COMUNE DI URAS (PROV. ) Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile 1 - RELAZIONE GENERALE

OTTOBRE 2017

Geologo Incaricato

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Responsabile Area Tecn. e Manutentiva Il Sindaco

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Il Delegato di Protezione Civile La Polizia Municipale

______Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

Sommario

1 – ASPETTI GENERALI ...... 4 1.1 - PREMESSA ...... 4 1.2 – GRUPPO DI LAVORO ...... 6 1.3 – SINTESI DELLE TIPOLOGIE DI RISCHI ...... 6 1.4 – RELAZIONE DEL PIANO CON ALTRI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE ...... 6 1.5 – VALIDITA’, CONTROLLO ED EFFICIENZA DEL PIANO E SUO AGGIORNAMENTO ...... 6 1.6 – IDENTIFICAZIONE DEI LIMITI E DELLE CRITICITA’ DEL PIANO ...... 8 1.7 – INQUADRAMENTO NORMATIVO ...... 9 1.7.1 – Legislazione Nazionale ...... 9 1.7.2 – Legislazione Regionale ...... 10 2 – DESCRIZIONE DEL TERRITORIO ...... 13 2.1 – INTRODUZIONE ...... 13 2.2 – POSIZIONE ...... 13 2.3 – LIMITI AMMINISTRATIVI ...... 14 2.4 – INQUADRAMENTO AMMINISTRATIVO ...... 14 2.5 – CARATTERI TERRITORIALI, AMBIENTALI E PAESAGGISTICI ...... 18 2.5.1 – Caratteri climatici e regime termo-pluviometrico ...... 18 Termometria ...... 18 Pluviometria...... 19 Venti...... 25 2.5.2 – Caratteristiche Geologiche ...... 28 Caratteristiche geologico-strutturali ...... 28 La sequenza stratigrafica del Campidano ...... 30 Il Complesso vulcanico di Monte Arci ...... 31 Caratteri geologici e stratigrafici del territorio Comunale ...... 34 2.5.3 – Caratteristiche geomorfologiche e fisiografiche...... 42 2.5.5 – Caratteristiche idrogeologiche...... 47 2.5.6 – Dighe e invasi ...... 50 2.5.7 – Caratteri ambientali e paesaggistici ...... 56 2.5.8 – Corine Land Cover – Uso del Suolo...... 57

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2.6 – Caratteristiche demografiche ...... 59 2.7 – Strutture pubbliche e private ...... 64 2.7.1 – Edifici scolastici ...... 64 2.7.2 – Edifici strategici ...... 64 2.7.3 – Strutture sanitarie e socio-assistenziali ...... 64 2.7.4 – Strutture ricettive e alimentari ...... 66 2.7.5 – Attività industriali, commerciali e agricole ...... 66 2.7.6 – Attrezzature sportive ...... 67 2.8 – Infrastrutture viarie e trasporti ...... 69 2.8.1 – Reti viarie e ferroviarie ...... 69 2.8.2 – Reti viarie - Criticità ...... 70 2.8.3 – Aeroporti ...... 71 2.8.4 – Porti ...... 71 Relazione Tecnica ...... 72 Rischio idraulico ...... 72 3.1 – PREMESSA ...... 72 3.2 – SCENARI DEGLI EVENTI ATTESI – LINEE GUIDA REGIONALI ...... 73 3.3 – VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITA’ ...... 74 3.3.1 – La pericolosità nel Rischio Idraulico (Piene) ...... 75 3.3.2 – La pericolosità nel Rischio Idrogeologico (Frana) ...... 77 3.3.3 – La pericolosità nel rischio incendi boschivi e di interfaccia ...... 78 3.4 – VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITA’ E PESI DI ATTRIBUIRE ...... 79 3.4.1 – La vulnerabilità nel rischio idraulico (piena) e idrogeologico (frana) ...... 79 3.4.1 – La vulnerabilità nel rischio incendi ...... 80 3.5 – VALUTAZIONE DEGLI ESPOSTI ...... 81 3.6 – VALUTAZIONE DEL RISCHIO ...... 82 4 – STRUTTURA ORGANIZZATIVA ...... 83 4.1 – IL PRESIDIO TERRITORIALE ...... 83 4.2 – SISTEMA DI COMANDO E CONTROLLO ...... 84 4.3 – COORDINAMENTO OPERATIVO ...... 84 4.3.1 – Il Centro Operativo Comunale (COC) ...... 86 4.3.2 – Il Posto di Comando Avanzato (PCA) ...... 87 5 – SISTEMA DI ALLERTAMENTO ...... 88

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5.1 – SISTEMA DI ALLERTAMENTO REGIONALE ...... 88 5.2 – SISTEMA DI ALLERTAMENTO LOCALE ...... 89 5.3 – LIVELLI DI ALLERTA E FASI OPERATIVE ...... 89 5.3.1 – Rischio idraulico e idrogeologico ...... 90 5.3.2 – Rischio incendi ...... 93 6 – SISTEMA DI ALLERTAMENTO ...... 95 6.1 – FUNZIONI DI SUPPORTO – ASSEGNAZIONE FUNZIONI ...... 96 6.2 – MODELLI D’INTERVENTO ...... 103 6.2.1 – Aree di Emergenza ...... 105 6.2.1.1 – Aree di Attesa ...... 105 6.2.1.2 – Aree/strutture di ricovero (o accoglienza) ...... 116 6.2.1.3 – Aree di ammassamento soccorritori e risorse ...... 125 6.2.2 – Evacuazione ...... 125 7 – Informazione e Norme comportamentali del cittadino ...... 128 7.1 – INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE ...... 128 7.1.1 – Cosa fare in caso di evento Idrogeologico ...... 132 7.1.2 – Cosa fare in caso di allerta Idraulica ...... 133 7.1.3 – Cosa fare in caso di allerta Incendio boschivo o di interfaccia ...... 135 8 – GLOSSARIO E DEFINIZIONI ...... 138

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1 – ASPETTI GENERALI

1.1 - PREMESSA Il presente aggiornamento del Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile del Comune di URAS, in ottemperanza alla Rep. N. 93 del 20/07/2017è stato conferito al sottoscritto Dott. Geologo Alberto Collovà, iscritto all’ordine Regionale dei Geologi di Sicilia dal 2008 al n. 33, costituisce verifica, aggiornamento e informatizzazione del Piano redatto ed approvato nell’anno 2010.

Codesto Piano è stato elaborato con lo scopo di fornire al Comune uno strumento operativo utile a fronteggiare l’emergenza locale, conseguente al verificarsi di eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo. E’ necessario sottolineare che si riferisce ad eventi che per la loro natura ed estensione possono essere contrastati mediante interventi attuabili autonomamente dal Comune con l’eventuale supporto di Enti o Organizzazioni esterne. Per i casi di più rilevante dimensione il Piano rappresenta lo strumento di primo intervento e di prima gestione nella consapevolezza che servirà, poi, il supporto dei soggetti che operano a livello Regionale o Nazionale. Il Piano rappresenta un ausilio per il superamento di emergenze causate da calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbano essere necessariamente fronteggiate a livello regionale o nazionale, ma che richiedono, comunque, una gestione delle prime ore della crisi a livello locale.

Appare evidente come il Piano non abbia carattere definitivo, ma necessita di aggiornamenti per adeguarsi all’evoluzione della specifica materia e alle mutate condizioni che si verificano sul territorio e, non ultimo, al variare delle risorse ed attrezzature disponibili nel Comune d’interesse.

Tale aggiornamento tiene conto dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n° 3624 del 22 ottobre 2007 “Disposizioni urgenti di Protezione Civile dirette a fronteggiare lo stato di emergenza in atto nei territori delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Emilia - Romagna, Marche, Molise, Sardegna ed Umbria, in relazione ad eventi calamitosi dovuti alla diffusione di incendi e fenomeni di combustione” dispone, all’art. 1 comma 9, che i Sindaci dei Comuni interessati delle Regioni di cui alla citata Ordinanza, predispongano i piani comunali di emergenza per gli incendi di interfaccia tenendo prioritariamente conto delle strutture maggiormente esposte a rischio e ponendosi come fine primario la salvaguardia e l’assistenza della popolazione.

Al fine di adempiere alle disposizioni dell’Ordinanza, accelerando e semplificando il compito degli addetti ai lavori, il Dipartimento della Protezione Civile ha redatto un “Manuale operativo per la

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale predisposizione di un Piano comunale o intercomunale di Protezione Civile” (Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n° 3606/07, reperibile dal portale internet del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale, www.protezionecivile.gov.it) che fornisce le linee guida per identificare le aree del territorio comunale maggiormente esposte al rischio incendi di interfaccia (e rischio idrogeologico/idraulico), i lineamenti della pianificazione, la strategia operativa e la stesura dei modelli di intervento in occasione di eventi calamitosi. Altresì la Giunta Regionale ha approvato con Deliberazione n. 20/10 in data 12 aprile 2016 le nuove linee guida regionali per la pianificazione di emergenza. In particolare per gli incendi si stabiliscono nuove modalità di valutazione del rischio e la valutazione della pericolosità viene fornita ai Comuni direttamente dalla Direzione Regionale. E’ sulla base delle nuove linee guida e sulle informazioni fornite dal Settore Tecnico Manutentivo del Comune, oltre che sulla base di studi personali e sopralluoghi in campo che è stato redatto il presente Piano.

I documenti che costituiscono il Piano Comunale di URAS del 2010 sono i seguenti: 1. Attori e competenze del Sistema Protezione Civile; 2. Il modello d’intervento di Protezione Civile; 3. I rischi e le procedure d’intervento; 4. Analisi e dati territoriali; 5. Bersagli e risorse; 6. Allegati vari 7. Allegati cartografici: a. Rischio Incendio d’interfaccia; b. Rischio idrogeologico e idraulico; c. Analisi e dati territoriali; d. Bersagli e risorse.

Il presente aggiornamento riguarda solo i tematismi che, ad oggi, hanno subito modifiche mentre per quelli che non sono stati aggiornati restano valide le informazioni riportate nel Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile del 2010.

Il seguente Piano è stato elaborato con lo scopo di fornire al Comune di URAS uno strumento operativo utile a fronteggiare l’emergenza locale, conseguente al verificarsi di eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo, nel rispetto della normativa nazionale e regionale in materia di protezione civile, del metodo Augustus messo a punto dal Dipartimento della Protezione Civile, in base alle informazioni estrapolate dal Piano d’Assetto Idrogeologico della Sardegna, dalla Carta geologica della Regione Sardegna, dai dati demografici sintetizzati dall’I.S.T.A.T., dalle informazioni estrapolate dal Corpo Forestale dello Stato e da ogni altro Ente che fornisce informazioni sul territorio del Comune di Uras e dei Comuni limitrofi appartenenti alla Provincia di Oristano

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Il Comune potrà richiedere il supporto di quelle realtà presenti sul territorio cittadino, le quali per organizzazione, disponibilità di risorse e professionalità possono concorrere efficacemente ad affrontare l’emergenza. Non ci si può, inoltre, dimenticare del Volontariato che ricopre un ruolo fondamentale non solo durante il soccorso alla popolazione, ma anche in tutte le altre fasi che contraddistinguono l’attività di Protezione Civile.

1.2 – GRUPPO DI LAVORO Il seguente studio è stato redatto dal sottoscritto Geologo Alberto Collovà. Ha collaborato al reperimento dei dati il Geom. Pietro Carboni del Settore tecnico del Comune di URAS che è anche il Responsabile del Procedimento.

1.3 – SINTESI DELLE TIPOLOGIE DI RISCHI I rischi analizzati nel presente Piano sono i seguenti: • Rischio di incendio di interfaccia; • Rischio idrogeologico e idraulico; • Rischio frana; • Rischio industriale; • Rischio neve.

1.4 – RELAZIONE DEL PIANO CON ALTRI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE Considerando il Piano di Protezione Civile in un’ottica di più ampio raggio, ci si può rendere conto di come esso diventi uno strumento propedeutico agli strumenti di pianificazione territoriale. Per questo motivo il presente Piano di Protezione Civile è stato redatto considerando la zonizzazione Urbanistica Comunale (P.U.C.). Per quanto riguarda il Rischio idraulico, l’analisi di rischio è stata fatta basandosi sulle previsioni del Piano di Assetto Idrogeologico Regionale vigente, del Piano Stralcio per le Fasce Fluviali della Regione Sardegna e del Piano Regionale di Gestione del Rischio Alluvioni. Per quanto riguarda il rischio incendi di interfaccia, è stato consultato il P.R.A.I. vigente. Il Manuale operativo invece ricalca le funzioni e i compiti che la Giunta prima e il Consiglio Comunale poi hanno deciso di adottare dotandosi di un Regolamento Interno di Protezione Civile che stabilisce i compiti e le funzioni dei responsabili di PC.

1.5 – VALIDITA’, CONTROLLO ED EFFICIENZA DEL PIANO E SUO AGGIORNAMENTO Gli elementi necessari per rendere efficace il Piano di Protezione Civile sono:

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1. Il suo Aggiornamento periodico; 2. L’attuazione di esercitazioni; 3. L’informazione alla popolazione. L’aggiornamento periodico del Piano è necessario per consentire di gestire l’emergenza nel modo migliore: il Piano è uno strumento dinamico e modificabile in conseguenza dei cambiamenti che i sistemi territoriali, sociale e politico - organizzativo subiscono nel tempo.

La Valutazione e il Controllo dell’operatività del Piano seguono uno schema ben preciso:

• Redazione di procedure standard: nel piano di Protezione Civile sono state visualizzate tramite tabelle nelle quali sono stati assegnati ad ogni attore della PC dei compiti ben precisi; • Addestramento: attività necessaria affinché tutte le strutture operative facenti parte del sistema siano messe al corrente delle procedure pianificate nel Piano, e risultino pronte ad applicare quanto previsto; • Applicazione: il Piano viene messo realmente alla prova quando viene applicato nella Realtà, potendone avere un riscontro dell’efficacia e, misurandone i limiti, si potranno effettuare adattamenti in corso d’opera; • Correzione: dopo il momento di revisione critica, successivamente alla presentazione della bozza di Piano in Conferenza di Servizi, la procedura viene corretta ed approvata ufficialmente.

Di conseguenza, la durata del Piano è illimitata, nel senso che non può essere stabilita una durata predeterminata, ma che obbligatoriamente si deve rivedere e aggiornare il Piano almeno una volta all’anno.

Per ciò che riguarda le esercitazioni si può dire che esistono diverse tipologie di esercitazioni a livello locale: A - Esercitazioni per posti di comando e telecomunicazioni: coinvolgono unicamente gli organi direttivi e le reti di comunicazione.

B - Esercitazioni operative: coinvolgono solo le strutture operative (Vigili del Fuoco, Forze Armate, strutture comunali, organizzazioni di volontariato, ecc.) con l'obiettivo specifico di testarne la reattività e la preparazione, o l'uso dei mezzi e delle attrezzature tecniche d'intervento.

C - Esercitazioni dimostrative: che, come suggerisce la denominazione stessa, hanno la finalità di dare pubblicamente prova delle capacità d'intervento delle citate strutture operative e della funzionalità di veicoli, strumenti ed apparecchiature.

D - Esercitazioni miste: coinvolgono uomini mezzi di Amministrazioni ed Enti diversi.

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Inoltre il Comune prevede di effettuare direttamente gli interventi di sua competenza e di attivarsi presso gli Enti preposti per la realizzazione degli interventi nelle situazioni di maggiore criticità. Per garantire la riuscita del Piano deve obbligatoriamente provvedere alle seguenti attività: • Predisposizione e manutenzione delle aree di emergenza; • Controllo e manutenzione della sala operativa comunale.

1.6 – IDENTIFICAZIONE DEI LIMITI E DELLE CRITICITA’ DEL PIANO Si consiglia di istituire un protocollo di comunicazione dedicato ai fini della Protezione Civile con l’Ufficio Anagrafe. Si ritiene necessario aggiornare e implementare le informazioni che seguono di concerto tra il C.O.C., l’Ufficio Anagrafe e l’Ufficio dei servizi Sociali. Le informazioni che dovrebbero essere raccolte sono le seguenti: 1) In riferimento al nucleo familiare di appartenenza (identificabile con le generalità del capofamiglia, dell’indirizzo dell’alloggio di residenza, del numero di persone - soggetto), con riferimento specifico al rischio idraulico, può essere a sua volta distinto in; a) nucleo familiare con disponibilità di autonoma mobilità e possibile permanenza/ospitalità ai piani primo o superiori dell’abitazione. b) nucleo familiare con disponibilità di autonoma mobilità ma senza possibilità di permanenza/ospitalità ai piani primo o superiori dell’abitazione, e che quindi deve essere ospitato in strutture di attesa/ricovero a cura della protezione civile. c) nucleo familiare senza disponibilità di autonoma mobilità ma con possibilità di permanenza/ospitalità ai piani primo o superiori dell’abitazione, e che quindi deve essere assistito a cura della protezione civile. d) nucleo familiare senza disponibilità di autonoma mobilità e senza possibilità di permanenza/ospitalità ai piani primo o superiori dell’abitazione, e che quindi deve essere assistito e ospitato in strutture di attesa/ricovero a cura della protezione civile.

2) In riferimento al singolo soggetto – (identificato col nome e cognome e via di residenza) a) autosufficiente, o non autosufficiente ma esaurientemente assistito b) non autosufficiente; bisognoso di assistenza (anziano invalido, disabile, malato cronico, etc).

In questa prospettiva, l’implementazione deve essere fatta attraverso: • Il coinvolgimento ufficiale e formale delle strutture socio-sanitarie alle quali la struttura di P.C. chiede l’elenco e le generalità di diversamente abili e di tutti i comunque assistiti dal servizio pubblico anche psicologico aggiornato. • Ulteriore coinvolgimento delle strutture socio-sanitarie con la predisposizione di un rapporto collaborativo che preveda l’invio degli aggiornamenti con periodicità almeno semestrale. • L’invio di una lettera da restituire compilata a tutti i capifamiglia nella quale si chiedono le informazioni da inserire nel Piano, utilizzando una busta pre-stampata e pre-affrancata o la possibilità di invio via PEC.

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Un’altra criticità del sistema di Protezione Civile del Comune di URAS è dovuta alle modalità di comunicazione dell’allerta. Al momento i canali di comunicazione sono limitati e si identificano nel sito internet istituzionale, nella modalità porta a porta e nel megafono. Sarebbe auspicabile aumentare la potenzialità dei sistemi di comunicazione, per esempio, attraverso una app dedicata e l’utilizzo dei pannelli luminosi in utilizzo al Comune.

1.7 – INQUADRAMENTO NORMATIVO Nel seguito si riportano i principali riferimenti normativi relativi alla protezione civile e alla difesa del suolo sia a livello nazionale che regionale:

1.7.1 – Legislazione Nazionale

- Legge n. 996 dell’ 8 dicembre 1970 “ Norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità - Protezione Civile"; - Legge n. 225 del 24 febbraio 1992 "Istituzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile"; - D.P.R. n. 613 del 21 settembre 1994 "Regolamento recante norme concernenti la partecipazione delle organizzazioni di volontariato nelle attività di protezione civile"; - Circolare n. 2 della Presidenza del Consiglio del Ministri - Prot. N 157/401/15/ S.G.C. del 13-04-1994, relativa: "Legge n. 225/92 – Criteri per la elaborazione dei piani di emergenza approvati dal Consiglio Nazionale della protezione civile"; - Circolare Presidenza del Consiglio del Ministri - Prot. n. 2404/c 65/EMER del 12-6-1996 ad oggetto: "Pianificazione di emergenza, individuazione di aree per l'ammassamento di forze e risorse in caso di emergenza"; - Legge 21 novembre 2000, n. 353 "Legge - quadro in materia di incendi boschivi" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 30 novembre 2000; - DPR n. 194 dell’8 febbraio 2001 “Regolamento recante nuova disciplina della partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile”; - Legge 9 novembre 2001, n.401 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 7 settembre 2001 n.343, recante disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 262 del 10 novembre 2001; - Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 – nota del Dipartimento della Protezione Civile n. RIA/0029781 del 06/06/2014 - recante “Fenomeni temporaleschi: indicazioni operative ai sensi della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 e s.m.i. per le Regioni con settore meteo non operativo del Centro Funzionale Decentrato” - Ordinanza del presidente del consiglio dei Ministri n. 3711 del 31 ottobre 2008 Interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti alle eccezionali avversita' atmosferiche verificatesi il giorno 22 ottobre 2008 nel territorio della provincia di ; - Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 03 dicembre 2008 Organizzazione e funzionamento di SISTEMA presso la Sala Situazioni Italia del Dipartimento della protezione civile;

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- Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 03 dicembre 2008 Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze; - Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 dicembre 2008 Dichiarazione dello stato di emergenza in ordine agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito tutto il territorio nazionale nei mesi di novembre e dicembre 2008; - Ordinanza del presidente del consiglio dei Ministri n. 3734 del 16 gennaio 2009 Primi interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eventi atmosferici che hanno colpito il territorio nazionale nei mesi di novembre e dicembre 2008.

A vent’anni dalla sua nascita il Servizio Nazionale della Protezione Civile viene riformato. Il decreto legge n. 59 del 15 maggio 2012 convertito nella legge n. 100 del 12 luglio 2012 modifica e integra la legge n. 225 del 1992, istitutiva del Servizio. Le attività della Protezione Civile vengono ricondotte al nucleo originario di competenze definito dalla legge 225/1992, dirette principalmente a fronteggiare le calamità e a rendere più incisivi gli interventi nella gestione delle emergenze. Viene ribadito il ruolo di indirizzo e coordinamento del Dipartimento della Protezione Civile delle attività delle diverse componenti e strutture operative del Servizio Nazionale. Legge 100/2012 che va a toccare - tra gli altri - alcuni temi chiave per tutto il sistema: la classificazione degli eventi calamitosi, le attività di protezione civile, la dichiarazione dello stato di emergenza e il potere d’ordinanza. In questo senso, la legge ridefinisce la prima fase dell’emergenza, ponendo l’accento sul “fattore tempo”. Viene specificato che i mezzi e i poteri straordinari per fronteggiare le calamità (eventi di tipo “c”) vanno utilizzati per interventi temporali limitati e predefiniti: la durata dello stato di emergenza di regola non può superare i 90 giorni, con possibilità di proroga per altri 60 giorni. Lo stato di emergenza può essere dichiarato anche “nell’imminenza” e non solo “al verificarsi” dell’evento calamitoso e prevede, da subito - altro passaggio importante della legge - l’individuazione dell’amministrazione competente in via ordinaria che prosegue le attività, una volta scaduto lo stato di emergenza. La legge 100/2012 ribadisce poi il ruolo del Sindaco come autorità comunale di protezione civile, precisandone i compiti nelle attività di soccorso e assistenza alla popolazione. Una novità importante riguarda i piani comunali di emergenza, che devono essere redatti entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, e periodicamente aggiornati. Direttiva PCM del 9 novembre 2012 - Indirizzi operativi volti ad assicurare l'unitaria partecipazione delle organizzazioni di volontariato all'attività di protezione civile. (GU n.27 del 1-2-2013).

1.7.2 – Legislazione Regionale

- Legge Regionale 26/85 assegna al Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale compiti di collaborazione nelle attività connesse alla protezione civile;

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- Legge Regionale 21 novembre 1985, n. 28 Interventi urgenti per le spese di primo intervento sostenute dai comuni, province e comunità montane in occasione di calamità naturali ed eccezionali avversità atmosferiche; - Legge Regionale 17 gennaio 1989, n. 3 Interventi regionali in materia di protezione civile che istituisce il Servizio regionale di Protezione Civile presso la Direzione Generale dell’Assessorato Difesa dell’Ambiente; - Legge Regionale 13 settembre 1993, n. 39 Disciplina dell'attività di volontariato e modifiche alle leggi regionali 25 gennaio 1988, n. 4, e 17 gennaio 1989, n. 3; - Legge Regionale 21 settembre 1993, n. 46 - Interventi in materia ambientale e modifiche alle leggi regionali 14 settembre 1987, n. 41, 15 maggio 1990, n. 13, 7 giugno 1989, n. 30, 22 luglio 1991, n. 25 e 17 gennaio 1989, n. 3. - Legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 - Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. - Decreto n. 108 del 19 ottobre 2007 Modifica dell’assetto organizzativo delle Direzioni Generali dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente definito con Decreto Presidenziale n. 66 del 28 aprile 2005 e successive modificazioni; - Legge Regionale 29 ottobre 2008, n.15 Interventi urgenti conseguenti agli eventi alluvionali e di dissesto idrogeologico del mese di ottobre 2008; - Legge Regionale 21 novembre 2008, n.16 Modifica della legge regionale 29 ottobre 2008, n. 15 (Interventi urgenti conseguenti agli eventi alluvionali e di dissesto idrogeologico del mese di ottobre 2008); - Legge Regionale 7 agosto 2009, n.3, che all’ art. 11 comma 6 istituisce presso la Presidenza della Regione la Direzione generale della protezione civile della Regione Sardegna la quale esercita le funzioni che il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, conferisce e quelle di cui alla legge regionale n. 9 del 2006, articolo 69, e coordina le attività di protezione civile delle strutture della Regione, delle province, dei comuni e delle organizzazioni di volontariato. Il Presidente svolge le proprie funzioni anche mediante delega all'Assessore della difesa dell'ambiente. Alla Direzione sono trasferiti il personale, le risorse finanziarie e i mezzi allocati nel Corpo forestale. - Legge Regionale 22 gennaio 2010, n. 3 - (art.3) Proroga dei termini per la concessione dei contributi di cui all'articolo 1 della L.R. 21 novembre 1985, n. 28 (Interventi urgenti per le spese di primo intervento sostenute dai Comuni, Province e Comunità Montane in occasione di calamità naturali ed eccezionali avversità atmosferiche). - Deliberazione della GR n. 21/30 del 5 giugno 2013 – Approvazione e istituzione dell’Elenco regionale del volontariato di protezione civile, in applicazione alla Direttiva del 9 novembre 2012 – indirizzi operativi per assicurare l'unitaria partecipazione delle organizzazioni di volontariato all'attività di protezione civile; - Deliberazione della GR n. 29/5 del 24 luglio 2013 - Direttive regionali per l'applicazione dei benefici previsti dal D.P.R. n. 194/2001 in applicazione alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 novembre 2012; - PSFF (Piano Stralcio delle Fasce Fluviali della Sardegna) adottato in via definitiva dal Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino n1 del 20 giugno 2013; - Legge Regionale n.36 del 20 dicembre 2013 in cui sono istituiti gli uffici territoriali di protezione civile quali strutture periferiche della Direzione generale della protezione civile che operano in ambito sovra- comunale e il centro funzionale decentrato (CFD). In particolare la L.R. 36 apporta modifiche alla legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), e modificando le competenze della Provincia, con l’annullamento della delega in materia di Protezione Civile, specie per quanto attiene al coordinamento del volontariato e d al comando dei mezzi e del personale connesso alle funzioni trasferite.

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- Delibera n. 31/6 del 17 giugno 2015, con cui la Giunta Regionale ha deliberato l’aggiornamento annuale del Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi valido per il triennio 2014–2016; - Deliberazione G.R. n. 21/33 del 13.6.2014 - Indirizzi per l'attivazione del Centro Funzionale Decentrato (CFD) per la Protezione civile. Istituzione del tavolo tecnico per la realizzazione del CFD e la redazione del Piano speditivo per la Protezione civile della Regione Sardegna. - Deliberazione GR n. 26/14 del 8 luglio 2014 - Modalità di diffusione e diramazione degli avvisi di "criticità ordinaria" per rischio idraulico ed idrogeologico. Questa delibera riguarda le modalità di diramazione degli “avvisi di criticità ordinaria” nelle regioni in cui il CFD non è ancora attivo. - Delibera del 2 settembre 2014, n. 34/12. Attivazione del Centro funzionale decentrato della Protezione Civile regionale. In ambito regionale, la Sardegna è una delle ultime regioni che non ha proceduto all’attivazione del CFD e il sistema previsionale al momento in fase di attivazione non è più in capo al Centro Funzionale Centrale del D.P.C. Nazionale. - Delibera del 16 settembre 2014, n. 36/14 Aree gravate da servitù militari destinate a poligono di tiro e/o utilizzate per esercitazioni. Integrazione delle prescrizioni regionali antincendio 2014-2016, approvate con la Delib.G.R. n. 14/41 del 18.4.2014. In questa delibera si intende indurre le Forze Armate a predisporre un apposito piano antincendi per ciascun poligono militare che deve costituire un’apposita sezione del piano antincendi regionale; ad applicare nei poligoni, le cautele preventive adeguate alla specifica vulnerabilità da incendi che caratterizza i territori della Sardegna e infine ad adottare uno standard di efficienza tale da poter intervenire nel contenimento degli incendi comunque divampati, con tempestività e sicurezza. - Delibera del 7 novembre 2014, n. 44/24 - Centro funzionale decentrato della Protezione Civile regionale (CFD). Adeguamento alle prescrizioni del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile (DNPC). - Delibera del 7 novembre 2014, n. 44/25 - Manuale Operativo delle allerte ai fini di protezione civile. Procedure di allertamento del sistema regionale di protezione civile per rischio meteorologico, idrogeologico e idraulico. - Delibera del 21 novembre 2014, n. 46/15 - Protezione civile. Calamità naturali. Contributi a favore degli Enti locali. Programma di spesa per gli interventi di tipo b) di cui all’art. 2 della Legge n. 225/1992 e Legge regionale n. 28/1985. UPB S04.03.005 Capitolo SC04. 0406. Euro 228.296,99. Bilancio 2014. - Delibera del 29 dicembre 2014, n. 53/25 - Approvazione definitiva del Manuale Operativo delle allerte ai fini di protezione civile “Procedure di allertamento del sistema regionale di protezione civile per rischio meteorologico, idrogeologico e idraulico”. Adeguamento alle osservazioni del Dipartimento nazionale di Protezione Civile (DNPC). - Linee guida per la predisposizione dei piani comunali e intercomunali di protezione civile, approvate dalla Giunta regionale con Deliberazione n. 20/10 in data 12 aprile 2016. - Deliberazione della Giunta Regionale n. 27/2 del 13 maggio 2016 con cui la giunta Regionale ha approvato l’aggiornamento delle prescrizioni regionali antincendio. - Deliberazione della Giunta Regionale n. 33/22 del 10 giugno 2016, con cui è stato approvato il Piano Regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi 2016. - Deliberazione della Giunta Regionale n.59/22 del 03/11/2016 soglie idropluviometriche.

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2 – DESCRIZIONE DEL TERRITORIO

2.1 – INTRODUZIONE Il Comune di Uras è ubicato nel territorio del Campidano di Oristano, una sub-regione della Sardegna occidentale distante 26 km a Sud-Est di Oristano. Il territorio del Campidano di Oristano apparteneva anticamente al Giudicato d’. E’ posto a un’altitudine di 23 ms.l.m. e si trova ai piedi del Monte Arci, a circa 67 km a nord.-ovest di Cagliari.

2.2 – POSIZIONE Il territorio comunale è compreso tra la quota minima di 9.00 m slm, che si rileva presso il Rio Prunixedda, in prossimità del limite settentrionale del territorio comunale, e la quota massima di circa 340 m slm, che si rileva invece lungo il limite sud-orientale del Comune, alla base del rilievo di Perda Arrubia.

Il confine comunale passa poco a nord di Santa Suina, procede rettilineo verso sud-est, fino alla collina che delimita in destra idrografica Canale Solapemu, dove devia verso est e prosegue alla base del dosso costituito da Perda Arrubiu-Conca Cannas, procede quindi verso sud fino ad intercettare la S.P. 422, presso il km 44,450, la SS 131 in prossimità del km 63,500, e la ferrovia in corrispondenza del ponte sul Rio . Raggiunta la località di Su Pillu Bingias, il confine comunale, disegnando uno stretto vertice, devia bruscamente verso NO, raggiunge la località Pau Fundoni, attraversando prima Pauli Craxa e quindi Serra Arena, dove intercetta la S.P. per San Nicolò d’Arcidano. Da questo punto il confine prosegue in direzione nord-nord-est e, dopo aver nuovamente attraversato il Rio Mogoro tra Pauli Colostu e Pisaniscus, raggiunto il Rio Prunixedda, devia verso nord-est e raggiunge Santa Suina.

Il territorio del Campidano di Oristano è una vasta pianura situata allo sbocco della vallata del Fiume Tirso, presso la costa occidentale dell’isola, contornata, per alcuni lati, dal mare e le cui acque convergendovi, formano naturalmente stagni e paludi. I 3 maggiori stagni sono Cabras, e Sassu. Uras è stato uno dei Comuni coinvolti, negli anni ’20, da un complesso piano di opere di sistemazione e bonifica idraulica, di bonifica sanitaria, di trasformazione agraria e pertanto oggi il suo territorio risulta essere totalmente a vocazione agraria, infatti è suddiviso in tanti poderi con presenza di aziende agricole.

Il territorio comunale è attraversato dal corso medio-basso del Rio Mogoro il quale è sbarrato da una diga di laminazione, (Santa Vittoria), sempre costruita negli anni ’20, che però non da luogo a nessun lago, ma ha lo scopo di prevenire le inondazioni nella pianura sottostante dove è appunto ubicato il Comune di Uras.

Inoltre, il territorio è attraversato da una rete artificiale di canali che confluiscono nel Canale delle Acque Alte e quindi nel Rio Mogoro.

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2.3 – LIMITI AMMINISTRATIVI La superficie comunale è pari a 39,36 kmq ed è confinante: - a Nord-Ovest con i Comuni di e ; - ad Nord-Est con il Comune di ; - a Est con il Comune di ; - a Sud-Est con il Comune di Mogoro; - a Sud-Ovest con il Comune di San Nicolò d’Arcidano.

2.4 – INQUADRAMENTO AMMINISTRATIVO

Comune Uras Codice ISTAT 095069 Provincia Oristano Prefettura – UTG Oristano Sindaco Dott.ssa Dore Anna Maria Mobile +39.371.342800939 Fisso +0783.8789.208 Fax +39.0783.89423 e-mail [email protected] Municipio Via Eleonora d'Arborea, 86 - 09099 Uras (OR) Fisso +39.0783 87891 Fax +39.0783 89423 e-mail [email protected] P.E.C. [email protected] Unione Comuni del Terralbese Arborea, San Nicolò D’Arcidano, Marrubiu, Terralba, Uras Estensione territoriale in km2 39,36 km2 Quota Centro Urbano (metri s.l.m.) 23 metri Quota frazioni se presenti ------Quota min e max del territorio comunale Min. 9 metri - Max. 340 metri Comuni confinanti Marrubiu, Terralba, Mongongiori, Masullas, Mogoro, San Nicolò d’Arcidano

Altre caratteristiche geografico/demografiche

Coordinate(Monte Mario / Gauss Boaga fuso est (EPSG: 3003): 1474423 - 4394342

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CTR scala 1:10000 Fg 538080 Sez. I Terralba, Fg.538120 Sez. II San Nicolò d’Arcidano, Fg 539050 Sez. IV Ales, Fg 539090 Sez. III Mogoro

Carta d’Italia IGM 25000 Fg 538 Sez. I Terralba, Fg 538 Sez. II San Nicolò d’Arcidano, Fg 539 Sez. IV Ales, Fg 539 Sez. III Mogoro

Altitudine ( m s.l.m. ): 23 m s.l.m.

Estensione (Kmq): 39,36

Popolazione residente: 2853 (censimento ISTAT 01.01.2017)

Densità per kmq: 72,71 abitanti

Zona altimetrica: Pianura

QUADRO D’UNIONE CTR

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LOCALIZZAZIONE REGIONALE – COMUNE DI URAS

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LOCALIZZAZIONE AMMINISTRATIVA – COMUNE DI URAS – COMUNI CONFINANTI

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2.5 – CARATTERI TERRITORIALI, AMBIENTALI E PAESAGGISTICI 2.5.1 – Caratteri climatici e regime termo-pluviometrico A causa dell'orografia travagliata e della posizione al centro del Mar Mediterraneo, che fa da spartiacque tra il Nord Africa con clima tropicale ed il continente Europeo con clima Atlantico, la Sardegna, come d'altronde buona parte dei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, è sede frequente di fenomeni di precipitazione intensa che determinano disastri naturali di grave portata sia economica sia sociale.

Il clima del paese è quindi tipicamente mediterraneo: gli influssi del mare e degli altri corsi d’acqua rendono miti le basse temperature determinate dal vento di maestrale, proveniente dal Nord-Ovest nel periodo autunnale, e placano l’afa causata dai venti caldi e asciutti provenienti dall’Africa all’inizio della primavera.

Per delineare i caratteri climatici del territorio comunale sono stati analizzati i regimi dei principali parametri meteoclimatici. A tal fine sono state acquisite le serie storiche dei parametri meteorologici, in particolare i dati pluvio-termometrici, anemometrici, di umidità dell’aria, dell’insolazione, della pressione atmosferica, della nuvolosità e del regime idrico dei suoli, rilevati nelle stazioni meteorologiche ricadenti nel territorio in esame ed in quelle ubicate nel suo intorno.

I dati utilizzati provengono dalla sezione del Genio Civile di Cagliari dell'Assessorato Regionale ai Lavori Pubblici, dagli Uffici Regionali dell'ENEL, dall'EAF, dalla Marina Militare e dall’Atlante della Sardegna (Pracchi et alii).

I diversi regimi meteoclimatici sono stati definiti elaborando ed analizzando le osservazioni giornaliere, rilevate dal 1982 al 2011 (dati aggiornati rispetto al Piano 2010) nelle stazioni meteorologiche all’interno del bacino del Rio Mogoro: Villaverde, Ales, , Mogoro, Mogoro (diga) e Uras.

Termometria Come riportato nel PUC e nel Piano di Emergenza di Protezione Civile (2010) il regime termico dell’area è caratterizzato da valori di temperatura media annua che variano tra i 14°C ed i 17°C. I valori più bassi caratterizzano i settori altimetricamente più elevati, mentre quelli più alti sono tipici della zona di pianura.

La temperatura media massima è di 28°C la diurna e di 18°C la notturna nel mese di luglio, la media minima è di 12°C la diurna e 4 °C la notturna nel mese di gennaio.

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Le escursioni termiche annue variano tra i 14,3°C ed i 17,4°C mentre le escursioni termiche diurne sono comprese tra i 6,1°C ed i 12°C.

Le variazioni giornaliere della temperatura mostrano un andamento sinusoidale con un picco di minima nel primo mattino (temperatura minima diurna) ed uno di massima (temperatura massima diurna) che si registra poco dopo il mezzogiorno locale.

In condizioni di cielo sereno il minimo si verifica intorno all'alba, mentre il massimo circa due ore dopo il passaggio del sole sullo zenit del luogo.

I valori della temperatura indicano che il territorio comunale è caratterizzato da un regime di tipo termico per l’influenza dell’effetto mitigante del mare e secondariamente per l’effetto dell’esposizione.

Il valore medio delle radiazione solare è di circa 165 W/mq, con i massimi di circa 180 W/mq nelle zone altimetricamente più elevate ed i minimi di 150-170 W/mq nelle basse aree di pianura.

In media si hanno 133 giorni sereni, 117 nuvolosi e 115 coperti, con nuvolosità minore ai 3/10 di cielo aperto. La nuvolosità mostra un debole incremento mano che si passa dalla pianura verso il Monte Arci.

Pluviometria I dati pluviometrici sono stati estrapolati dagli annali idrologici (Autorità di bacino – Settore Idrografico - https://www.regione.sardegna.it/autoritadibacino/monitoraggio/settoreidrografico/) dal 1982 al 2011 (dati aggiornati rispetto al Piano 2010) nelle stazioni meteorologiche all’interno del bacino del Rio Mogoro: Villaverde, Ales, Baradili, Mogoro, Mogoro (diga) e Uras.

Le precipitazioni medie annue variano tra i 296,00 mm/anno ed i 800,00 mm/anno man mano che si passa dalla zona di pianura alle zone altimetricamente più elevate del territorio comunale.

Per tutte le stazioni considerate le precipitazioni sono generalmente concentrate nel periodo autunno-invernale ed il maggior quantitativo di pioggia cade nel mese di dicembre. Il periodo estivo è caratterizzato per tutte le stazioni da una accentuata aridità, con anni nei quali il periodo secco si prolunga anche per otto mesi. Nel periodo invernale, nel mese di gennaio e talvolta di febbraio, si possono verificare alcune settimane di tempo secco, le cosiddette secche di gennaio.

La piovosità massima giornaliera è di 110 mm, con media annua di giorni piovosi tra i 61 ed i 70 gg.. Per alcune stazioni non sono rari gli eventi meteorici che registrano valori di 80-100 mm nell’arco delle 24 ore, Questi eventi straordinari si verificano anche nel periodo secco e non come viene naturale pensare nel periodo autunno-inverno, nel quale sono concentrate le piogge.

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Le precipitazioni nevose non sono frequenti. Solo nelle località di altitudine superiore ai 500 m slm, quando nel periodo invernale e talvolta primaverile le temperature si abbassano notevolmente, si possono avere precipitazioni nevose. Le nevi tendono a sciogliersi velocemente. Nel settore pianeggiante le precipitazioni nevose sono rare.

Nel complesso l'area esaminata mostra un regime pluviometrico con una piovosità di media entità, concentrata nel periodo invernale, con estati rigorosamente asciutte, solo qualche volta interessate da eventi temporaleschi anche eccezionali. La primavera è generalmente scarsa di apporti mentre l'autunno è sovente più ricco dell'inverno. Buona parte degli eventi meteorici di rilievo ha avuto luogo in periodo autunnale e precisamente tra ottobre e dicembre, con episodi notevoli anche nei primi 2 mesi dell'anno.

Il regime pluviometrico risulta estremamente irregolare con forti variazioni tra anno ed anno. All’andamento tipico mediterraneo ogni tanto si alterna quello mediterraneo di transizione caratterizzato da due periodi piovosi, uno in inverno ed l’altro in primavera. Nell’arco di tempo coperto da osservazioni si notano alcune serie di anni particolarmente siccitosi, così come non sono infrequenti eventi pluviometrici di portata straordinaria.

I valori di umidità relativa sono dell’ordine dell’84% in gennaio, dell’82% in aprile, del 77% in luglio e dell’80% in ottobre. L'umidità relativa media annua per il settore montano si aggira intorno al 71%.I valori di umidità dell’aria decrescono debolmente passando dalla parte del territorio comunale più prossimo alla costa verso la parte più interna, e dall’inverno all’estate.

La pressione atmosferica media annua, ridotta al livello del mare, relativa alla stazione di Oristano, è di 1052,5 mb, con un massimo di 1015,7 mb nel mese di luglio ed un minimo di 1014,5 mb nei mesi di gennaio e aprile.

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Venti L’area esposta geograficamente a ponente è caratterizzata da un’elevata ventosità. I venti dominanti sono quelli provenienti dal IV quadrante (maestrale e di ponente), che spesso raggiungono e superano la velocità di 25 m/s, e quelli provenienti dal II e III quadrante (scirocco e libeccio). Nel periodo invernale risultano nettamente prevalenti i venti del I e IV quadrante con particolare frequenza per il ponente, il maestrale ed il grecale. Nel periodo estivo prevale nettamente il ponente con il maestrale con subordinato libeccio. Le giornate di calma sono 20 su 100, in quanto l’area risente della vicinanza con la costa dove si instaurano regimi di brezze costiere. Il bilancio idrico secondo Thornthwaite produce un deficit idrico fra i mesi di maggio ed ottobre.

L'area in esame ricade nella fascia climatica del clima temperato da sub-umido a sub-arido, tipicamente mediterraneo con estati asciutte ed inverni miti e debolmente piovosi. Secondo la classificazione climatica di Thornthwaite, si tratta di un clima mesotermico, B2, da sub-umido a sub-arido, con eccedenza idrica invernale da moderata e scarsa.

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Per quanto riguarda il fenomeno della caduta di fulmini si riporta infine la seguente carta di distribuzione dalla quale si desume un dato medio, per il territorio dell’area in esame, pari a 2,5 fulmini/anno/Km2.

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2.5.2 – Caratteristiche Geologiche Le caratteristiche geologico-strutturali, la sequenza stratigrafica del Campidano, le peculiarità del complesso vulcanico di Monte Arci e le caratteristiche geologiche e strutturali del territorio Comunale di URAS sono state estrapolate dal PUC e dal Piano di Emergenza di Protezione Civile del Comune di URAS (2010).

Caratteristiche geologico-strutturali Per meglio definire i caratteri geologici del territorio comunale è necessario inquadrare l’assetto geologico-strutturale della regione nella quale ricade il territorio in oggetto con particolare riguardo alla genesi e stratigrafia dell’edificio vulcanico del Monte Arci ed alla genesi e stratigrafia della pianura del Campidano.

Gli eventi geologici responsabili dell’attuale assetto geo-strutturale dell’area in esame si possono far iniziare nel Terziario, durante l’Oligocene medio quando, per la collisione della placca africana con quella europea, si ebbe la rototraslazione del blocco sardo-corso e l’apertura del rift sardo (fossa sarda), con la suddivisione del basamento cristallino paleozoico, strutturalmente già evoluto, in due horst (pilastri).

L’apertura della fossa tettonica, che si sviluppava dal Golfo dell’Asinara al Golfo di Cagliari, con una larghezza di circa 40 km, fu seguita da un’intensa attività vulcanica sintettonica, che portò al parziale riempimento della stessa, come testimoniano le estese coperture vulcaniche della Planargia, del Bosano, del Montiferru, quelle carotate nel Campidano, quelle affioranti nella Marmilla, quelle che diedero luogo al primo nucleo dell’edificio vulcanico plio-quaternario del Montiferru e che si rinvengono lungo i bordi orientali del Monte Arci.

La subsidenza all’interno della fossa fu attiva per un lungo periodo, cosicché il mare miocenico vi penetrò, come testimoniano i numerosi affioramenti di sedimenti marini miocenici nel Meilogu-Logudoro a nord e lungo i bordi della fossa campidanese nel centro-sud, nella Marmilla, nella Trexenta ad est e di Funtanazza e del Cixerri ad ovest.

Le indagini di superficie e le numerose perforazioni profonde eseguite in Campidano hanno permesso di ricostruire la serie miocenica nel settore centrale della “fossa sarda”. Essa presenta spessore di circa 1500 m, di cui circa 300-400 m di ambiente continentale ed il restante di ambiente marino. In funzione della posizione rispetto all’evoluzione della fossa stessa, i terreni che in essa si rinvengono sono stati suddivisi in depositi pre-rift, syn-rift e post-rift, (Cherchi e Montardet, 1982, 1984). I depositi pre-rift, costituiti dai depositi detritici continentali eocenici della formazione del Cixerri, si rinvengono nella parte basale della fossa e costituiscono i termini più antichi carotati nel Campidano.

I prodotti del ciclo vulcanico oligo-miocenico ad affinità calco-alcalina auct., i sedimenti continentali della formazione di Ussana, i sedimenti in facies marina delle Arenarie di Gesturi, in eteropia con i Calcari di

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Isili e con le Marne di Ales (Cattiano sup.) ed il successivo complesso vulcano-sedimentario della formazione della Marmilla (Aquitaniano) in eteropia con i Calcari di Villagreca vengono classificati come syn-rift, in quanto la loro messa in posto è avvenuta durante l’attività tettonica collegata all’apertura stessa della fossa.

I depositi post-rift, così detti perché formatisi al termine dell’attività tettonica che provocò l’apertura della fossa e quando il mare miocenico entrò stabilmente nella stessa, sono rappresentati dalla sequenza sedimentaria marina costituita alla base dalle Marne di Gesturi (Burdigaliano medio e sup.-Langhiano sommitale), che poggiano sulla formazione della Marmilla (Burdigaliano inf.), dalle argille di Fangario (Langhiano sup-Serravalliano inf.), dalle arenarie di Pirri (Serravalliano) seguite dal Calcare di Cagliari suddiviso in tre subunità e datatato Serravalliano-Messiniani inf..

Le tensioni tettoniche responsabili del sistema di rift, datate Oligocene medio-Aquitaniano, hanno lasciato testimonianza degli stress sia nel sedimentario che nel vulcanico con direzione prevalente N 80° E. Questa fase è stata seguita da una fase tettonica di età burdigaliana, probabilmente dovuta alla collisione fra il blocco sardo-corso e la placca Apuliana, testimoniata dalle lineazioni N 40° E.

Le lineazioni N 140°, riconoscibili in numerosi affioramenti, testimoniano la fase tettonica compressiva messiniana responsabile anche del contatto discordante fra i sedimenti marini messiniani e quelli marini pliocenici. Questa fase tettonica è correlabile con movimenti orogenetici alpini che determinarono la presunta chiusura dello Stretto di Gibilterra e della zona di Suez, seguita dall’evaporazione quasi completa del Mediterraneo. In Sardegna effetto diretto del prosciugamento del Mediterraneo è rappresentato dalla fine dell’invasione marina miocenica, testimoniata nella penisola del Sinis dagli ultimi depositi marini miocenici in facies da marina ad evaporitica.

Dopo l’ingressione marina miocenica le aree precedentemente sommerse diventarono sede di un’intensa attività erosiva, come evidenziato da una netta superficie di erosione che tronca la sequenza stratigrafica miocenica.

Nel Plio-Quaternario la ripresa dell’attività tettonica è testimoniata dal ringiovanimento, lungo i bordi paleozoici, di una serie di faglie parallele con direzione NNO-SSE, che determinarono la formazione del graben campidanese. Il graben campidanese (fossa) si sovrappone al settore centro-meridionale del rift sardo.

A questa fase tettonica è inoltre legato un nuovo ciclo vulcanico, a carattere alcalino, che ha dato luogo all'edificio vulcanico di Monte Arci ed agli espandimenti basaltici.

La successiva ripresa dell’attività erosiva, guidata dalle discontinuità tettoniche, ha agito con maggior intensità sulle litologie più erodibili. Il materiale eroso, trasportato a valle dalle acque incanalate venne depositato nella fossa del Campidano fino a colmarla.

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Nel Campidano la continua subsidenza e la mancanza di pendenze adeguate, ha localmente consentito il permanere di vaste zone depresse, come per esempio lo stagno di Sanluri e l’anello “lacustre” attorno al Golfo di Oristano e quello attorno a quello di Cagliari.

In tempi geologici più recenti, e soprattutto durante le glaciazioni, l’erosione ha poi continuato il modellamento della regione ed ha portato gradualmente all’attuale configurazione morfologica dell’area, caratterizzata da una vasta pianura delimitata da pilastri tettonici di varia natura litologica ed età.

In questo periodo sono stati deposti lungo i corsi d’acqua principali coltri alluvionali e si sono formati depositi di pendio ed eluvio-colluviali che ricoprono e raccordano i versanti delle colline e dei massicci vulcanici con l’attigua zona pianeggiante.

La sequenza stratigrafica del Campidano La sequenza stratigrafica del settore meridionale del Campidano di Oristano è stata ricostruita sulla base dei risultati di una perforazione profonda eseguita nei primi anni ‘60 per una ricerca di idrocarburi promossa dalla Regione Autonoma della Sardegna.

Il sondaggio eseguito presso Case Sassu (tra lo Stagno di S’Ena Arrubia e l’ex stagno di Sassu), raggiunse la profondità di 1802 m ed attraversò i seguenti terreni:

• Sabbie limi argillosi, con livelli di conchiglie marine e di stagno (Quaternario) da 0 a 33 m; • Argille, limi e scarse sabbie ciottolose in facies alluvionale e palustre (Quaternario) da 33 a 94 m; • Argille grigiastre, limi e rare sabbie in facies prevalentemente alluvionale, con resti di gasteropodi d’acqua dolce e di piante palustri (Pliocene sup.) da 94 a 304 m; • Basalto, grigio scuro, compatto, in colate, da 304 a 310 m; • “Formazione di Samassi”, costituita da alternanze di limi marnoso-calcarei, talora sabbiosi, conglomerati a ciottoli di marne mioceniche prevalenti, argille e marne ad abbondanti foraminiferi miocenici e pliocenici rimaneggiati, in facies fluvio-torrentizia e subordinatamente lacustre (Pliocene medio-superiore) da 310 a 730 m; • Marne arenacee a foraminiferi e resti di molluschi marini (Pliocene inf.) da 730 a 820 m; • Complesso sabbioso-ciottoloso, argillo-marnoso e sabbioso-marnoso sterile (Messiniano?) da 820 a 870 m; • Alternanze di marne ed arenarie fini di ambiente di mare aperto, a foraminiferi e lamellibranchi (Tortoniano- Burdigaliano) da 870 a 1430 m; • Marne prevalentemente arenacee ed arenarie con intercalazioni tufacee, piroclastiche e probabilmente laviche, andesitico-basaltico, talora in giacitura caotica (Burdigaliano-Aquitaniano) da 1430 a 1802 m.

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I dati di questa perforazione profonda sono stati correlati con quelli acquisiti con i pozzi Oristano 2 ubicato presso Riola e con Quello Campidano 1 ubicato presso Villasor, ed hanno permesso di ricostruire la sequenza stratigrafica campidanese.

Il Complesso vulcanico di Monte Arci Il complesso vulcanico del Monte Arci coinvolto nella tettonica di sprofondamento della fossa campidanese, a struttura a nucleo centrale, ricoperto da un mantello discontinuo di lave basaltiche, si inserisce in modo abbastanza particolare nel vulcanismo oligo-miocenico ed in quello plio-pleistocenico della Sardegna.

La sua origine inizia nell’Oligo-Miocene ed è legata al ciclo vulcanico che si attivo durante l’apertura della “Fossa sarda”. Ma si deve al ciclo vulcanico plio-pleistocenico, il cui inizio si fa risalire, sulla base di datazioni assolute eseguite sulle tracce di fissione delle ossidiane, a circa 5,5 milioni di anni fa, l’attuale conformazione dell’edificio dell’Arci.

Il primo ciclo vulcanico ad affinità calco-alcalina, tipico di aree di convergenza di placche, ha dato origine soprattutto a lave, ignimbriti e tufi associati, a composizione andesitica, riolitica, dacitica, che non si rinvengono in affioramento nell’Arci, ma nelle immediate vicinanze sia ad est che a nord-est del massiccio. Questo ciclo vulcanico termina in tutta l’Isola con l’ingressione del mare miocenico, mentre nell’area dell’Arci si protrae anche durante il ciclo marino, come testimoniano le lave sottomarine di età langhiana che si rinvengono nella serie miocenica.

Queste manifestazioni vulcaniche sottomarine, che si trovano a varie quote, dai circa 600 metri presso Trebina Lada ai circa 300 lungo la strada per Morgongiori e ancora più in basso verso Masullas, disturbano la regolarità della sequenza sedimentaria miocenica. Esse sono rappresentate da lave andesitico- basaltico a cuscino (pillow lava), ialoclastiti infrasedimentarie e brecce monogeniche di lave a cuscino. La loro origine sembra dovuta all’instabilità del fondo del mare miocenico, legata ai fenomeni di sprofondamento, che in questa zona sono stati più rapidi che in altre aree della fossa sarda. Esse danno utili indicazioni sulla paleogeografia dell’Arci prima dell'emissione delle lave plio-pleistoceniche.

Il ciclo vulcanico plio-pleistocenico, di tipo fissurale, verificatosi all’interno di una placca in relazione a movimenti distensivi, è caratterizzato da una attività vulcanica sub-aerea di tipo effusivo, a lave prevalentemente basaltiche e pochi prodotti piroclastici.

La sequenza vulcanica inizia con lave acide, assai viscose e ricche in silice, petrograficamente classificate come rioliti, che sono venute a giorno nel Pliocene medio-superiore, presumibilmente attraverso il sistema di faglie che delimitano il bordo orientale del Campidano di Oristano.

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Le rioliti, in potenti colate, hanno ricoperto la sequenza vulcano-sedimentaria miocenica, per spessori di 300-400 m, dando corpo al nucleo centrale dell’Arci, lungo circa 13 km e largo circa 7 km.

Queste vulcaniti si presentano in facies lavica, perlitica ed ossidianacea. La facies lavica, da massiva a fittamente foliata fino a vescicolata, passa frequentemente alla facies perlitica, all’interno della quale sono presenti inclusi di ossidiana, da meno di un centimetro a diversi decimetri di diametro.

Le rioliti, di colore da grigio cenere a rosato conservano tracce di fluidalità. Le perliti sono invece generalmente grigie, talvolta tendono all’azzurro verdastro. Le ossidiane sono costituite da una pasta afanitica, generalmente nera, localmente anche rossastra.

Alle lave riolitiche sono associati tufi cineritici e pomicei, di colore bianco-grigiastro, ben stratificati, localmente gradati, che si rinvengono sparsi nell’Arci in limitati affioramenti, spesso anche distanti dai centri di emissione. In alcuni affioramenti, come quello alla base di Pranu Santa Lucia si presentano rimaneggiati con resti vegetali, rappresentati da foglie di aceri, querce e conifere. La facies piroclastica associata alle rioliti, mostra la migliore esposizione a Pitzu Maialis, presso Morgongiori.

Le rioliti e le facies associate costituiscono un termine litologico molto diffuso nel monte Arci. Esse si rinvengono, con estesi affioramenti sia nella zona sommitale dell’edificio vulcanico, come in zona Laccu Sa Vitella - Genna Spina, sia nella parte basale del versante occidentale, come in regione Pranu Braxiuergiu.

I principali affioramenti delle facies ricche di ossidiana si trovano nei territori di Pau, a Sennixeddu, e di Masullas, a Conca Cannas, anche se numerosi piccoli affioramenti si rinvengono nella zona di Laccu sa Vitella e nel versante occidentale, dove è presente la riolite.

La sequenza prosegue con la messa in posto di lave a chimismo intermedio, rappresentate prevalentemente da lave dacitiche, subordinatamente da andesiti, localmente da lave indifferenziate.

Le lave dacitiche, in potenti colate, si presentano in diverse facies, da quella più tipica di lava a grigio- scura, con riflessi azzurri, ad evidente fessurazione lastriforme, a quella vitrofirica od ossidianoide. Talvolta la base delle colate è costituita da un vitrofiro leggermente bolloso.

La facies tipica si incontra lungo la strada che porta a Laccu sa Vitella e nella parete verticale tra Bruncu Isfogaius e Nuraghe Paiolu in agro di . La formazione è caratterizzata da erosione alveolare, che spesso si evolve in tafoni e grotticelle di erosione.

Le lave dacitiche-andesitiche sono presenti soprattutto a nord della zona di Laccu sa Vitella, mentre quelle indifferenziate nel territorio di Palmas Arborea. Queste ultime sono una via di mezzo fra le rioliti sottostanti e le lave intermedie.

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Seguono le lave trachitiche costituite da trachiti alcaline, solitamente di colore da grigio chiaro a grigio brunastro o roseo-violaceo, con evidenti cristalli di sanidino sodico.

Una facies vitrofirica nerastra costituisce il livello basale della formazione.

I rapporti stratigrafici delle trachiti con le altre formazioni vulcaniche non sono molto chiari. Alcuni Autori le considerano precedenti alle daciti, in quanto a Cuccuru Mattivi sembra che le trachiti giacciano sotto le daciti, mentre a Su Columbariu, dove non affiorano ne le rioliti ne le daciti, esse poggiano discordanti sulle brecce delle lave a cuscino del Langhiano.

Queste lave, poco frequenti in affioramento, si trovano nella parte centrale del Monte Arci, nella zona di Is Benas, in agro di Morgongiori, e nelle falesie di Su Columbariu. Esse sono molto diffuse in ciottoli nei gretti dei torrenti che scendono dall’Arci.

La sequenza vulcanica è chiusa da prodotti lavici a chimismo basico. Si tratta di basalti a tendenza alcalina (da transizionali ad alcalini), basalti subalcalini e andesiti basaltiche, di colore grigio scuro, compatti, afanitici o debolmente porfirici per cristalli di olivina, pirosseno e plagioclasio, con locali noduli ultrafemici.

I diversi tipi litologici, che costituiscono la serie delle lave basiche, difficilmente differenziabili macroscopicamente, sono stati differenziati solo con analisi chimiche e petrografiche.

Gli affioramenti di lembi del mantello basaltico di copertura si rinvengono un pò in tutto il massiccio, indicando che queste lave in origine erano arealmente molto più estese e che le stesse, al momento della loro emissione, erano caratterizzate da un’elevata fluidalità.

In genere le lave ricoprono i prodotti vulcanici precedenti o i sedimenti miocenici con colate poco potenti o con una singola colata, come indica la scarsa diffusione di livelli arrossati o superfici scoriacee.

Solo a Pranu Santa Lucia, un vasto espandimento basaltico, si può riconoscere una successione di cinque colate sovrapposte, per uno spessore complessivo di 25-30 m.

Nelle località dove i basalti ricoprono direttamente le rioliti, come per esempio a Conca Cannas, si nota una certa discordanza angolare, che indica che tra un evento ed il successivo è trascorso un certo intervallo di tempo.

Nel Monte Arci non sono numerosi i centri di emissione, si può quindi ipotizzare che il tipo di emissione prevalente sia stato quello fissurale.

Sulla base di considerazioni morfologiche gli unici rilievi che si possono classificare come tali sono i dossi di Perda Arrubia e Perda de Pani per il settore occidentale, e Cuccuru Aspru in quello orientale, forse il più riconoscibile, e che ha dato origine all'espandimento di Pranu Santa Lucia.

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Sono invece numerosi i dicchi di alimentazione messi in risalto dall'erosione che li ha isolati rispetto alle rocce circostanti, fra i quali spiccano poderosi i torrioni di Trebina Longa, il punto più alto dell'Arci, e di Trebina Lada, ed i filoni, tra i quali i più importanti sono i filoni di Murus, di Paris de Benas, di Sa Dispensa e di Acquafrida, che ricalcano ovviamente le direttrici tettoniche principali.

Il centro eruttivo basaltico principale dell’Arci sembra essere quello che fa capo alle trebine. Le due massime culminazioni morfologiche del monte, costituite da un basalto che La Marmora definì doleritico, si elevano dal substrato riolitico, come due torrioni isolati, interpretabili come camini vulcanici messi a nudo dall’erosione. Il rilievo circostante ricorda la forma di un cratere slabbrato, dove i prodotti lavici e scoriacei, assenti, potrebbero essere stati smantellati nel tempo da processi erosivi.

I lineamenti tettonici presenti nella montagna hanno direzioni piuttosto variabili. Nel settore meridionale e centro-occidentale del massiccio la direzione prevalente è N-NW-S-SE, in linea con il Campidano. Nella parte nord-orientale la direzione prevalente è invece N-NE-S-SW. A queste linee principali se ne aggiungono altre secondarie che suddividono la montagna in varie unità abbastanza individuabili, specialmente laddove l'erosione ha isolato lembi della originaria copertura basaltica.

Il risultato principale e più evidente di queste linee tettoniche è l'asimmetria geologica e morfologica del Monte Arci che, a pianta ellittica, con asse maggiore circa nord-sud e culminazione al centro, con gli 812 m di Trebina Longa, mostra uno sbandamento generale verso il Campidano.

Sul versante occidentale, quello campidanese, le vulcaniti scendono sino alla piana. I fianchi sono molto acclivi, l'erosione notevole, come testimoniano le valli di svuotamento e i conoidi allo sbocco delle stesse. Nella parte orientale prevalgono invece i plateaux basaltici, che si raccordano con i sottostanti sedimenti miocenici con una netta scarpata rocciosa.

Tale asimmetria non è invece osservabile in senso Nord-Sud, per cui si può ipotizzare che la struttura del Monte Arci fosse quella di un vulcano a scudo, frammentata poi da una ripresa tettonica successiva.

L'attività vulcanica è stata di tipo effusivo lento, data la quasi totale mancanza di episodi esplosivi.

Caratteri geologici e stratigrafici del territorio Comunale Nel territorio comunale sono presenti termini che vanno dalle vulcaniti terziarie del Monte Arci ai depositi detritici recenti e attuali.

In dettaglio la sequenza stratigrafica, dal basso in alto, è la seguente::

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1. Vulcaniti plio-pleistoceniche

• Lave acide

o Rioliti in colata (Pliocene) o Rioliti in facies perlitico-ossidianacea (Pliocene)

• Lave basiche

o Basalti subalcalini in colata (Pliocene) o Andesiti basaltiche spesso porfiriche (Pliocene)

2. Depositi sedimentari plio-quaternari

• Alluvioni antiche e conoidi alluvionali del Monte Arci (Pleistocene); • Depositi argillosi in superficie passanti a ciottolosi in profondità (Pleistocene) • Depositi alluvionali ciottoloso-sabbiosi in prevalenza, ricoperti da antiche sabbie eoliche probabilmente wurmiane ( Pleistocene superiore); • Alluvioni eterometriche mediamente cementate, rimaneggiate ciottolose e sabbiose (Olocene); • Depositi limosi e argillosi di ambiente palustre (Olocene); • Depositi alluvionali sciolti sub-attuali ed attuali (Olocene); • Detrito di falda (Olocene).

1. vulcaniti plio-pleistoceniche

I prodotti del ciclo vulcanico oligo-miocenico ed alcuni termini del vulcanismo plio-quaternario, così come i sedimenti miocenici, che caratterizzano il Monte Arci e le aree limitrofe, non affiorano nel territorio di Uras.

Il termine più antico presente nel territorio comunale è rappresentato dalle lave acide.

Queste lave, messe in posto in potenti colate, petrograficamente classificate come rioliti, si presentano in facies lavica, perlitica ed ossidianacea.

Le rioliti in facies lavica, di colore da grigio cenere a rosato conservano tracce di fluidalità. Questa litofacies, da massiva a fittamente foliata fino a vescicolata, è caratterizzata dalla presenza di rari cristalli di biotite e frequenti cristalli feldspatici. Essa affiora nel dosso roccioso che si sviluppa sopra la località Murittu, estendendosi verso est, dove, fuori dal territorio comunale, è parzialmente ricoperta dalle andesiti basaltiche.

La facies lavica delle rioliti passa frequentemente alla facies perlitica, all’interno della quale sono presenti inclusi di ossidiana, da meno di un centimetro a diversi decimetri di diametro.

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Le perliti sono generalmente grigie, talvolta tendenti all’azzurro verdastro, vetrose e caratterizzate da struttura microsferulitica, da un elevato contenuto d’acqua, spesso oltre il 10%, compatte, anche se generalmente fragili e con peso specifico di 2,3-2,4 kg/cmq. Questo materiale se sottoposto ad opportuni trattamenti meccanici e termici può acquistare peso specifico inferiore all’unità e trova un largo utilizzo nell’industra edilizia per la realizzazione di manufatti isolanti termici ed acustici particolarmente pregiati.

L’ossidiana è costituita da una pasta afanitica, generalmente nera, localmente anche rossastra. Utilizzata sin dall’Eneolitico per la fabbricazioni di utensili ha costituito in passato una risorsa di importanza strategica per l’area. Il suo ruolo oggi è stato soppiantato dalla perlite, importante materiale che trova un largo utilizzo in edilizia che in altri settori industriali.

Le litofacies perlitico-ossidianacee affiorano lungo i confini orientali del territorio di Uras, nella fascia basale del versante da Santa Suina a Pala e Mesu, e nella zona di Paris de Monte Bingias e di Murittu.

L’affioramento di Paris di Monte Bingia–Murittu è interessato da importanti lavori di cava per l’estrazione della perlite. L’attività estrattiva, iniziata intorno agli anni ’60, ha profondamente modificato la morfologia originaria dell’area, lasciando aperte profonde ferite.

Alle lave riolitiche sono associati tufi cineritici e pomicei, di colore bianco-grigiastro, ben stratificati, localmente gradati, che si rinvengono in limitati affioramenti, spesso anche distanti dai centri di emissione.

La sequenza stratigrafica prosegue con la messa in posto di lave a chimismo intermedio, rappresentate prevalentemente da lave dacitiche, subordinatamente da andesiti, localmente da lave indifferenziate. Questi prodotti non affiorano nel territorio comunale.

Il termine più alto della serie vulcanica è rappresentato da lave basiche.

Questi prodotti, costituiti da lave scure, generalmente con rare facies scoriacee associate, compatte, afanitiche e debolmente porfiriche per fenocristalli di olivina, pirosseno e plagioclasio, sono riconducibili a basalti subalcalini e andesiti basaltiche.

Il riconoscimento macroscopico delle due litofacies non è sempre agevole. I caratteri distintivi sono costituiti essenzialmente dalla struttura e dalla tessitura. I basalti subalcalini mostrano generalmente struttura afanitica o debolmente porfirica e raramente doleritica, e tessitura ofitiche tendente a ialoofitica. Le andesiti basaltiche sono invece caratterizzate da una struttura ipocristallina a porfiricità variabile.

Queste lave affiorano in colate, caratterizzando il settore orientale del territorio comunale, dove spesso ricoprono le vulcaniti riolitiche, in lieve discordanza stratigrafica. Questo fatto suggerisce che tra la messa in posto delle facies riolitiche e di quelle basaltiche è intervenuto un certo intervallo di tempo.

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Le estese superfici ricoperte dalle colate di lave basiche indicano una notevole fluidalità delle effusioni.

I centri di emissione di questi prodotti sono riconoscibili per la presenza di dicchi, che l’erosione ha spesso isolato e messo in rilievo.

I basalti subalcalini, che affiorano nel settore di Su Pianali – Corti Clara ed ancora da Telas, ad est dell’abitato di Uras e proseguono e superano Bantilllis, sono state effuse dal centro eruttivo di Peda Arrubia. Si tratta di un’unica colata che si dirige dal centro di emissione verso l’abitato, inoltrandosi con continuità nella piana campidanese verso sud, interrotta solo dall’incisione del Rio Mogoro, in corrispondenza di Acqua Frida, in comune di Mogoro.

Lo spessore dei basalti è notevole nella parte più vicina a Monte Arci, come evidenziato da alcune perforazioni per ricerche idriche eseguite a ridosso dell’edificio vulcanico, che hanno attraversato oltre cento metri di basalti. Non si tratta di unica colata ma di una sequenza di colate sovrapposte.

Le lave basiche sono inoltre presenti anche nel sottosuolo campidanese, presumibilmente ribassata dalle faglie campidanesi, come indicano i risultati di alcune perforazioni per ricerche idriche trivellate al confine con San Nicolò d’Arcidano, che hanno intercettato i basalti alla profondità di sessanta metri dal piano campagna, sotto la coltre alluvionale.

2. formazioni sedimentarie

La serie sedimentaria plio-quaternaria è composta prevalentemente da potenti formazioni detritiche, di ambiente continentale, per lo più appartenenti alla formazione di Samassi, sulle quali poggiano potenti depositi alluvionali, lacustri e lagunari pleistocenici ed olocenici, con intercalate lave basaltiche.

Questi depositi detritici, i cui contatti non sono sempre visibili a causa del rimaneggiamento dei lavori agricoli e di bonifica, affiorano con continuità nella fascia pedemontana e nella pianura e caratterizzano il sottosuolo di questi ambiti territoriali. Essi inoltre ricoprono con sottili spessori gli alvei dei torrenti dell’Arci ed i versanti dell’edificio vulcanico.

Questi depositi, caratterizzati dall'alternanza di strati più o meno potenti, talora lentiformi, di ghiaie ciottoloso-sabbiose, di argille, argille limose, sabbie argilloso-limose e locali livelli torbosi, sono stati deposti a più riprese dal Tirso e dal Rio Mogoro e dai torrenti gravitanti nell’area, al loro ingresso nella pianura campidanese. La variabilità degli spessori dei singoli orizzonti, spesso lentiformi, rende particolarmente complesse e difficili le correlazioni stratigrafiche.

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In affioramento i termini detritici più antichi sono rappresentati dai depositi alluvionali antichi e da depositi di conoide, che costituiscono la base di tutte le altre formazioni, non solo della zona di Uras, ma del Campidano di Oristano.

Questi terreni, costituiti essenzialmente da due facies che sfumano l’una nell’altra, formano una coltre continua che caratterizza il settore ai piedi del versante occidentale dell’Arci, sviluppandosi da Santa Suina sino a Mogoro. La fascia sudetta è interrotta solo dalla colata basaltica di Perda Arrubia - Nuraghe Arbu – Nuraghe Domu Beccia.

Le alluvioni antiche sono costituite da alternanze di livelli ghiaiosi, sabbiosi e argillosi, poligenici ed eterometrici, piuttosto compatti. Il cemento è dato dalla frazione argillosa, cui si unisce una certa ferrettizzazione che impartisce anche il tipico colore giallo-rossiccio. Esse sono state depositate e quindi terrazzate dal paleo-Tirso, dal paleo-Mogoro e dai loro affluenti, in condizioni climatiche ben diverse da quelle attuali.

La facies tipica delle alluvioni antiche del Tirso, costituita prevalentemente da clasti paleozoici, in parte erosa ed in parte ricoperta dai depositi di conoide, non affiora nel territorio di Uras. Le alluvioni deposte dal Rio Mogoro, costituite prevalentemente da clasti di vulcaniti dell’Arci, affiorano alla base del versante dell’Arci, interdigitate ai depositi di conoide.

I depositi di conoide si trovano all’uscita delle gole dei torrenti che scendono dall’Arci, quali il Canale Pedrosu, Canale Landirucci, Canale Laccheddus, Rio Solacera, Canale Solapemu, Rio Thamis e Gora Tappoi, la cui attività erosiva doveva essere ben maggior di quella attuale, a causa degli eventi tettonici di sprofondamento del Campidano e di quelli legati alla genesi del Monte Arci.

Le conoidi sono costituite prevalentemente da ciottoli e blocchi riolitici e in subordine basaltici, immersi in una frazione argillo-sabbioso-limosa, che funge da cemento, derivante dai sottostanti sedimenti miocenici, visibili in affioramento nelle gole interne della montagna e verso Mogoro e Masullas. Anche il colore diventa più chiaro, passando dal giallo rossiccio al nocciola.debolmente arrossato.

Questi depositi, accumulati dai torrenti dell’Arci al loro ingresso in Campidano, sono caratterizzati da una tipica forma a ventaglio, con vertice verso la parte alta della valle. La frazione granulometrica grossolana, ad elevata eterometria, prevale nel settore apicale della struttura, mentre diminuisce notevolmente nella parte inferiore della stessa, con incremento della frazione sabbioso-argillosa. Questi depositi, tipici di un ambiente torrentizio caratterizzato da forte energia, mostrano una costante inclinazione verso ovest.

Procedendo verso ovest, man mano che le quote altimetriche decrescono, alle alluvioni antiche ed ai depositi di conoide si sostituiscono depositi alluvionali, sempre ciottoloso-ghiaiosi, ma con una maggiore frazione sabbiosa. La matrice, localmente anche abbondante è costituita da argille limose. Si tratta delle

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale alluvioni eterometriche mediamente cementate, ciottolose e sabbiose, le così dette alluvioni rimaneggiate, che sono state formate, presumibilmente nel Pleistocene medio, dal rimaneggiamento delle alluvioni antiche ad opera dei fiumi gravitanti nell’area. Questi depositi presentano caratteri macroscopici molto simili a quelli delle alluvioni antiche, dalle quali derivano, tanto che i limiti fra le due formazioni non sono sempre netti e facilmente riconoscibili in campagna. L’unico aiuto per la delimitazione degli affioramenti di questa formazione è dato dalla morfologia, più uniforme, rispetto a quella dei depositi antichi.

Nel settore sud-orientale del territorio in esame, confinati dagli affioramenti delle alluvioni antiche e delle conoidi ad est e la colata basaltica di Nuraghe Albo – Acqua Frida ad ovest, affiorano dei depositi argillosi in superficie, passanti a ciottolosi in profondità. Si tratta di depositi costituiti in superficie, per uno spessore di circa un metro, da argille e limi di colore scuro, che poggiano su livelli ciottolosi correlabili con quelli delle alluvioni rimaneggiate. Questo orizzonte argilloso, localizzato in questo settore del territorio di Uras, è stato deposto dalle acque del rio Thamis, del Mogoro e dei torrenti minori, quando gli stessi, che non avevano ancora approfondito l’alveo nella colata basaltica suddetta, trovavano nella stessa una soglia naturale che, ostacolando il deflusso delle acque verso valle, impediva il naturale deflusso del corso d’acqua, provocando il ristagno delle acque, anche per lunghi periodi, con conseguente sedimentazione dei materiali più fini.

Nella sequenza stratigrafica seguono depositi alluvionali ciottoloso-sabbiosi in matrice argillo-limosa, ricoperti da sabbie eoliche wurmiane e post-wurmiane.

Questi depositi, rispetto alle alluvioni rimaneggiate, sono caratterizzati dalla presenza di abbondante frazione sabbiosa in superficie, derivante dall’accumulo di sabbie eoliche. Le eolianiti sono state accumulate dai venti provenienti dal III e IV quadrante, che nel loro percorso verso l’entroterra attraversavano un vasto bacino di materiali sabbiosi, durante la glaciazione wurmiana, che determinò un importante abbassamento del livello del mare.

Questa facies affiora con continuità nella fascia occidentale del territorio comunale, lungo il confine con San Nicolò d’Arcidano e Terralba. Essa ricopre i depositi alluvionali precedenti, che poggiano sulle vulcaniti basiche, intercettate, come già detto da alcune trivellazioni per ricerche idriche alla profondità di 60 metri dal piano campagna.

Localmente, come ad Ovest della ferrovia, grosso modo dove si sviluppa l’azienda Etfas di Uras, questi depositi ricoprono resti di terrazzi alluvionali modellati dal Mogoro nelle alluvioni più antiche.

Nel settore centrale del territorio comunale, lungo l’alveo del Rio Mogoro, affiorano con continuità i depositi alluvionali sub-attuali ed attuali. Questi depositi, decisamente sciolti, sono costituiti da una frazione ciottoloso-sabbiosa scarsa, immersa in abbondante matrice argillo limosa, localmente sabbiosa. La presenza di argille e limi nerastri in questo deposito alluvionale è riconducibile all’assetto del Rio Mogoro che, prima

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale dei lavori di bonifica, per le scarse pendenze dell’alveo, raggiungeva la foce sul Sassu, attraversando una vasta area paludosa. La formazione, da poco costipata a molle, presenta una certa frazione sabbiosa, derivante dall'erosione delle zone circostanti. Tale frazione diventa più abbondante lungo i bordi del terrazzo dell’azienda Etfas e al contatto con le sabbie superficiali verso Terralba e San Nicolò d’Arcidano.

Depositi argillo-limosi di ambiente palustre interrompono localmente la continuità dei depositi cittoloso-ghiaoiso-sabbiosi di ambiente fluviale. Questi depositi, talvolta torbosi, si rinvengono nelle aree paludose, oggi bonificate, quali Pauli Craxa, Pauli Giuncu e Pauli Colostu. Di colore scuro, talvolta nersatro, sono costituiti da alternanze di fanghi nerastri, limi-argillosi, argille e lenti di torba, accumulatisi nel tempo nelle aree più depresse della pianura, dove le acque meteoriche si accumulavano dando luogo a piccole paludi. .

Una coltre di detrito di falda orla il piede delle ripe del Monte Arci nella scarpata tra la zona della cava di perlite e la colata di Perda Arrubia. Questo deposito, costituito da ciottoli e massi vulcanici immersi in una matrice terrosa di colore rossiccio, raccorda le pareti verticali alla piana con un tipico profilo convesso.

Il territorio comunale, così come il resto della Sardegna, secondo i dati raccolti dal 1000 al 1980 nel Catalogo dei terremoti italiani del C.N.R. non è classificato sismico in quanto ricade fra le aree meno soggette al verificarsi di eventi sismici. Anche l’attività vulcanica, presente ed importante in ere precedenti, risulta oggi del tutto assente.

A seguire la Carta Geologica estrapolata dal PUC del Comune di URAS. Non verrà redatta una carta Geologica in tale Piano di Protezione Civile poiché viene adottata come riferimento quella sopra menzionata.

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2.5.3 – Caratteristiche geomorfologiche e fisiografiche Il territorio di Uras, per quanto arealmente poco esteso, presenta una considerevole variabilità di aspetti geomorfologici interessanti, frutto dell’interazione fra i caratteri geostrutturali dell’area, i processi esogeni, le condizioni climatiche, la presenza e lo stato della copertura vegetale e non ultima l’attività antropica.

I domini morfologici principali, dove i processi morfogenetici hanno creato paesaggi assai vari di interesse didattico–scientifico e paesaggistico, sono il Monte Arci e le vulcaniti ad esso collegate e la piana che dai piedi del monte si ricollega alla zona di Terralba e a quella costiera, oltre alla fascia pedemontana, di raccordo fra gli stessi.

Questi tre ambiti territoriali::

 il versante occidentale del Monte Arci, dal settore sommitale fino alla fascia pedemontana;

 la fascia pedemontana, di raccordo tra l'edificio vulcanico e la pianura campidanese;

 la pianura del Campidano,

costituiscono le principali unità morfologiche, ognuna con caratteri tipici e diversi dalle altre, come conseguenza diretta della natura geostrutturale e dei processi morfogenetici in essa prevalenti. Le strutture tettoniche, in prevalenza faglie dirette, hanno un ruolo significativo nel modellamento del territorio.

Questa suddivisione trova le prime evidenze nella carta delle pendenze allegata, dove, analizzando l’andamento dell’acclività si possono distinguere tre settori diversi, che coincidono con i tre ambiti morfologici identificati, ognuno dei quali mostra un andamento delle pendenze tipico.

L’area ricadente nell’unità geomorfologica dell’Arci, mostra in genere pendenze comprese tra il 20% ed il 35%, ma non sono infrequenti tratti, come nel dosso sopra Murittu o od in quello attraversato da Canale Perdera, dove le stesse raggiungono e superano il 50%.

La fascia pedemontana è invece caratterizzata da pendenze più dolci, sempre inferiori al 20%, mediamente intorno al 10%, che decrescono con regolarità, man mano che si procede verso ovest.

Nella terza unità geomorfologica, quella ricadente nella pianura campidanese, le pendenze si riducono ulteriormente e sono generalmente comprese tra il 5% ed 2%, con vasti tratti di pianura che raggiungono anche valori di pendenza inferiori al 2%.

Il settore facente capo all’edificio dell’Arci mostra i caratteri morfologici peculiari di questo ambito territoriale ed il paesaggio morfologico raggiunge spesso livelli paesaggistici di notevole pregio.

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L’edificio vulcanico, composto da rocce vulcaniche, generalmente lapidee, si presenta come un grande scudo dalla forma ellittica, allungata in senso N-S. Esso mostra una forte asimmetria morfologica tra il versante che si affaccia sulla Marmilla e quello che si affaccia sul Campidano. Quello occidentale si presenta fortemente accidentato, con ripidi gradoni di faglia, ed è attraversato da profondi canaloni, che si dipartano quasi a raggiera dalla parte sommitale del monte. Quello orientale è costituto da una ripida cornice rocciosa, di impostazione tettonica, ma fortemente interessata da fenomeni di erosione e frane, che raccorda le vaste superfici basaltiche della parte sommitale, sub-orizzontali o debolmente sbandate verso oriente, con i depositi vulcano-sedimentari miocenici sottostanti.

Il settore dell’Arci che ricade nel territorio in esame è limitato alle propaggini sud-occidentali della montagna che dalle zone non molto elevate di Santa Suina, arrivano sino a Perda Arrubia, Conca Cannas e quindi Thamis.

Il confine comunale passa ai piedi delle scarpate alla base dell'edificio vulcanico e, immediatamente alle spalle, si aprono profonde vallate che raggiungono la parte sommitale della montagna. Particolarmente bella è la valle del Rio Solacera che con i suoi affluenti arriva sino alle Trebine.

Questo tratto di territorio è caratterizzato una sequenza di colate laviche, più o meno potenti, di rioliti in facies lavica, perlitica ed ossidianacea, e di lave basiche in facies basaltica e andestico-basaltica.

Le lave riolitiche danno luogo a tozze colate e sono interessate da forme di erosione di tipo alveolare, che frequentemente si evolvono in tafoni. Localmente le potenti colate riolitiche sono modellate dall’erosione secondo forme mammellonari, più o meno schiacciate, tanto da mostrare l’aspetto di duomi di ristagno.

Le rioliti in facies perlitico-ossidianacee, sono generalmente più fortemente erose, in quanto caratterizzate da una minore resistenza all’erosione. Sono caratterizzate da frequenti rotture di pendio e spesso su di esse si impostano le depressioni vallive.

Le rioliti costituiscono la ripida e caratteristica parete rocciosa che dalla zona di Santa Suina si sviluppa verso sud, fino alla cava di Perlite, con andamento rettilineo.

Nell’area interessata dai lavori di cava, l’azione antropica ha fortemente modificato l’originale assetto morfologico del versante.

Gli scavi hanno interessato il nucleo dello sperone roccioso compreso tra Canale Perdera verso nord e Canale Salapemu a sud, modificando l’andamento naturale del versante, che oggi si presenta con una serie di scarpate subverticali artificiali, alte anche alcune decine di metri, che si affacciano su una superficie subpianeggiante, modellata nella roccia, dove sono presenti cumuli di materiale di sfrido.

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La cava, attualmente non attiva, necessita un’accurata analisi per poter prevedere una sistemazione dell’area sia per migliorare l’aspetto paesaggistico di questo tratto di territorio, sia per verificare la sicurezza dei luoghi. Gli scavi infatti, alterando l’assetto naturale hanno rotto l’equilibrio dei processi morfogenetici sul versante, e questo fatto comporta la possibilità che si possano innescare fenomeni erosivi localizzati, che nel tempo possono determinare problemi di instabilità dei fronti di scavo.

Questa parete, presumibilmente una scarpata di faglia, mostra ancora leggibili tracce delle faccette trapezoidali, anche se la forma tettonica originale è stata modificata da crolli e fenomeni erosivi, come evidenziato dalla fascia di depositi detritici che si rinviene alla base della stessa.

La parete rocciosa, caratterizzata da tafoni, grotticelle di erosione e sculture alveolari di varia misura, prodotti dall’azione congiunta delle acque e del vento, appare stabile. Solo localmente si possono innescare limitati fenomeni di crollo. Essa è interrotta localmente dalle incisioni vallive, che suddividono il versante in piccole dorsali.

Le valli sono caratterizzate da alvei incassati nella roccia, che mostrano pendenze anche accentuate e frequenti rotture di pendio, soprattutto in corrispondenza di cambiamenti litologici. I versanti sono stati modellati dall’erosione secondo angoli di pendio regolari, anche se piuttosto ripidi, sia per processi di denudazione areale che per processi di erosione lineare. Questi ultimi sono responsabili della formazione del reticolo idrografico, caratterizzato da pattern subdendritico, con un certo controllo strutturale delle rete idrografica, che si sviluppa con aste fluviali, generalmente orientate ENE-OSO, secondo l'andamento delle principali lineazioni tettoniche che interessano l’edificio vulcanico.

I versanti, prevalentemente rocciosi, non presentano particolari problemi di instabilità. Solo localmente, dove è presente detrito, si possono avere limitati fenomeni di colamento. Se però la vegetazione naturale viene conservata, questo pericolo viene ridotto.

Situazioni di pericolo possono essere create dal disboscamento indiscriminato e da lavori agricoli, per la realizzazione di prati pascolo, in aree non idonee, caratterizzate da pendenze da medie ad elevate e rocciosità diffusa.

L’unità geomorfologica della fascia pedemontana, costituita da terreni detritici mediamente acclivi, che fungono da raccordo tra la montagna e la pianura campidanese, è caratterizzata dalla presenza di conoidi alluvionali e di glacis d’accumulo.

Le conoidi sono tipiche forma di accumulo, ad opera di acque incanalate a regime prevalentemente torrentizio, che evidenziano la transizione tra l’ambiente montano e quello di pianura. Esse si rinvengono in corrispondenza degli sbocchi in pianura dei corsi d’acqua, che scendono dall’Arci.

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Le conoidi sono caratterizzate da una forma convessa, che si apre a ventaglio in corrispondenza dello sbocco dei corsi d’acqua nella pianura. Le conoidi possono essere estese e quasi piatte quando il corso d’acqua che le ha generate ha una certa dimensione, mentre sono più piccole e ripide quando sono generate da torrenti minori,.

Le acque dei torrenti montani raggiungono spesso una considerevole velocità, sia per le pendenze elevate sia perché costrette a scorrere in alvei incassati. Raggiunta la pianura, le acque incanalate subiscono una brusco decremento di velocità, perché cambia il gradiente topografico e perché, non essendo più costrette a scorrere in letti incassati, si possono espandere in un’area più aperta. In tale situazione le acque perdono la capacità di trasporto ed il carico solido, soprattutto il più grossolano, viene abbandonato velocemente.

I detriti vengono distribuiti sulla superficie della conoide per mezzo di frequenti cambiamenti di alveo, secondo un raggio del ventaglio od un altro, in modo causale, od insistendo per un certo periodo lungo una zona ristretta, con la formazione di canali, che suddividono la superficie sommitale della conoide in lunghe fasce ristrette lobate.

Dopo la loro formazione, le conoidi possono essere interessate da processi erosivi, che si manifestano con l’approfondimento dei canali e la suddivisione della superficie sommitale in terrazzi di erosione, che si aprono a ventaglio verso la pianura.

La dimensione di una conoide è regolata dalla maggior erodibilità delle rocce costituenti il bacino, dal tipo di drenaggio, dalla pendenza del bacino, dalla permeabilità dei litotipi e dalla tettonica.

I glacis detritici, ubicati invece alla base dei versanti privi d’incisioni e ad andamento rettilineo, devono la loro origine all’arretramento parallelo dei versanti rocciosi, per erosione areale. Essi sono presenti alla base dei tratti rettilinei del versante occidentale dell’Arci, dove costituiscono una regolare superficie di raccordo, a debole inclinazione, tra il versante roccioso e la pianura del Campidano.

Nella fascia pedemontana attualmente, i processi morfologici sono presenti con limitati fenomeni di erosione lineare, nel fondo delle vallecole, e di erosione areale lungo i brevi versanti, in occasione di forti piene ed elevate precipitazioni.

L’agente morfogenetico più attivo è l’uomo, che modifica, con le sue attività le forme del rilievo, determinando spesso un’accelerazione dei processi naturali. Tali modifiche possono essere determinate deliberatamente dall’uomo per la realizzazione di infrastrutture o durante l’attività agricola, o possono essere conseguenze morfologiche non previste, delle suddette opere, come per esempio accelerazione dell’erosione del suolo per lavori agricoli non razionali, specie arature perpendicolari alle curve di livello, nelle zone a maggior acclività, o ancora per il decespugliamento di tali aree.

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La terza unità geomorfologica è costituita una porzione della più vasta pianura del Campidano.

In questo settore l’elemento morfologico dominante è rappresentato dalla parte terminale della colata di Perda Arrubia, veramente spettacolare. Dalla bocca eruttiva, una delle più tipiche dell’Arci, a quota 379 i basalti si aprono a ventaglio sulla piana dando luogo ad un pendio regolare.

All’altezza del centro abitato la colata si restringe e prosegue con direzione Nord-Sud sino in territorio di Mogoro, interrotta solo dall’incisione del rio omonimo.

La colata spicca nettamente sulla piana circostante e oltre che paesaggistica la sua importanza è anche storica, in quanto ha fornito ottimo materiale lapideo perla costruzione dei nuraghi della zona, come Sa Domu Beccia.

In questa zona è ben marcato il limite tra le alluvioni dei conoidi e quelle della pianura del Mogoro. Le prime terminano infatti abbastanza bruscamente con un bordo di qualche metro sulla piana del Mogoro, che le ha evidentemente terrazzate.

La piana termina invece meno bruscamente verso Terralba con leggere ondulazioni sabbiose, resti delle dune che hanno ricoperto le alluvioni.

Il limite è ben segnato dal tipo di coltivazioni, che nella zona sabbiosa sono di solito a vigneto.

La piana costiera che si affianca al Monte Arci costituisce la parte terminale del bacino del Rio Mogoro e dei suoi affluenti: la situazione originaria è nettamente cambiata in seguito ai lavori di bonifica e di sistemazione idraulica che hanno interessato la zona. Il Campidano è rappresentato da una vasta superficie pianeggiante o dolcemente ondulata modellata su potenti depositi detritici plio-quaternari di varia origine e raccordata con i versanti del massiccio dell’Arci dai depositi di conoide.

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2.5.4 – Caratteristiche idrografiche La circolazione superficiale è caratterizzata dalla presenza del Rio Mogoro che delimita il territorio comunale, verso Mogoro e Terralba. Il fiume ha un bacino assai esteso, che drena le acque del settore meridionale del Monte Arci e di buona parte dell’alta Marmilla.

Attualmente l’alveo è in gran parte sistemato artificialmente ed in località Santa Vittoria è presente una diga di contenimento delle piene.

Più significativa è la rete di torrenti che dall’Arci si dirigono verso la piana e che vengono intercettati da canali artificiali che li convogliano nel collettore delle acque alte e quindi nel Rio Mogoro.

Da Nord verso Sud abbiamo il Rio Perdosu, il Rio Fenusu, il Rio Craccheras e il Rio Thamis. Si tratta di torrenti quasi sempre in secca ma che, in occasione di forti e prolungate precipitazioni, possono avere portate consistenti.

Il Rio Perdosu segna il confine con Marrubiu e drena il settore centrale dell’Arci col nome di Canale Landirucci.

Il Rio Fenusu, che nella parte montana è denominato canale Solacera, viene invece intercettato da una serie di canali che attraverso il Rio S’Aquabella finiscono sempre nel canale delle acque alte e quindi nel Rio Mogoro.

Meno controllato è il Rio Craccheras che in talune situazioni può straripare arrecando danni alle zone più basse del centro abitato (zona nord).

Il Rio Thamis, quasi sempre in secca, a valle viene convogliato in un canale che lambisce la parte sud orientale dell’abitato dove, per un tratto, è tombato, per poi riversarsi sempre nel canale delle acque alte. In situazioni di prolungate precipitazioni può raggiungere portate consistenti.

In genere nella parte pianeggiante del territorio comunale le opere di bonifica hanno costruito e stanno per completare una rete artificiale di canali di scolo che confluiscono, come detto, nel canale delle acque alte e quindi nel Rio Mogoro.

2.5.5 – Caratteristiche idrogeologiche Anche per la circolazione sotterranea si può operare una distinzione tra la parte montana e quella pianeggiante.

Nella prima, costituita da vulcaniti, si ha una permeabilità per frattura, con l’acquifero principale rappresentato dai basalti e in subordine dalle altre lave.

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Poichè nel territorio comunale i primi non sono molto presenti non si hanno molte sorgenti. La più importante è quella di Santa Suia, che si trova presso l’omonima chiesa campestre, al confine con Marrubiu e Morgongiori. Le sue acque sono rinomate per la buona qualità.

Le portate, pur non molto elevate, sono abbastanza costanti e data la bellezza della zona, in parte già attrezzata, ha una grande importanza dal punto di vista turistico.

Maggiori sono le portate della sorgente di Nuraghe Su Para, poco entro il comune di Masullas, che serve l’acquedotto comunale. Essa si trova al contatto tra le lave trachitiche e quelle sottostanti inframioceniche e si può ipotizzare una alimentazione legata non solo alle rocce dalle quali sgorga, ma anche alle colate basaltiche sovrastanti.

Altre modeste emergenze sempre legate ai basalti si hanno nelle pendici di Perda Arrubia e anche nella piana, come nei pressi del cimitero.

Nel resto del territorio comunale, costituita da formazioni sedimentarie è presente una circolazione sotterranea per porosità.

Data la morfologia pianeggiante non si hanno sorgenti vere e proprie ma manifestazioni del tipo “mitza”. Si tratta di emergenze della falda in zone depresse, senza un punto preciso di fuoriuscita, ma con zone più o meno estese con venute d’acqua. Nei periodi più piovosi si formano delle piccole paludi con la presenza di una vegetazione tipica. Le più importanti sono quelle nei pressi dell’abbazia di Tamis.

Molto più importanti sono le falde sotterranee più profonde, impostate nelle frazioni più grossolane nelle conoidi e che presentano una giacitura inclinata. Soprattutto le lenti conglomeratiche, confinate tra quelle argillose, tendenzialmente impermeabili, sono sede di falde in pressione, perché alimentate a monte dai versanti del massiccio stesso, con zone di infiltrazione nella zona pedemontana.

Numerosi sono i pozzi trivellati in tutta la piana, con portate discrete.

Attualmente la falda freatica oscilla tra 3 e 4 metri dal piano campagna.

I pozzi vengono utilizzati saltuariamente, in quanto tutta la zona è servita dalla rete irrigua.

A seguire la Carta Idrogeologica estrapolata dal PUC del Comune di URAS. Non verrà redatta una carta Idrogeologica in tale Piano di Protezione Civile poiché viene adottata come riferimento quella sopra menzionata.

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2.5.6 – Dighe e invasi All’interno del territorio comunale di Uras sono presenti due invasi di modesta entità; non sono presenti dighe ma esiste uno sbarramento del Rio Mogoro in territorio comunale di Mogoro.

INVASI Si tratta di invasi di modesta entità che si collocano nella parte Nord rispetto al centro abitato di Uras.

UBICAZIONE INVASI – COMUNE DI URAS

COORDINATE – MONTE MARIO CORSO D’ACQUA TIPOLOGIA MATERIALE SUPERFICIE (M) ALTEZZA P.C. (M) FUSO OVEST (EPSG 3003) Rio S’Acquarella Artificiale Calcestruzzo 7.200,00 4,00 1473679 4397985

Rio Fenusu Naturale terra 6.625,00 0,00 1474027 4396432

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DIGHE Come detto in precedenza non esistono sistemi di sbarramento (dighe) all’interno del territorio comunale di Uras, ma appare doveroso attenzionare la diga di Mogoro che sbarra il fiume Mogoro in località Santa Vittoria, nel Comune di Mogoro. La diga assolve alla funzione di laminare le piene. Il progetto fu approntato dall’Ing. Dionigi Scano. I lavori per la sua costruzione, vennero affidati in economia alla Società Bonifiche Sarde. Della direzione dei lavori si occupò l’ing. Carlo Avanzini e in seguito l’ing. Renato Mesirca. La diga fu collaudata il 22 agosto 1934.

FOTO DI ROBERTO SALGO PUBBLICATA SU "DIGHE DELLA SARDEGNA", ED. POLIEDRO, 2011

Di seguito si allega Decreto 129 (rettifica DDR 161/2010) del SEGRETARIATO REGIONALE DEL MINISTERO DEI BENI DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO PER LA SARDEGNA.

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2.5.7 – Caratteri ambientali e paesaggistici Dall’analisi dei seguenti documenti e dati:

- Piano Urbanistico Comunale di URAS; - Rete Natura 2000. Sistema coerente di aree presenti nel territorio dell’Unione europea, destinate alla salvaguardia della diversità biologica mediante la conservazione degli habitat naturali, seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche indicati negli allegati delle Direttive 92/43/CEE del 21 maggio 1992 "Direttiva Habitat" e 79/409/CEE del 2 aprile 1979 "Direttiva Uccelli".; - Mappe interattive del portale Sardegna Ambiente (http://www.sardegnanatura.com/)

è stato possibile definire la mancanza, all’interno del territorio Comunale di URAS, di: - Parchi Nazionali - Parchi Regionali; - Aree marine protette; - Siti d’importanza Comunitaria (SIC); - Zone di Protezione Speciale (ZPS); - Oasi WWF; - Monumenti Naturali; - Foreste; - Grotte; - Cascate; - Spiagge; - Aree archeologiche; - Musei; - Altre aree di pregio naturale.

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2.5.8 – Corine Land Cover – Uso del Suolo La metodologia adottata per questa analisi è quella della fotointerpretazione delle immagini rappresentate dalle ortofoto b/n utilizzata come base cartografica di riferimento. La tonalità diversa corrispondente ad ogni tipo di copertura del suolo permette di individuare i poligoni relativi ad aree omogenee. La classificazione seguita per definire le aree individuate è quella utilizzata nel progetto CORINE Land Cover (all’interno del programma CORINE, COoRdination de l’INformation sur l’Environnement,avviato dalla Comunità Europea nel 1985 per il rilevamento delle caratteristiche del territorio) e consiste nella realizzazione di una cartografia della copertura del suolo alla scala di 1:100.000, con una legenda di 44 voci su tre livelli gerarchici e una superficie minima di 25 ettari.

Si rendono visibili tre fasce in cui è possibile suddividere il territorio: fascia di fondovalle che segue la direzione della fiumara Careri, una fascia collinare che coincide con gli abitati di Careri e di Natile Nuovo fino alle quote che comprendono Natile Vecchio e una fascia montana che ha inizio dalla frazione di Natile Vecchio e continua verso ovest sui monti dell’Aspromonte. A queste corrispondono delle specifiche coperture: per la fascia di fondovalle abbiamo terreni agricoli caratterizzati da seminativi e colture permanenti; per la fascia collinare abbiamo sempre terreni agricoli seminatici e di colture permanenti; per la fascia da pedemontana a montana abbiamo presenza di ambienti semi-naturali con zone boscate.

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L’analisi di dettaglio fatta invece con l’introduzione del III° livello alla legenda CORINE, permette di individuare meglio l’uso del suolo.

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2.6 – Caratteristiche demografiche Il conteggio della popolazione e la rilevazione delle sue caratteristiche strutturali, l’aggiornamento e la revisione delle anagrafi, la determinazione della popolazione legale necessaria sia a fini giuridici generali sia a fini elettorali, la raccolta di informazioni sulla consistenza numerica e sulle caratteristiche strutturali delle abitazioni e degli edifici.

Sono questi i principali obiettivi del censimento della popolazione e delle abitazioni.

Per l’Istat, inoltre, i dati censuari sono la base necessaria per realizzare indagini campionarie e rilevazioni, così importanti in una società in cui le informazioni devono essere attendibili e disponibili in tempi rapidi.

Con la tornata censuaria del 2010-2011 si è chiusa un’era, quella dei censimenti generali che, a cadenza decennale, offrivano una fotografia puntuale e dettagliata del Paese.

Nel 2012 (art. 3 del d.lgs 179/2012, convertito con modificazioni in legge 221/2012) è stato introdotto nell'ordinamento italiano il Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. L'obiettivo è di produrre dati con cadenza annuale - non più decennale - utilizzando informazioni provenienti da fonti amministrative integrate da rilevazioni statistiche campionarie. Il passaggio al Censimento permanente consente una forte riduzione dei costi legati al censimento, l'alleggerimento del disturbo per le famiglie e un impatto organizzativo meno oneroso per i comuni.

Questi i principali obiettivi del Censimento della popolazione e delle abitazioni:

• conteggio della popolazione e la rilevazione delle sue caratteristiche strutturali, • l’aggiornamento e la revisione delle anagrafi, • la determinazione della popolazione legale necessaria sia a fini giuridici generali sia a fini elettorali, • la raccolta di informazioni sulla consistenza numerica e sulle caratteristiche strutturali delle abitazioni e degli edifici.

In ottemperanza a quanto stabilito dalla normativa vigente e proseguendo con le attività di sperimentazione che hanno avuto inizio con le due rilevazioni svolte nel 2015, l’ISTAT sta provvedendo all’avvio della seconda e ultima fase delle attività preparatorie, volte all'individuazione di metodi statistici che integrino dati provenienti da fonti amministrative con i risultati di indagini campionarie. Conclusa la fase di sperimentazione, sarà possibile consolidare le scelte organizzative, metodologiche e tecniche che consentiranno di definire le modalità di esecuzione a regime del Censimento permanente a partire dal 2018, in conformità con la normativa europea e nazionale.

Detto ciò vengono di seguito riassunti i dati estrapolati dal censimento 2011 dall’Istituto ISTAT.

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Sesso totale Anno di Censimento 2011 Tipo territorio centri abitati nuclei abitati case sparse tutte le voci Tipo dato popolazione residente (valori assoluti) Territorio Uras 2787 .. 173 2960 TOTALE ABITANTI

Tipo dato popolazione residente

Territorio Uras Anno di Censimento 2011 Cittadinanza italiano-a straniero-a/apolide totale Sesso maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale Età 0-9 anni 96 108 204 1 .. 1 97 108 205 10-19 anni 108 104 212 1 .. 1 109 104 213 20-29 anni 161 160 321 2 4 6 163 164 327 30-39 anni 216 216 432 3 3 6 219 219 438 40-49 anni 235 214 449 .. 3 3 235 217 452 50-59 anni 225 214 439 .. 3 3 225 217 442 60-69 anni 205 182 387 .. 1 1 205 183 388 70-79 anni 141 164 305 .. 1 1 141 165 306 80-89 anni 53 109 162 ...... 53 109 162 90-99 anni 10 16 26 ...... 10 16 26 100 anni e più .. 1 1 ...... 1 1 totale 1450 1488 2938 7 15 22 1457 1503 2960 INSIEME DI DATI: CITTADINANZA, SESSO E CLASSI D’ETÀ

Sesso totale Cittadinanza totale Area geografica tutte le voci e paese di

cittadinanza Anno di 2011 Censimento Tipo dato popolazione residente (valori assoluti) analfabeta alfabeta privo licenza di licenza di scuola diploma di scuola diploma terziario titoli totale di titolo di scuola media inferiore o di secondaria non universitario universita Grado di studio elementare avviamento superiore del vecchio istruzione professionale ordinamento e diplomi A.F.A.M. 65 anni 6 anni 65 anni 6 anni e più Età e più e più e più Territorio Uras 38 46 109 223 768 1080 593 3 117 2830 GRADO DI ISTRUZIONE DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE DI 6 ANNI E PIÙ

Età 15-62 anni Anno di Censimento 2011

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Tipo dato indice di non conseguimento della scuola del primo ciclo Sesso maschi femmine totale Territorio Uras 14,21 12,57 13,4 INDICE DI NON CONSEGUIMENTO DELLA SCUOLA DEL PRIMO CICLO

Sesso totale Anno di Censimento 2011 indice di possesso del indice di possesso del indice di possesso del diploma di scuola diploma di scuola diploma di scuola secondaria Tipo dato secondaria di 2°grado (19 secondaria di 2°grado (19- di 2°grado (35-44 anni) anni e più) 34 anni) Età 19 anni e più 19-34 anni 35-44 anni Territorio Uras 25,15 50,17 32,33 INDICE DI POSSESSO DEL DIPLOMA DI SCUOLA SECONDARIA DI 2°GRADO PER SESSO E CLASSI DI ETÀ

Sesso totale Anno di Censimento 2011 Tipo territorio centri abitati nuclei abitati case sparse tutte le voci Tipo dato popolazione residente in famiglia (valori assoluti) Territorio Uras 2787 .. 173 2960 POPOLAZIONE RESIDENTE IN FAMIGLIA

Sesso totale Anno di Censimento 2011 Tipo territorio centri abitati nuclei abitati case sparse tutte le voci Tipo dato numero di famiglie (valori assoluti) Territorio Uras 1129 .. 56 1185 POPOLAZIONE RESIDENTE – NUMERO DI FAMIGLIE

Sesso del genitore totale Classe di età del totale genitore Stato civile del genitore totale Numero di figli totale Area geografica e paese tutte le voci di cittadinanza Anno di censimento 2011 Tipo dato numero di nuclei familiari (valori assoluti) Tipologia di nucleo coppie senza figli coppie con figli padre con figli madre con figli nuclei familiari familiare Territorio Uras 209 471 19 122 821 NUMERO DI NUCLEI FAMILIARI

Sesso totale Età 15 anni e più Stato civile totale Cittadinanza totale Area geografica di cittadinanza tutte le voci

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Grado di istruzione totale Frequenza di uno o più corsi di tutte le voci formazione professionale Tipo di convivenza tutte le voci Anno di Censimento 2011 Tipo dato popolazione residente (valori assoluti) forze di forze di lavoro non non forze di lavoro totale Condizione professionale o lavoro forze di non professionale occupato in cerca di percettore studente- casalinga- in altra occupazione lavoro -rice ssa o condizione Territorio Uras 1176 906 270 1455 699 154 407 195 2631 POPOLAZIONE RESIDENTE PER SESSO E CONDIZIONE PROFESSIONALE O NON PROFESSIONALE

Nel 2012 (art. 3 del d.lgs 179/2012, convertito con modificazioni in legge 221/2012) è stato introdotto nell'ordinamento italiano il Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. L'obiettivo è di produrre dati con cadenza annuale - non più decennale - utilizzando informazioni provenienti da fonti amministrative integrate da rilevazioni statistiche campionarie. Il passaggio al Censimento permanente consente una forte riduzione dei costi legati al censimento, l'alleggerimento del disturbo per le famiglie e un impatto organizzativo meno oneroso per i comuni.

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Territorio Uras Sesso totale 2014 2015 2016 Apr- Mag- Giu- Lug- Ago- Set- Ott- Nov- Dic- Gen- Feb- Mar- Tempo e frequenza 2016 2016 2016 2016 2016 2016 2016 2016 2016 2017 2017 2017

Tipo di indicatore demografico popolazione inizio periodo 2943 2902 2881 2870 2870 2874 2871 2874 2866 2868 2860 2856 2853 2848 2844 nati vivi 11 20 21 0 0 2 1 3 5 2 2 1 2 2 3 morti 48 43 37 1 2 1 2 4 3 6 5 1 4 3 1 saldo naturale -37 -23 -16 -1 -2 1 -1 -1 2 -4 -3 0 -2 -1 2 iscritti da altri comuni 40 46 37 3 5 2 4 2 1 1 2 4 3 2 4 cancellati per altri comuni 43 39 48 2 4 6 0 7 3 5 2 4 3 5 4 saldo migratorio interno -3 7 -11 1 1 -4 4 -5 -2 -4 0 0 0 -3 0 iscritti dall'estero 9 5 9 0 5 1 0 0 2 0 0 0 1 0 0 cancellati per l'estero 4 12 7 0 0 1 0 2 0 0 0 1 4 0 0 saldo migratorio estero 5 -7 2 0 5 0 0 -2 2 0 0 -1 -3 0 0 saldo migratorio estero stimato .. .. -1 ...... saldo migratorio 2 0 -9 1 6 -4 4 -7 0 -4 0 -1 -3 -3 0 iscritti per altri motivi 1 3 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 cancellati per altri motivi 7 1 4 0 0 0 0 0 0 0 1 2 0 0 0 saldo per altri motivi -6 2 -3 0 0 0 0 0 0 0 -1 -2 0 0 0 saldo migratorio e per altri motivi -4 2 -12 1 6 -4 4 -7 0 -4 -1 -3 -3 -3 0 totale iscritti 50 54 47 3 10 5 5 5 8 3 4 5 6 4 7 totali cancellati 54 52 59 3 6 8 2 13 6 11 8 8 11 8 5 unità in più/meno dovute a variazioni territoriali 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 saldo totale (incremento o decremento) -41 -21 -28 0 4 -3 3 -8 2 -8 -4 -3 -5 -4 2 popolazione fine periodo 2902 2881 2853 2870 2874 2871 2874 2866 2868 2860 2856 2853 2848 2844 2846 numero di famiglie 1182 1186 1182 ...... popolazione residente in famiglia 2902 2881 2853 ...... numero medio di componenti per famiglia 2,46 2,43 2,41 ......

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2.7 – Strutture pubbliche e private Nel seguito sono riportate le informazioni aggiornate sulle strutture pubbliche e private che forniscono servizi alla collettività (servizi essenziali, scuole, biblioteche, impianti sportivi, banche, poste, parchi, etc.). Il censimento di tali strutture è finalizzato sia alla individuazione e valutazione degli esposti che alla successiva organizzazione delle azioni di soccorso e accoglienza, per l’uso delle strutture più idonee e funzionali allo scopo.

2.7.1 – Edifici scolastici

STRUTTURE SCOLASTICHE Scuola Elementare (primaria) Via G. Deledda, 2 Tel. 0783-898029 Scuola Pubblica E. De Amicis Scuola media (secondaria di I grado) Via Verdi, 2 Tel. 0783-89231 Scuola Pubblica Sez. associata

Scuola dell’infanzia Via G. Deledda, 2 Tel. 0783-89232 Scuola Pubblica Scuola Materna Sacro Cuore Uras Via Roma, 10 Tel. 0783-89236 Scuola Privata (dell’infanzia) paritaria autorizzata

2.7.2 – Edifici strategici

EDIFICI STRATEGICI Palazzo Comunale Tel. 0783.87891 Via E. d’Arborea, 86 Struttura Pubblica Sede del COC Fax 0783.89423 Chiesa Parrocchiale di S. Piazza S.Maria Maddalena Tel. 0783.89217 Maria Maddalena Chiesa di S. Antonio da Tra V. martiri e V. S.

Padova Gregorio Chiesa di S. Salvatore Via E. d’Arborea

Casa di Riposo Via E. d’Arborea Non attiva Tel. 0783.89921 Ufficio Postale Via E. d’Arborea Fax 0783.89560 Comando Carabinieri Via G. Deledda, 22 Tel. 0783.89222

Banco di Sardegna Via Roma, 19 Tel. 0873. 89244 Banco Credito Piazza S. Maria 0873.89461 Cooperativo di Arborea Maddalena, 2

2.7.3 – Strutture sanitarie e socio-assistenziali L’ASL di Oristano si articola in n. 3 (tre) Distretti: Oristano, Ales-Terralba e , -. Il comune di URAS ricade all’interno del Distretto Ales-Terralba che comprende anche i seguenti Comuni:

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Albagiara, Ales, Arborea, , , Baradili, , , Genoni, , Gonnosno', Gonostramatza, , Marrubiu, Masullas, , Mogoro, Morgongiori, , Pau, , , San Nicolò d'Arcidano, Senis, , Sini, Siris, Terralba, , Villa Sant'Antonio, Villaverde.

UBICAZIONE DISTRETTO ASL ALES-TERRALBA

Gli ospedali di riferimento dei 3 Distretti ASL sono i seguenti: Ospedale San Martino - Via Rockfeller - Oristano - tel. 0783.3171 - fax 0783.317396 • Ufficio accettazione prenotazioni: 0783.317224 - 317293 • Ufficio Relazioni con il Pubblico: 0783.317217 - e-mail: [email protected] • Direzione Sanitaria: tel. 0783.317355 - fax 0783.317396 • Direzione Amministrativa: tel. 0783.317265 - fax 0783.303365

Ospedale G. P. Delogu - corso Umberto, 176 - Ghilarza - tel. 0785.560200 - fax 0785.560215 • Ufficio accettazione: 0785.560216 • Ufficio Relazioni con il Pubblico: 0785.560238 - fax 0785 560215 • Direzione Sanitaria: tel. 0785.560268 • Direzione Amministrativa: tel. 0785.560238

Ospedale A. G. Mastino - via Pischedda - Bosa - tel. 0785.225100 • Ufficio Relazioni con il Pubblico: 0785.225315 • Direzione Amministrativa: tel. 0785.225310 - fax 0785.225203 • Direzione Sanitaria: tel. 0785.225348 - fax 0785.225349 • Ufficio infermieristico: tel. 0785.225351

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STRUTTURE SANITARIE –VETERINARIE URAS ASL Guardia Medica – Servizio di Continuità Via Marconi, 18 Tel. 0783.89218 Assistenziale Farmacia Miglior Maria Manuela Via V. Emanuele, 97 Tel. 0783.89230

AVIS Via G. Deledda, 1 Tel.0783.89595

AUSER Unità Locali Associative Via E. d’Arborea, 123 Tel. e Fax 0783.89613

2.7.4 – Strutture ricettive e alimentari

STRUTTURE RICETTIVE Frank’S Pizzicheria Bar Pizzeria Via E. d’Arborea Tel. 0783.89809 Pinna Bar Tabacchi Patrizia Via E. d’Arborea, 95 Tel. 0783.89248 Camere: 3 Tel. 0783.878016 B&B il Portico Via A. Gramsci, 35 Posti letto: 6 Cell. 349.0704253 Bagni: 3 Camere: 2 Agriturismo Tel. 0783.88811 Loc. Perda Clara Posti letto: 6 Su Sattisceddu Cell. 340.7159362 Bagni: 1 Tel. 0783.89849 Camere: 5 Agriturismo Thamis Via San Domenico Cell. 349.0842792 Posti letto: 10 Fax 0783.89849 Camere: 3 B&B Nuraghe Via dei Pini, 10 334.7588013 Posti letto: 6 Camere: 2 B&B Sardegna Nuragica Via dei Platani 348.7993697 Posti letto: 3 Alimentari di Piras Antonio & C. Snc Piazza Giovanni XXIII, 3 0783.878014 Alimentari di Piras Antonio & C. Snc Via Gramsci, 64 0783.878057

2.7.5 – Attività industriali, commerciali e agricole Il territorio comunale è caratterizzato dalla presenza di pochissime attività produttive, artigianali e commerciali, mentre l’agricoltura e l’allevamento di animali è presente in modo marcato.

Non esistono, inoltre, sul territorio attività produttive assoggettate alla normativa che regolamenta le industrie a rischio di incidente rilevante (ovvero il Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 334 – “Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”) e D.Lgs. 238/2005.

Le attività di cui sopra non sono coinvolte dai rischi trattati.

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2.7.6 – Attrezzature sportive

IMPIANTO DA HOCKEY Impianto inserito nel complesso: CAMPO COMUNALE DA CALCIO Indirizzo: SP 47 Proprietario: Comune di Uras Gestione: COMUNE DI URAS Telefono: Email: Web:

Spazi di gioco compresi nell'impianto Campo da hockey (n. posti 99)

IMPIANTO DA CALCIO Impianto inserito nel complesso: CAMPO COMUNALE DA CALCIO Indirizzo: SP 47 Proprietario: Comune di Uras Gestione: COMUNE DI URAS Telefono: Email: Web:

Spazi di gioco compresi nell'impianto Campo da calcio (n. posti 769)

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PALESTRA COMUNALE Impianto inserito nel complesso: IMPIANTO SPORTIVO Indirizzo: SP 47 Proprietario: Comune di Uras Gestione: COMUNE DI URAS Telefono: Email: Web:

Spazi di gioco compresi nell'impianto Palestra (n. posti 148)

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2.7.7 – Attività estrattive, discariche e acque minerali

Non sono presenti sul territorio in esame attività estrattive né discariche.

2.8 – Infrastrutture viarie e trasporti 2.8.1 – Reti viarie e ferroviarie Il territorio è caratterizzato dalla presenza della importante direttrice su gomma Cagliari-Porto Torres, denominata Strada Statale Carlo Felice. In dettaglio gli assi viari sono i seguenti: • SS 131 Carlo Felice denominata anche Strada Europea 25 (strada extraurbana di seconda categoria); • SP 47 - Uras – San Nicolò D’Arcidano; • SS 442 - Uras – Laconi.

GEOPORTALE SARDEGNA – STRADARIO (HTTP://WWW.SARDEGNAGEOPORTALE.IT/WEBGIS2/SARDEGNAMAPPE/?MAP=BASE)

Il territorio in esame è poi percorso, oltre che dalle strade comunali, da alcune direttrici viarie secondarie che collegano le località minori.

E’ presente una direttrice viaria su strada ferrata (una sola linea ferroviaria) è la Uras-Mogoro con stazione FS ad Uras.

La costruzione della ferrovia Cagliari-Golfo Aranci tra gli settanta e ottanta dell'Ottocento, portò al passaggio dei binari nella periferia ovest del centro di Uras, per cui fu approntata una stazione. Così il 15 gennaio 1872 i treni transitarono per la prima volta nello scalo, all'epoca identificato col solo nome di Uras,

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale inaugurato insieme al tronco ferroviario tra San Gavino Monreale ed Oristano. La denominazione di Uras- Mogoro venne in seguito data all'impianto nei primi decenni del Novecento; sempre in quell'epoca, più precisamente nel 1920, si ebbe il passaggio della stazione sotto la gestione delle Ferrovie dello Stato, espletata dal 2001 tramite la controllata RFI.

STAZIONE FERROVIARIA URAS-MOGORO

2.8.2 – Reti viarie - Criticità Le opere infrastrutturali di rilevo che possono generare criticità, individuate sul territorio sono le seguenti:

O1 Ponte su Via E. D’Arborea, tra la Via Sassari e la Via Cagliari, sul Rio Craccheras;

O2 Ponte su Rio Mogoro lungo la S.P. 47 direzione San Nicolò d’Arcidano; O3 Ponte sulla linea ferroviaria Uras/Mogoro, sul Canale delle Acque Alte (nelle vicinanze dell’ecocentro comunale e stazione di rilancio acque reflue al depuratore consortile di Terralba); O4 Ponte sul canale artificiale in vicinanza della Stazione Ferroviaria Uras-Mogoro; O5 Ponte sul Rio Mogoro a sud dell’abitato; O6 Ponte sul Rio Thamis (poi diventa canale artificiale in parte tombato), su Piazza Sant’Antonio; O7 Ponte sul Rio Thamis, su via Guglielmo Marconi;

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O8 Ponte sul Rio Thamis lungo la via Eleonora D’Arborea; O8 Ponte sul Rio Fenusu sulla S.S. 131; O10 Rio Cannas tombato al di sotto della SS 131, che poi diventa Rio Craccheras. O11 Rio S’Acqua Abbaida nei pressi dell’ex mattatoio comunale.

Le suddette opere generano criticità nel caso in cui gli alvei e gli argini non siano oggetto di manutenzione e pulizia periodica.

Oltre alle sopra citate opere si segnalano anche alcuni tratti stradali interessati da criticità nell’attraversamento di corpi idrici in seguito al rischio di piena così come evidenziato nelle cartografie riguardanti il rischio idrogeologico ed idraulico.

Come riferimento viene presa in considerazione la cartografia delle aree alluvionate del Comune di Uras colpite dall’evento calamitoso “Cleopatra” del Novembre 2013.

2.8.3 – Aeroporti L’aeroporto di Cagliari-Elmas dista circa 65 km da Uras ed è raggiungibile tramite la S.S. 131. A circa 60 km è ubicato l’aeroporto militare di Decimomannu, raggiungibile sempre dalla S.S. 131. Infine è bene ricordare che, in passato, l’aeroporto di Cagliari-Elmas è stato sede dei Canadair ed è, tutt’oggi, utilizzato come punto d’appoggio logistico per gli stessi.

2.8.4 – Porti Il Comune di Uras non avendo sbocco a mare non ha possibilità di avere porto proprio. I porti limitrofi sono: • Porto di Oristano (turistico) che dista circa 42 km; • Porto industriale di Oristano (commerciale) che dista circa 30 km; • Porto di Cagliari (civile e commerciale) che dista circa 70 km.

Lungo la costa Ovest esistono altri porti ma i collegamenti stradali e ferroviari sono meno agevoli rispetto a quelli sopra menzionati.

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3– VALUTAZIONE RISCHI E SCENARI DI RIFERIMENTO

Rischio idraulico Relazione Tecnica Rischio Idrogeologico RISCHI e SCENARI Rischio incendi

3.1 – PREMESSA Ai fini di protezione civile il rischio è la probabilità che si verifichi un evento calamitoso che possa causare effetti dannosi sulla popolazione, gli insediamenti abitativi e produttivi e le infrastrutture, all’interno di una particolare area, in un determinato periodo di tempo.

Rischio e pericolo non sono dunque la stessa cosa: il pericolo è rappresentato dall'evento calamitoso che può colpire una certa area (la causa), il rischio è rappresentato dalle sue possibili conseguenze, cioè dal danno che ci si può attendere (l’effetto).

Per valutare concretamente un rischio, quindi, non è sufficiente conoscere il pericolo, ma occorre anche stimare attentamente il valore esposto, cioè i beni presenti sul territorio che possono essere coinvolti da un evento, e la loro vulnerabilità.

Il rischio quindi è traducibile nella formula: R = P x V x E

P = Pericolosità: è la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo, in una data area.

V = Vulnerabilità: è la propensione di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche, etc.) a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità.

E = Esposizione o Valore esposto: è il numero di “Unità” o "Valore" di ognuno degli elementi a rischio presenti in una data area, come le vite umane o gli insediamenti, etc..

Lo “scenario di rischio” consiste nella valutazione preventiva degli effetti (danni) sul territorio, sulle persone, sulle cose e sui servizi essenziali determinati da un evento calamitoso, da cui deriva la valutazione dei probabili sviluppi progressivi e finali che tali effetti producono nella catena di comando e nelle azioni di risposta.

L’analisi e la valutazione dei rischi costituiranno la base di riferimento fondamentale per la definizione degli scenari attesi, della dinamica del fenomeno e della perimetrazione dell’area interessata e, sulla base di questi elementi, saranno delineati i modelli di intervento.

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3.2 – SCENARI DEGLI EVENTI ATTESI – LINEE GUIDA REGIONALI Secondo le “linee guida per la Pianificazione Comunale e/o intercomunale di Protezione Civile” (Deliberazione N. 20/10 del 12.4.2016), la base conoscitiva per dimensionare le risorse (umane e materiali) da mettere in campo in situazioni di monitoraggio o emergenza è costituita dagli scenari degli eventi attesi (scenari di danno), ossia strumenti di previsione del possibile danneggiamento e del conseguente coinvolgimento della popolazione. Tali scenari sono definiti sulla scorta dei dati territoriali di esposizione e vulnerabilità e sulla base di eventi di riferimento il cui verificarsi sia ritenuto più probabile a seconda dell’intervallo temporale considerato.

La conoscenza e la valutazione di tali scenari permette di ottenere un quadro territoriale dell’area potenzialmente coinvolta dall’evento fornendo, quindi, importanti informazioni, quali la localizzazione e l’estensione dell’area maggiormente colpita, la funzionalità delle reti dei trasporti , delle vie di comunicazione e delle linee di distribuzione, oltre che le perdite attese in termini di vite umane, feriti, evacuati, edifici crollati e danneggiati ed il corrispondente danno economico, con ovvie ricadute sulla programmazione delle attività di Protezione Civile, sia in termini di pianificazione che di gestione dell’emergenza. Nel primo caso, le informazioni consentono di identificare e descrivere l’evento/i di riferimento allo scopo di dimensionare le risorse umane, i materiali da utilizzare e la loro allocazione da prevedere nel piano.

La valutazione del danno deve essere effettuata necessariamente dal censimento degli elementi “Esposti” al rischio, ricadenti nelle aree perimetrate. Nell’ambito della definizione delle aree da perimetrare, è fondamentale una corretta interpretazione degli eventi pregressi che eventualmente hanno interessato il territorio comunale.

In questa specifica sezione gli elaborati minimi e indispensabili da produrre comprendono la descrizione sintetica della dinamica dell’evento e una rappresentazione cartografica dello scenario unitamente alla valutazione del danno (a cose e persone) relativa ad ognuno degli elementi esposti.

Il Comune può così disporre di un quadro orientativo di riferimento che permette di rispondere a domande del tipo: - “Che cosa succederà o sta succedendo?”

- “Cosa si deve fare per mitigare i danni attesi ?”

- “Quali azioni intraprendere per assicurare l'incolumità dei cittadini?”

- “Quali sono le risorse di cui disponiamo?”

- “Quali sono le risorse necessarie di cui non disponiamo e che dobbiamo chiedere affinché siano commisurate all'evento che stiamo affrontando?”

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- “Da dove è meglio iniziare le operazioni di ripristino dei danni e di quali strutture è necessaria la disponibilità per assicurare alloggi temporanei?” Per arrivare ad uno scenario attendibile è necessario disporre dei dati di base e poi organizzare gli stessi in una sequenza logica del tipo:

• informazioni generali sul territorio; • informazioni generali e particolari relative ad ogni tipologia di rischio presente sul territorio; • considerazioni sulla vulnerabilità, relativamente a persone, cose, servizi, infrastrutture, attività economiche etc., per ogni evento che possa verosimilmente colpire il territorio.

La misura dell’evento è espressa sia in termini di estensione dell’area interessata, sia attraverso i parametri di intensità che caratterizzano l’evento stesso (ad es.: altezza/lunghezza del fronte di frana, velocità e densità per una frana rapida etc.). La misura del danno è espressa attraverso la valutazione della variazione di stato degli elementi a rischio più significativi (ad es.: popolazione, strutture abitative e produttive, infrastrutture, patrimonio ambientale e culturale, etc.).

La zonizzazione e quantificazione del rischio attraverso gli scenari, consente inoltre di definire il valore esposto necessario per giungere successivamente alla programmazione degli interventi e delle azioni da porre in essere per la riduzione del rischio stesso, attraverso un’attività di prevenzione ed emergenza.

Gli scenari di evento (in particolare per gli eventi “prevedibili”), maggiormente rilevanti e ipotizzabili nel territorio Comunale di URAS sono riconducibili a: • Rischio metereologico e idraulico (piena) e idrogeologico (frana); • Rischio incendi boschivi e di interfaccia;

3.3 – VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITA’ Riguarda la probabilità di accadimento di un determinato fenomeno dannoso e si definisce mediante una scala di valutazione della Pericolosità (P), riferendosi ad una correlazione più o meno diretta tra le situazioni riscontrate e la probabilità che si verifichi l’evento indesiderato.

La scala di valutazione del valore P utilizzabile è la seguente:

Sulla base della perimetrazione delle aree a pericolosità più o meno elevata, in relazione alla tipologia di rischio considerato, si dovranno individuare tutti gli “Esposti” (quali: ospedali, scuole, case di riposo, siti ricettivi, aree ricreative, strutture turistiche, insediamenti civili e produttivi, case isolate, strade,

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale etc.), che si ritiene potrebbero essere interessati dall’evento atteso e che ricadono all’interno delle suddette aree, con particolare riferimento a quelle ad elevata pericolosità.

3.3.1 – La pericolosità nel Rischio Idraulico (Piene) Per l’individuazione degli scenari di rischio idraulico è necessario definire lo scenario d’evento del danno atteso, a partire dalla perimetrazione delle aree individuate a pericolosità idraulica (aree potenzialmente soggette o predisposte a fenomeni di esondazione per tracimazione, rottura arginale, etc.).

Si evidenzia che la pericolosità, da valutare per il calcolo del rischio di tipo idraulico, dipende da molteplici variabili ambientali ed antropiche quali, ad esempio, l’entità, durata ed estensione delle precipitazioni, il grado di assorbimento del terreno, la pendenza del terreno e l’estensione del bacino idrografico, le sezioni dei corsi d’acqua, la presenza di manufatti che riducono la sezione utile del corso d’acqua, lo stato di manutenzione del corso d’acqua. Al fine di definire la pericolosità idraulica e gli scenari di rischio idraulico, occorre fare riferimento alla pianificazione di Bacino inerente all’assetto idrogeologico, costituita dal Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI), dal Piano Stralcio per le Fasce Fluviali (PSFF) e dal Piano di Gestione del Rischio Alluvioni (PGRA).

Il PAI è stato approvato con Decreto del Presidente della Regione Sardegna n. 67 del 10.07.2006 con tutti i suoi elaborati descrittivi e cartografici ed è soggetto a costanti aggiornamenti a seguito di cause naturali o antropiche del territorio o di approfondimenti tecnici. Le relative Norme di Attuazione (NA) definiscono la disciplina da rispettare nelle aree individuate a pericolosità sia idraulica che geomorfologica.

Oltre al PAI è necessario consultare e far riferimento anche al Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF), costituito dagli elaborati elencati nell’allegato “A” adottato in via definitiva con Deliberazione del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino n. 2 del 17.12.2015. Il PSFF costituisce un approfondimento ed una integrazione necessaria al Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) in quanto è lo strumento per la delimitazione delle aree fluviali funzionali a consentire il conseguimento di un assetto fisico del corso d’acqua compatibile con la sicurezza idraulica, l’uso della risorsa idrica, l’uso del suolo (ai fini insediativi, agricoli ed industriali) e la salvaguardia delle componenti naturali ed ambientali, anche attraverso la programmazione di specifiche azioni (opere, vincoli, direttive).

Inoltre, nell’ambito della predisposizione del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni (PGRA), adottato con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 1 del 17/12/2015, ed approvato in via definitiva con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 2 del 15/03/2016, sono state definite le “Mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni”, relative ai principali corsi d’acqua del distretto idrografico della Regione Autonoma della Sardegna, redatte ai sensi della Direttiva Alluvioni 2007/60/CE e del D.Lgs. n. 49/2010.

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Il Piano di gestione del rischio di alluvioni (PGRA), in vigore dal 22 dicembre 2015, è stato predisposto dall’Autorità di Bacino e rappresenta uno strumento di pianificazione dell’intero territorio regionale finalizzato a ridurre le conseguenze negative causate dalle alluvioni alle persone, all’ambiente, al sistema socio-economico e il patrimonio culturale. Esso coinvolge tutti gli aspetti della gestione del rischio di alluvioni, con particolare riferimento alle misure non strutturali finalizzate alla prevenzione, protezione e preparazione rispetto al verificarsi degli eventi alluvionali. Il PGRA individua strumenti operativi e di governance quali linee guida, buone pratiche, accordi istituzionali, modalità di coinvolgimento attivo della popolazione, finalizzati alla gestione del fenomeno alluvionale in senso ampio. Il Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni è quindi uno strumento trasversale di raccordo tra diversi piani e progetti, di carattere pratico e operativo ma anche informativo, conoscitivo e divulgativo, per la gestione dei diversi aspetti organizzativi e pianificatori correlati con la gestione degli eventi alluvionali in senso lato.

Questo Piano si integra e si coordina con gli altri piani vigenti per l’individuazione del rischio idrogeologico, ovvero il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF). Il PGRA costituisce la base conoscitiva e operativa che supporta le attività di pianificazione locale indirizzandole alla consapevolezza e alla considerazione di tutti gli elementi che concorrono alla definizione del rischio idrogeologico (alluvione e frana) e ai presupposti per la relativa mitigazione, ovvero all’attuazione delle necessarie misure di preparazione, prevenzione e protezione. Per questi obiettivi il Piano prevede l’attuazione di misure non strutturali e di interventi strutturali.

L’approccio valutativo della pericolosità a livello comunale, sulla base delle informazioni disponibili a scala regionale e delle condizioni idrauliche effettive dei corsi d’acqua a livello locale, deve consentire di ottenere il più ampio margine di sicurezza nelle attività di prevenzione dei danni e di protezione civile, con la consapevolezza della inevitabile variabilità e imprevedibilità degli eventi naturali.

Si sottolinea inoltre che le aree a rischio a cui far riferimento nella pianificazione non possono essere solo quelle identificate dai Piani di Assetto idrogeologico (PAI) e nei Piani di gestione del Rischio di alluvione (PGRA), come hanno peraltro evidenziato gli eventi più recenti, ma è necessario procedere ad un’analisi, ancorché speditiva, dei punti critici sul territorio comunale.

Laddove siano individuate o presenti situazioni di rischio e/o pericolosità non previste dai rispettivi PAI, PSFF e PRGA, o altra documentazione ufficiale, occorre procedere all’integrazione dei nuovi scenari nell’ambito delle attività di pianificazione comunale/intercomunale, estese a tutto il territorio di competenza.

A tal fine, per determinare il rischio effettivo secondo le indicazioni fornite dalle linee guida Regionali, le eventuali nuove individuazioni di aree interessate da eventi tali da minacciare l'integrità della vita, strutture

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale e infrastrutture, è opportuno rappresentare all'Autorità di Bacino le proposte di aggiornamento mediante appositi studi.

3.3.2 – La pericolosità nel Rischio Idrogeologico (Frana) La pericolosità relativa ai fenomeni geomorfologici, al contrario della definizione di pericolosità idraulica, non è di agevole definizione in quanto risulta spesso non quantificabile la frequenza di accadimento di un evento franoso.

Per gli scenari relativi al rischio idrogeologico si dovranno considerare le situazioni con pericolosità da frana e gli elementi potenzialmente interessati da tale pericolosità (elementi a rischio). Per l’analisi della pericolosità da frana si dovranno considerare le fenomenologie di dissesto legate all’azione di processi geomorfologici. Tali processi, anche potenziali, richiedono l’identificazione sia dei fattori predisponenti sia delle cause innescanti. Solitamente, i fattori predisponenti e innescanti sono molteplici, complessi e combinati tra loro in vario modo.

Inoltre, per ciò che riguarda le frane, è basilare considerare lo stato di attività delle stesse. Difatti, la corretta interpretazione dello stato di attività delle forme (inattiva, attiva e quiescente) e della loro collocazione cronologica risulta di importanza fondamentale per la formulazione di ipotesi sull’evoluzione futura del territorio e sulla valutazione del rischio.

Da un punto di vista della pericolosità, è di particolare rilevanza la perimetrazione delle frane attive o sospese, attualmente in movimento o mosse entro l’ultimo ciclo stagionale, e delle frane quiescenti o stabilizzate, che possono (se quiescenti), o non possono (se stabilizzate) essere riattivate dalle proprie cause originali.

Al fine di definire gli scenari di rischio da frana, anche in questo caso occorre fare principalmente riferimento al Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) del bacino unico regionale.

Nel PAI, la pericolosità geologica (Hg) indica le frane attive e i fenomeni di instabilità in atto come situazioni a intensità molto elevata (Hg4), mentre le situazioni con frane di crollo/scorrimento quiescenti corrispondono alla classe di pericolosità elevata (Hg3), in quanto i fenomeni franosi quiescenti possono essere riattivati naturalmente. Le frane stabilizzate o non attive, generalmente attribuite alla classe di pericolosità media (Hg2), possono essere riattivate per lo più con interventi antropici incauti.

Gli scenari di riferimento per il rischio da frana (ma anche idraulico) si rappresentano come scenari “statici”, mentre gli eventi possono manifestarsi secondo una gradualità di scenari corrispondenti a livelli di criticità crescenti, oppure possono manifestarsi in condizioni critiche che non sono previste negli scenari di riferimento succitati e, in tal senso, occorre contestualizzare con sufficiente dettaglio le situazioni locali.

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Si sottolinea inoltre che le aree a rischio a cui far riferimento nella pianificazione non possono essere solo quelle identificate dai Piani di Assetto idrogeologico (PAI) e nei Piani di gestione del Rischio di alluvione (PGRA), come hanno peraltro evidenziato gli eventi più recenti, ma è necessario procedere ad un’analisi, ancorché speditiva, dei punti critici sul territorio comunale.

Laddove siano individuate o presenti situazioni di rischio e/o pericolosità non previste dai rispettivi PAI, PSFF e PRGA, o altra documentazione ufficiale, occorre procedere all’integrazione dei nuovi scenari nell’ambito delle attività di pianificazione comunale/intercomunale, estese a tutto il territorio di competenza.

A tal fine, per determinare il rischio effettivo secondo le indicazioni fornite dalle presenti linee guida, le eventuali nuove individuazioni di aree interessate da eventi tali da minacciare l'integrità della vita, strutture e infrastrutture, è opportuno rappresentare all'Autorità di Bacino le proposte di aggiornamento mediante appositi studi.

3.3.3 – La pericolosità nel rischio incendi boschivi e di interfaccia Anche per il rischio incendi boschivi e di interfaccia, al fine di individuare lo scenario di rischio, è necessario definire preliminarmente lo scenario del danno atteso attraverso la perimetrazione delle aree ad elevata pericolosità.

Al fine di definire gli scenari di rischio incendi, occorre fare riferimento alla carta della pericolosità elaborata e definita nel Piano Regionale Antincendi (PRAI), messa a disposizione in formato digitale (raster o shapefile) dalla Direzione Generale della Protezione Civile a ciascun Comune che ne faccia richiesta.

La pericolosità viene calcolata, sull’intero territorio comunale, mediante l’utilizzo di fonti cartografiche relative all'uso e alla copertura del suolo, predisposte a livello regionale (RAS - CORINE Land Cover, agg. 2008).

La pericolosità è il risultato della somma dei seguenti parametri: combustibilità della vegetazione, pendenza, esposizione, altimetria, rete stradale, centri abitati, aree recentemente percorse dal fuoco e densità dei punti di insorgenza degli incendi.

Si evidenzia che la carta della pericolosità fornita dalla Regione Sardegna è rappresentata da quadrati di un ettaro, classificati in quattro classi di pericolosità, come specificato nella seguente tabella.

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3.4 – VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITA’ E PESI DI ATTRIBUIRE Ai fini del calcolo della “Vulnerabilità”, nell’ambito del territorio comunale, devono essere presi in esame tutti gli “Esposti” che si ritiene possano essere coinvolti e interessati da fenomeni meteorologici particolarmente intensi (comprese le nevicate) e/o da eventi calamitosi di tipo idraulico e idrogeologico o da incendi.

In un'area vulnerabile devono essere identificati gli elementi a rischio, cioè le persone ed i beni che possono subire danni quando si verifica un evento, misurandoli in modo diverso a seconda della loro natura. Ad esempio, il numero di persone a rischio o l'ammontare del valore economico dei beni monetizzabili presenti nell'area vulnerabile o il numero di beni che appartengono alle categorie di beni ambientali, storici o culturali di rilevante interesse, per i quali non è accettabile o possibile la monetizzazione.

Quando si verifica un evento, ciascun elemento a rischio può riportare un danno maggiore o minore in base alla propria capacità di sopportare tale evento. La vulnerabilità esprime l’attitudine dell’elemento a rischio a subire danni per effetto dell'evento.

3.4.1 – La vulnerabilità nel rischio idraulico (piena) e idrogeologico (frana) Nel caso di fenomeni alluvionali e/o franosi, ai fini pratici, la vulnerabilità viene valutata in termini di potenzialità delle aree e delle strutture ad essere compromesse da fenomeni di tipo idraulico e idrogeologico (geomorfologico), con danni alle persone ed ai beni, stimabili in seguito all’individuazione e alla mappatura degli esposti.

La vulnerabilità è valutata attribuendo un peso a ciascun “Esposto” presente nel territorio e compreso nelle perimetrazioni delle aree con pericolo di alluvione e/o frana individuate dal Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF), Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni (PRGA) oppure compreso all’interno di ulteriori perimetrazioni di maggior dettaglio individuate dal Comune ancorché non contemplate nei Piani regionali.

La vulnerabilità dipende dai seguenti fattori: la sensibilità, la tipologia dell’edificato e la viabilità.

La sensibilità rappresenta la capacità dell’evento calamitoso di causare danni più o meno rilevanti alle persone, alle strutture, alle attività produttive, etc.. Si determina assegnando un peso pari a 10 per le strutture più vulnerabili in termini di tutela e incolumità della vita, e valori progressivamente inferiori (sino a 1) per gli altri esposti presenti nel territorio con maggiore grado di tutela anche in presenza di persone.

La tipologia dell’edificato rappresenta le caratteristiche strutturali e la distribuzione plano- volumetrica che condizionano la capacità delle strutture/edifici di tutelare le persone in caso di eventi. Viene calcolata assegnando un peso compreso da 1 a 10. Si attribuisce un valore basso agli edifici maggiormente

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale protettivi e via via più elevato agli edifici meno protettivi, in relazione alla presenza di seminterrati abitati, strutture con un solo piano terra, etc.

La viabilità rappresenta la possibilità di abbandono dei luoghi da parte della popolazione presente in una determinata struttura esposta, ma anche la possibilità di raggiungimento degli stessi luoghi da parte dei mezzi di soccorso. Viene calcolata assegnando un peso compreso da 1 a 10. Si attribuisce il valore 1 alle aree maggiormente accessibili, in relazione alla disponibilità di vie di fuga, e valori progressivamente crescenti per le aree caratterizzate da una scarsa rete viaria.

3.4.1 – La vulnerabilità nel rischio incendi Nel caso degli incendi viene effettuata l’individuazione e la mappatura degli “esposti” e la vulnerabilità si valuta procedendo in modo speditivo attribuendo un peso a ciascun esposto presente sulla base dei seguenti fattori: la sensibilità, l’incendiabilità e la viabilità (presenza di una o più vie di fuga).

La sensibilità rappresenta la capacità dell’incendio di causare danni più o meno rilevanti alle persone, alle strutture, alle attività produttive, etc. Si determina assegnando un peso pari a 10 per le strutture considerate a maggior rischio ai fini della tutela e della incolumità della vita, e valori progressivamente inferiori (sino a 1) per gli altri esposti presenti nel territorio dotati di una maggiore capacità di tutela, anche in presenza di persone.

L’indice di incendiabilità rappresenta il grado di combustibilità più o meno rilevante di una struttura esposta al passaggio di un incendio. Viene misurato attraverso la quantità di materiali combustibili utilizzati (o stimabili) nella stessa struttura. Pertanto, in relazione ai materiali costruttivi, si attribuisce un peso compreso da 1 a 10, assegnando il valore pari a 1 per strutture realizzate con materiali non facilmente infiammabili e il valore massimo di 10 per strutture interamente realizzate in legno o altri materiali facilmente infiammabili. Sono inoltre da prendere in considerazione anche i materiali (beni, merci, prodotti, etc.) potenzialmente presenti all’interno della struttura (es. depositi di materiali infiammabili, derrate agricole, etc.). La viabilità rappresenta la possibilità di abbandono (via di fuga) dei luoghi da parte della popolazione presente in una determinata struttura, esposta al passaggio di un incendio, ma anche la possibilità di raggiungimento degli stessi luoghi da parte dei mezzi di soccorso. Viene calcolata assegnando un peso compreso da 1 a 10. Si attribuisce il valore pari a 1 alle aree maggiormente accessibili, in relazione alla disponibilità di vie di fuga, e valori progressivamente crescenti per le aree caratterizzate da una scarsa rete viaria.

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3.5 – VALUTAZIONE DEGLI ESPOSTI Per il calcolo del rischio, oltre alla vulnerabilità dei luoghi e dei manufatti, è necessario provvedere ad una ulteriore valutazione intrinseca dei medesimi luoghi e manufatti, basata soprattutto sull’intensità di persone presenti e/o sul valore economico dei beni.

Sono da considerarsi “Esposti” (elementi a rischio) le persone, gli agglomerati urbani comprese le zone di espansione urbanistica, le aree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio ai sensi di legge, le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale, il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante, le aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie.

L’acquisizione dei dati, in parte conseguita con la valutazione della vulnerabilità, consente di individuare e mappare le seguenti macro-categorie:

1. Zone urbanizzate (agglomerati urbani, nuclei abitati con edificazione diffusa e sparsa, zone di espansione, aree commerciali e produttive, aree destinate a sagre e fiere, etc.) con indicazione sul numero di abitanti potenzialmente interessati da possibili eventi calamitosi. 2. Strutture Strategiche (ospedali e centri di cura pubblici e privati, centri di attività collettive civili, sedi di centri civici, centri di attività collettive militari, etc.). 3. Infrastrutture strategiche e principali (linee elettriche, metanodotti, oleodotti, gasdotti e acquedotti, vie di comunicazione di rilevanza strategica sia carrabili che ferrate, porti e aeroporti, invasi idroelettrici, grandi dighe, etc.). Per le strade carrabili andranno riportate almeno tre tipologie: strade di grande comunicazione e le strade di interesse regionale, tralasciando i tratti, anche asfaltati, di interesse locale. 4. Beni ambientali, storici e culturali di rilevante interesse (aree naturali, aree boscate, aree protette e vincolate, spiagge, aree turistico-ricettive, aree di vincolo paesaggistico, aree di interesse storico e culturale, zone archeologiche di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – MIBAC; aree Protette Nazionali e Regionali di cui alla Legge Quadro 394/91 e Siti della Rete Natura 2000 (SIC, ZSC e ZPS) di cui alle Direttive 92/43/CEE “Habitat” e 2009/147/CE, ex 79/409/CEE “Uccelli”). 5. Distribuzione e tipologia delle attività economiche insistenti sull’area potenzialmente interessata. 6. Zone interessate da insediamenti produttivi o impianti tecnologici, potenzialmente pericolosi dal punto di vista ambientale (ai sensi del D.Lgs. 26 giugno 2015 n. 105), zone estrattive, discariche, depuratori, inceneritori – e aree protette potenzialmente interessate; Le sei macro-categorie indicate risultano quelle minime indispensabili per la definizione degli esposti e sicuramente deducibili attraverso un’analisi di primo livello, così come sopra indicato, e garantisce una copertura omogenea sul territorio comunale/intercomunale.

E’ utile sottolineare che, laddove le informazioni a disposizione lo consentano, è possibile suddividere gli “Esposti” (elementi a rischio) in specifici sottoinsiemi di maggior dettaglio e applicarvi procedure di

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale valutazione più avanzate. La conoscenza e classificazione degli elementi esposti può avvenire attraverso l’utilizzo di una serie di strati informativi il cui livello di dettaglio risulta sempre crescente: • dati del progetto “CORINE LAND COVER”; • dati da GEOPORTALE REGIONALE; • dati da CARTOGRAFIA I.G.M.I.; • dati da censimenti ISTAT; • dati ricavabili dalle mappe contenute negli STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE VIGENTI; • dati provenienti dalle CARTE TECNICHE REGIONALI; • dati provenienti da SPECIFICI RILIEVI AEROFOTOGRAMMETRICI; • dati provenienti da INDAGINI DI CAMPO.

In seguito all’indagine conoscitiva e alla classificazione, il valore potenziale dell’esposto deve essere valutato in funzione sia del numero di soggetti coinvolti che del valore intrinseco dei beni, assegnando allo stesso un peso da 1 a 10 direttamente proporzionale al valore del danno totale o parziale derivante dal verificarsi dell’evento.

3.6 – VALUTAZIONE DEL RISCHIO Individuati gli esposti ricadenti nell’intero territorio comunale e il loro valore, il rischio (R) legato a fenomeni calamitosi è il risultato del prodotto della pericolosità (P) per la vulnerabilità (V) e per gli esposti (E), che scaturisce dal prodotto dei fattori precedentemente indicati, e varia da un valore nominale minimo di 3 ad un massimo 1200, valori che rappresentano rispettivamente la situazione a minore e maggiore rischio. Saranno, infine, individuate 4 Classi secondo il valore nominale di rischio attribuito dalla metodologia sopra descritta al fine di definire la mappatura dell’intero territorio comunale, distinta per livello di rischio, come specificato nella seguente tabella con l’utilizzo dei seguenti cromatismi:

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4 – STRUTTURA ORGANIZZATIVA Per poter affrontare tutte le attività di protezione civile, di prevenzione e di soccorso, è indispensabile che l’Amministrazione Comunale di URAS sia dotata di una propria struttura di protezione civile. Tale struttura deve rifarsi, nel momento dell’intervento in caso di evento calamitoso, ad un determinato modello organizzativo, adeguato alle specifiche esigenze del territorio ed alla particolarità dell’evento previsto o in atto, definito in funzione delle effettive risorse locali di protezione civile, delle caratteristiche del sistema antropico e naturale, della sua vulnerabilità, delle condizioni di rischio potenziale dell’area considerata.

4.1 – IL PRESIDIO TERRITORIALE I presidi territoriali sono le strutture operanti nel territorio della Regione che, in relazione ai diversi livelli di criticità prevista, svolgono le attività di ricognizione e di sopralluogo delle aree esposte a rischio, attivando il monitoraggio osservativo in punti critici stabiliti a livello regionale e locale. Nei suddetti punti sono osservate: l’eventuale presenza di materiale ingombrante nel letto dei fiumi o nella luce dei ponti, i danni evidenti ad arginature, le aree inondate, il livello del corso d’acqua rispetto alla quota superiore degli argini, l’occlusione della luce di un ponte (presidio territoriale idraulico), i manifesti movimenti franosi quali i crolli di materiale, gli alberi inclinati, la caduta di massi o le colate detritiche sulla rete viaria (presidio territoriale idrogeologico), etc. In particolare, il Presidio Territoriale è articolato sia ad un livello regionale, le cui attività sono disciplinate dal Manuale Operativo delle allerte per il rischio meteorologico, idrogeologico e idraulico e dal Piano Regionale di Previsione, Prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, sia ad un livello locale le cui funzioni e compiti sono disciplinate dalla pianificazione comunale. Il Presidio Territoriale locale è svolto dalle strutture operative comunali, opportunamente individuate, ed è finalizzato al monitoraggio e al presidio dei punti critici individuati esclusivamente nella pianificazione comunale di emergenza (a titolo di esempio: attraversamenti, canali arginati o tombati, etc.), al fine di garantire l’attività di ricognizione e sopralluogo delle aree esposte al rischio, soprattutto molto elevato. A tale Presidio, oltre ai dipendenti e alle strutture operative comunali e alle compagnie barracellari, possono concorrere, previo specifici accordi, le strutture operative provinciali, le organizzazioni di volontariato di protezione civile e gli ordini professionali che hanno già sottoscritto apposita convenzione con la protezione civile regionale (Direzione generale della protezione civile). Per le attività di presidio territoriale locale, è necessario che i piani di protezione civile comunale e intercomunale riportino gli eventuali accordi con i soggetti che concorrono al presidio stesso con indicazione

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale delle attività garantite da ciascuno dei soggetti, i punti critici individuati e le modalità di svolgimento del monitoraggio osservativo. L’azione del presidio territoriale locale, è coordinata dal Sindaco del Comune o da un delegato e/o dal Responsabile di protezione civile, se individuato, e/o dal COC, se attivato.

4.2 – SISTEMA DI COMANDO E CONTROLLO La procedura di attivazione del sistema di comando e controllo è finalizzata a disciplinare il flusso delle informazioni nell’ambito del complesso sistema di risposta di protezione civile, garantendo che i diversi livelli di responsabilità abbiano tempestivamente le informazioni necessarie per poter attivare le misure per la salvaguardia della popolazione e dei beni esposti. A tal fine è necessario che il Piano definisca un sistema di procedure attraverso il quale il Sindaco, autorità comunale di protezione civile, in caso di un allertamento immediato, possa avvalersi di informazioni dettagliate e disponga l’immediato e tempestivo impiego di risorse, fornendo alle altre strutture operative - attive a livello provinciale e regionale – le informazioni utili per attivare le necessarie ed adeguate forme di concorso, nel principio della sussidiarietà. In riferimento alle normative vigenti ed allo schema nazionale di pianificazione denominato “Metodo Augustus", i Centri di Comando e Coordinamento sono i seguenti: • Livello nazionale: Direzione Comando e Controllo (DI.COMA.C.), rappresenta l’organo di coordinamento nazionale delle strutture di protezione civile nell’area interessata dall’evento; è istituito dal Dipartimento della Protezione Civile (DPC).

• Livello regionale: la Sala Operativa Regionale Integrata (SORI) e la Sala Operativa Unificata Permanente (SOUP), presso la Direzione generale della protezione civile; il Comitato Operativo Regionale quale organo di coordinamento strategico, presieduto dall'Assessore della Difesa dell'Ambiente, o da un suo delegato.

• Livello provinciale: il Centro Coordinamento Soccorsi (CCS), attivato dal Prefetto; Centri Operativi Misti (COM) ai quali è attribuito il coordinamento delle attività di un ambito territoriale sovracomunale; il COM può, in caso di formali intese, coincidere con il COI, se previsto dalle pianificazioni intercomunali.

• Livello Comunale: i Centri Operativi Comunali (COC) .

• Posto di Comando Avanzato (PCA): struttura mobile per il coordinamento locale delle attività di spegnimento degli incendi di interfaccia, o che evolvono in tale tipologia, costituito dal Sindaco, o suo delegato, da personale qualificato dei VVF e del CFVA.

4.3 – COORDINAMENTO OPERATIVO I Centri di Coordinamento si attivano sul territorio ai diversi livelli di responsabilità (comunale, intercomunale, provinciale, regionale e nazionale), sia per le fasi PREVISIONALI, in vigenza di “Allerte”

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale emanate dalla Direzione Generale della Protezione civile, che per la fase di “ALLARME”, al fine di garantire il coordinamento delle attività di soccorso, in relazione alla capacità di risposta del territorio interessato. Tali Centri, nei quali sono rappresentate le componenti e le strutture operative di cui alla legge 225/92 e s.m.i., si attivano secondo le indicazioni riportate nella direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2008 “Indirizzi Operativi per la Gestione dell’Emergenza”, che ha stabilito il modello organizzativo per la gestione dell’emergenza a cui si devono conformare tutte le amministrazioni. Negli eventi di tipo prevedibile, a seguito dell’emanazione dell’allerta, è il Sindaco o un delegato e/o il Responsabile di protezione civile, se individuato, a fare le prime valutazioni in merito all’attivazione del Presidio Territoriale locale per le attività di monitoraggio osservativo disciplinati dalla pianificazione. Anche negli eventi di tipo non prevedibile, deve essere garantita l’attivazione tempestiva dell’intera struttura operativa comunale/intercomunale. In funzione dell’intensità e dell’estensione dell’evento, sia previsto che in atto, nonché della capacità di risposta del sistema locale, per garantire il coordinamento delle attività di gestione dell’emergenza si attiveranno sul territorio, ai diversi livelli di responsabilità, i centri operativi e di coordinamento presso i quali sono rappresentate le componenti e le strutture operative del Servizio Nazionale della Protezione Civile. La prima risposta all’emergenza, qualunque sia la natura dell’evento che la genera e l’estensione dei suoi effetti, deve essere garantita dalla struttura locale (Comune di URAS), preferibilmente attraverso l’attivazione del Centro Operativo Comunale (COC), dove siano rappresentate le diverse componenti che operano nel contesto locale. Nel caso di più comuni associati, si attiva il Centro Operativo Intercomunale (COI). A livello provinciale, la Prefettura attiva il Centro di Coordinamento dei Soccorsi (CCS) nel quale sono rappresentati la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo, l’Amministrazione regionale e quella provinciale, oltre gli Enti, le Amministrazioni e le altre strutture operative, anche statali, funzionali alla gestione dell’emergenza. Presso il CCS viene assicurata la direzione unitaria degli interventi da coordinare con quelli realizzati dal Sindaco del Comune interessato. In relazione all’estensione dell’area interessata ed alla popolazione da assistere, per supportare l’attività dei Centri Operativi Comunali (COC) o Intercomunali (COI) e per raccordare gli interventi attuati a livello comunale con quelli dei centri provinciali (CCS), si attivano i Centri Operativi (COM). Il COM è la struttura che rende operative le linee strategiche definite dal CCS, attraverso il coordinamento delle risorse da impiegare negli ambiti comunali/intercomunali di riferimento (COC/COI). L’attivazione dei COM è di diversi livelli di responsabilità abbiano tempestivamente le informazioni necessarie per poter attivare le misure per la salvaguardia della popolazione e dei beni esposti.

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norma in capo all’Autorità responsabile del CCS e può coincidere con il COI. Al COM deve partecipare un delegato di ogni Comune interessato dall’evento. A livello regionale, la Sala Operativa Regionale Integrata (SORI) attiva H24, mantiene il raccordo con i Centri Operativi attivati a livello provinciale, intercomunale e comunale ed assicura l’impiego di tutte le risorse (regionali) in termini di uomini e mezzi disponibili sul territorio regionale, sulla base delle effettive esigenze ed istanze pervenute dagli Enti locali. La SORI, infine, mantiene uno stretto contatto con la Sala Situazioni Italia.

4.3.1 – Il Centro Operativo Comunale (COC) Al fine di assicurare la direzione dei servizi da attivare sia in fase preventiva che in fase di soccorso e di assistenza alla popolazione, il coordinamento operativo territoriale viene svolto tramite una struttura operativa chiamata Centro Operativo Comunale (COC), attivato e coordinato dal Sindaco, o suo delegato. Al COC afferiscono i livelli decisionali di tutta la struttura comunale, supportate dall'attivazione di Funzioni di Supporto che si identificano essenzialmente con soggetti responsabili per specifici ambiti di attività.

Tali Funzioni di Supporto potranno essere attivate tutte o solo in parte, in ragione delle necessità dettate dall’evento atteso e/o in atto e in relazione alle risorse disponibili. Per i periodi di vigenza degli “Avvisi di allerta per rischio idrogeologico” con allerta arancione o rossa e di “Bollettino di previsione di pericolo di incendio” con allerta rossa, il COC deve essere attivato almeno nella funzione minima.

Nei piccoli Comuni, in relazione alla loro ridotta disponibilità di risorse umane, le funzioni di supporto potranno essere accorpate e coordinate da un unico funzionario, anche se per oggettive ragioni di risposta operativa è bene conservare la gestione delle loro attività separate.

Il COC coordina le operazioni di soccorso nel territorio comunale di competenza e si raccorda con le altre strutture operative (CCS, COM se attivi e SORI).

Il COC deve essere situato in strutture individuate sulla base di alcuni requisiti fondamentali: • poco vulnerabili rispetto ai rischi del territorio; • buona accessibilità tramite le vie di comunicazione principali e disponibilità di parcheggi; • spazi adeguati ad ospitare le funzioni di supporto, le riunioni e le comunicazioni via radio.

Palazzo Comunale Tel. 0783.87891 Via E. d’Arborea, 86 Struttura Pubblica Sede del COC Fax 0783.89423

Nell’ambito delle attività di prevenzione inerenti il sistema di allertamento regionale e nazionale, il Comune deve garantire il servizio di reperibilità H24 e la ricezione e trasmissione di informazioni ed avvisi inerenti le attività di protezione civile.

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Gli scopi fondamentali del COC sono i seguenti: • garantire la costante e continua reperibilità del sistema di protezione civile comunale; • garantire il flusso informativo e il collegamento con le componenti del presidio territoriale locale e le strutture sovraordinate; • garantire la possibilità di costante collegamento con i sistemi radio ricetrasmittenti, sia istituzionali che amatoriali; • garantire l’attivazione delle necessarie funzioni di supporto.

Dell’avvenuta attivazione del COC, il Comune informa la sala SORI tramite il Sistema Informativo di Protezione Civile regionale (SIPC), utilizzando la funzione “Crea Evento” per la creazione della “Scheda Evento” tipologia “Attivazione COC/COI”. La scheda va compilata con l’inserimento di tutte le azioni messe in atto. Qualora sia ritenuto necessario fare richiesta di soccorso regionale e nei casi di eventuali operazioni di evacuazione di zone a rischio (ancorché ritenute gestibili dal sistema di soccorso locale) il Comune deve informare telefonicamente la sala SORI e contestualmente attivare la “Richiesta Interesse Regionale” all’interno della scheda. Nella rubrica telefonica del Comune vanno indicati i recapiti della Sala Operativa Regionale Integrata (SORI)e della Sala Operativa Unificata Permanente (SOUP) che sono 070/7788001-2, sottolineando che tali utenze non sono rivolte ai cittadini, ma riservate al Comune e a tutte le altre Istituzioni, per eventuali richieste di supporto e/o necessità attinenti attività di protezione civile.

4.3.2 – Il Posto di Comando Avanzato (PCA) Nel caso di incendio che interessa zone caratterizzate da situazioni tipiche di interfaccia e che, per estensione e/o pericolosità, minaccia di propagarsi all’interno di nuclei abitati ed assume particolare gravità o complessità tali da richiedere il contemporaneo intervento sia del CFVA che dei VVF, le strutture operative di competenza stabiliscono l’eventuale opportunità di attivare il Posto di Comando Avanzato (PCA).

Il PCA, nell’ambito della gestione dell’evento, garantisce il coordinamento locale delle attività ed è composto da personale qualificato del CFVA e dei VVF, dal Sindaco del Comune di URAS o da un suo delegato. Le componenti del PCA, secondo le rispettive competenze e d’intesa reciproca, dispongono lo schieramento delle forze e le azioni per la gestione dell’evento, come previsto nella pianificazione regionale antincendi vigente.

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5 – SISTEMA DI ALLERTAMENTO

5.1 – SISTEMA DI ALLERTAMENTO REGIONALE Per la tipologia dei rischi considerati, le attività di previsione dei fenomeni meteo consentono di poter comprendere quali sono gli eventi attesi (alluvioni, frane, incendi, nevicate, etc.), in particolar modo quelli dovuti ad eventi meteorologici estremi. Ciò consente di predisporre tutte le attività che possono evitare o ridurre al minimo i danni per le persone e i beni.

Il sistema di allertamento regionale, garantisce attraverso il Centro Funzionale Decentrato (CFD) attivo dal 1° gennaio 2015, lo svolgimento delle funzioni relative alla fase di previsione ed alla fase di monitoraggio e sorveglianza secondo quanto previsto dalla D.P.C.M. del 27/2/2004 e s.m.i., nell'ambito della Rete Nazionale dei Centri Funzionali. Nella Regione Sardegna, lo schema organizzativo del Centro Funzionale Decentrato è stato delineato nell’allegato alla DGR n. 44/24 del 7/11/2014, che definisce anche le modalità di interazione tra il CFD, il Dipartimento Specialistico Meteoclimatico (DMC) dell’ARPAS quale Centro di Competenza.

Il CFD opera, secondo quanto previsto nell'organigramma delineato nel Decreto dell'Assessore dell'Ambiente n. 5034/14 del 5 marzo 2015, anche in relazione al rischio incendi boschivi.

Il CFD è allocato presso la Direzione generale della Protezione civile e si occupa, in fase previsionale, della diramazione e pubblicazione sul sito internet istituzionale dei seguenti prodotti: • Bollettino di Vigilanza Meteorologica Regionale (Bollettino di Vigilanza), contenente una sintesi delle previsioni regionali a scala sinottica; • Avviso di Condizioni Meteorologiche Avverse (Avviso Meteo) emesso prima di possibili fenomeni meteorologici di particolare rilevanza (vento forte, neve a bassa quota, temporali di forte intensità, piogge diffuse e persistenti, mareggiate etc.). • Avviso di Allerta per Rischio Idrogeologico (Bollettino di Criticità), emesso a seguito di un Avviso Meteo e prima del possibile manifestarsi di criticità. • Bollettino di Previsione di Pericolo di Incendi, emesso quotidianamente dal 1 giugno al 31 di ottobre, al fine di indicare la probabilità che eventuali incendi possano propagarsi più o meno rapidamente in un determinato territorio. Tutti gli Avvisi sono pubblicati nella sezione “Bollettini e avvisi” del sito istituzionale della Protezione Civile della Regione Sardegna. Nel caso in cui l'Avviso meteo non comporti l'emissione di un Avviso di criticità (poiché relativo a vento forte, neve a bassa quota, mareggiate etc.), il CFD invia un sms ed una mail contenente l'Avviso a tutti i soggetti indicati nel Manuale Operativo.

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5.2 – SISTEMA DI ALLERTAMENTO LOCALE Il Piano deve prevedere le modalità con le quali il Comune garantisce i collegamenti con la Regione, per la ricezione e la tempestiva presa in visione dei bollettini e degli avvisi di allertamento.

Le diverse fasi previsionali dell’evento atteso sono attivate secondo precisi criteri che mettono in relazione i livelli di criticità con i livelli di allerta, che determinano la messa in atto di azioni di contrasto secondo un predefinito modello di intervento.

A seguito dell’emanazione dell’allerta e per tutto il periodo di vigenza, il Sindaco o un delegato e/o il Responsabile di protezione civile, se individuato, procede alle prime valutazioni in merito all’attivazione del Presidio Territoriale locale per le attività di monitoraggio osservativo e sorveglianza dei punti critici individuati dalla pianificazione comunale.

Negli eventi di tipo non prevedibile, o in caso di evento improvviso, deve essere garantita l’attivazione tempestiva dell’intera struttura operativa comunale.

5.3 – LIVELLI DI ALLERTA E FASI OPERATIVE La codifica delle azioni da intraprendere in occasione di un evento emergenziale ad opera di tutti gli organismi coinvolti a vario titolo nelle attività di Protezione Civile deve essere definita in funzione sia della natura dell’evento (idrogeologico, incendi di interfaccia, etc.) sia dell’intensità e della portata dello stesso.

Il raggiungimento di un livello di criticità per evento previsto e/o in atto determina l’emissione di un opportuno avviso di allerta.

A ciascun livello di allerta corrisponde una specifica fase operativa (fase di attenzione, preallarme e allarme) che, secondo i diversi livelli territoriali di competenza, prevede l'attivazione di azioni di Protezione Civile.

La Direzione generale della Protezione civile dirama l’allerta sul territorio regionale, e comunica la fase operativa attivata. La correlazione tra fase operativa e allerta non è automatica, ma deve essere dichiarata dai soggetti responsabili delle pianificazioni e delle procedure ai diversi livelli territoriali, anche sulla base della situazione contingente. L'inizio e la cessazione di ogni fase vengono stabilite dal Sindaco o da un suo delegato, sulla base della valutazione dei dati e delle informazioni trasmesse dagli enti e dalle strutture incaricati delle previsioni, del monitoraggio e della vigilanza del territorio, e vengono comunicate agli Organismi di Protezione Civile territorialmente interessati.

Nel caso di eventi con possibilità di preannuncio (alluvioni, eventi meteorologici pericolosi, incendi boschivi limitatamente alla fase di attenzione) il modello di intervento prevede una sequenza di livelli di

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale allerta differenziata a seconda del tipo di rischio, cosi come più avanti specificato, evidenziando in ogni caso che ad un livello di allerta giallo/arancione si prevede l’attivazione diretta almeno della fase di “Attenzione” e in caso di allerta rossa almeno l’attivazione della fase di “Preallarme”. A ciascuna delle suddette fasi operative è, pertanto, associabile un incremento dell’intensità del fenomeno, in termini di pericolosità e di potenzialità di danno, e conseguentemente un incremento delle misure operative da mettere in atto.

Nel caso in cui il fenomeno non previsto si verifichi in maniera improvvisa con coinvolgimento della popolazione, si attiva direttamente la fase di allarme con l’esecuzione della procedura di soccorso ed evacuazione (se necessaria) a seconda della tipologia dell’edificato e del rischio considerato.

Pertanto, il Piano comunale , per ciascuna tipologia di rischio, deve riportare quali sono gli indicatori di evento cui corrispondono i diversi livelli di allerta: “Attenzione” (allerta gialla o arancione), “Preallarme” (allerta rossa) e “Allarme” (quest’ultimo da intendersi come evento in atto). A ciascun livello di allerta deve corrispondere una fase operativa che rappresenta l'insieme delle azioni svolte dalle singole componenti del sistema locale di protezione civile durante un determinato momento. Il Sindaco può predisporre in tempo reale tutte le attivazioni operative in base al livello di allerta dato per l'evento, prima che quest'ultimo si manifesti. Tramite il proprio Centro Operativo Comunale (COC) (composto dai responsabili delle Funzioni di Supporto) il Sindaco può organizzare la prima risposta operativa di protezione civile, mantenendo un costante collegamento con tutti gli Enti preposti al monitoraggio per l'evento atteso sul proprio territorio.

5.3.1 – Rischio idraulico e idrogeologico

Per definire le fasi operative per il rischio idraulico e idrogeologico occorre stabilire il collegamento tra grado di criticità, livello di allerta e fase operativa.

Al raggiungimento di un grado di criticità per evento previsto corrisponde in maniera biunivoca uno specifico livello di allerta, a cui è associato un codice colore (fase previsionale).

A ciascun livello di allerta corrisponde una fase operativa intesa come la sintesi delle azioni da mettere in campo da parte di ciascun soggetto, secondo i diversi livelli di competenza, anche in virtù di quanto previsto negli atti di pianificazione di riferimento.

Si ribadiscono le attivazioni minime della Fase di “Attenzione” per allerta gialla/arancione e della Fase di “Preallarme” in caso di allerta rossa.

In fase previsionale i livelli di allerta e le relative fasi operative sono così articolate:

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A queste fasi operative si aggiunge la fase di “Allarme”, che si attiva qualora l’evento si manifesta in maniera improvvisa e prevede la piena operatività del sistema comunale di protezione civile, sia in previsione di evento che di evento in atto, in stretto raccordo con gli altri centri operativi attivati. Il passaggio da una fase operativa alla successiva ed il relativo rientro devono essere aderenti alle decisioni dell’Autorità competente, secondo il proprio modello di intervento. Tali decisioni sono conseguenti ad una valutazione dell’evoluzione locale della situazione. Nel caso di presenza di cantieri di lavoro o di opere di difesa parzialmente danneggiate o, comunque, di una temporanea alterazione dello stato dei luoghi che possa modificarne la pericolosità, l’attivazione dei livelli di allerta e delle conseguenti fasi operative, da parte dell’autorità comunale di protezione civile, deve essere attuata, per i medesimi luoghi, con un livello di allerta maggiore rispetto a quelli contenuti nell’Avviso di criticità emesso da parte del CFD. Tale previsione di variazione del livello di allerta locale deve essere opportunamente previsto nella pianificazione comunale. L’avviso di allerta viene pubblicato quotidianamente nel sito istituzionale della Protezione Civile Regionale http://www.sardegnaprotezionecivile.it/. L’avviso, per ciascun livello di allerta, descrive tre tipologie di informazione: • la possibile fenomenologia attesa in caso di evento alluvionale o franoso; • le azioni di prevenzione da intraprendere per ridurre il rischio; • il livello di schieramento ed impiego delle forze di lotta attiva, adeguato al grado di criticità. Nell’ambito del presente Piano Comunale vengono definiti i Modelli di Intervento basati sulla previsione giornaliera del livello di allerta emanato dal Centro Funzionale Decentrato, in conformità ai vari livelli di allerta: FASE DI ATTENZIONE Nell’attività previsionale, la fase di attenzione coincide con le giornate in cui viene emanato il livello di allerta gialla/arancione. Questa fase è caratterizzata dall’attivazione del flusso di informazioni con la SORI, la Provincia e la Prefettura a seguito della ricezione del messaggio di allertamento, dalla verifica della reperibilità dei componenti del COC e del restante personale coinvolto nella eventuale gestione delle attività di monitoraggio dei punti critici del territorio di competenza. Viene valutata l’opportunità di attivare il Presidio territoriale locale, ove costituito. Deve essere verificata la funzionalità e l'efficienza dei sistemi di telecomunicazione sia con le altre componenti del sistema della Protezione Civile sia interni al Comune. Deve essere garantito il flusso di informazioni e i contatti con la Prefettura, la Provincia, la SORI, i Comuni limitrofi e con le strutture operative locali di Protezione Civile. L’attivazione della fase operativa deve essere comunicata alla popolazione dando informazione sui principali comportamenti di prevenzione e di autoprotezione, utilizzando le modalità definite nella stessa pianificazione comunale e/o intercomunale. Devono essere segnalate prontamente alla

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Prefettura, alla Provincia e alla SORI, eventuali criticità rilevate nell'ambito dell'attività di presidio territoriale idrogeologico e idraulico locale.

FASE DI PREALLARME La Fase previsionale di preallarme si attiva direttamente a seguito della emanazione di livello di allerta rossa, e su valutazione per i livelli di allerta inferiori. Per l’intera durata dell’allerta va attivato il Centro Operativo Comunale (COC), almeno nelle funzioni di supporto minime ed essenziali. Il COC verifica la concreta disponibilità di personale per eventuali servizi di monitoraggio e presidio territoriale locale da attivare, in funzione della specificità del territorio e dell’evento atteso. L'attivazione del COC non deve essere comunicata a nessuna autorità ma si deve inserire sul Sistema Informativo di Protezione Civile regionale (SIPC). In questa fase operativa deve essere garantito il potenziamento delle strutture operative comunali, comprese le Organizzazioni di Volontariato che hanno sede operativa nel Comune, per l’intera durata dell’avviso di criticità o per l’evento in atto. Deve essere garantito il flusso di informazioni e i contatti con la Prefettura, la Provincia, la SORI, i Comuni limitrofi e con le strutture operative locali di Protezione Civile. Si deve segnalare prontamente alla Prefettura, alla Provincia e alla SORI, eventuali criticità rilevate nell'ambito dell'attività di presidio territoriale idrogeologico e idraulico locale. Si deve comunicare preventivamente ed adeguatamente alla popolazione e, in particolare, a coloro che vivono o svolgono attività nelle aree a rischio, l’evento previsto al fine di consentire l’adozione delle buone pratiche di comportamento e di autoprotezione. Inoltre in questa fase si deve prevedere la predisposizione delle misure di gestione di emergenza che potrà presentarsi ove i fenomeni e/o gli effetti evolvessero negativamente.

FASE DI ALLARME La fase di allarme, si attiva sia su valutazione per i diversi livelli di allerta a seguito dell’evoluzione negativa del livello di allerta inferitore, che direttamente qualora l’evento si manifesti in maniera improvvisa. In questa fase deve essere garantita la piena operatività del sistema comunale di protezione civile, in particolare quando l’evento (alluvionale o franoso) si verifica e interessa direttamente una zona ad elevata vulnerabilità, ed il COC deve essere attivato nel più breve tempo possibile, se non già attivato in fase previsionale di Preallarme, sino alla conclusione della fase emergenziale, al fine di consentire il coordinamento delle attività di competenza secondo quanto previsto dalla pianificazione Comunale, anche ai fini di una eventuale evacuazione o attività di assistenza alla popolazione. Il COC attiva le strutture operative comunali, comprese le Organizzazioni di Volontariato che hanno sede operativa nel Comune per l’intera durata dell’avviso di criticità o per l’evento in atto. Garantisce il flusso di informazioni e i contatti con la Prefettura, la Provincia, la SORI, i Comuni limitrofi e con le strutture operative locali di Protezione Civile. Se l’evento in atto non è fronteggiabile con le sole risorse comunali, informa tempestivamente la Prefettura, la Provincia e la SORI. Attiva o intensifica, se già in atto, le attività di presidio territoriale idraulico e idrogeologico locale e il controllo della rete stradale di competenza nelle località interessate dall'evento, tenendo costantemente informata la Prefettura per il tramite del CCS o del COM, se istituiti. Assicura l’adeguata e tempestiva informazione alla popolazione sull’evento in corso e sulla relativa messa in atto di norme di comportamento da adottare. Attiva lo sportello informativo comunale. Dispone l'eventuale chiusura al transito delle strade interessate dall’evento attivando i percorsi viari alternativi, con particolare attenzione all'afflusso dei soccorritori e all’evacuazione della popolazione colpita e/o a rischio, in coordinamento con gli altri enti competenti. In caso di necessità, appronta le aree di ammassamento e di accoglienza, assicurando l'assistenza immediata alla popolazione (ad esempio distribuzione di generi di primo conforto, pasti, servizi di mobilità alternativa, etc.). Il COC valuta la possibilità di utilizzo di strutture idonee a garantire l'assistenza abitativa alle eventuali persone evacuate con particolare riguardo a quelle destinate all'attività residenziale, alberghiera e turistica, provvedendo al censimento della popolazione evacuata.

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5.3.2 – Rischio incendi In Sardegna gli incendi rappresentano un fenomeno tipicamente stagionale estivo e ordinariamente, dal 1° giugno al 31 ottobre, su tutto il territorio regionale, vige lo “stato di elevato pericolo di incendio boschivo”, come disciplinato dalle Prescrizioni Regionali Antincendi. Nell’ambito di questo arco temporale, viene elaborato quotidianamente, a cura del Centro Funzionale Decentrato area Idro, il Bollettino di previsione di pericolo di incendio, che definisce in maniera biunivoca uno specifico livello di allerta al raggiungimento di un livello di pericolosità per evento previsto, a cui è associato un codice colore (fase previsionale) ed una determinata fase operativa, intesa come la sintesi delle azioni da mettere in campo da parte di ciascun soggetto. La previsione viene espressa su base provinciale ed è distinta in 4 livelli di pericolosità: Livello BASSO, Livello MEDIO, Livello ALTO, Livello ESTREMO, a cui corrisponde, in maniera univoca, un codice colore, come indicato in tabella:

Alle fasi operative succitate, si aggiunge la fase di “Allarme”, che si attiva sia al verificarsi di un incendio di interfaccia, che di un incendio boschivo che necessiti dell’intervento di mezzi aerei regionali e/o della flotta aerea dello Stato. Il bollettino di previsione della pericolosità viene pubblicato quotidianamente sul sito istituzionale della Protezione Civile Regionale http://www.sardegnaprotezionecivile.it/. Il bollettino, per ciascun livello di pericolosità, descrive tre tipologie di informazione: • la possibile fenomenologia attesa in caso di innesco; • le azioni di prevenzione da intraprendere per ridurre le possibilità di inneschi; • il livello di schieramento ed impiego delle forze di lotta attiva, adeguato al grado di pericolosità. Nell’ambito delle attività di pianificazione di protezione civile, codesto Piano Comunale definisce un Modello di Intervento basato sulla previsione giornaliera del livello di pericolosità effettuata dal Centro Funzionale Decentrato ed in conformità ai livelli di allerta:

FASE DI ATTENZIONE

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La fase di attenzione coincide con le giornate in cui viene emanato il bollettino di pericolosità media (Allerta Gialla) e/o alta (Allerta Arancione). In questa fase deve essere garantita la prontezza operativa dell’intera struttura di protezione civile comunale. Se necessario deve essere garantita l’attivazione delle strutture operative comunali e devono essere avviate le attività di prevenzione, con particolare riferimento alle attività di presidio e sorveglianza delle vie di comunicazione ad elevato rischio di incendio, secondo quanto previsto nella pianificazione comunale.

FASE DI PREALLARME In caso di emissione e pubblicazione del “Bollettino di Previsione di Pericolo di Incendio” con un livello di pericolosità estrema (Allerta Rossa), deve essere garantito il potenziamento delle strutture operative comunali e delle attività di prevenzione, con particolare riferimento alle attività di presidio e sorveglianza delle vie di comunicazione ad elevato rischio di incendio, secondo quanto previsto nella presente Piano Comunale. In questa fase deve essere attivato preventivamente il COC almeno nelle funzioni di supporto minime ed essenziali e devono essere potenziate le attività di prevenzione con presidio e monitoraggio del territorio considerato a rischio, secondo le attività previste nella pianificazione comunale e regionale. L’attivazione del COC/COI deve essere inserita nel Sistema Informativo (SIPC), con eventuale richiesta di interesse regionale, e comunicata telefonicamente al COP, alla SOUP e alla Prefettura di competenza. In questa fase deve essere garantito il flusso di informazioni e i contatti con la Prefettura e la SORI, i Comuni limitrofi e con le strutture operative locali di Protezione Civile. L’attivazione della fase operativa deve essere comunicata alla popolazione dando informazione sui principali comportamenti di prevenzione e di autoprotezione, utilizzando le modalità definite nella stessa pianificazione comunale e/o intercomunale. Devono essere segnalate prontamente alla Prefettura, alla Provincia e alla SORI, eventuali criticità rilevate nell'ambito dell'attività di presidio territoriale locale.

FASE DI ALLARME Si attiva al verificarsi di un incendio di interfaccia e/o di un incendio boschivo che necessiti dell’intervento di mezzi aerei, anche sulla base delle informazioni ricevute dalla Stazione Forestale del CFVA, dal COP competente e/o dalla SOUP, a prescindere dal livello di pericolosità previsto e anche al di fuori del periodo di elevato pericolo. In questa fase si attiva nel più breve tempo possibile il COC/COI, se non già attivo nella fase previsionale di Preallarme, per consentire il coordinamento delle attività di competenza. Devono essere avviate le attività di comunicazione alla popolazione esposta al rischio al fine di consentire l’adozione di buone pratiche di comportamento e autoprotezione e devono essere altresì garantite le eventuali attività di assistenza anche ai fini di una eventuale evacuazione della popolazione. L’attivazione del COC deve essere inserita nel Sistema Informativo (SIPC), con eventuale richiesta di interesse regionale, e comunicata telefonicamente al COP, alla SOUP e alla Prefettura di competenza. In caso di attivazione del Posto di Comando Avanzato (PCA) da parte dei Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale e di vigilanza ambientale, il Sindaco o suo delegato deve garantire la partecipazione alle attività di coordinamento. In merito all’evento in atto il COC valuta, in concorso con il CFVA e/o con i VVF, l’entità del rischio residuo e se sussistono le condizioni per dichiarare il cessato allarme, informandone la SOUP, la Prefettura e la popolazione attraverso le strutture operative, anche con l’impiego di veicoli dotati di idonei megafoni. Il COC dispone, in seguito al cessato allarme, la riapertura di eventuali cancelli presidiati, l’attivazione di soccorritori nei presidi e nelle aree di raccolta, in caso di evacuazione, per vigilare sul corretto rientro della popolazione, etc.

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6 – SISTEMA DI ALLERTAMENTO L’organizzazione di base per rendere efficaci e vitali tutte le componenti del sistema locale di protezione civile passa attraverso l’attivazione delle Funzioni di Supporto, così come previsto dal Metodo Augustus, che rappresenta una linea guida per la pianificazione di emergenza messa a punto, alla fine degli anni novanta, dal Dipartimento della Protezione Civile e del Ministero dell’Interno.

Nel linguaggio di Augustus tali funzioni sono dette appunto Funzioni di Supporto (9 per i Comuni e 14 a livello provinciale, più una di coordinamento).

Ogni Funzione di Supporto, verrà coordinata da un responsabile formalmente individuato in base alle competenze professionali, il quale dovrà pianificare preventivamente e organizzare le attività proprie della funzione. Le funzioni di supporto possono, a seconda delle esigenze contingenti, essere integrate e/o dettagliate rispetto al contesto di pianificazione e alle attività operative. Possono, inoltre, essere accorpate e coordinate da un unico responsabile. Sarà parimenti possibile, ad evento in corso, e sulla base di valutazioni correlate alla situazione determinata dall’emergenza attesa o in corso, l’attivazione di ulteriori Funzioni di Supporto non incluse nell’elenco sotto riportato. Inoltre, i soggetti aventi competenze diversificate e articolate di interesse di più funzioni, possono eventualmente garantire una Rappresentanza che possa assicurare il coordinamento, il raccordo e l’eventuale reciproco sostegno tra le attività d’Istituto poste in essere sul territorio interessato dall’evento emergenziale e quelle di pertinenza del centro di coordinamento. Le Funzioni di Supporto individuate, precedute dalla lettera F e da un numero progressivo, sono le seguenti: • F1 – Funzione tecnico-scientifica e pianificazione; • F2 – Funzione sanità, assistenza sociale e veterinaria; • F3 – Funzione volontariato; • F4 – Funzione materiali e mezzi; • F5 – Funzioni servizi essenziali e attività scolastica; • F6 – Funzione censimento danni a persone e cose; • F7 – Funzione viabilità, attività aeree e marittime; • F8 – Funzione telecomunicazioni; • F9 – Funzione assistenza alla popolazione; • F10 – Funzione di coordinamento.

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6.1 – FUNZIONI DI SUPPORTO – ASSEGNAZIONE FUNZIONI Le Funzioni di Supporto rappresentano i vari tasselli in cui il sistema “gestione emergenze” si fraziona. Ciascuna funzione di supporto ha uno specifico settore di competenza, con un referente che assume il ruolo di responsabile e coordinatore di quella funzione a seguito della nomina da parte del Sindaco.

Le funzioni di supporto previste, sono le seguenti:

 Funzione 1 – Tecnica e di Pianificazione Referente: Responsabile Settore Tecnico  Funzione 2 – Sanità, assistenza sociale e veterinaria Referente: Resp. Settore Socio-culturale  Funzione 3 - Volontariato Referente: Responsabile Settore Tecnico  Funzione 4 - Materiali e mezzi Referente: Responsabile Settore Tecnico Funzione 5 - Servizi essenziali e attività scolastica - Telecomunicazioni Referente: Resp. Settore Socio-culturale  Funzione 6 - Censimento danni a persone e cose Referente: Resp. Settore Amministrativo  Funzione 7 - Strutture operative locali, viabilità Referente: Comandante Polizia Municipale  Funzione 8 - Assistenza alla popolazione Referente: Resp. Settore Socio-culturale  Funzione 9 – Mass media ed informazione Referente: Resp. Settore Amministrativo

Di seguito si riporta l’elenco delle funzioni di supporto e, in termini generali, degli obiettivi, delle strutture e delle attività ordinarie e di quelle in emergenza, in capo alle stesse.

F1 - Funzione tecnico-scientifica e pianificazione Tratta le tematiche del rischio connesso all’emergenza ed i relativi effetti indotti e degli altri rischi indotti. Raccoglie e valuta le informazioni sull’evento in atto, fornendo il supporto tecnico. Mantiene i rapporti con gli ordini professionali e i centri di ricerca scientifica per rafforzare la presenza sul territorio di tecnici professionisti per le attività di competenza della funzione stessa. Fornisce il collegamento e il raccordo tra il COC, la Funzione censimento danni a persone e cose e le strutture deputate alla gestione delle emergenze del Ministero dei beni e delle attività culturali, sia a livello centrale sia periferico,

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale per le attività di censimento, di rilievo del danno e di messa in sicurezza ed eventuale allontanamento e ricollocazione dei beni culturali presenti nell’area dell’evento.

F2 – Funzione sanità, assistenza sociale e veterinaria Assicura il necessario raccordo con le strutture del Servizio Sanitario Regionale competenti per territorio e con le altre strutture operative presenti, per attuare gli interventi sanitari connessi all’evento: soccorso sanitario urgente, assistenza sanitaria, socio sanitaria, psicosociale, sanità pubblica e prevenzione e veterinaria.

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F3 – Funzione volontariato Assicura il coordinamento delle risorse delle Organizzazioni di Volontariato di protezione civile locali. Delinea ed aggiorna il quadro delle forze di volontariato in campo in termini di risorse umane, logistiche e tecnologiche impiegate. Inoltre, anche sulla base delle esigenze rappresentate dalle altre funzioni di supporto, concorre alla definizione e al soddisfacimento delle eventuali necessità di rafforzamento dello schieramento di uomini e mezzi del volontariato, verificandone la disponibilità e individuandone provenienza, caratteristiche, tempistica e modalità di impiego.

F4 – Funzione materiali e mezzi Censisce le risorse logistiche disponibili, individuandone provenienza, caratteristiche, tempistica di mobilitazione e modalità di impiego e ne assicura l’impiego in forma coordinata, assicurando l’organizzazione del trasporto e l’utilizzo sul territorio delle risorse. Mantiene il quadro aggiornato delle risorse impiegate, attivate e disponibili, stabilendo e attuando le modalità di recupero al termine delle loro necessità d’impiego.

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F5 – Funzioni servizi essenziali e attività scolastica Fornisce il quadro di sintesi della funzionalità dei servizi essenziali sul territorio colpito, in raccordo con i rappresentanti degli enti gestori e scolastici. Verifica e aggiorna periodicamente sulla situazione e sull’efficienza delle reti tecnologiche.

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F6 – Funzione censimento danni a persone e cose

Organizza il censimento dei danni causati ad edifici pubblici e privati, impianti industriali, servizi essenziali, opere di interesse culturale, infrastrutture pubbliche ed attività produttive. Coordina l’impiego di squadre miste di tecnici, anche appartenenti agli ordini professionali, per le verifiche speditive di agibilità degli edifici che dovranno essere effettuate in tempi ristretti anche per garantire il rientro della popolazione coinvolta nelle proprie abitazioni. Fornisce il collegamento e il raccordo tra il COC/COI, la Funzione tecnico-scientifica e pianificazione e le strutture deputate alla gestione delle emergenze del Ministero dei beni e delle attività culturali, sia a livello centrale sia periferico, per le attività di censimento, di rilievo del danno e di messa in sicurezza ed eventuale allontanamento e ricollocazione dei beni culturali presenti nell’area dell’evento.

F7 – Funzione viabilità, attività aeree e marittime Acquisisce, aggiorna e rende disponibili le informazioni relative alla percorribilità delle infrastrutture viarie e ferroviarie sul territorio interessato dall’evento, individuando i punti di accesso all’area colpita ed i percorsi più idonei per l’afflusso dei soccorsi, verificando l’attivazione di eventuali limitazioni di percorrenza messe in atto dalle forze di polizia e rendendo disponibili tali informazioni alle altre funzioni interessate. Provvede al censimento delle risorse aeree e marittime disponibili, all’attivazione ed al coordinamento delle stesse, tramite il concorso delle Amministrazioni competenti.

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F8 – Funzione telecomunicazioni Predispone l’attivazione delle reti di telecomunicazioni alternative di emergenza, assicurando inoltre l’intervento delle specifiche risorse di settore, anche attraverso l’attivazione di un’apposita sala radio.

F9 – Funzione assistenza alla popolazione

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Raccoglie le informazioni relative alla consistenza e dislocazione di quella parte di popolazione che necessita di assistenza (ricovero, pasti, trasporti, etc.) ed alle relative esigenze assistenziali di varia natura (logistiche, di beni di primo consumo, sociali e culturali, di supporto sanitario e psicologico, etc.) raccordandosi con le altre funzioni di supporto interessate. In particolare, recepisce i dati della disponibilità di strutture da adibire a ricovero della popolazione colpita (strutture campali, caserme, strutture ricettive turistico- alberghiere, etc.).

F10 – Funzione di coordinamento Questa Funzione svolge un’attività di raccordo e coordinamento di tutte le altre funzioni di supporto. Garantisce inoltre il raccordo tra le funzioni e le strutture operative ed i rappresentanti di altri Enti ed Amministrazioni. Nell’ambito di tale Funzione operano la segreteria amministrativa e il protocollo, deputate alla gestione documentale. Cura, se necessario, i rapporti con gli organi di stampa e informazione presenti sul territorio, diffonde le informazioni relative all’evento e alla gestione emergenziale. Si coordina con gli Uffici Stampa/Comunicazione delle componenti e delle strutture operative coinvolte per garantire una trasparente e coordinata informazione ai cittadini.

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6.2 – MODELLI D’INTERVENTO Il Modello di Intervento definisce ruoli e responsabilità dei vari soggetti coinvolti, in relazione agli interventi e alle azioni da porre in essere per la riduzione del rischio, attraverso un livello di allertamento crescente nei confronti dell’evento che sta evolvendo, in relazione ai livelli di criticità e relativi messaggi di allerta.

Operativamente il Modello di Intervento individua le Funzioni di Supporto e le strutture che devono essere attivate, attraverso l'assegnazione delle responsabilità e dei compiti, nei vari livelli di comando e controllo, stabilendo le relazioni e identificando le misure di sicurezza da adottarsi per mitigare gli effetti dell’evento atteso o conclamato. Vengono, così, definite le predisposizioni organizzative relative ai provvedimenti protettivi nei riguardi della popolazione (soccorso sanitario, eventuale evacuazione della popolazione, controllo della zona colpita, etc.), degli animali, dei beni e del territorio in genere.

Tale modello riporta il complesso delle procedure necessarie al fine di garantire il costante scambio di informazioni tra il sistema centrale e periferico di protezione civile, in modo da consentire l'utilizzazione razionale delle risorse con il coordinamento di tutti i Centri Operativi dislocati sul territorio (direttiva PCM del 3 dicembre 2008), in relazione al tipo di evento (art. 2, L. 225/92, come modificato dalla L. 100/2012).

Il Modello di Intervento viene tarato sulle effettive disponibilità di uomini e mezzi presenti, e adeguato al contesto territoriale con l’indicazione di tutte le azioni ritenute necessarie (evacuazione preventiva, chiusura strade, scuole, mercati, etc.) in relazione allo stato di rischio del territorio e in base ai diversi livelli di allerta emanati dal Centro Funzionale Decentrato (CFD), al fine di fronteggiare efficacemente gli eventi, previsti o in atto.

Per il rischio idraulico e idrogeologico, circa i compiti e le funzioni stabilite dal Manuale Operativo delle allerte, nell’ambito del monitoraggio osservativo e del presidio dei punti critici, è necessario che il Piano individui i punti critici da presidiare e sottoscriva specifici “Accordi” o “Protocolli di collaborazione” (anche attraverso la compilazione delle schede contenute in Allegato). Nei Protocolli di collaborazione devono essere indicate le attività garantite da ciascuno dei soggetti deputati al monitoraggio (dipendenti comunali, Organizzazioni di volontariato, Province, Compagnie barracellari, Ordini Professionali, etc.) nei punti critici individuati e le modalità di svolgimento del monitoraggio stesso.

Il Modello di Intervento predisposto per la pianificazione intercomunale dovrà riguardare soprattutto l’organizzazione delle procedure di intervento, delle attività di monitoraggio del territorio e dell’assistenza della popolazione, tenendo in debita considerazione la reale entità delle risorse territoriali a disposizione.

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

Il Piano definisce le responsabilità nei vari livelli di comando e controllo, l’integrazione e il coordinamento delle azioni, le modalità con cui si realizza lo scambio costante di informazioni e l’utilizzo congiunto delle risorse di Protezione Civile.

Per l’emergenza a livello comunale, in caso di arrivo di una segnalazione di evento, dovrà essere immediatamente contattato il referente tecnico dell’ufficio comunale (o suo sostituto) che a sua volta ne trasmetterà comunicazione al Sindaco.

In caso di emergenza gestibile a livello comunale il Sindaco del Comune ed il referente tecnico si dovranno recare (qualora il referente tecnico non sia già di turno) in Sala Operativa intercomunale e, qualora l’emergenza lo richieda, attivano le funzioni di supporto necessarie.

Nel caso l’emergenza non sia gestibile a livello comunale, il Sindaco avvierà la gestione sovracomunale attivando le eventuali altre funzioni di supporto necessarie e i Sindaci degli altri Comuni (se eventualmente coinvolti).

Il referente tecnico comunale riveste il ruolo della Funzione di Supporto Tecnico-Scientifica e di Pianificazione.

Compito del coordinatore di Sala Operativa, è di garantire sia un presidio H24 della sala operativa, sia il servizio di reperibilità dei referenti delle funzioni di supporto e dei loro sostituti secondo l’elenco dei nominativi e dei recapiti di sindaci, referenti tecnici comunali e referenti delle funzioni di supporto, oltre ai rispettivi sostituti.

Complessivamente, nel caso di eventi calamitosi con possibilità di previsione, il modello di intervento prevede una risposta graduale del sistema secondo i livelli di allerta e le fasi precedentemente descritte. L'inizio e il termine di ogni fase sono stabiliti, in collaborazione con la Protezione Civile Regionale, sulla base della valutazione dei dati e delle informazioni trasmesse dagli Enti e dalle strutture incaricate delle previsioni, del monitoraggio e della vigilanza del territorio, e sono comunicati dalla SORI stessa ai Centri Operativi di Protezione Civile, territorialmente interessati.

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

6.2.1 – Aree di Emergenza Le Aree di Emergenza sono spazi e strutture che in caso di eventi sono destinate ad uso di protezione civile per l’accoglienza della popolazione a rischio, o colpita, e per l’ammassamento delle risorse destinate al soccorso ed al superamento dell’emergenza.

Nel presente Piano di Protezione Civile, pertanto, sono preventivamente individuate tali aree. La scelta di queste dipende dalle caratteristiche polifunzionali, in modo da poter svolgere sia una funzione in regime ordinario, che ne garantirebbe la continua manutenzione, sia una funzione in fase d’emergenza attraverso l’immediata riconversione a fini di protezione civile.

Ciascuna area di emergenza, con i relativi percorsi di accesso, è rappresentata su cartografia con l’utilizzo di simbologia tematica proposta a livello nazionale.

Si possono classificare tre tipologie differenti di aree di emergenza da individuare in fase di pianificazione sul territorio comunale/intercomunale: aree di attesa, aree/strutture di ricovero (o accoglienza) e aree di ammassamento soccorritori e risorse. Queste, da dati estrapolati dal Piano di protezione Civile (anno 2010) e dall’analisi del PUC (Piano Urbanistico Comunale) sono state definite e ubicate in cartografia.

6.2.1.1 – Aree di Attesa Si definiscono aree di attesa, i luoghi di prima accoglienza per la popolazione evacuata, immediatamente dopo l’evento calamitoso, o, in modo preventivo, successivamente alla segnalazione della fase di preallarme. In tali aree, la popolazione, in attesa di ritornare nelle proprie case (eventi di breve durata – inferiore alle 8 ore) o di essere ricoverate in strutture adeguate (emergenze di durata superiore alle 8 ore) riceverà le prime informazioni sull'evento e i primi generi di conforto. I criteri da seguire per l’individuazione delle aree di attesa sono: • posizionamento in zone sicure, esterne alle aree a rischio; • facilità di raggiungimento attraverso percorsi sicuri; • facilità di accesso da parte dei mezzi di soccorso. In generale sono state utilizzate piazze, slarghi, parcheggi, spazi pubblici. Sono segnalate in verde sulla cartografia. Le stesse dovranno essere indicate con adeguata segnaletica sul territorio comunale con simbologia visibile alla popolazione.

Il numero delle aree da scegliere è funzione della capacità ricettiva degli spazi disponibili e del numero degli abitanti. In tali aree la popolazione riceve le prime informazioni sull'evento ed i primi generi di conforto, in attesa di essere sistemata presso le aree/strutture di accoglienza o ricovero.

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

Le aree di emergenza scelte e cartografate nel Piano di Protezione Civile (2010) appaiono obsolete e non più sicure, in base alle vicissitudini idrogeologiche e idrauliche verificatesi nel novembre del 2013, in seguito al Ciclone Cleopatra.

Di fatto il Centro sportivo e la palestra della Scuola Elementare, prima aree di emergenza nel precedente Piano di Protezione Civile 2010, risultano ricadenti all’interno delle aree individuate nella cartografia del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni (PGRA) in aree di pericolosità P3, nelle quali si applicano le disposizioni dall’art. 27 delle Nome di Attuazione del PAI, e dunque cartografate come aree

AREA DI ATTESA DANNO POTENZIALE INDIRIZZO PERICOLO ALLUVIONE RISCHIO ALLUVIONE (PPC 2010) ALLUVIONE PALESTRA SCUOLE VIA G. DELEDDA ELEVATO MOLTO ELEVATO ELEVATO ELEMENTARI PALESTRA IMPIANTO PROLUNGAMENTO ELEVATO MOLTO ELEVATO MOLTO ELEVATO SPORTIVO VIA S. EMILIANO

Si è provveduto, dunque, alla ricerca di aree di emergenza ubicate in zone che non siano state caratterizzate da alluvioni e/o incendi negli anni precedenti.

Dopo attenta cernita su diverse aree sono state selezionate n. 4 aree di attesa all’interno del territorio Comunale di URAS:

- AA1 – Area lottizzazione “Nuraghe Bentu Crobis”;

- AA2 – Area Giardino privato (Proprietari Pilloni – Lasi); - Via Piazza Matteotti

- AA3 – Piazzale chiesa S.M. Maddalena – e Piazza Giovanni XXIII

- AA4 – Piazza Unità.

Di seguito, di ogni singola area di attesa, sono riportate ubicazione, foto rappresentative e schede tecniche compilate.

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AREE DI ATTESA

(Compilare descrivendo tutte le aree strategiche ai fini della protezione civile in caso di evento calamitoso. Se non fosse possibile localizzare tali aree all’interno del territorio comunale (es. per assenza di territori adeguati), individuare adeguate localizzazioni nei Comuni limitrofi compatibilmente con le aree a rischio individuate dal PAI.

Luoghi di prima accoglienza dove sarà garantita assistenza alla popolazione negli istanti successivi all’evento calamitoso oppure in conseguenza di segnalazioni nella fase di allertamento. In queste aree la popolazione riceverà i primi generi di conforto, in attesa dell’allestimento delle aree di accoglienza. Si potranno prendere in considerazione piazze, slarghi, aree sportive, parcheggi, cortili e spazi pubblici o privati ritenuti idonei e non soggetti a rischio.

Denominazione AA-1

Indirizzo Zona Nuraghe Brentu Crobis 1474914 - 4393974 Coordinate (Monte Mario – Zone 1 – EPSG: 3003) Proprietà pubblica

Struttura sottoposta a regime di convenzione no

Proprietario (se Nominativo

non di proprietà Cellulare comunale) E-mail

Nominativo Referente Cellulare

E-mail Aree di attesa Tipologia di Terreno Superficie dispo nibile [m2] 26.152,95 m2 Superficie coperta utilizzabile [m2] 0,00 m2 Tipologia di suolo esterno Terreno verde Numero persone ospitabili (= superficie totale/2m2) 13.076,00 Numero di servizi igienici annessi all'area Nessuno Possibilità di elisuperficie si

Energia elettrica sì Gas no Allaccio servizi essenziali Servizi igienici no Acqua sì Scarichi acque chiare o reflue sì

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AA1 – AREA ATTESA – PIANO LOTTIZZAZIONE AREA NURAGHE – IMMAGINE SATELLITARE

AA1 – AREA ATTESA – PIANO LOTTIZZAZIONE AREA NURAGHE – FOTO RAPPRESENTATIVA

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

AREE DI ATTESA

(Compilare descrivendo tutte le aree strategiche ai fini della protezione civile in caso di evento calamitoso. Se non fosse possibile localizzare tali aree all’interno del territorio comunale (es. per assenza di territori adeguati), individuare adeguate localizzazioni nei Comuni limitrofi compatibilmente con le aree a rischio individuate dal PAI.

Luoghi di prima accoglienza dove sarà garantita assistenza alla popolazione negli istanti successivi all’evento calamitoso oppure in conseguenza di segnalazioni nella fase di allertamento. In queste aree la popolazione riceverà i primi generi di conforto, in attesa dell’allestimento delle aree di accoglienza. Si potranno prendere in considerazione piazze, slarghi, aree sportive, parcheggi, cortili e spazi pubblici o privati ritenuti idonei e non soggetti a rischio.

Denominazione AA-2

Indirizzo Via Matteotti 1474642 - 4394617 Coordinate (Monte Mario – Italy Zone 1 – EPSG: 3003) Proprietà Privata

Struttura sottoposta a regime di convenzione no

Proprietario (se Nominativo Pilloni - Lasi

non di proprietà Cellulare comunale) E-mail

Nominativo Referente Cellulare

E-mail Aree di attesa Tipologia di area Incolto Superficie disponibile [m2] 2.107,69 Superficie coperta utilizzabile [m2] 0 Tipologia di suolo esterno Terreno incolto Numero persone ospitabili (= superficie totale/2m2) 1.053,00 Numero di servizi igienici annessi all'area Nessuno Possibilità di elisuperficie no

Energia elettrica sì Gas no Allaccio servizi essenziali Servizi igienici no Acqua sì Scarichi acque chiare o reflue sì

NB: Individuare preventivamente la localizzazione di tali aree e comunicarla al rilevatore nel momento dell'incontro

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AA2 – AREA ATTESA – TERRENO PRIVATO – IMMAGINE SATELLITARE

AA2 – AREA ATTESA – TERRENO PRIVATO – FOTO RAPPRESENTATIVA

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AREE DI ATTESA

(Compilare descrivendo tutte le aree strategiche ai fini della protezione civile in caso di evento calamitoso. Se non fosse possibile localizzare tali aree all’interno del territorio comunale (es. per assenza di territori adeguati), individuare adeguate localizzazioni nei Comuni limitrofi compatibilmente con le aree a rischio individuate dal PAI.

Luoghi di prima accoglienza dove sarà garantita assistenza alla popolazione negli istanti successivi all’evento calamitoso oppure in conseguenza di segnalazioni nella fase di allertamento. In queste aree la popolazione riceverà i primi generi di conforto, in attesa dell’allestimento delle aree di accoglienza. Si potranno prendere in considerazione piazze, slarghi, aree sportive, parcheggi, cortili e spazi pubblici o privati ritenuti idonei e non soggetti a rischio.

Denominazione AA-3

Indirizzo Piazza S.M. Maddalena 1474574 - 4394335 Coordinate (Monte Mario – Italy Zone 1 – EPSG: 3003) Proprietà pubblica

Struttura sottoposta a regime di convenzione no

Proprietario (se Nominativo

non di proprietà Cellulare comunale) E-mail

Nominativo Referente Cellulare

E-mail Aree di attesa Tipologia di area Piazza Chiesa Superficie disponibile [m2] 828,42 Superficie coperta utilizzabile [m2] 0 Tipologia di suolo esterno Asfalto - Mattonelle Numero persone ospitabili (= superficie totale/2m2) 414 Numero di servizi igienici annessi all'area Nessuno Possibilità di elisuperficie no

Energia elettrica sì Gas no Allaccio servizi essenziali Servizi igienici no Acqua sì Scarichi acque chiare o reflue sì

NB: Individuare preventivamente la localizzazione di tali aree e comunicarla al rilevatore nel momento dell'incontro

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

AA3 – AREA ATTESA – PIAZZALE CHIESA – IMMAGINE SATELLITARE

AA3 – AREA ATTESA – PIAZZALE CHIESA – FOTO RAPPRESENTATIVA

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

AREE DI ATTESA

(Compilare descrivendo tutte le aree strategiche ai fini della protezione civile in caso di evento calamitoso. Se non fosse possibile localizzare tali aree all’interno del territorio comunale (es. per assenza di territori adeguati), individuare adeguate localizzazioni nei Comuni limitrofi compatibilmente con le aree a rischio individuate dal PAI.

Luoghi di prima accoglienza dove sarà garantita assistenza alla popolazione negli istanti successivi all’evento calamitoso oppure in conseguenza di segnalazioni nella fase di allertamento. In queste aree la popolazione riceverà i primi generi di conforto, in attesa dell’allestimento delle aree di accoglienza. Si potranno prendere in considerazione piazze, slarghi, aree sportive, parcheggi, cortili e spazi pubblici o privati ritenuti idonei e non soggetti a rischio.

Denominazione AA-4

Indirizzo Piazza Unità 1474532 - 4394352 Coordinate (Monte Mario – Italy Zone 1 – EPSG: 3003) Proprietà pubblica

Struttura sottoposta a regime di convenzione no

Proprietario (se Nominativo

non di proprietà Cellulare comunale) E-mail

Nominativo Referente Cellulare

E-mail Aree di attesa Tipologia di area Piazza pubblica Superficie disponibile [m2] 400 Superficie coperta utilizzabile [m2] 0 Tipologia di suolo esterno Asfalto - Mattonelle Numero persone ospitabili (= superficie totale/2m2) 200 Numero di servizi igienici annessi all'area Nessuno Possibilità di elisuperficie no

Energia elettrica sì Gas no Allaccio servizi essenziali Servizi igienici no Acqua sì Scarichi acque chiare o reflue sì

NB: Individuare preventivamente la localizzazione di tali aree e comunicarla al rilevatore nel momento dell'incontro

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

AA4 – AREA ATTESA – PIAZZA UNITÀ – IMMAGINE SATELLITARE

AA4 – AREA ATTESA – PIAZZA UNITÀ – FOTO RAPPRESENTATIVA

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6.2.1.2 – Aree/strutture di ricovero (o accoglienza) Si definiscono aree di ricovero o accoglienza per la popolazione luoghi al chiuso in grado di accogliere la popolazione allontanata dalle proprie abitazioni per tempi medio-lunghi. Tali aree, indicate in rosso, sono preferibilmente strutture esistenti, al coperto, idonee ad accogliere la popolazione (alberghi, scuole, palestre, ecc.). Il percorso più idoneo per raggiungere tali aree/strutture, anch'esso scelto in modo da non essere soggetto a rischio, deve essere riportato (in rosso) sulla cartografia. Qualora non fossero disponibili, si possono allestire:

• Tendopoli utilizzate per grandi emergenze, con tempi di permanenza della popolazione da assistere anche di alcuni mesi. Questa sistemazione, pur non essendo la più confortevole per la sistemazione dei senzatetto, viene imposta dai tempi stretti dell’emergenza come la migliore e più veloce risposta. La permanenza in questo tipo di alloggiamento non può superare i 2/3 mesi;

• Insediamenti abitativi di emergenza (Moduli prefabbricati). Questa soluzione alloggiativa, nel caso in cui dovesse perdurare il periodo di emergenza, è la successiva sistemazione dei senzatetto dopo il passaggio nelle strutture esistenti e tendopoli. Le case prefabbricate di norma sono utilizzate per emergenze con tempi di permanenza della popolazione da ricoverare maggiori di 2/3 mesi. Per l’individuazione di tali aree i criteri seguiti sono stati i seguenti:

• localizzazione delle aree di medio-grandi dimensioni, anche in riferimento al numero di persone potenzialmente a rischio; • posizionamento in zone quanto più possibile sicure, esterne alle zone a rischio così come perimetrate dalle autorità competenti; • vicinanza ad una viabilità principale ed ai servizi essenziali (acqua, luce, e smaltimento acque reflue), o già attrezzate con questo tipo di servizi.

Si è provveduto, dunque, alla ricerca di aree di ricovero ubicate in zone che non siano state caratterizzate da alluvioni e/o incendi negli anni precedenti.

Dopo attenta cernita su diverse aree sono state selezionate n. a area di ricovero all’interno del territorio Comunale di URAS: - Area PIP - Comune di URAS

Tali aree sono segnalate in rosso sulla cartografia e dovranno essere indicate con adeguata segnaletica sul territorio comunale compresa quella della direzione per il loro raggiungimento.

Di seguito, di ogni singola area di ricovero, sono riportate ubicazione, foto rappresentative e schede tecniche compilate.

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AREE DI RICOVERO

Compilare descrivendo tutte le aree strategiche ai fini della protezione civile in caso di evento calamitoso. Se non fosse possibile localizzare tali aree all’interno del territorio comunale (es. per assenza di territori adeguati), individuare adeguate localizzazioni nei Comuni limitrofi compatibilmente con le aree a rischio individuate dal PAI.

Aree per l’allestimento di strutture (tendopoli) in grado di assicurare un ricovero per coloro che hanno dovuto abbandonare la propria abitazione.

Denominazione AR-1 Indirizzo Zona PIP

Coordinate Geografiche (WGS 84 – UTM 33 N) 1475112 - 4394530 Proprietà Pubblica

Struttura sottoposta a regime di convenzione no

Nominativo Proprietario (se non di proprietà Cellulare comunale) E-mail

Nominativo

Referente Cellulare

E-mail Aree di ricovero Tipologia di struttura Area PIP Tipologia di suolo Terreno naturale con vegetazione Dimensione [m2] 26.152,00 Superficie coperta utilizzabile [m2] 0,00 Capacità ricettiva > 500 Possibilità di elisuperficie sì Costruita con criteri antisismici sì Presenza sistemi antincendio no

Energia elettrica sì Gas no Allaccio servizi essenziali Servizi igienici no Acqua sì Scarichi acque chiare o reflue sì

NB: Individuare preventivamente la localizzazione di tali aree e comunicarla al rilevatore nel momento dell'incontro. Per norma un’area di ricovero deve avere estensione minima di 6000mq per 500 persone, inclusi i servizi campali.

Area pianeggiante, non alberata. Presenza di arbusti e vegetazione sparsa. Non rientra in zone a Rischio frana né di pericolosità idraulica come da Cartografia P.A.I. Strada di accesso ampia e ben conservata. Presente ruscellamento diffuso.

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

AR1 – AREA RICOVERO – AREA PIP– IMMAGINE SATELLITARE

AR1 – AREA RICOVERO – AREA PIP– FOTO RAPPRESENTATIVA

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

Tale sito si trova nelle vicinanze del centro abitato di URAS lungo la S.S. 131.

L’area di ricovero AR-01 è ubicata nella zona PIP che si estende per circa 26.152,95 m2 (superiore ai 6.000,00 m2 richiesti dalle linee guida della Protezione Civile).

Si tratta di una zona pianeggiante non alberata e con la presenza di arbusti e vegetazione varia, caratterizzata dalla presenza dei servizi di acqua, energia elettrica e con possibilità di predisporre allacci fognari. Parte dell’area considerata appare recintata e contraddistinta da un fondo in terra battuta. Si consiglia una pulitura stagionale del sito AR-01. Tale area non rientra in zone a rischio frana né in zone a pericolosità idraulica come da cartografia P.A.I.

Tale sito potrebbe essere predisposto anche come zona Z.A.E. – Zona Atterraggio Elicotteri (quando non viene utilizzata come zona di ricovero).

POSIZIONAMENTO TENDOPOLI O STRUTTURE PREFABBRICATE

Le tipologie di posizionamento delle strutture a tende da predisporre in emergenza possono essere varie, anche in considerazione alla presenza o meno nelle stesse aree di strutture di servizio quali bagni, mense e quanto altro necessario all’assistenza alla popolazione. Queste ultime tipologie di strutture per l’assistenza alla popolazione possono, infatti, essere ubicate in aree pertinenziali alle aree scelte per l’alloggiamento. Le figure successive riportano alcuni schemi di predisposizione di aree di ricovero della popolazione con i servizi associati.

La stima della popolazione ospitabile parte da alcune considerazioni:

Una tendopoli di tipo ministeriale contiene 32 tende Mod. PI88 per 192 persone (ingombro per ogni tenda 7,50mx7,50m ed ingombro totale pari a 55mx55m – la metà di un campo di calcio circa). Ogni tenda ha, generalmente, dimensioni di 5mx6m e contiene al massimo 6 posti letto, ma difficilmente sarà occupata da sei persone in quanto ogni tenda sarà assegnata ad un nucleo familiare con una media di 4/5 membri, ottenendo una possibilità di ricovero di 24/30 persone per un modulo da sei tende.

In tutte le soluzioni di allestimento che potranno essere adottate è indispensabile garantire una viabilità di servizio ad anello che copra l’intero perimetro della tendopoli. Tale strada che dovrà essere carrabile, dovrà essere predisposta tra la recinzione e le tende e dovrà avere una larghezza non inferiore a ml 3,50. Inoltre è necessario prevedere una serie di strade di uguali caratteristiche di collegamento tra l’anello perimetrale e i vari blocchi di tende. Tra tenda e tenda è necessario predisporre una strada pedonale di larghezza non inferiore a ml 1,5 necessaria per ispezionare e manutenzionare gli impianti delle singole tende.

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Quindi considerando il modulo base di una tendopoli tipo per l’alloggio di circa 200 persone si dovrà disporre di uno spazio utile di circa 3500 mq senza considerare gli spazi esterni alla tendopoli adibiti a parcheggi, magazzini, deposito merci, ecc.

Per i Container, invece: ogni container di circa 36 mq può ospitare agevolmente 4 persone. Se si considera però che ogni container è assegnato ad un’unica famiglia, si può pensare di calcolare un’occupazione media di 3 persone per container. La tabella successiva riporta un confronto tra le capacità ricettive di una tendopoli tipo e quelle di un campo containers.

Di seguito si riportano altri schemi tipo di tendopoli.

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Schema n. 1 per Tende (1 Modulo da 6 tende - 1 Modulo servizi con 3 wc, 3 lavabi, doccia)

Il modulo dei servizi deve essere ubicato alla fine della tendopoli nel senso della direzione prevalente dei venti locali.

Per esempio, se il campo è stato insediato come nello schema, supponendo che il vento dominante provenga da Nord e che il campo sia orientato Nord-Ovest Sud-Est, il modulo sevizi deve essere posto a Sud-Ovest. L’intero modulo avrà la forma di rettangolo, per una superficie totale di 16x23 metri, uguale a circa 350m2 .

Schema n. 2 per Tende (1 Modulo di 6 tende e 1 Modulo servizi, 3 wc, 3 lavabi, doccia);

Il modulo dei servizi deve essere posto alla sinistra (SO) della tendopoli nel senso della direzione prevalente dei venti locali. Per esempio se il campo è stato insediato come nello schema, supponendo che il vento dominante provenga da Nord e che il campo sia orientato Nord-Ovest Sud-Est, il modulo sevizi deve essere posto a Sud-Ovest. L’intero modulo avrà forma rettangolare, per una superficie totale di 14x27 metri, uguale a

circa 380 m2 .

Schema n. 1 per Containers.

Questo modulo sarà formato da 4 containers ed avrà la forma di un rettangolo, per una superficie totale di 10x29 metri, uguale a circa 300 m2.

Schema n. 2 per Containers.

Questo modulo sarà formato da 6 containers ed avrà la forma di un rettangolo, per una superficie totale di 10x42 metri, pari a circa 400 m2.

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Nella predisposizione delle strutture ricettive in emergenza dovranno essere tenuti in debita considerazione, sotto l’aspetto organizzativo, i seguenti aspetti:

Possono essere scelte, inoltre, come strutture improprie di accoglienza gli alberghi e le altre attività tipo Pensioni, B&B e Case di riposo. Naturalmente, in questo caso dovranno essere formalizzate all’occorrenza speciali convenzioni con i gestori di tali strutture in modo da permettere il soggiorno delle persone evacuate fino alla fine dell’emergenza. Tali strutture possono essere qualitativamente idonee a tale utilizzo perché progettate per ospitare persone e quindi dotate di letti, armadi, bagni e la maggior parte di queste anche di mense proprie.

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E’ fondamentale che l’ente comunale predisponga in modo inderogabile tutti gli allacci per le infrastrutture di servizio acqua, elettricità e fognatura per le aree destinate al ricovero ed all’ammassamento, nonché alla regolarizzazione del fondo esistente per migliorarne la fruibilità in funzione della gestione dell’emergenza durante gli eventi che si possono verificare.

Per ciò che riguarda l’accessibilità e la connessione al centro abitato si evidenzia che l’accesso a URAS è caratterizzato da una viabilità idonea al normale transito dei mezzi di soccorso.

Geologo Alberto Collovà Comune di URAS (OR) Pag.123

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Nel caso in cui, per deficit infrastrutturali comunali in occasione di emergenza, si rendesse necessaria l’acquisizione di ulteriori spazi destinati all’accoglienza della popolazione sarà importante valutare le aree e selezionarle rispetto al potenziale rischio residuo tenendo conto dei fattori quali:

- Aree sotto testate elettriche, sopra elettrodotti o altre reti infrastrutturali; - Superfici esposte a crolli di edifici o altre strutture quali ciminiere, campanili, tralicci, antenne e altre strutture in elevazione; - Aree sottoposte a rilievi a pericolosità e rischio frana; - Aree in prossimità di alvei torrentizi e zone storicamente alluvionate; - Zone suscettibili di cedimenti del terreno, per cavità sotterranee e manomissioni antropiche; - Terreni adibiti precedentemente a discariche o siti da bonificare; - Aree in cui sono presenti alberi di alto fusto esposti a fenomeni meteorologici ventosi; - Aree vicine a complessi industriali o attività a rischio incidente rilevante; - Aree vicino a serbatoi di gas, liquidi infiammabili, sostanze chimiche;

Un aspetto importante è rappresentato dal rapporto tra pianificazione territoriale e pianificazione di emergenza al fine di coniugare (principio di polifunzionalità) le esigenze di spazi da destinare a verde pubblico, aree di sosta o impianti sportivi, ad esempio, con gli scenari di evento riferiti alle diverse tipologie di rischio a cui il territorio comunale è esposto in relazione alla popolazione da assistere stimata per i diversi scenari di evento. Le indicazioni provenienti dagli standard urbanistici, per il dimensionamento degli interventi di natura urbana, dovranno essere integrate con le esigenze derivanti dal presente piano di protezione civile, recependo le indicazioni dimensionali per l’installazione di moduli tenda e/o moduli abitativi, sociali e di servizio nonché gli spazi necessari alla movimentazione dei mezzi e dei materiali. Dovrà essere prevista, inoltre, la possibilità di un rapido collegamento con le principali reti di servizio, dimensionate anche in relazione al potenziale bacino di utenza in emergenza.

Non è da sottovalutare anche l’aspetto di un riassetto infrastrutturale viario in prospettiva di rischio, per garantire i collegamenti con le aree di interesse di protezione civile e, non da meno, i collegamenti con le strutture intercomunali di emergenza dislocate sul territorio.

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale

6.2.1.3 – Aree di ammassamento soccorritori e risorse A livello intercomunale si devono individuare le aree dove far confluire materiali e mezzi dei soccorritori vicino ai centri operativi; da esse partono i soccorsi e le risorse utili alla gestione dell’emergenza locale. La tipologia delle strutture per l’accoglienza dei soccorritori è costituita da tende mentre per i servizi si potranno impiegare moduli.

Le Aree di Ammassamento dei soccorritori e delle risorse garantiscono il razionale intervento nelle zone d’emergenza; pertanto tali aree, in particolare per quelle che devono servire l’ambito territoriale di un COM, devono avere dimensioni sufficienti assimilabili ad aree per l’accoglienza di almeno due campi base (circa 6.000 mq) e dovranno ospitare una popolazione compresa tra 100 e 500 persone.

Per quanto riguarda il Comune di URAS, non essendo presente il Centro Operativo Misto (C.O.M.), non è necessaria la ricerca di siti da predisporre come Aree di Ammassamento soccorritori.

6.2.2 – Evacuazione L’evacuazione della popolazione potenzialmente interessata dall’evento rappresenta il provvedimento più radicale ai fini della protezione della cittadinanza. Non sempre però essa è perseguibile a causa dei tempi di evoluzione dell’evento emergenziale che può risultare più breve rispetto ai tempi necessari per lo sgombero della popolazione interessata.

L’evacuazione richiede un’attenta valutazione poiché, in relazione alla tipologia di rischio e in funzione dello scenario, potrebbe essere più efficace, a seconda della tipologia dell’edificato, non abbandonare le abitazioni e adottare comportamenti di autoprotezione corretti.

Nei casi in cui l’emergenza richieda necessariamente l’evacuazione, è fondamentale che il Sindaco provveda a fornire un’adeguata informazione alle persone interessate, al fine che si conosca esattamente l’ubicazione delle aree/strutture di emergenza, che deve essere comunicata preventivamente alla popolazione con illustrazioni, tabelle e cartine idonee ad evidenziare i luoghi prescelti. In questo caso, è necessario comunicare le vie e i percorsi sicuri sia al fine di minimizzare gli effetti dannosi dell’evento, sia per facilitare il deflusso dei residenti.

A parte le specifiche esigenze di carattere assistenziale e sanitario che l’evacuazione richiede, la pianificazione comunale/intercomunale deve definire le priorità in relazione al livello di criticità e prevedere un adeguato numero di soccorritori in relazione alla popolazione da evacuare, distinta per fasce anagrafiche e persone diversamente abili, anche in funzione degli scenari ipotizzati.

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L’evacuazione è un’azione che deve avvenire in forma assistita sotto il controllo e il coordinamento delle Autorità pubbliche.

In caso di evento improvviso, in particolare nelle aree a densità elevata, abbandonare le aree a rischio può essere particolarmente complicato a causa di possibili condizioni straordinarie di traffico, di sicurezza pubblica, di problemi familiari, di effetti sanitari secondari.

6.2.2.1 – Procedure operative (Eventi prevedibili)

Quando si verifica un evento calamitoso, è necessario che il Piano di Protezione Civile Comunale stabilisca, senza lasciare dubbio alcuno, quali siano le attività da compiere e soprattutto chi le debba compiere.

Al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività "da mettere in atto" nell’ambito della gestione dei diversi rischi, sono stati elaborati dei veri e propri elenchi (Checklist) esaustivi di “Azioni” da fare o da verificare per eseguire una determinata e specifica attività, attraverso un segno di spunta degli elementi necessari per portare a termine procedure, che prevedono molti passi e particolare attenzione, come ad esempio la gestione delle diverse fasi operative (dalla diramazione di un Avviso di criticità ordinaria sino all’evento in atto).

Le Checklist, sono disponibili nel Sistema Informativo di Protezione Civile (SIPC) finalizzato alla gestione, sia a livello locale che regionale, delle risorse e delle strutture di protezione civile, sia in fase di pianificazione che in fase di gestione delle emergenze.

Il Sistema Informativo (SIPC) è accessibile attraverso le credenziali assegnate al Comune di URAS appartenente al sistema regionale di protezione civile in base alle proprie specifiche attività. Con la Determinazione del Direttore Generale della Protezione Civile n. 4 del 23.01.2015, è stato ufficializzato l'uso e l'attivazione della piattaforma web relativa al Sistema Informativo di protezione civile regionale.

6.2.2.2 – Procedure operative (Eventi non prevedibili) Per rischi non prevedibili s’intendono di norma quegli eventi di rapido impatto, per i quali i tempi di preannuncio sono troppo ristretti o del tutto inesistenti (ad es.: chimico-ambientale, trasporto di sostanze pericolose, sismico, eventi meteorologici intensi, rischio idropotabile, etc.). Nei casi di evento non prevedibile, il modello di intervento si differenzia come di seguito descritto.

Rispetto ai fenomeni prevedibili, dove le azioni si possono articolare in livelli crescenti di allerta sulla base di segni precursori, con fasi operative che iniziano ancor prima che il fenomeno raggiunga la sua massima intensità, al verificarsi di fenomeni improvvisi, si devono invece attuare immediatamente tutte le

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale misure per l’emergenza, con l’avvio delle operazioni di soccorso alla popolazione, passando pertanto da una condizione di normale svolgimento delle attività socioeconomiche ad uno stato di allarme.

Per gli eventi non prevedibili le procedure di attivazione si sviluppano repentinamente e ad evento accaduto, quindi già in fase di allarme. L’eventuale segnalazione ricevuta deve essere comunque opportunamente verificata se proveniente da fonte non qualificata. Verificata l’attendibilità della segnalazione, se del caso con adeguata ricognizione sul posto, viene avvertito il Reperibile di Turno e/o il Responsabile Comunale di Protezione Civile e attivato il Centro Operativo Comunale (COC) . In caso d’impedimento a raggiungere la località sede dell’evento saranno comunque attivati e mantenuti i contatti con le Sale Operative delle varie Istituzioni competenti in Protezione Civile.

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7 – Informazione e Norme comportamentali del cittadino

7.1 – INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE Il Piano Comunale di protezione civile ha l'obiettivo principale di contrastare l'emergenza mediante il raggiungimento di tre presupposti principali: • analisi del territorio e dei rischi; • organizzazione di un sistema comunale atto ad operare prima, durante e dopo l'emergenza; • assistenza della popolazione che non comprende soltanto il mero aiuto materiale, ma anche, ed in via preventiva, l'informazione.

Nel concetto moderno e dinamico della "protezione civile", l'Informazione diventa un elemento fondamentale che permette di poter superare l'emergenza nelle sue varie fasi. In base alle normative vigenti, il Sindaco ha il compito, sia in fase preventiva che di emergenza, di rendere edotta la popolazione in merito a:

• esistenza di situazioni di pericolo dovute a calamità naturali o comunque connesse ad esigenze di protezione civile;

• pericoli connessi con i rischi esistenti nel territorio comunale;

• esistenza di piani o comunque di indicazioni comportamentali da porre in essere, a fronte di particolari segnalazioni o suggerite dall'Autorità, prima, durante e dopo l'accadimento dell'evento temuto.

Sinteticamente, può pertanto individuarsi:

 un’Informazione Preventiva, tesa ad informare la popolazione sui rischi naturali od antropici presenti e sulle modalità di coesistenza con questi, nella convinzione che la conoscenza permetta una migliore convivenza con i pericoli, consentendo di apprendere come autoproteggersi e, al contempo, proteggere;

 un’informazione in Emergenza il cui obiettivo è quello di rendere edotta la popolazione sull’evento in atto, sui pericoli ai quali è esposta e sulle modalità di comportamento, seguendo le indicazioni dell'Autorità, senza incidere negativamente sull'opera dei soccorsi.

Il territorio del Comune di URAS è interessato da diversi rischi derivanti da cause naturali come dissesti idrogeologici e da incendi d’interfaccia di tipo doloso. Tutti noi, senza esclusione alcuna, siamo interessati dal probabile verificarsi di uno di questi eventi.

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E’ importante innanzitutto conoscere quali siano i rischi presenti sul territorio e quali con maggiore probabilità possano accadere, ed è quello che è stato fatto nei capitoli precedenti, relativi all’analisi dei rischi ed individuazione del grado di rischio. Una conoscenza approfondita del territorio è propedeutica ad una pianificazione d’emergenza, che parte innanzitutto dall’azione dei cittadini durante le situazioni di pericolo, affiancata da una risposta decisa ed organizzata da parte della struttura comunale di Protezione Civile.

Tutto ciò contribuisce a diminuire i danni provocati dall’evento, ed in alcune circostanze a prevenire l’evento stesso; inoltre fa sì che vi sia un accrescimento culturale nei confronti delle emergenze territoriali.

In questo capitolo, si cerca quindi di indicare delle azioni semplici e immediatamente interpretabili che il cittadino deve compiere come soggetto protagonista nella gestione dell’emergenza scaturita al verificarsi dell’evento.

L’Informazione preventiva è la prima informazione rivolta alla popolazione per renderla edotta circa i rischi a cui è esposta nel momento in cui si trova in un dato territorio. La stessa redazione del presente Piano e la sua divulgazione presso la popolazione attraverso i mezzi ritenuti più idonei, come la pubblicazione all'Albo Pretorio, la creazione di opuscoli inviati alle famiglie, l'inserimento nel sito web del Comune, costituisce un’informazione preventiva rispondente ai principi della protezione civile in merito alla tutela delle persone e cose.

In caso di emergenza in atto, il Sindaco renderà noto alla popolazione di quanto avvenuto, delle contromisure assunte e dei comportamenti da adottare al fine di ridurre, se non evitare totalmente, l'esposizione delle persone e cose al pericolo. A tal fine si avvarrà del proprio “Bando comunale” e di altri sistemi, quali, ad esempio, l'uso di altoparlanti da parte della Polizia Locale e dei Volontari di protezione civile, ovvero di tutti gli strumenti e mezzi di comunicazione che comunque potranno ritenersi utilizzabili per informare e rendere partecipe la popolazione all'emergenza in essere. La popolazione verrà pertanto invitata a mantenersi costantemente informata sull'evolversi del fenomeno e del passaggio da una fase all'altra delle allerte di protezione civile. Quanto precede vale anche per diramare la cessazione dell’emergenza e quindi il ritorno alla normalità. In conclusione, è attraverso l'informazione che anche la popolazione viene fatta accedere all'interno del "sistema" della protezione civile costituendone uno dei pilastri fondamentali.

L’informazione, nella sua necessaria essenzialità, dovrà pertanto:

• illustrare il rischio o l'evento; • illustrare le misure di sicurezza e le cautele assunte, le attività in essere per fronteggiarlo, i possibili sviluppi; • comunicare la struttura operativa di soccorso e di immediato riferimento; • sollecitare nella popolazione l'adozione dei comportamenti di autoprotezione.

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Acquisire in tal modo la collaborazione della popolazione, prima e durante l'emergenza, significa infatti garantire il buon esito dell'attività di intervento, diminuendo la percentuale di danni connaturati al rischio.

Per verificare la validità ed efficacia di un Piano di Protezione Civile è opportuno programmare delle esercitazioni che coinvolgano tutti i soggetti preposti a vari livelli di allarme ed emergenza. Nel caso del Comune di URAS sarebbe auspicabile lo svolgimento di varie tipologie di esercitazioni, per verificare l’efficacia della risposta a rischi diversi.

La prima tipologia di esercitazione può riguardare un’emergenza per il rischio idraulico collegato al rischio idrogeologico: si può ipotizzare un fenomeno piovoso di eccezionale intensità, che possa provocare alluvioni delle aste idriche e contemporaneamente esondazione delle stesse nelle aree esterne al centro di antica e prima formazione (prendendo come esempio le aree inondate durante il Ciclone Cleopatra). Si ritiene di indubbia utilità testare l’efficacia della risposta della protezione civile, eventualmente attraversando i vari livelli di allarme collegati alle allerte meteo comunicate a livello regionale.

In questo paragrafo verranno sinteticamente descritti i comportamenti da adottarsi da parte della popolazione a fronte delle varie tipologie di emergenze che possono verificarsi nel territorio comunale. Anche se non tutti i rischi esaminati in precedenza hanno pari probabilità di accadimento nel Comune di URAS, le regole che si suggeriscono sono importanti in quanto vogliono trasmettere modalità comportamentali in presenza del pericolo, vero o presunto, o dell’evento, basate:

- sulla consapevolezza e sulle conoscenze e quindi sull’idoneità delle azioni da compiersi o non compiersi;

- sulla razionalità;

- sull’atteggiamento improntato alla calma da mantenersi e quindi sulla capacità di affrontare le situazioni senza consentire al panico di dominare le reazioni proprie e degli altri.

E naturalmente l’acquisizione di tali regole generali consentirà di essere sempre in grado di affrontare ogni tipo di situazione emergenziale, in qualsiasi luogo si verifichi.

Per quanto concerne i comportamenti relativi alle misure preventive, alcuni di questi sono comuni a tutte le varie tipologie di rischio:

- nell’ambito familiare, pianificare i comportamenti da adottarsi in caso di emergenza, coinvolgendo anche i bambini (telefonata ai numeri di soccorso, chiusura del gas, ecc.): tutti devono essere a conoscenza del posizionamento e delle modalità di chiusura dei rubinetti del gas ed acqua e degli interruttori dell’energia elettrica

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- preparare e tenere sempre pronta all’uso una "borsa dell’emergenza", riposta in luogo facilmente accessibile e noto a tutti i componenti familiari, che possibilmente deve contenere: una torcia elettrica; candele e fiammiferi; radio portatile con scorta di pile; telefonino; dinamo per consentire ricarica manuale di batterie; fornellino a gas da campeggio; cartella personale del tipo impermeabile contenente documenti, ricette, valori personali, ecc.; set di pronto soccorso; medicinali indispensabili; vestiti impermeabili; biancheria intima; coperte o sacco a pelo; scarpe possibilmente alte; posate, stoviglie, borracce, apriscatole, coltellino multiuso; cibi in scatola o non deperibili ed acqua potabile;

- ascoltare la radio o guardare la televisione o comunque mezzi di informazione in genere per apprendere, ad esempio, dell’emissione di eventuali avvisi di condizioni meteorologiche avverse e relativi rischi connessi.

L’utilizzo dei mezzi di informazione è importante anche durante e dopo l’evento per conoscere la sua evoluzione.

In caso di allarme e quindi durante la fase di emergenza in atto, in via generale, è fondamentale:

• mantenere la calma e non lasciarsi prendere dal panico • cercare di tranquillizzare le altre persone; • comportarsi in modo composto ed ordinato, osservando attentamente le indicazioni impartite dall'Autorità.

Nel caso in cui venga ordinata l'evacuazione: • abbandonare in modo ordinato e veloce la propria abitazione, chiudendola • portare con sé solo lo stretto indispensabile • distaccare qualsiasi fonte energetica (energia elettrica, gas, ecc.) • spegnere qualsiasi fuoco o possibile innesco (in caso ad es. di evento in stabilimento a rischio di incidente rilevante) • portarsi, seguendo i percorsi consigliati, verso il luogo indicato dalle Autorità • nel caso di perdita di gas da un palazzo, non entrare nel palazzo per chiudere il rubinetto del gas, ma verificare se vi sia un interruttore generale del gas fuori dall’abitazione ed in questo caso chiuderlo. Riferire tale notizia ai VV.F. od altro personale specializzato • verificare se vi siano persone che necessitano di assistenza (bambini, anziani, persone diversamente abili, ecc.).

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7.1.1 – Cosa fare in caso di evento Idrogeologico Per questa tipologia di rischio è possibile realizzare interventi per ridurre la pericolosità dei versanti da possibili dissesti, ma si tratta sempre di interventi molto dispendiosi e di lenta realizzazione. Per ridurre l'esposizione è auspicabile agire a livello di previsione urbanistica, vietando gli interventi e le costruzioni nelle zone ad alta pericolosità e/o vincolandoli ad interventi di messa in sicurezza. In certi casi è consigliabile anche incentivare lo spostamento degli insediamenti ed infrastrutture già esistenti in aree a pericolosità più bassa.

Gli interventi di più facile e immediata attuazione sono quelli relativi alla riduzione della Vulnerabilità: per alcune tipologie di frana è possibile, mediante sistemi ottici o sensori, effettuare un monitoraggio delle frane attive e quiescenti, come l’installazione di sistemi d'allarme. Ma il rimedio più efficace è l’informazione capillare della popolazione sui rischi a cui è esposta nei luoghi che frequenta, e mettere in pratica numerose iniziative per educare i singoli cittadini ad attuare buone pratiche per la riduzione del rischio sui propri beni e su come comportarsi in caso di emergenza.

Ad esempio per i possessori di poderi e appezzamenti di terreno in zone a pericolosità da frana elevata o molto elevata, per scongiurare il verificarsi di un dissesto è opportuno che i terreni siano periodicamente puliti e che venga effettuata un’opportuna regimazione delle acque superficiali in modo che siano convogliate nei pluviali esistenti e che non erodano o imbibiscano i terreni superficiali, più suscettibili al dissesto.

IN CASO DI FRANA:

 ALLONTANARSI DALL'AREA IN FRANA IL PIU' VELOCEMENTE POSSIBILE;

 SCAPPANDO GUARDARE SEMPRE VERSO LA FRANA FACENDO ATTENZIONE A PIETREO AD ALTRI OGGETTI; NON ENTRARE NEGLI EDIFICI INTERESSATI DALLA FRANA PRIMA DI UNA VALUTAZIONE DEI TECNICI DELLA PROTEZIONE CIVILE;

 SEGNALARE LA PRESENZA DI EVENTUALI FERITI O PERSONE COINVOLTE AI SOCCORRITORI;

 RECARSI NELLA PROSSIMA AREA DI ATTESA.

DOPO ESSERSI MESSI AL SICURO, SEGNALARE L'EVENTO AI VIGILI DEL FUOCO, AI CARABINIERI

O ALLA POLIZIA LOCALE ED ATTENDERE L'INTERVENTO DEI SOCCORSI

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7.1.2 – Cosa fare in caso di allerta Idraulica Per questa tipologia di rischio è possibile realizzare interventi per ridurre la pericolosità per possibili esondazione dei corsi d’acqua, ma si tratta sempre di interventi molto dispendiosi e di lenta realizzazione.

Per ridurre l'esposizione è auspicabile agire a livello di previsione urbanistica, vietando gli interventi e le costruzioni nelle zone ad alta pericolosità e/o vincolandoli ad interventi di messa in sicurezza. In certi casi è consigliabile anche incentivare lo spostamento degli insediamenti ed infrastrutture già esistenti in aree a pericolosità più bassa. Inoltre è opportuno in certi casi vietare l’accesso a persone e veicoli in aree ad alta pericolosità.

Gli interventi di più facile e immediata attuazione sono quelli relativi alla riduzione della Vulnerabilità: effettuare un monitoraggio delle piene e della meteorologia tramite l’installlazione di idrometri e pluviometri nei bacini e lungo le aste fluviali più a rischio, installazione di sistemi d'allarme acustici contro le piene per avvisare in tempo reale la popolazione dell’arrivo di ondate di piena, informazione capillare della popolazione sui rischi a cui è esposta nei luoghi che frequenta, educare la popolazione ad attuare buone pratiche per la riduzione del rischio e su come comportarsi in caso di emergenza, e mettere in pratica numerose iniziative per educare i singoli cittadini ad attuare buone pratiche per la riduzione del rischio sui propri beni e su come comportarsi in caso di emergenza.

Ad esempio per i proprietari di abitazioni e beni immobili in aree a pericolosità idraulica elevata o molto elevata, se non è possibile la delocalizzazione, è opportuno l’incentivo ad installare opere di autosicurezza, mediante sistemi d’allarme, e installazione di infissi stagni o paratie agli accessi esposti alle alluvioni, anche con sistemi e rilevatori automatici.

PRIMA DELL'EVENTO (noto lo stato di allerta METEO)

 CHIUDERE/BLOCCARE LE PORTE DI CANTINE E SEMINTERRATI;

 PREDISPORRE POSSIBILI PROTEZIONI DEI LOCALI A PIANO TERRA;

 PORRE AL SICURO LA PROPRIA AUTOVETTURA IN ZONE RAGGIUNGIBILI;

 VERIFICARE GLI AGGIORNAMENTI DAI MEZZI DI COMUNICAZIONE (RADIO, TV, INTERNET);

DURANTE L'EVENTO

 SE SI È IN AUTO SPEGNERE SUBITO IL MOTORE ED USCIRE SUBITO DALL'AUTOVETTURA;

 SE SI È PER STRADA, CERCARE RIPARO ALL'INTERNO DI PIANI ALTI DI EDIFICI;

 EVITA DI TRANSITARE O SOSTARE LUNGO GLI ARGINI DEI CORSI D’ACQUA, SOPRA PONTI O PASSERELLE;

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 SE SI È DENTRO EDIFICI, RAGGIUNGERE I PIANI ALTI SENZA USARE GLI ASCENSORI ED ASPETTARE L'ARRIVO DEI SOCCORSI; SE SI È IN CAMPAGNA, CERCARE RIFUGIO SICURO RIMANENDO LONTANO DAI PALI DELLA LUCE O STRUTTURE LEGGERE E RIMANERE LONTANI DA ALBERI CHE POTREBBERO ESSERE COLPITI DA FULMINI;

 AIUTARE I DISABILI E GLI ANZIANI PRESENTI NELL'EDIFICIO A METTERSI AL SICURO;

 LIMITARE GLI SPOSTAMENTI A QUELLI ESTREMEMENTE NECESSARI RECARSI NELLA PROSSIMA AREA DI ATTESA

DOPO ESSERSI MESSI AL SICURO, SEGNALARE L'EVENTO AI VIGILI DEL FUOCO, AI CARABINIERI O ALLA POLIZIA LOCALE ED ATTENDERE L'INTERVENTO DEI SOCCORSI.

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7.1.3 – Cosa fare in caso di allerta Incendio boschivo o di interfaccia Per ridurre la pericolosità e anche l’esposizione di beni al pericolo di incendi, oltre agli interventi strutturali preposti dagli Enti competenti (es. metodi di monitoraggio e avvistamenti, viali e piste tagliafuoco, ecc…) è possibile a livello comunale disporre apposite ordinanze che valgano nel periodo estivo (generalmente nel periodo compreso fra maggio-giugno ed ottobre), dove sia fatto obbligo, ai proprietari e/o conduttori di aree private e/o pubbliche incolte o abbandonate ricadenti in zone con folta vegetazione (in aree antropizzate e non), anche in terreni in genere non edificati, o aree a verde in precario stato di manutenzione, di procedere a propria cura e spese, entro un periodo prestabilito, alla ripulitura di tali terreni da stoppie, frasche, cespugli, arbusti e residui di coltivazione; al taglio di siepi vive, erbe e rami che si protendono sul ciglio stradale; allo sgombero da detriti, immondizie, materiali putrescibili e quant'altro possa essere veicolo di incendio.

È opportuno porre inoltre il divieto di accensione di fuochi e uso esterno di attrezzi o apparecchi a fiamma libera e, per i possessori o rivenditori di impianti esterni di GPL e gasolio, in serbatoi fissi, per uso domestico e non, porre l'obbligo di mantenere sgombra e priva di vegetazione l'area circostante al serbatoio per un raggio non inferiore a mt. 5.00, fatte salve disposizioni che impongono maggiori distanze. È opportuna anche un’educazione ambientale, nelle scuole, associazioni, ecc., volta ad informare la popolazione sui corretti comportamenti da tenere in zone agricole, rurali o boscate, così come nelle aree verdi urbane, per prevenire gli incendi boschivi (es. non accendere fuochi o gettare mozziconi di sigaretta, ecc…), e l’informazione sui corretti comportamenti da adottare se coinvolti in un incendio. Si riportano di seguito alcuni corretti comportamenti da adottare in sintesi in caso di coinvolgimento in un incendio:

 IN TUTTI I LUOGHI, APERTI O CHIUSI, NON USARE MAI FIAMME LIBERE SPECIALMENTE NEI PERIODI DI MAGGIORE SICCITÀ;

 NON UTILIZZARE A SPROPOSITO QUALUNQUE TIPO DI FUOCO D'ARTIFICIO;

 NON GETTARE SIGARETTE E NON LASCIARE NEI BOSCHI RIFIUTI O MATERIALE INFIAMMABILE;

 SEGNALARE L'EVENTO IMMEDIATAMENTE CHIAMANDO IL VIGILI DEL FUOCO AL 115 O LA GUARDIA FORESTALE AL 1515 INDICANDO: INDIRIZZO ESATTO ED INFORMAZIONI CHE CONSENTANO DI RAGGIUNGERE RAPIDAMENTE IL LUOGO, NUMERO TELEFONICO DAL QUALE SI STA CHIAMANDO, SE SI TRATTA DI UN INCENDIO VICINO A NUCLEO ABITATIVO, LA PRESENZA DI PERSONE EVENTUALMENTE IN PERICOLO E INTRAPPOLATE IN CASA;

 ASSICURARSI CHE I LUOGHI CHIUSI FREQUENTATI SIANO DOTATI DI MEZZI E STRUTTURE ANTINCENDIO COME SEGNALETICA, ESTINTORI E SCALE D'EMERGENZA.

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COSA FARE DURANTE UN INCENDIO SE SI E’ AL CHIUSO  MANTENERE LA CALMA E PENSARE ALLA PLANIMETRIA DELL'EDIFICIO: SE ESISTONO SCALE DI EMERGENZA UTILIZZARLE OPPURE CERCARE UNA VIA DI FUGA E INDIRIZZARSI VERSO L'AREA DI ATTESA PIÙ VICINA DOVE CI SARANNO SQUADRE DI SOCCORRITORI;

 SE NON VI SONO VIE DI FUGA STENDERSI SUL PAVIMENTO, PERCHÈ I GAS ED I FUMI TENDONO A SALIRE VERSO L'ALTRO;

 NON RIPARARSI IN AMBIENTI SENZA APERTURE O CHE SI TROVANO SOPRA L'INCENDIO;

 NON USARE L'ASCENSORE PERCHÈ PUÒ BLOCCARSI RIMANENDO ESPOSTO AL CALORE ED AI FUMI;

 SE SI È INTRAPPOLATI, RICORDARE CHE IL LUOGO PIÙ SICURO È IL BAGNO DOVE C'È L'ACQUA E DOVE I RIVESTIMENTI DELLE PARETI NON SONO INFIAMMABILI. UNA VOLTA DENTRO BAGNARE LA PORTA E CHIUDERE TUTTE LE FESSURE CON ASCIUGAMANI BAGNATI;

 SE I VESTITI PRENDONO FUOCO ROTOLARSI SUL PAVIMENTO CERCANDO DI SOFFOCARE LE FIAMME ED OVE POSSIBILE USARE L'ACQUA;

 EVITARE GESTI EROICI, NON TENTARE DI SPEGNERE DA SOLO L'INCENDIO. E' MEGLIO CHIAMARE AIUTO E METTERSI AL SICURO.

COSA FARE DURANTE UN INCENDIO SE SI E’ ALL’APERTO  SEGNALARE LA PRESENZA DI UN INCENDIO AI VIGILI DEL FUOCO AL NUMERO 115 OPPURE ALLA GUARDIA FORESTALE AL 1515 INDICANDO: INDIRIZZO ESATTO ED INFORMAZIONI CHE CONSENTANO DI RAGGIUNGERE RAPIDAMENTE IL LUOGO, NUMERO TELEFONICO DAL QUALE SI STA CHIAMANDO. SE SI TRATTA DI UN INCENDIO VICINO A NUCLEO ABITATIVO, LA PRESENZA DI PERSONE EVENTUALMENTE IN PERICOLOO E INTRAPPOLATE IN CASA;

 NON TENTARE DI SPEGNERE L'INCENDIO;

 RICORDARSI CHE NEI PERIODI DI MAGGIORE SICCITÀ È VIETATO ACCENDERE FUOCHI NEI BOSCHI;

 PRESTARE ATTENZIONE A NON RIMANERE INTRAPPOLATI DALLE FIAMME, PROTEGGENDOSI SEMPRE DAL FUMO CON UN FAZZOLETTO UMIDO POSTO SULLA BOCCA E SUL NASO;

 NON RIPARARSI IN ANFRATTI O CAVITÀ DEL TERRENO;

 RICORDARSI CHE IL FUOCO SI PROPAGA PIÙ VELOCEMENTE IN SALITA, PER CUI NON SALIRE MAI VERSO LA PARTE ALTA DEL LUOGO IN CUI SI TROVA;

 SE È DISPONIBILE DELL'ACQUA UTILIZZARLA SULLE FOGLIE SECCHE, SULL'ERBA E SULLA BASE DEGLI ARBUSTI. BATTERE IL FUOCO CON FRASCHE BAGNATE;

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 INDIRIZZARSI VERSO LE AREE D'ATTESA PIÙ VICINE DOVE SARANNO PRESENTI¬ SQUADRE DI SOCCORSO.

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8 – GLOSSARIO E DEFINIZIONI

Aree di accoglienza: Luoghi in grado di accogliere e assistere la popolazione allontanata dalle proprie abitazioni. Possono consistere in luoghi già esistenti come strutture fieristiche e mercati (utili per eventi non superiori alle 24/48 ore) o centri di accoglienza, come scuole e alberghi per periodi temporanei o tendopoli sempre per periodi brevi o moduli prefabbricati (utili per eventi non superiori alle 48 ore). Aree di ammassamento: Luoghi, in zone sicure rispetto alle diverse tipologie di rischio, dove dovranno trovare sistemazione idonea i soccorritori e le risorse necessarie a garantire un razionale intervento nelle zone di emergenza. Tali aree dovranno essere facilmente raggiungibili attraverso percorsi sicuri, anche con mezzi di grandi dimensioni, e ubicate nelle vicinanze di risorse idriche, elettriche ed con possibilità di smaltimento delle acque reflue. Il periodo di permanenza in emergenza di tali aree è compreso tra poche settimane e qualche mese. Avviso: documento emesso, se del caso, dal DPC o dalle regioni per richiamare ulteriore e specifica attenzione su possibili eventi comunque segnalati nei Bollettini di vigilanza meteo e/o di criticità. Può riguardare eventi già previsti come particolarmente anomali o critici, o eventi che in modo non atteso, ma con tempi compatibili con le possibilità e l’efficacia delle attività di monitoraggio strumentale e di verifica degli effetti sul territorio, evolvono verso livelli di criticità superiore. Il documento è reso disponibile al Servizio Nazionale della Protezione Civile, affinché, sulla base di procedure univocamente e autonomamente stabilite e adottate dalle regioni, siano attivati i diversi livelli di allerta a cui corrispondono idonee misure di prevenzione e di gestione dell’emergenza. Avviso di criticità regionale: nelle more dell’attivazione del Centro Funzionale Decentrato è un documento emesso dal Centro Funzionale Centrale (in base al principio di sussidiarietà), in cui é esposta una generale valutazione del manifestarsi e/o dell’evolversi di eventi con livelli di criticità almeno moderata o elevata. L’Avviso riporta il tipo di rischio ed il livello di criticità atteso per almeno le successive 24 ore in ogni zona d’allerta. L'adozione dell'Avviso è di competenza del Presidente della Giunta Regionale o del soggetto da lui a tal fine delegato sulla base della legislazione regionale in materia. Avviso nazionale di avverse condizioni meteorologiche (o Avviso meteo nazionale) Documento emesso dal Dipartimento della Protezione Civile nel caso di più Avvisi meteo regionali e/o di eventi meteorologici stimati di riconosciuta rilevanza a scala sovra regionale. L’Avviso meteo nazionale è costituito quindi dall'integrazione degli Avvisi meteo regionali e dalle valutazioni effettuate dal Dipartimento stesso relativamente alle regioni presso le quali il Centro Funzionale Decentrato non sia ancora stato attivato o non sia autonomo nei riguardi delle previsioni meteorologiche. Avviso regionale di condizioni meteorologiche avverse (o Avviso meteo regionale): documento emesso dal Centro Funzionale Decentrato se attivato ed autonomo nei riguardi delle previsioni meteorologiche, in caso di previsione di eventi avversi di riconosciuta rilevanza a scala regionale. Bollettino: documento emesso quotidianamente dal Centro Funzionale Centrale o Decentrato, in cui è rappresentata una previsione degli eventi attesi, sia in termini di fenomeni meteorologici che in termini di valutazione dei possibili conseguenti effetti al suolo. La previsione è da intendersi in senso probabilistico, associata a livelli di incertezza significativa e che permane per alcune tipologie di fenomeni, ad es. Temporali. Il documento è reso disponibile al Servizio Nazionale della Protezione Civile, affinché, sulla base di procedure univocamente ed autonomamente stabilite e adottate dalle regioni, siano attivati i diversi livelli di allerta a cui corrispondono idonee misure di prevenzione e di gestione dell’emergenza. Bollettino di criticità idrogeologica e idraulica: bollettino emesso dal Centro Funzionale Centrale per segnalare la valutazione dei livelli di criticità idrogeologica e idraulica mediamente attesi, per le 36 ore successive dal momento dell’emissione, sulle zone di allerta in cui è suddiviso il territorio italiano.Il documento rappresenta la valutazione del possibile verificarsi, o evolversi, di effetti al suolo (frane e alluvioni) dovuti a forzanti meteorologiche, sulla base di scenari di evento predefiniti. La previsione è quindi da intendersi in senso probabilistico, come grado di probabilità del verificarsi di predefiniti scenari di rischio in un’area dell’ordine non inferiore a qualche decina di chilometri. Bollettino di vigilanza meteorologica nazionale: bollettino emesso dal Centro Funzionale Centrale per segnalare i fenomeni meteorologici significativi previsti per le 36 ore successive dal momento dell’emissione, oltre la tendenza attesa per il giorno successivo su ogni zona di vigilanza meteorologica in cui è suddiviso il territorio italiano. Il documento rappresenta i fenomeni meteorologici rilevanti ai fini di Protezione Civile, di possibile impatto sul territorio per il rischio idrogeologico o idraulico, o per situazioni riguardanti il traffico viario e marittimo, o sulla popolazione in tutti gli aspetti che possono essere negativamente influenzati dai parametri meteorologici. Cancello: unti obbligati di passaggio per ogni mezzo di soccorso, particolarmente se provenienti da territori confinanti, per la verifica dell'equipaggiamento e l'assegnazione della zona di operazione. Sono presidiati preferibilmente da uomini

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Aggiornamento Piano di Emergenza Comunale di Protezione Civile – Anno 2017 Cap. 1 - Relazione Generale delle forze di Polizia (Municipale o dello Stato) eventualmente insieme ad operatori del sistema di soccorso sanitario, ma comunque in collegamento con le Centrali Operative 118 o le strutture di coordinamento della Protezione Civile attivate localmente (CCS, COM, COC). Centro Funzionale per finalità di Protezione Civile (rete dei CF): Rete di centri di supporto alle decisioni delle autorità competenti per le allerte e per la gestione dell’emergenza. Ai fini delle funzioni e dei compiti valutativi, decisionali, e delle conseguenti assunzioni di responsabilità, la rete dei Centri Funzionali è costituita dai Centri Funzionali Regionali, o Decentrati e da un Centro Funzionale Statale o Centrale, presso il Dipartimento della Protezione Civile. La rete dei Centri Funzionali opera secondo criteri, metodi, standard e procedure comuni ed è componente del Servizio Nazionale della Protezione Civile. Il servizio svolto dalla rete, nell’ambito della gestione del sistema di allertamento nazionale per il rischio idrogeologico ed idraulico, si articola in due fasi: la fase di previsione circa la natura e l’intensità degli eventi meteorologici attesi, degli effetti che il manifestarsi di tali eventi potrebbe determinare sul territorio, nella valutazione del livello di criticità atteso nelle zone d’allerta e la fase di monitoraggio e sorveglianza del territorio. Centro Servizi Regionale: è una struttura operativa permanente costituita da magazzini per lo stoccaggio di materiale assistenziale e di pronto intervento da utilizzare in eventi calamitosi in Italia e all’estero. Nella Regione Sardegna è dislocato presso il Centro Servizi della Protezione Civile di Macchiareddu – VI° Strada Ovest – Uta (CA). COC - Centro Operativo Comunale: Struttura operativa attivata dal Sindaco in emergenza o in previsione di una emergenza per la direzione e il coordinamento delle attività del presidio territoriale locale e dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione. COI - Centro Operativo: Intercomunale Struttura operativa sovra comunale in grado di assicurare l’erogazione di un servizio di protezione civile ai Comuni tra loro associati e che hanno sottoscritto una specifica convenzione, nella chiarezza dei rapporti istituzionali evitando sovrapposizioni di attività; viene attivato in emergenza o in previsione di una emergenza per la direzione e il coordinamento delle attività del presidio territoriale intercomunale locale e dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione. COM - Centro Operativo Misto: Struttura operativa che coordina i servizi di emergenza a livello provinciale. Il COM deve essere collocato in strutture antisismiche realizzate secondo le normative vigenti, non vulnerabili a qualsiasi tipo di rischio. Le strutture adibite a sede COM devono avere una superficie adeguata al fine di garantire una suddivisione interna che preveda almeno: una sala per le riunioni, una sala per le funzioni di supporto, una sala per il volontariato, una sala per le telecomunicazioni. COP – Centro Operativo Provinciale: struttura operativa provinciale che coincide con le sale operative dei Servizi Territoriali Ispettorati Ripartimentali del CFVA, è dedicata , in modo integrato, alla gestione del rischio incendi con tutte le componenti provinciali di protezione civile. CCS - Centro Coordinamento Soccorsi: massimo organo di coordinamento delle attività di Protezione Civile in emergenza a livello provinciale, composto dai responsabili di tutte le strutture operative che operano sul territorio. I CCS individuano le strategie e gli interventi per superare l'emergenza anche attraverso il coordinamento dei COM - Centri Operativi Misti. Sono organizzati in funzioni di supporto. CFVA: Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale CFS: Corpo Forestale dello Stato Colonna mobile regionale (CMR): la Colonna Mobile Regionale nasce da un progetto della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e prevede che tutte le Regioni e le Province autonome abbiano strutture funzionali modulari intercambiabili in grado di garantire standard operativi strumentali e di prestazione omogenei per tutti gli interventi e piena autosufficienza per l’intera durata dell’emergenza. La Colonna mobile è costituita dall’insieme di uomini, attrezzature e procedure e nell’estensione più ampia di intervento si articola in: • moduli assistenza alla popolazione, • moduli produzione e distribuzione pasti, • moduli telecomunicazioni in emergenze, • modulo segreteria e comando, • modulo logistica per gli addetti ed i soccorsi, • modulo sanitario Pma, • Posto medico avanzato Componenti del Servizio nazionale della Protezione Civile: Ai sensi dell’art. 6 della Legge n. 225/92, sono Componenti del Servizio Nazionale della Protezione Civile le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e le

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Comunità Montane che, secondo i rispettivi ordinamenti e le rispettive competenze, provvedono all’attuazione delle attività di Protezione Civile. Concorrono alle attività di Protezione Civile anche enti pubblici, istituti e gruppi di ricerca scientifica, ogni altra istituzione e organizzazione anche privata, e i cittadini, i gruppi associati di volontariato civile, gli ordini e i collegi professionali. DOS: Direttore delle operazioni di spegnimento, operatore del CFVA che coordina le attività di spegnimento e bonifica degli incendi; Esposizione: è il numero di unità (o "valore") di ognuno degli elementi a rischio presenti in una data area, come le vite umane o gli insediamenti. EFS: Ente Foreste della Sardegna. Evento: fenomeno di origine naturale o antropica in grado di arrecare danno alla popolazione, alle attività, alle strutture e infrastrutture, al territorio. Gli eventi, ai fini dell'attività di Protezione Civile, si distinguono in: a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; c) calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo (art.2, legge n. 225/92, modificato dal decreto legge n. 59 del 15 maggio 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 100 del 12 luglio 2012). Evento atteso: Rappresenta l'evento, in tutte le sue caratteristiche (intensità, durata, etc.) che la Comunità Scientifica si aspetta possa accadere in una certa porzione di territorio, entro un determinato periodo di tempo. Evento non prevedibile: l'avvicinarsi o il verificarsi di tali eventi non è preceduto da alcun fenomeno (indicatore di evento) che consenta la previsione. Evento prevedibile: un evento si definisce prevedibile quando è preceduto da fenomeni precursori. Fasi operative: l'insieme delle azioni di Protezione Civile centrali e periferiche da intraprendere prima (per i rischi prevedibili), durante e dopo l'evento. Funzioni di supporto: ostituiscono la struttura organizzativa di base dei centri operativi e rappresentano i diversi settori di attività della gestione dell’emergenza. Ciascuna Funzione è costituita da rappresentanti delle strutture che concorrono, con professionalità e risorse, per lo specifico settore ed è affidata al coordinamento di un responsabile. Le funzioni di supporto vengono attivate, negli eventi emergenziali, in maniera flessibile, in relazione alle esigenze contingenti e in base alla pianificazione di emergenza. Indicatore di evento: l'insieme dei fenomeni precursori e dei dati di monitoraggio che permettono di prevedere il possibile verificarsi di un evento. Livelli di allerta: scandiscono i momenti che precedono il possibile verificarsi di un evento e sono legati alla valutazione di alcuni fenomeni precursori in relazione ai valori di soglia che un indicatore quantitativo dello stato idrologico (livello pluviometrico, idrometrico e nivometrico) può assumere conseguentemente alla realizzazione di uno stato meteorologico favorevole all’insorgenza del rischio. Livelli di criticità: scala articolata su 3 livelli che definisce, in relazione ad ogni tipologia di rischio, uno scenario di evento che si può verificare in un ambito territoriale. Per il rischio idrogeologico e idraulico sono definiti i livelli di criticità ordinaria, moderata ed elevata. La valutazione dei livelli di criticità è di competenza del Centro Funzionale Centrale, in base al principio di sussidiarietà. Metodo Augustus: è uno strumento semplice e flessibile di indirizzo per la pianificazione di emergenza ai diversi livelli territoriali di competenza. La denominazione deriva dall’idea dell’imperatore Ottaviano Augusto che “il valore della pianificazione diminuisce con la complessità dello stato delle cose”. Messa in sicurezza d’emergenza: interventi mirati a ridurre il rischio in un determinato ambiente attuati tempestivamente in caso di emergenza, anche in via provvisoria, con la finalità primaria di salvaguardia della vita umana. Modello di Intervento: consiste nell'assegnazione delle responsabilità nei vari livelli di comando e controllo per la gestione delle emergenze, nella realizzazione del costante scambio di informazioni nel sistema centrale e periferico di Protezione Civile, nell'utilizzazione delle risorse in maniera razionale. Rappresenta il coordinamento di tutti i centri operativi dislocati sul territorio.

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Organizzazione regionale di volontariato di Protezione Civile: organismo liberamente costituito e senza fini di lucro che svolge o promuove attività di previsione, prevenzione e soccorso per eventi di Protezione Civile. Si avvalgono prevalentemente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti, curandone anche le attività di formazione e addestramento. L’organizzazione è iscritta negli elenchi regionali, ed eventualmente nell’elenco nazionale del Dipartimento della Protezione Civile. PCA – Posto di Comando Avanzato: il PCA è una struttura mobile che viene attivata dal Centro Operativo Provinciale (COP) al fine di assicurare il coordinamento locale delle attività di spegnimento degli incendi di interfaccia, o che evolvono in tale tipologia, o nel caso l’incendio assuma particolare gravità per intensità ed estensione e comporti l’apprestamento di interventi di soccorso pubblico. Il PCA è composto da un ufficiale del CFVA, un funzionario VV.F ed il Sindaco del Comune interessato dall'evento (o un suo delegato). Pericolosità (H): capacità o possibilità di costituire un pericolo, di provocare una situazione o un evento di una determinata intensità (I), indesiderato o temibile. Piano comunale o intercomunale di Protezione Civile: Piano redatto dai comuni per gestire adeguatamente l’attività di prevenzione ed un’emergenza ipotizzata nel proprio territorio, sulla base degli indirizzi regionali, come indicato dal DLgs. 112/1998. Tiene conto dei vari scenari di rischio considerati nei programmi di previsione e prevenzione stabiliti dai programmi e piani regionali. Prevenzione: attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti ad un evento calamitoso. Nell’ambito delle attività e compiti di protezione civile, ai sensi della vigente normativa, la prevenzione si esplica in attività non strutturali concernenti l'allertamento, la pianificazione di emergenza, la formazione, la diffusione della conoscenza della protezione civile, l’informazione alla popolazione e l'attività di esercitazione. Previsione: la previsione consiste nelle attività, svolte anche con il concorso di soggetti scientifici e tecnici competenti in materia, dirette all'identificazione degli scenari di rischio probabili e, ove possibile, al preannuncio, al monitoraggio, alla sorveglianza e alla vigilanza in tempo reale degli eventi e dei conseguenti livelli di rischio attesi. La previsione è quindi un’azione di tipo conoscitivo che deve fornire un quadro generale obiettivo delle aree vulnerabili e del rischio al quale sono sottoposte le persone ed i beni in esse presenti. Previsioni meteorologiche a scala sinottica ai fini della Protezione Civile: previsione di eventi meteorologici predisposta dal Gruppo tecnico meteo, adottate dal Dipartimento sull’intero territorio nazionale per le successive 72 ore, al fine di consentire alle aree di previsione meteorologica dei Centri Funzionali decentrati di produrre ed interpretare le proprie previsioni ad area limitata (a scala regionale e provinciale) e al Dipartimento di emettere un Bollettino di vigilanza meteorologica giornaliera nazionale. Rischio: il rischio può essere definito come il valore atteso di perdite (vite umane, feriti, danni alle proprietà e alle attività economiche) dovute al verificarsi di un evento di una data intensità, in una particolare area, in un determinato periodo di tempo. Il rischio quindi è traducibile nell'equazione: R = P x V x E • P = Pericolosità: è la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo, in una data area. • V = Vulnerabilità: la Vulnerabilità di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità. • E = Esposizione o Valore esposto: è il numero di unità (o “valore”) di ognuno degli elementi a rischio (es. vite umane, case) presenti in una data area. Sala Operativa Regionale Integrata (SORI): struttura operativa regionale dedicata alla gestione integrata multi rischio, nella quale sono messe a sistema tutte le funzioni di supporto necessarie alla gestione e superamento dell’emergenza, con una organizzazione generale e condivisa dei soccorsi a livello regionale da parte di tutte le componenti regionali e statali del sistema di protezione civile. Sala Operativa Unificata Permanente (SOUP) struttura operativa regionale dedicata alla gestione del rischio incendi, è integrata con la Sala Operativa Regionale Integrata (SORI). Le funzioni “spegnimento” incendi con mezzi aerei e terrestri e il “censimento incendi”, coordinate operativamente nella sala operativa unificata permanente, sono assegnate al Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale che ne è responsabile. Le funzioni “previsione pericolo incendi”, “volontariato”, “assistenza alla popolazione” e i “rapporti con i mass media e la stampa” (ad eccezione della attività investigativa di competenza del CFVA) sono assegnate alla Direzione Generale della Protezione Civile che ne assume la responsabilità. La funzione “soccorso tecnico urgente alla popolazione” in merito agli interventi di soccorso tecnico urgente, coordinata operativamente nell’ambito delle attività della SOUP, sono assegnate alla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco.

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Sala Situazione Italia: Struttura del Dipartimento della Protezione Civile che ospita SISTEMA, centro di coordinamento nazionale che ha il compito di monitorare e sorvegliare il territorio nazionale, al fine di individuare le situazioni emergenziali previste in atto e seguirne l’evoluzione, nonché di allertare ed attivare le diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della Protezione Civile che concorrono alla gestione dell’emergenza. Scenario dell’evento: evoluzione nello spazio e nel tempo del solo evento prefigurato, atteso e/o in atto, pur nella sua completezza e complessità. Scenario di rischio: evoluzione nello spazio e nel tempo dell'evento e dei suoi effetti, della distribuzione degli esposti stimati e della loro vulnerabilità anche a seguito di azioni di contrasto. Scenario dell'evento atteso: valutazione preventiva del danno a persone e cose che si avrebbe al verificarsi dell'evento atteso. SISTEMA: Presso il Dipartimento della Protezione Civile è attivo un centro di coordinamento denominato Sistema che garantisce la raccolta, la verifica e la diffusione delle informazioni di Protezione Civile con l'obiettivo di allertare immediatamente, e quindi attivare tempestivamente, le diverse componenti e strutture preposte alla gestione dell'emergenza. Sistema opera 24 ore su 24, tutti i giorni dell'anno, con la presenza di personale del Dipartimento e delle strutture operative del Servizio nazionale della Protezione Civile di seguito elencate: • Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, componente fondamentale del Servizio Nazionale della Protezione Civile (art. 11 della legge 24 febbraio 1992, n. 225); • Forze Armate (attraverso il Comando operativo di vertice interforze); • Polizia di Stato; • Arma dei Carabinieri; • Guardia di Finanza; • Corpo Forestale dello Stato; • Capitanerie di Porto • Guardia Costiera. • Croce Rossa Italiana Sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico statale e regionale: È costituito dagli strumenti, dai metodi e dalle modalità stabiliti per sviluppare e per acquisire la conoscenza, le informazioni e le valutazioni, in tempo reale, relative al preannuncio, all'insorgenza e all'evoluzione dei rischi conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2 della legge n. 225/92 e s.m.i., al fine di allertare e di attivare il Servizio Nazionale della Protezione Civile ai diversi livelli territoriali. Soglia: Identificano i valori critici di precipitazione al superamento dei quali sono attesi effetti al suolo per cui scatta un livello di allerta. Le soglie di solito utilizzate per la verifica ed il monitoraggio e la sorveglianza in caso di condizioni meteorologiche avverse da tenere costantemente monitorati, anche a livello locale, sono le seguenti: soglie pluviometriche per l'identificazione dei dissesti come frane o smottamenti e processi torrentizi, e soglie idrometriche per la misura del livello del pelo libero dell'acqua nelle aste fluviali. Strutture operative nazionali: L’art. 11 della legge n. 225/92 e s.m.i. individua come strutture operative del Servizio nazionale: il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco quale componente fondamentale della Protezione Civile, le Forze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo Forestale dello Stato, la comunità scientifica, la Croce Rossa Italiana, le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, le Organizzazioni di volontariato, il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico - Cnsas-Cai. Sussidiarietà: E’ un principio giuridico-amministrativo che stabilisce come l’attività amministrativa volta a soddisfare i bisogni delle persone debba essere assicurata dai soggetti più vicini ai cittadini. Per “soggetti” s’intendono gli Enti pubblici territoriali (in tal caso si parla di sussidiarietà verticale) o i cittadini stessi, sia come singoli sia in forma associata o volontaristica (sussidiarietà orizzontale). Queste funzioni possono essere esercitate dai livelli amministrativi territoriali superiori solo se questi possono rendere il servizio in maniera più efficace ed efficiente. L’azione del soggetto di livello superiore deve comunque essere temporanea, svolta come sussidio (da cui sussidiarietà) e quindi finalizzata a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore nel più breve tempo possibile. Il principio di sussidiarietà è recepito nell'ordinamento italiano con l'art. 118 della Costituzione, come novellato dalla L.Cost. n. 3/2001. UOC – Unità Operative di Comparto: Coincidono con le Stazioni Forestali e di Vigilanza Ambientale del CFVA durante la campagna AIB per la gestione del rischio incendi, rappresentano la struttura operativa locale sovra comunale;

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Volontariato di Protezione Civile: Componente del Servizio Nazionale individuata dall'art. 6 della legge n. 225/92 e s.m.i., concorre alle attività di Protezione Civile in qualità di struttura operativa nazionale, con funzioni di supporto alle azioni di Protezione Civile adottate dalle istituzioni: previsione, prevenzione e soccorso per eventi di Protezione Civile. Specificamente formato e addestrato, opera mediante prestazioni personali, volontarie e gratuite, svolte da persone che aderiscono a organismi liberamente costituiti senza fini di lucro, inclusi i gruppi comunali di Protezione Civile. La partecipazione delle organizzazioni di volontariato al sistema pubblico di Protezione Civile è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 194 del 2001. Valore esposto (o Esposizione): Termine che indica l’elemento che deve sopportare l’evento, e può essere espresso dal numero di presenze umane, o dal valore delle risorse naturali ed economiche presenti ed esposte a un determinato pericolo. Il prodotto della vulnerabilità per il valore esposto indica le conseguenze di un evento per l’uomo, in termini di vite umane e di danni agli edifici, alle infrastrutture ed al sistema produttivo. Vulnerabilità: Attitudine di una determinata componente ambientale – popolazione umana, edifici, servizi, infrastrutture, etc. – a sopportare gli effetti di un evento, in funzione dell’intensità dello stesso. La vulnerabilità esprime il grado di perdite di un dato elemento o di una serie di elementi causato da un fenomeno di una data forza. È espressa in una scala da zero a uno, dove zero indica che non ci sono stati danni, mentre uno corrisponde alla distruzione totale. Zone di allerta: Ambiti territoriali in cui sono suddivisi i bacini idrografici, significativamente omogenei, per tipologia e severità degli eventi attesi, meteorologici e idrologici intensi, e dei relativi effetti. Sul territorio nazionale, sono identificate 133 zone di allerta, delimitate tenendo in considerazione le possibili tipologie di rischio presenti e l’evolversi nello spazio e nel tempo degli eventi e dei relativi effetti. La Sardegna, ai fini delle attività di previsione e prevenzione, è stata suddivisa in 7 zone di allerta. Zone di vigilanza meteo: Ambiti territoriali in cui è suddiviso il territorio nazionale, adeguatamente individuati secondo dei criteri di omogeneità meteo-climatica. Rappresentate nel Bollettino di Vigilanza Meteorologica nazionale, ad ognuna delle 45 aree sono associati un colore di sfondo e, quando opportuno, una certa casistica di simboli per fornire una descrizione di semplice impatto visivo dei fenomeni meteorologici significativi previsti sulle varie porzioni di territorio.

URAS, 10/10/2017

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