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L’ALIMENTAZIONE

L’IMPORTANZA DEL CIBO

Il cibo è sempre stato importante per l’uomo; fin dalla preistoria veniva usato come mezzo per vivere ma con l’evoluzione è diventato un piacere e un mezzo per stare insieme e divertirsi.

Purtroppo, però, anche negli anni 2000 ci sono paesi che non hanno abbastanza cibo e altri che ne hanno troppo e lo sprecano.

Mi hanno colpito molto le parole di papa Francesco: “il pianeta ha cibo per tutti ma sembra che manchi la volontà di condividere con tutti. Preparare la tavola per tutti e chiedere che sia una tavola per tutti “.

Tutti devono avere il cibo a sufficienza , bisognerebbe organizzarsi per portare aiuti ai popoli che non hanno abbastanza cibo ed evitare che chi ne ha troppo lo butti via, bisognerebbe trovare il modo di distribuire meglio il cibo e questo è anche uno dei temi principali di EXPO 2015.

Le cucine nel mondo

Ogni paese ha una tradizione di cibo diversa, come anche nelle diverse regioni italiane.

Cucina cinese

La cucina cinese differisce dalle principali cucine orientali in quanto priva di restrizioni di ordine religioso (come il divieto del consumo di carne suina o bovina, come avviene per l’induismo e l’islam). Ne risulta un modello di cucina che ha sempre avuto come obiettivo la valorizzazione di qualunque alimento. In Cina convivono cinque scuole di cucina, ognuna legata ad una regione: La cucina cantonese è quella che più si avvicina alla cucina proposta dai ristoranti cinesi nostrani; i piatti tipici sono il pollo al limone e il riso alla cantonese.

La cucina del nord, della regione dello Hebei (dove si trova Pechino) è famosa per i ravioli e l’anatra laccata, piatto molto complesso e raffinato.

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Pollo al limone Riso alla cantonese Anatra laccata Ravioli

La cucina del Sichuain è la più piccante; uno dei piatti caratteristici è il mapodoufu piccante. La cucina del Fujian è rinomata per le zuppe e le ostriche.

Mapodoufu Zuppa di granchi e asparagi

La cucina del Jiangsu e dello Zhejiang è nota per i pesci d’acqua dolce e di mare, i granchi e le lingue d’anatra affumicate.

Pesce d’acqua dolce Granchio Lingue d’anatra affumicate

La cucina messicana La cucina messicana presenta una varietà di piatti, aromi e ingredienti notevoli di cui un grande impiego di frutta, verdura, carne, pesce e le immancabili tortillas: fresche, farcite, dolci, salate, fritte, accompagnate da salse di ogni tipo e genere. Tra i più celebri antipasti messicani c’è sicuramente il guacamole, una crema a base di avocado, cipolla, peperoni e aglio. Un altro piatto sono le huevas rancheros, uova fritte adagiate su una tortilla e condite con una salsa ai peperoni e cipolle. Tra i secondi, importantissimo è il burrito, composto da tortillas arrotolate ripiene di carne (spesso manzo) cotta in un soffritto di cipolla con spezie e salse piccanti in abbondanza, servito con riso e fagioli. Nella cucina tex-mex, i burritos prendono il nome di tacos e prevedono l’uso della tortilla estremamente cotta a tal punto da diventare un guscio croccante. Il loro ripieno può essere costituito praticamente da un mix di ingredienti qualsiasi.

Tortillas Guacamole Nuevas rancheros Burritos Anno 8 Numero 1 pagina 3

Cucina russa

La cucina russa è un fantasioso mix delle cucine nazionali dei popoli che formano la Federazione Russa, ricca di insalate, zuppe e polente. La cucina russa usa principalmente per i suoi piatti cereali e ortaggi.

Insalata russa Bortsch(minestra di barbabietole) Anatra arrosto farcita

La cucina americana del nord

La cucina americana ha una sua identità e dignità, anche se molti pensano che non esista affatto, Come certi scienziati della gastronomia, che affermano che la cucina americana sia solo un pout-pourri riveduto e corretto dei piatti che gli immigrati di tutto il mondo hanno portato negli Usa e in Canada. Se da una parte è vero, ci sono molti piatti nati in America che hanno sfondato in tutto il mondo, basta pensare alle varie insalate, agli hamburger, alle bistecche. Probabilmente anzi la cucina americana è destinata a diventare egemone nel terzo millennio e proprio grazie alla sua parte più discutibile; il fast-food. L’unico appunto da fare è che in America s’ingrassa troppo. Colpa degli ingredienti, anche quelli con poche calorie, che sono tutti arricchiti di vitamine e minerali. Questo spiega l’enorme esercito di obesi e obese che s’incontrano negli States. In Canada la presenza francese nel Quebec si è estesa a tutto il dominio. Il risultato è una cultura leggermente più sofisticata rispetto a quella americana. In entrambi gli stati si mangia bene.

Bistecca con patatine Tacchino ripieno Torta di pane

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La cucina spagnola

La cucina spagnola è tra le più apprezzate e conosciute del mondo. Negli ultimi anni ha raggiunto un riconoscimento universale e una popolarità mai vista prima; i suoi piatti, nati dall’incontro di culture diverse, sono preparati con ingredienti tipici, semplici e genuini. Le zone costiere possono contare su un’incredibile varietà di prodotti ittici (frutti di mare, crostacei, acciughe, tonni, ecc.) mentre dalle fertili vallate provengono frutti e verdure abbondanti e di eccelsa qualità. Le regioni settentrionali della Spagna, sono considerate regioni produttive di cibi caseari, mentre nelle aree montuose troviamo soprattutto allevamenti suini, selvaggina e coltivazioni di legumi. Il piatto spagnolo più conosciuto è la Paella Valenciana, che si cucina in una padella ampia, senza impugnatura ma con due maniglie, preparata in diversi modi, utilizzando carne o pesce, verdure e riso e zafferano. Celebri nel mondo sono anche le tapas (antipasti tipici, preparati in molte varianti) e il Gazpacho (una specie di zuppa con pomodoro ed altri ortaggi servita fredda). Pesce e frutti di mare sono ingredienti base per molte ricette, tra cui il pulpo alla gallega ( tipico della Galiza). Tra i dolci abbiamo il Churros, un dolce fritto da prima colazione, ed il Roscon de reyes, ciambella di pasta soffice, cotta al forno, e tipico del periodo natalizio. Per quanto riguarda la produzione di vini, la Spagna vanta una millenaria tradizione. Oltre alla sangria (bevanda alcolica a base di vino, spezie e frutta, da bere ghiacciata), questa nazione offre infatti una notevole varietà di vini.

Pulpo alla gallega Churros Roscon de reyes Gazpacho

La cucina italiana Ogni regione d’Italia ha una sua tradizione culinaria.

La La cucina lombarda è molto diversificata. Ogni provincia può vantare decine di ricette tipiche. Le pietanze più caratteristiche sono quelle della Valtellina e quelle dell’Oltrepò pavese, ma anche

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Milano ha ricette antiche ormai apprezzate in tutto il mondo. Burro, formaggi e dolci sono le portate più famose. La Filascetta è l’antipasto lombardo per eccellenza: proveniente dalla regione dei laghi, è a base di pasta di pane, cipolle rosse e formaggio con aggiunta di zucchero. Altra portata prepasto è costituita dalla bresaola, in particolare nella zona della Valtellina. Sempre dalla zona dei laghi, proviene il patè di cavedano, pesce d’acqua dolce, dalle carni grasse. Ben più pesante ma gustosissima, la Savoiarda, a base di vitello o maiale, cucinata con acciughe e cetrioli ed altri prodotti dell’orto. Molto più eccentriche sono le Sciatt, frittelle lavorate con formaggio, birra, acqua minerale e farina. I Piatti Tipici Lombardi. Il piatto lombardo forse più famoso è il risotto alla milanese, il cui ingrediente principale, oltre al riso, è lo zafferano. Un'altra variante del riso è la ricetta di riso e lacc, riso cotto con il ed insaporito con la zucca. Per i palati più raffinati vale la pena assaporare i tortelli di zucca alla mantovana farciti anche di amaretti di Saronno e salsa di mele. Quanto a primi piatti si segnalano la polenta alla valtellinese con casera e burro, i pizzoccheri della Valtellina insaporiti con il condimento a base di patate, casera,spinaci e verza, e la supa de can, una minestra con pane raffermo a base di uova. Tipicamente bergamaschi i casonsei, ravioli fatti con farina bianca e riempiti con un composto di carne,salsiccia,pera, uova, formaggio grattugiato, uvetta e amaretti. Conditi con burro fuso e salvia, hanno un gusto agro dolce e molto particolare. Per concludere la lista dei primi piatti vale la pena provare la Schisòla, minestra a base di farina e taleggio. I secondi tipici della Lombardia sono almeno una trentina: la più caratteristica è sicuramente la casoeula, misto di carne di maiale, salsiccia e cotenna insaporito con sugo alla verza rosolato al forno. Tipico delle Prealpi lombarde, invece, è il cotechino con la polenta, mentre la città di Mantova propone il baccalà alla mantovana. Citazione d’obbligo va alla cotoletta alla milanese, piatto divenuto ormai internazionale. Più ricercato, invece, il fegato alla lodigiana, fatto cuocere avvolto in una reticella di budella di vitello con semi di finocchio e prosciutto crudo. Vale la pena ricordare l’ alla milanese che può essere accompagnato da un risotto. Per quanto riguarda i dolci, oltre all’arcinoto milanese e al torrone di Cremona, c’è anche il masigott di Erba, una sorta di plum cake con uva sultanina, scorza di arancia candita, uova, fecola di patate e farina, il tutto ricoperto da zucchero a velo. E’ una ricetta che si perde nella notte dei tempi, ma ad Erba c’è ancora chi lo prepara secondo il criterio originale. Il panadél valtellinese è un budino a base di uova e farina con aggiunta di mele tritate. A base di frutta candita dalla bergamasca proviene la Turta del Dnizet, mentre nel Lodigiano vale la pena di ricordare la tortionata, che è una torta con mandorle e scorza di limone. La Lombardia può fregiarsi del primato della produzione dei migliori spumanti italiani come il franciacorta, che nella sua variante può competere con gli champagne. Vanno ricordati i vini della Valtellina, dell’ Oltrepò pavese e delle colline di San Colombano al Lambro, ultimo vino prodotto nella zona di Milano.

Risotto alla milanese Sciatt Casouela

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La Liguria Bisogna ricordare nella storia dei primi piatti genovesi il condimento per eccellenza: il . Nato da un impasto di diversi semi oleosi, pinoli, noci e formaggio aciduli, trova la sua veste definitiva all’inizio del XIX secolo con l’aggiunta di olio, basilico e pecorino. Questo sugo famoso nel mondo è particolarmente ottimo con le trofie, il cui nome sembra derivare da “strufugià” (atto dell’ impastare) e la cui culla si dice essere Sori. Altro piatto è quello dei pansotti,il cui debutto ufficiale sembra essere stato il 18 maggio del 1961, quando sul giornale “Secolo XIX”,fu pubblicato un articolo che dettava le regole del ripieno: 5 erbe selvatiche, tra cui la più importante è la borraggine, colte rigorosamente al mattino sui sentieri del monte di Portofino, amalgamate fino ad ottenere un impasto chiamato “prebuggiùn”. Da ricordare sono i ravioli, fagotti ripieni di carne o verdura, che già deliziavano i palati dei Babilonesi, e il cui nome, però sembra derivi da una famiglia di ristoratori del XII secolo, i Raviolo, originari di Gavi. Molto famosa è la , cotta al forno nel tian, teglia rotonda in ferro battuto. La leggenda racconta che su alcune galee (navi da guerra), cariche di prigionieri pisani, durante una tempesta, alcuni sacchi di ceci e dei barilotti d’olio si rovesciarono e inzuppati con acqua salata formarono una poltiglia (resa mangiabile dopo averla essiccata al sole), che venne chiamata “l’oro di Pisa”. La sorella della farinata è la Panissa, chiamata inizialmente maniccia o, nel ponente, travelle: viene fatta con la farina di ceci bollita per un’ora, lasciata raffreddare, condita con olio extra vergine di oliva, con un’aggiunta di un goccio d’aceto, una spruzzata di pepe e tante cipolline. Va ricordata la genovese,che compare nella metà del 500, nel tentativo di migliorare la lievitazione della qualità del pane non ottimale a causa dell’aria salmastra. Infine non poteva che starci il dolce che porta il nome di un quartiere di Genova, il Lagaccio, questi biscotti furono inventati nel 1593 da un pasticcere con l’intento di addolcire le insipide gallette dei marinai.

Lagaccio Focaccia Panissa Pansotti

La Sardegna La gastronomia sarda si basa sull’economia agropastorale come dimostrano le semplici pietanze rese ancora più buone dall’uso di aromi offerti dalla terra; basti pensare allo zafferano, ricavato dagli stigmi violacei di un fiore, il croco, e al mirto dalle bacche nere, da cui nasce il rinomato mirto della Sardegna; il rosmarino, l’alloro, la menta, sono gli altri aromi tipici della regione. Uno dei prodotti più importanti è il grano con cui si confeziona il pane; ce ne sono svariati tipi, ma i più conosciuti sono: “su civraxiu” (a forma di grande pagnotta), “su coccoi” (intagliato prima della cottura con delle forbici) e il “pane carasau” (pasta in sfoglie sottili e tonde che vengono cotte al forno in modo da diventare croccanti).

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Gli antipasti sono molto ricchi: tra i più famosi abbiamo i “coccoi de sartizzu” (salsiccia), il prosciutto sardo (possibilmente di cinghiale) e le olive in salamoia, che vengono lasciate per un certo periodo in acqua e finocchietto selvatico.Quelli di mare sono rappresentati per eccellenza dal caviale sardo, meglio noto come “Bottarga”, ricavata dalle uova di tonno (meglio se di muggine) schiacciate, cosparse di sale e essiccate. La bottarga è ancora più gustosa se tagliata a fettine e immersa in olio d’oliva. Altri antipasti sono i “buccoins”, molluschi con la conchiglia, e “sa burrida”, gattuccio di mare. Dopo gli antipasti, passiamo ai primi. I più conosciuti sono “ismalloreddus”, i”isculingionis” ravioli ripieni di formaggio fresco o ricotta, spinaci e zafferano; “su pani frattau” fatto con pezzi di pane carasau: la “fregula”; la “suppa quatta “, tipico piatto gallurese fatto con del pane imbevuto nel brodo di carne e cosparso di formaggio fresco. Ma continuiamo in ordine e passiamo ai secondi; protagonisti della cucina sarda sono il porchetto e l’agnello arrosto; a chi piacciono ci sono delle ottime pietanze a base di interiora: la “tratalia”, o meglio noto alla sassarese “ tattaliu”: fegato, polmone, cuore e animelle d’agnello infilati nello spiedo, tenuti da una retina e arrostiti allo spiedo; la “Cordula”: stomaco e trippa d’agnello legati da un cordone di intestini, da cuocere con i piselli nel sugo di pomodoro. Oltre ai secondi di terra, ci sono quelli di mare, le zuppe “ziminu” e ”sa cassola” dal gusto più o meno piccante; muggini, triglie, anguille,saraghi, orate e mormore da fare arrosto insaporiti da un soffritto di olio, aglio e aceto. Mentre le spigole è meglio lessarle e condirle con olio e limone. Da non dimenticare l’aragosta, da fare sia arrosto che lessa, e i granchi. Prima di passare ai dolci, non possiamo tralasciare i formaggi: il notissimo pecorino sardo di cui si può scegliere la stagionatura che preferiamo, il dolce sardo, la provoletta e la provola affumicata, la ricotta normale e quella salata. I dolci tipici sono tantissimi e infatti ne citerò solo alcuni. Gli ingredienti più usati sono mandorle, zucchero, farina, a volte il mosto cotto (ad esempio per il “ pan’esaba o sapa”), il formaggio fresco dolce, lo zafferano, il miele e, come ornamento “sa traggera”, ovvero piccoli confetti multicolore. Per il periodo di carnevale il dolce tipico sono le “zipulas “(frittelle), i “candelaus” (piccoli recipienti di pasta ripieni di pasta di mandorle), gli “amaretus” (i classici amaretti ), la “ sebada o ” (pasta farcita di formaggio con sopra del miele).

Candelaus Burrida Pane Carasau

La Sicilia Parlare di cucina siciliana significa svolgere uno sguardo al passato e ripercorrere idealmente le gesta delle tante popolazione che hanno abitato e dominato questa splendida terra, lasciando una grande eredità gastronomica.

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Greci, Romani, Arabi, Normanni, Ebrei, Francesi, Spagnoli: ognuno ha lasciato una propria traccia da una parte all’altra della Sicilia, dando vita non ad una, ma a tante cucina siciliane. Quella di Catania è diversissima da quella di Palermo, e differente da quella di Ragusa ….. S’intrecciano le ricette della cucina “povera”, quotidiana, con quella “aristocratica”, e quelle delle feste, soprattutto religiose, devotamente celebrate e rispettate nelle loro tradizioni. Una cucina dove i colori ed i sapori sono sorprendenti, un’unione armonica di agro –dolce, salato, dolce – grasso- aromatico, dolce –speziato-salato e dolce-amaro, con infinità di sfumature. Una terra fertile, fertilissima, con prodotti eccellenti. Si parla di Sicilia e vengono in mente le succose e profumate arance ma non solo: limoni, mandarini, cedri,bergamotto. Distese di agrumeti si aprono alla vista del viaggiatore, ed interrompendo il paesaggio che a volte diventa brullo e arido. Arance e limoni onnipresenti in cucina, dal salato al dolce: insalate di arance o di limone, arance nei pesti di agrumi per condire le pietanze, e poi arance e cedri canditi che ritroviamo nella pasticceria. Ma non solo agrumi: i pomodori (rinomati quelli di pachino) sono il sole nel piatto, insieme alle sempre presenti melanzane (“le belle”), due ingredienti fondamentali, che già da soli, insieme alla pasta creano uno dei piatti più noti, la . Le verdure non mancano mai sulla tavola siciliana: d’estate primeggia la caponata, (o meglio, le caponate, perché ognuno ha la propria ), trionfo di sapori in un piatto davvero unico, dove agro- salato – dolce si amalgamano in maniera eccellente. Mare pescoso, grande tradizione di pescatori e di tonnare, i tonni pregiati da qui partono per il Giappone. Il mare poi arriva nel piatto: pesce semplicemente cotto alla griglia. Insaporito da salse come la salmoriglio; involtini di pesce spada alla messinese, ma anche tanti pesciolini che infarinati e fritti sono una leccornia e che accompagnando una semplice pasta la trasformano in un capolavoro. E tra le paste con il pesce bisogna annoverare quella con le sarde , unite a finocchietto, uva passolina, zafferano: ancora una volta, accostamenti insoliti, stupefacenti. E poi le zuppe, saporitissime, insolito cous-cous trapanese, classico esempio di come alcuni prodotti siano stati adattati ad usanze locali: la semola “incocciata”, poi cotta nella cuscussiera. Nel Trapanese viene servita con varietà di pesci “a ghiotta “ dando vita ad un piatto singolare, di incredibile bontà.

Pesce spada alla messinese Caponata Pasta alla norma

La carne, privilegiata nell’entroterra, non manca mai nei giorni di festa, con uno dei piatti più noti, il falsomagro (farsumagru),chiamato anche rollè, per la forma arrotolata, un arrosto di carne farcito con uova, carni miste e salumi. Nella quotidianità la carne è spesso macinata: in polpette fritte arrostite o in salse speziate, dentro timballi o verdure, unite ad un passato di patate. Molto diffuse le carni bianche fra cui quella di suini ed ovini. E poi tanta cucina di strada: come non ricordare le arancine, le panelle, i panini con la meusa, gli sfincioni… Ogni strada di Palermo o Catania, Siracusa o Trapani ha propri sapori che ancora oggi profumano le strade ed i bellissimi mercati, uno fra tutti il Vucciria di Palermo, splendidamente raffigurato da Renato Guttuso. Ed ancora, i pani, saporitissimi, d’ogni forma: quella devoti, bellissimi, sono vere e proprie opere d’arte; ottimi biscotti, con tutta la loro simbologia,da sgranocchiare e da accompagnare ai profumatissimi vini siciliani…

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Pannelle Panino con meusa Arancini Falsomagro Sfincioni

I dolci sono tanti, buoni,delizia per la vista e per il palato. Gli arabi erano abili pasticceri, hanno portato in Sicilia lo zucchero, ed insegnato a fare la cassata ed i , i sorbetti ed i geli di melone e quelli di gelsomino,di mosto e poi i tanti torroni tra cui la Cubbaita, con miele e semi di sesamo. La Sicilia vale bene un giro gastronomico, esperienza indimenticabile,dalle grandi emozioni.

Cannoli Cassata siciliana Dolci di mandorle

Emilia Romagna

L’Emilia Romagna è famosa per la sua ricchezza e abbondanza. Molti amano definirla lo “stomaco d’Italia” e alcuni dei suoi piatti sfidano per popolarità e . Le sue specialità sono: tortellini, tagliatelle al ragù, lasagne al forno, Parmigiano Reggiano, Prosciutto Crudo di Parma, Mortadella di Bologna. Sia in Emilia sia in Romagna non mancano le capitali gastronomiche, come Parma, Ferrara e Bologna. La cucina emiliana esprime bene il temperamento della sua gente, infatti vengono preparati piatti morbidi e vellutati; essa utilizza soprattutto le casseruole e il forno. La cucina romagnola, al contrario, è più nervosa e speziata; essa utilizza la griglia sia vicino alla costa dove cucinano i pesci, sia nella terraferma dove cucinano la carne.

Mortadella di Bologna Parmigiano reggiano Lasagne

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La Puglia La cucina pugliese è famosa soprattutto per l’importanza data alla materia prima, sia di terra che di mare e per il fatto che tutti gli ingredienti sono finalizzati ad esaltare e non alterare i sapori base dei prodotti usati. La cucina è composta da verdure di stagione e prodotti ittici dell’adriatico; questi ultimi sono caratterizzati dalla particolare pastura che si rinviene lungo le coste pugliesi e dalle bolle d’acqua dolce che, scaricandosi in mare, ne attutiscono il sapore salmastro senza alterarne il profumo. Anche se vi sono dei piatti comuni, le ricette variano da provincia a provincia e, talvolta, da città a città; ad esempio le ricette delle provincie di Bari, Brindisi e Taranto, città di mare, non sono uguali a quelli di Foggia, più collinosa e di Lecce più di pianura. Varie sono le ricette che questa cucina propone;i diversi piatti sono legati alle stagioni: in estate e primavera troveremo verdure e pesce, mentre nelle altre stagioni predominano i legumi, la pasta fatta in casa condita con vari sughi, da sola o combinata con verdure o pesce. I piatti tipici sono le orecchiette al ragù di cavallo, le orecchiette con le cime di rapa, la cicoria con la purea di fave e quelle che si ricollegano al mediterraneo come i cavatelli con le cozze o il riso al forno alla barese chiamato anche patate, riso e cozze I piatti più diffusi sono riprodotti nei vari ricettari, ma sarebbe opportuno fare emergere vecchie ricette non più praticate perché molto impegnative, ma che non dovrebbero andare perse. Tra i piatti tipici della cucina pugliese non possiamo certamente fare a meno di citare le orecchiette alle cime di rapa, piatto tipico di questa regione e più precisamente riconducibile alla città di Bari, dove le orecchiette vengono cotte principalmente con le cime di rapa, ma anche con i cavolfiori, broccoli ed altre verdure; molto particolari sono pure le orecchiette con il ragù rosso. Altra nota interessante sempre per quanto riguarda questa tipologia di pasta è il formato: infatti, le orecchiette più grandi sono utilizzate per la cottura con verdure, mentre quelle piccole sono predilette per il ragù rosso, preparato soprattutto durante le domeniche. Per la preparazione di questo primo piatto, tipico del barese, avrete bisogno di recuperare ingredienti di ottima qualità, così la nostra preparazione conquisterà il palato di tutti.

Orecchiette con cime di rapa

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AMBIENTE – ALLEVAMENTO

Come si allevano gli animali: stato brado in cattività

Per allevamento allo stato brado si intende allevare gli animali all’aperto facendo sì che si cibano in modo naturale, vivendo liberamente in spazi ampi.

Per allevamento in cattività si intende l’allevamento di animali tenuti in gabbia o recinti e nutriti dall’uomo.

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L’alpeggio è un tipico esempio di allevamento di bestiame allo stato brado praticato in montagna.

L’allevamento del bestiame nelle stalle è una forma di allevamento in cattività molto diffusa in Italia per la grande produzione di carne e di latte.

Animali e ambiente

L’ambiente e le sue condizioni hanno effetti significativi sulla salute degli esseri viventi e degli animali, effetto serra, surriscaldamento del pianeta, desertificazione, piogge acide, scioglimento dei ghiacci, frane e alluvioni, questi fenomeni sono per lo più provocati dalle attività umane legate alla vita quotidiana.

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La fauna è costituita dall’insieme di specie e di popolazioni animali, vertebrati ed invertebrati, residenti in un dato territorio, ed inserite nei suoi ecosistemi; non fanno parte della fauna gli animali domestici e di allevamento. La fauna di un territorio, infatti, muta col trascorrere del tempo a causa dei processi di estinzione, evoluzione, determinati da fattori naturali. La fauna attuale può essere così considerata il residuo di faune del passato, ognuna con una sua storia ben precisa e strettamente connessa agli eventi avvenuti in quel territorio. Molto importante per appartenere ad una fauna una specie o una popolazione si deve far parte integrante dell'ecosistema che la ospita. Per questo motivo ne fanno parte soltanto le specie stanziali o di transito abituale e sono da escludere le specie avvistate eccezionalmente e le forme domestiche e di allevamento.

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I miei animali domestici

L’anno scorso ho avuto un animale domestico; l’ho comprato al megastore apposta per gli animali. Molto prima ho visto i coniglietti, grandi e anche quelli piccoli. Io mia sorella Elena e anche la mia mamma Claudia abbiamo scelto il coniglietto nano e l’abbiamo chiamato jaris. Abbiamo preso tutto l occorrente per il nostro coniglietto al megastore dell’ipercoop. L’ho portato a casa nostra e faceva molti salti sopra alla mia schiena, su e giù anche, su mia mamma e mia sorella Elena, su tutti tranne mio papà perché aveva tanta paura. Il coniglietto andava in giro per tutta la casa e andava a fare i suoi bisogni , in bagno; e saltava anche sul nostro divano e andava anche sul nostro lettino in cameretta e dormiva . Il mio coniglietto era di colore grigio e bianco a macchie, gli piaceva mangiare l’insalata e le carote gli piaceva correre per casa e farsi fare le coccole. Mi piaceva tenere in braccio il mio coniglietto perché era molto morbido e gli piaceva giocare con il suo peluche Carotone con cui dormiva insieme. Mi piaceva molto lavarlo con il suo shampoo e lo pettinavo con la sua spazzola nera e grigia .

Lo portavo anche in vacanza a Jesolo lido e saltava sul mio lettino. Era molto felice, infatti mi leccava tutta la faccia e intanto usciva dalla sua gabbietta e picchiava sulla schiena al mio papino per farsi dare la mela.

Prima del mio coniglietto jaris avevo dei pesciolini regalatimi dal mio nonnino Giuseppe. Erano tutti piccoli e rossi : tre femminucce e un maschietto. Erano in un grande acquario dove c’era un po’ di erba blu e dei sassolini. Pulivo i miei pesciolini e cambiavo l’acqua, li tenevamo in salotto quando spegnevo la luce i miei pesciolini andavano a dormire ; li guardavo mentre loro mangiavano e quando salivano per prendere il cibo mi ricordavano i coriandoli del carnevale. Anno 7 Numero 1 Pag. 15

L’ascensore

Il 25 di gennaio hanno iniziato a smantellare l’ascensore perché non era a norma. I lavori sono durati un mese fino alla fine di febbraio, periodo in cui io non ho potuto uscire di casa, in questo periodo per non annoiarmi ho letto il libro “la gabbianella e il gatto” una storia di amicizia tra due animali così diversi. La storia si svolge ad Amburgo dove uno stormo di gabbiani è pronto a deporre le uova . Kengah si tuffa per prendere dei pesci e rimane invischiata in una grossa macchia di petrolio. La povera gabbiana con le ali sporche e senza forze precipita sul balcone dove vive un gatto nero che si chiama Zorba. La gabbianella morente depone l’uovo e chiede al gatto tre favori: di non mangiarlo, di covarlo ,di aver cura del piccolo e di insegnarle a volare. Zorba si prende cura della gabbianella che chiama Fortunata che crede che il gatto sia la sua vera madre. Superando molte difficoltà Fortunata cresce bene, ma per insegnarle a volare il gatto chiede aiuto ad una persona. Questa persona porta la gabbianella sul campanile che,saltando giù,impara a volare. Ho poi colorato dei disegni prestampati, animali e fiori per i biglietti di compleanno, un biglietto di auguri era per Donatella che li ha compiuti il 17 di febbraio. Nei giorni in cui sono stata costretta a rimanere in casa ho preparato dei biglietti a forma di uova di Pasqua. Sono venuti poi a trovarmi Cristina,Maura,Stefano,Luca e Viviana: con loro ho chiacchierato e mi hanno fatto molta compagnia e mi hanno ripetutamente chiesto quando ritornassi a Casa Gerico.Finalmente,come previsto,il 29 Febbraio ho potuto prendere l’ascensore e venire a casa Gerico dove tutti mi hanno fatto festa. Per me l’ascensore è un mezzo molto importante perché abitando al quinto piano e non potendo fare le scale sarei costretta a rimanere sempre in casa. Dopo un mese in cui sono rimasta in casa finalmente sono uscita, recandomi a Bonola per alcune piccole spese. W l’ascensore nuovo!!!

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La ceramica

La ceramica ( dal greco antico “ kèramos” che significa argilla, o terra da vasaio) è un materiale molto morbido allo stato naturale e rigido dopo la fase di cottura. La ceramica è conosciuta fin dai periodi preistorici e la sua invenzione è avvenuta tra le popolazioni sahariane e in giapponesi; da questi luoghi d’origine si è poi diffusa in tutto il mondo. I primi manufatti sono di vasellame cotto direttamente sul fuoco, successivamente l’arte vide l’introduzione del tornio, che consentì di ottenere facilmente oggetti perfetti; la verniciatura vetrosa migliorò la resistenza e le caratteristiche. Un vero cambiamento si ebbe con la lavorazione della porcellana in Cina e in altri centri di notevole importanza come quelli iraniani e indiani. I quattro tipi di ceramica principali sono: La terracotta o coccio Le terraglie Il gres La porcellana, che può essere tenera o dura

Le terrecotte

Sono ceramiche che, dopo il processo di cottura presentano una colorazione che varia dal giallo al rosso mattone, grazie alla presenza di sali di ferro; sono utilizzate sia senza rivestimento superficiale che con rivestimento, le prime per vasi, brocche, ecc., le seconde come vasellame da cucina (tazze, piatti, ecc.)

Il gres

Il gres è utilizzato per produrre mattonelle per i bagni e le cucine; possono venire smaltate come tutte le altre ceramiche; dopo la cottura vengono quindi colorate.

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La porcellana

È considerata il più alto livello di produzione ceramica per gli orientali. È stata inventata in Cina nel VIII secolo ed è realizzata con caolino, silice (sabbia quarzosa) e feldispato ( minerale a struttura laminare).

Lavorazione dell’argilla

La lavorazione dell’argilla utilizza varie tecniche:

• modellazione a mano libera

• modellazione a colombino

• a lastre

• al tornio

Modellazione a mano libera

È la più antica ed è simile a quanto fanno i bambini quando giocano con la plastilina. Si prende una porzione di argilla e con il solo uso delle mani, si modella la forma desiderata.

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Modellazione a colombino

Questo tipo di modellazione prevede l’uso e l’assemblaggio dei colombini ( rotoli di argilla): si dividono blocchi di argilla delle dimensioni di un sigaro e si stendono con i palmi delle mani, ottenendo dei lunghi cilindri simili a grissini. Si arrotolano questi colombini gli uni sopra gli altri, si uniscono fra di loro e si lisciano per ottenere una superficie compatta; con questa lavorazione si modellano soprattutto vasi e ciotole.

Modellazione a lastre

Si prende un pane di argilla e se ne tagliano lastre di spessore utile all’oggetto che si deve realizzare.

Modellazione al tornio

È usata soprattutto per la produzione di vasellame; il tornio è formato da un supporto girevole simile ad un piatto. Si pone una massa di argilla al centro del piatto girevole posizionandola perfettamente al centro, quindi si modella con l’uso delle mani o di altri strumenti, mentre il tornio ruota su se stesso.

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Fasi di lavorazione

Essiccazione

Qualunque sia la tecnica che si è adottata, è necessario che i manufatti in argilla essicchino completamente all’aria; solo dopo questa fase si può procedere alla cottura. Dopo un certo periodo di essiccazione l’argilla è pronta per essere incisa e decorata ( questo punto di essiccazione viene chiamato stadio della durezza cuoio)

Cottura

Questa avviene in forni appositi, che raggiungono temperature di oltre 1000° gradi. Il processo può durare anche molte ore: è infatti necessario che la temperatura segua una crescita e una decrescita graduale.

La mia scelta Ho deciso di parlare della ceramica e di saperne di più su questo argomento perché il martedì pomeriggio, ogni tanto, svolgo questa attività a Casa Gerico. Non è un lavoro molto semplice: per me stendere la sfoglia di argilla è abbastanza difficoltoso, perché bisogna farlo col mattarello e fare attenzione alla forma che viene creata. Mentre trovo più facile asciugarla con il phon e soprattutto decorarla con i pennelli e i colori adatti alla creta (gli engobbi). Questa attività comunque mi piace e l’avevo già sperimentata quando andavo alla Sacra Famiglia a Cesano Boscone. Lì avevo fatto delle mascherine con la ceramica. Il pezzo più bello che ho realizzato è stato un sottovaso con il disegno del cane carlino che ho fatto per mia sorella e le ho regalato a Natale. Invece per mia cognata Alma ho creato una targhetta da mettere fuori dalla porta di casa con il disegno dei suoi due gatti, Pepe e Sissi.

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Il Colosseo

L’Anfiteatro Flavio, meglio conosciuto con il nome di Colosseo, è uno dei monumenti di epoca romana più famosi nel Mondo. Il nome Colosseo deriva dall’enorme statua bronzea di Nerone che venne eretta nelle vicinanze e che, vista la grandezza, era conosciuta come il Colosso di Nerone. La costruzione dell’anfiteatro venne avviata da Vespasiano ma completata nell’80 d.C. Fu aperto al pubblico con una solenne inaugurazione durata ben cento giorni di cui rimangono delle descrizioni nelle cronache antiche. Il Colosseo venne costruito con lo specifico scopo di dare a Roma un luogo degno della fama dei suoi giochi gladiatorii che venivano in precedenza svolti nell’edificio provvisorio in legno fatto costruire da Nerone nel Campo Marzio, dopo che il vecchio anfiteatro di Tito Stanlio Tauro andò distrutto nel famoso incendio del 64 d.C. In precedenza i giochi erano svolti o nel Foro Romano o nel Foro Boario che venivano dotati per queste occasioni di strutture mobili. Dopo il 523 d.C. non si hanno altre notizie di spettacoli; il Colosseo iniziò la sua fase di degrado che trasformò l’anfiteatro in una cava di materiali per le costruzioni. I blocchi di travertino impiegati per costruirlo provengono tutti dalle cave situate alle pendici della collina su cui sorge Tivoli. Per portarli a Roma venne aperta una strada larga sei metri; giunti nel cantiere i blocchi venivano lavorati e rifiniti. I primi tre ordini sono costituiti da ottanta arcate con capitelli tuscanici, ionici e corinzi, scalpellati in maniera non perfetta poiché non era necessaria una rifinitura dei particolari. Nelle arcate del secondo e terzo ordine erano situate delle statue. Il quarto ordine è suddiviso in ottanta riquadri intervallati da quaranta finestre,una per ogni due arcate. All’interno dei riquadri c’erano tre mensole poste in corrispondenza di altrettanti fori e che servivano a sorreggere le travi di legno alle quali veniva fissato il velarium (si trattava di un grosso telo necessario alla protezione del pubblico dalla pioggia e dal sole).

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Gli ingressi erano distinti da una numerazione progressiva posta sopra delle arcate che corrispondeva al numero riportato sui singoli biglietti; gli ingressi principali, erano privi di tale numerazione dato che erano riservati a un pubblico scelto di autorità politiche . A far risaltare l’importanza di questi ingressi c’erano anche delle decorazioni a stucco con figure situate sulle volte delle arcate, oggi difficilmente leggibili. Tali stucchi possono essere ricostruiti grazie ad alcune stampe del Cinquecento che ne mettevano in evidenza la bellezza. Sull’ esterno del Colosseo si possono notare delle iscrizioni che ricordano alcuni dei fatti salienti che hanno riguardato l’anfiteatro, come la proibizione del papa Benedetto XIV nel 1744 di svolgere ulteriori spoliazioni al monumento. L’attuale ingresso del Colosseo è situato sul lato meridionale; lo stato di conservazione della cavea e la piena visibilità dei sotterranei dell’arena, all’epoca coperti da una pavimentazione lignea, non danno la possibilità di ridare un’immagine realistica dell’edificio, ma danno in cambio un aiuto a comprendere come fosse il sistema dei corridoi e dei passaggi interni. Il settore formato da ampi ripiani sui quali erano posizionati i sedili all’interno dell’arena favoriva la vista per gli spettacoli ma portava notevoli rischi per gli illustri spettatori presenti ; per evitare possibili incidenti venne costruita un’alta e robusta transenna lungo il bordo dell’arena. Il percorso coperto era destinato al personale di servizio legato ai giochi e non accessibili al pubblico; il complesso sistema di rampe e passaggi permetteva di entrare ed uscire molto semplicemente, inoltre garantiva il rispetto della distribuzione dei posti prefissati e strutturati per fasce sociali . Essendo spettacoli pubblici, l’ingresso all’arena per vedere i giochi era libero. I cittadini per entrare possedevano un contrassegno sul quale veniva riportato il posto assegnato e il percorso da seguire per raggiungerlo. Il posto era situato in settori destinati a ben precise classi sociali, già regolamentati all’epoca di Augusto: ai senatori era destinata la prima fascia del podium (era un balconcino), ai cavalieri era destinata la prima fascia del primo maenianum (ripiano che divideva le varie parti del Colosseo, mettendo in comunicazione le scale con le gradinate). La suddivisione era garantita da scritte, incise sui gradini, che indicavano le classi sacerdotali, le categorie sociali o i gruppi ai quali erano assegnati i posti. Un testo del 80 d.C. ha fatto conoscere i posti riservati ai membri del collegio sacerdotale degli Arvali, separati e distinti per settori a seconda del grado rivestito all’interno del collegio. I senatori avevano posti nominali sui quali veniva trascritto per esteso il nome gentilizio (indica correntemente il nome di una famiglia); in altri casi i nomi erano incisi sul bordo superiore dei gradini di marmo e venivano progressivamente cancellati e sostituiti con il passare degli anni. L’arena del Colosseo, delle dimensioni di 76 metri per 46, era costituita da un tavolato ligneo cosparso di sabbia; durante gli spettacoli veniva eretta intorno al perimetro un’alta e robusta rete

Anno 8 Numero 1 Pag. 22 metallica sormontata da zanne d’elefante che servivano da spuntoni, impedendo ad animali come tigri e leoni di aggrapparsi ad essa se tentavano di scavalcare la rete . Per accedere all’arena dell’anfiteatro c’erano due ingressi, conosciuti rispettivamente con nomi di Porta Triumphalis e Porta Libitinarria: il primo accesso situato ad ovest, veniva utilizzato dai gladiatori per il loro ingresso nell’arena, mentre il secondo, posto a est,era quello dal quale venivano portati via i corpi senza vita dei combattenti. Dalle due porte si aveva facile accesso (tramite delle scalette ripide) ai sotterranei nei quali venivano ospitati gli animali e le armi necessari per i giochi. Il corridoio centrale continuava al di sotto dell’ingresso orientale e metteva in collegamento i sotterranei del Colosseo con la vicina scuola dei gladiatori.

La mia scelta Ho voluto parlare del Colosseo perché è un monumento che mi interessa. L’avevo visto in televisione e mi a colpito molto perché era antico. Questo mi ha fatto nascere la curiosità di sapere qualcosa della storia di Roma . Facendo la ricerca ho scoperto che all’interno del Colosseo facevano dei combattimenti e questa cosa non mi è piaciuta perché sono contro la violenza. Mi piacerebbe poter andare a Roma e vederlo dal vivo.

Anno 8 Numero 1 Pagina 23 ECUADOR

L’Ecuador situato nella parte nord-occidentale del Sudamerica, confina a nord con la Colombia, ad est e a sud con il Perù e ad ovest si affaccia sull’Oceano Pacifico; è attraversato dall’equatore, da cui prende il nome.

La capitale è Quito, la città più popolosa è Guayaquil, mentre Cuenca è la terza città; fa parte dell’Ecuador anche l’arcipelago delle Isole Galàpagos, situato a circa 1.000 km dalla costa.

L’Ecuador, dopo essere stata colonia spagnola per lungo tempo, ha fatto parte, per alcuni anni, della Grande Colombia, uno stato che comprendeva anche Colombia, Venezuela e Panama.

La lingua ufficiale è lo spagnolo, mentre le lingue amerinde come il quechua, lo tsafiki e altre, vengono usate all’interno dei gruppi indigeni; tra questi il più parlato è il quechua, più propriamente kichwa in Ecuador, diffuso soprattutto nell’area andina.

Le prime tracce di presenza umana sul territorio risalgono a circa 11.000 anni fa; i Mantena hanno occupato invece le zone costiere tra l’800 e il 1500; i canari invece si sono stanziati nella sierra dell’Ecuador centro meridionale a partire dal 500, mentre l’impero inca arrivò in Ecuador attorno al 1460.

Nel 1526 arrivano i conquistadores spagnoli, guidati da Francisco Pizarro diretti a Cuzco. Dalle parti di Quito intanto giungeva il capitano Sebastiàn de Belalcàzar, che guidato e aiutato dai canari, intraprese la conquista del nord dell’impero inca nelle terre ecuadoriane.

Durante il dominio spagnolo Guayaquil fu più volte attaccata dai pirati.

I primi tentativi di ottenere l’indipendenza dalla Spagna iniziano nel 1809; nel 1820 Esmeraldas dichiara l’indipendenza a Guayaquil .

Nel 1830 il paese si separava dalla confederazione, proclamandosi autonomo con il nome di Equador. Nella parte settentrionale il territorio dello stato è attraversato dall’Equatore, da un punto di vista geografico si possono distinguere 4 regioni con caratteristiche molto differenti:

• La costa

• La sierra

• L’oriente

• La regione insulare (regione costituita soprattutto da isole) che comprende le isole Galàpagos

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La costa

La costa comprende l’area costiera costituita dalla zona litoranea (corre lungo la costa) situata nella parte occidentale del paese e caratterizzata da una fascia di pianure di origine alluvionale, seguita nell’interno dalla catena montuosa della Cordillera Costanera, un tempo ricoperta di foreste mentre ora da vaste piantagioni di banane, palme, cacao e caffè.

La folta vegetazione di mangrovie che un tempo caratterizzava la costa è stata in parte eliminata per far spazio ad allevamenti di crostacei in acquacoltura (allevamento di pesci e crostacei destinati all'alimentazione umana).

Nella parte settentrionale della costa si trovano i porti di Esmeraldas e di Manta, nella parte meridionale della costa si trova la penisola di Santa Elena.

La Sierra

La parte centrale del paese è attraversata da nord a sud dalla Cordigliera delle Ande; questo territorio montagnoso, è chiamato la Sierra: è costituita da due catene parallele la Cordigliera Centrale e la Cordigliera Occidentale, separate da un’ampia vallata la cui altezza media supera i 2000 metri nella quale si trovano le principali città tra cui Quito, situata su di un vasto altopiano collocato ai piedi del vulcano Guagua Pichicha.

Le vette situate nella parte settentrionale della Sierra sono costituite da vulcani ancora attivi: in quest’area si trova uno dei più alti vulcani attivo del mondo, il Cotopaxi.

La cima più elevata è il monte Chimborazo ( 6.130 m s.l.m.), un vulcano estinto. Numerosi sono anche i laghi vulcanici come ad esempio il lago Quiloloa.

L’Oriente

E’ chiamata Oriente la zona costituita dalle pianure del Rio delle Amazzoni. L’area è ricoperta da un’impenetrabile foresta pluviale. I numerosi fiumi che l’attraversano sono tutti affluenti del Rio delle Amazzoni: il Rio Napo, il Rio Coca, il Rio Pastaza, i fiumi Putumayo e l’Aguarico. La maggior parte di questi nascono in una regione andina molto umida. Situata ai piedi del Cotopaxi. Anno 8 Numero 1 Pagina 25

Regione insulare

La Regione insulare è la zona che comprende le isole Galàpagos situate nell’Oceano Pacifico. Il nome ufficiale dell’arcipelago è Archipélago de Colòn, la cui superfice è per la metà occupata dall’isola Isabella. Le isole anno origine vulcanica e, dato il loro isolamento naturale, sono interessate da importanti endemismi (fenomeno per cui alcune specie animali o vegetali sono esclusive di un dato territorio).

Idrografia

Quasi tutti i fiumi dell’Ecuador sorgono nella Cordigliera Andina e scendono o verso l’oceano Pacifico, a ovest, o verso il Rio delle Amazzoni, verso est.

La costa più interna invece è attraversata da fiumi perenni e le abbondanti piogge della stagione invernale portano spesso inondazioni che possono portare alla formazione di paludi.

Il sistema fluviale principale del versante pacifico è quello corrispondente al bacino del fiume Guayas, nel versante orientale, verso il Rio delle Amazzoni: i fiumi più importanti sono il Rio Napo, il Putumayo e il Pastaza.

Clima

Nonostante il territorio ecuadoriano non sia particolarmente vasto, esiste una diversa varietà di climi. In generale, esistono quattro diverse regioni climatiche, con climi e stagioni contrastanti tra loro, condizionati dall’altitudine e dalle correnti oceaniche, in quanto trovandosi all’equatore la durata del sole rimane la stessa durante tutto l’anno. Le stagioni sono solamente due e vengono contraddistinte dall’abbondanza e dalla frequenza delle precipitazioni: la stagione umida è chiamata inverno, la stagione secca chiamata estate. Le isole Galapagos hanno un clima più stabile delle regioni continentali dell’Ecuador. Particolarmente bello è il parco Nazionale Yasuni, che significa “terra sacra” ed è compreso tra le province di Pastaza, Napo e Orellana, tra il fiume Curaray e il fiume Napo. Il parco è prevalentemente boschivo ed è considerato riserva della biosfera e fa parte del territorio dove si trova il popolo Waorani e i gruppi Tagaeri e Taromenane, tribù mai contattate dalla civiltà moderna.

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Quando ero piccola

Il raffreddore

Quando avevo il raffreddore mia mamma mi diceva di soffiarmi tanto il naso e di andare a letto a riposare, poi mi metteva sul petto e sul fazzoletto l’olio 31, così potevo respirare meglio.

Mentre ripenso a queste cose mi sento un po’ sollevata perché immagino la mamma vicino a me che mi accarezza la mano.

Sono caduta nella lavatrice

La mamma mi ha raccontato che quando ero piccola sono andata a finire dentro alla lavatrice.

Non mi sono accorta che lei aveva aperto lo sportello dell’oblò e io per guardare dentro ci sono entrata con la testa e poi anche con i piedini allora molto piccoli.

Forse volevo lavarmi un po’!

La mamma mi ha detto che siccome c’era ancora del schiuma nella lavatrice, quando sono uscita ero sporca di schiuma e la mamma mi ha detto: “Simooo !! vai ad asciugarti” e rideva tanto mentre me lo raccontava e anch’io ridevo.

Sono caduta sulle scale

Mentre tornavo a casa con il papà mi sono distratta e non ho visto il gradino vicino al cancello di ingresso e sono caduta.

Quando il papà mi ha aiutato ad alzarmi ho sentito un forte male alla schiena.

Mi hanno portata dal dottore che dopo avermi visitato mi ha detto che per guarire dovevo portare il busto per un certo periodo di tempo.

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L’uovo di pasqua

Ieri sera ero a casa con mio papà, mia sorella Elena e Valeria, la nostra vicina di casa Elena ha invitato Valeria per bere il caffè da noi e poi abbiamo aperto un uovo di pasqua grossissimo, talmente grosso che compresa la carta di tutti i colori, era alto come me!

Papà quell’uovo enorme, lo ha vinto alla lotteria della cooperativa la briola era il primo premio : che fortuna che ha avuto !

Dentro all’ ovone di cioccolato abbiamo trovato una bella foto della Mamma in una cornice color oro.

Siccome la mia mamma non c’e’ più da qualche anno, quando ho visto la foto mi sono sentita emozionata e ho pensato : “ è entrata la mamma in casa e secondo me anche Elena si è emozionata perché ho visto che anche a lei è scesa qualche lacrimuccia ::

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Fiori di loto

Il Nelumbo è un genere di piante acquatiche, unico genere della famiglia delle Nelumbonaceae. Comprende due sole specie, originarie di America, Asia e Australia, con foglie molto decorative e grandi fiori di colore bianco, rosa, giallo e rosso, note con il nome di fior di loto. La Nelumbo lutea è originaria dell’America centro-meridionale, coltivata anche nel Nord America da tempo immemorabile dai nativi per il consumo alimentare dei semi e dei rizomi. La Nelumbo nucifera è una specie rustica originaria dell’Asia e dell’Australia, nota volgarmente col nome di Fior di loto asiatico. È una pianta acquatica a crescita rapidissima, tipica di stagni e invasi con acque stagnanti o quasi prive di corrente, profondi 5-50 cm ed oltre, fino a 250-300 cm.

CARATTERISTICHE Le foglie raggiungono un diametro di un metro e oltre. Sono alte da 80 cm a oltre 1 metro. Le foglie del Fior di loto hanno una struttura superficiale particolare che le rende idrofobiche e le mantiene costantemente pulite. Tale proprietà, che con la nanotecnologia si cerca di riprodurre per altri materiali quali tessuti e vernici, è chiamata effetto loto. Il fiore è composto da più di venti petali di colori che vanno dal rosa scuro al bianco, il profumo è inebriante. La femmina del Fiore di Loto è il Fiore di Lota, entrambi sono ermafroditi in quanto possono cambiare a loro volta sesso. In passato questa specie veniva inquadrata nella famiglia delle Nymphaeacene. Da qualche anno la sua collocazione nella famiglia delle Nelumbonaceae è universalmente accettata.

METODI DI COLTIVAZIONE Esigono molte ore di completo irradiamento solare, il terreno deve essere molto pesante misto ad argilla e limo, necessitano di una copertura di 15-20 cm d’acqua, per poter mantenere le radici a temperatura calda e costante, vi sono varietà rustiche che nella stagione invernale non occorre proteggere. Le due specie Nelumbo e nucifera lutea sono rustiche, resistendo bene anche al freddo ed al gelo. Queste piante producono frutti i quali, giunti a maturazione, lasciano cadere i semi nell’acqua; Si moltiplicano per divisione dei rizomi sotterranei,con la semina primaverile darà la prima fioritura già dopo 4 mesi. Possono essere coltivate in un vaso capiente alto 40 cm. E con diametro di 35 cm.

USI • Come pianta ornamentale per decorare stagni,vasche o laghetti. • I particolari frutti essiccati,vengono utilizzati nelle composizioni floreali, per decorare saloni e appartamenti. • Nel loto,i fiori, i semi, le foglie giovani e i rizomi sono tutti commestibili. In Asia,i petali vengono mangiati mentre le foglie sono utilizzate come piatto per il cibo. I rizomi sono utilizzati come condimento per una zuppa o fritti. Petali,foglie e rizomi possono essere consumati anche crudi,ma il rischio di trasmissione di parassiti ne consiglia una consumazione cotta. • In Cina viene festeggiata in autunno la luna e il giorno delle torte della luna,in cui si mangia e regala la torta della luna, fatta con pasta di semi di loto e rossi d’uovo di anatra salati.

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Il popolo cinese ritiene che il loto sia un cibo molto salutare e per questo esso è conosciuto e rinomato da molti secoli. Gli studi lo hanno confermato ed hanno dimostrato che esso è ricco di fibre, vitamina C, potassio, tiamina, riboflavina, vitamina B6, fosforo, rame e manganese e contiene pochi grassi. In Vietnam, gli stami essiccati vengono usati per la preparazione di un the profumato. La casa italiana Loro Piana ha avviato un progetto con le popolazioni in Birmania per la realizzazione di tessuto per sartoria ricavato dai gambi del fiore di loto. Per evitare l’essiccamento, esso va raccolto, rullato e filato entro 24 ore con speciali tecniche delle popolazioni locali tramandate da secoli. Si potranno produrre massimo 50 metri al mese; il prezzo al pubblico è di circa 2500 € al metro. Il decotto della pianta intera, o delle radici, contenenti tra l’altro oli essenziali, tannini, nelumbina e zinco, vanta proprietà, antidiarroiche, febbrifughe, emollienti, catarrali e antitussigene; l’essicazione della pianta, se bruciata su speciali bracieri, può provocare effetti allucinogeni. Raffigurazione che mostra i sette chakra principali della tradizione indiana, sono raffigurati dai fiori di loto. La Nelumbo nucifera è il Loto indiano, fiore sacro per l’Induismo e il Buddismo, è detto anche Loto blu, Giglio sacro o Fagiolo dell’India, è il fiore dell’India e del Vietnam. Il Loto ha tutto un complesso e antichissimo simbolismo filosofico e religioso, fra i quali il più noto è quello di rappresentazione dei centri energetici sottili nel corpo umano detti chakra. È considerato il simbolo della purezza, dovuto alla capacità dei Fiori di Loto che sono costituiti da un materiale che si mantiene pulito autonomamente. La setta del Loto Bianco fu fondata nel 1280 in Cina, i membri prestavano un rigido giuramento e mantenevano la segretezza, si cingevano il capo con una sciarpa di seta rossa. L’organizzazione, formata da monaci, contadini, banditi e corsari, contribuì alla cacciata dei Mongoli e fu guidata da Chu Yuan-chang che divenne il primo imperatore della dinastia Ming. Alla metà del XVII secolo i Ming furono spazzati dai Manciù, provenienti dal nord.. Sorsero molti movimenti politico-insurrezionali coordinati dalla Setta Profumata dell’Incenso, detto del Loto Bianco. Questi movimenti attuarono diverse insurrezioni contro i Manciù, e contro la Città Proibita di Pechino nel 1814. Queste organizzazioni segrete si trasformarono in bande di briganti o in gruppi religiosi che, durante la Seconda guerra mondiale, avrebbero favorito la fuga dalla Cina di importanti personalità della politica e della cultura.

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Dalla festa di Natale alla gita ad Alassio, passando dal gioco del burracco

Per festeggiare l’arrivo del Natale a Casa Gerico con compagni, volontari ,educatori e parenti, abbiamo dovuto fare un bel lavoro, lungo e faticoso, per rendere più bello il nostro Centro e creare un’atmosfera di festa. Abbiamo creato gli addobbi usando la carta pesta e palloncini per fare delle palline di Natale e il cartone colorato per fare delle ghirlande. Abbiamo anche preparato dei centro tavola per abbellire anche il momento specifico del pranzo.

Nei giorni precedenti alla festa abbiamo dovuto lavorare tantissimo per preparare il pranzo, visto che saremmo stati davvero numerosi….più di 60! Abbiamo cucinato cannelloni , polpettone di tonno, salsine per l’antipasto, torte salate e altro ancora! Inoltre il giorno della festa abbiamo giocato a tombola e quindi ci siamo dovuti preparare per organizzarla nel migliore dei modi: creare le cartelle e i premi!! È stata una giornata splendida … la fatica dei giorni precedenti è stata ampiamente ricompensata!! Anche a casa mia abbiamo preparato l’albero e gli addobbi per renderla più bella e festosa. Io durante le vacanze, ho ricevuto molti regali perché oltre al Natale, il 29 dicembre è anche il mio compleanno e nessuno si dimentica di farmi due regali. Per me le vacanze di Natale sono una grande festa anche perché vado al mare ad Alassio dai miei zii, dove mi diverto giocando a tombola. Per raggiungere il mare bisogna fare una bella camminata perché la casa degli zii è in collina. Quest’anno c’è stato bel tempo e abbiamo potuto stare fuori sul balcone così ho potuto godermi la vista del mare senza dover scendere. Con la zia vado in paese al centro anziani a giocare a burraco. Lo facciamo da tanti anni: mi diverto e mi piace insegnarlo alle persone che non lo conoscono. Volete sapere come si gioca e quali sono le regole? È simile alla scala quaranta ma si gioca a coppie e la partita ha termine quando una coppia raggiunge i 2000 punti. Si gioca con 2 mazzi da 54 carte e se ne danno 11 a testa; inoltre si creano altri due mazzetti da11 carte ciascuno, chiamati pozzetti, che vengono posizionati al lato del tavolo da gioco. Ciascun giocatore, al momento del proprio turno, può aprire il gioco con un minimo di tre carte che possono essere in sequenza o in combinazione. Il turno si compone di tre momenti : la pesca dal mazzo, l’apertura di nuovi giochi e lo scarto di una carta. Oltre ai jolly conosciuti esistono le pinelle (tutti i due del mazzo): sia i jolly che le pinelle possono sostituire qualsiasi altra carta e possono essere spostate sia in alto che in basso in una sequenza solo quando siano state sostituite dalla carta di cui facevano le veci. Il gioco del burraco termina quando: • uno dei due giocatori della coppia termina le sue carte • la coppia ha realizzato almeno un burraco • uno dei due giocatori della coppia ha sistemato tutte le carte e realizzato la chiusura con lo scarto di una carta che non sia un jolly pinella Anno 8 Numero 1 Pagina 32

Ora vi vorrei parlare un po’di Alassio! Alassio è situata sulla costa della Riviera di Ponente, lungo l’insenatura racchiusa tra Capo Mele e Capo Santa Croce, ed è conosciuta come centro turistico anche perché tra le vette che circondano il monte Tirasso si trova il santuario di Nostra Signora della Guardia. Confina a nord con Albenga, a sud con Andora e Laigueglia, ad ovest con Villanova d’Albenga e ad est è bagnata dal mar Ligure. La leggenda vuole che il nome Alassio derivi dal nome di Adelasia, figlia dell’imperatore Ottone I, che, fuggita, si sarebbe stabilita sulle colline di Alaxio, l’odierna Alassio. Nello stemma comunale è raffigurata una torre con Adelasia sugli spalti.

Nel 1540 la repubblica genovese incentivò gli scambi commerciali con la Francia, Spagna, Portogallo, Sicilia, Sardegna e Paesi Bassi facendo così del borgo marinaro alassino un importante centro commerciale; come per altri paesi della costa ligure fu particolarmente attiva la raccolta e il commercio del corallo rosso. Alassio è la perla della riviera ligure di ponente conosciuta come terra del sole e del mare è nota per le sue bellezze naturali che la circondano. Dapprima borgo di pescatori, Alassio è diventata uno dei centri più eleganti della riviera circondata dal verde, dai fiori, dai giardini delle ville in collina e 4 km di spiaggia di quarzo e calcare finissimo che scende in mare dolcemente. Alassio è anche conosciuta per i suoi dolci tipici, come i baci e i gubeletti. I baci di Alassio nascono intorno al 1910, circa quindici anni dopo i progenitori assoluti piemontesi: “baci di dama “. Sono di forma ovale, colore nocciola/cioccolato, con un gusto esaltato dalla presenza di nocciole e cioccolato, non troppo dolce. E’ formato da due semisfere, la cui composizione è data da nocciole , zucchero, cacao ,miele , albume d’uovo, farina, burro, vaniglia e aromi naturalli, farcito da uno spesso dischetto morbido e omogeneo, in grado di fare da “collante” ai due gusci, realizzato con panna, latte, cacao magro, zucchero, cioccolato e panna bollita. I gusci vengono rigorosamente uniti a mano l’uno all’altro a due a due attraverso la farcitura. La tradizione fa risalire la creazione del primo bacio di Alassio a Rinaldo Balzola, pasticcere della real casa Savoia. Grazie al Caffè Pasticceria Balzola, locale storico d’Italia, questo prodotto s’è inserito nella tradizione dolciaria italiana. La produzione si diffonde nelle più importanti pasticcerie di Alassio alla fine degli anni ’50. Dal 2006 si possono fregiare del marchio D.O.P. (denominazione di origine protetta) Ecco la ricetta per 6 persone Ingredienti: • nocciole ,700 grammi • mele ,100 grammi • zucchero 600 grammi • panna150 grammi • cacao amaro , 100 grammi • cioccolato fondente ,200grammi • albumi 3 uova Preparazione: si macinano finemente le nocciole con lo zucchero,dopodiché s’impastano finemente le nocciole con lo zucchero. Si impasta poi tutto con il miele il cacao l’albume; si fa riposare l’impasto per alcune ore poi con la tasca da pasticcere con bocchetta a stella si fanno colare i baci su una teglia rivestita di carta forno.

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A questo punto i baci bisogna farli asciugare per almeno 12 ore, quindi cuocerli in forno a 220 -230 gradi per 6-7 minuti; si fa bollire la panna e si aggiungere il cioccolato fondente già sciolto a bagnomaria amalgamando bene con una frusta, con una discreta quantità di cioccolato bisogna unire due a due le rosette di biscotto e i baci di Alassio saranno pronti da gustare.

I gubeletti sono piccoli dolci di pasta sfoglia a forma di cappelletto e ripieni di marmellata di marmellata (tradizionalmente di cotogne, oggi anche albicocca e pesca). La loro origine viene rivendicata dalla città di Rapallo, ma oggi li troviamo in tutto il Ponente e nel Tigullio. I gubeletti devono il loro nome ai doppi stampi artigianali di metallo con cui erano preparati anticamente. La prima parte, a forma di tronco di cono costituisce la base; la seconda con cui si ricopre il dolce, ha la forma di un cappello . Per tradizione ad Alassio i gubeletti vengono preparati per la festa di sant’Anna, il 26 di luglio.