi, che porterà alla creazione del primo sull’argomento, parallelamente all’istituzione dei Istituto toscano per bambini tardivi diretto da Euge- centri educativi per l’infanzia, le ammissioni per i più nio Modigliano, in seguito trasferito a Firenze col piccoli venissero rifiutate quando possibile, destinan- nome di Umberto I; a Torino il professor Marro apri- do gli stessi ora ad apposite strutture, ora al ricovero va l’Istituto medico-pedagogico torinese. di mendicità. 18 Tamburini, L’odierno movimento cit., p. 5 25 Asp, Ap, Beneficenza pubblica, b. 1245. Tamburini fornirà un elenco delle associazioni e delle 26 Ivi. iniziative nate prima del1899, data di pubblicazione 27 Ivi, prot. 4581. del suo contributo, tra cui figura, oltre ai citati, anche 28 Ivi, fasc. “L. Raffaele”. il Sottocomitato alla Lega Nazionale di Milano. Per 29 L’Istituto Medico-pedagogico Emiliano era le strutture menziona l’istituto di Gonnelli-Cioni, già privato e per l’ammissione era sufficiente la compi- trasferito a Vercurago; l’Istituto Medico-pedagogico lazione delle apposite «module informative» e del Emiliano, di San Giovanni in Persiceto; l’Istituto To- questionario anamnestico che venivano inviati a scano di Settignano, ancora non ubicato quindi a Fi- coloro che ne facevano richiesta. Potevano inviare i renze ma nelle vicinanze (e, naturalmente, non intito- pazienti quindi enti pubblici o direttamente i privati lato a UmbertoI); la “Casa di cura ed educazione pei e le famiglie, facendosi carico insieme alla fornitura fanciulli di agiata condizione in Roma”, diretta dal del corredo necessario, minuziosamente descritto nel De Sanctis, oltre alla “Scuola Segatelli pro Idiotis” «programma» allegato, della retta di mantenimento. di Milano e all’Asilo-scuola per i fanciulli deficienti Il fatto quindi di rivolgersi agli organi provinciali af- poveri di Roma, fondata sempre da De Sanctis. finché ne provvedessero l’invio era motivato esclusi- 19 Con la legge Sui manicomi e gli alienati il com- vamente dalla impossibilità economica di molte fami- pito di sovrintendere a queste strutture passava dalle glie alla corrispondenza della retta mensile. associazioni locali agli organi centrali dello Stato. 30 Ivi, fasc. “G. Pietro” 20 Dai 64 ospiti del primo anno si passò ai 221 31 Ivi. del 1902, saliti a 230 alla fine dello stesso anno. 32 Ivi. 21 Alberti, Le malattie mentali nella provincia di 33 Aps, Ap, beneficenza pubblica, b. 1245 Pesaro e Urbino cit. 34 La difficoltà di un conto preciso dei degenti è 22 Ibid., p. 54 data dalle gravi lacune archivistiche che riguardano la

183 Studi pesaresi 5.2017 struttura bolognese. Sappiamo, ad esempio, che fino 40 Ivi. al primo conflitto mondiale la provincia di Pesaro e 41 Ivi. Urbino opterà per l’invio solamente presso l’Istituto 42 Asp, Mp, “Usciti e morti”, 1903, b. 615. medico-pedagogico emiliano. Il fondo relativo a que- 43 Ivi. sto istituto è custodito presso l’archivio storico della 44 Asp, Ap, Beneficenza pubblica, b. 1245, “M. “Associazione emiliana per la protezione dei fanciulli Giuseppe”. deficienti”, ubicato a Bologna in via della Rondine. 45 Aaepf, b. 2, Deficienti 1899-1904. Utile per ricostruire la genesi dell’associazione emi- 46 Asp, Ap, Beneficenza pubblica, b. 1245, “G. liana, attraverso una ricca corrispondenza fra le im- Caseria”, prot. 3107. portanti personalità che vi contribuirono; le carenze 47 Ivi, prot. 3253 sono più gravi per quanto riguarda l’istituto in sé. 48 Asp, R. Prefettura di Pesaro-Urbino, Ufficio Sono presenti solamente due faldoni, in cui mancano provinciale di pubblica sicurezza, n° 1285, div P.S., i registri delle presenze successivi al 1904, come ogni sez. II. altra informazione successiva alla direzione di Giu- 49 Asp, Ap, Beneficenza pubblica, 1917, b. 1245, lio Cesare Ferrari. Una parziale ricostruzione è stata prot. 3511. possibile quindi incrociando i dati ivi contenuti con 50 Ivi, prot. 2705 quelli presenti all’Archivio di Stato di Pesaro, quan- 51 Asp, Ap, Beneficenza pubblica, “comunicazio- do possibile perché vi si trovano fascicoli relativi ai ne decesso di S. Elvira”, 1911. diversi invii, altrimenti desumendo il numero delle 52 Asp, Mp, “Registri di popolazione”. presenze dalle rette approvate di volta in volta dalla 53 Ivi. deputazione provinciale. 54 Asp, Mp, “Usciti e morti”, 1909 35 Asp, Ap, Beneficenza pubblica, delibera 2839, 55 Ivi, 1914 b. 1289. 56 Ivi, 1918. Cfr. anche quanto già accennato sul 36 Ivi, “bilancio provinciale”, b. 1245. trasferimento dei degenti sfollati presso il ricovero 37 Si consideri in questo caso che il sussidio di predisposto da Alberti. colonizzazione corrisposto alle famiglie per sopperire 57 Babini, La questione dei frenastenici cit.; Boc- all’internamento di un padre o un marito, che col suo ci, Una mirabile avventura cit.; v. anche www.risme. lavoro avrebbe rappresentato una importante fonte di provincia.bologna.it/mente-salute-mentale-percorsi/ sostentamento per il nucleo familiare, ammontava a storia-infanzia-bologna/istituto-medico-pedagogico- non più di 15 lire mensili. emiliano.html. 38 Asp, Ap, Beneficenza pubblica, b.1245 “L. 58 A. Morisi, L’Istituto medico-pedagogico emi- Raffaele” liano di San Giovanni in Persiceto, in “Strada mae- 39 Ivi. stra”, 1, 1968, pp. 86-95.

184 Nel cinquantesimo della morte del compositore Piero Giorgi

di

Paolo Peretti

1. Premessa dire da musicisti e musicologi, dovremmo attendere chissà quanti anni ancora prima di La celebrazione degli anniversari di na- risentirne il nome. Ora che la sua parabo- scita e morte di personaggi più o meno illu- la umana e professionale si è conclusa da stri, che si distinsero nei vari campi del sa- mezzo secolo, si è ormai acquisita quella pere e delle arti, è oggi quanto mai in auge minima distanza prospettica indispensabile tra i “riti” civili della memoria collettiva; a un oggettivo inquadramento della sua po- ma si può dire che tali anniversari siano sizione ed attività nel Novecento musicale tanto meno utili quanto più noti al pubblico italiano, che egli ha attraversato per l’intera sono i celebrati. Nel settore musicale, per sua prima metà, segnandola operosamente portare un solo paradossale esempio, avreb- con pregevoli prodotti artistici. be ben potuto passare sotto silenzio il recen- L’occasione di riscoprire il compositore te bicentenario della nascita di Verdi (2013) Piero Giorgi mi è stata generosamente of- senza danno alcuno per il Cigno di Busse- ferta un paio di anni fa da un suo discen- to: cosa che naturalmente non è avvenuta, dente, l’omonimo nipote ing. Piero Giorgi 2. benché non abbia accresciuto di una virgo- Questi, dopo lunghe vicissitudini che qui la la fama di questo illustre… conosciuto. non conta riferire, ha riunito ed oggi custo- Ignorare invece l’anniversario del 2017 in disce nella propria abitazione di Fano il pre- relazione al personaggio qui trattato, pra- zioso archivio musicale superstite dello zio ticamente ignoto ai più, sarebbe davvero (ne resta il grosso), dopo averne doverosa- colpevole e ne aumenterebbe lo svantaggio; mente segnalato l’esistenza alla Soprinten- questo perché, pur avendo egli avuto in vita denza archivistica per le Marche; la quale, a occasioni favorevoli per farsi apprezzare, sua volta, ne ha ufficialmente dichiarato nel post mortem non c’è stato più nessuno a 2014 l’interesse storico e, di conseguenza, promuovere la sua musica, che così è ca- decretato la tutela. Il mio interessamento duta con lui nella generale dimenticanza 1. per la musica di Giorgi si è dapprima ap- Sembra dunque opportuno, soprattutto in puntato sul poema sinfonico In Val d’Astico questa sede, suscitarne la memoria, poiché (1924 circa), poi sugli inserti poetici mu- si tratta di un’autentica “gloria” pesarese, sicati dal compositore per la pièce teatra- d’adozione se non di nascita. Infatti, se per- le La rupe delle vergini (1961) di Antonio durasse la scarsa o nulla attenzione finora Galeazzo Galeazzi. Su questi argomenti ho a lui rivolta dagli “addetti ai lavori”, vale a pubblicato due recenti articoli, da cui sono

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principalmente tratte le notizie qui riporta- te in sintesi; ad essi rimando sin d’ora per eventuali approfondimenti 3.

2. La vita

Carlo Piero Giorgi (ma il primo nome, sebbene registrato all’anagrafe, fu di fatto da lui stesso lasciato cadere nell’uso quoti- diano e artistico) nacque a Montecassiano (MC) il 3 marzo 1897 da Giorgio, calzolaio, e Maria Teresa Fiordispini (fig. 1). Rimasto presto orfano di padre, fu educato da uno zio che, notando la sua predisposizione per la musica, gli fece frequentare il liceo mu- sicale Rossini di Pesaro; qui, nel luglio del 1923, conseguì il diploma di Composizione sotto la guida di Amilcare Zanella (Mon- ticelli d’Ongina 1873-Pesaro 1949), allo- ra direttore dell’istituto. Nel frattempo, il giovane era stato chiamato, appena dician- novenne, ad assolvere al servizio militare durante il periodo critico della Prima guer- Figura 1 – Piero Giorgi (Archivio privato ra mondiale. Come soldato del 69° Reggi- P. Giorgi). mento Fanteria della Brigata Ancona, fu in Val d’Astico, fronte di combattimento in provincia di Vicenza: per questo, nel 1928, fu insignito della Croce al merito di guer- ra. L’esperienza ebbe riflesso anche nella dimensione artistica, ispirandogli il poema sinfonico in tre tempi In Val d’Astico, che – più tardi, nel 1934 – avrebbe ottenuto il primo premio durante le celebrazioni dei «Grandi marchigiani» 4 (diretto per la prima volta da Bernardino Molinari nel liceo mu- sicale di Pesaro, fu ripreso l’anno seguente, sempre sotto la stessa bacchetta, all’Augu- steo di Roma). Dopo un primo periodo trascorso nella natia Montecassiano, dove animò la vita musicale dirigendo per circa un decennio

186 Paolo Peretti Nel cinquantesimo della morte del compositore Piero Giorgi la locale scuola di musica, egli ottenne i il Premio di operosità stabilito per quell’an- primi incarichi didattici nell’istituzione in no, con la seguente motivazione: «Musici- cui a suo tempo si era formato, chiamato sta sensibile, ha rivelato nelle sue opere te- sin dal 1935 da Zanella a insegnare Cultura atrali e sinfoniche qualità di una particolare musicale generale nel liceo pesarese. Poi- poetica che lo hanno favorevolmente qua- ché tale incarico gli fu riconfermato anche lificato nei confronti del pubblico e della negli anni successivi, nel 1937 decise di critica». Sempre negli anni ’60, Giorgi fu trasferirsi definitivamente a Pesaro con la presidente dell’Unione cattolica artisti ita- famiglia: nel frattempo, infatti, si era sposa- liani (UCAI), e organizzò una «Esposizione to con Laura Ciampinelli di Montecassiano, di codici musicali antichi» nella sede della da cui nel 1927 ebbe l’unica figlia Giorgia, Prefettura di Pesaro, allestita dal musicolo- detta Giorgetta. Alla fine del 1940, il liceo go Antonio Garbelotto, allora bibliotecario musicale pesarese fu trasformato in conser- del conservatorio pesarese. Nel 1965, su in- vatorio statale di musica; Giorgi vi tenne carico della Fondazione Rossini di Pesaro, ininterrottamente la cattedra di Armonia, Giorgi curò la revisione di musiche inedite contrappunto e fuga (dal 1951 incaricato di Rossini (la cantata Giovanna d’Arco e anche dell’insegnamento di Composizione), altre musiche di ispirazione religiosa), pub- insegnando pure Strumentazione per banda blicate nell’XI dei “Quaderni rossiniani” negli anni 1945-48. Dal 1960 al 1962, anno editi dall’ente. Fu questo uno dei suoi ultimi in cui fu collocato a riposo, insegnò Armo- impegni. Dopo breve malattia, il musicista nia, contrappunto e fuga presso il conserva- morì il 3 agosto 1967, durante il ricovero torio di S. Cecilia a Roma 5. Negli anni ’50, presso l’ospedale di Pesaro. È stato sepolto, insieme ad Antonio Veretti, allora direttore a cura del Comune, nella cappella dei pesa- del conservatorio pesarese, e ad altri inse- resi illustri del cimitero cittadino. gnanti dello stesso, fu tra i fondatori a Pe- saro dell’Associazione giovanile musicale (A.GI.MUS), per la diffusione della musica 3. L’ambiente pesarese tra i giovani; con gli stessi, inoltre, per in- centivare la vita musicale e culturale citta- A Montecassiano, dove nacque e operò dina, promosse la costituzione della Società nella prima parte della sua carriera musicale dei concerti di Pesaro. Fu impegnato anche autonoma, Giorgi non è oggi dimenticato, sul fronte sindacale della professione, risul- almeno nominalmente: una lapide in suo tando già dal 1941 segretario interprovin- onore è stata posta nella piazza principa- ciale del Sindacato nazionale musicisti e, le del paese e a lui sono state intitolate la nel 1960, segretario regionale dello stesso; banda e la corale cittadina. Ma la vita in- in tal veste, si batté a favore dell’istituto tellettuale e musicale della Montecassiano musicale “Pergolesi” di Ancona, di cui fu degli anni 1920-1930 doveva risultare an- anche direttore sulla soglia degli anni ’60, gusta e poco soddisfacente per il giovane ma con scarso successo per il disinteresse compositore, naturalmente teso verso am- delle autorità preposte. bienti più vivaci e stimolanti. Così, spesso Il 9 giugno 1960, il presidente della Cas- egli tornava a Pesaro, dove aveva studiato sa nazionale assistenza musicisti gli conferì ed era conosciuto e stimato, per confrontar-

187 Studi pesaresi 5.2017 si con i suoi antichi maestri e con colleghi l’operato, nel campo delle lettere e delle musicisti come Riccardo Zandonai, ancor arti, di nuove personalità che ebbero un prima che subentrasse a Zanella nella guida certo contatto con i fermenti del 900 ita- dell’istituto. Frequenti anche sue puntate a liano […] Ci si riuniva, la sera, a casa del Roma, dove aveva altri amici ed estimatori: maestro Giorgi occupando su sedie e di- da Antonio Galeazzo Galeazzi 6, letterato e vani quasi tutto il piccolo appartamento. librettista delle sue due prime opere, al cri- Ero il più giovane ma posso dire che que- tico d’arte Remigio Strinati 7; ciò al fine di sti amici musicisti e uomini di lettere e di promuovere l’esecuzione pubblica, presso teatro conservavano uno spirito giovanile enti come l’EIAR o teatri come l’Augusteo, faceto, mordace non privo talvolta di un di sue composizioni di ampio respiro, qua- certo rigore crtitico. Una figura pittore- li i melodrammi e i poemi sinfonici (per le sca, personaggio sceso da un D’Annun- opere liriche, però, avrebbe dovuto attende- zio migliore, era il Maestro Michetti 8. re ancora decenni per vederle eseguite sulle […] Nell’ambiente serale di cui ho detto, scene: v. par. 4, 1). emergeva però su tutti la singolare figura Non appena dunque gli si presentò l’oc- del padrone di casa, cioè il musicista Pie- casione di prendere residenza a Pesaro, con ro Giorgi. Avrebbe meritato d’essere de- la prospettiva della stabilità dell’insegna- scritto da Palazzeschi e Buzzati insieme. mento, Giorgi vi si trasferì con la famiglia Avrebbe lasciato al primo la frange del in una palazzina, poi demolita, di via Van- suo portamento da bohèmien, quell’aria zolini 24 (la sua ultima abitazione si tro- d’eterna scapigliatura pucciniana, quel- vava invece in viale Trento 40). Nei primi la sua figura alta, pallida, allampanata, anni ’40, subito dopo la guerra, Pesaro era fragile, riluttante a sopportare il benché un centro dinamico e in espansione; vi fio- minimo peso di una fatica materiale ma riva anche la vita intellettuale, perché lette- tuttavia in possesso di una tesa volontà rati, pittori e musicisti amavano ritrovarsi in di uomo che non ammette mollezze e locali pubblici e cenacoli privati. Significa- adescamenti; così l’aneddotica dei suoi tivo, in proposito, un articolo di Nino Caffè vincoli familiari, la moglie, la dolce si- (Alfedena 1908-Pesaro 1975), nel quale il gnora Laura, allora appena quarantenne, pittore abruzzese naturalizzato pesarese (si rinunciataria a espansività e possessi era trasferito nella città sin dal 1930) rievo- coniugali, la bellissima Giorgetta, sua fi- ca quelle che erano allora le serate culturali glia, che gli sgusciava tra le gambe come che si tenevano nell’abitazione dello stesso un gattino, sua cognata Ottorina pazien- Giorgi: te, remissiva, pronta a spalleggiare ogni dissidio familiare. Al secondo [Buzzati] Pesaro, città a cui devo – io nati- avrebbe consegnato un certo ghigno che vo d’Abruzzo – la mia formazione, era metteva a nudo la sua dentatura, un sorri- non dico la piccola Atene della Marche, so di prammatica e di difesa con il quale perché non è il caso di scomodare tanto accoglieva i nuovi ospiti, ascoltandoli o nome, ma certo era un centro di cultura salutandoli dopo la visita. In realtà il suo aperto a nuovi contesti civili appunto per vero «io» era contratto e lontano dietro l’incontro dei valori tradizionalisti con lo scudo della sua riservatezza, assorto

188 Paolo Peretti Nel cinquantesimo della morte del compositore Piero Giorgi

ai suoi casi, ai suoi malanni, alle sue ne- vrosi, alla catena fluttuante delle note che andava fermando nella mente e poi sul pentagramma, ultimo lavoro, questo, che assolveva con scrupoloso impegno pro- fessionale. In questo spazio che poneva tra sé e il resto del mondo si accavalla- vano cose urtanti, assurde, imprevedibili: soqquadri a cui soltanto la moglie si era ormai assuefatta per abitudine 9.

Nino Caffè fu grande amico di Giorgi e lo ritrasse più volte, anche in vignette semi- caricaturali pubblicate su periodici e fogli a diffusione locale, sempre con l’immanca- bile sigaretta accesa pendente dalle labbra (fig. 2). Eseguì anche un ritratto della figlia Giorgetta adolescente, il quale, esposto alla XXII Biennale di Venezia del 1940, meri- tò un «premio-acquisto» nientemeno che da re Vittorio Emanuele III (donde il titolo dell’articolo parzialmente riportato sopra). Ma Giorgi fu in rapporto anche con al- tri pesaresi d’elezione, animatori della vita culturale cittadina. Per sottolineare quanto l’intellighenzia pesarese del Novecento sia Figura 2 – Vignetta di Nino Caffè raffigurante stata debitrice a tali “oriundi”, basterà ri- se stesso (a sinistra) e Piero Giorgi (Archivio cordare, per esempio, i librettisti delle sue privato P. Giorgi). ultime opere liriche (v. par. 4, n. 1): l’av- vocato e commediografo Antonio Conti (Acqualagna 1897-Pesaro 1968) e l’attore e impresario teatrale Annibale Ninchi (Bolo- gna 1887-Pesaro 1967), cugino della più ce- lebre attrice anconetana Ave Ninchi (morta nel 1997). E non basta: fu uno di essi anche il poeta Francesco Nicosia 10, di cui Giorgi metterà in musica cinque liriche nei Canti a Pesaro (v. par. 4, n. 3).

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4. L’opera ra e nel contempo al romanzo Leila di An- tonio Fogazzaro, ne restano altri due (deve La produzione del compositore, almeno considerarsi perduto un poema sinfonico da quanto è attestato dal suo archivio mu- giovanile su Cyrano de Bergerac, citato in sicale superstite (solo poche opere ivi non una lettera di Giorgi a Galeazzi del 1926 presenti, ma indicate in elenchi redatti dallo come composto l’anno prima): Cipressi a stesso autore, non sono state ancora localiz- San Leopardo (o Davanti a San Leopardo), zate e potrebbero essere andate disperse), è di ispirazione leopardiana 12, che fu diretto qualitativamente di rilievo e varia, benché da Zanella durante le celebrazioni del Poeta non molto copiosa, se paragonata a quella tenutesi a Recanati nel 1937 (poi nel 1939 di altri compositori a lui contemporanei: al teatro Adriano di Roma, direttore Bernar- basti pensare, per esempio, al maceratese dino Molinari), e Due paesaggi marchigia- Lino Liviabella (1902-1964), direttore del ni (Fonte malata, Forchetta del diavolo), conservatorio di Pesaro dal ’53 al ’59, il cui radiotrasmesso dall’EIAR nel 1943; cinque catalogo conta più di 270 titoli 11. serie di Incontri, sorta di suite di brani per Giorgi ha praticato diversi generi e for- grande orchestra, che sono tra le sue più me musicali, che possiamo classificare nel- originali e avanzate creazioni sinfoniche le seguenti categorie generali. “pure” (v. in proposito le osservazioni al 1) Opere liriche. Quattro in tutto, le pri- par. 5). Si ricorda anche «Tempo di danza» me due su libretto di Antonio G. Galeazzi: - Passo d’addio, dato la prima volta a San l’opera in due atti La tota d’i fra’, terminata Severino Marche nell’agosto del 1935 sot- nel 1926 (conosciuta anche come L’ostessa to la bacchetta di Zandonai, ripreso dieci de’ fra o L’ostessa di Prà), e La morte del anni dopo (17 giugno 1945) nel concerto pastore (o La morte di Enipeo o Il pasto- celebrativo della vittoria delle forze alleate, re e la Ninfa o, semplicemente, Il pastore), all’auditorium “Pedrotti” di Pesaro. compiuta nel 1927, che sarebbero però state 3) Musica da camera: liriche per voce e rappresentate sulla scena solo molto più tar- piano, come Sei liriche (due su poesie del di: la prima a Bergamo (teatro “Donizetti”, Pascoli, le altre di un certo Ferroni) e i Can- 1954), la seconda a Recanati (teatro “Per- ti a Pesaro su testi di Francesco Nicosia (v. siani”, 1965) e a Jesi (teatro “Pergolesi”, par. 3, in fine); brani per pianoforte solo, 1966). Ad esse vanno aggiunti gli atti uni- come Cinque preludi, Quattro espressioni ci Il valico, su libretto di Antonio Conti, e per pianoforte, Notturno e Scherzo (presen- Villon, su libretto di Annibale Ninchi, che tato nel 1937 alla IV Rassegna nazionale di ottennero congiuntamente il primo premio musica contemporanea di Roma); musica al Concorso nazionale opere nuove Benia- cameristica per pochi strumenti, come Due mino Gigli di Recanati, nel cui teatro furo- tempi per violoncello ed arpa (Zanibon, no per la prima e unica volta rappresentati Padova 1967), che però altro non è che il nel 1963. Poemetto per violino e pianoforte (dedica- 2) Musica sinfonica per grande orche- to al violinista Franco Novello), di cui esi- stra. Oltre al già citato poema sinfonico In ste anche una versione per viola e piano, Val d’Astico, ispirato ai luoghi conosciuti che forse rappresenta la primitiva stesura durante la sua esperienza della Grande guer- (ante1955), ecc.; oppure per piccola orche-

190 Paolo Peretti Nel cinquantesimo della morte del compositore Piero Giorgi stra, come Cinque piccole fiabe e Quattro 5. Lo stile musicale novellette per Pinettina, per orchestra d’ar- chi, ed altro. Ma com’è, o meglio, come suona la 4) Musica polifonica sacra e profana, musica di Giorgi? Dopo la morte dell’au- solo vocale e vocale-strumentale, tra cui: la tore, non risulta che sia stata più eseguita in tripartita Piccola sinfonia corale, a 4 voci pubblico con brani che andassero al di là di dispari a cappella, su testi latini tratti dalla qualche breve pezzo. Benché io abbia avuto Bibbia (eseguita molte volte con successo in la possibilità privilegiata di sfogliare alcune Italia e all’estero: Francia, Spagna, America delle partiture di Giorgi, è tuttavia diffici- del nord); quattro Messe da una a 4 voci, di le farsene un’idea precisa sulla base della cui una dedicata alla Madonna di Loreto, e sola lettura mentale. Un “muto” esame di altri brani liturgici o d’ispirazione religiosa, tali non facili partiture non riesce a rendere, come Il cantico di Frate Sole e l’oratorio in se non attraverso una fervida immaginazio- quattro parti Pentecoste, per baritono, coro, ne uditiva interiore, quale potrebbe essere organo e orchestra, su testo latino di mons. quella di un direttore d’orchestra, gli aspetti Giuseppe Guzzini; sul versante profano, i timbrico-espressivi che invece si mostrano Cori per l’Antigone di Sofocle (1953), un- subito come uno degli elementi fondamen- dici brani a 4 voci a cappella su testi in ita- tali della cifra stilistica del compositore. liano, e un Preludio e due Interludi per La Dall’estrema cura della scrittura musicale rupe delle Vergini di Galeazzi, su versi del- e dalle finezze di orchestrazione di Giorgi, lo stesso (la pièce, ambientata nella rocca infatti, si manifesta subito una sua partico- di San Leo in epoca medievale, non fu mai lare attenzione verso questi parametri della rappresentata). composizione musicale. 5) Musica per organo solo, parte della Tuttavia, lo stile di Giorgi si può intui- quale pubblicata dall’editore Zanibon di re; proverò pertanto a formulare prudente- Padova dal 1960 al 1965, come le tre Suite mente una provvisoria ipotesi di studio da per organo solo (la terza dedicata al Natale), verificare e approfondire in futuro. E cioè e un Preludio e toccata per grand’organo; che linguaggio e stile di Giorgi siano quelli ma ne resta altra ancora inedita. di un autore che ha piena coscienza della 6) Infine, last but not least, musica di co- propria – problematica per quanto inelutta- lonne sonore cinematografiche; su questo fi- bile – posizione di precario equilibrio nel lone, dal 1938 fino ai primi anni ’50, Giorgi voler coniugare le emergenti novità musi- collaborò con registi oggi dimenticati, quali cali del XX secolo con la grande tradizio- Duilio Coletti, Vittorio Vassarotti, Luigi Zam- ne del passato, a cui non vuole comunque pa e Primo Zeglio, realizzando le colonne so- rinunciare. Infatti sembra potersi cogliere, nore per una decina di film, tra cui La sposa su un inevitabile sostrato tardo-romantico del re (1938), Il fornaretto di Venezia (1939), e decadentistico infiltrato di venature im- Capitan Fracassa (1940), La maschera di pressionistiche, un moderato innesto di no- Cesare Borgia (1941), Il mercante di schiave vità novecentesche, tuttavia lontane dagli (1942), L’abito nero da sposa (1945), Geno- eccessi delle più radicali avanguardie; la veffa di Brabante (1947), Ha da venì... Don dodecafonia, per esempio, sembra del tutto Calogero! (1951) 13. estranea al linguaggio musicale di Giorgi.

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Ma questo e altri aspetti andranno attenta- che si riscontrano solo nei veri ed auten- mente analizzati per mettere a fuoco lo stile tici ingegni 14. personale del compositore. Del resto, che esso stile fosse pienamen- E, in verità, lo Svampa colse nel giusto te formato e inconfondibile, se n’era accor- nel lasciare aperta la porta a futuri sviluppi to sin dai primi anni ’40 un musicista com- stilistici «giorgiani». A mio avviso, infatti, paesano di Giorgi, Ottorino Svampa (nato una serie di importanti composizioni sinfo- a Montecassiano nel 1907 e diplomatosi niche per grande orchestra intitolate Incon- anch’egli a Pesaro), che ebbe acutamente a tri (solo in un paio di casi questo titolo è scrivere: applicato a brani solistici: uno per organo, l’altro per pianoforte; ma verosimilmente Piero Giorgi è un aristocratico della si tratta di riduzioni: non per nulla chiama- musica. Prima di fissare sulla carta un no in causa strumenti polifonici) sono da colore, come il pittore sulla tela, prova considerarsi particolarmente significative e riprova sino a che non gli salta fuori della poetica e della ricerca creativa del quello atteso, che solo il cervello sapeva Giorgi più maturo, quello degli anni ’50. dove era nascosto. Con un susseguirsi Si tratta di almeno cinque diversi assetti di di pennellate leggere e pesanti, chiare e pezzi articolati in forma di suite: il numero scure di tinte, forma quadretti, presen- dei brani contenuti in ciascuno di essi va- tando meriggi festosi, tramonti mesti, ria fino a un massimo di quattordici, a volte scenette campagnole, danzatrici allegre, contrassegnati dalla semplice indicazione beoni, caricature e tante altre espressio- agogica (Lento, Vivace, Mosso, Sostenuto ni sane, ove il sentimento è così aperto, molto, ecc.), altre volte, invece, corredati che, sebbene possegga una tavolozza da un’ulteriore specificazione di genere, dal spigliata, come voli di rondini, le sue nome di alcuna delle forme della tradizione signorili finezze riescono a commuove- musicale del passato più o meno recente: re, perché sa raggiungere effetti inten- Corale, Fuga, Valzer, Ostinato, ecc. Il tito- samente vissuti. Ma la sua caratteristica lo di Incontri, solo apparentemente vago, è il giuoco acrobatico: qui troviamo la in realtà è emblematico: secondo un musi- personalità. È inconfondibile, frutto di cologo dell’epoca, che non è escluso abbia un lavoro di anni, maturata con lo svi- ricevuto l’informazione dallo stesso Giorgi, luppo intellettuale e conquistata con «essi giustificano il loro titolo nel deside- la piena fiducia nell’avvenire. Giorgi rio del loro autore di tentare la combinazio- non deve considerarsi musicista in for- ne (l’incontro) fra la musica tradizionale e mazione: possiede già una fisionomia quella “più spericolata”» 15. Ciò consente al inconfondibile, netta. In seguito potrà compositore di articolare, di volta in volta, certamente dire parole nuove: ma il suo una sorta di “contenitore” a struttura aperta lessico è così ricco di vocaboli giorgia- (i brani, volendo, si potrebbero rimescola- ni, per cui non possiamo nascondere la re, intercambiare, aggiungere, eliminare) in sua arte fresca e convincente, portatasi cui sviluppare, con grande libertà formale e di colpo all’attenzione della critica, per creativa, peculiari contenuti e diversi per- aver racchiusa in sé meriti eccezionali, corsi musicali.

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In conclusione, lo stile di Giorgi risulta sono scaturire solo dall’autenticità di un’e- dal convergere di diverse circostanze ogget- secuzione palpitante e viva delle sue opere; tive e soggettive della vita e della carriera esecuzione artistica – che sarà anche, ne- del compositore: cessariamente, doverosa restituzione filolo- a) la sua posizione storico-artistica che, gica – da cui non si potrà prescindere, che coincidendo con la prima metà del Nove- nuovamente traduca i segni in suoni, in quei cento, lo ascrive di necessità a quella schie- suoni concepiti e voluti dall’autore. Insom- ra innominata e ibrida di compositori che – ma, le musiche di Giorgi dovranno essere nel quadro della storia della musica italiana eseguite fedelmente, con gli organici di vol- – si pone a mo’ di cuscinetto tra la cosiddet- ta in volta previsti. Solo allora, e solo così, ta “Generazione dell’Ottanta” (ancora al- esse potranno essere vagliate dal giudizio quanto unitariamente considerata, per certe di pubblico e critica, congiunto a un’indi- tendenze comuni ai suoi vari esponenti) e le spensabile valutazione tecnico-estetica del- ormai sempre più disperse generazioni suc- le opere musicali nella loro integrale e più cessive, fatte invece di isolate personalità autentica dimensione formale e “poietica”. emergenti, ciascuna tesa alla ricerca di una propria “via” alla contemporaneità; b) la sua stessa formazione artistica, 6. Retaggio artistico avvenuta sotto l’egida degli ultimi epigoni dell’Ottocento tardoromantico postwagne- A conclusione di questo profilo biografi- riano e dei primi cauti sperimentatori dei co di Piero Giorgi, breve ma fondato su dati numerosi “ismi” novecenteschi (impressio- positivi, è opportuno sottolineare anche che nismo, decadentismo, verismo, neoclassici- egli si dedicò con passione e competenza smo, ecc.), da Mascagni a Zanella a Zan- all’insegnamento, istruendo nel Conserva- donai, solo per citare tre compositori che torio “Rossini” di Pesaro – lo stesso istituto hanno avuto a che fare con l’ambiente pesa- in cui aveva a suo tempo studiato – una fitta rese di Giorgi, e che sicuramente lo hanno schiera di allievi: non va infatti dimenticato influenzato; il riflesso della sua incisiva azione didattica, c) la personalissima ed intima, verosi- che ha aiutato a far emergere e sviluppare milmente anche sofferta, scelta di vivere originali talenti musicali nelle più giovani una vita privata e professionale riservata, generazioni. nell’ambiente (circoscritto, ma non certo Per citare alcuni valenti musicisti mar- sterile sul fronte culturale, come si è visto chigiani che hanno studiato nel Conservato- nel par. 3) della provincia pesarese dell’e- rio pesarese con Giorgi, si ricorda: Riziero, poca. Da questo insieme di fattori, fors’an- in arte Riz, Ortolani (Pesaro 1926-Roma che da altri che ci sfuggono, tra cui la preca- 2014), famoso per aver composto colon- ria salute fisica, deriva la natura soprattutto ne sonore di numerosi film, tra cui spicca “autoreferenziale” della produzione musi- quella di Fratello sole, sorella luna di Zef- cale di Giorgi. firelli (1972); Giacomo Bellucci (Recanati Ma le mille sfumature delle raffinate 1928-Pesaro 2015), prolifico composito- atmosfere sonore di volta in volta create re e direttore di alcuni conservatori italia- dall’acuta sensibilità del compositore pos- ni; Sauro Sili (Pesaro 1922-Sassocorvaro

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1991), direttore di varie edizioni del Fe- e la valente pianista Luisa De Sabbata (Pe- stival di Sanremo nei primi anni Sessanta, saro 1920-ivi 1983), che nei suoi concerti nonché autore di canzoni come Io tu e le amava eseguire brani pianistici di Giorgi. rose e Tu sei quello, portate al successo da Resta infine la musica di Giorgi, conser- Orietta Berti; Silvio Zanchetti (Fano 1923- vata nell’archivio che il nipote, l’ing. Piero ivi 2002), direttore del Coro polifonico ma- Giorgi, sarà ben lieto di aprire alla consulta- latestiano; Mauro Porfiri (Corinaldo 1924- zione degli studiosi e dei musicisti interes- ivi 2015), fondatore in loco del Gruppo sati a conoscere e valorizzare la produzione corale polifonico intitolato a Piero Giorgi e del compositore. Questo prezioso patrimo- direttore della banda Città di Jesi. Natural- nio, salvato dalla dispersione e dall’oblio, mente questi non sono i soli, e vi si contano attesta l’originale apporto di un valente pure rappresentanti del gentil sesso, quali compositore marchigiano che appartiene a Ada Melica (all’anagrafe Addolorata, Pesa- un Novecento musicale ormai consegnato ro 1920-ivi 1982), attiva come musicologa alla storia, ma sempre vivo nella dimensio- che ha dedicato particolari studi a Rossini, ne atemporale dell’arte.

194 Paolo Peretti Nel cinquantesimo della morte del compositore Piero Giorgi

1 Il solo repertorio musicale moderno che con- (Urbino, Recanati, Ancona, Senigallia, Ascoli Pice- templi Giorgi è il Dizionario enciclopedico univer- no) con la partecipazione di uomini politici e letterati sale della musica e dei musicisti/ Le biografie, Utet, famosi dell’epoca. Per l’occasione, fu bandito anche Torino 1986, vol. III, p. 210, che gli dedica una voce un concorso musicale dalla Confederazione naziona- di redazione di poche righe, non senza imprecisioni le artisti e professionisti, che premiò il lavoro sinfo- nella segnalazione delle opere. A differenza di altri nico di Giorgi. musicisti della sua generazione, Giorgi non è stato in- 5 Non si conoscono precisamente le motivazioni serito nel Dizionario biografico degli italiani dell’I- di questo strano trasferimento a fine carriera, soprat- stituto dell’Enciclopedia Italiana “G. Treccani”. tutto per una persona “sedentaria” e attaccata al suo 2 Egli, in questi ultimi anni, ha anche promosso ambiente come Giorgi. Esso fu forse determinato non alcune manifestazioni per ricordare suo zio. Una a Pe- tanto, o non solo, dal fatto che proprio in quegli anni saro, nel pomeriggio dedicato a Giorgi presso l’Acca- la figlia Giorgetta si trasferiva a Roma per motivi di demia “Tebaldi-Del Monaco” dove, il 28 aprile 2012, lavoro, quanto probabilmente da difficoltà di rapporti l’ing. Giorgi ha tenuto una relazione sul musicista, umani e professionali sorte all’interno del conserva- integrata da altre due di Gilberto Calcagnini e Iva- torio pesarese tra lui e qualche collega, forse il nuo- na Baldassarri, che hanno rievocato la figura di Nino vo direttore Rito Selvaggi (Noicattaro 1898-Zoagli Caffè, mentre la pianista Paola Mariotti ha eseguito 1972). Ma questa resta per ora una semplice ipotesi dal vivo alcuni brani di Giorgi. L’altra a Montecassia- da verificare. no, all’interno delle celebrazioni per la Grande guerra 6 Nato a Nocera Umbra nel 1891, morì a Roma svoltesi nel palazzo dei Priori il 17 maggio 2015, che nel 1970. Trasferitasi a Cingoli la famiglia (il padre ha visto gli interventi dell’ing. Giorgi, sulla vita e l’o- Reginaldo vi esercitava la professione musicale), An- pera dello zio, e dello scrivente sul poema sinfonico tonio si diplomò in ragioneria a Macerata, iscrivendo- In Val d’Astico; nella stessa giornata è stato eseguito, si poi all’università di Roma, ma senza conseguire la nella locale Collegiata, il Cantico di frate sole dalla laurea. Nel 1922 vinse un concorso drammatico con Corale “Piero Giorgi” di Montecassiano, diretta dal Le nozze di Frine. Pubblicò anche raccolte di racconti prof. Augusto Cingolani. e poesie. Nel 1928, il suo dramma Pan e Siringa fu 3 P. Peretti, Il patriottismo nelle opere di com- scelto per le rappresentazioni teatrali nel teatro antico positori marchigiani dall’Unità d’Italia alla Grande di Siracusa; ma poiché l’autore non era iscritto al par- guerra, in “Studia Picena”, LXXX, 2015, pp. 371- tito fascista, l’opera non fu rappresentata. Nel 1947, 427 (cap. «Piero Giorgi, compositore-soldato in Val con il Colombo senza vele, ottenne il riconoscimento d’Astico», pp. 406-424); Id., Musiche inedite di Piero della critica a livello nazionale; la Trilogia colom- Giorgi per la pièce teatrale «La rupe delle vergini» di biana fu poi completata con altri due titoli. Nel 1954 Antonio Galeazzo Galeazzi, in “Studi Montefeltrani”, pubblicò Il tempio; nel 1958 due monologhi per l’at- 34, 2013-2014, pp. 275-316. Per altre informazioni v. trice Paola Borboni. Altri suoi testi furono trasmessi anche la voce Giorgi Piero in G. Radiciotti, G. Spa- come drammi radiofonici. Particolare successo ebbe doni, Dizionario bio-bibliografico dei musicisti mar- Simili a Dio (Milano 1956). Altri lavori teatrali rima- chigiani, ms. inedito conservato presso la Biblioteca sero inediti; una pubblicazione postuma ne accoglie comunale “Mozzi Borgetti” di Macerata, ms. 1027- alcuni: A.G. Galeazzi, Teatro, Vela, Velletri 1979. App. I, cc. 4373-4394; inoltre segnalo l’opuscolo 7 Remigio Strinati (Treia 1882-Roma 1962), non- pubblicato pro manuscripto dal nipote omonimo P. no del critico d’arte contemporaneo Carlo Strinati, fu Giorgi, Piero Giorgi racconta la vita e le opere del- critico militante, collezionista e insegnante di storia lo zio Musicista Compositore M° Piero Giorgi, s.l., dell’arte. Intellettuale poliedrico, si interessò anche di 2012. musica, firmando l’articoloCompositori marchigiani. 4 Una serie di manifestazioni a livello regionale Piero Giorgi, comparso all’indomani dell’esecuzione volute dal fascismo per celebrare Raffaello, Rossini di Cipressi a San Leopardo (Roma, Teatro Adriano, e Leopardi, che si tennero in varie città delle Marche 12 marzo 1939) su un giornale non meglio identifica-

195 Studi pesaresi 5.2017 to; copia di esso mi è stata trasmessa dall’ing. Giorgi. 11 P. Peretti, Lino Liviabella nella cultura mu- 8 Vincenzo Michetti (Pesaro 1878-ivi 1956) sicale italiana del Novecento, in Cultura e società studiò al liceo “Rossini” di Pesaro e si diplomò in tra il 1915 e il 1970, atti del XXXVII convegno di composizione con Mascagni. Si segnalò con le opere studi maceratesi (Abbadia di Fiastra-Tolentino, 17-18 teatrali Maria di Magdala, su libretto proprio (Roma, novembre 2001), Centro di studi storici maceratesi, teatro Costanzi, 1918) e La Grazia, su libretto scrit- Macerata 2003, pp. 397-457. Liviabella conosceva to in collaborazione con Claudio Guastalla e Grazia Giorgi ben prima di arrivare a Pesaro, e lo stimava Deledda, tratto dalla di lei novella La notte (Roma, molto, come dimostra una lettera del 6 ottobre 1942, a teatro Costanzi, 1923). Scrisse anche i poemi sinfo- lui scritta da Macerata all’indomani della trasmissio- nici Colle San Bartolo, ispirato all’omonima località ne radiofonica de La Tota d’i fra’, integralmente tra- pesarese, e Jaufré Rudel, nonché musica da camera: scritta in Peretti, Musiche inedite cit. p. 279, in nota. liriche su versi di Carducci e D’Annunzio, una sonata 12 La piccola chiesa rurale di S. Leopardo si trova per violino e pianoforte, brani per pianoforte solo ed nell’omonima tenuta tra Recanati e Montecassiano, altro. appartenuta ai conti Leopardi. Quando vi si recava 9 N. Caffè, Caffè in Casa Savoia, in “Il Resto del il giovane Giacomo, si narra che egli amasse riposa- Carlino”, 1975, numero speciale in occasione dei 90 re sdraiato presso un pagliaio, mirando la campagna anni della testata (1885-1975), p. 61. d’intorno. Presso l’edificio si ergono secolari cipressi. 10 Nacque nel 1909 a Roma, da padre siciliano, 13 Il Giorgi compositore di colonne sonore ci- e ivi morì nel 1975. Visse la sua giovinezza a Pesa- nematografiche meriterebbe uno studio a parte, che ro (il padre era amministratore del liceo musicale rivestirebbe particolare interesse nell’ambiente cultu- “Rossini”), dove conobbe lo scrittore Dino Garrone rale pesarese, dove oggi si tiene uno dei più importan- (Novara 1904-Parigi 1931), anch’egli all’epoca resi- ti festival del cinema in Italia. dente a Pesaro. Nel secondo dopoguerra, Nicosia si 14 O. Svampa, Artisti marchigiani. Piero Giorgi, trasferì a Roma. Pubblicò sette raccolte di poesie, più in “Il Giornale d’Italia”, 20 maggio 1942. un’ottava postuma. Le liriche comprese sotto il tito- 15 Parole di un non meglio identificato musicolo- lo «Poesie a Pesaro» sono un gruppo di cinque brevi go, tratte dalle note di sala del concerto dell’11 feb- poesie, contenute nella sua seconda raccolta (Sera del braio 1962, terzo della stagione sinfonica dell’Ente vagabondo, Roma 1955) e rispettivamente intitolate, autonomo Teatro comunale di Firenze, in cui l’orche- nell’ordine in cui le ha musicate Giorgi: Le siepi degli stra del Maggio musicale fiorentino, diretta dall’al- orti verdemare, A mare tutto il selciato, Di notte il lora giovane Zubin Metha, eseguì, con musiche di mare calava, La strada di levante sale, I castelli negli Schumann e Mahler, una composizione di Giorgi occhi adolescenti. Cfr. F. Nicosia, «Come nell’ambra intitolata Incontri, in quattro tempi: Corale, Fuga, chiuse». Poesie (1947-1974), QuattroVenti, Urbino Valzer, Ostinato (dal relativo programma di sala, non 1988. firmato, conservato presso l’archivio Giorgi a Fano).

196 Testi

Giacomo III Stuart Un ‘re’ inglese a Urbino

di

Federico Marcucci

Nota al testo Andando un po’ oltre le indicazioni contenute nell’indice dei manoscritti 4, per La recente pubblicazione del professor forza di cose succinte (ma in alcuni casi Edward Corp sui giacobiti 1 ha contribuito anche imprecise 5), è possibile verificare a richiamare l’attenzione degli studiosi su che attualmente quattro diverse segnature una fonte storica abbastanza significativa, il di collocazione della biblioteca dell’ateneo memoriale del gonfaloniere Giovanni For- urbinate ospitano quattro diverse versioni tuniano Gueroli Pucci relativo al soggiorno manoscritte del diario. in Urbino di Giacomo III Stuart. Siccome l’unica edizione a stampa del diario è costituita da un rarissimo opuscolo Urbino 78 ottocentesco 2, difficilmente rintracciabile anche a motivo di una catalogazione SBN Il manoscritto è costituito da una mi- non perfetta in quanto priva dell’indicazio- scellanea storica curata e scritta da Antonio ne dell’autore 3, si è pensato di proporre agli Rosa con la sua elegante calligrafia, presu- studiosi una nuova edizione, basata sull’at- mibilmente agli inizi dell’Ottocento, che tento esame – oltre che della pubblicazio- contiene al n. 5 un fascicolo di 20 carte non ne già esistente – delle quattro copie ma- numerate (il manoscritto è in ogni sua par- noscritte del diario attualmente conservate te privo di numerazione): il frontespizio si dalla Biblioteca Universitaria di Urbino, trova alla c. [1] r.: «Diario di Giovanni For- benché sia certo che Giuseppe Ciccolini, tuniano Gueroli Pucci sulla Venuta, Perma- il curatore dell’edizione originale, ebbe la nenza, e Discesso da Urbino del Rè di Gran possibilità di consultare imprecisate fon- Bretagna Giacomo III. Stuardo, e quindi del ti storiche ulteriori e diverse, tanto è vero di lui ritorno di passaggio in Urbino con che, per quanto riguarda il giorno e il mese Clementina Sobieski sua Sposa». Il testo va dell’arrivo di Giacomo III a Pesaro, egli in- da c. [2] r. a [18] r.; le pagine da c. [18] v. a dica il 20 giugno, informazione che manca [20] v. sono bianche. in tutti e quattro i testimoni sopra citati, i quali recano puntini di sospensione al po- Busta 167, fasc. XI, cc. 270r-283v. sto del giorno e del mese (senza considerare Fascicolo di 14 carte senza parti bian- le incertezze relative all’anno, che saranno che, recante all’inizio il titolo La venuta in esaminate successivamente). Urbino di Giacomo 3°. Stuardo Rè della

199 Studi pesaresi 5.2017

Gran Bretagna; sua Permanenza e parten- il tutto descritto dà me Gio: Fortuniano za; Indi suo rittorno di Pasaggio con la Re- Gueroli Pucci, ben’si la pura uerità nar- gina sua Consorte. Copiato dallo scritto di rata, e senza alcuna alterazione descritta. Gioanni Fortuniano Gueroli-Pucci. Come La caratteristica più importante di questo recita l’intestazione, si tratta di una copia, manoscritto, Urbino 93, è quella di pre- realizzata in verità in modo piuttosto pastic- sentare una calligrafia ed alcune modalità ciato e ricco di cancellature. grafiche e linguistiche praticamente identi- che a quelle usate in un quaderno dedicato Busta 167, fasc. XI, cc. 285 r-293 r. alle memorie della famiglia Gueroli 6; non Si tratta di 9 carte recanti uno scritto mancano dunque motivi per supporre che che al recto della carta 285 reca l’intesta- il responsabile della scrittura dei due docu- zione La venuta in Urbino di Giacomo III°. menti, il diario sulla venuta di Giacomo III Stuardi Rè della Gran’ Brettagna, sua per- e il quaderno di memorie di casa Gueroli, manenza, e partenza; di poi suo ritorno di sia la stessa persona, e cioè molto proba- pasaggio con la Regina sua Consorte: ma- bilmente lo stesso gonfaloniere Giovanni lamente il tutto descritto da me Gio. Fortu- Fortuniano Gueroli Pucci. Una perplessità niano Gueroli Pucci; bensì la pura verità non trascurabile riguarda le sue indicazio- narrata, e senza alcuna alterazione descrit- ni relative agli anni in cui avvenne il primo ta. Va osservato che il recto della carta 284 dei due soggiorni del detronizzato re (per contiene il frontespizio datato MDCCXLIV la rimpatriata di tre soli giorni, dal 14 al di una miscellanea di Ubaldo Tosi, rimasta 16 ottobre, effettuata dopo le cure terma- allo stato di abbozzo, della quale la rela- li a Lucca, tutte le fonti sono d’accordo zione sulla venuta in Urbino di Giacomo sull’anno 1722), dato che per ciò che con- III avrebbe con tutta evidenza dovuto fare cerne il suddetto primo arrivo, non vi sono parte. dubbi particolari sul fatto che Giacomo III giunse ad Urbino nel 1717; infatti nel ca- Urbino 93 pitolo dedicato a quest’anno, diciottesimo del pontificato di Clemente XI e settimo Trattasi di una miscellanea di notizie del regno dell’imperatore Carlo VI, Lodo- storiche raccolte da Ubaldo Tosi nel Sette- vico Antonio Muratori scrive: cento, che al n. 45 presenta uno scritto di 21 carte (delle quali la prima, contenente il Nel Marzo dell’anno presente arrivò frontespizio, reca il numero 397, consecu- a Modena sotto nome di Cavalier di San tivo rispetto alla numerazione complessiva Giorgio il Cattolico Re Inglese Giacomo delle carte del manoscritto, mentre le 20 III Stuardo, essendogli convenuto ritirar- successive, contenenti il corpo vero e pro- si fuori del Regno di Francia. Dopo avere prio dell’opera, recano una numerazione a ricevuto le maggiori dimostrazioni di sti- parte, che va da 1 a 20) intitolato Là ue- ma e di affetto dal Duca Rinaldo d’Este nuta in’Vrbino di Giacomo III. Stuardi Re suo zio materno, passò a ricoverarsi negli della Gran’ Brettagna, sua permanenza, e Stati della Santa Sede, e per albergo suo partenza; di poi suo ritorno di Pasaggio gli fu assegnata dal sommo Pontefice la con’ la Regina sua Consorte malamente Città di Urbino 7.

200 Federico Marcucci Giacomo III Stuart

Nel manoscritto Urbino 93 gli avveni- cronaca di quanto avvenuto a Urbino, insi- menti vengono fatti slittare di un anno, ma stendo soprattutto sugli aspetti più esteriori la circostanza che si tratti di un banale erro- (v. ad es. l’ordine assegnato – a seconda del re è confermata, oltre che dal confronto con gradino ricoperto nella gerarchia sociale – le altre fonti storiche, anche dalla consulta- ai partecipanti alle cerimonie religiose) 9, zione del calendario perpetuo, dalla quale da un punto di vista linguistico non presen- emerge che le indicazioni relative al giorno ta caratteristiche di particolare interesse, e della settimana – aventi una loro importan- anzi sul versante dello stile appare a tratti za e una loro congruenza – sono sempre un po’ trascurato; l’autore era consapevole sbagliate se riferite all’anno erroneamente di tutto ciò, come provato dalla conclusione riportato, ed invece sempre esatte se riferite del frontespizio del manoscritto Urbino 93 all’anno precedente. («malamente il tutto descritto da’ me Gio: Tuttavia, ipotizzando che tra gli avveni- Fortuniano Gueruli Pucci, ben’si la pura menti e la stesura del diario possa esser pas- uerità narrata, e senza alcuna alterazione sato un certo lasso di tempo, gli errori cro- descritta»). In ogni caso, volendo stampare nologici, solo in apparenza clamorosi per una versione del diario, sembra ragionevole un coprotagonista degli eventi in questione, proporre quella più antica e dunque quella potrebbero essere spiegabili con l’assenza più vicina ai fatti narrati. Pertanto, per i mo- – all’epoca – dei numerosi e diversificati tivi sin qui esposti, sarà di seguito presenta- strumenti di controllo di cui disponiamo al ta la trascrizione, realizzata con criteri fac- giorno d’oggi 8. similari, del diario di Giovanni Fortuniano In ogni caso la redazione contenuta nel Gueroli Pucci nella versione contenuta nel manoscritto Urbino 93 appare collocabile a manoscritto Urbino 93. monte delle altre conosciute, per un insieme di motivi che forse non è il caso di elencare dettagliatamente: a mero titolo di esempio, La famiglia Gueroli Pucci si osservi che il verso della carta 19 reca l’e- spressione «con biscotini di Sauoglia», di Giacomo III, il protagonista della nostra comprensione quanto meno non immediata, vicenda, è un personaggio assai noto, tanto espressione che si perde sia nella copia del che appare non indispensabile riassumerne Rosa sia nell’edizione a stampa, evidente- in questa sede la storia, al contrario dell’au- mente per un mancato disambiguamento tore delle memorie, che il trascorrere del (Sauoglia = Savoia = savoiardi, biscottini tempo non ha condannato al definitivo ed creati – pare – alla fine del Quattrocento, eterno oblio solo per il suo marginale in- che dunque agli inizi del Settecento già da tervento in una particolare congiuntura che tempo facevano parte della tradizione culi- a ben guardare può essere definita uno dei naria italiana). tanti “rami secchi” della storia 10, dato che Pensare di giungere a un’edizione ne l’odierna consapevolezza ci testimonia che varietur del diario sembra dunque essere l’istanza di tornare ad installarsi sul trono di impresa sproporzionata al contesto storico- Gran Bretagna restò una mera chimera sia culturale che si ha di fronte, poiché il docu- per Giacomo III sia per i suoi successori: mento, che a livello di contenuti registra la infatti, alla morte di Giacomo III, avvenuta

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agli inizi del 1766, suo figlio Carlo Edoardo fu riconosciuto dai Giacobiti come re Carlo III d’Inghilterra e di Scozia (e fece anche alcuni tentativi militari di tornare sul trono, purtroppo per lui infruttuosi), dopo di che, morto costui senza discendenza legittima, suo fratello Enrico Benedetto, cardinale di York e vescovo di Frascati, gli succedette nella pretensione col nome di re Enrico IX d’Inghilterra e I di Scozia, ma poi con la morte del cardinale, avvenuta nel 1807, la linea reale maschile degli Stuart si estinse. Il visitatore della Basilica di San Pietro in Vaticano può ancora oggi ammirare, di fronte alle prime due cappelle della nava- ta sinistra, il celebre Sepolcro degli Stuart (1817-1819), monumento tombale del mas- simo scultore del Neoclassicismo europeo, Antonio Canova, dedicato appunto agli ul- timi Stuart, Giacomo III e i suoi due figli, morti in Italia 11 (fig. 1). È singolare riscontrare come queste vi- cende continuarono ad influenzare la men- talità collettiva, quanto meno in alcuni am- bienti aristocratici, anche molto tempo dopo che Giorgio I di Hannover divenne re della Figura 1 – Antonio Canova, Sepolcro degli Gran Bretagna, dopo la morte della sua lon- Stuart, 1817-1819, basilica di San Pietro, Roma. tana cugina Anna Stuart, l’ultima sovrana del casato degli Stuart, avvenuta il 1º agosto 1714. In particolare, ancora alla metà del Novecento, quindi oltre due secoli dopo, leggendo le cronache mondane dell’epoca, è possibile verificare che in alcuni ambienti aristocratici era diffusa una notevole ostili- tà nei confronti di tutti i sovrani della Gran Bretagna dopo gli Stuart, considerati solo dei parvenus tedeschi e degli usurpatori, an- che se nel frattempo essi avevano cambiato nome e avevano assunto quello di Windsor. Venendo ora in modo più specifico alle vicende di casa Gueroli (o Gueruli), sembra dunque che la famiglia sia originaria della

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Spagna, e che in tempi assai remoti si sia gli. Purtroppo, allo stato attuale degli studi, trasferita a Verucchio, terra della diocesi di ulteriori notizie e contestualizzazioni non Rimini. Un oscuro esponente sembra es- esistono. sersi distinto per la sua vicinanza con san Francesco d’Assisi, il quale fu più volte ospite a casa sua, come risulta da un’im- I rapporti tra Urbino e Giacomo III portante storia dell’Ordine francescano di dalla partenza di quest’ultimo sino alla Luca Vandingo 12; da non dimenticare poi il sua morte beato Giovanni Gueroli, nato nel 1297 da Dato Gueroli e Michelina Giannotti, e mor- Dopo il suo primo soggiorno, dura- to appena ventitreenne nel 1320, il quale, to continuativamente un anno, due mesi e a motivo dei continui miracoli dispensati venticinque giorni, dall’11 luglio 1717 al ai suoi devoti di Rimini e del circondario, 6 ottobre 1718, Giacomo III tornò a Urbi- giunse a meritarsi una trattazione biografica no – come già detto – solamente una volta, in una delle erudite raccolte di vite di santi per un breve periodo di tre giorni, dal 14 locali 13. Il corso degli eventi portò poi la al 16 ottobre 1722, quando, con la regina famiglia a trasferirsi a Urbino, dove si rese sua sposa, Clementina Sobieski, stava tor- illustre soprattutto per il fatto che alcuni nando a Roma dopo un viaggio a Lucca, le suoi esponenti giunsero a ricoprire impor- cui acque termali erano ampiamente utiliz- tanti cariche pubbliche. zate a scopo terapeutico fin dall’antichità. Consultando gli alberi della famiglia Tuttavia il legame tra Giacomo III e Urbino Gueroli conservati dalla Biblioteca Univer- non si interruppe completamente, anzi ebbe sitaria di Urbino, da quello contenuto nel un seppur tenue seguito sin quasi alla morte manoscritto Urbino 16 e da quello (non per- del re. fettamente completato) contenuto nel ma- E infatti, all’interno della busta 212 del noscritto Urbino 112 si evince che tale fa- fondo del Comune (Comunità: 1633-1765) miglia era presente nel territorio (Rancitella troviamo il fascicolo I che reca – secondo si trova nei dintorni di Urbino) già nel 1499: l’indicizzazione del Moranti – il seguente titolo: Quarantadue lettere dell’Ambascia- 1499. 19. Maggio Tommaso di Bat- tore in Roma di S. M. Giacomo III Re di In- tista Gueruli da Rancitella vende alcune ghilterra ai Gonfalonieri e Priori di Urbino Terre a Piero di Donino Gueruli, e pagò a per auguri (1719-1765), carte 1-84. Si tratta Filippo Pittore Fratello 14. di lettere annuali che trasmettevano gli augu- ri del re per l’anno nuovo, scritte in francese Andando avanti di molti secoli si osser- ed indirizzate a le Gonfalonier et les Priori va poi che Giovanni Fortuniano Gueroli d’Urbino e ai loro dignes concitoyens. Dal Pucci (il nostro personaggio) era figlio di dicembre del 1719 al febbraio del 1728 tutte Francesco Maria Gueroli (anche lui gonfa- le lettere sono di mano del suo segretario loniere d’Urbino) e di Vincenza Pucci, dalla David Nairne, e alcune sono firmate da lui quale ebbe origine il doppio cognome; Gio- stesso, altre dal re di suo pugno; dal 1729 al vanni Fortuniano sposò poi Silvia Amici, di 1765 (come già detto Giacomo III morì agli Fossombrone, dalla quale ebbe numerosi fi- inizi del 1766) le lettere sono di altre mani

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(ad esempio Mathurin Jacquin) ma sempre farci perdere di vista l’importanza degli firmate dal re. L’intero carteggio può essere avvenimenti dei quali la città di Urbino fu considerato abbastanza importante in quan- coprotagonista, avvenimenti che vanno col- to costituisce una testimonianza del legame locati nella giusta prospettiva storica, e che tra Urbino e Giacomo III, personaggio evi- meritano altresì particolare attenzione an- dentemente caratterizzato da un sentimento che in quanto capaci di lumeggiare le vicen- di notevole gratitudine, capace di durare nel de degli ultimi anni di pontificato dell’urbi- tempo, nei confronti della città che lo aveva nate Giovanni Francesco Albani. ospitato; tuttavia i contenuti, piuttosto for- Volendo dunque ampliare il contesto e mali e stereotipati (realizzati, per certi versi, dipingere un panorama più spazioso entro in perfetto “stile inglese”), non meritano di il quale collocare i fatti di cui parla il docu- essere riferiti dettagliatamente, anche a mo- mento in esame, va detto che all’arrivo di tivo della loro ripetitività. Giacomo III a Urbino lo scenario interna- In occasione della morte venne pubbli- zionale era caratterizzato più che altro dalla cata a Roma una relazione che la Biblioteca guerra austro-turca (1716-1718), che vide Universitaria di Urbino conserva allegata di contrapposte le truppe cesaree del Sacro seguito ai manoscritti del fascicolo 11 della Romano Imperatore e quelle ottomane, tese busta 167 del fondo del Comune 15. a metter in discussione l’assetto geopolitico Nella Urbino di oggi le tracce tangibili che all’epoca era ancora quello fissato dalla del soggiorno di Giacomo III Stuart sono pace di Carlowitz, del 1699. costituite dalla sala XIII dell’appartamento In questo contesto generale, per quanto degli Ospiti del piano nobile del palazzo du- riguarda più specificatamente gli eventi sto- cale, conosciuta come “Sala del re d’Inghil- rici direttamente collegati alla permanen- terra”, e da due ritratti del mancato sovrano, za urbinate di Giacomo III, è significativo conservati uno nell’oratorio di San Giusep- l’incarceramento a Forte Urbano (fortifi- pe (agli effetti sua maestà era stata aggre- cazione situata nel comune di Castelfranco gata alla confraternita omonima) e l’altro Emilia) ordinato nel 1718 dal legato di Bo- nel rettorato dell’Università, all’interno di logna, il cardinale Origo, di lord Peterbo- palazzo Bonaventura, sede di numerosi in- rough, il quale – andandosene in giro per contri serali tra il re e i personaggi più il- gli Stati della Chiesa – aveva fatto sorgere lustri della città, a suo tempo denominati sospetti di architettare violenze contro Gia- “conversazioni”. Va ricordato infine che in como III; questo marginale episodio co- un corridoio dell’albergo San Domenico è stituisce comunque una testimonianza del visibile la lastra tombale di un nobiluomo, clima di scontro aperto, e dall’esito non del il conte di Lauderdale, deceduto durante il tutto scontato, tra gli Hannover, detentori soggiorno urbinate della corte. (secondo alcuni usurpatori) del potere in In- ghilterra, e i sostenitori degli Stuart, questi ultimi definitivamente bollati dalla Storia L’importanza del diario come perdenti solo molto tempo dopo. Una testimonianza del fatto che la sorte degli La nostra attuale consapevolezza relati- Stuart non fosse segnata in modo irrevoca- va al triste destino di casa Stuart non deve bile è costituita anche dall’operato del ma-

204 Federico Marcucci Giacomo III Stuart chiavellico cardinal Giulio Alberoni, primo di notizie curata da Ubaldo Tosi nel Settecento, ministro di Spagna, che nel febbraio del nell’ambito della quale (secondo l’indicizzazione del 1719 convocò segretamente il detronizzato Moranti) il diario di Giovanni Fortuniano Gueroli sovrano da Roma a Madrid, donde avrebbe Pucci occupa la posizione n. 45, alla quale trovasi un documento di 21 carte, delle quali la prima, recante dovuto trasferirsi prontamente in Scozia, il frontespizio, è identificata con il numero 397 dove erano stati fomentati disordini popo- (facente parte della numerazione complessiva delle lari atti a favorire il suo ritorno sul trono. carte del manoscritto), mentre le 20 carte successive, Se l’iniziativa non andò in porto, fu solo contenenti il corpo vero e proprio dell’opera, recano perché una tempesta di mare fece fallire una numerazione a parte, che va da 1 a 20 (sempre in una spedizione navale di genti ed armi che numeri arabi). dalla Spagna doveva alimentare al massi- Segnatura di collocazione: Urbino 93. mo grado l’incendio sviluppatosi in Scozia. A seguito di questa débâcle, nell’autunno [c. 397r] dello stesso anno 1719 Giacomo III tornò a Là uenuta in’Vrbino di Giacomo III. Stuardi Roma, dove poi morì nel 1766. Re della Gran’ Brettagna, La città di Urbino fu dunque protagoni- sua permanenza, e partenza; di poi suo ritorno sta di un capitolo un po’ periferico e appar- di Pasaggio con’ la Regina sua Consorte tato della storia degli Stuart e delle loro am- malamente il tutto descritto da’ me Gio: bizioni dinastiche; entro il panorama sin qui Fortuniano descritto il diario di Gueroli Pucci propone Gueruli Pucci, ben’si la un punto di vista limitato ad alcuni aspetti pura uerità narrata, e della vita quotidiana di Giacomo III all’e- senza alcuna alterazione descritta. poca del suo soggiorno urbinate, tuttavia [c. 397v] tale punto di vista è apparso meritevole di [b i a n c a] non essere dimenticato. [c. 1r] Giovanni Fortuniano Gueroli Pucci, Là In’ giorno di Domenica li 11 Luglio del uenuta in’Vrbino di Giacomo III. Stuardi 1718 16. festa di S. Amadeo giunse in Urbi- Re della Gran’ Brettagna, sua permanenza, no là Sacra maestà di Giacomo III. Re della e partenza; di poi suo ritorno di Pasaggio Gran Bertagna, quale fin’ da’ Bambino, eso- con’ la Regina sua Consorte malamente il le dal suo Trono, fù portato in Francia ap- tutto descritto da’ me Gio: Fortuniano Gue- presso Luigi XIIII che sempre assistito con’ ruli Pucci, ben’si la pura uerità narrata, e un’ cordiale affetto, tento’ tutto il possibile senza alcuna alterazione descritta. rimetterlo sul trono. Ma’ seguitone poi del Sta in: Tosi, Ubaldo, Miscellanea di no- Gran Luigi la morte, li convenne partire tizie riguardanti la storia di Urbino e dei dalla Francia, et allontanarsi, per leuare al suoi uomini illustri, manoscritto cartaceo, Re Giorgio ellettore d’Anouer usurpatore legato in pergamena, secolo XVIII, milli- delli tre Regni Irlanda, Scozia, et Inghilter- metri 270 x 200, 428 carte numerate. ra, ogni gelosia. Fù con’ somma magnificenza, e Pater- NOTA Alla segnatura “Urbino 93” del fondo no amore accolto da’ Clemente XI Albani del Comune di Urbino è collocata una miscellanea Sommo Pontefice nello Stato d’Avignone.

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ni ecclesiastici, trattenendosi però prima in Urbino, per udirne la’ uicinanza della maestà Sua. Licenziò per ordine di Sua Santità l’Eminentis:mo Cardinal Dauia 18 Bollo- gnese Legato di questo Stato d’Vrbino, e lo dichiarò Legato di Rauenna per ordine Santis:mo e perche nostro Signore era tut- to intento ad incontrare il Genio di questo Monarca, dichiarò Monsignor Alamanno Salviati 19 Presidente d’Urbino, mentre tal Prencipe era ben ueduto dalla maestà Sua per essere ueceLegato d’Avignone. L’Eminentis:mo Cardinal’ Dauia se ne partì per la sua Legazione, e monsignor’ Saluiati se ne venne in Urbino. Tardo’ molto il Posesso di d.o Prelato, stante che monsignor marelli Turinese Ar- ciuescouo d’Vrbino non uolle concederli in’ Duomo il Baldachino. Figura 2 – Alamanno Salviati (1669-1733), pre- Ne fu’ dato parte à Roma, che in risposta sidente d’Urbino, poi cardinale. ne uenne si douessero regolare all’uso che fù del Posesso di monsignor Daste 20; ma’ Ma’ perche le gran’ turbolenze dell’In- perche da’ questo non se ne poteua uenire ghilterra metteuano in aprensione il Re’ alla conseguenza, fu’ Giorgio, di magiormente perseguitare il det- to Re Giacomo, per stabilirsi sul Trono; La’ [c. 2r] Santita’ di Clemente XI uedendone il peri- pigliato il Posesso in Corte 21 nella Ca- colo di questo Sourano, li propose lo’ Stato pella magiore; La causa si è, che mon: Daste della Chiesa, e che si ellegesse di quest[o] Presidente non uenne in Persona in Urbino, qualunq: Città che piu’ le fosse di suo pia- ma’ bensì sostituì in sua uece monsignor cere; Consigliandolo però ad apigliarsi allo Ruberti Arciuescouo all’ora d’Urbino. Stato d’Urbino, per magiormente allonta- In’ questo tempo la Santità Sua fece mar- narsi, come ancora per più sicurezza, Che ciare a’ Pesaro un’ distaccamento di cento per incontrarne il Genio della Santità Sua, soldati Corsi, per la Guardia delle Porte del- e in’ sieme per gradire la cortese offerta, ne la Città, con’ l’Alfiere, un’ Sargente, e doi accettò la proposta. Tamburi commandati dal Capitan’ Garoni Turinese, abitante in Roma con’ d.a Carica, [c. 1v] ma’ uenuto ancor’esso in Urbino. A’ tal rincontro fù spedito di Roma Giunse in Pesaro la maestà Sua li ... dal Sommo Pontefice il Sig.r D. Carlo 1718 22. accompagnato dall’Eccell:mo Sig.r Albani suo degnis:mo Nipote 17 a’ confi- D. Carlo Albani, Duca di Ormondo, Duca di

206 Federico Marcucci Giacomo III Stuart mar, e Duca di Pert’. tutti milordi con’ altro [c. 3r] nummero d’altri milordi, e buona quantità messa, che terminata se nè tornò all’A- de Caualieri, quasi tutti Scozesi. partamento Suo unitamente con’ tutta la no- Il Sig.r D. Carlo Albani poi si licenzio’ biltà. dalla maestà Sua, e ne uenne in Urbino. La Prima di giungere al d.o Apartamen- Santita’ sua mandò di Roma tutto il biso- to mon: Presidente uicino alla maestà Sua gneuole per bene adobare la Corte d’Urbi- in’una delle Anticamere presentò il Con- no, come ne seguì per l’assistenza del Sig.r faloniere in feraiolo nero, oue era difilata D. Carlo Albani, essendo ancora uenuti di tutta la nobiltà, che sua maestà di tutti ne Roma doi Aparatori. dimostrò il gradimento, con’ gentile inchi- Per la Festa di S. Pietro 23 uolle la maestà no di Capo. Mon: Presidente fece conoscere sua trouarsi in Roma, la Persona del Confaloniere, che era il Sig.r Girolamo Giunchi, Caualiere di gran’ na- [c. 2v] scita, e di gran’ Spirito, quale con’ sommo ma’ in forma priuata, col nome di Caua- inchino baciò il lembo del Giustacore à Sua lier di S. Giorgio, con’ tutto cio’ fù trattato, maestà, quale fù accolto con’ un’ gradimen- e riconosciuto dalla Santità Sua per monar- to Sommo, di poi si trattenne à discorrer’ ca qual’era. Seco, e con’ mon: Presidente per un’ quar- Dopo la Festa di S. Pietro se ne uenne in to d’ora, lodando la nobiltà del Paese, e la Vrbino, et alle ore uentidue della domenica bella situazione del medemo, con’ tutta la antedetta giunse in Urbino la maestà sua in nobiltà che lo’ condecoraua; In fine con’ forma privata, mentre non volle alcun’in- un’ graziosis:mo inchino di Capo, alla nobil- contro. tà tutta ancora, si partì portandosi alle Sue Era questi in un’ Suimmero 24 tirato da’ Cammere con li Suoi Caualieri. tre Caualli, in compagnia d’un’ Suo Confi- Là nobiltà d’Vrbino si trattenne ancora dente; Al Portone della Corte fù incontrato di molto, ma’ uedendosi preparare per la da mon: Saluiati Presidente, con’ tutta la’ mensa le tauole, si partirono tutti. nobiltà d’Urbino, à benche fosse quasi im- Il Giorno Suseguente la maestà sua sor- prouisa la sua uenuta, et accompagnato che tì in Carozza, accompagnato dalla nobiltà fù all’Apartamento nobile 25, si portò alle d’Vrbino sino al Portone, e dalla Sua nobiltà Sue cammere. Monsignor Saluiati Pres: licenziato che [c. 3v] fù dalla maestà sua, disse in’ una delle Anti- accompagnato à Cauallo di seguito, camere alla nobiltà, li attendeua la seguente come ogni giorno alle ore uentidue 27 hanno mattina per farli inchinare alla maestà Sua. fatto il simile. Là mattina del lunedi si trouò tutta la no- Adi 18. d.o Giorno di Domenica 28 la ma- biltà in Anticamera, doue accompagno- està Sua banchetto’ il Confaloniere, che era rono la maestà Sua alla messa al Coretto il medemo Sig.r Giunchi, in’ dimostrazione che corisponde in duomo alla Capella del d’affetto, come fussi capo della Citta’. S.S.mo Sacramento 26, e in’ d.o luoco fù cel- Ogni mattina la maestà Sua si è portato lebrata la alla messa al Coretto, e sempre ui è andato la’ nobiltà d’Urbino à seruirlo, con’ questo

207 Studi pesaresi 5.2017 ordine. Quelli della Città andauano auanti. con’ li Focili; e in fine molti Staffieri del Re, Là maestà sua in mezzo, e di dietro li suoi e tutto detto accompagnamento a Cauallo, Caualieri, e quelli che non erano Cattolici eccettuato quattro Stafieri di Sua maestà restauano nella Sala d.o il magnifico. Similmente ancora ad ogni Confalonie- [c. 4v] re, la p.a 29 Domenica del suo bimestre hà che stauano alli Sportelli di d.a Carozza. sempre banchettato in questo tempo di sua Il più delle Sue gite erano a’ Capucini, permanenza. oue si diuertiua nell’orto di Sopra, con’ fare Adi 4.o Agosto festa di S. Domenico la la Caccia a’ Lepri, con’ li suoi Piccoli, mà maestà Sua si portò il giorno alla Benedi- braui Cagnolini Danesi. zione nella Sacrestia 30, e non uolle stare Se ne andaua ancora al Conuento di S. sopra il Genuflessorio preparato, mà ben’sì Bernardino, come de Padri Carmelitani 33; e sù la’ Porta della Sacrestia sopra un’ piccolo quando aueua genio di caualcare se ne an- Cuscino; e fù accompagnato, e Seruito dalla daua per la via di pallino 34. nobiltà d’Vrbino, e data la Benedizione sè Là Sera poi delle Domeniche auanta- nè andò a spasso. giaua il suo ritorno dal detto diporto per andare alla Benedizione alla Chiesa di S. [c. 4r] Catterina, e quando era tempo contrario se Adi 3. Ottobre Giorno dedicato alla ne ritornaua in Corte, di doue se ne andaua SS.ma Vergine del Rosario, là maestà Sua in’ Sedia portatile, condotto da’ Suoi Por- andò alla Benedizione in S. Domenico, et tantini, e sempre accompagnato alla Bene- il suo luoco fù uicino alla Porta della Chie- dizione da’ buon’ nummero della nobiltà sa, che porta al Claustro, luogo preparatoli d’Urbino. dal suo Confessore, che era un’ Padre di S. Vì furono molte Conuersazioni fatte Domenico. dal Sig.r Guido Bonauentura 35 Castellano Nella medema Sera uenne un’ distacca- di Ferrara, ritornato in Patria per tale effet- mento delle Corazze che seruono il Papa, e to, oue che la maestà Sua u’interuenne trè questo per magior’ decoro della maestà Sua uolte, con sommo contento, e piacere per nelle Sue Sortite, Commandato dal Sig.r Ca- essere il d.o Sig.r Castellano un’ Caualiere millo Staccoli 31, per non mandare di Roma d’infinita Gentilezza, come d’infinita Gene- un’Offiziale, quale seruì per uece Capitano rosita’. di d.e Corazze, che nel Seruire la maestà sua costumauano l’ordine infrascritto. [c. 5r] Precedeuono due delle Corazze con’ li Precedeua in Primo luoco il Canto di Focili, di’ poi il Furiere con’ la Spada ignu- molti musici, e virtuose forestiere, e d.o da, dì poi quattro Corazze con’ li Focili. diuertimento duraua à piacere di Sua m[a] Suseguente 32: ueniua il Tiro a Sei con’ la està, di poi si alzaua da’ sedere, e con som- maesta’ Sua, e milordi in sua Compagnia; ma Gentilezza s’inchinaua à tutte le Dame, di dietro la Carozza un’ buon’ nummero de come il Simile faceua nella Sua uenuta, Suoi Caualieri, con’ il Sig.r Camillo Stac- non uolendo che li Caualieri d’Urbino si coli, e dopo ueniua il uece Tenente di d.e mouessero, mà che restassero à Seruire le Corazze, con’ altre due Corazze dopo di lui Dame. Tornauano poi milordi, e Caualieri

208 Federico Marcucci Giacomo III Stuart dopo l’accompagnamento alla Conversa- trattenne sino le tre ore della Sera, poi se ne zione, quale era di doppio divertimento, di ritornò in Corte. gioco e di ballo, con’ l’interuento di tutte le Là Domenica Suseguente tornò di bel Dame, e Caualieri della Città, con’ rinfre- nuouo à dare un’ tanto onore, giocò al me- schi duplicati sì nella permanenza del Re, demo Gioco, come dopo, che il discriuerlo, si farebbe un’ Sommo torto alla Somma Generosità [c. 6r] di d.o Caualiere Sig.r Castellano Guido Bo- ma’ con’ diuerse Dame, per dipartire frà nauentura. queste il uantaggio di seruire la maestà Sua. In’ questo tempo le Dame, e Caualieri Il Giorno delli 30. novembre andò alla pensorono di porre la Conuersazione fissa Benedizione alla Chiesa di S. Andrea, per in Palazzo la sera di tutte le Feste; e li 21: esser’ Stato inuitato da’ Signori Rossi, ma’ novembre del medemo Anno stabilirono come la mattina aueua fatto le sue diuozio- per la P.a Conuersazione, oue che il Confa- ni, essendo d.o santo Protettore della Scozia, loniere passò con’ monsignor’ Presidente la sera non andò alla Conuersazione, bensi l’umile Suplica, se li pareua proprio udirne nelle altre Feste, sempre si degno’ compar- il sentimento di Sua maestà à uolere conde- tire le sue Grazie, dando un’ tanto onore corare questa nobile adunanza con’ la sua con’ la Sua Reale Presenza. Presenza, che per altro Fù poi risoluto dall’Accademia de Sig.ri Pascolini fare due Commedie per Carneua- [c. 5v] le, à fine la maestà Sua fosse ubedita, men- là nobiltà non intendeua farne inuito, tre il discorso ne mostro’ il genio d’ascoltar- mentre là Città non aueua quella proprietà le. Per commodo di Sua maesta’, come per di Palazzo Pubblico che si richiedeua al me- li Suoi Caualieri fù fatto un’ Casino 38 gran- rito di Sua maestà. de à piedi della Platea del Teatro; e questo S’interessò in fauorire d.o mon: Presi- à Spese della Cammera, aparato poi nobil- dente, e ne riportò un’ Sommo gradimen- mente per ordine di mon: Presidente Saluia- to dalla maestà Sua, e ne dimostrò con’ li ti, mentre non erano fatti li Cassini. effetti il suo piacere, mentre nella medema Là Sera delli 20: Febraro del d.o Anno Sera ne dispensò le sue Grazie, con’ questo giorno di Domenica fù la p.a recita della pero’ che desideraua, che le Dame subbito Commedia intitolata l’Agrippa, e per inter- giunte dassero principio al Gioco, e così fù medij furono fatte le forze d’Ercole, dirette ubedito. dal Sig.r Tenente Sauini d’Vrbania, abitante Giunto che fù ne dimostro’ la maestà in Urbino; Sua un’ sommo contento, mentre ad ogni tauolino delle Cammere ui fece una lunga [c. 6v] posata, con’ un’ gentilis:mo discorso del Gio- Il tutto fù di sommo piacere della ma- co che faceuano; In fine si portò nell’ultima esta’ sua, e ne dimostrò un’ Sommo gradi- Cammera ad un’ Tauolino preparato, quale mento. si pose à giocare con’ madama Teresa An- La’ seconda recita del lunedi li 21. d.o taldi Tenaglia, e madama Lucrezia Staccoli fù la Griselda, e vi furono parimente le già Antaldi 36, al Gioco dell’Ombre 37. Si Forze per intermedio, essendo il genio di

209 Studi pesaresi 5.2017

Sua maestà, e perche erano diuerse dalla nedizione nel’ Seggio à mano diritta all’in- prima Sera, fece rifare ancora le prime per gresso. il Sommo genio di Sua maestà. Adi 25: d.o mese, et anno Giorno della Le dame stauano nella Platea sopra de Santis:ma Anunziata la maestà Sua il Giorno proprij Careghini 39, e nel uenire la maesta si portò alla Benedizione alla Chiesa de Pa- sua, e nel partire sempre faceua tre inchini dri Carmelitani, e stiede sul’ Coretto. alle Dame. In sua compagnia ui staua mon: Nel Giorno Suseguente delli 26. Mon: Presidente, con’ tutti li Suoi Caualieri. Alaman’ Saluiati Presidente per dare nuoue II martedì suseguente delli 22: d.o se ne conferme di Sua Generosità, fece fare andò la maestà Sua all’opera di Fano, qual era di scelta musica, e ritornò in Urbino li [c. 7v] 2: marzo 1719 40; Secondo Giorno di Qua- al Teatro Pascolino un’ Sontuoso Orato- dragesima, oue tutta la nobiltà lo stiede at- rio, auendo fatto uenire Sbaraglia, e Tem- tendendo nell’Apartamento di d.o mon: Pre- pesta musici di grandis:mo grido, oue inte- sidente, et alle ore uentitre giunse in Città, ruenne la maestà Sua, al solito luoco, come passando per la Porta di S.a Maria 41, mentre anche le Dame, e Caualieri, con’ le solite cinq: miglia lontano dalla Città era Salito dimostranze gentilis:me nella uenuta, e par- a Cauallo, oue fù incontrato dalle Corazze, tenza di Sua maestà. quali le licenziò, per uenire à tutto La maestà sua il Giorno delli 28. d.o si portò segretamente à Fossombrone per ac- [c. 6v] compagnare milordo il Duca di mar’ suo suo commodo, come anche incognito, Confidente, oue si sparse uoce per laCit- auendo ciò fatto anche nella sua improuisa tà che sua maestà fosse partito, per non più partenza. tornare, che ciò fù sentito con’ dispiacimen- Fù complimentato dà mon: Presidente to commune, ma’ la Sera sul tramontare del nell’ariuo, e seruito dà tutta la nobiltà d’Ur- Sole fece ritorno; Fù incontrato da’ molte bino, che la maestà Sua si dichiarò esser Persone, che per loro diporto andauano à molto tenuto à Sì gentili dimostranze della Capucini, e fù adimandato con’ ansietà da’ nobiltà. questi ad uno de Signori che precedeua, che Ricordatosi Sua maestà del piacere auto nuoua ui era del Re, quale rispose che poco delle Forze fattesi in q.o Teatro, mandò dopo lungi si ritrouaua, à tal notizia ne dimostro- doi giorni di suo ritorno un’ nobile Bacile rono Sommo godimento, e piacere, notifi- d’Argento à mon: Presidente, à fine lo fa- cando che la’ Città tutta era mestis:ma della cesse recapitare à Forzanti, e che ne dispo- partenza di Sua maestà, dicendosi che più nessero a loro piacere, quali stabilirono la non faceua ritorno, onde ne sfogauano col uendita per dipartire le Grazie di Sua ma- pianto il sommo dolore. està, e il ualore fù di Scudi cento sesanta All’ora rispose il Caualiere, uoglio ciò quattro romani. notificare à Sua maestà, et uditone il Re un’ Adi 19: marzo 1719 42: Giorno di S. Simile affetto della Città, non potea Gioseppe , la maestà Sua si portò alla Chie- sa di d.a Confraternita, per essere agregato [c. 8r] à d.o numero de Fratelli; oue stiede alla Be- trattenere le risa per il godimento; Quale

210 Federico Marcucci Giacomo III Stuart essendo smontato dà Cauallo per salire in dente, tal funzione seguì li 9: d.o Aprile del Sedia, più uolte ui prouò per essere tratte- d.o Anno: nuto dà un Sommo ridere 43. Di tal generosa dimostranza del mede- Le fù confirmato questo uniuersale Cor- mo Capitolo, la maestà sua ne dimostrò doglio della Città dal Padre Gioachino Ca- un Sommo gradimento, passandone con’ il pucino suo diletto, quale incontrò la mae- Sopradetto Sig.r Arcidiacono Bonauentura stà sua alla Porta di Valbona, et esso di bel gentilissimi ringraziamenti. nuouo ne dimostrò il Sommo piacere; onde Adi 13 del d.o mese d’Aprile la mae- uedutosi dalli Artisti della Contrada il ritor- stà sua se ne stiede alla Gelosia, oue fuor’ no della maestà sua, uscirono da’ loro la- dell’ordine consueto furono cantate le La- uori, e con gli euiua l’accompagnarono alla mentazioni in Canto figurato, col Cembalo, Corte unitamente ancora da’ tutto il Popolo, et altri Stromenti, composte di nuoua musi- al quale peruenne una simile notizia. ca dal Sig.r D. Gabrielle Ballomi, maestro In poco tempo si uidde la Piazza della di Capella Insigne di questa metropolitana Corte con’ infinita Nobiltà, quale seruì la d’Vrbino. maestà sua all’Apartamento, et il Popolo minuto restò nel Cortile à farne l’euiua, per [c. 9r] il godimento del ritorno d’un tanto adorato Il Giouedi Santo la mattina il Re fece la monarca; Onde Sua maestà ne confirmò un’ Santa Pasqua nella Capella del Santissimo degno concetto d’un Popolo tanto amoreuo- di questa metropolitana, come altre feste hà le, e Gentile. costumato in simil’ luoco; Di poi se ne andò Il Giorno delli 6. 44 Aprile di d.o anno fu alla Chiesa de’ Padri di S. Domenico, ove fatto cantare un’altro Oratorio per ordine di stiede in Coro à tutte le Funzioni, e uenendo d.o mon: Presidente Alamanno Saluiati, per à quella di porre il Santo Sepolcro, si uidero incontrare il genio del Re, molto dilettante tutti li Stafieri di Sala con’ torcia in’ mano di della musica; 45 il d.o monarca stiede al luo- libre otto l’una, quali precedeuano prima di co Solito del Teatro, con’ mon: Presidente, tutti, il Baldachino portato da’ Sui Catolici e Suoi Caualieri; Le Dame, Caualieri, di poi ueniua la maestà sua con’ una facola in mano, et altri Suoi milordi, e [c. 8v] Caualieri Cattolici, lo seguiuano procesio- e Caualieri d’Vrbino stauano nella Pla- nalmente con’ una facola in mano, tutta la tea con’ il solito bell’ordine distribuiti. Cera fatta prouedere dal Re, come tutta la- Ricordeuole il Re dell’Anima di Sua So- sciò in dono alla d.a Chiesa. rella defonta mandò in Duomo una buona La’ medema Sera il Re andò alla Gelo- somma di danaro per farne l’Offizio gene- sia del Duomo per asistere al mattutino, et rale, onde prudentemente da’ Sig.ri Canoni- ariuato, diedero principio; Le lamentazioni ci fu’ risoluto di non prendere ellemosina, però furono cantate à suono di canto fermo come anche fu’ cantata là gran’ Messa dal per genio di Sua maestà. Sig.r Arcidiacono Gio: Battista Bonauen- La mattina del Venerdi Santo il Re callò tura 46, con una musica assai sontuosa per alla Predica, e se ne andò alli primi banchi esserui ancora in Città li musici di grido fat- delle dame, ma’ uedendoui essere Dame, ti uenire dà mon: Alamanno Saluiati Presi- non uolle dare alcuna sogezione, e si portò

211 Studi pesaresi 5.2017 alla prima Colonna dalla parte di S. Carlo, A’benche fosse partito il Sig.r Castel- oue stiede a’ più della metà, di poi si portò lano Guido Bonauentura, e ritornato alla à uisitare il S.o Sepolcro nella Capella della Castellania di Ferrara, tutta uolta il Sig.r Concezione, terminata la Predica se ne ri- Castellano Gio: Bernardino suo Fratello, tornò in Corte, e Castellano di S. Leo, uolle continuare la dimostrazione d’ossequio alla maestà Sua, [c. 9v] che per incontrarne il Genio del Re fece mà per poco tempo, mentre callò di bel uenire una virtuosa di Bollogna Figlia del nuouo alle funzioni della metropolitana, Comissario di S. Marino, onde li 16 del d.o oue sempre si trattenne in Coro. Venuta poi Aprile del medemo anno la maestà sua per la funzione dell’adorazione della Croce, dimostrare gradimento del cortese invito, si andò in primo luoco monsignor’ Arciue- portò la sera in Casa di d.o Sig.r Castellano scouo Anton: maria marelli, 47 suseguente: Bonauentura, oue fù fatta una nobile, e ge- li Sig.ri Cannonici, apresso sua maestà, con’ nerosa Conuersazione, con’ l’interuento di li Suoi milordi, e Caualieri Cattolici, poi il tutte le Dame, e Caualieri della Città; Clero, e in fine il Confaloniere con’ li Priori, La Sig.a Inocenzia Figlia del Sopracitato e Dottori di Collegio. Commissario con’ l’eccellenza del Suo can- Alla Processione del S.o Sepolcro prece- to, come del Suono di leuto, diede tutto il deuano li Stafieri di Sua maestà, con’ torcie contento à Sua maestà, e à tutti della ragu- di libre otto l’una, Clero Sig.ri Cannonici, e nata Conuersazione per essere uirtuosis:ma dopo il Baldachino ueniua il Re, con’ facola in’ tali uirtù, onde dal Re n’ebbe tutto l’a- in mano, poi il magistrato, milordi, e Suoi plauso. Caualieri, in’ fine tutta la’ nobiltà d’Vrbino, Il Simile onore aurebbero goduto l’altre e qui ancora Sua maestà fece dono di tutta Case de nobili della Città, se li auessero fat- là Cera. ta Conuersazione, ma’ molte che aueuano Sino il compimento della S.a Funzione il lutto, non li pareua conueniente, come ad il Re’ uolle trattenersi, che sempre se ne ri- altri che non aueuano un commodo di casa tornaua in Coro, terminato il tutto la nobiltà per riceuere Sua maestà, d’Vrbino che precedeua, e li Suoi milordi, e Caualieri di retroguardia se ne ritornò in [c. 10v] Corte, passando per la Capella del Venera- quale si era dichiarato d’essere fauorito bile. Il Giorno la maestà Sua se ne stiede al dà chi l’auesse inuitato. luoco solito della Gellosia della metropoli- Giorno di mercoledi li 18. maggio tana; Come fece il simile i giorni di Pasqua. 1719. 49 giunse il dopo pranso il Curiero In tall’Anno si pose il Perdono quall’è spedito di Francia, quale portò 1’infausta nella Corte, alla Chiesa nuoua alla maestà sua della morte della Re- gina madre di sua maestà, che si chiamaua [c. 10r] maria elleonora. di San Domenico per ordine di Clemente Adi 20: d.o mon: Anton: Maria Marelli XI. Albani 48. Arciuescouo d’Vrbino fece fare un’officio Là maestà sua andò in Casa Staccoli, oue generale per l’Anima di Sua maestà Defon- li fecero qualche dimostrazione d’ossequio. ta; Detto monsignore Arciuescouo cantò la

212 Federico Marcucci Giacomo III Stuart gran’ messa, con’ sontuosa musica, e nobile Suoi Caualieri il rendimento di Grazie al Cattafalco, con’ l’Arma della maestà Sua in Sig.r Confaloniere, che di ciò ne prese l’as- Seta, et infinità di torcie, e con l’assistenza sunto il d.o mon: Presidente Saluiati di Se- di Sua maestà alla Gelosia. ruire Sua maestà, che il Re n’ebbe sommo Il Capitolo ancora per dimostrarne la piacere. douta Stima la mattina delli 21: fece il Simi- le, e mon: Arciuescouo asistette al’ Trono, e [c. 11v] similmente il Re fece alla Gelosia. Tardò sino à questo tempo la tal fun- Li 29: d.o mese li Padri di S. Domenico zione di d.o funere, mentre per la uastità, e il Giorno dopo pranso, che fù di Domeni- bellezza della Gran’ machina non poterono ca 50 fecero l’esposizione per Sua maestà li Pittori prima renderla terminata, per ren- Defonta, con’ la recita del Santis:mo Rosario derla adornata de Geroglifici allusiui à Sua di quindici poste 51, facendo pausa ad’ogni m[a]està defonta. terza posta, in fine u’interuenne la maestà Monsignor’ Alaman’ Salviati Presiden- Sua, con’ l’eminentissimo Cardinal Gual- te auendo ueduto da’ questi Antecessori la tieri, uenuto ad inchinarsi alla maestà Sua, dimostrazione di Stima di Sua Maestà de- unita: mon: Presidente Saluiati, milordi, fonta, ancor’esso li 4. Giugno nella Chiesa di S. Domenico fece porre un panno negro [c. 11r] in’ terra, col nummero di dodici Torcie, con’ e Caualieri, e con’ il Seguito di tutta la la messa Cantata, e messe basse 52 col dire nobiltà d’Vrbino, et il suo luoco fù al Coro, che così era il costume alla Francese; Adi oue in fine si diede la Benedizione. 16 d.o Giugno fecesi la Solita Processione Questo Publico d’Urbino per dimostrar- della gran’ Festa del Corpus Domini, alla ne tutta la douta stima di Sua maesta’ De- quale uolle interuenire la maestà Sua, ma fonta li 30: di d.o mese giorno suseguente non à tutto il giro per la sua indisposizione, di Lunedi fece fare un’Officio generale di Bensì fecesi portare in Portantina alla Chie- messe, con’ un’ Catafalco assai nobile, e di sa di S. Agata con’ il Seguito de millordi, tutta bellezza, ornato con’ infinito nummero e suoi Caualieri Cattolici; e giunto alla d.a di torcie, tutte possate sopra dopieri d’Ar- Chiesa il Venerabile si pose dopo il Balda- gento con’ altri uasi d’Argento di Cipresso, chino con’ facola in mano, come anche li con quattro uasi d’Argento uno per cantone, suoi Caualieri, quali andauano diffilati late- con’ profumi. ralmente al Baldachino, e dopo tutti, li Se- monsig: Marelli Arciuescouo cantò la’ ruitori di Sua maestà con torcie di libre otto gran’ messa, e con’ una musica assai nobile. per Ciascheduno. Li Caualieri tutti d’Urbino vestiti à bruno accompagnorono la maestà sua alla Solita [c. 12r] Gelosia, di poi la d.a nobiltà callò in’ Duo- In’ tal giorno si diede la Benedizione mo, oue in Chiesa ui erano tutte le Dame da’ mon: Arciuescouo, quale aueua portato uestite à lutto, unitamente ancora tutti li Cit- il Venerabile, come e il costume, là maestà tadini. del Re si pose in’ un’ genuflessorio posto La’ maestà Sua gradì in’estremo la di- à cornu euangeli, e l’Altare era auanti la mostrazione della Città, che ne comise à Chiesa di S. Domenico essendoui il Parato

213 Studi pesaresi 5.2017 solito che si costuma in d.a Solenità fatto dal la maestà Sua con’ Facola in mano, poi il Sig.r Anton: Rangoni Sinigo in quell’Anno Sig.r Confaloniere, che era il Sig.r Girolamo di tal Funzione; I suizzeri andauano dalle Corboli, di poi ueniuano milordi, e Caua- parti del Venerabile; I Soldati Corsi stauano lieri del’ Rè à due con’ facola, come tutta la diffilati, cominciando alla Porta del Palaz- Famiglia con’ Facola, et i Stafieri con’ Tor- zo Publico, oue cominciaua il Parato; Le cia dalle parti del Bal= Corazze ueniuano di retroguardia alla Pro- cessione, quali si posero nella Piazza della [c. 13r] Corte, uicino l’Archiuio, e suseguentemen- dachino, lasciando ancora tutta la Cera te dietro ui andorono li soldati Corsi, squa- alla metropolitana dronati nella medema linea delle Corazze, Là mattina delli 28: d.o Giugno la ma- che queste stauano sù là dritta. està sua fece fare un’Officio in Duomo Data che fù là Benedizione la M. S. se numerosis:mo di messe per essere l’elemosi- ne tornò in Corte per essere come dissi indi- na d’un Testone, e questo per l’Anima della sposto, partendosi priuata: 53 Regina madre defonta, non ui fù Cattafalco, Fù riportato il Venerabile in Duomo, oue mà in forma assai nobile; Fù posto il Strato si diede nouamente la Benedizione, oue in- negro in Terra, nel luoco solito del Presbi- teruenne tutto il Seguito del Re, e con’ lò terio, con’ di Sopra la Cassa ricoperta con sbaro 54 de Corsi. panno negro fatto fare dà Sua maesta di gran’ bellezza; Vi furono posti uentiquattro [c. 12v] Candelieri d’Argento, con’ facolotti sopra Tutto il Seguito di Sua maestà lascioro- di libre sei; li Sette dell’Altar magiore di li- no la Cera alla metropolitana, quale fù se- bre dodici l’uno, e le facole alli Altari d’una condo il consueto. Mon: Aleman’ Saluiati libra l’una. Presidente per non auere alcun’ luoco non Cantò la gran’ messa mon: Marelli Ar- potè interuenire alla funzione, mà se ne stie- ciuescouo, poi dopo conforme il Solito de in fenestra, che corisponde alla Piazza, la fecero l’essequie con’ le quattro dignità in causa si è, per non auere ancora mandato di Piuiale, e là nobiltà tutta di Dame, e Caua- Roma il Cerimoniale. lieri in abito negro; li Caualieri andorono à La Domenica delli 19: d.o Giugno fecesi Seruire il Re, quale stiede alla Gelosia. la consueta Processione col Venerabile per Adi 4.° Agosto 1719: 55 la maestà Sua l’altra parte della Città, mà il Re non potè uolle condecorare la Festa di S. Domenico, interuenirui per la Sua indisposizione, man- mentre il Giorno alle ore 22: andò alla Be- dò ben’ si li Suoi Staffieri con’ Torcie, quali nedizione, in’ fine se ne andò à Spasso. stauano lateralmente al Baldachino, et in’ fine lasciare le Torcie al Duomo di d.o num- [c. 13v] mero, e peso. Li 6: Ottobre del d.o Anno Giorno di Adi 23: d.o Giorno di Giovedì ottaua del Giovedi 56 il Re se ne partì d’Vrbino in for- Corpus Domini il Rè uenne alla Processio- ma priuata; e andò ad incontrare la sua Spo- ne consueta che si fà nella Piazza della Cor- sa, trattenendosi in Bollogna, per andar’ poi te, fù portato il Venerabile dà mon: Arciue- ad incontrarla in Sino à Ferrara. scouo come il Solito, dietro il Baldachino Venne la nuoua li 22: d.o Ottobre in

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Vrbino come le Principesse Subieschi, [c. 14v] una delle quali era la Regina Sposa, erano [bianca] arestate per ordine dell’Imperatore Carlo 6. in Ispruch’, e questo era di Sentimento [c. 15r] del Re Giorgio usurpatore dell’Inghilter- Il Giorno delli 14: Ottobre 1722: Gia- ra, per impedire che il Re Giacomo auesse como III Stuardi Re qui decontro descrit- successione; e per che l’Imperatore non to, uolle dare il contento alla Città d’Vr- puole disgustare il d.o Re Giorgio, al qua- bino nel ritorno che faceua di Lucca con’ le daua di presente Truppe contro il Rè la Regina sua Consorte per esser stato alli di Spagna, e per tale corispondenza aueua bagni, à benchè questa non fosse la strada eseguito d.o Aresto, benche fù giudicato per ritornarsene à Roma, tutta uolta uolle troppo crudele. accrescere l’onore à questa Città nel trat- Si dice però che l’Imperatore facesse sa- tenersi tre Giorni; Di già preuentiuamente pere al Re Giacomo che si si spedisse pre- erano passate le Supliche dall’eminentis:mo sto, mà perche il d.o monarca non e seruito Sig.r Cardinale Anibale Albani del Tittolo di proposito, dalla sua tardanza ne seguì un’ di S. Clemente, e Camerlingo di S.a Chiesa tanto male. per auere la Sorte di Seruirlo nel Suo Pal- In d.o giorno delli 22: d.o mese, et Anno, lazzo, che poi sentendone la uenuta di Sua ebbero ordine dà Sua maestà di partire mi- M.a nelle uicinanze di Pesaro, si portò d.o lordi, Caualieri, e tutto il eminentis:mo subbito ad inchinarlo, e rinou- arle le Supliche, quale sentendone la dispo- [c. 14r] sizione del Re nel compiacerlo, si licenziò Seguito che si trouaua in Urbino, per il d.o eminentis:mo Sig.r Cardinale per esser Roma, prendendosi però ciascheduno il prima in Vrbino à riceuerle. suo commodo. Già antecedentemente il Re Giunse in’Vrbino sua maestà, con’ la aueua spedito per Roma tutti li Aredi, et al- Regina il giorno di mercoledi delli 14: tre robbe, con’ animo di trattenersi in Vrbi- come dissi à ore uentitre, oue al Portone no pochi giorni con la Regina, per andarse- del Palazzo Albani si trouò Sua eminenza, ne in Roma, doue che per tale auenimento con’ tutta là nobiltà d’Vrbino uestita di bru- Sua maestà hà pigliato la strada di Roma, no, mentre la Regina portaua il Lutto della senza passare in Vrbino. Regina Adi 22: maggio 1720: In’ giorno di lu- nedì 57 partirono li Soldati Corsi per Roma, [c. 15v] e ben’ che fosse notificato al Sommo Pon- Sua Madre. Giunte in Anticamera le ma- tefice che questi erano di uantaggio per la està loro, il Re si dichiarò molto tenuto al Città, tutta uolta non se ne godè l’effetto; Sig.r Cardinale, come anche alla città per le Là prima Causa fù che l’Abbate Valenti non tante cortesie, è finezze ricevute nel tempo uoleua che detti Soldati fossero comman- di sua permanenza, e nuouamente passò dati dà mon: Saluiati Presidente, onde per quelli atti di stima ben’ douti al merito di molti ragiri, e per più capi si conuenne par- tanto gentile, e generoso Porporato. tire, che à chi scriue non lice il Significarlo. Là Sera medema sapendo Sua maestà che ui erano preparate molte Commedie,

215 Studi pesaresi 5.2017 con’ le forze d’ercole, si espresse che au- nerazione adororono il SS.mo Crocefìsso, rebbe ben’ uolontieri ueduto il tutto, come con’ stupore ancora mirorono il deposi- anche per dar’ piacere alla Regina nella me- to 58 di marmo, dema Sera. Ad un’ora di notte le maestà loro ando- [c. 16v] rono in Carozza, Sua Eminenza, e con ma- e se ne partirono amirati d’un Santuario dama Este, che seruiua la Regina, al Teatro cosi nobile. Pascolino, oue alla Porta del Coridore che Saliti in Carozza se ne andorono alla porta al Teatro ui furono tutte le Dame ue- Chiesa di S.a Catterina, nella quale si cele- stite à bruno, come anche li Caualieri qua- braua la festa di S.a Teresa, e fatta una breue li seruiuano le maestà loro in nummero di orazione si portorono dentro il Conuento, uentiquattro con’ Candelieri sino al Casi- con’ il Seguito di tutte le Dame, che atten- no; nel passare le maestà loro s’inchinaua- deuano in Chiesa per seruire le maestà loro, no con’ somma Gentilezza alle Dame, che oue li era precorso à d.e Dame l’auiso. stauano difilate per d.o Coridore, e giunte al Vi furono alcune Cittadine che entroro- Casino no nel Conuento in compagnia delle Dame, ma’ come l’Eminentis:mo Sig.r Cardinale se [c. 16r] ne auide, le fece sortire, ed il Re disse, che si diè principio alle Forze, che per’ dar’ solo le dame doueuano entrare. riposo à Forzanti fù recitata una Cantata dà Si portorono le maestà loro sino all’orto, un’ Virtuoso di Bollogna, e dà Paolino mu- di poi ritornorono in dietro, e prima di sor- sico della Capella, in’ fíne delle Forze fù so- tire dal Conuento disse Sua maestà alla ma- nato il Salterio dà un’ Virtuoso fatto uenire dre Abadessa che seruisse quelle Dame, la di Roma, in tal sera non fù fatta la Comme- quale le sogiunse per quante ore comman- dia, à fine fosse più breue il diuertimento; daua Sua Maestà, che a ciò rispose quanto Le m[a]està loro in fine si partirono, seruite uogliono queste Dame, e se uogliono resta- come prima nel uenire. re sino all’Aue Maria sono Patrone, e con’ La mattina suseguente del Giouedi un’ gentilis:mo inchino le maestà loro, in’ le m[a]està loro in compagnia di S. E. si compagnia di S. E. portorono in Corte, oue il Re fece uedere alla Regina ogni ben’ che piccola Camme- [c. 17r] ra, dove ne partì contenta per la ueduta di e Madama este montorono in Carozza, e d.a Corte. A piedi si portorono in Duomo, ritornorono in Casa Albani 59. ricevuti, e seruiti dà tutto il Capitolo, e Il dopo Pranzo S. E. fece sapere al Con- Clero in abito; che là Regina ne restò ami- faloniere che all’Aue Maria fosse in casa rata, non solo per la nobile strottura della Albani, mentre le maestà loro lò uoleuano Chiesa, come anche per le Pitture, et adob- riceuere, ma’ pero’ in abito di Campagna bi che la rendono qualificata. Suseguente- dà bruno, e che la’ Sera le maestà loro lo mente se ne andorono alla Chiesa della uoleuano à Cena. Rispose il Confaloniere à Grotta, e à benche ui fosse preparato un’ quei Caualieri che le aueuano portata l’Am- nobile Genuflessorio, tutta uolta le maestà basciata, che sarebbe stata ubedita l’Emi- loro si posero in terra, e con’ somma ue- nenza Sua.

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Suseguentemente il dopo pranso le ma- [c. 18r] està loro, con’ S. E. e madama este si por- Fù recitata una bellis:ma Commedia da’ torono alla Chiesa de P.P. Carmelitani, poi Caualieri Pascolini intittolata il Nicomede, al Conuento, al Giardino, et in’ fine se ne per prologo le Forze per genio delle maesta’ ritornorono à Casa. loro; per doi intermedij il Canto, e per finale All’ora destinata il Confaloniere, il ballo fatto dal Prencipe di Sassonia, quale quall’era Gio: Fortuniano Gueruli Pucci, se era uenuto di Roma con l’eminentis:mo Sig.r ne andò à Casa Albani 60, e giunto in’ An- Cardinale Albani. ticamera complimentò con’ li doi Caualieri Sua eminenza con’ il Solito di Sua Gene- del Re, con prestezza ne passarono l’Am- rosità fece fare à sue Spese un’ Copiosis:mo basciata, e di Subbito n’ebbe udienza dalle Rinfresco, non Solo alle maestà loro, come maestà Loro. à tutta la nobiltà di Dame, e Caualieri di Espose il Complimento in ossequio Ciocolate, e aque gelate di tutte le Sorte. della Città, oue dal Re prima n’ebbe una Terminata subbito l’opera le maestà loro gentilis:ma risposta si alzorono in Piedi, e 1’Eminentis:mo Sig.r Cardinale disse al Confaloniere che si trou- [c. 17v] aua nel Casino 61 delle maestà loro, che Sua col dire. maesta’ lò uoleua Seco a Cena; quale con’ Ò goduto uedere il Sig.r Confalonie- profondo inchino disse ubedire. re, perche professo molte Obbligazioni Si partirono le maestà loro sempre ac- alla Città d’Vrbino, e s’accerti che ne aurò compagnate, e seruite come prima, e nel sempre una uiua memoria di tante genti- entrare in Carozza il Confaloniere diede li dimostranze. Con’ altretante espressioni il braccio al Re, quale fù il primo à salire Gentilis:me si dichiarò la Regina; Poi adi- all’uso francese, e Sua Eminenza fece il Si- mandò quanto duraua il suo Gouerno, e uo- mile alla Regina nel Seruirla, li Caualieri lendo andare il Re nella Cammera contigua, del Re dettero di braccio à madama este. disse, con’ permissione del Sig.r Confalo- niere. Là Regina si dimostrò molto conten- [c. 18v] ta nell’auer ueduto le Forze, e ne fece un’ Si trouaua mon: Alaman’ Saluiati uenuto sommo aplauso. L’udienza onorifica fù più di Pesaro per inchinare le maestà loro, quale d’una mezz’ora; Ritornato sua m[a]està adi- andò auanti alla Carozza in compagnia del mandò al Confaloniere se andaua alla Com- Confaloniere, Prencipe di Sassonia, del Balì media, quale rispose che aurebbe auto il Mercolino, con’ li doi Caualieri del Re, per uantaggio Seruire le maestà loro, Andiamo essere à riceuere la maestà loro, Smontati dunq: disse il Re, e fu’ terminata l’udienza, che furono complimentorono mon: Presi- col seruire le maestà loro fino alla Carrozza, dente, e si portorono all’Apartamento, ben’ oue l’eminentis:mo Albani per le scale die- si per poco tempo, mentre il Re si portò de di braccio alla Regina, et il Confaloniere all’Anticamera, oue era sua eminenza, mon: unita: con’ il Seguito del Re, e molti Caua- Presidente, i tutti di sopra notificati, e così lieri della Città accompagnorono la Carozza disse al Confaloniere. Prego il Sig.r Confa- al Teatro. loniere ringraziare le Dame, e Caualieri, e tutti li Recitanti di tanta bontà, e Gentilezza

217 Studi pesaresi 5.2017 praticata, e che non si sarebbe mai scorda- [c. 19v] to delle sue obligazioni, Rispose con’ tutto d’Vrbino si trouò in Anticamera Albani, ossequio il Confaloniere, di poi Sua maestà che il Sig.r Cardinale fece dare copiosis:ma discorse della Sua partenza nella suseguen- Ciocolata, con biscotini di Sauoglia 63, et te mattina; Sopragiunse all’ora la Regina, ancora Caffè. oue le maestà loro si posero alla tauola per Dopo la messa il Re si portò in antica- la cena. mera, e nuouamente ringraziò il Confalo- niere di tante finezze praticate dalla Città, [c. 19r] pregandolo nouamente, che così fù il suo In primo luoco le maestà loro, indi Sua gentilis:mo parlare, à passare atti di ringra- Eminenza, mon: Presidente, il Prencipe di ziamento con’ tutte le Dame, e Caualieri; Sassonia, il Confaloniere li doi Caualieri di poi giunse la Regina, la quale parimen- del Re, il Balì Mercolino, e Castellano Gio: te disse, che ancora in suo nome passasse Bernardino Bonaventura. questi atti di stima, e di ringraziamento alle Madama este stiede uicino alla Regina Dame, e Caualieri. In fine per loro Genti- à Tauola. lezza dissero, ringraziamo ancora il Sig.r Là Cena fù lautis:ma con’ rare, e preziose Confaloniere, e che mai ci scorderemo della uiuande, imbandita quattro uolte la Tauola Città d’Vrbino. con’ noue Bacili per portata; In ‘fine i dol- Là Regina fù seruita di braccio dall’em:mo ci furono abondantis:mi, e di rarissimi frutti Sig.r Cardinale, et al Portone le maestà loro sopra undici deserte, 62 che à lodare il tutto nouamente complimentorono con’ l’E. Sua, sarebbe una freddura, essendo ben’ noto à con’ Mon: Presidente, e tutti li radunati del- tutti l’Animo Generoso dell’Em:mo Sig.r la Nobiltà. Cardinale Anibale Albani. Entrate le maestà loro in Suimmero, Là Regina diede l’ultima uiuanda al noua: adimandorono del Confaloniere, imponendole di ringraziare tutte le Dame, e Caualieri delle grazie com- [c. 20r] partitele. Confaloniere, quale se ne staua dietro In’ fine ui furono diuertimenti di musica, all’Em:mo Albani, lo salutorono con’ Som- con’ suono di Salterio, di poi le maestà loro ma Gentilezza, e se ne andorono à Pesaro, e si alzorono, e con’ gentile inchino, come an- mon: Alaman’ Saluiati partì prima per Seru- che nel Salutare in uoce à tutti ad uno per ire le maestà loro in Corte di Pesaro. uno, si ritirorono. Là mattina delli 16. d.o il Confaloniero [c. 20r] con’ la nobiltà [bianca]

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1 Edward Corp, I Giacobiti a Urbino, 1717 – di un quaderno posto all’inizio del fascicolo intito- 1718. La corte in esilio di Giacomo III re d’Inghilter- lato Memorie storiche e carte relative alla famiglia ra, edizione italiana a cura di Tommaso di Carpegna Gueroli-Pucci, che raggruppa anche altre 17 carte di Falconieri, Bologna, il Mulino, 2013; i Giacobiti era- varia natura e formato, numerate da 40 a 56. Segna- no gli appartenenti al movimento politico del giaco- tura di collocazione: Biblioteca Universitaria di Urbi- bitismo, che si proponeva la restaurazione del casato no, Archivio Storico, Fondo del Comune, busta 172 degli Stuart sul trono d’Inghilterra e Scozia. Famiglie urbinati (C-G), fasc. IV, numero 11. Le ri- 2 Giovanni Fortuniano Gueroli Pucci, Venuta e produzioni del quaderno in questione sono disponibili permanenza di Giacomo III d’Inghilterra in Urbino all’interno del comparto Manoscritti della Biblioteca negli anni 1717, 1718 e 1722. Diario sin qui inedito Digitale (http://opac.uniurb.it/ODIGIT/AU/Guero- [a cura di Giuseppe Ciccolini], [s.l.], [s.n.], tip. Righi, li_Pucci_Giovanni_Fortunia-no_Memorie.pdf). Urbino 1883; titolo della copertina: Diario sulla ve- 7 Annali d’Italia Dal principio dell’Era Volgare nuta e permanenza di Giacomo III d’Inghilterra in sino all’Anno MDCCL. Compilati da Lodovico An- Urbino negli anni 1717, 1718 e 1722. La Biblioteca tonio Muratori Bibliotecario del Serenissimo Duca Universitaria di Urbino conserva riproduzioni (pur- di Modena. Colle prefazioni critiche di Giuseppe troppo non perfettamente complete) di quest’opera Catalani Prete dell’Oratorio di S. Girolamo della alla segnatura di collocazione Misc. A – CXXX 17, Carità. Edizione arricchita d’un Indice più copioso riproduzioni che sono state recentemente digitaliz- delle antecedenti. tomo XII, parte I. Dall’anno MDC- zate e messe a disposizione degli utenti della rete CI. dell’Era Volgare fino all’anno MDCCXXXIV. In in formato pdf, all’interno del comparto Edizioni a Roma, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri, stampa della biblioteca digitale (http://opac.uniurb. e Stampatori a Pasquino, 1754, pp. 139-140. it/ODIGIT/AU/Gueroli_Pucci_Giovanni_Fortunia- 8 A tale riguardo sarebbe interessante aprire una no_Diario.pdf). parentesi sul funzionamento della memoria, stru- 3 Agli effetti solo verso la fine dell’opuscolo, a p. mento spesso ingannevole che accumula particolari 19, dove viene citato Giovanni - Fortuniano Gueruli a volte svincolati da un contesto coerente, creando [sic]-Pucci, una nota a pie’ di pagina informa essere difficoltà a giudici, storici e a tutti coloro che si tro- egli lo «Scrittore del presente diario». vano a dover utilizzare i ricordi umani per gli scopi 4 Luigi Moranti, Biblioteca Universitaria di Ur- più diversi; si vedano i recenti ed interessanti scritti di bino, v. LXXX degli Inventari dei manoscritti delle psicologia della testimonianza. biblioteche d’Italia, Olschki, Firenze 1954. 9 Per amor di completezza va detto anche che il 5 Ad esempio la versione del diario contenuta nel memoriale di Giovanni Fortuniano Gueroli Pucci ri- manoscritto Urbino 93 ad una prima ricerca non risul- porta le informazioni delle quali l’autore disponeva, ta rintracciabile per il tramite del repertorio del Mo- e trascura inevitabilmente alcune notizie piuttosto si- ranti a motivo di un errore, consistente nell’indicare gnificative: ad esempio viene ignorato il particolare, come autore non Giovanni Fortuniano Gueroli Pucci, pervenutoci attraverso altre fonti, che ogni giovedì, a bensì un inesistente Giacomo Pucci (e agli effetti la palazzo ducale, Giacomo III toccava le guance degli voce dell’indice finale “Pucci Giacomo. Diario” ri- scrofolosi facendo il segno della croce con una picco- manda alla p. 130, ove trovasi la descrizione del nu- la medaglia d’argento, mentre un sacerdote leggeva mero 45 del Tosi). alcuni versetti, in linea con la famosa quanto ovvia- 6 Giovanni Fortuniano Gueroli Pucci, Memo- mente illusoria credenza in base alla quale si ritene- rie di casa Gueroli, di Casa Pucci, di Casa Giorgi, va che i re, specialmente francesi, potessero guarire et altre notizie, scritte da me Gio: Fortuniano Gue- dalla scrofola, una malattia oggi nota come adenite roli Pucci. Vi è ancora circa il Predicatore che si tubercolare, un’infezione delle stazioni linfonodali, pagaua dà Casa Gueroli, et altre utili notizie. e de in particolare quelle del collo. I re d’Inghilterra, che nuoui Confalonieri, manoscritto cartaceo, legato in fino a Giorgio III portarono anch’essi il titolo di re cartone, secolo XVIII, mm 200x170, cc. 39. Si tratta di Francia, ovviamente di pura pretensione, ne imi-

219 Studi pesaresi 5.2017 tavano – compresi gli Stuart esuli – il “tocco”: Marc 12 Luke Wadding, Annales Minorum. In quibus Bloch, I re taumaturghi. Studi sul carattere sovran- res omnes trium ordinum a s. Francisco institutorum naturale attribuito alla potenza dei re particolarmen- ponderosius et ex fide asseruntur, et praeclara quae- te in Francia e in Inghilterra, Einaudi, Torino 1973, que monumenta ab obliuione vendicantur, Lugduni, pp. 305-307. sumptibus Claudii Landry, 1625-1648, 8 v. in folio. 10 A tale riguardo si rimanda agli interessanti vo- 13 Vittore Silvio Grandi, La vita del cristiano lumi di Tommaso di Carpegna, che si è occupato di posta al paragone di alcuni santi, e beati sì religiosi, tali questioni in più luoghi della sua ampia produzio- come secolari venerati nella città, e diocesi Arimine- ne scientifica. se… In Arimino, per il Ferraris stampatore vescouale, 11 Per inciso si osserva che la fama dell’opera, 1702, 2 v. in 12°. La Narrativa VI. Del B. Giovanni più che ai ritratti dei tre illustri defunti, posti nella Gueruli Confessore Canonico Diacono va da p. 99 a parte alta della piramide, è dovuta soprattutto alla p. 135. bellezza dei due geni funebri nudi e alati, doloro- 14 Piergirolamo Vernaccia, Giustificazione per samente e stancamente appoggiati su lunghissime gli Alberi genealogici delle famiglie nobili di Urbino, fiaccole capovolte, molto ammirati da Stendhal, per copia del Rosa, manoscritto cartaceo, legato in carto- il quale le due figure erano i più amabili capolavori ne, secolo XIX, mm 260 x 190, segnatura di colloca- canoviani, davanti ai quali egli confessa di aver pas- zione Urbino 16, p. 463. sato ore ed ore in estatica ammirazione: «Di fronte 15 Relazione Della Infermità, Morte, solenni c’è una panca sulla quale ho trascorso le ore più dolci Essequie, e Trasporto di Sua Maestà Giacomo III. del mio soggiorno a Roma. Soprattutto nell’appros- Re della Gran Brittannia, occorse in Roma il dì 7. simarsi della notte, la bellezza di questi angeli ap- Gennaro 1766. In Roma nella Stamperia del Chracas, pare celestiale. Giungendo a Roma bisogna venire presso S. Marco, 1766, p. VIII, in 4º. presso la tomba degli Stuart per provare se si abbia 16 Il testo comincia con un errore, dato che è per caso un cuore fatto per comprendere la scultura», certo che Giacomo III giunse a Urbino l’anno pre- citato in Sepolcro degli Stuart (http://www.ire-land. cedente, il 1717, come riportato da altre fonti stori- it/sepolcri/sepolcrostuart.html, cons. 2 luglio 2017). che, tutte concordanti: la circostanza che si tratti di Chi volesse approfondire la conoscenza del soggior- un mero lapsus calami, e che l’autore abbia scritto no romano degli Stuart troverà interessanti notizie 1718 avendo in mente 1717 è comprovata dal fatto nelle lettere che il presidente de Brosses scrisse da che, consultando il calendario perpetuo, si apprende Roma negli anni 1739-1740 (Charles de Brosses, che l’11 luglio 1718 era un lunedì, in contrasto con Lettres d’Italie du président de Brosses, texte éta- quanto il testo afferma, mentre l’11 luglio 1717 (data bli, présenté et annoté par Frédéric d’Agay, Mercure dell’effettivo arrivo di Giacomo III a Urbino) era pro- de France, Paris 2005). Sulla spedizione in Scozia prio una domenica. si veda l’opera dell’abate Cordara compresa nel pri- 17 Carlo era figlio di Orazio Albani (fratello di mo volume delle sue opere (Opere latine e italiane Giovanni Francesco – Clemente XI) e di Maria Ber- dell’abate Giulio Cesare Cordara dei conti di Ca- nardina Ondedei; tra i sette figli avuti dalla coppia lamandrana, Venetiis, apud Justinum Pasquali Ma- meritano una particolare menzione Alessandro e An- rii filium, 1804-1805, 4 v. in 8°; il titolo del primo nibale, entrambi personaggi illustri giunti anche al volume è De vita et scriptis Julii Cæsaris Cordaræ cardinalato. e Societate Jesu quamdiu ea stetit commentarius 18 Il cardinale bolognese Antonio Davia fu le- Caroli Odoardi Stuardii Walliæ principis expeditio gato d’Urbino dal 17 dicembre dell’anno 1715 al 13 in Scotiam libris quatuor comprehensa). Alcune – e maggio 1717; fu suo vicelegato monsignor Lodovico perlopiù poco lusinghiere per casa Stuart – notizie Anguisciola, piacentino. trovansi nelle biografie di Vittorio Alfieri, che ebbe 19 Monsignor Alamanno Salviati, fiorentino, go- una relazione con la contessa d’Albany, moglie del vernò Urbino con il titolo di presidente della legazio- pretendente d’Inghilterra Carlo Edoardo. ne per circa quindici anni, dal 14 maggio 1717 al 14

220 Federico Marcucci Giacomo III Stuart giugno 1732, anche se durante i suoi lunghi soggiorni po de’ lor maggiori infortuni vi trovarono quieto e romani fece le veci di presidente monsignor Filippo sicuro albergo. Spada, vescovo di Pesaro. 20 Monsignor Marcello d’Aste, romano (21 lu- Gioverà forse ricordare che l’appartamento del glio 1657 – 11 giugno 1709), resse il governo della Magnifico è chiamato in questo modo in ricordo della legazione d’Urbino col titolo di presidente della me- permanenza presso il palazzo ducale del figlio di Lo- desima dal 30 giugno 1698 al 2 aprile 1703. renzo il Magnifico, Giuliano duca di Nemours, ospite 21 Cioè nell’attuale palazzo ducale. dei signori di Urbino a seguito dell’esilio dei Medici 22 L’indicazione oltre che parziale è errata: la da Firenze. L’iscrizione sopra riportata è stata rimos- data esatta dovrebbe essere 20 giugno 1717, come sa in epoca imprecisata, tuttavia la sala XIII dell’ap- riportato nell’edizione a stampa del 1883, il cui cu- partamento degli Ospiti del piano nobile del palazzo ratore, Giuseppe Ciccolini, ha evidentemente avuto ducale è ancora oggi conosciuta come “Sala del re modo di consultare fonti storiche ulteriori e diverse. d’Inghilterra”. 23 La festa di san Pietro apostolo si celebra il 26 La Cappella del Santissimo Sacramento (fa- giorno 29 giugno. mosa per conservare un importante dipinto di Fede- 24 Lo svimero era un cocchio molto veloce, a due rico Barocci, un olio su tela avente per soggetto l’Ul- o a quattro ruote. tima Cena) si trova all’interno del duomo di Urbino, 25 A questo punto, nell’edizione a stampa del dia- a cornu Evangelii, vale a dire a sinistra dell’altare rio, il già citato curatore Giuseppe Ciccolini inserisce maggiore. la nota appresso riportata. 27 Il testo stampato reca le ore 21,00 come mo- mento dell’abituale passeggiata del re, tuttavia l’ora- Nel luogo ove Giacomo ebbe stanza fu posta dal rio sopra riportato è senz’altro più plausibile: infatti Salviati la seguente iscrizione: all’epoca il punto di partenza per il calcolo delle ore MEMORIAE AETERNAE della giornata era il tramonto, pertanto le ore del 13 JACOBII III M. BRITANNIAE REGIS luglio 1717 (questa la data alla quale l’autore si riferi- QUOD DIUTURNO IN HISCE AEDIBUS sce) iniziarono con il tramonto del 12, che è possibile HOSPITIO collocare – per il tramite di effemeridi reperibili in URBINI GLORIAM SUMMIS URBIBUS rete – alle ore 19,51, di talché, facendo un rapido cal- COAEQUAVERlT colo, si evince che le «ore uentidue» del manoscritto ALAMANNUS SALVIATI PRAESES corrispondono alle attuali ore 17,51 (mentre con tutta DEVOTUS NUMINI MAIESTATIQUE EIUS evidenza le ore 21,00 corrispondono alle 16,51, un A. MDCCXVIII orario invero poco plausibile per una passeggiata alla Giacomo (così nota uno storico) trovò asilo nel- metà di luglio). la vuota reggia edificata da que’ Duchi feltreschi, 28 Il 18 luglio 1717 era domenica (il 18 luglio già sì ambiziosi di ricevere dalle mani de’ sovrani 1718 era un lunedì). d’Inghilterra l’ordine cavalleresco della giarettiera, 29 I.e. ‘prima’. i cui emblemi poteva egli vedere scolpiti sulle pa- 30 S’intenda nella sacrestia della chiesa di San reti… Qui passò la state l’autunno del 1717 e l’in- Domenico, che è situata di fronte all’attuale piazza verno del 1718. Nel palazzo urbinate dura ancora Duca Federico, ove trovasi l’ingresso del palazzo du- la memoria di questo preteso Re d’Inghilterra, e dal cale di Urbino. suo nome si appella tuttora una camera di quello 31 Il “Sargente Maggiore” Camillo Staccoli era edifizio, come un’altra fuga di stanze si dice l’ap- figlio del cavaliere Girolamo Staccoli e di Lisabetta partamento del Magnifico; ed è strano che in que’ dei conti Ubaldini di Apecchio (v. Antonio Rosa, Al- luoghi in cui pel lungo corso de’ secoli tante cose beri delle famiglie illustri di Urbino, manoscritto car- rimangono dimentiche e neglette, si mantenga viva taceo, legato in cartone, secolo XIX, mm 405x275, la rimembranza di due principi esuli, che nel tem- 383 carte numerate e 7 non numerate, Archivio stori-

221 Studi pesaresi 5.2017 co della Biblioteca Universitaria di Urbino, Fondo del 41 La porta di Santa Maria (o di Sant’Agostino) Comune, volume Urbino 112). era situata tra la porta di Valbona e la porta di San 32 I.e. susseguentemente. Polo. 33 Oltre al convento di san Bernardino, un’altra 42 Anche in questo caso occorre riscontrare la pre- meta prediletta di Giacomo III era l’antico convento senza del solito errore nell’anno: 1719 anziché 1718. dei padri Carmelitani Scalzi, attualmente sede princi- 43 L’edizione a stampa omette questo particolare; pale dell’Accademia di Belle Arti, nei pressi del mo- probabilmente si è pensato che un riso così incontrol- numento a Raffaello. lato fosse poco consono all’austerità ed alla gravità 34 L’edizione a stampa è più precisa e chiama in regali (senza considerare che i fatti, così come qui causa il toponimo “Camoscione”: agli effetti ancora vengono raccontati, inducono a sospettare un atteg- oggi Ca’ Moscione è una località che si trova lungo la giamento di irrisione di Giacomo III nei confronti strada provinciale di Montefabbri, in località Pallino, della reazione dei cittadini di Urbino). poco prima del bivio che conduce all’agriturismo Le 44 L’edizione a stampa reca invece il giorno 5 Fontane. aprile. 35 Guido, castellano di Ferrara, apparteneva ad 45 In questo caso l’espressione va intesa come un ramo della famiglia Bonaventura diverso da quello “molto competente di musica”, e perciò capace di del conte Federico (filosofo della corte di Francesco trarre molto diletto dall’ascolto della musica mede- Maria II della Rovere), essendo figlio di Vincenzo sima. Zerbino Bonaventura, castellano di Senigallia, e di 46 A proposito di questo personaggio si vedano le Lavinia Uberti (Rosa, Alberi delle famiglie illustri notizie appresso riportate: cit.). La sua residenza urbinate, ove Giacomo III fu ospitato, era il palazzo Bonaventura del Poggio, che 1698, Reverendissimo signore don Giovanni Batti- attualmente ospita la sede centrale dell’Università de- sta Bonaventura, chierico in minoribus, fu eletto e gli studi di Urbino “Carlo Bo”. promosso al canonicato della prebenda Beverardi, 36 Alcune notizie sulle due esponenti della nota antecedentemente ritenuta dal canonico Giuseppe famiglia urbinate si trovano nel già citato Rosa, Al- Giunca, e ne prese il suo possesso il dì 29 Settem- beri delle famiglie illustri di Urbino: Teresa, figlia di bre 1698. Seguita poi la morte dello stesso canoni- Francesco Antaldi (nato nel 1640), andò in sposa a co Giunca, passò al canonicato di massa, del quale Giovanni Battista Tenagli; Lucrezia, figlia di Tomma- ebbe il suo possesso li 29 Marzo 1699. Inoltre per so Antaldi e di Vittoria Palma, sposò in prime nozze il morte dell’arcidiacono Costanzo Valubbi ottenne cavalier Crescentino Staccoli (nato il 27 luglio 1674), la predetta dignità, e ne prese il suo possesso li 19 indi il marchese Legnani. Dicembre 1712. Finalmente per morte del propo- 37 Sorta di terziglio, gioco praticato da tre gio- sto Ottavio abbate Antaldi fu eletto proposto, ed il catori con un mazzo di quaranta carte, per il quale v.: possesso di tale dignità lo ebbe li 22 Gennaro 1719. Giovanni Battista De Luca, Del giuoco dell’ombre. In Roma, per il Dragondelli, 1674. In: Antonio Rosa, Serie cronologica di tutti li 38 Cioè un palchetto teatrale. signori canonici della chiesa di Urbino. Dall’an- 39 Vale a dire sedute su alcune sedie di loro pro- no 1481 al 1815 corredato di storiche notizie inte- prietà. ressanti con un’appendice degli opportuni autentici 40 In prosecuzione con l’errore già precedente- documenti. Manoscritto cartaceo, legato in cartone, mente evidenziato, anche in questo caso tutto lascia secolo XIX, mm 290x210, 819 pp.; segnatura di col- supporre che “1719” sia un evidente errore e che l’an- locazione Urbino 54, p. 86-87. La trascrizione della no corretto sia il 1718; se si considera che la data cor- cronologia dei canonici è ora disponibile in rete: v. retta sia 2 marzo 1718 si ritrova la perfetta coinciden- Biblioteca Digitale della Biblioteca Universitaria di za con i giorni della settimana indicati nel passo che Urbino, http://opac.uniurb.it/ODIGIT/AU/Urbino54. precede (v. supra), che diversamente sarebbero errati. pdf (cons. 11 luglio 2017).

222 Federico Marcucci Giacomo III Stuart

47 Le fonti storiche concordano nel farci sapere 51 Le poste sono serie di cinquanta Ave Maria, che dal 1716 al 1739 fu arcivescovo di Urbino un divise in gruppi di dieci, che vanno a comporre la re- ecclesiastico noto con il nome di Tommaso Maria cita del rosario. Marelli; forse per una svista in vari luoghi del mano- 52 Tra i vari tipi di messa (cantata o solenne, con- scritto il personaggio in questione viene indicato con ventuale, pontificale, papale), la messa bassa o letta è il nome di Antonio Maria Marelli. quella comune. 48 All’interno del palazzo ducale la cappella del 53 Privatamente. Perdono conserva un reliquiario che anticamente ve- 54 I.e. lo sparo (‘sbaro’ è forma vicina al dialetto niva esposto sopra l’ingresso della cappella stessa veneto). ogni lunedì di Pasqua, quando accorrevano numerosi 55 Rectius 1718. fedeli desiderosi di ottenere l’indulgenza concessa da 56 La consultazione del calendario perpetuo for- Sisto IV su istanza di Ottaviano degli Ubaldini, come nisce ulteriori conferme del fatto che l’anno di cui si ricorda un’iscrizione esterna al piccolo tempio (OC- discorre sia il 1718 e non il 1719: infatti il 6 ottobre TAVIVS VBALD. QVADRAGENARIAM VRBIS 1718 era un giovedì, mentre il 6 ottobre 1719 era un ECCLESIAR. VENIAM PERPET. IRREVOCAB. venerdì. RITE SEMPER HOC SACELLVM ADEVNTIBVS 57 Il 22 maggio 1720 era un mercoledì, il 22 A SIXTO IIII PONT. MAX IMPETRAVIT); il papa maggio 1719 era un lunedì; la data corretta è dunque urbinate Clemente XI, che il 29 marzo 1709 aveva quest’ultima. confermato con un suo provvedimento l’indulgenza 58 Vale a dire la statua rappresentante Gesù Cri- concessa dal suo predecessore, volle che il lunedì sto morto, anticamente ritenuta opera del Giambolo- di Pasqua del 1718 il reliquiario, meta dei numerosi gna, oggi attribuita allo scultore fiorentino Giovanni pellegrini, fosse posto nella chiesa di San Domenico, Bandini (detto anche Giovanni dell’Opera). evidentemente per prevenire problemi di spazio. 59 L’edizione a stampa riporta questo brano 49 Il 18 maggio 1719 era un giovedì; anche in con modalità compendiose; a tale riguardo non è questo punto il testo reca una svista, e il riferimento da escludere che si siano messe in moto dinamiche esatto è 18 maggio 1718, che era appunto un mer- blandamente censorie, dato che il comportamento di coledì. D’altra parte le fonti storiche ci testimoniano Giacomo III all’interno del convento di Santa Cate- che Maria d’Este (nome completo Maria Beatrice rina appare non perfettamente in linea con i caratte- Eleonora Anna Margherita Isabella), divenuta regi- ri – precedentemente descritti ed elogiati – di grande na consorte d’Inghilterra con lo sposare Giacomo II gentilizza e di rispettoso ossequio. Stuart, nacque a Modena il 5 ottobre 1658 e morì a 60 L’autore parla di sé in terza persona. Saint-Germain-en-Laye il 7 maggio 1718. 61 Vale a dire nel loro palchetto. 50 Risultando attendibile l’informazione che il 62 I.e. dessert. giorno della settimana fosse la domenica, un’ulterio- 63 Vale a dire biscottini di Savoia, in altre paro- re conferma che l’anno di cui si sta parlando sia il le i savoiardi, che già da tempo facevano parte della 1718 e non il 1719 deriva dalla constatazione che il tradizione culinaria italiana, dato che la loro origine 29 maggio 1719 era un lunedì, mentre il 29 maggio risale – pare – alla fine del Quattrocento. 1718 era giust’appunto una domenica.

223

Notizie dal territorio

Il fondo archivistico di Federico Valerio Ratti presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro Indagini preliminari e primo censimento

di

Nicole Hofmann

Il recente finanziamento di una borsa di 12 buste, per un totale di circa 10.600 carte. studio elargita dal Rotary Club di Pesaro ha Federico Valerio Giusto Virginio Rat- permesso di censire ed esaminare, attraver- ti, originario di Firenze (1877-1944) ma so una ricognizione generale dei materiali, pesarese d’adozione, viene generalmente il fondo archivistico del filosofo e letterato ricordato per l’intensa e duratura amicizia Federico Valerio Ratti, conservato presso con Ercole Luigi Morselli, con cui condi- la Biblioteca Oliveriana di Pesaro e rima- vise negli anni della giovinezza travolgenti sto finora pressoché inedito. In occasione di passioni politiche e letterarie; meno nota è questa prima ricognizione è stato redatto un invece la sua importante attività di giorna- breve e sommario regesto della documenta- lista e letterato, ampiamente documentata zione, al fine di permettere la quantificazio- dai materiali presenti nel fondo archivistico ne del materiale e di comprendere la fisio- in questione. Rimasto orfano all’età di 12 nomia generale dell’archivio. anni, visse la sua adolescenza in precarie Il materiale documentario, che copre un condizioni economiche, lavorando come arco temporale che va dal 1877 al 1943, è garzone di tipografia per mantenersi gli rappresentato quasi interamente dalla pro- studi. Già dal 1895 iniziò a collaborare con duzione letteraria del Ratti, ovvero appunti alcuni giornali e periodici e a comporre le e scritti di varia erudizione (soprattutto di prime liriche, e pochi anni dopo pubblicò i argomento filosofico letterario), copioni suoi primi scritti; ma la svolta decisiva nel- dattiloscritti di opere teatrali, discorsi, sag- la sua vita e nella sua formazione umana e gi, riflessioni e appunti di carattere perso- letteraria fu l’incontro con il poeta Ercole nale; poco frequenti sono invece i materiali Luigi Morselli, da cui nacque una solida biografici (poche fotografie e qualche docu- amicizia che si protrasse inalterata per circa mento anagrafico o amministrativo), e scar- vent’anni, fino alla morte del Morselli nel sissima la corrispondenza, soprattutto quel- 1927. la strettamente personale. Le poche lettere Nel 1903 i due, abbandonati gli studi presenti sono in genere minute dattiloscrit- universitari, decisero di partire per un viag- te di lettere inviate dal Ratti ai suoi editori gio transoceanico che durò due anni, e che o amici, mentre è purtroppo molto ridotta li portò in Sudafrica e in Sudamerica e poi la corrispondenza a lui diretta, soprattutto di nuovo in Europa, in Inghilterra e in Fran- quella di carattere personale (amici intimi cia; di questa esperienza straordinaria il e familiari). I documenti sono contenuti in Ratti lascia una vibrante testimonianza nel

227 Studi pesaresi 5.2017

“Il Corriere della Sera”, maturò saggi di ca- rattere politico e sociologico come L’Adria- tico degli altri: l’Albania nell’ora presente, Albania e vita albanese, Romenia latina, Profilo di storia albanese per la scuola e per il popolo. La scelta di orientare la propria carriera al giornalismo di frontiera fu sicuramente sostenuta e motivata da un forte convin- cimento politico di stampo patriottico e nazionalista, tratto questo che sarà fonda- mentale e imprescindibile in tutta l’opera letteraria del Ratti e che condizionerà, fino all’ultimo dei suoi giorni, decisioni intel- lettuali e scelte di vita. Ma se da un lato la contingenza storica lo spingeva verso i confini geografici più remoti, dall’altra par- te una sorta di inquietudine introspettiva lo riportava sempre all’uomo ed alla sua inte- riorità, come unità fondamentale dell’esse- re e come dimensione primigenia di idee e Figura 1 – Federico Valerio Ratti. azioni; e l’ambito letterario d’elezione per poter indagare l’animo umano ed i suoi tor- racconto dal titolo Un errore di due anni: menti fu sicuramente la drammaturgia. Nel diario dell’amicizia con Ercole Luigi Mor- 1911, con la tragedia Il solco quadrato, Rat- selli, conservato inedito nel suo archivio. ti vinse il concorso nazionale per il dramma Di ritorno da questa memorabile avven- storico, ottenendo numerosi riconoscimenti tura e ormai deciso ad intraprendere la car- e affermandosi nel panorama teatrale nazio- riera giornalistica, il Ratti si stabilì a Roma nale e internazionale. e divenne redattore del quotidiano “Il popo- Di ritorno dal fronte dopo il primo con- lo romano”, de “La Patria”, di “Minerva” e flitto mondiale, fondò con Giovan Battista del mensile “L’Italia Coloniale”. Promosse Giuriati l’associazione politica di stampo la pubblicazione de “Il nuovo Giornale”, e nazionalista “Patto Nuovo”, e divenne se- collaborò con il mensile culturale del “Cor- gretario dell’associazione nazionale “Tren- riere della Sera”, con “Hermes” e con “Po- to e Trieste” e della “Lega Italica”; quando esia”. l’Associazione nazionalista italiana confluì Fortemente attivo nella “propagan- nel Partito nazionale fascista anche Ratti da dell’italianità”, divenne nel 1910 mem- vi aderì e, divenuto ben presto noto per il bro dell’Associazione Nazionalista Italiana. suo talento letterario, gli fu commissionato La sua attività giornalistica si spostò al fron- il testo del nuovo inno fascista Giovinezza, te, e dall’attività di corrispondente di guerra le cui bozze ed il carteggio collaterale sono in Libia per “La Tribuna” e nei Balcani per conservate nell’archivio. Per controversie

228 Nicole Hofmann Il fondo archivistico di Federico Valerio Ratti insorte con la direzione del partito, di cui le sue opere furono osteggiate e dimenti- restano labili tracce nella documentazione, cate, fino ad essere mandate al macero; il al testo del Ratti fu preferito quello di Sal- Ratti, ormai privo dei fondamentali mez- vator Gotta. Fu forse questa una delle pri- zi di sostentamento, cadde rapidamente in me avvisaglie di disaffezione reciproca che disgrazia. A testimonianza delle durissime portò nel tempo a un progressivo deterio- condizioni di vita e della solitudine intel- ramento nei rapporti del Ratti con i vertici lettuale in cui Ratti versava, restano alcune del partito. strazianti lettere di richiesta di aiuto ad ami- Tornato a Firenze verso la metà degli ci e istituzioni conservate nell’archivio, in anni ‘20, si dedicò quasi completamente cui si legge a chiare lettere tutta l’amarezza all’insegnamento, e nominato professore e l’umiliazione sofferta. Trasferitosi a Pesa- per meriti speciali nei Licei insegnò a Fi- ro con la famiglia nel 1939, vessato dalle renze, Venezia e Bologna. Si trovano in contingenze ma non nell’animo, dedicò gli archivio a tal proposito svariate tracce dei ultimi anni della sua vita all’opera che sarà suoi incarichi e di diversi discorsi scritti in il suo testamento spirituale: la Repubblica occasione dell’inaugurazione degli anni ac- Federale Italiana, in cui sono contenuti i cademici. Inoltre, come ben documentato, il principi spirituali per la ricostruzione della Ratti si dedicò, nel corso degli anni, a sva- patria e della civiltà italiana, opera rimasta riate ricerche di carattere filosofico-esoteri- finora inedita ma fortunatamente conserva- co legate alla numerologia, alla simbologia, ta dattiloscritta nell’archivio. alla biologia, che in parte confluirono negli Lasciata la famiglia a Pesaro e ritor- Almanacchi dei tre mondi, e in parte restano nato a Firenze nel 1943 per appoggiare il conservate nei numerosi appunti inediti che movimento antifascista e dare un contribu- ci ha lasciato. to alla salvaguardia della propria città na- La stagione fra gli anni ’20 e ‘30 è de- tale morì, solo, sotto i bombardamenti il 3 dicata quasi interamente alla stesura di testi maggio 1944. Il mutato clima politico e una teatrali a sfondo storico-epico che rende- sorta di damnatio memoriae condannarono ranno celebre il Ratti anche al di fuori dei ben presto all’oblio il Ratti e le sue opere, confini nazionali, tra cui Giuda (tradotto in cancellandone fino ad oggi la sua memo- tre lingue e rappresentato in tutto il mon- ria. Inutile dunque rimarcare l’importanza do), Bruto, Socrate e Le Termiti. Quest’ul- dell’archivio, che resta la più considerevole tima commedia, in aperta collisione con la testimonianza intellettuale che il Ratti ci ha politica demagogica mussoliniana, fu tolta lasciato, e che attraverso i documenti rico- dai cartelloni per ordine di Mussolini stes- struisce l’evoluzione ed i travagli di un pen- so, e diede avvio ad un’opera sistematica di siero sottile e raffinato, fortemente animato “bonifica” ai danni della carriera letteraria dalle passioni ma sempre attento alla storia del Ratti. ed alle sue ragioni. Soltanto uno studio ac- Dopo l’alleanza italo-tedesca e l’entrata curato dei documenti potrà ricongiungere i in guerra dell’Italia, l’opposizione al regi- frammenti e fornire una traccia completa e me mussoliniano si fece aperta e decisa, e lo veritiera della biografia e dell’opera lettera- portò ad un fatale isolamento: abbandonato ria del Ratti, che proprio alla letteratura ha dagli amici e dai sostenitori di un tempo, consegnato il suo testamento; questa impor-

229 Studi pesaresi 5.2017 tante eredità umana e intellettuale resta allo cia nella storia e nelle sue resurrezioni che stato attuale tutta da indagare e ricostruire, Federico Valerio Ratti ci ha voluto trasmet- ad onore e testimonianza dell’enorme fidu- tere.

Opere pubblicate: Opere inedite di pensiero, filosofia, filologia, storia e biologia scritte tra il 1931 ed il 1943: - Il nuovissimo testamento, Lumachi, Firenze 1900 - Leviathan - Canzone a Firenze, Ricci ed., 1902 - Il Logos - L’italia fuori di casa, F.Centenari & C., Roma - Ulisse, Dante, Colombo 1905 [estratto da “L’Italia moderna”, anno III, - Schema di legge di successione e propagazione f.XIV] delle culture - I canti velieri, Lega Navale, Roma 1911 - Studio sul numero d’oro e sulla divina proporzio- - L’adriatico degli altri, Bemporad Editore, Firen- ne ze 1914 (tre edizioni) - Studio sull’epoca della nascita in rapporto con la - Romenia latina, Bemporad Editore, Firenze 1915 costituzione, con il temperamento e con il com- (due edizioni) plesso psichico del soggetto - Albania e Albanesi, Bemporad Editore, Firenze - Repubblica Federale Italiana (Tra Il 1931 ed il 1916 1943) - Profilo di storia albanese, Bemporad Editore, Fi- renze 1919 Opere Inedite di cui si trova traccia nel Fondo - Della misericordia e della luce, Casa ed. d’arte Ratti: Bestetti & Tuminelli, 1924 - L’orologio senza le ore - La missione di Roma nel mondo, Capitolium Edi- - Tristano ed Isotta, racconto di amore e morte tore, Roma 1926 - Dolce amore - Tormento di espressione o espressione di tormen- - Nessuno to? Il Tempio Ed., Palermo 1932 - Il Gorgoneo (1898-1903) - Sezioni del cono: ellissi, parabole, iperboli, Bo- logna 1934 Bibliografia essenziale: - Il solco quadrato, 1911 Ruggiero Ferrara di Castiglione, Federico Va- - La via delle comete, 1922 lerio Ratti poeta, letterato, filosofo, drammaturgo e - Giuda, 1923 (700 rappresentazioni in Italia, tra- giornalista, Geco Ed., Napoli 2014 dotta in inglese e rappresentata al Royal Theatre Decio Cinti, Dizionario degli scrittori italiani: di Londra nel 1930; tradotta in spagnolo e rap- classici, moderni e contemporanei, Sonzogno Ed., presentata in Argentina, Uruguay e Colombia, Milano 1939 a Boston, a Parigi, tradotta in francese, tedesco, Umberto Renda, Piero Operti, Dizionario storico svedese, cinese) della letteratura italiana, Paravia, Torino 1959 - Bruto, 1925 (Tradotta in tedesco) Teodoro Rovito, Letterati e giornalisti italiani - Socrate, 1926 contemporanei: dizionario bio-bibliografico, Rovito, - Termiti, 1928 Napoli 1922 - Almanacco dei tre mondi, 1935 Adriano Tilgher, Federigo Valerio Ratti, in La - Almanacco dei tre mondi, 1936 scena e la vita: nuovi studi sul teatro contemporaneo, - Almanacco dei tre mondi, 1937 Libreria di scienze e lettere, Roma 1925 - Almanacco dei tre mondi, 1939

230 La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro nella trasformazione urbana dell’area centrale della città*

di

Roberta Martufi

L’ordine dei Predicatori, fondato da San che fu console di Pesaro nel 1234: Domenico di Guzmán nel 1206, comparve a Pesaro relativamente presto. Gli spogli Die 25 mensis aprilis indictione V di archivio del convento di San Domenico anno 1292 Pensauri [...] relinquo loco custoditi presso la Biblioteca Oliveriana di fratrum predicatorum de Pensauro, ubi Pesaro ci dimostrano che già nel 1279 que- iubeo corpus meum sepeliri, 500 libri sti officiavano l’originaria cappella di San ravennati. Qui denarii escpendi debeant Giorgio e Santa Caterina e che avevano an- in constructione et fabrica ecclesiae fra- che avviato i lavori per la nuova e più im- trum predicatorum de Pensauro 3. portante chiesa dedicata a San Domenico 1. Fra i documenti più interessanti ricordiamo D’altra parte la presenza dei domenicani la bolla del 1279 di papa Clemente IV, sot- in città è attestata, durante la seconda metà toscritta dal vescovo di Pesaro Francesco e del XIII sec., da diversi documenti in cui da due padri domenicani, e l’invito rivol- essi compaiono o come testimoni o come to alla popolazione dal vescovo Accursio primi attori della vita cittadina tanto che nel (1283-1291), successore di Francesco, per- 1291 fra’ Salvo, membro della comunità, fu ché si effettuassero elemosine a favore dei scelto a succedere al già nominato Accursio domenicani. come vescovo di Pesaro 4. Perché ciò si po- tesse verificare era necessario che la comu- Cum igitur religiosi viri Prior et fra- nità domenicana fosse presente in città da tres ordinis Predicatorum in Pisaurum, un periodo relativamente lungo, giacché è tamquam nihil habentes, ecclesiam aedi- impensabile che un ordine religioso appena ficare coeperint opere plurimum sumtuo- insediatosi avesse tale importanza da far sì so et hoc sit eis [...] fidelium auxilium che un proprio confratello ricoprisse la ca- non modicum 2. rica di vescovo. La chiesa a più navate (si è di recente Certo è che nel 1292 i lavori di costru- congetturato che per la sua costruzione sia zione della chiesa erano già in uno stadio stato preso a modello la pianta della chiesa avanzato tanto che nobili pesaresi, per te- di San Domenico a Bologna, chiesa ma- stamento, scelgono di essere sepolti al suo dre dell’ordine) e il convento di cospicue interno. Si ricordi a questo proposito la vo- dimensioni ebbero in ogni caso trasforma- lontà di Guiborga delle Ripe, figlia di Guido zioni successive. Infatti nel 1395, durante la

231 Studi pesaresi 5.2017 signoria di Malatesta dei Sonetti, figlio di roveresca e via via fino ai giorni nostri, rite- Pandolfo, fu completato il magnifico porta- niamo fondamentale ricordare, seppur bre- le della chiesa che venne consacrata dal ve- vemente, le vicende che determinarono la scovo Benedetto non prima del 13 ottobre fortuna e/o la decadenza dell’attigua chiesa, 1420, come risulta da una iscrizione venuta visto che tali fatti a loro volta sono motivo alla luce nel 1707 durante lavori di consoli- di ricchezza e/o di abbandono del convento damento dell’intero complesso. stesso. Il campanile, che a giudicare dalle ico- La chiesa ebbe sorti estremamente alter- nografie storiche di Pesaro doveva svettare ne e in alcuni periodi così avverse da far sì su tutti gli altri, nel 1430 non era ancora ter- che la comunità domenicana scomparisse minato tanto che un membro della famiglia dalla città e che, di conseguenza, si potesse Almerici in quella data dispose un lascito intraprendere la demolizione della chiesa perché si potesse condurre a termine la gu- con il fine di realizzare al suo posto edifi- glia centrale. ci residenziali. Secondo quanto racconta il L’importanza che l’ordine dei padri pre- Bonamini nella sua Cronaca, questi lavori dicatori acquisì nel corso dei secoli è dimo- risalirebbero al 1789 quando la navata di strato dall’ampio convento, che godette dei sinistra, o – come è stato ipotizzato – la se- favori delle diverse signorie che governa- rie di cappelle che lungo il fianco sinistro si rono la città. Costanzo Sforza diede validi aprivano, venne completamente abbattuta 6. contributi alla sua realizzazione 5, tanto da Le demolizioni fortunatamente non prose- far sì che il convento divenisse il centro di guirono; tuttavia l’abbattimento della sola un‘ampia zona di influenza estesa a tutti i navata di sinistra provocò, a ben guardare, conventi della “Provincia Lombarda”. Il uno squilibrio al progetto della piazza rea- nuovo ruolo acquisito impose l’avvio di la- lizzato in epoca roveresca da Filippo Terzi. vori di ampliamento e con i Della Rovere È con questo architetto che Pesaro si arric- godette di importanti benefici. In particolare chisce di una piazza grande che avrà come Francesco Maria II, ultimo duca di Urbino, limite massimo la dimensione del nuovo dedicò al convento cospicue spese personali palazzo della Paggeria posto in fronte al e ampia protezione. In questa fase cinque- palazzo ducale, e come sfondi la navata di centesca le trasformazioni furono radicali San Domenico e il palazzo della Comunità. e comportarono ampliamenti importanti. Con la demolizione della navata, la piazza È in questo periodo che il secondo chio- divenne più lunga e la funzione scenica del stro trova la sistemazione documentata da palazzo della Paggeria parzialmente vanifi- molte iconografie, e che l’intero complesso cata. L’origine relativamente recente della viene riprogettato. In particolare i due lati piazza grande spiega anche il motivo per del convento furono specializzati nelle fun- cui il prospetto principale di San Domeni- zioni: a sud-est furono previste le celle dei co sia rivolto sull’attuale via Branca e non, frati; mentre a nord-ovest il refettorio, la bi- come ci si potrebbe aspettare, sulla piazza. blioteca e i servizi annessi, collegati da un Allo scadere del XVIII sec., grazie alle corridoio loggiato su due ordini. mutate condizioni politiche, i padri rien- Ma prima di passare ad analizzare le tra- trarono a Pesaro e venne immediatamente sformazioni che il convento subì in epoca incaricato l’architetto domenicano Belli di

232 Roberta Martufi La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro sistemare a maggior decoro il fianco demo- il 7 febbraio 1862 8. La lettura del testo, in- lito e l’intera chiesa. Evidentemente la so- terpolata con le informazioni che provengo- luzione adottata dall’architetto domenicano no dal rilievo dello stato attuale, non solo non venne ritenuta sufficientemente deco- relativamente all’aspetto dimensionale ma rosa dalla Comunità cittadina tanto che nel anche e soprattutto alla situazione fisico- 1848, dopo lunghe discussioni fra i membri strutturale, ci permette di avere un quadro dell’ordine, che pretendevano di mantenere sufficientemente dettagliato. la concessione di una servitù sulla piazza, e Innanzitutto apprendiamo che, alla data la municipalità, che auspicava per la realiz- a cui si riferisce la perizia, il convento era in zazione del progetto la collaborazione eco- uno stato definito dall’autore “mediocre”, e nomica dei padri, si giunse all’affidamento occupato da cinque inquilini oltre che dal- dell’incarico all’architetto modenese Luigi la Guardia nazionale; la parte poi occupa- Poletti. Questi ebbe la meglio su numerosi ta dai domenicani, immediatamente prima altri progettisti che si cimentarono in questo della loro soppressione, era composta solo non facile problema. Fra i tanti vogliamo ri- da due vani sotterranei e da una grotta. At- cordare il progetto del migliore allievo del tualmente si accede ai due vani scendendo Lazzarini, Tommaso Bicciaglia, che preve- dalla saletta utilizzata per mostre ed espo- deva la costruzione ex-novo di una chiesa sizioni temporanee posta sulla via Branca; a pianta centrale che avrebbe dovuto occu- mentre alla grotta, usata in tempo di guerra pare, oltre all’ambito della vecchia chiesa a come rifugio, si accede dalla macelleria che due navate, anche parte del primo dei due si trova all’interno del “primo chiostro”. chiostri 7. La grotta è dal punto di vista planimetrico Ma il fronte polettiano non poté assolve- un sistema estremamente articolato e di- re, come d’altra parte la risistemata chiesa, mensionalmente notevole. Si svolge sotto alla funzione originaria per più di un decen- l’attuale mercato delle erbe ed è caratteriz- nio. Infatti dopo il 1860 con la soppressione zata dalla presenza di un lungo ambulacro delle congregazioni religiose riprende il de- centrale con volta a botte in cotto, costruita grado dell‘intero complesso: la chiesa viene quasi a contenere il tufo su cui poggia l’in- chiusa e il convento viene via via utilizzato tero convento. Dalla galleria centrale si in- come dormitorio pubblico, caserma, distret- nestano a pettine da entrambi i lati, piccole to militare. È a questo periodo che risale la gallerie; da queste se ne originano altre che proprietà, da parte del Comune di Pesaro, vanno a chiudere il reticolo cosi formato. dell’intero immobile. Veniamo poi informati che il convento Per la comprensione delle parti più anti- si elevava parte a due e parte a tre piani; che dell’articolato sistema conventuale è di la parte più alta era quella prospiciente via particolare ausilio la stima fatta dal “perito Giordano Bruno. La perizia del geometra geometra Giovanni Bertuccioli”, preventi- ci permette anche di conoscere il numero va all’acquisto da parte del Comune. Infatti esatto dei vani per ciascun piano. Cosi sap- il geometra per poter definire il valore reale piamo che al secondo piano vi erano undici e locativo del fabbricato effettua una accu- camere, due camerini, un refettorio, la cuci- rata relazione sullo stato di conservazione na, due ambienti loggiati, etc. Il terzo piano e di utilizzo delle varie parti del convento era suddiviso in sette piccole camere più dei

233 Studi pesaresi 5.2017

Figura 1 – Rettifilo via Branca. Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, fototeca storica. locali di servizio. Questa la descrizione del- Bruno, costituiva il nucleo originario che la parte di convento prospiciente l’attuale si sviluppava attorno al primo chiostro. Le via Branca, che ha subito le trasformazioni demolizioni in pratica sezionarono a metà e le demolizioni più massicce a comincia- il braccio rivolto a nord tanto che il fronte re da quella resasi necessaria per l’allar- del nuovo corpo di fabbrica si allineò con gamento della via stessa. Tali lavori sono la chiesa raddoppiando abbondantemente la chiaramente documentati da una fotografia dimensione dell’antico sagrato. del 1887 (fig. 1) 9, dove in primo piano è Nel lato su via Giordano Bruno il piano visibile l’ingresso all’ex-convento proprio terreno era occupato dalla Guardia naziona- attiguo alla chiesa, e sullo sfondo i lavori le, che disponeva di otto vani che guarda- di demolizione già avviati. La parte demoli- vano i tre cortili. Il convento infatti oltre ai ta era, con ogni probabilità, la porzione più due chiostri loggiati, che risalgono il primo antica dell’intero convento che, con quella all’impianto e il secondo ai lavori di amplia- ancora esistente nel lato verso via Giordano mento realizzati in epoca tardo sforzesca e

234 Roberta Martufi La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro roveresca, aveva un terzo cortile non log- l’ampliamento del convento, e il ridisegno giato su cui si affacciava esclusivamente la del loggiato del preesistente chiostro, la si- porzione di convento posto sulla via Gior- stemazione distributiva interna e molti ele- dano Bruno. Attualmente individuabile nel- menti decorativi e pittorici. la piazzetta del mercato ottenuta dal crollo Il grandioso corridoio, interamente vol- parziale dei palazzi che delimitavano questo tato, di cui si parla nella descrizione otto- tratto di strada. Sulla via Giordano Bruno, centesca risale a questi lavori. La firma ro- al piano superiore, vi erano ventidue stanze veresca, se così vogliamo definirla, è data alle quale si accedeva «mediante grandioso dalle ghiandine poste all’apice delle voltine corridoio» come ricorda il geometra. È que- unghiate che caratterizzano l’intero am- sta la parte più conosciuta dell’intero com- biente. La trasformazione per uso scolastico plesso anche per essere stata la sede dell’I- di questa parte di convento, oltre alle inevi- stituto d’Arte per diversi decenni a partire tabili demolizioni, provocò una inversione dal 1901, anno a cui si riferisce il progetto funzionale delle parti non demolite. Infatti relativo ai Lavori di riduzione di locali del ciò che nel cinquecento era stato realizzato Fabbricato del San Domenico da adibirsi e progettato per adempiere alle funzioni di per la Reale Scuola d’Arte applicata all’in- collegamento e di servizio, e che si svol- dustria, redatto dall’ufficio tecnico del Co- geva per una lunghezza di circa sessanta mune di Pesaro 10. metri, durante i lavori novecenteschi venne Le apparenti incongruenze fra la descri- suddiviso per poter accogliere le aule della zione del primo piano fatta nel 1862 e l’at- scuola. Inoltre, per meglio illuminare que- tuale assetto planimetrico sono state chiari- sti ambienti, vennero abbattuti i due corpi te dal ritrovamento del citato progetto: «Per di fabbrica che guardavano i due chiostri, avere buona luce ed areazione delle quattro chiuse le piccole finestre che davano luce aule debbonsi demolire i due corpi di fab- al corridoio, aperte quelle ancora esistenti e brica addossati al fabbricato principale e funzionali all’attività scolastica. per le parti prospicienti nel l° e 2° cortile L’antica cappella dedicata a San Giorgio ricostruendo più in basso il tetto che copre e Santa Caterina, una volta costruita la chie- i porticati sottostanti» 11. Dalla planimetria sa grande, fu inglobata nel convento – come e dalla sezione di progetto si individuano le l’Olivieri ricorda – andando a costituire il demolizioni e le ricostruzioni previste per capitolo dei frati 12. Le pesanti trasforma- la nuova funzione; opere queste che trasfor- zioni subite dall’intero immobile hanno marono pesantemente quello che era l’as- miracolosamente salvato la cappella di San setto dovuto ai lavori realizzati in periodo Giorgio. Al piano terra del convento prospi- roveresco e per i quali non è da escludersi ciente la via Giordano Bruno, nella parte la mano di Girolamo Genga, architetto du- che confina con la proprietà dell’Ammini- cale. Questi avrebbe diretto gli interventi strazione provinciale delle Poste, possiamo cinquecenteschi che coinvolsero l’intero riconoscere ciò che rimane della cappella complesso; è a questo periodo che risale la trasformata poi in sala capitolare. Il bel sof- bella loggia dell’ala nord che dà sull’attuale fitto a cassettoni quattrocentesco sorretto mercato, la sistemazione definitiva del se- da mensoloni finemente lavorati, il fregio condo chiostro attorno al quale si organizzò floreale che in origine doveva sicuramente

235 Studi pesaresi 5.2017 definire l’intera sala e l’affresco rappresen- Comune di Pesaro; il Comm. Cirilli lo tante il martirio di San Giorgio, conferma- fece riprodurre dalla Scuola d’Arte della no quanto detto. Non va poi dimenticata la suddetta città per il Padiglione Marche- 14 presenza sul prospetto verso il chiostro di giano all’Esposizione di Roma . tre archi romanico-gotici, ormai tamponati, non congruenti con l’andamento delle volti- Le dimensioni indicate nella lettera per- ne del loggiato che, come abbiamo ricorda- mettono di individuare quale fosse l’am- to, deve il suo attuale assetto ai primi lavori biente in cui erano custoditi gli affreschi. di ampliamento del convento. La ricerca a questo proposito deve essere Sorte diversa hanno dovuto subire gli ancora approfondita, anche se dal confron- affreschi attribuiti a Raffaello Genga realiz- to delle informazioni che provengono dalle zati nella biblioteca del convento. Notizie lettere citate, dalla descrizione del «vano ad dell’affresco si hanno fino al 1913: uso refettorio» fatta nel 1862 nella perizia già esaminata, e dal verbale redatto dalla In una stanza del convento di S. Do- “Commissione Conservatrice dei Monu- menico in Pesaro è stata ora scoperta menti ed oggetti di arte e di antichità del- una grande parete dipinta a fresco e poi la Provincia di Pesaro” il 15 ottobre 1877 imbiancata [...] Non è possibile ancora possiamo individuare in alcuni locali situati identificarne il soggetto, ma la disposi- nella porzione di convento rivolta verso via zione dei gruppi delle figure e l’architet- Branca gli ambienti «della già biblioteca tura tradiscono una forte influenza della poscia refettorio degli ex domenicani di composizione della Scuola d’Atene di questa città» 15. Raffaello. Le teste venute in luce sono Tornando ora alle vicende dell’intero buone. Per la necessità dei servizi postali complesso, se escludiamo la breve parente- a Pesaro si minaccia di sfondare senz’al- si settecentesca durante la quale i frati do- tro la parete, mentre, dovendosi aprire vettero lasciare la città, i domenicani fino una porta, sarebbe facile farla in altro al 1860 consolidarono il potere acquisito 13 lato della stanza . in epoca roveresca. La grandezza del loro convento, con ben due chiostri loggiati, ne Questo è parte del testo della lettera che è la prova più evidente. Del braccio che di- l’allora ministro della Pubblica Istruzione videva a metà la grande corte attualmente Ricci scrisse al soprintendente per la Con- esistente, riconducendo lo spazio alla forma servazione dei Monumenti delle Marche più tipica dell’hortus conclusus, ben poco ci Bonci. Questi, nella lettera di risposta, com- resta sebbene nel progetto di sistemazione pletò le informazioni già in possesso del della scuola d’arte del 1901 esso sia chiara- ministro dicendo: mente indicato. Siamo comunque in grado di individuare il punto preciso di attacco, Il salone è alto m. l. 4.06, lungo m. l. sia dalla presenza di un doppio capitello 16.00 e largo m. l. 7.50 ed è sulla parete d’angolo nella parte di loggiato verso via di 7.50x4.06, di fronte all’ingresso attua- Giordano Bruno, sia dalla osservazione di le che trovasi l’affresco. Il soffitto ori- alcune iconografie storiche. ginario era a cassettoni e fu venduto dal Nella tavola del Bleau, la più nota fra le

236 Roberta Martufi La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro immagini iconografiche di Pesaro, che risa- lavori che hanno portato all’attuale siste- le al 1620, distinguiamo: i due chiostri, il mazione dell’ingresso del mercato e della terzo cortile posto all’estremità del conven- parte di prospetto posto sulla via Branca. to, il campanile davvero imponente se con- Infatti, sebbene la funzione di mercato frontato con gli elementi che le circondano per la corte di San Domenico fosse stata e il prospetto della navata di sinistra con indicata sin dal 1861 17 e che nel 1915 il l’antico accesso dalla piazza. Dall’immagi- mercato risulti in attività visto l’accatasta- ne si apprende che il braccio che divideva i mento della «tettoia ad uso mercato» 18, due chiostri era loggiato al piano terreno e nessuno di questi interventi, fino al 1939, che il secondo chiostro era alberato rispet- aveva modificato l’originario ingresso al tando la tipologia più classica dell’hortus. chiostro. Al mercato, come risulta dal- Da questa immagine si può anche constata- le planimetrie, si accedeva dal corridoio re la perfetta coincidenza tra la fine del pa- voltato oggi compreso nella saletta ad uso lazzo della Paggeria e l’allineamento della esposizioni; da questo si entrava nella cor- navata di San Domenico. La divisione fra te, ormai unica ma ancora porticata anche i due chiostri e la presenza delle logge al nella parte verso via Branca. piano terreno sono riconoscibili anche nel- Attualmente l’antico porticato è ridotto a la “Pianta Topografica alla scala metrica due sole arcate, e l’ingresso centrale, che ri- 1:4000, tratta da quella delineata nella detta sale a lavori post-bellici, ha definitivamente scala ed incisa nel Dicastero del Censo l’an- trasfigurato l’assetto originario. La grande no 1844, e messa al corrente dall’Ing. Prof. sala, che si estendeva negli ambienti ora Romolo Mengaroni”. Anche dall’indagine compresi parte nella ex farmacia al civico catastale sulle mappe pontificie si ha con- n. 7 e parte nella saletta ricordata, è stata ferma a quanto già scritto. sezionata in tre dalla realizzazione del va- I due chiostri hanno subito le demolizioni sto passaggio centrale. Questa divisione in e le trasformazioni più pesanti. La scompar- tre parti è ben evidenziata dalla simmetria sa del braccio che li divideva ha sconvolto “neo-rinascimentale” dell’alzato. Questo in maniera irrimediabile l’originaria perce- poi si affianca alla sistemazione neogotica zione visiva delle spazio interno. A queste della parte di facciata attigua alla chiesa, si aggiunga che anche la parte terminale del che risale ai primi anni del ’900. secondo chiostro verso il terzo cortile è sta- Con l’inizio del nuovo secolo la chiesa ta oggetto di demolizioni nel 1901, quando di San Domenico ritornò al centro di una la proprietà di questa parte di convento, in vivace discussione, visto che per la realiz- seguito alle vendite effettuate dal Comune zazione del nuovo palazzo delle Poste un di Pesare, era della famiglia Raffaelli 16. La disegno di legge presentato alla Camera sensazione di limite e di chiusura di queste prevedeva che il Comune di Pesaro cedes- lato è data dalla presenza delle botteghe che se «gratuitamente l’area di sua proprietà, si sono andate ad addossare al muro di con- proveniente dalla demolizione della chiesa fine con la proprietà Barba Mondaini. di San Domenico e prospettante la grande Se su queste trasformazioni si è ormai piazza Vittorio Emanuele» 19. posato il velo della storia, visto il periodo La Commissione ministeriale modifi- a cui risalgono, molto più recenti sono i cò in seguito questo indirizzo imponendo

237 Studi pesaresi 5.2017 il mantenimento delle strutture principali mazione, in stile neogotico, del prospetto dell’ex-chiesa. Questa impostazione fece dell’ex-convento sulla via Branca, che sì che, fra i tanti progetti eseguiti per il risaliva alle demolizioni già ricordate del nuovo ufficio postale, venisse scelto quel- l887. Venivano viceversa demoliti il cam- lo redatto dall’ing. Collemarini che, come panile e la torretta dell’orologio posta sul si legge nella relazione inviata dalla giunta fronte polettiano 21. I lavori relativi alla comunale al Consiglio superiore delle Belle sistemazione della chiesa come sede degli Arti, «conserverebbe la grandiosa architet- uffici postelegrafonici furono gli ultimi in- tura del Poletti, posta ivi unicamente a sco- terventi di una certa entità che si esegui- po decorativo, modificandola solo per ciò rono attorno a questo manufatto. Infatti il che è indispensabile...e corrisponderebbe convento, una volta trasferitasi la Scuola al desiderio […] del pubblico pesarese che d’arte in altra sede, venne utilizzato preva- è appunto di conservare [...] quella decora- lentemente come deposito e magazzino nel zione» 20. lato su via Giordano Bruno, e come abita- Il progetto del Collemarini prevedeva zioni private di livello assai basso nel lato anche il restauro della facciata principa- su via Branca. [Tavv. 1, 2, 3, 4] le dell’antica chiesa e con essa la siste-

238 Roberta Martufi La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro

* Il presente saggio deriva da uno studio 6 Pallucchini, L’Ordine domenicano a Pesaro realizzato per la Fondazione Cassa di Ris- cit., p. 41, n. 84. parmio di Pesaro in supporto a un progetto 7 Ms. Oliv. n.1520, fascicolo 18°: Progetto per di recupero e consolidamento del convento di far di nuovo la Chiesa di San Domenico. San Domenico. 8 Archivio di Stato di Pesaro (d’ora in poi Asp), Notarile di Pesaro, notaio Francesco Ronconi, 1662. 1 La notizia viene riportata in Giulio Vaccaj, 9 L’immagine ricordata fa parte della fototeca Pesaro. Pagine di Storia e di Topografia, cur. Ro- storica della Fondazione Cassa di Risparmio di Pe- berta Martufi, Pesaro 1984, p. 29. Il Vaccaj riprende saro. l’Olivieri che, nelle sue Memorie per la storia della 10 Il progetto è custodito presso il Nuovo Archi- Chiesa pesarese nel XIII sec., Pesaro 1779, dice: «Il vio storico del Comune di Pesaro (d’ora in poi Nacs), Fabbri, nell’opera manoscritta Le Chiese di Pesaro, fasc. Contratti, rep. 27, anno 1901. afferma. che questa religione fu introdotta in Pesaro 11 Ivi, cap. 1°, art. 2, punto 3. l’anno 1287 e che la loro prima cappella fu la cap- 12 Biblioteca universitaria di Urbino, ms. 78, c. pella dedicata di San Giorgio e Santa Caterina ora 605: «1518, 19 Maggio: I frati di S. Dom.co di Pesa- nel primo chiostro del convento e nella cui seconda ro [...] nella Cappella di S. Giorgio dentro Conven- colonna leggesi la seguente iscrizione: ‘Reconciliata to constituiscono per Priore del Convento F. Mauro divinitate Honorii Ponteficis IV temporibus posita’». Geubilo da Pesaro ad esiggere e ricuperare denari e Sulle vicende del convento e dell’archivio dei dome- beni...». nicani a Pesaro si rimanda anche a: Federica Tesini, 13 Archivio centrale dello Stato-Roma, Ministero Estratto di scritture del convento di San Domenico di della Pubblica Istruzione, Direzione generale Anti- Pesaro, in “Frammenti”, 9, 2005, pp. 299-321; Fran- chità e belle arti, I divisione 1908-1924, b. 849. cesco Vittorio Lombardi, L’origine del convento di 14 Ivi. San Domenico di Pesaro, in “ Frammenti”, 17, 2013, 15 Ivi. pp. 19-35; Chiara Pallucchini, L’Ordine domenica- 16 Asp, Registri delle partite catastali, serie sto- no a Pesaro. Modalità del suo insediamento e un’ipo- rica, 1901. tesi ricostruttiva della perduta architettura medievale 17 Nacs, Progetto del Piano Terreno del Fabbri- della chiesa, in “Studi Pesaresi”, 3, 2015, pp. 7-47. cato di San Domenico ridotto ad uso mercato per la 2 Ms. Oliv. n. 376, Spogli d’archivio Convento di vendita dei commestibili, 1861. San Domenico. 18 Asp, Registri delle partite catastali, serie sto- 3 Ivi. rica, 1915. 4 Sempre l’Olivieri a p. 118 dell’op. cit. scrive: 19 “Le Poste contro l’arte a Pesaro?”, in “Tribu- «... un frate domenicano e scelto come vescovo di na”, 28 Giugno 1910, in Archivio centrale dello Stato, Pesaro in successione di Accursio morto nel 1291 è Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione gene- fra’ Salvo». rale Antichità e belle arti, I divisione 1908-1924, b. 5 In una lettera del 1481 alla moglie Camilla le 849. ordina «che intimi un annuo assegnamento di 200 20 Ivi. Lire a pro dé Domenicani, onde aggiustino il Conven- 21 Si vedano a questo proposito le tavole di pro- to loro; ed obblighi a fare la Cappella a chi tocca»: L. getto custodite presse l’Archivio Centrale delle Stato, Fontebuoni, A. Frank-Kiss, Il Repertorio dell’archi- Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Gene- vio di S. Domenico di Pesaro, in “Frammenti. Qua- rale Antichità e Belle Arti. derni per la ricerca”, V, 2000, p. 65.

239 Novecento privato Aggiunte alla collezione Elio Giuliani

di

Grazia Calegari

Non è la prima volta che mi capita di Quando nel 1929 Cancelli allestisce ritrovare legami visivi che riportano alla la prima mostra a Milano, alla galleria memoria la mostra Arte e immagine tra Micheli, il rapporto con Pesaro è già se- ottocento e novecento. Pesaro e provin- gnato. I quadri che espone (tra gli altri cia, che si tenne dal maggio al luglio 1980 Piccolo pescatore, Riposo di marinai, Ri- nei sotterranei del palazzo del Semina- poso di contadini), sono vivi e pieni di rio a Pesaro 1. Ma stavolta alcune opere riferimenti a gente e situazioni reali, non della collezione Elio Giuliani (che oggi più bloccate nordicamente ma risentite ammontano a un numero complessivo di di luminismi inquieti; sono brani di vita più di quattrocento) mi riconducono quasi nei quali il senso del documento man- fisicamente dentro quell’esposizione, per tiene un’oggettività non più magica, né autori e per opere presenti o citate anche metafisica, ma semplicemente umana, di allora. partecipazione a quieti momenti di esi- Ad esempio la «Zia Annina» di Nino stenza. Caffè era nel 1980 a palazzo del Seminario [tav. 5], in quell’enorme scantinato sette- Ma avevo forse un po’ dimenticato, al di centesco divenuto per la prima volta sede di là della composizione dei corpi bloccati nel una mostra. È come se questo collezionista riposo e nel canto, dell’elegia nazionalisti- instancabile, pieno di passione civile e mai ca del lavoro con lo sfondo di una bitta del presuntuoso (al quale si devono anche tutte porto, del nitore novecentesco e assoluto, la le immagini di copertina degli ultimi dieci grandiosità monumentale ma non retorica, anni di libretti del ROF, riprodotte da ope- la tenerezza dei colori freschi e primaverili. re di sua proprietà), non avesse mai smesso I “Riposi” erano temi di moda, ripetuti ad di continuare a colmare le pareti del 1980, esempio anche a Pesaro qualche anno dopo in un immaginaria torre verticale che lascia da Aldo Pagliacci nel «Riposo di zingari» senza respiro, quasi un’immagine verti- del 1930, altra opera anticonformista di un ginosa di Escher. E allora parlare oggi del ragazzo rimasto ribelle per tutta la vita. “suo” «Riposo di marinai» di Ciro Cancelli, (Questo grande quadro di proprietà pri- datato 1929 e acquistato di recente [tav. 6], vata che apparve allora in mostra, non è an- mi costringe a un corto circuito di memoria cora entrato nella casa di Giuliani….) con quanto scrivevo allora a p. 250 del cata- Invece troviamo un bel Nino Caffè d’e- logo di Arte e immagine: poca, che ci presenta «Il porto di Pesaro»

240 Grazia Calegari Novecento privato visto dall’acqua [tav. 7], ed è un documento e muscolosi, caricati da Vildi di mantelli della scomparsa garitta e delle case lungo e copricapi rossi come il fuoco. Del resto via Canale riprese davanti all’angolo con il pittore è stato un illustratore incredibile, viale Vittoria. La costruzione all’angolo si unico, isolato dagli influssi urbinati, aperto riconosce per l’altezza maggiore, ancora e vorace nei confronti del mondo, come la oggi evidente, ma la data 1930, anno del serie dell’«Appuntamento a Santa Barbara» trasferimento definitivo a Pesaro del pittore, del 1955, solo parzialmente pubblicata, ci m’interessa anche perché ci dà di Caffè un dimostra una volta per sempre 4. momento diverso, vicino alla semplificazio- Poi c’è Alessandro Gallucci (di cui Giu- ne di fiorentini come Rosai. liani possiede venti opere), con la malinco- E a quell’aria toscana era vicino anche nica “Giorgetta Giorgi” [tav. 13], dipinta Luigi Bazzali , nello straordinario «Letto- nei canoni dei tanti ritratti mirabili eseguiti re» del 1940 [tav. 8]: un quadro magistrale, dal pittore a molte persone di Pesaro, che che richiama alla memoria Baccio Maria erano introspezioni psicologiche oltre che Bacci, suo maestro a Fiesole fino al 1931 2. fisiche 5. Ma quel gesto da presbite dell’allontanare I soliti grandi nomi del novecento: Gal- il libro per riuscire a leggere, e l’ambiente lucci, Bettini con la «Città russa» del 1943, definito dalla parete col drappeggio (tipico disegnata in prigionia e splendido esempio di Bazzali), ci riporta ad un’attenzione rea- della sua bravura realistica [tav. 14]; Baratti listica minuziosa, costruita eppure dimessa: negli amati «Lavori nei campi» di classica Bazzali è davvero un grande protagonista bellezza [tav. 15]; ancora Caffè (ormai in- del 900, come si vede anche nell’autoritrat- serito da tempo tra i pittori pesaresi) nella to istantaneo e composto, sempre con sfon- «Veduta di viale Trieste» [tav. 16], che po- do di parete domestica, oppure dalla fresca trebbe somigliare a un Gallucci trepidante veduta con «Opificio» [tav. 9]. di colore 6. Ma una delle sorprese più “sorprendenti” Rileggo la mia conclusione alla presen- tra gli acquisti recenti di Giuliani è la serie tazione del 1980, a p.106: «Pompei» di Achille Vildi del 1956 [tavv. 10, 11, 12], che avevo soltanto citato senza E pur nella diversità degli atteggia- finora riuscire a vedere. Qui le solite consi- menti, e con le premesse e gli apporti che derazioni su questo pittore ceramista, fatte si è tentato di delineare, è forse possibile anche negli ultimi anni 3, sono ulteriormen- cogliere un connotato essenziale: la ri- te superate. La tragedia di Pompei non è per vendicazione di una misura umana e cul- Vildi la fuga negli amati paradisi primordia- turale, come antica classicità territoriale li di Haiti: è un ritorno angoscioso, fantasti- da riproporre accanto alle mode imper- co, in una storia remota e sempre attualissi- versanti o alle inflessioni esasperate, in ma, dove si passa dalla calma di un giorno senso intellettualistico o visionario, nel qualunque all’arrivo improvviso della cola- resto d’Italia. ta di lava infuocata. Come per il terremoto, tutto è in un attimo sconvolto, si tenta di E per conforto rileggo qualche riga di fuggire ma ci si accavalla, i corpi si disar- Dino Garrone, che Lucia Ferrati ci ha gen- cionano, sono volumi inutilmente pesanti tilmente segnalato, e rendono l’idea ravvi-

241 Studi pesaresi 5.2017 cinata di questo brulicante mondo di artisti le sotto la sua fulva giovinezza cela una a Pesaro: straordinaria maturità. Gallucci, artista affabile, arguto unghiuto minatore e tor- Wildis [sic], tornato da Parigi dove turatore dell’anima sua, espositore alle istoriava pantofole e insaccava denari, Biennali di Venezia, che in conversazioni alla sua terra e alla sua ceramica, per solitarie con la tavolozza si fa svelare dai amore, a dipingere liti truculenti di por- colori tutti i più sottili segreti, Cancelli tolotti e baccanali onesti, con un vigore (ben noto alla Quadriennale torinese) e una modernità impressionanti (si tratta che dalla sua Cantiano ci porta saldissi- di una vera rivelazione) senza vane spie- me figure campagnole, in colori di carne, gazioni mitologiche, e che, costringendo sieste afose di contadini all’ombra del- nel tondo il navigare di velieri simili a lo sghembo pagliaio, e un girotondo di galeoni ti fa sentire il cigolio degli stra- monti puliti, a pan di zucchero […] 7. gli stesi al vento e lo sciabordare delle spume contro la carena, in un movimen- E siamo appunto alle date dell’inizio, to vorticosissimo slargante il piatto a quelle del «Riposo» di Cancelli, per chiu- circonferenza di orizzonte, Mariotti che dere il cerchio di questo Novecento privato porta nel disegno delle sue figure una quanto mai prezioso, di cui possiamo per potenza scultorea: ha la gioia di essere il fortuna almeno parlare e rivedere le imma- maestro dell’adolescente Bazzali il qua- gini, come di un caro patrimonio famigliare.

242 Grazia Calegari Novecento privato

1 La mostra “Arte e immagine tra ottocento e L’ultimo autoritratto, cur. Elio Giuliani e Cristina novecento. Pesaro e provincia” fu organizzata dal Ortolani, Pesaro 2015. Comune di Pesaro, l’Amministrazione Provinciale di 4 Su questo viaggio americano di Vildi, raccon- Pesaro e Urbino , la Cassa di Risparmio di Pesaro, tato in due volumi di proprietà di Elio Giuliani, è in- con la collaborazione dell’Istituto di Storia dell’arte tervenuto magistralmente Antonio Faeti, uno dei più dell’Università di Urbino, diretto da Pietro Zampetti. grandi esperti italiani di letteratura illustrata: Il Don Fu stampato un ricco omonimo catalogo (Argalia edi- Chisciotte del West, “Corriere della sera”, 2 dicembre tore, Urbino 1980) che è tuttora strumento indispen- 2013. sabile per la storia non solo artistica della provincia. 5 Alessandro Gallucci: ‘topoi’ e luoghi, cat. mo- Molte delle opere esposte furono poi acquistate dalla stra, Maggioli editore, Rimini 1987. Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, di cui co- 6 Altre esposizioni dedicate al 900 pesarese sono stituiscono una parte molto significativa, documenta- state: Figure del novecento a Pesaro e provincia. La ta in Grazia Calegari, Il Novecento: testimonianze di collezione di Elio Giuliani, Centro Arti Visive Pe- ricerca, che fa parte del catalogo Le collezioni d’arte, scheria, dicembre 2007-gennaio 2008; e, nello stesso Dipinti e sculture, Ceramiche, Disegni e incisioni, luogo: Arte a Pesaro. I protagonisti del novecento. cur. Anna Maria Ambrosini Massari, Ancona 2013. Opere scelte dalla collezione di Giorgio Montesi, di- 2 Si veda per uno sguardo d’insieme il catalogo: cembre 2011-gennaio 2012, con cataloghi a cura di Toscana ‘900. Da Rosai a Burri. Percorsi inediti tra Grazia Calegari. le collezioni fiorentine, Giunti editore, Firenze 2015. 7 Dino Garrone, Elogio dell’artista di provincia, 3 Per una visione complessiva: Achille Wildi. in “Corriere Adriatico”, 20 agosto 1928.

243

Riassunti / Summaries

Silvia Serini, «Il profumo dell’universo» La con- rico, osserviamo i fatti a noi noti per svelare qualche cezione mazziniana della musica verità rimasta nascosta dietro alla popolarità di tanta Il saggio affronta la figura di Mazzini da una letteratura e arti medievalistiche di irresistibile fasci- prospettiva insolita. Il grande patriota del Risorgi- no. mento fu anche un grande appassionato e cultore di musica. All’arte dei suoni dedicò anche un saggio Most Italians know of the mediaeval heroine specifico, la celebre Filosofia della musica in cui Francesca da Rimini and have been deeply moved affronta la questione del rapporto tra arte e impe- by her tragic love story and death. But how many of gno civile. In questa sua trattazione assume un ri- them can tell the true story, a piece of medieval his- lievo specifico la figura di Rossini, il gigante della tory that is not necessarily also a myth? From the his- musica dell’Ottocento. Al di là delle critiche, che torical point of view, this article explores the facts in pure gli riserva, traspaiono un’ammirazione e una search of some truths obscured by the great popular- vicinanza tanto insospettabili quanto affascinanti. ity of so much captivating literature and medieval art.

This essay considers Giuseppe Mazzini from an Simone Biondi, Le maioliche istoriate da parata unusual perspective: his interest in music. The great dalla rocca malatestiana di Montefiore Conca di Ri- patriot of the Risorgimento was a very passionate mini nelle produzioni ceramiche pesaresi music lover and expert on the subject. In a dedicated Questo studio sulle maioliche istoriate, ritrovate essay, his celebrated “The Philosophy of Music”, he durante gli scavi archeologici all’interno della rocca deals with the relationship between art and social di Montefiore Conca, è il primo di un serie di pub- commitment. Gioachino Rossini, a major figure in blicazioni inedite sui materiali oggi esposti nella se- nineteenth-century Italian music, is particularly im- zione archeologica o raccolti nei fondi di magazzino. portant in this context. Leaving aside Mazzini’s criti- L’importanza delle produzioni pesaresi e, soprattutto, cal reservations about the composer, we find an ad- l’investimento dei ricercatori nella valorizzazione miration and closeness that are as fascinating as they della propria ceramica hanno rappresentato a lungo are unexpected. un motivo non secondario per relegare la complessità di fenomeni come quello delle maioliche “di confi- Maria Chiara Pepa, Francesca da Rimini. Mi- ne”. Senza compiere oggi l’errore opposto di mettere tografia di un personaggio femminile medievale in discussione tutto quel che fino a ieri si è accettato, Chi di noi non ha mai almeno sentito parlare di Fran- la storia della ceramica pesarese – e delle produzione cesca da Rimini? Chi non si è commosso di fronte istoriata in particolare – necessita oggi di una rivisita- alla sua tragica vicenda di amore e morte? Eppure, zione critica finalmente libera da campanilismi e for- chi di noi può dire di conoscere la sua vera storia, un zature, nell’interesse di ridare spessore qualitativo a tassello di storia medievale che non sia necessaria- una produzione divenuta un contenitore senza confini mente anche mito? Calandoci nei panni di uno sto- né caratterizzazioni, e soprattutto nell’ottica di com-

245 Studi pesaresi 5.2017 prendere quali sono stati, nel caso specifico dei piatti Santi, born at Colbordolo (Pesaro), is described and da esposizione di Montefiore Conca, i riferimenti ar- assessed in a comparison with Dieric Bouts, a painter tistici e culturali e i meccanismi sociali che sono stati born in Haarlem. Although apparently with little in alla base di queste commissioni. common, especially given the distance in geographi- cal terms, both artists managed to acquire a precise This study of istoriato maiolica wares found social status, in Urbino and Leuven, respectively, two during archaeological excavations in the fortress of artistically and culturally flourishing cities in the fif- Montefiore Conca is the first in a series of previously teenth century. The comparison made here, although unpublished works on materials now exhibited in the unusual, highlights some interesting elements in the archaeological section or deposited in storerooms documents concerning the two painters, especially in the fortress. The importance of Pesarese ceramic wills and notarial acts, which confirm that they were production and, above all, the investment of research- both fully acknowledged in their own lifetime. ers in promoting their own ceramics has been why the complexity of phenomena such as “borderline” Francesco Ambrogiani, La manutenzione della maiolica has long been underestimated. Without scarpa di Pesaro in epoca sforzesca making the opposite mistake of questioning every- Nei registri del comune di Pesaro, risalenti al pe- thing that has been accepted to date, the story of Pesa- riodo sforzesco, è frequentemente nominata la scar- rese ceramics – and especially the istoriato produc- pa, un termine che sinteticamente indicava l’insieme tion – now needs a critical revision to finally free it delle opere che costituivano il recinto murario citta- from local biases and overstatements. In this way an dino: mura, fossati, torri di guardia, porte urbane e accurate qualitative assessment of the production can ponti di accesso. Alla manutenzione della scarpa il be made, dispensing with the notion of a container comune destinava annualmente una somma variabi- without boundaries or characterisations. Most impor- le da 400 a 1500 lire, destinate rispettivamente agli tantly, in the specific case of the Montefiore Conca interventi ordinari e a quelli più consistenti, come il istoriato wares, we can work towards a deeper un- rifacimento di tratti di muraglia, o la costruzione di derstanding of the artistic and cultural references and nuove torri. L’articolo, basato sui superstiti libri delle the social mechanisms underlying the commissions. spese del comune, individua le figure coinvolte nella fabbrica della scarpa (soprastanti, ufficiali, deposi- Tamara Dominici, Giovanni Santi e Dieric tari, maestri muratori, fornaciari, speziali, calcinari, Bouts: vite parallele barcaroli), i materiali di uso più frequente (laterizi, In questo contributo la vita del pittore Giovanni calcina, legname, chiodi, catene di ferro, pietra mat- Santi, nato a Colbordolo, viene tracciata e valutata ta) e i loro costi. confrontandola con quella del maestro Dieric Bouts, originario di Haarlem. I due artisti, che pure sembra- In the Pesaro civic records, dating back to the no aver poco in comune, data la distanza in termini Sforza period, the recurrent term scarpa was used geografici, pare invece siano riusciti ad acquisire un to summarise all the works in the city fortifications: preciso status sociale, rispettivamente a Urbino e a walls, moats, guard towers, town gates and bridges. Lovanio, due cittadine artisticamente e culturalmente To maintain the scarpa, the communal authorities al- fiorenti nel XV secolo. Il parallelismo che qui si of- located a sum of between 400 and 1500 lire annually, fre, seppure alquanto insolito, rivela tuttavia elementi to be used on routine and larger works, such as re- interessanti che emergono dai documenti dei due pit- building stretches of the walls, or the construction of tori, specie dai testamenti e dagli atti notarili, e che new towers. Based on surviving communal account ne evidenziano il pieno riconoscimento nella realtà books, this article identifies the people involved in the del tempo. fabbrica della scarpa (overseers, clerks, treasurers, master masons, furnace workers, herbalists, mortar In this paper the life of the painter Giovanni men and boatmen), the most commonly used mate-

246 5.2017 Studi pesaresi rials (bricks, mortar, timber, nails, iron chains, false parrocchia del luogo) che avrebbe amministrato i stone), and their costs. circa sessanta sudditi (in dieci abitazioni). Molto in- teressante la corrispondenza tra il conte Luigi Ubal- Simone Biondi, Rino Casadio I Da Montefeltro dini e il governatore don Antonio Cancellieri che, nel nella ceramica dai butti della rocca di Montefiore periodo dell’invasione francese, offre un’ interessante Conca testimonianza su un mondo destinato, di lì a poco, a Proprietà, comando, semplice presenza, alleanza scomparire. o reverenza, erano i messaggi fondamentali lanciati immediatamente dagli stemmi ai loro osservatori nel The article reconstructs the history of the contea tempo in cui l’araldica svolgeva un’effettiva funzione (countship) of Fumo, a small feud near Apecchio, pubblica e privata. Questo breve saggio presenta una on the border of the Marches and Umbria. A rata prima analisi critica utile per un inquadramento sto- (shared tenure) of the larger contea of Montefiore, it rico e cronologico delle maioliche tardo medievali a was situated in a mountainous area of 174 sq. km. “tema feltresco”, ritrovate nei butti interni alla rocca The countship was first divided between heirs in di Montefiore Conca di Rimini, nel quadro storico dei 1541 and a second time in 1606: part of the second rapporti fra Malatesta e da Montefeltro, negli ultimi division (about 350 hectares) was called the “contea anni di governo da parte di Sigismondo Pandolfo alla del Fumo”, after a mountain there of the same name. metà del Quattrocento. From 1606 until the suppression of the feuds in 1816, the county was governed by the counts Ubaldini, who Property, leadership, straightforward presence, resided in Jesi; they appointed a governor (usually alliances or obeisance were the key direct messages a local parish priest) to administer the around sixty imparted by coats of arms in an age when heraldry subjects (ten households). The correspondence be- played an effective public and private role. This tween Count Luigi Ubaldini and the governor, Father short essay presents an initial critical analysis for the Antonio Cancellieri, during the French occupation purpose of an historical and chronological framing provides fascinating insights into a world soon to dis- of late medieval maiolica on a “Feltresque theme”, appear. found in the butti (cavities used for waste deposits) in the fortress of Montefiore Conca di Rimini. The Tommaso Borgogelli, Per la pittura dei Seicento historical context is characterised by the relations be- nella provincia di Pesaro e Urbino. Qualche novità tween the Malatesta and the Da Montefeltro in the e una proposta per la fase giovanile di Giovanni Ve- last years of Sigismondo Pandolfo Malatesta’s reign nanzi in the mid-fifteenth century. Il contributo, un insieme di proposte inedite e al- tre già edite in questa sede ridiscusse, si pone come Stefano Lancioni, La contea del Fumo un aggiornamento agli studi sulla pittura del Seicento L’articolo ricostruisce la storia della contea del nella provincia di Pesaro e Urbino e un punto di par- Fumo, un piccolo feudo situato tra Marche e Umbria, tenza per ulteriori ricerche. Se il recupero di un San vicino ad Apecchio. Essa era una “rata” della contea Romualdo e il miracolo del faggio di Gian Domenico di Montefiore, collocata in zona di montagna su un Cerrini, presso l’eremo di Monte Giove a Fano, con- territorio di 174 kmq. La contea venne divisa tra gli ferma la penetrazione nel territorio di un classicismo eredi una prima volta nel 1541 e una seconda volta nel di stampo prettamente romano, la scoperta di due pale 1606: una parte di quest’ultima divisione (di circa 350 d’altare riferibili con certezza al pittore pugliese Ce- ettari) fu chiamata “contea del Fumo”, dall’omonimo sare Fracanzano, personalità di primo piano nel pa- monte ivi esistente. Dal 1606 e fino alla soppressione norama napoletano di metà Seicento, rappresenta una dei feudi, avvenuta nel 1816, la contea fu governata novità che permette di riconsiderare i rapporti artistici dai conti Ubaldini residenti a Jesi, che nominavano del territorio non solo in direzione bolognese o roma- un governatore (generalmente un sacerdote di una na ma anche meridionale. La proposta di risoluzione

247 Studi pesaresi 5.2017 di un enigma attributivo in favore del giovane Gio- biografia santinelliana (1627-1697) ancora in ombra, vanni Venanzi permette infine una riconsiderazione specie per quanto concerne i rapporti di fiducia, pri- degli anni giovanili del pittore pesarese, del quale si vati, ma anche e soprattutto diplomatici (non di rado ignora l’attività precedente al trasferimento a Parma, legati all’ambito politico e dello spionaggio interna- al servizio prima dell’ordine teatino e poi dei Farnese, zionale) del marchese con l’imperatore Leopoldo I avvenuto attorno al 1660; prenderebbe quindi corpo d’Asburgo. Fatti di cui Santinelli dà notizia nel suo l’ipotesi di un ridimensionamento dell’influenza di poema eroico, mai pubblicato, il Carlo Quinto. Simone Cantarini sul giovane pittore che, contempo- raneamente alla lezione del pesarese e di Guercino, Numerous unpublished archive documents have dimostra di rapportarsi con il naturalismo di Giovanni been used to shed light on those areas of the Mar- Francesco Guerrieri e con quanto prodotto a Roma chese Francesco Maria Santinelli’s biography (1627- attorno a Domenichino e Poussin. 1697) still largely unexplored, especially concerning his relations with Emperor Leopold I of Habsburg. Consisting of unpublished proposals and others Those relations were both confidential and, most im- previously printed in this journal and now re-exam- portantly, diplomatic, at times connected to the politi- ined, this paper is an update on seventeenth-century cal sphere and international espionage. Santinelli also painting in the province of Pesaro and Urbino and, deals with these matters in his unpublished heroic as such, a starting point for further research. While poem, Carlo Quinto. the recovery of San Romualdo and the Miracle of the Beech Tree by Gian Domenico Cerrini, in the hermit- Cristina Ravara Montebelli, Filatoi, filande e age of Monte Giove, Fano, confirms the spread in this bachicoltura area of a clearly Roman-style classicism, the discov- Alcune città marchigiane sono famose per la pro- ery of two altarpieces firmly attributed to the Apulian duzione di seta, ma fra queste non è stata annoverata painter Cesare Fracanzano, a prominent personality fino ad ora Pesaro, che invece vanta una lunga tradi- on the mid-seventeenth century Neapolitan scene, zione sia nella produzione dell’organzino od orsoglio, enables us to reconsider the artistic relations of the ben attestata almeno dalla metà del XVIII secolo nei Pesaro area not only with Bologna and Rome but also filatoi cittadini sia nella trattura del filo dal bozzolo with the south of Italy. Lastly, the suggested attribu- operata dalle numerose filande ottocentesche. Tali tion of a work to the youthful period of Giovanni Ve- attività imprenditoriali non potevano prescindere nanzi provides the opportunity to reconsider the early dall’allevamento del baco da seta e dalla coltivazio- years of the Pesarese painter: nothing is known of his ne del gelso, di cui il baco si ciba, per cui a partire activities before he moved to Parma, where he was dagli anni ‘20 dell’Ottocento i nobili pesaresi, per in the service of the Theatine order before working incrementarne la produzione, sperimentarono la col- for the Farnese, around 1660. The attribution would tivazione di una nuova varietà di gelso proveniente support that idea that Simone Cantarini’s influence dalle Filippine e attivarono bigattiere sperimentali, on the young Venanzi was not as great as previ- pubblicando dettagli resoconti dei risultati nella rivi- ously thought. While under the influence of Canta- sta dell’Accademia Agraria di Pesaro. rini and Guercino, Venanzi would thus seem also to have looked to the naturalism of Giovanni Francesco Although not usually included among towns in the Guerrieri and painting in Rome associated with Do- Marches with a reputation for silk production, Pesaro menichino and Poussin. had a long tradition in the production of organzine, as evidenced at least from the mid-eighteenth century Elisabetta Cerigioni, Francesco Maria Santinel- by the spinning machines (filatoi) in the city and the li. Alcuni documenti inediti tra biografia e scrittura reeling (trattura) of the cocoons in many nineteenth- Per il tramite di numerosi e inediti documenti century silk mills. These entrepreneurial activities d’archivio si è inteso far luce su quelle zone della depended on sericulture and growing mulberries, on

248 5.2017 Studi pesaresi which the silkworm feeds. To increase production, Gabriele Falciasecca, Innovazioni nell’agricol- in the 1820s, the Pesarese nobles experimented by tura del dipartimento del Metauro nel napoleonico growing a new variety of mulberry originally from Regno d’Italia (1808-1813) the Philippines, and they set up silkworm breeding Il contributo descrive la situazione dell’agricol- trials; detailed reports were published in the journal tura nel dipartimento del Metauro durante il breve of the Pesaro Accademia Agraria. periodo del napoleonico Regno d’Italia. Esso intende evidenziare, attraverso un confronto con il periodo Davide Sanfilippo, Un tentativo di rivolta a Ca- precedente, alcune innovazioni apportate in questo gli nel contesto rivoluzionario e Controrivoluziona- campo all’inizio del sec. XIX, grazie non solo all’i- rio di fine Settecento niziativa personale di proprietari terrieri particolar- Il saggio è incentrato su un episodio raccontato in mente intraprendenti, ma anche alle condizioni cre- un fascicolo processuale, avvenuto nella Cagli di fine atesi con il blocco continentale che rese, tra l’altro, Settecento: si tratta di un tentativo di rivolta da parte necessaria l’introduzione di nuove colture e di nuove di alcuni artigiani. Un breve accenno sulla situazione tecniche di coltivazione. sociale ed economica dello Stato della Chiesa prece- de il confronto tra l’episodio di Cagli e i moti di Fano This paper describes the situation of agriculture e Senigallia. La visione del documento dai diversi in the Department of the Metauro during the short- punti di vista sopracitati mette in luce la difficoltà nel- lived Napoleonic Kingdom of Italy. Through a com- lo sciogliere la grossa matassa costituita dalle ragioni parison with the previous period, some innovations della serie di tumulti che interessò lo Stato pontificio in this field in the early nineteenth century are high- e l’Italia intera durante il periodo napoleonico. I dati lighted. The new developments were due not only to di maggiore rilievo sono senza dubbio l’attenuazione the individual initiative of particularly enterprising del forte sentimento filopapale, che è stato attribuito landowners, but also to the conditions created by the alla città di Cagli di fine Settecento, e la difficoltà di continental blockade that necessitated, among other categorizzare eventi del genere all’interno dei feno- things, the introduction of new crops and new farm- meni delle insorgenze o delle rivolte filogiacobine. ing methods.

This essay focuses on an episode at Cagli in the Marco Delbianco, La condotta medica di Novi- late eighteenth century, described in a file of legal pro- lara tra ‘800 e ‘900 ceedings: an uprising of some artisans. A brief men- La condotta medica è l’istituzione sanitaria che tion of the social and economic situation in the Papal più di ogni altra ha contribuito a tutelare e promuo- States introduces a comparison between the episode vere la salute nell’800 e nella prima metà del ‘900. at Cagli and the contemporary uprisings at Fano and Ripercorrendo la storia della condotta di Novilara, Senigallia. Approaching the document from several attraverso il carteggio dell’archivio comunale, si evi- points of view reveals the difficulty in disentangling denziano gli elementi costitutivi di questa istituzione, the reasons for the series of riots that affected the si sfatano miti ancor oggi presenti circa la figura del Papal States and Italy throughout the Napoleonic pe- medico condotto e si riportano nella giusta luce figure riod. The most significant elements are undoubtedly di illustri medici, farmacisti e ostetriche entrati nella the attenuation of the strong pro-papal sentiment, pre- memoria della comunità. viously felt in the town of Cagli in the late eighteenth century, and the difficulty of categorising these events More than any other health institution, Italian within the phenomena of pro-Jacobin outbreaks and general practice contributed to safeguarding and pro- uprisings. moting health in the nineteenth and first half of the twentieth centuries. In reconstructing the history of Novilara’s general practice, through documents in the town archive, the constituent elements of the institu-

249 Studi pesaresi 5.2017 tion are highlighted. Myths still surviving today about into the scientific arguments for the link between ab- the general practitioner are debunked, and the illustri- normality, deformity and deviance. ous doctors, pharmacists and obstetricians celebrated in the collective memory are seen in a more objective Paolo Peretti, Nel cinquantesimo della morte del light. compositore Piero Giorgi Nel cinquantesimo della morte del musicista Pie- Gianpaolo Ornaghi, Un lato oscuro del passa- ro Giorgi (Montecassiano 1897-Pesaro 1967), l’arti- to. I frenastenici nella provincia di Pesaro e Urbino colo presenta la figura e l’opera di questo composito- (1899-1918) re, attivo nella prima metà del secolo XX. Egli studiò Il saggio si occupa dei frenastenici nella provin- nel conservatorio di Pesaro, dove più tardi avrebbe cia di Pesaro e Urbino negli anni che vanno dalla pure insegnato, formando valenti allievi e animando nascita della Lega italiana per la protezione dei fan- la vita artistica e culturale della città. Il suo catalogo ciulli deficienti (1899) al termine del primo conflitto comprende numerosi lavori, oggi conservati in un ar- mondiale. All’epoca alla frenastenia era riconosciuta chivio privato dichiarato di interesse storico. Le sue natura teratologica, non patologica, quindi si perse- composizioni vanno dalle opere liriche alla musica guiva l’educazione di questi fanciulli e non la cura. sinfonica per grande orchestra (si ricordano i due po- Nacquero istituti medico-pedagogici e scuole speciali emi sinfonici In Val d’Astico, ispirato ai luoghi in cui ortofreniche, ma furono soluzioni riservate a pochi. I egli combatté nella prima guerra mondiale, e Cipres- più furono condannati al ricovero di mendicità, una si a San Leopardo, di ispirazione leopardiana), dalla struttura inadeguata alle loro esigenze. Il conflitto tra musica da camera per piccoli gruppi di strumenti o medici e pedagogisti circa la loro condizione risulta per pianoforte solo, alla musica sacra corale e per or- di estremo interesse per comprendere la ridefinizione gano. del concetto di malattia nel contesto positivista e, più in generale, lo stesso ruolo sociale della medicina; In the fiftieth anniversary year of the death of inoltre, offre gli elementi per indagare le argomen- Piero Giorgi (Montecassiano 1897-Pesaro 1967), this tazioni scientifiche del nesso che veniva stabilito tra article assesses the life and work of the composer, anormalità, deformità e devianza. who was active in the first half of the twentieth cen- tury. He studied at the Pesaro Conservatory, where The essay deals with oligophrenics in the prov- he later also taught. As a teacher, he trained many ince of Pesaro and Urbino in the years from the foun- accomplished students and animated the artistic and dation of the Lega italiana per la protezione dei fan- cultural life of the city. His catalogue includes many ciulli deficienti (Italian League for the Protection of works now in a private archive, acknowledged as Mentally Deficient Children) in 1899 to the end of being of historical interest. His compositions range the First World War. At that time, oligophrenia was from to symphonic music for large orchestras recognized as being teratological but not pathologi- (the two symphonic poems, In Val d’Astico, were cal, so the education of these children was pursued inspired by the places where he fought in the First with no specific treatment. Medical-pedagogical in- World War, while Cipressi a San Leopardo is a hom- stitutes and special orthophrenic schools were then age to Leopardi), chamber music for small instrumen- established, but only available to a few children. The tal ensembles or solo piano, sacred choral music and majority was condemned to the hospices for the poor, organ music. which were ill-equipped for their needs. Disagree- ments between physicians and pedagogues about the Federico Marcucci, Giacomo III Stuart. Un ‘re’ condition of the mentally retarded are very interesting inglese a Urbino for an understanding of the new concept of illness in a Nel settembre 1714 Giacomo III Stuart, preten- positivist context and, more generally, the social role dente al trono d’Inghilterra, dovette lasciare la Francia of medicine. The contrasting views also offer insights dove si era rifugiato. Clemente XI, l’urbinate Giovan-

250 5.2017 Studi pesaresi ni Francesco Albani, appoggiò il cattolico Giacomo, Nicole Hofmann, Il fondo archivistico di Fede- che nel 1717 arrivò in Italia sotto il nome di Cavaliere rico Valerio Ratti presso la Biblioteca Oliveriana di di San Giorgio, e fu in un primo momento ospitato a Pesaro. Indagini preliminari e primo censimento Urbino, dove rimase dall’11 luglio 1717 al 6 ottobre In questa breve notizia si dà una prima informa- 1718. Il soggiorno in Urbino di Giacomo III costituì zione sul fondo archivistico di Federico Valerio Ratti un importante momento della storia urbinate, in cui conservato presso la Biblioteca Oliveriana di Pesa- la città si riaffacciò alla ribalta internazionale dopo ro, tracciando una breve biografia del personaggio anni di declino, e il gonfaloniere Giovanni Fortuniano e delineando sommariamente la fisionomia e i con- Gueroli (o Gueruli) Pucci tenne un diario di quanto tenuti dell’archivio. Viene inoltre fornita una prima accadeva. Una ricognizione sui documenti conservati nota bibliografica delle opere edite e inedite del Ratti, dalla Biblioteca Universitaria di Urbino ha consentito nell’auspicio che future indagini possano far più luce di individuare l’originale redatto dal Gueroli Pucci di su questo giornalista e letterato ancora poco cono- suo pugno; nel quadro di un rinnovato interesse nei sciuto. confronti dei Giacobiti a Urbino, qui si propone la trascrizione commentata del documento, che descri- This brief note provides some initial information ve la vita di Giacomo III tra gite, conversazioni, ce- about the Federico Valerio Ratti Archive in the Bi- rimonie profane e soprattutto religiose, alle quali il blioteca Oliveriana in Pesaro. It includes a short bio- devotissimo sovrano partecipava con impressionante graphy of Ratti and outlines the nature and content of frequenza, accompagnato dalla nobiltà di Urbino, con the archive. An initial bibliographic note on Ratti’s la quale era solito intrattenere conversazioni caratte- publications and unpublished works is also supplied rizzate da reciproci ossequi e complimenti. in the hope that future studies will cast more light on this significant but still little-known journalist and In September 1714, James Francis Edward Stuart, writer. the “Old Pretender” to the British throne (as James III/VIII), was forced to leave his exile in France. Pope Roberta Martufi, La chiesa e il convento di San Clement XI (Giovanni Francesco Albani from Urbi- Domenico di Pesaro nella trasformazione urbana no) supported the Catholic James, who in 1717 came dell’area centrale della città to Italy under the name of the Knight of St George, L’ordine dei Predicatori, fondato nel 1206, and was lodged in the Ducal Palace of Urbino, where compare a Pesaro relativamente presto. Gli spogli he remained from 11 July 1717 to 6 October 1718. di archivio del convento di San Domenico custoditi James’s stay in Urbino was an important time in the presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro mostrano city’s history, since it rose to international prominence che già nel 1279 questi officiavano l’originaria cap- again after years of decline. The gonfalonier Giovan- pella di San Giorgio e Santa Caterina e che avevano ni Fortuniano Gueroli (or Gueruli) Pucci kept a diary anche avviato i lavori per la nuova e più importante of events at the Stuart court. A survey of the docu- chiesa dedicata a San Domenico. La chiesa a più ments kept in the University of Urbino Library have navate e il convento di cospicue dimensioni godet- led to the rediscovery of Pucci’s original manuscript. tero dei favori delle diverse signorie che governaro- In the context of a renewed interest in the Jacobites in no la città: la grandezza del convento, con due chio- Urbino, this article comments on the transcript of the stri loggiati, ne è la prova più evidente. Del braccio document, which describes the life of James at that che divideva a metà la grande corte attualmente esi- time. Pucci mentions journeys, conversations, pro- stente, riconducendo lo spazio alla forma più tipica fane and, especially, religious ceremonies, which the dell’hortus conclusus, poco ci resta ma nel progetto devout sovereign attended remarkably assiduously, del 1901, per la trasformazione del convento ormai accompanied by the nobility of Urbino, with whom soppresso in scuola d’arte, è ancora chiaramente in- he used to engage in colloquies characterised by mu- dicato. Relativamente recenti (1939) sono i lavori tual courtesies and compliments. che hanno portato all’attuale sistemazione dell’in-

251 Studi pesaresi 5.2017 gresso del mercato e della parte di prospetto posto Grazia Calegari, Novecento privato. Aggiunte sulla via Branca. alla collezione Elio Giuliani Una piccola selezione dalla raccolta di quattro- Founded in 1206, the Order of the Preachers (Do- cento opere di Elio Giuliani ci consente di ricostruire minicans) appeared in Pesaro relatively early. The il percorso della pittura del 900 a Pesaro. E’ inevita- archives of the monastery of San Domenico kept in bile e storicamente necessario ripensare alla mostra the Biblioteca Oliveriana in Pesaro show that by 1279 Arte e immagine tra ottocento e novecento del 1980, they had already officiated in the original chapel of di cui questa collezione privata è in parte una deri- San Giorgio and Santa Caterina, and they had also vazione, alimentata da una passione privata e civile. started work on a larger new church dedicated to St Spiccano tra i quadri gli inediti della serie “Pompei” Dominic. The church with a nave and aisles and the di Vildi, ritrovati fortuitamente in una soffitta. large monastery enjoyed the favour of the various lords who ruled the city: the size of the monastery A small selection from the Elio Giuliani collec- (including two cloisters with loggias) is the clearest tion (a total of 400 items) enables us to reconstruct proof of this. Little has survived of the wing that once the development of twentieth-century painting in divided the large courtyard into two, creating the typ- Pesaro. This inevitably involves reconsidering from ical form of the hortus conclusus. In a project of 1901 an historical point of view the exhibition entitled “Art for the conversion of the suppressed monastery into and Image in the Nineteenth and Twentieth Centu- an art school, this wing is still clearly indicated. Rela- ries” (1980), which partly gave rise to this private tively recent works (1939) led to the current appear- collection, fuelled by a passionate private and civic ance of the market entrance and of the façade giving interest. The more interesting paintings include some onto Via Branca. unpublished works in Vildi’s Pompeii series, found by chance in an attic.

252 Biografia autori

Francesco Ambrogiani (Urbino 1957) dopo la denze archeologiche. I suoi interessi principali sono maturità scientifica al liceo “Marconi” di Pesaro si lo studio delle tecniche di produzione applicate all’ar- è laureato in Ingegneria elettrotecnica all’Universi- cheologia sperimentale e la ricerca etnografica delle tà di Bologna; di professione ingegnere, è autore di produzioni “povere”. Esperto di decorazione cerami- apprezzate ricerche sul ramo pesarese della famiglia ca, ha a suo attivo numerose pubblicazioni scientifi- Sforza ([email protected]). che ([email protected]).

Grazia Calegari è stata allieva a Bologna di Fran- Elisabetta Cerigioni dopo due lauree in Lette- cesco Arcangeli, con cui si è laureata e specializzata in ratura contemporanea ha conseguito il Dottorato di Storia dell’arte. Si dedica prevalentemente a studi sul ricerca con una tesi sul Carlo Quinto di Santinelli. seicento, settecento, ottocento e con alternanze anche Ha prodotto diverse pubblicazioni di argomento no- sul novecento, oltre ad occuparsi dei restauri di opere vecentesco, contemporaneo e santinelliano; nel 2016 finora poco conosciute, finanziati dalla Curia, da ban- ha vinto una borsa di studio presso la Fondazione Bo che o da privati ([email protected]). di Urbino. Scrive per la rivista culturale “The Friday Project” ([email protected]). Simone Biondi, archeologo e storico medievista, svolge attività di ricerca in collaborazione con diver- Marco Delbianco (Pesaro 1956), maturità clas- se soprintendenze e istituti universitari. E’ curatore sica al liceo “Barbarigo” di Padova, laurea in Medi- e consulente scientifico della domus romana di via cina e Chirurgia, esercita la professione di medico di dell’Abbondanza a Pesaro e del Museo archeologi- Medicina generale. Appassionato di storia locale, ha co medievale della rocca malatestiana di Montefiore pubblicato alcuni articoli sull’antico Comune di No- Conca (RN); il suo principale campo di interesse è lo vilara, su ser Angelo Clementi da Novilara, maestro studio delle produzioni ceramiche medievali e rina- di grammatica del ‘400, e sui mulini di Novilara (ma- scimentali ([email protected]). [email protected]).

Tommaso Borgogelli, laureatosi in Lettere e Tamara Dominici (Rimini 1989), ha conseguito Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Ur- la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’ateneo bino, si occupa di pittura del Seicento con particola- urbinate. Dopo un periodo di tirocinio all’M-Museum re attenzione al movimento caravaggesco tra Roma Leuven (Belgio), nel 2017 ha acquisito il diploma e Napoli; è autore di diversi articoli specialistici in post-laurea di specializzazione in Beni storici artistici riviste italiane e internazionali (tommyborgo@ya- presso l’Università di Macerata, discutendo la tesi La hoo.it). produzione artistica e il suo valore ai tempi dei duchi di Borgogna. Il caso di Dieric Bouts. Ora continua la Rino Casadio, docente e restauratore ceramico, sua attività di ricerca volta ad approfondire tematiche collabora da oltre trent’anni con diverse soprinten- riguardanti l’arte nordica e i suoi rapporti con l’Italia,

253 Studi pesaresi 5.2017 in particolare con le Marche, fra i secoli XIV-XVII Roberta Martufi, architetto, si occupa sin dalla ([email protected]). formazione universitaria di Beni culturali e di pa- esaggio. Ha realizzato importanti interventi di re- Gabriele Falciasecca, già docente di Geografia stauro, fra cui a Pesaro gli interventi a villa Caprile, generale ed economica nelle scuole secondarie e col- villa Vittoria e villa Montani. L’attività di progetti- laboratore didattico presso l’Università degli studi di sta è sempre stata affiancata da quella di ricerca e Urbino, fa parte della commissione dell’Archivio sto- insegnamento presso università o istituti di ricerca rico diocesano di Pesaro e dirige la biblioteca dell’I- (Urbino e Venezia). Tra le sue pubblicazioni: Diletto stituto superiore di Scienze religiose “Giovanni Paolo e Maraviglia. Le ville del Colle San Bartolo; Viali, II”; ha approfondito temi di carattere economico, sto- ville e villini. La Pesaro della Borghesia 1898-1940; rico e artistico, prediligendo la storia locale del XIX Dall’Eclettismo di Mario Urbani al Razionalismo di secolo ([email protected]). Celio Francioni. L’architettura a Pesaro attraverso il XX secolo; Tra sfingi e leoni. Leandro Ricci un Nicole Hofmann Laureata in Conservazione dei artista dimenticato e la Pesaro di primo novecento beni culturali nel 2006 presso l’Università degli studi ([email protected]). Urbino “Carlo Bo”, si è occupata dello studio e della regestazione di alcuni fondi archivistici presso la Bi- Gianpaolo Ornaghi. Nato a Milano nel 1983 e blioteca Oliveriana, tra cui i fondi Petrucci, Perticari, cresciuto a Pesaro, ha frequentato l’Istituto statale Ratti; ha inoltre collaborato con il Centro Ricerche d’Arte “Scuola del Libro” di Urbino. Ha conseguito Floristiche “A.J.B. Brilli-Cattarini” di Pesaro, occu- la laurea triennale in Storia all’Università di Bolo- pandosi dello studio di erbari storici e di ricerche bo- gna, con la tesi Piero Domenichelli tra esperienza di taniche sulla flora della Regione Marche. guerra e approdo al fascismo. Dopo un anno di stu- dio presso l’Università di Parigi VII e un’esperienza Stefano Lancioni (Pesaro 1965), si è laureato in di tre anni come falegname restauratore del mobile Lettere nel 1990 presso l’Università degli studi di Ur- antico, nel 2014 ha conseguito la laurea magistrale bino; dal 1992 è insegnante di Italiano e Latino (dal in Storia, sempre a Bologna, con la tesi Educare gli 2000 presso il liceo scientifico “Torelli” di Fano). Ha incurabili. I frenastenici nella provincia di Pesaro e pubblicato diversi articoli di storia locale in “Studi Urbino (1899-1918). Studia Scienze della Formazio- Montefeltrani”, “Studi pesaresi” e “Sguardi”, consul- ne primaria presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino, tabili anche sul sito www.storiapesarourbino.altervi- per dedicarsi all’insegnamento; collabora come ricer- sta.it ([email protected]), catore con l’Iscop di Pesaro ([email protected]).

Federico Marcucci (Urbino 1960). Presso l’Uni- Maria Chiara Pepa si è laureata in Letteratu- versità di Urbino ha conseguito nel 1987 la laurea in ra Lingua e Cultura italiana a Urbino. La sua tesi di Lettere, discutendo una tesi sui rapporti tra Surreali- laurea sperimentale ha dato il via a una serie di ri- smo e cinema, e nel 1997 la laurea in Conservazione cerche e approfondimenti sulla mitografia medievale dei beni culturali, discutendo una tesi su un mano- femminile. Si è concentrata in particolare sullo stu- scritto inedito contenente la biografia dell’urbinate dio di Francesca da Rimini, immortalata dal V canto Federico Veterani, conservato dalla Biblioteca centra- dell’Inferno dantesco e divenuta poi un mito interna- le dell’ateneo urbinate, presso la quale attualmente ri- zionale; su Stamira di Ancona, mito cittadino; infine copre la mansione di addetto alla gestione del Fondo su Marzia Ubaldini, popolare nella piccola realtà di antico. Nel 1990 presso la Sovrintendenza scolastica Palazzuolo sul Senio (FI). Nel giugno 2016 ha pre- regionale per le Marche ha conseguito l’abilitazione sentato una relazione su Francesca da Rimini al con- all’insegnamento della Storia dell’Arte. Dal 2009 è vegno Il medioevo fra noi, tenutosi a Gradara (PU) e socio ordinario dell’Accademia Raffaello di Urbino nello stesso anno ha preso parte al convegno di aper- ([email protected]). tura della rievocazione storica di Piandimeleto (PU)

254 5.2017 Studi pesaresi con un’introduzione generale sul medievalismo; nel ha al suo attivo saggi e monografie, da ultime La luglio 2017 ha presentato la figura di Marzia Ubaldini valle degli idoli. Bronzi preromani da Casalecchio e all’interno della tradizionale rievocazione medievale dalla Valmarecchia. Fonti archeologiche d’archivio del paese ([email protected]). (2013) e Le vie della seta a Rimini. Artefici e luoghi produttivi (XVI-XX secolo) (2014). Ha curato volumi Paolo Peretti (Mogliano 1954), laureato in Giu- collettanei, fra i quali Alea iacta est. Giulio Cesare in risprudenza e diplomato in Paleografia e filologia Archivio (2010) e, con Daniela Calanca, Ville al mare musicale, è particolarmente interessato alle fonti e tra Romagna e Italia (1861-1918) (2013) (cris-rav@ alle vicende musicali delle Marche. Ha al suo attivo libero.it). numerose pubblicazioni tra monografie, saggi in mi- scellanee e su riviste specialistiche in diversi settori Davide Sanfilippo (1987) ha frequentato il liceo della ricerca storico-musicologica, dal Medioevo al scientifico “Vito Romano” di Piazza Armerina (EN). Novecento. Autore di testi per musica, ha collaborato Presso l’università di Urbino ha prima conseguito una con alcuni compositori contemporanei, tra cui Biagio laurea triennale a indirizzo storico, con la tesi speri- Putignano e Roberto Molinelli. Dopo aver insegnato mentale Per la storia di Urbino nel Trecento: propo- in scuole di vario ordine, fino all’università, è attual- sta di studio attraverso lo spoglio di pergamene di mente docente di Storia della musica nel conservato- don Antonio Corradini; poi, nel 2015, ha conseguito rio “G.B. Pergolesi” di Fermo. È socio deputato della la laurea magistrale in Filologia moderna con la tesi Deputazione di storia patria per le Marche (paolo. Un tentativo di rivolta a Cagli: tensioni e dinamiche [email protected]). sociali nello stato pontificio negli anni della Rivolu- zione Francese. Vive a Varese dove insegna Materie Cristina Ravara Montebelli, laureata in Lette- letterarie nelle scuole secondarie e nei licei (davide. re classiche con indirizzo archeologico, è archeologa [email protected]). libera professionista. Da anni impegnata in ricerche d’archivio riguardanti l’archeologia, il collezionismo Silvia Serini, docente di Lettere, storica e sag- e la storia della provincia riminese e di San Marino, gista, ha pubblicato in opere collettanee e collabora ha partecipato da ricercatrice a progetti europei (RO- con riviste cartacee e con il blog dedicato al mondo MIT, ADRIAS, B.A.R.C.A), come relatrice a conve- della scuola e dell’istruzione Epicheia. Ha esordito gni nazionali e internazionali, in veste di docente a con la monografia Alberto Moravia e il cinema. Una lezioni/seminari universitari e a varie edizioni della rilettura storica (2014). Nel 2016 ha curato il libro Le International Summer School “Mediterraneo” dell’U- Marche e la grande trasformazione (1954-1970) e nel niversità di Bologna (2007-2009). Cultore della ma- 2017, insieme a Chiara Pietrucci, il volume Giulio teria (Topografia antica) presso il dipartimento Beni Fagnani. Matematico, filosofo e poeta (silvia.seri- culturali della stessa università, campus di Ravenna, [email protected]).

255 Finito di stampare nel mese di Novembre 2017 per conto della casa editrice il lavoro editoriale Roberta Martufi La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro

Tav. 1 – L’area del San Domenico in età malatestiana

I Studi pesaresi 5.2017

Tav. 2 – L’area del San Domenico in età sforzesca

II Roberta Martufi La chiesa e il convento di San Domenico di Pesaro

Tav. 3 – L’area del San Domenico in età roveresca

III Studi pesaresi 5.2017

Tav. 4 – Riduzioni e demolizioni fra XIX e XX secolo

IV Grazia Calegari Novecento privato. Aggiunte alla collezione Elio Giuliani

Tav. 5 – Nino Caffè: Ritratto di zia Annina, olio su tela, fine anni ’30 (foto Luca Toni, Pesaro)

V Studi pesaresi 5.2017

Tav. 6 – Ciro Cancelli: Il riposo dei marinai, olio su tela, 1929 (foto Luca Toni, Pesaro)

VI Grazia Calegari Novecento privato. Aggiunte alla collezione Elio Giuliani

Tav. 7 – Nino Caffè: Porto di Pesaro, olio su tela, 1930 (foto Luca Toni, Pesaro)

VII Studi pesaresi 5.2017

Tav. 8 – Luigi Bazzali: Il lettore, olio su tela, 1940 (foto Luca Toni, Pesaro)

VIII Grazia Calegari Novecento privato. Aggiunte alla collezione Elio Giuliani

Tav. 9 – Luigi Bazzali: Opificio, olio su tela, 1931 (foto Luca Toni, Pesaro)

IX Studi pesaresi 5.2017

Tav. 10 – Achille Wildi: serie Pompei, olio su tela, 1956 (foto Luca Toni, Pesaro)

X Grazia Calegari Novecento privato. Aggiunte alla collezione Elio Giuliani

Tav. 11– Achille Wildi: serie Pompei, olio su tela, 1956 (foto Luca Toni, Pesaro)

XI Studi pesaresi 5.2017

Tav. 12 – Achille Wildi: serie Pompei, olio su tela, 1956 (foto Luca Toni, Pesaro)

XII Grazia Calegari Novecento privato. Aggiunte alla collezione Elio Giuliani

Tav. 13– Alessandro Gallucci: Ritratto di Giorgetta Giorgi, olio su tela, 1937 (foto Luca Toni, Pesaro)

XIII Studi pesaresi 5.2017

Tav. 14 – Werter Bettini: Strada in un quartiere moderno di Voroscilovgrad (Russia), carboncino su carta, 1943 (foto Luca Toni, Pesaro)

XIV Grazia Calegari Novecento privato. Aggiunte alla collezione Elio Giuliani

Tav. 15 – Bruno Baratti: Paesaggio campestre, pannello maiolicato, anni ’40 (foto Luca Toni, Pesaro)

XV Studi pesaresi 5.2017

Tav. 16 – Nino Caffè: Viale Trieste, olio su tela, anni ‘50 (foto Luca Toni, Pesaro)

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