La Contea Di Modica (Secoli XIV-XVII). Atti Del Settimo Centenario. Bonanno Editore, Acireale
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
LA CONTEA DI MODICA (secoli XIV-XVII) Atti del Settimo Centenario a cura di Giuseppe Barone Volume secondo Il Seicento BONANNO EDITORE Proprietà artistiche e letterarie riservate Copyright © 2008 – Bonanno Editore ACIREALE – ROMA Internet: http//www.bonannoeditore.com E-mail: [email protected] INDICE G. BARONE, I caratteri “originali” pag. 7 G. BARONE, Costruire il blasone. Note sulle aristocrazie della contea nel Seicento »39 D. LIGRESTI, Dinamiche demografiche ed insediamenti »73 R. NICOTRA, Natalità, nuzialità e mortalità » 117 M. LEONARDI, Inquisizione e superstición nella contea » 149 P. M ONELLO, Tra feudalesimo e dinamismo sociale: la fondazione di Vittoria » 163 F. B ENIGNO, Il dilemma della fedeltà: l’Almirante di Castiglia e il governo della Sicilia » 195 C. DOLLO, I modelli neoterici e l’Empedocle redivivus di G.B. Hodierna » 219 R. M. NOBILE, Taglio della pietra e cantiere. Il mestiere della costruzione nella contea » 273 M. PAVONE, La contea nella storiografia erudita » 283 6 GIUSEPPE BARONE I CARATTERI “ORIGINALI” 1. Ebrei, neofiti ed eretici in una “civiltà di frontiera” Uno dei più significativi «caratteri originali» della contea di Modica durante la transizione tra medioevo ed età moderna va rintracciato nella sua centralità mediterranea, in quella tipologia di vera e propria «civiltà di frontiera» fra oriente ed occidente, fra islamismo e cristia- nesimo, che ha finito per esaltarne i tratti di società aperta e di cro- giuolo di culture. Luogo di intensi traffici e di scambi lungo le rotte marittime tra Europa e Nord-Africa, sin da quando diventa territorio istituzionalmente «organizzato» (nel XIV secolo) la contea assume un ruolo di cerniera culturale ed economica al centro del mare nostrum, grazie alla mediazione cosmopolita dei mercanti ebrei insediati lungo la costa sud-orientale dell’isola 1. La capillare presenza di comunità ebraiche a Modica, Ragusa e Scicli è tramandata dalla storiografia erudita ottocentesca, che sulla base dei repertori notarili del XV secolo ha disegnato il profilo con- vincente di un ceto “industrioso” ed abbastanza agiato, soprattutto perché era riuscito a monopolizzare l’industria molitoria ed il com- mercio dei cereali. La comunità di Modica si concentrava nel quartiere di Cartellone, sui costoni dell’Itria fino all’Olivella, dove fiorivano numerosi laboratori di artigianato tessile e del ferro. A Ragusa Ibla l’antica zona di Porta Mulini, prospiciente la vallata di S. Leonardo, ospitava a ridosso del ghetto le attività di magazzinaggio e di macina- zione del frumento. A Scicli la toponomastica ha conservato a lungo le originarie denominazioni giudaiche: i quartieri della «giudecca», della «senia» e della «meschita», l’area riservata alle botteghe artigiane 1 E. ROTH, The History of Jews of Italy, Philadelphia 1946, pp. 248-252. Cfr. pure l’aggiornata sintesi di D. ABULAFIA, Le comunità di Sicilia dagli arabi all’espulsione (1493), in Storia d’Italia, Annali, vol. 11, Gli ebrei in Italia, a cura di C. Vivanti, Einaudi, Torino 1996, pp. 47-83. 7 («li putej di li judey»), i nomi di località extra moenia (pozzo del giudeo, celso del giudeo, ecc.). Una prima sinagoga era stata edificata vicino al cimitero cristiano, alle pendici del colle di S. Matteo dove si estendeva l’antico centro abitato arroccato attorno alla chiesa matrice: una bolla papale di Callisto III ed un rescritto reale di Alfonso il magnanimo, che nel 1456 ordinavano la demolizione delle «meschite» prossime alle chiese cattoliche, costrinsero i rabbini locali a trasferirne la sede e ad acquistare nel 1461 una grotta non lontana dalla cosid- detta porta di Modica dove si trovava ubicato il ghetto. Negli stessi anni una seconda sinagoga era aperta al culto alla base di un’altra collina su cui sarebbe sorto in seguito il convento della Croce. La storiografia municipale non ha mancato di rimarcare il prestigio e la forza economica della colonia ebraica: «era gente ricca e possidente – annota lo Spadaro nelle sue Relazioni storiche della città di Scicli – che esercitò animato commercio con l’isola di Malta». Anche il Pacetto nelle Memorie istoriche civili e ecclesiastiche afferma come sin dal me- dioevo «gli Ebrei mantenevano quella sorta di mulini chiamati centimoli, ed allorché la città dal monte fu trasportata nella bassa pianura, si ebbero nuovi mulini ad acqua, i quali ancora si distinguono perché riposano nel giorno di sabato; e li approvvigionavano sempre con tale condizione di non farli molire i giorni di sabato, rispettando il divieto della mosaica legge. Possedevano altresì taluni predii, giardini e mas- serie, sempre negoziando con la vicina Malta e altrove» 2. Alla metà del XV secolo le comunità ebraiche della contea registra- rono l’acme della potenza economica e politica: in base ad una pram- matica di re Alfonso nel 1446 esse non erano soggette ad altro magi- strato civile e criminale fuorché lo stesso conte, che si riservava di giu- dicare personalmente il loro operato. I Cabrera protessero i ricchi mer- canti ebrei, che non solo assicuravano il regolare commercio dei grani nel caricatoio di Pozzallo, ma soprattutto prestavano loro denaro in un periodo di gravi difficoltà finanziarie e politiche. Se già Bernat Cabrera aveva dovuto subire un processo regio per usurpazione di feudi, ben maggiori difficoltà aveva incontrato il successore Giovanni Bernardo, costretto prima a fronteggiare le rivolte popolari di Modica, Ragusa e Scicli e poi ad alienare Comiso, Monterosso, Giarratana e Spaccaforno 2 Relazioni storiche della città di Scicli scritte dal barone Benedetto Spadaro, Stam- peria dell’Intendenza, Noto 1845, pp. 61-62; Memorie istoriche civili ed ecclesiastiche della città di Scicli raccolte e compilate dal canonico Giovanni Pacetto, pp. 167-168 del manoscritto che si conserva presso la Biblioteca Comunale La Rocca di Scicli. 8 per pagare nel 1453 la multa di 60 mila fiorini al regio fisco. In parti- colare, la sollevazione antifeudale conferma la precarietà degli equilibri politici e sociali nella contea: il brusco peggioramento della congiuntu- ra economica, la crisi commerciale, i cattivi raccolti e gli abusi fiscali delle magistrature locali appiccano il fuoco dei tumulti 3. Per due decenni ancora, tuttavia, fu possibile restaurare un clima di tolleranza religiosa e di sincretismo culturale, testimoniato dalla inten- sità delle relazioni economiche e sociali. Matrimoni e compravendite tra ebrei e cristiani a Scicli sono documentati nei repertori dello stesso notaio Francesco Issisa negli anni 1458-1462: ad esempio, il nobile Bernardo Iozzia concede in enfiteusi a Gabriele «iudeu sacerdotu un palaczotu in contrata di la Balata cunfinanti cum grupta di Sadoni judiu di David». La stessa frequenza con cui compaiono negli atti coevi nomi come quelli di «Mattheu Fidichicu» (si noti l’unione tra il nome del santo patrono ed il cognome di un «cieco della fede») op- pure «Xibile Brachuchi», conferma di un processo in corso di integra- zione socioculturale. Un atto del notaio Xifo del 1481 riferisce che «Alamoj sacerdotu, Muxe Chicu et Brachinellus lu riccu, judei majio- rentes judeorum, facto consiglio jntra la judia» autorizzarono Maxe de Brachuchi ad acquistare l’utile dominio di un fabbricato contiguo alla porta di Modica, dove si trovava collocato il ghetto. Anche nel Rollo della Confraternita di S. Maria la Nova sono diversi gli atti registrati di affari conclusi tra i confrati di S. Maria della Pietà ed ebrei che si obbligavano a pagare i censi dovuti alla chiesa 4. Su equilibri così fragili si sarebbero però abbattuti i pogrom del 1474 e il decreto generale di espulsione del 1492. A Palermo, Sciacca, Messina Augusta, Noto e nella contea la caccia agli ebrei, l’assalto alle «meschite» ed il saccheggio dei beni coincidono con le festività mariane dell’Ascensione e della Natività (15 agosto e 8 settembre) ed assumono le forme del rito sacrificale violento, giustificato dalla risorgente mi- naccia turca e dallo spirito di “crociata”. Nel mutato quadro mediter- raneo, dove alla reconquista castigliana fa da contrappunto l’espansione ottomana, la crisi del 1474 esprime l’improvviso radicalizzarsi di un’identità cristiano-cattolica in funzione antislamica ed antiebraica. Il 3 H. BRESC, Un monde méditerranéen. Èconomie et société en Sicile 1300-1450, Accademia di scienze, lettere ed arti, Palermo 1986, pp. 737-741. 4 Rollu de li acti di la Ecclesia Sancta Maria Pietati di Xicli anno Domini MCCCXI amen, doc. 89 sgg. Si tratta di una copia cinquecentesca conservata in «Archivio dell’Opera Pia Busacca di Scicli», vol. 364, fasc. 13. 9 15 agosto «lu populu di Modica si hagia congregatu cum diversi lignagi di armi, zoe e spati lanzi e balestri, et hagi tumultuatu et insultatu li judey, occidendu di loru tantu masculi comu fimini grandi e picchuli circa trichentu sissanta, scassanduchi li porti cum violencia et arrobanduli, et da poi manu armata hagiano andatu per la terra costringendu li officiali a fari marturizzari certi judey, et vindigniandu li vigni dili dicti judey et commictendu altri et diversi delicti» 5. I tumulti si ripeterono a Scicli, forse innescati da gesti sacrileghi compiuti da ebrei, ed anche in questo caso la furia distruttiva devastò proprietà e fabbricati, bruciò libri e scritture notarili. La contrapposizione ideologico-religiosa, tuttavia, era alimentata anche da tensioni e lotte di potere sul terreno politico. Non a caso, la ricerca di Giovanni Modica Scala prende le mosse dall’assas- sinio di Sabatino Gima, “proto” della comunità di Ragusa, compiuto nel 1471 da Joseph Riczuni