Alessandra Spigariol

Prospettive di comunicazione nell’urbanizzazione del villaggio :

il ROTOTOM SUNSPLASH

Ringrazio particolarmente il prof. Aldo Becce e gli studenti del Cdl in “Scienze e Tecniche dell’interculturalità” per lo stimolo creativo che mi hanno saputo dare, mia madre per la rilettura critica del testo. Un ringraziamento inoltre a tutte quelle persone che nel corso degli anni con la loro presenza ed il loro esempio mi hanno insegnato che ci sono tante vie diverse.

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INDICE

Introduzione pag.1

Parte Prima Un po’ di storia… Da gruppo di amici a Festival: la realizzazione di un ideale pag.2

Parte Seconda , ganja, reggae, babylonia… Breve approfondimento pag.6

Parte Terza Il reggae e la cultura Rastafari oggi pag.11

Parte Quarta Il Sunsplash oggi: aspetti strutturali pag.13

Parte Quinta Urbanizzazione del villaggio reggae pag.16

Parte Sesta La possibilità di scegliere: qualcosa di creativo… pag.19

Bibliografia pag.21

INTRODUZIONE

Un festival musicale è solo un luogo di divertimento fine a se stesso o anche uno strumento di crescita personale e di scambio sociale? Nell’elaborazione di questo testo ho cercato di analizzare e approfondire la nascita di una manifestazione musicale, dalle sue origini fino ad oggi, per capire quali conseguenze e quali cambiamenti comporta nella qualità della comunicazione. Più di una volta mi è capitato di entrare in contatto con delle realtà culturali che sono nate in dimensioni limitate e si sono poi sviluppate in grandezza perdendo alcune caratteristiche iniziali per svilupparne altre. Tra queste vi è anche il Rototom Sunsplash, festival caratterizzato da due particolarità: 1) il nucleo organizzativo originale è un gruppo di amici e conoscenti; 2) la musica reggae come soggetto principale della manifestazione, genere che si distingue da altri sia per la sua vicinanza all’impegno sociale che per il suo essere strumento espressivo di un credo spirituale religioso. Nella prima parte del testo ho cercato di raccontare come e’ nato questo festival, che dopo dieci anni e tanti cambiamenti ancora funziona e ogni anno porta nel Parco del Rivellino di Osoppo (UD) migliaia di persone. Personalmente ho conosciuto da vicino questa realtà più di una volta: frequentando il locale che gli stessi organizzatori gestivano nel pordenonese; partecipando al festival quasi ogni anno e lavorando al suo interno (nel ’98); conoscendo personalmente alcuni elementi del gruppo. Ricordo bene la sensazione di leggerezza e rilassatezza appena varcato l’ingresso la prima volta che vi partecipai, conosco la sensazione di “abbaglio” di chi senza un buon senso critico, ci si addentra rimanendo piacevolmente spiazzato dalla sensazione di libertà che questo festival sa dare… A volte capita che ci si fissa su un immagine a cui vogliamo credere e restare fedeli e quando vi sono dei cambiamenti colpevolizziamo chi pensiamo ci abbia dato questa illusione, senza accorgerci che arriva anche da noi. Così è successo che alcuni partecipanti affezionati delle prime edizioni di Sunsplash lo abbiano boicottato. Attraverso questo testo non voglio polemizzare sui cambiamenti o su quale business possa esserci dietro a questo festival, ma semplicemente analizzarne il riflesso sociale in seguito alla metamorfosi che ne ha fatto un fenomeno culturale, creare quindi degli spunti di riflessione. Non si può affrontare questo argomento senza prima dedicare un breve approfondimento al soggetto centrale della manifestazione: il reggae e la cultura che lo circonda. Reggae, Rasta, Babylonia, Dreadlocks, ecc. parole di moda negli ultimi anni, e per questo spesso travisate nel loro significato originale. E’ importante conoscerne le origini per capire cosa rappresentino oggi. A questo sono interamente dedicate la seconda e la terza parte del testo. Nella quarta parte illustro come questo tema sia stato inserito nella struttura del festival, per finire con le riflessioni e le considerazioni sorte alla luce degli argomenti da me affrontati. Un interpretazione di ciò che offre e rappresenta il Sunsplash oggi e degli spunti per capire come anche i partecipanti possano deciderne le sorti del domani. In questo lavoro mi sono basata anche su alcune interviste e sui forum che sono pubblicati nel sito del festival.

1 Parte Prima

UN PO’ DI STORIA… DA GRUPPO DI AMICI A FESTIVAL: LA REALIZZAZIONE DI UN IDEALE

E’ fondamentale conoscere il contesto in cui è nato questo festival per comprenderne il successivo sviluppo e gli elementi che ne hanno influenzato la crescita.

Sono i primi anni novanta quando un gruppo di amici uniti dalla passione per il reggae di cui qualcuno con particolari doti organizzative, prendono in gestione un locale a Gaio di Spilimbergo (PN), a cui sarà dato il nome di “Rototom*”, qui offrono numerosi concerti e serate musicali che spaziano dal Reggae al Rock e ad altri generi alternativi.

La scelta del Reggae non è stato un caso, perché, al di là degli interessi personali dei singoli elementi del gruppo, questo genere musicale attira un pubblico più tranquillo e pacifico rispetto ad altri e ben si abbina ad ulteriori momenti di impegno culturale e sociale, quindi apre una strada più ampia e costruttiva.

Inoltre quasi tutti senza una preparazione specifica alla gestione nel campo dei locali notturni inizialmente si sono spesso improvvisati imparando il mestiere giorno per giorno, mossi dall’ideale di fondo che li ha portati ad aggregarsi: la possibilità di una vita alternativa a quella più convenzionale che propone la società di oggi. E qui secondo me hanno giocato un ruolo importante la creatività e la comunicazione che sono state alla base di questo progetto. Infatti il numero iniziale di persone e personalità si è ampliato ed è cambiato nel corso degli anni, di conseguenza anche le idee ed i contatti si sono moltiplicati producendo continui cambiamenti e una crescita nelle persone stesse. Questo si è potuto riflettere nel percorso di cambiamenti e innovazioni create dal festival stesso.

Il primo festival, che prende il nome di “Rototom Sunsplash**”, nasce nel luglio del ’94 presso il giardino adiacente al sopraccitato locale. Nasce come manifestazione di modeste dimensioni: due giorni, il minimo indispensabile come offerta di bevande e alimenti, concerti di gruppi non troppo conosciuti e la possibilità di campeggiare gratuitamente, un’affluenza di circa 2000 persone. Vi è da subito un clima di libertà, di rilassamento, di comunicazione libera e la sensazione di familiarità che secondo me è cruciale e motivo importante dell’iniziale successo: nella nostra società vi è un crescente bisogno, spesso inconscio, di ritrovarsi in gruppo, proprio perché è una società che favorisce l’individualismo e l’Ego, una strada che spesso porta ad una dispersione identitaria e nei casi peggiori ad un depressivo senso di solitudine. Il Sunsplash invece offre nelle sue prime edizioni una situazione non troppo dispersiva ma anzi a “misura d’uomo” che unita dal tipico relax dell’ambiente Reggae favorisce l’aggregazione e l’integrazione tra le persone, anche non necessariamente amanti di questo genere musicale,

2 ma attirate più dall’atmosfera genuina che si viene a creare.

Nel ‘97/’98 il locale si trasferisce da Gaio di Spilimbergo a Zoppola (PN) in una struttura più grande, l’ex-discoteca Planetarium, anche lì l’offerta è particolare perché vengono allestite tre sale con generi musicali diversi (Reggae, Rock, Elettronica), unite da un tunnel in cui si sviluppano un mercatino e una tavola calda. Ogni fine settimana è possibile entrare beccandosi più di due concerti nella stessa serata. Ma il bel locale chiude definitivamente i battenti dopo qualche anno per diversi motivi: la risposta non è più all’altezza dei costi aumentati nel corso del tempo; un’incapacità strutturale di aggiornarne i contenuti, anche a causa di una crescita “improvvisa” di locali nella stessa zona.

Nel frattempo il gruppo si trasferisce a vivere insieme in un cascinale nelle campagne del pordenonese, e ne costituisce la sede della propria associazione “Rototom”. La casa prende il nome di “Villa Sparta” proprio per la caratteristica di spartanità, come la mancanza di riscaldamento! Questo fatto rappresenta la possibilità di un vivere alternativo, una convivenza tra persone, singoli anche molto diversi tra loro ma impegnati in uno stesso progetto, con i piaceri e le difficoltà che ne possono derivare. L’ulteriore esempio viene coronato dalla partecipazione del gruppo ad un famoso talk-show televisivo dell’epoca in cui l’argomento della serata era la famiglia: ci si presentarono appunto come “famiglia”, alternativa all’idea convenzionale cui tutti siamo abituati.

Bisogna menzionare anche l’occupazione di alcuni anni fa di un vecchio stabile nella zona industriale di Pordenone, l’ex-Cerit, rinominato “Spazio-cultura”, organizzata da loro insieme ad altre realtà socio-culturali della zona, allo scopo di colmare la mancanza di uno spazio ricreativo nella zona. Ci sono stata e ho potuto vedere con i miei occhi la moltitudine di situazioni presenti, dalla varietà di concerti organizzati ogni sera, alla presenza di numerose associazioni impegnate nel sociale, allo spazio offerto a giovani creativi. Un progetto questo purtroppo abbandonato per la propria caratteristica di illegalità, altri successivi tentativi di gestione dell’ex-Cerit da perte di altre entità sono falliti, ma credo che comunque questa esperienza abbia dato nuovi impulsi creativi a molti.

Il Sunsplash invece trasloca per motivi di spazio prima nel ’98 presso il “Campeggio Girasole” di Lignano, poi nel 2000 definitivamente a Osoppo (UD), nel “Parco del Rivellino” dove funziona tuttora ogni estate. Ormai rappresenta un incontro annuale internazionale che raduna decine di migliaia di persone in uno spazio enorme con una molteplice offerta di occasioni di incontro e di intrattenimento.

Anno dopo anno il gruppo del Rototom ha imparato da ogni esperienza di festival e di gestione del locale correggendosi e reinventandosi di volta in volta anche con idee originali come nel 2004 quando viene organizzato un treno di persone, che attraversa tutta la festa e si conclude nello spazio antistante il palco principale, nella realizzazione della scritta “pace” vista dall’alto

3 e fotografata da un elicottero. Oppure negli aspetti più pratici basati sull’”arte di arrangiarsi” come l’anno in cui causa la mancanza di un palco adeguato alla crescente dimensione della manifestazione viene costruito trasformando i pezzi recuperati da un traliccio dell’Enel dimesso, oppure quando una vecchia voliera viene trasformata in gazebo per la distribuzione delle salsicce o ancora nell’invenzione della “spritz-mobil”, il primo bar mobile a pedali in cui viene venduto lo “spritz” (tipica bevanda a base di acqua e vino), che è stata successivamente trasformata nuovamente per la distribuzione di caffé.

Il Sunsplash si ingrandisce nel corso del tempo riscuotendo sempre più successo, ne viene ampliata anche la durata, ora si svolge in nove giorni e con la crescita arrivano anche numerosi gruppi musicali importanti. Ovviamente ai continui cambiamenti si sono succedute anche molte critiche. Ora il gruppo ha realizzato quello che per molti sarebbe un sogno: vivere alcuni mesi all’anno in un Paese caldo e gli altri in Italia per organizzare più da vicino il Festival. Questo è, non difficile immaginarlo, a volte oggetto di invidie e discussioni, anche alla luce dei cambiamenti degli ultimi anni.

Si noti però che dopo lo sviluppo del Rototom e del Sunsplash, nella provincia di Pordenone e dintorni, sono cresciuti come “funghi” locali, festivals e altre realtà culturali. Quindi nonostante tutte le critiche che il gruppo Rototom si è beccato nel corso degli anni (come succede spesso in seguito alla creazione di eventi e situazioni costruite su base non convenzionale) bisogna riconoscergli la caratteristica di “apripista”. In un certo senso mettendo le proprie idee in piazza ci si deve rendere consapevoli che le si regala, perché per fortuna non esiste ancora un copyright in questo senso.

Il locale “Rototom” e il festival “Sunsplash” hanno rappresentato fin dall’inizio un alternativa alle ormai convenzionali discoteche o festivals musicali, presenti in quegli anni. Secondo me questa alternatività ben spiega il loro crescente successo ed e caratterizzata da:

- un gruppo di amici che creano un progetto in cui credono, si perde così l’elemento formale del manager, l’organizzatore che gestisce tutta l’”impresa musica”. Il gruppo sostiene e da forza all’individuo che ha il coraggio di limitare la propria libertà in favore degli altri; il gruppo diventa una maniera più estesa di riconoscere e confrontare se stessi e stimola a nuove idee e soluzioni. La difficoltà sta nel mantenerlo aperto all’ascolto di tutti onde evitare la supremazia di un leader e probabile conseguente perdita di risorse creative e realizzatrici.

- la scelta del Reggae, allora considerato “di nicchia”, come genere musicale costituisce fin da subito l’impronta di base che li caratterizzerà per tutti gli anni sucessivi.

- il coraggio di essere originali, fuori dagl schemi e mostrare apertamente il proprio stile di vita alternativo, quindi anche la propria maniera di essere, compresi i difetti.

4 Secondo me queste particolarità di base, unite all’iniziale semplicità strutturale dell’organizzazione e ad un numero limitato di partecipanti, hanno determinato la facilità di comunicazione e aggregazione nelle prime edizioni del festival. In pratica era più facile interagire perché c’erano pochi stand e poche persone rispetto ad ora, e l’ultimo giorno tutti si conoscevano tra loro, comprese le persone dell’organizzazione, l’atmosfera era caratterizzata dalla familiarità e da un interazione frequente. Il periodo in cui il Sunsplash si trasferì a Lignano ha segnato il passaggio intermedio dei suoi undici anni di cambiamenti, in cui la sua struttura si è affinata ed ingrandita ma non ancora al livello del parco di Osoppo. Si può notare che in una manifestazione culturale più aumenta l’offerta della struttura, più cambia la qualità e le tipologie di comunicazione e più viene notato dai media come fenomeno culturale.

Tratto dal forum “Il reggae oggi: diffusione o moda?” (www.rototomsunsplash.com/forum):

“Nel mio piccolo ho visto crescere il Sunsplash c'ero la prima volta a Gaio di Spilimbergo: quattro tende tempi super dilatati e sfasati, organizzazione un po' maldestra.... ma bellissimo una grande emozione e li me ne sono innamorato. L'ho seguito in tutto il suo cammino l'ho visto crescere, e nel tempo l'ho visto cambiare. Credo che gli organizzatori siano animati dal loro reale amore per la musica reggae, vogliano farla conoscere, ed io come tutti voi devo essergli grato perchè hanno costruito dal nulla un festival fantastico. Purtroppo con l'aumentare degli interessi, il pubblico è diventato più eterogeneo, lo spirito intimo che si respirava le prime edizioni è venuto meno e quella genuinità che si percepiva sta sparendo…”

Penso sia importante rendersi conto che se una manifestazione diventa un fenomeno culturale essa (e quindi chi la organizza) deve prendersi parte della responsabilità dell’esempio che ne deriva, ed essere pronta alle critiche di chi invece si staticizza nel primo modello proposto e quindi fa fatica ad accettarne i cambiamenti, ma che allo stesso tempo ne ha aiutato lo sviluppo iniziale. Sta poi all’onestà di chi crea dei progetti alternativi non strumentalizzare le conseguenze sociali e culturali della propria invenzione.

*Rototom: nome preso da un tipo di “Tom”, tamburo facente parte della batteria.

**Sunsplash: nome preso dal più famoso festival Giamaicano.

5 Parte Seconda

RASTAFARI, GANJA, REGGAE, BABYLONIA… BREVE APPROFONDIMENTO

E’ limitante spiegare in poche righe cosa sia e cosa rappresenti il reggae e la controcultura che lo circonda, ma è essenziale darne almeno un introduzione per poter capire il soggetto centrale di cui questo festival si definisce promotore e i fondamenti della religione rasta di cui il reggae stesso è mezzo espressivo:

Marcus Garvey e il culto Rastafari

La religione Rasta si sviluppa in Giamaica a partire dal 1914 attraverso il pensiero di Marcus Garvey primo leader politico e spirituale nero che attraverso l’UNIA (Universal Negro Improvement Association) e il giornale, Negro World, teorizza l’importanza del ritorno alle origini per il popolo nero ormai stanco delle repressioni e del razzismo di cui è stato vittima per secoli. Garvey quindi promuove e diffonde l’importanza della rinascita di un’identità culturale ed un orgoglio razziale nelle masse di africani deportati dall’Angola e da altri stati africani in Giamaica tra il 1590 e il 1815 e ridotti in schiavitù prima dagli spagnoli e successivamente dagli inglesi. La situazione non migliora di molto dopo l’abolizione della schiavitù (1834): nascono fatiscenti baraccopoli che prendono il nome di Shanty Towns in cui gli ex-schiavi vivono spesso ammassati e in condizioni di vita miserevoli. Con l’UNIA emerge anche il crescente bisogno della religione per questo movimento, la necessità di riscrivere la teologia bianca per renderla pertinente all’esperienza dell’uomo nero. Quest’opera di risistemazione si concretizza grazie a Garvey. Lo stesso profetizza nell’incoronazione di un Re Nero in Africa l’avvicinarsi del giorno della “liberazione” dalla supremazia bianca e quindi prospettive di vita migliore per il popolo nero. La profezia si concretizza nel 1930 in Etiopia con l’incoronazione di Hailè Selassie I°, RAS TAFARI, 225° re della Sacra Dinastia originata da Re Salomone e dalla Regina di Saba, di cui Ras è il titolo nobiliare e Tafari il nome di famiglia. Questo evento è seguito con interesse dalle comunità nere anche al di fuori della Giamaica. Da allora nasce la religione Rastafari che si caratterizza come movimento di ribellione e reazione alle condizioni miserabili cui sono soggetti i Giamaicani di colore. Ovviamente questo movimento preoccupa il potere politico ed economico Giamaicano esclusivamente bianco che cerca inutilmente di reprimerlo. La religione Rasta infatti continuerà nel corso del tempo a crescere e a svilupparsi anche fuori dal suo Paese natale, in seguito all’emigrazione dei suoi adepti in altri paesi come Stati Uniti, Canada, Inghilterra ecc.

6 I simboli della Religione Rasta

Babylonia: si intende l’insieme di inquinamenti culturali portati dai paesi colonizzatori (quindi i nostri paesi occidentali) che attraverso la loro impronta sociale cercano di annientare l’identità culturale preesistente. Il termine è tratto dal Vecchio Testamento in cui si parla dell’antica città in Mesopotamia, appunto Babilonia, che simbolizza le forze avverse a Dio e al suo popolo, viene inoltre identificata in Roma nel libro del Nuovo Testamento.

Etiopismo: è il richiamo alle proprie radici, alla madrepatria, l’Africa, in quanto nell’antichità con il nome Etiopia venivano chiamati i Paesi a sud-est dell’Egitto.

JAHVE: più spesso nominato con l’abbreviazione di JAH, è il Dio etiopico che corrisponde allo stesso Dio cattolico, la religione Etiopica non riconosce solamente Cristo come Incarnazione di Dio perché la vera incarnazione secondo loro è Ras Tafari.

Integrità fisica: dal Mito di Sansone* raccontato nel Kebra Nagast (libro di primaria importanza per il rastafarianesimo) questa religione trae l’importanza dell’integrità fisica. E’ sconsigliato l’alcool, mangiare carne e in particolare sono assolutamente vietati carne di maiale e molluschi. Non tagliarsi mai i capelli o deturparsi il corpo: le forbici, il rasoio ecc. sono strumenti di babylonia quindi da rifiutare. Inoltre sono da rifiutare tutte quelle caratteristiche di babylonia che rendono l’anima impura: gelosia, odio, cattiveria, invidia, ingiuria, tutte le forme di mondanità ed edonismo.

Dreadlocks: da dread = spavento e lock = lunga ciocca. Termine con cui si identifica la tipica capigliatura dei maschi Rasta che lasciano crescere i capelli in lunghe trecce per prendere le somiglianze dei guerrieri etiopi e delle personalità importanti delle tribù dei Masai e dei Somali in cui i capelli così attorcigliati rappresentano autorità e divinità. Questa capigliatura è inoltre un richiamo alla figura del leone, uno dei simboli principali di Hailè Selassiè.

Altre regole morali: Il Rasta: - è motivato dall’amore per l’umanità e per la verità; - crede in un unico Dio supremo: Jah Rastafari; - deve rispettare le antiche leggi d’Etiopia.

Ganja: è la marijuana pianta sacra che la religione rastafariana sostiene sia nata sulla tomba di Re Salomone dopo la sua sepoltura, e che venga fumata da Dio stesso. Viene associata all’albero della vita e della saggezza. E’ utilizzata dai Rasta per fini esclusivamente rituali, come la meditazione per sentirsi più vicini a Dio e ai confratelli oltre che per scopi medicinali.

7 Infatti il consumo di Ganja non è un’imposizione ma un ausilio non indispensabile al raggiungimento della saggezza e dell’illuminazione, per questo vi sono anche seguaci del rastafarianesimo che non ne fanno uso (e questo dovrebbe essere insegnato agli innumerevoli ignoranti che pensano che Rasta = marijuana, conclusione affrettata incentivata anche da un inefficace, ignorante proibizionismo).

Kebra Nagast (Gloria dei Re): insieme alla bibbia è il testo fondamentale nella religione rasta: è il libro nazionale etiopico risalente al secondo decennio del 1300, racchiude leggende e tradizioni, derivanti dall’Antico Testamento, da scritti rabbinici e da fonti egiziane, arabe ed etiopiche. Narra la storia della Regina di Saba e di Re Salomone, dalla cui unione nasce Menelik I, che ascese sul trono d’Etiopia e diede inizio all’attuale dinastia dei Salomonidi. Il Kebra Nagast racconta anche di Caino e Abele, di Noè e il diluvio universale e del Mito di Sansone.

Colori Rasta: sono i colori spesso indossati dai rastafariani che stanno a simboleggiare: ROSSO come il sangue dei martiri, degli schiavi e dei confratelli; NERO come il colore della pelle, rappresenta la santità, il fuoco e la creatività; VERDE a simbolizzare l’Etiopia, la Ganja e la Giamaica; ORO a indicare la fede per Rastafari e la Giamaica.

La donna Rasta: è considerata inferiore e subordinata al maschio, secondo il quale la donna è la causa della sua rovina e rappresenta il male. Durante il ciclo mestruale è considerata impura pertanto non può servire cibo o avere rapporti sessuali. Questa visione così sessista deriva anche dalla volontà dei Rasta di sfidare il matriarcato della tipica famiglia giamaicana, simbolo perciò di Babylonia.

Ras Tafari

Come abbiamo visto è il 225° re della Sacra Dinastia originata da Salomone e dalla regina di Saba e considerato per la religione etiope l'incarnazione di Dio. La sua incoronazione ha luogo il 2 novembre 1930 con il titolo di “Negusa Negast” cioè Re dei Re, questo evento ha un ruolo importantissimo poiché videro il nuovo Imperatore non solo come il compimento della aspettative dei seguaci di Garvey ma anche come la realizzazione della profezia dell'Apocalisse di Giovanni (Rivelazione) cap. 5 versi 2-5 e cap. 19 verso 16 che si riferisce al Leone Conquistatore della tribù di Judah e Re dei Re come il Messia del Popolo Nero (ed anche di tutta l'umanità). (Fonte: http://i.1asphost.com/xonestudio 01.12.05)

Inoltre:

“In un tempo terribile come quello della seconda guerra mondiale la sua figura risalta immensa nella storia del XX secolo. Haile Selassie fu il primo capo di stato nella storia delle nazioni moderne che denunciò le aggressioni militari delle nazioni guerrafondaie nei confronti delle nazioni più piccole e economicamente più deboli dell'Oriente del mondo.” (Tratto dal sito:www.radiocittà.it 01.12.05).

8 Bob Marley

Robert Nesta Marley, figlio di una Giamaicana nera e di un Capitano bianco della marina britannica, peraltro scappato subito dopo la sua nascita. Da adolescente rappresenta bene la gioventù giamaicana di quegli anni (‘60/’70) che stanca di vivere nei ghetti ai margini della società, si ribella all’ordine costituito. Fin da subito si avvicina al mondo della musica con una vena pacifista, si nota l’impegno sociale già nei suoi primi testi che esprimono bene le condizioni di vita miserabile dei ghetti, e successivamente, dopo il suo avvicinamento alla religione Rastafari, diventano mezzo di diffusione della stessa con un crescente successo. La sua popolarità sia musicale che sociale cresce sempre più fino ad approdare anche in Europa e negli Stati Uniti. A Londra** entra in contatto con l’erede dell’imperatore Hailè Selassiè da cui riceve in dono un anello appartenuto al padre, in segno di fiducia e gratitudine. Nell’aprile del ’81 gli viene conferito dal Primo Ministro giamaicano il titolo di Jamaican Order of Merit, di solito riservata agli eroi nazionali. Pochi mesi dopo muore per un carcinoma al cervello. Bob Marley rimane tuttora simbolo della cultura Rasta e del reggae oltre che punto di riferimento per i neri di tutto il mondo.

Origini della musica Reggae

Nei primi del Novecento a causa delle emigrazioni verso l’America centrale, i Giamaicani entrano in contatto con il tango, il merengue, la samba e il calypso (nato dall’incontro tra la musica importata dai colonizzatori e la sua reinterpretazione ironica da parte degli schiavi). Da quest’incontro nasce il , ritmo piacevole e trascinante. Negli anni ’60 il mento viene influenzato dal rhythm’n’blues importato in Giamaica, grazie ad altre emigrazioni, dando origine allo ska, caratterizzato dal ritmo incalzante di trombe e tromboni e dall’elettrificazione in quegli anni di diversi strumenti. Con l’attenuazione dei fiati e un maggior risalto del basso e della voce nascono il rock steady e il reggae, queste due correnti musicali si caratterizzano anche per dei testi più impegnati e anche per questo si fonderanno perfettamente con la cultura Rasta fino a diventarne uno dei principali organi di diffusione. Il reggae inoltre con i suoi caratteristici suoni ipnotici rende ancora meno indispensabile l’uso religioso della ganja.

Anche i sono una corrente musicale che è importante menzionare: inizialmente erano dei camion su cui disc jockeys muniti di un paio di casse promuovevano la musica nazionale e straniera girando per le strade della città. Con lo sviluppo dell’industria musicale il dee-jay diventa selezionatore e commentatore dei pezzi musicali ma essendo i sound system sempre più numerosi nascono spesso litigi che vengono presto risolti con pistole e machete!

Oggi molti sound system sono presenti in tutto il mondo, come anche molti gruppi reggae. L’evoluzione musicale non si è certo fermata, portando a nuovi sviluppi come per esempio al

9 dub, caratterizzato dall’accentuazione del basso elettrico e da suoni sempre più ipnotici, o alla , una versione di reggae influenzato dalle correnti dell’Hipop e del Rap.

Reggae Sunsplash

E’ l’omonimo festival reggae giamaicano, che si svolgeva ogni anno (dal 1978) inizialmente a Montego Bay e successivamente a Kingston.

* Mito di Sansone: un angelo apparve alla madre di Sansone che ancora lo portava in grembo e le disse di non permettere mai che la testa gli venga rasata, che egli beva alcool, che mangi carne e che sposi una donna non appartenente alla stirpe paterna. Sansone cresce e diventa un uomo grande e forte fino a quando sposa Dalila, figlia di un filisteo, allora Dio arrabbiato lo fa catturare dai suoi nemici che gli tagliano i capelli e ne fanno perdere conseguentemente la forza.

**Una curiosità: nel ’77 durante la sua permanenza a Londra Bob Marley entra in contatto con il movimento Punk approfondendone e condividendone le motivazioni di fondo che sebbene diverse dal movimento Rasta sono però unite dalla comune lotta verso il sistema politico imperante (inglese). Da questo incontro deriva il brano Punky Reggae Party.

10 Parte Terza

IL REGGAE E LA CULTURA RASTAFARI OGGI

Il reggae si diffonde fuori dalla Giamaica a partire dagli anni ’70, in particolare a Londra dove vive una folta comunità Giamaicana. Il crescente interesse musicale e commerciale verso questo genere contribuirà anche alla diffusione della cultura Rasta, attorno alla quale però si è venuta a creare un po’ di confusione. Non tutta la musica reggae si riferisce alla cultura rasta e viceversa non tutto il rastafarianesimo si esprime essenzialmente attraverso questo genere musicale; non tutti i rasta fumano marijuana e non tutti i possessori di dreadlocks sono dei rasta. Il frequente bisogno di categorizzare unito all’avanzante omologazione prodotta nell’era contemporanea è spesso disorientante nell’intendere quale sia la realtà. Oggi al di fuori della Giamaica, e della cultura giamaicana, la capigliatura Rasta ha preso piede nei giovani, più spesso come modello estetico simbolo dell’alternativismo che come simbolo di un credo religioso. In questa trasformazione i mass-media, congiuntamente ai cambiamenti culturali degli ultimi decenni, hanno giocato un ruolo fondamentale. La stessa cultura Rasta e la musica reggae ora rappresentano più ampiamente uno stile di vita alternativo, vengono enfatizzate e adottate a simbolo di un più ampio impegno sociale, allargato cioè verso tutte le ingiustizie sociali e le forme di razzismo, non più quindi considerato portavoce solo del popolo nero. Babylonia ora può essere intesa come l’intero mondo consumistico gestito dagli occidentali ricchi, che promuove uno stile di vita che allontana sempre più dallo spirito e dal rispetto per la natura umana e per la madre terra e che non è più rivolto solo alle popolazioni colonizzate, ma a tutte le persone che possono esserne influenzate. E’ comunque sempre più raro oggi che i giovani, anche quelli che mostrano con orgoglio i loro dreadlocks, conoscano effettivamente le origini della cultura Rasta che viene troppo spesso confusa con l’aspetto più commerciale della musica reggae.

Tratto dal forum di discussione (www.rototomsunsplash.com/forum):

“…ho conosciuto parecchi ragazzi e ragazze che si sentono "fighi" solo perchè hanno i dread o ascoltano reggae o comunque si sentono elite. Non si sentivano per niente semplici, e magari dopo 6-7 mesi si stancano dei dread e del loro spirito rasta e ... scompare tutto!!!”

Un altro dei motivi principali che ha portato alla diffusione del reggae/rastafari è l’uso della marijuana, sostanza vietata quasi in tutto il mondo ma comunque consumata dai Rasta per scopi religiosi. Ovviamente tra i giovani la ganja è raramente conosciuta per il suo uso rituale (avvicinamento a Dio), qualche volta viene utilizzata per scopi ricreativi o meditativi al di fuori della religiosità, ma più spesso vi è un abuso che ha come finalità la pura evasione dalla realtà. Ecco quindi il frutto di un proibizionismo e di divieti che si sviluppano

11 semplicisticamente cancellando e nascondendo completamente dei rituali tutt’ora esistenti. Divieti che trovano, non per ultimo, un canale di sfogo economico e manipolatore nelle mode che hanno adottato la foglia di ganja come “tema stampabile” per oggetti di consumo (vedi stampe su abbigliamento e gadgets vari…). Spesso quando gli usi e costumi di una controcultura come questa entrano a far parte della cultura di massa, il suo significato originale “si perde per la strada”, lasciandone i simboli ma senza insegnarne la sostanza (come è successo anche per il Punk ad esempio).

Il quadro che ne risulta secondo me ben rappresenta il malessere della nostra società: siamo il prodotto dell’affievolimento della nostra identità culturale. Una società che, invece di crescere ed evolversi è proiettata verso il potere personale e strumentale dei pochi i quali ipnotizzano le masse con oggetti di consumo (in sostanza con una funzione similare a quella che hanno i giocattoli per un bambino) che danno una soddisfazione temporanea (e sempre più spesso non sono neanche durevoli!). Inoltre vi è un informazione ufficiale sempre più fittizia che mira a controllare il feed-back della maggior parte del pubblico. Sembra tutto volto ad una manipolazione che vuole illudere i possibili consumatori di essere liberi di scegliere cosa pensare, cosa consumare, mentre qualcuno, più in alto ha gia scelto per loro.

Certo nel corso dei secoli ci sono state tante trasformazioni, ma in questa epoca in cui il senso di dispersione è maggiormente sentito, vi è più che mai bisogno di ritrovare un identità culturale che spesso ricerchiamo attraverso culture altrui, forse perché i nostri rituali originali si sono estinti troppo tempo fa, o forse per il continuo lavaggio del cervello ad opera dei mass- media e della moda. La globalizzazione di oggi comunque ci dà un più facile accesso ad altre culture rispetto a ieri ed essenzialmente per questo motivo trovo positiva la diffusione della cultura Rasta finché se ne mantenga la vena pacifista. La sua espansione inoltre porta in sé nuovi sviluppi di crescita e tolleranza, come il cambiamento nella considerazione della donna o la tolleranza dell’omosessualità e conseguentemente la lotta contro l’omofobia contenuta nei testi di alcuni gruppi reggae (omosessualità in origine era fanaticamente considerata una provocazione di Babylonia). Trovo invece necessario mantenere uno sguardo critico verso il tentativo di omologazione attuato dalla moda e dai media verso tutte le controculture che credo faccia gola a chi vuole la tranquillità delle masse e a chi ne intasca i proventi.

12 Parte Quarta

IL SUNSPLASH OGGI: ASPETTI STRUTTURALI

Nella prima parte di questo testo ho affrontato lo sviluppo dell’associazione Rototom e del Sunsplash oggi, mentre nella seconda e terza parte ho cercato di illustrare il fenomeno del rastafarianesimo e del reggae.

Che ruolo ha questo festival in tutto ciò? Il Sunsplash si presenta come organo di diffusione del reggae e di una cultura della pace, due correnti culturali che come abbiamo visto si fondono armoniosamente l’una con l’altra. Ma come avviene fondamentalmente questa diffusione? Per analizzarne il fenomeno cercherò ora di illustrare brevemente cosa offre e come è organizzata la struttura del Sunsplash. Per questo lavoro mi sono basata sulla guida informativa fornita al festival di quest’ultimo anno (2005).

Aspetti strutturali del Sunsplash

Biglietti I comuni biglietti sono sostituiti ormai da qualche anno dai braccialetti colorati in cui ogni colore corrisponde ad un abbonamento, che può essere di un giorno (20-35 Euro) fino a nove giorni (140 Euro) con varie possibilità di sconti e promozioni acquistandolo precedentamente nel corso dell’anno.

Olystica Davanti all’entrata quest’anno (2005) era presente “Olystica” , la fiera del benessere naturale che in precedenza si svolgeva nei padiglioni della Fiera di Pordenone. All’interno: promozione, informazione e vendita di cibo biologico, cosmesi naturale e arredamento naturale; conferenze su temi olistici; servizio di ristorazione bio-vegetariana.

Campeggi e cani… Buona parte del parco è occupata dal campeggio gratuito fino al 2005, a pagamento a partire dal 2006 (20 Euro per tutta la durata del soggiorno). Da qualche anno, vista la crescente presenza di cani è stato suddiviso in due: campeggio con cani e campeggio senza cani, quest’ultimo ha anche la possibilità di allacciamento elettrico. I cani inoltre non possono accedere alla zona centrale della festa. Quest’anno vi era anche una pagina nel sito del Sunsplash, con le foto di tutte le razze considerate pericolose, che ricordava una sorta di “Wanted”.

Ristoranti e bar Come è già stato detto nelle prime edizioni vi era un numero limitato di stands, oggi invece per cominciare vi sono ben venticinque ristoranti diversi che spaziano dalla cucina Etiope,

13 Rasta e Giamaicana fino a quella vegetariana. Inoltre vi sono numerosi bar che offrono diverse specialità: frutta, cocktail, birra di molteplici marche (tra cui la birra alla canapa), rum e caffè di diversi tipi.

Palchi Uno principale che funziona la sera, fino alle due di notte circa, per i gruppi più importanti e uno più piccolo per i gruppi emergenti che funziona al pomeriggio e la sera prima e dopo i concerti principali.

Dj e sound system Spazi indipendenti destinati ai dee-jays con lo scopo di diffondere la musica reggae e i temi ad essa correlati e favorire l’aggregazione e lo scambio tra i dj stessi. Tra questi “Free Yard”, “Roots Yard”, “Groovy Sun-set” che funzionano nell’arco di tutta la giornata insieme alla musica che ogni stand presente al Sunsplash offre.

Dancehall Interamente dedicata alla danza e ai sound system che funzionano dalla fine dei concerti serali fino all’alba.

Tendoni “Vivere l’energia” In due tendoni vengono offerti seminari su temi olistici, meditazioni di vario genere e sessioni individuali di terapie alternative. In questo spazio qualche anno fa hanno partecipato anche dei Monaci tibetani con uno spettacolo del loro folclore. Quest’anno invece erano presenti alcuni dei più sofisticati e avanzati sistemi computerizzati per il check-up bioenergetico.

Area no profit Spazio dedicato alle associazioni impegnate nel sociale come nella lotta per i diritti umani (Emergency, Friulaids, S.o.s Giamaica), nella solidarietà (Le reti di Kilim) e nell’ecologia (ISES= International Solar Energy Society, LAV= Lega Anti Vivisezione, RIVE= Rete Italiana Villaggi Ecologici).

Comunità alternative Sono presenti gli “Hare Krishna” che vendono dolcetti biologici e la comunità toscana degli “Elfi” che vendono pizze fatte con ingredienti biologici e cotte nei forni a legna appositamente portati da loro. Questi due gruppi stanno a rappresentare la possibilità di una vita alternativa al mondo consumistico di Babylonia.

Tenda degli incontri Qui si svolgono seminari e dibattiti di approfondimento sul reggae e l’impegno sociale. Nel 2005 i temi sono stati: l’uso della canapa, l’economia solidale, il nuovo reggae, il turismo sessuale, la coscienza globale, il rispetto della Madre Terra. Nello stesso tendone vengono proiettati documentari sulla cultura Rasta e sul reggae mentre

14 la sera film il cui tema quest’anno era la Madre Terra.

Cannabis street Ossia la fiera della canapa in cui undici stand offrono informazione sull’uso della pianta e sull’antiproibizionismo, e vendono le attrezzature per la coltivazione e l’utilizzo.

House of rastafari Gestita dalla comunità Rastafariana italiana è un punto di incontro informativo sulla cultura Rasta attraverso conferenze, proiezioni e mostre.

Magicogioco Vista l’affluenza di intere famiglie è nato questo spazio rivolto ai bambini, che vengono affiancati e seguiti da animatori tra cui spesso artisti di strada.

Poi vi è un ampio spazio dedicato al coloratissimo mercatino etnico in cui purtroppo comincia ad affiorare la presenza anche il “made in China”.

Inoltre vengono proposti un torneo di calcio e uno di frisbee e corsi gratuiti di: Didjeridoo (strumento degli aborigeni australiani), danza tradizionale africana, Djembè (tipico tamburo africano) e Capoeira (danza-lotta nata tra gli schiavi in Brasile). All’interno del Sunsplash inoltre vi è un info-point, un internet-point, un ferramenta, un mini market, un market biologico e un quotidiano del Festival, il Sunny.

15 Parte Quinta

URBANIZZAZIONE DEL VILLAGGIO REGGAE

Come si può notare nella struttura del Sunsplash vi è un richiamo alla cultura rasta, alla Giamaica e al reggae nei nomi dati ai numerosi stand e nella scelta della cucina, ma per fortuna non solo in questi inevitabili “oggetti consumistici” ma anche nei momenti di approfondimento proposti, nei temi dei dibattiti e negli spazi indipendenti come “House of Rastafari” o “S.o.s Giamaica” ecc.. Oltre che naturalmente nella onnipresente musica. Sembra che in questo festival vi siano innumerevoli stimoli ma che il canale che intercorre tra il pubblico e la struttura del festival stesso sia disturbato:

Tratto dal forum di discussione (www.rototomsunsplash.com/forum):

“… in un festival incentrato sulla musica almeno la metà dei presenti non e' ai concerti…”

“…iniziative di Amnesty International e le varie discussioni che poi però quasi nessuno segue purtroppo…”

“…colpa del Rototom (…)? o della gente che preferisce invece farsi una pennichella in tenda? (ci siamo capiti...) Noi le discussioni le proponiamo, ma andare a prendere la gente di tenda in tenda mi parrebbe un po’ eccessivo...”

Qualche anno prima questo non sarebbe successo in maniera così evidente, cosa è successo allora durante questo tempo? cosa è cambiato? Con l’analisi che segue non intendo criticare o colpevolizzare ma semplicemente osservare la situazione così come appare oggi.

Dopo aver illustrato gli aspetti strutturali del Sunsplash mi sono accorta per la prima volta di quanto la sua organizzazione ricordi quella di un villaggio turistico, sebbene con uno stile alternativo, ma con il risultato comune di “divertimentificio di massa”. I partecipanti comprano il biglietto e per nove giorni possono estraniarsi dal mondo circostante, dedicandosi a ciò che più gli piace, pace, amore, libertà, tolleranza, divertimenti vari, ecc. e quando ne escono provano perfino nostalgia e un senso di malessere per il duro riscontro con la realtà (mi ricorda un po’ la pubblicità di Costa Crociere del 2005…). Tant’è vero che la manifestazione si svolge all’interno di un “recinto” per ovvi motivi strutturali, ma da questo punto di vista può sembrare un ritirarsi nel modo fittizio dove sì un altro mondo è possibile, ma distaccandosi da tutto il resto, come ne è un esempio la comunità degli “Elfi”.

L’idea del recinto mi ricorda un libro di Aldous Huxley (“Oltre la baia del Messico”) in cui l’autore sosteneva che osservando gli abitanti di una nave da crociera si poteva avere un campione di popolazione, uno “spaccato” culturale dunque. Così come il popolo all’interno del “recinto Sunsplash” può essere una finestra su una parte del mondo giovanile di oggi!

Penso che fondamentalmente questa manifestazione potrebbe costituire un momento di

16 crescita culturale ed una socializzazione costruttiva se l’atmosfera che lo caratterizza non fosse divenuta così dispersiva.

Paragonando i cambiamenti e la crescita di questo festival nel corso del tempo ad un’altra metamorfosi, quella che avviene nel paese quando diventa città, ho scoperto purtroppo molte inevitabili similitudini. Infatti nel paese, così come nelle prime edizioni del Sunsplash il ritmo del tempo è scandito in maniera più naturale e soprattutto vi è un’atmosfera di familiarità perché le persone che vi risiedono sono in numero limitato e questo favorisce lo scambio e la comunicazione, tutti conoscono tutti. Queste sono caratteristiche che si perdono nell’aumento delle dimensioni, le persone più difficilmente entrano in contatto perché sono troppe in uno spazio gigantesco, come racconta un ragazzo nel forum di discussione (www.rototomsunsplash.com/forum):

“…anche a me piacerebbe poter passeggiare salutando la gente, magari fermandomi a fare due chiacchiere, invece mi sono accorto che cerco sempre più di starci il meno possibile in mezzo alla gente, o meglio, in mezzo al fiume di gente...mi sposto per andare da un luogo ad un altro e basta...quest'anno ho fatto un bel giro completo il primo giorno, in tutta tranquillità, ma già dal secondo mi sembrava di essere a Bologna nei giorni di mercato...“

La conseguenza più umana è la frequentazione di piccoli gruppi o “quartieri”, restando nel tema della città, per sfuggire alla sensazione di dispersione e frammentarietà così tipica nella globalizzazione di oggi. Si rendono allora necessari dei cambiamenti strutturali, come l’istituzione di un organo di controllo sempre più numeroso, la security (nella città è la polizia, carabinieri ecc.), che controlla i braccialetti/biglietti nelle diverse entrate per evitarne la contraffazione e chi non vuole pagare; controlla gli spacciatori e i ladruncoli aumentati a dismisura e controlla i cani, aumentati anche quelli! Inoltre ci si può trovare ogni sorta di optional, ristoranti, bar, supermercati, ferramenta, quotidiano del festival, in pratica non serve uscire dalla manifestazione: è diventata una città.

Altra questione fondamentale, e che non si può non notare, è come la tolleranza della ganja avvenga all’interno del festival troppo spesso senza un'adeguata informazione, infatti solo una minima parte del pubblico conosce l’uso rituale della pianta nella cultura Rasta. E visto che la sua sponsorizzazione (Cannabis street, birra alla canapa, foglia di marijuana usata come “icona” ovunque) avviene in relazione alla diffusione del reggae e del rastafarianesimo unita ad una scelta (inevitabilmente politica) di antiproibizionismo, potrebbe purtroppo quasi sembrare una distrazione voluta. Tratto dal forum di discussione (www.rototomsunsplash.com/forum):

“Pur essendo dichiaratamente antiproibizionisti per quanto riguarda le droghe leggere, un apposito servizio di sicurezza si occuperà di impedire e scoraggiare la diffusione, l'uso e soprattutto la vendita di droghe chimiche (eroina, cocaina, anfetamine ed altro..). E nell'impegno di tenere il Sunsplash PULITO da ogni forma di criminalità, saranno perseguiti manifesti episodi di mercato di stupefacenti all'interno dell'area del festival.”

17 Il risultato è più preoccupante di quanto sembra e alla fine il conto è salato: poiché questa “tolleranza-promozione” contribuisce al richiamo di un pubblico più interessato a fumare marijuana in una zona protetta dalle autorità che alle attrazioni e al soggetto del festival. Inoltre spesso la conseguenza, indipendentemente dalla volontà diretta dell’organizzazione, è l’incremento delle droghe pesanti. Questo è visibile anche dagli articoli pubblicati nelle cronache dei giornali ogni anno a chiusura della manifestazione in cui vengono menzionati gli arresti e i quantitativi di sostanze sequestrati.

Secondo me quindi la crescita smisurata degli ultimi anni, poco attenta alle conseguenze sociali, unita all’ormai nota tolleranza verso le droghe leggere, sono i motivi principali che incentivano l’atmosfera frammentaria e la poca adesione (rispetto al numero totale dei partecipanti) ai momenti di approfondimento culturale e sociale, come pure ai concerti principali. Ora vi è distacco tra gli organizzatori e il pubblico perché, volutamente o no, la massa dei partecipanti ora li vedono come un “elite”, mentre nelle prime edizioni erano considerati persone tra le persone. Certamente è logico e naturale che un festival musicale progredisca con l’avanzare degli anni, ma se parallelamente alla crescita non vi è uno sforzo (certamente non semplice…) di approfondimento antropologico verso ciò che il fenomeno culturale produce e determina, la qualità della comunicazione perde sempre più, diventando, come nel caso della città (e questo è un esempio che possiamo avere tutti davanti ai nostri occhi ogni giorno), sterile terreno adatto alle mode, al business e agli espedienti. Questo provoca la graduale standardizzazione del pubblico, come succede anche negli abitanti della città, in cui l’individuo e le sue caratteristiche perdono importanza non per favorire la crescita di un gruppo ma perché, sopraffatto dalla massa, resta privo della sua naturalità.

Penso che lo stesso nucleo organizzativo si sia reso conto che i cambiamenti degli ultimi anni hanno portato ad una manifestazione non più “a misura d’uomo” e probabilmente questa crescita è andata oltre ogni loro aspettativa, ma forse ne hanno trovato le basi per un equilibrio economico che gli permette di portare avanti un modello di vita alternativo per loro stessi. Non gli si può certo dare torto, ma le conseguenze della propria creazione rischiano di inibire infinite, ipotetiche possibilità di comunicazione, come succede proprio in Babylonia.

Ho scelto appositamente l’esempio della città poiché accessibile quotidianamente agli occhi di tutti, vedere che conseguenze simili si ricreano anche in neo-situazioni di divertimento potrebbe costituire una base di partenza per un’attenta analisi volta a non ripetere gli stessi errori.

18 Parte Sesta

LA POSSIBILITA’ DI SCEGLIERE: QUALCOSA DI CREATIVO

Ho conosciuto diversi nostalgici che hanno vissuto l’abbaglio dei primi anni di Sunsplash e, appena hanno percepito le conseguenze peggiori della continua crescita, non ci sono più venuti ripiegando su manifestazioni più piccole… Tutto ciò mi rimanda alla civiltà degli indiani d’America in cui, quando una comunità diventava troppo numerosa, si divideva in due gruppi distinti che andavano a vivere in zone diverse. Ma questo per ora non esiste nella nostra società a meno che non lo si voglia…

Un’altra proposta di “sopravvivenza” al sovrappopolamento di una comunità potrebbe essere quella di T.Hall, (in “La dimensione nascosta”), in cui suggerisce come soluzione la costruzione di strutture abitative completamente autonome e con uno speciale occhio di riguardo alla disposizione architettonica (vista la sua silenziosa influenza), disposta intenzionalmente per favorire la vita comunitaria, la familiarizzazione tra le persone e all’occorrenza anche la giusta privacy.

…possiamo essere spettatori immobili di fronte allo scorrere degli eventi e magari lamentarci di essi, oppure possiamo scegliere di vedere più in la del nostro naso e cercare nuove soluzioni per la nostra realtà. E' facile fare polemiche e criticare il Sunsplash (o la metropoli…) nei suoi cambiamenti degli ultimi anni ma, come in molti eventi del mondo attuale, anche in questo caso le responsabilità possono essere suddivise in varie parti, non da meno la parte del pubblico (o dei cittadini…). In primo luogo ogni individuo, anche se purtroppo spesso non se ne accorge, è libero di aprire gli occhi e di scegliere: gli stessi studi filosofici ci insegnano che la visione del mondo è relativa, come è relativa la maniera di proporsi ad essa. In secondo luogo ciò che è oggi dipende da ciò è stato ieri, quindi è determinato anche dal comportamento di società, gruppo, individuo. Anche l'indifferenza, o il lasciare tutta la responsabilità di creare e costruire a qualcun’altro, sono azioni che comportano delle conseguenze di cui spesso la civiltà di oggi è colpevolmente ignara, fino a quando diventano così rilevanti da non poterle non notare. Chi critica una metamorfosi, o la mancata realizzazione delle proprie aspettative, è come un figlio adulto poco indipendente che si lagna con i propri genitori (o con le proiezioni inconsapevoli dei propri genitori..) i quali lo hanno reso dipendente da loro; o come i cittadini di un paese diventato città si ribellano e polemizzano una giunta comunale (idealmente onesta) che inizialmente dedicava un’attenzione particolare, un rapporto più umano, ad una popolazione numericamente limitata ma che, con le difficoltà della trasformazione avvenuta da microcosmo a macrocosmo, non riesce più a dare la stessa accoglienza ai singoli; o ancora, come un giocatore che si auto-elimina dal campo di gioco e passa la responsabilità all’allenatore. 19 Così se abbiamo lasciato che la fissità di un’aspettativa sedimentasse in noi, o se invece siamo stati partecipi di avvenimenti e iniziative, le responsabilità conseguenti sono anche nostre oltre di chi ha interagito passivamente o attivamente nei fatti in questione. Con questo voglio dire che anche chi critica di continuo questo festival, non si accorge che forse si era creato delle aspettative attraverso le quali ha contribuito alla propria delusione.

Inoltre nel momento in cui paghiamo un biglietto ci aspettiamo di ricevere qualcosa che è stato organizzato per noi, ma allo stesso tempo decliniamo le nostre responsabilità o meglio si può dire che doniamo le nostre possibilità creative a qualcun altro che ci “deve” creare un concerto o un festival o altro… e che in quanto tale raramente non avrà anche scopi commerciali, a meno che non sia per beneficienza. Da questo punto di vista comunque scegliamo di essere meno liberi, lasciamo che qualcuno agisca per noi. Perché allora il festival non ce lo organizziamo noi? Non è una provocazione ma una sfida creativa…

La questione è aprire gli occhi, scoprire che quella che ci pareva una visione completa è solo il lato di una realtà più ampia e in continuo cambiamento anche grazie a noi, e che talvolta anche chi ha favorito questa prospettiva limitante, fino ad ora non si era accorto di altre possibilità. Il Sunsplash di oggi contiene ancora molti potenziali strumenti per la comunicazione e quindi per una crescita stimolante, se li si vuole vedere. In un certo senso se prima un’atmosfera più intima favoriva già di per sé un certo scambio, ora c’è bisogno di un certo impegno in più da parte del singolo partecipante. Penso che la soluzione parta dall’individuo, e dagli scambi interpersonali.

Proprio chi si rende protagonista attivo, chi mantiene alto il suo livello di attenzione e di creatività può sfruttare al meglio qualsiasi opportunità che gli si presenta di fronte. Con ciò potrà essere conscio della sua scelta di pagare 140 Euro di ingresso ad un festival di nove giorni, che sia per fare il turista reggae tra i cuscini, o per partecipare alle occasioni di approfondimento e di interazione. Così come potrà scegliere col cuore in pace di non andarci affatto e accettare senza rancore le conseguenze di qualsiasi decisione intrapresa.

E’ utopia ribaltare completamente un approccio convenzionale di massa che funziona sempre meno, per rendersi protagonisti di ciò che si ha di fronte? Certo nella dispersione imperante, il singolo individuo viene lasciato solo nella scelta. Ci vuole una buona dose di determinazione, assai rara e difficile da mantenere per chi oggi decide di fare una vacanza ‘turistica’ di nove giorni nella città del reggae.

Ma non sono forse le utopie che nel corso della storia hanno stimolato l’uomo verso le realizzazioni più impensate?...

20 BIBLIOGRAFIA

Titolo Autore Editore

Il movimento Rasta Eliana Ferraris Xenia

La comunicazione interculturale Elena A.A. Garcea Armando

L’incontro mancato Marco Aime Bollati Borlinghieri

La dimensione nascosta. Vicino e lontano: il significato delle Edward T.Hall Saggi Tascabili distanze tra le persone

Notti da Leone. La leggenda del Rototom Sunsplash Pier Gaspardo Biblioteca dell’Immagine

Rototom Sunsplash FestivalGuide 2005, Rastasnob, supplemento di Radio Base.

Articoli proveniente da “Exodus”, (Associazione non lucrativa per la diffusione della cultura e della comunità etiope): -“Breve introduzione al Kebra Nagast” -“House of Ras Tafari al Rotom Sunsplash 2005”

WEBLIOGRAFIA

Articoli tratti dai seguenti siti web:

www.reggaezion.com www.managerzen.it www.rosadijah.altervista.org www.fucine.com www.moaanbessa.com www.gazzettino.it www.arcoiris.tv italy.indymedia.org www.itaca.coopsoc.it

Forum del Rototom Sunsplash: www.rototomsunsplash.com/forum

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