Studio di Microzonazione Sismica di 1° Livello – Relazione Illustrativa – Comune di Sacile

MICROZONAZIONE SISMICA Relazione Illustrativa

Regione Friuli Venezia Giulia Comune di Sacile (PN)

Regione: Soggetto realizzatore: Data: COMUNE DI SACILE FRIULI VENEZIA GIULIA 09.12.2014 Progettista: Dott. Geol. Maria Luisa Piccinato

Collaboratore: Dott. Geol. Alessandro Riccio

Dott. Maria Luisa Piccinato 1 Studio di Microzonazione Sismica di 1° Livello – Relazione Illustrativa – Comune di Sacile

Comune di Sacile (PN) Studio di Microzonazione Sismica di Primo Livello

Relazione illustrativa

Indice

1 Introduzione ...... 3 1.1 Premessa ...... 3 1.2 La Microzonazione Sismica ...... 3 1.3 Metodologia e prescrizioni della Microzonazione di Primo Livello ...... 4 1.4 Riferimenti normativi ...... 4 1.5 Articolazione dello studio ...... 5 1.6 Inquadramento geografico ...... 6 2 Definizione della pericolosità di base e degli eventi di riferimento ...... 8 2.1 Le strutture regionali ...... 8 2.2 Sismicità regionale ...... 13 2.3 La classificazione sismica dei comuni della Regione Friuli Venezia Giulia ...... 15 2.4 Pericolosità sismica regionale ...... 17 2.5 Sismicità del comune di Sacile ...... 26 3 Assetto geologico e geomorfologico dell’area ...... 35 3.1 Classi geolitologiche delle coperture detritiche ...... 40 3.2 Inquadramento idrografico ...... 41 3.3 Inquadramento idrogeologico ...... 42 4 Dati geotecnici e geofisici ...... 43 4.1 Fonti dei dati pregressi ...... 43 4.2 Il piano delle misure geofisiche integrative ...... 43 5 Modello del suolo e del sottosuolo ...... 44 6 Interpretazioni e incertezze ...... 45 7 Metodologie di elaborazione e risultati ...... 46 7.1 Indagini geofisiche integrative: metodologia sperimentale ...... 46 8 Elaborati cartografici ...... 49 8.1 Carta delle indagini ...... 49 8.2 Carta Geologico Tecnica per la microzonazione sismica (CGT_MS) ...... 49 8.3 Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica (MOPS, Livello I) ...... 51 8.4 Sezioni geologico tecniche ...... 56 8.5 Commenti finali e criticità ...... 59 9 Confronto con la distribuzione dei danni degli eventi passati ...... 60 10 Bibliografia ...... 63 11 Appendici ...... 65 11.1 La tecnica HVSR ...... 65

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1 Introduzione

1.1 PREMESSA Su incarico dell’Amministrazione comunale di Sacile è stato redatto il presente Studio di Microzonazione Sismica di Livello I ai sensi dell’OPCM n. 3907 del 13.11.2010 e OPCM n. 4007 del 29.02.2012 e della DGR n. 1661 del 13.09.2013. La Relazione Illustrativa è stata allestita sulla base degli Indirizzi e criteri per la microzonazione sismica (ICMS 2008) approvati dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome il 13.11.2008. La presente relazione espone le modalità di acquisizione e di elaborazione dei dati geologici, geotecnici, sismici e cartografici adottate nella realizzazione dello studio di Microzonazione Sismica di Primo Livello ed illustra la cartografia tematica prodotta secondo lo schema logico e le norme richiesti dagli ICMS 2008 e dagli Indirizzi e criteri per la Microzonazione Sismica – Percisazioni ed Integrazioni della Regione Friuli Venezia Giulia (DGR n. 1661 del 13.09.2013). Gli elaborati sono stati allestiti secondo le indicazioni contenute in Microzonazione Sismica, Standard di rappresentazione e archiviazione informatica (Commissione tecnica per la microzonazione sismica, articolo 5, comma 7 dell’OPCM 13.11.2010, n. 3907, versione 3.0, Roma, ottobre 2013) e nei citati Indirizzi e criteri (DGR 1661/2013) della Regione Friuli Venezia Giulia. Le acquisizioni dei dati di campagna e le elaborazioni cartografiche sono state condotte nei mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre 2014.

1.2 LA MICROZONAZIONE SISMICA I numerosi eventi sismici accaduti in Italia negli ultimi anni, hanno reso maggiormente evidente la vulnerabilità sismica del territorio italiano. L'osservazione degli effetti dei terremoti degli ultimi decenni ha evidenziato, inoltre, che i danni alle costruzioni a seguito di eventi sismici si manifestano con differenze notevoli in centri abitati posti anche a piccole distanze tra loro. Le cause di queste situazioni, oltre alla differente tipologia costruttiva, vanno ricercate in una diversa pericolosità sismica locale, accentuata dalle differenti modalità di propagazione delle onde sismiche, funzione delle caratteristiche geometriche, elastico-acustiche e di instabilità di suolo e sottosuolo. Lo studio delle problematiche sopra descritte è oggetto della microzonazione sismica, con la quale ad un primo livello, sulla base dell’analisi dei dati geologici disponibili, si definiscono le zone stabili, le zone stabili potenzialmente soggette ad amplificazione locale e le zone potenzialmente soggette ad instabilità (frane, rotture della superficie per faglie, cedimenti e liquefazioni del terreno). Il miglioramento della conoscenza in materia, prodotto dagli studi di microzonazione sismica, può contribuire concretamente, insieme a quelli sulla vulnerabilità ed esposizione, ad un uso più razionale delle risorse per la mitigazione del rischio sismico.

Lo studio di microzonazione sismica (di seguito MS) ha come obiettivo quello di definire la pericolositò sismica attraverso l'individuazione di aree o porzioni di territorio caratterizzate da un comportamento sismico omogeneo. In particolare la MS individua e contraddistingue le seguenti aree omogenee:

• Aree stabili: sono zone nelle quali non si ipotizzano effetti locali di alcuna natura (litotipi assimilabili al substrato sismico in affioramento con morfologia pianeggiante o poco inclinata) e pertanto gli scuotimenti attesi sono equivalenti a quelli forniti dagli studi di pericolosità di base;

• Aree stabili suscettibili di amplificazione sismica: sono le zone in cui il moto sismico viene modificato a causa delle caratteristiche litostratigrafiche e/o geomorfologiche del territorio;

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• Aree instabili: sono le zone suscettibili di attivazione dei fenomeni di deformazione permanente del territorio indotti o innescati dal sisma (instabilità di versante, liquefazioni, fagliazioni).

1.3 METODOLOGIA E PRESCRIZIONI DELLA MICROZONAZIONE DI PRIMO LIVELLO La microzonazione sismica di Livello I prevede un approccio esclusivamente di tipo qualitativo e costituisce la base propedeutica per gli eventuali successivi livelli di approfondimento. Lo studio di primo livello, infatti, permette la definizione delle zone nelle quali l’effetto della sollecitazione sismica è, con una buona attendibilità, prevedibile, sulla base di osservazioni geologiche e della raccolta dei dati disponibili. Tale studio si applica all’intero territorio comunale o all’ambito di applicazione dello specifico strumento urbanistico. In particolare il territorio di studio per la microzonazione sismica è stato concordato e pianificato con l'Amministrazione Comunale di Sacile.

1.4 RIFERIMENTI NORMATIVI

• Legge 2 febbraio 1974, n. 64, Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche. • Legge 10 dicembre 1981, n. 741, Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche. • Decreto del Ministro dei lavori pubblici 11 marzo 1988, Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione ed il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione. • Legge 24 febbraio 1992, n. 225, Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile. • Decreto del Ministro dei lavori pubblici 16 gennaio 1996, Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche. • Decreto del Ministro dell’interno 13 Febbraio 2001, Adozione dei Criteri di massima per l’organizzazione dei soccorsi sanitari nelle catastrofi (G.U. n. 116 del 12 maggio 2001). • Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59. • Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. • Legge 9 novembre 2001, n. 401, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile. • Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 20 marzo 2003, Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica" (pubblicata nel Supplemento n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 08/05/2003) modificata con ordinanza 3316 e 3431. Testo ordinanza in 4 articoli: - Allegato 1: Criteri per l’individuazione delle zone sismiche - Individuazione, formazione ed aggiornamento degli elenchi delle medesime zone. - Allegato 2: Norme tecniche per il progetto, la valutazione e l’adeguamento sismico degli edifici. - Allegato 3: Norme tecniche per il progetto sismico dei ponti. - Allegato 4: Norme tecniche per il progetto sismico di opere di fondazione e di sostegno dei terreni. • Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3316 del 2 ottobre 2003. Modifiche ed integrazioni all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003.

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• Legge 27 luglio 2004, n. 186, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 28 maggio 2004, n. 136, Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione. Disposizioni per la rideterminazione di deleghe legislative e altre disposizioni connesse. • Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 maggio 2005, n. 3431, Ulteriori modifiche ed integrazioni all’O.P.C.M. 20 marzo 2003 n. 3274, recante « Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per le costruzioni in zona sismica». • Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 aprile 2006, n. 3519, Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone (G.U. n.108 del 11/05/2006). • Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 ottobre 2007, Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni. • Norme Tecniche per le Costruzioni - Decreto 14/01/2008 del Ministero delle Infrastrutture (GU n.29 del 04/02/2008) e relativa Circolare esplicativa. Con la pubblicazione delle NTC08 vengono recepite molte delle indicazioni normative precedenti e riordinate in un unico codice. Principali Norme Tecniche di riferimento: - Capitolo 3 Azioni sulle costruzioni, §3.2 Azione sismica. - Capitolo 8 Costruzioni esistenti, §8.7 Valutazione e progettazione in presenza di azioni sismiche. - Allegato A: Pericolosità sismica. - Allegato B: Tabelle che definiscono l’azione sismica nel territorio italiano. - Capitolo 7 Progettazione per azioni sismiche (strutture nuove). • Legge 24 giugno 2009, n. 77 Conversione in legge, con modificazioni del decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella Regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile. • O.P.C.M. n. 3907 del 13.11.2010 riguardante indagini di microzonazione sismica e contributi per interventi di rafforzamento strutturale degli edifici sia pubblici che privati. • O.P.C.M. n. 4007 del 29.02.2012 riguardante indagini di microzonazione sismica e contributi per interventi di rafforzamento strutturale degli edifici sia pubblici che privati. • L.R. FVG 14/2012 che autorizza la Regione a concedere contributi agli enti locali per attuare gli studi di microzonazione sismica. • Decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 1431 del 15 aprile 2013, pubblicato nella G.U. del 10 luglio 2013 (L. 77/2009, art. 11). • DGR n. 1661 del 13.09.2013 con la quale si stabiliscono le Integrazioni agli Indirizzi e Criteri di Microzonazione Sismica e che le specifiche tecniche attuattive vengano approvate con Decreto del Direttore del Servizio Edilizia.

1.5 ARTICOLAZIONE DELLO STUDIO Lo studio è stato organizzato attraverso una serie di fasi sequenziali che hanno garantito il rispetto delle procedure di acquisizione ed elaborazione dei dati e di restituzione dei risultati. Il Sistema Informativo Geografico, realizzato secondo gli Standard di rappresentazione e archiviazione informatica (versione 3, ottobre 2013), è servito come collettore di tutte le informazioni esistenti e dei dati di nuova generazione. Nello specifico sono stati organizzati e omogeneizzati i dati idrogeologici, geologico-stratigrafici e geomorfologici provenienti dai documenti di pianificazione a scala comunale, in particolare dal P.R.G.C. vigente, dalla letteratura scientifica, dalle banche dati disponibili, dagli studi professionali consultabili e dalle indagini geologico-geofisiche integrative condotte ad hoc per l’analisi di MS e quanto utile alla costruzione di un modello geologico concettuale. Al fine di ottimizzare la campagna di esplorazione, preliminarmente all’acquisizione dei dati geofisico-geologici, è stato costruito un modello geologico iniziale che è stato poi via via raffinato per identificare le parti di territorio suscettibili di effetti sismici locali (amplificazione, cedimenti, liquefazione, etc.). In particolare, è stata condotta un’analisi del modello digitale

Dott. Maria Luisa Piccinato 5 Studio di Microzonazione Sismica di 1° Livello – Relazione Illustrativa – Comune di Sacile della Regione Friuli Venezia Giulia per l’identificazione di eventuali discontinuità morfologiche significative (orli di terrazzo fluviale, scarpate, etc), sono stati raccolti ed omogeneizzati i dati ed è stato approfondito il quadro conoscitivo attraverso fotointerpretazione e sopralluoghi. E’ stata poi condotta una campagna di misura di sismica passiva a stazione singola con tecnica HVSR (Horizontal to Vertical Spectral Ratio – Metodo di Nakamura). Le misure hanno interessato l’area in studio.

N. di Tecniche di Oggetto del rilievo prove rilievo 16 HVSR (H/V) Terreni

Tabella 1 – Tabella riassuntiva delle indagini geofisiche condotte ex novo

1.6 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO Il Comune di Sacile si colloca nel settore centro occidentale della Provincia di Pordenone a circa 12 km dal capoluogo provinciale. È attualmente il secondo comune per numero di abitanti della provincia. Il principale corso d’acqua è il fiume Livenza che attraversa il centro di Sacile. Il territorio comunale si estende su una superficie di circa 32,62 km2 e confina con i comuni di Caneva, Fontanafredda e Brugnera nella Regione Friuli Venezia Giulia e Cordignano e Gaiarine in Regione ; al 2011 contava 19.897 abitanti con una densità di popolazione di 610 ab/km2. Nel territorio comunale sono presenti le frazioni di: Cavolano, Cornadella, Ronche, San Giovanni del Tempio, San Giovanni di Livenza, San Michele, Sant'Odorico, Schiavoi, Topaligo, Villorba e Vistorta. Il territorio comunale è ubicato nella zona di contatto dei conoidi del fiume Meschio e del Torrente Cellina, rappresentati rispettivamente dall'unghia orientale e da quella occidentale. I loro depositi sono stati rielaborati successivamente dal fiume Livenza, importante via d'acqua priva di bacino montano, alimentata dal sorgenti carsiche e dai corsi d'acqua di risorgiva che si originano a partire dalla linea delle risorgive che costeggia la strada SP 10 (Fontanafredda – Polcenigo).

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Figura 1- Inquadramento geografico del comune di Sacile (Google Map)

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2 Definizione della pericolosità di base e degli eventi di riferimento

2.1 LE STRUTTURE REGIONALI Sacile, pur collocandosi in pianura, è collegata sismicamente alle strutture del vicinissimo rilievo alpino, in particolare il massiccio Cansiglio-Cavallo, al margine occidentale delle Prealpi Veneto-Friulane. Questa zona delle Alpi Meridionali orientali è caratterizzata da un elevato grado di sismicità (tra i più alti dell’intera catena alpina) trovandosi proprio nella fascia di collisione, tuttora attiva, tra la placca europea e quella africana.

Figura 2 - Schema strutturale del comparto alpino nord-orientale con ubicazione del profilo Transalp (TAP).

L’evoluzione tettonica può essere suddivisa in una fase tettonica pre-quaternaria (orogenesi ercinica avvenuta tra il Carbonifero ed il Permiano, rifting giurassico ed orogenesi alpina) ed una fase tettonica Quaternaria ancora in atto. A scala regionale gli elementi tettonico-strutturali sono raggruppabili nei seguenti sistemi (da occidente ad oriente; Slejko et al, 1987, 1989):

Fascio Giudicariense: accavallamenti a direzione NNE-SSO con piani immergenti a ONO che sovrappongono le unità costituite da termini mesozoici sui termini molassici; Sistema Scledense: faglie subverticali con direzione NO-SE che interessano principalmente l’area vicentina. La più nota è la linea tettonica Schio-Vicenza il cui rigetto verticale raggiunge valori considerevoli (anche dell’ordine di 2000 m), ma strutture con simile direzione sono riscontrabili anche nel sottosuolo della pianura veneto-friulana; Sinclinorio Dolomitico: sistema caratterizzato da deformazioni di entità inferiore rispetto alle aree circostanti. La direzione degli assi strutturali varia passando dalla direzione ENE-OSO (caratteristica del Sistema Valsuganese) alla direzione E-O (caratteristica del Sistema Tilaventino). Il Sinclinorio Dolomitico è limitato a sud dalla Linea della Valsugana, a Nord dalla Linea della Val Pusteria ed a Ovest dal Sistema Giudicariense;

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Sistema Valsuganese: sovrascorrimenti aventi direzione ENE-OSO con superfici immerse a NNO. Lungo le Linee della Valsugana e della Marana affiora il basamento cristallino, mentre altre linee tettoniche appartenenti a questo sistema interessano le molasse neogeniche e quaternarie; Sistema Tilaventino (o del Tagliamento): faglie subverticali e sovrascorrimenti a basso angolo con piani immersi generalmente a Nord e direzione E-O. Il sistema Tilaventino interessa la fascia compresa tra il fiume Piave e le Dinaridi esterne, e l’area tra la Linea Fella-Sava e l’alta pianura friulana. Rispetto al sistema Valsuganese, di cui rappresenta la prosecuzione verso est, esso presenta una diversa direzione degli elementi strutturali ed un maggior raccorciamento dei sovrascorrimenti; Sistema Dinarico: accavallamenti con direzione NO-SE con piani immersi a NE e faglie subverticali trascorrenti destre con direzione compresa tra NO-SE e NNO-SSE.

Figura 3 - Carta Geologica schenatica delle Prealpi Orientali - Istituto di Geologia di Milano – Centro di Studio per la stratigrafia e petrografia delle Alpi Centrali – CNR Milano (1982)

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A scala locale, dal punto di vista tettonico il territorio esaminato si pone strutturalmente all’esterno del margine pedemontano corrispondente in parte al decorso della linea del “Sovrascorrimento Periadriatico” e dai sistemi di faglie più meridionali (Linea Caneva- Maniago e Linea di Sequals) (Fig. 3). La Linea di Caneva-Maniago è la più esterna delle Prealpi Friulane e sovrappone i calcari di piattaforma alla scaglia, al flysch eocenico e alle molasse mioceniche. Nella pianura, le prospezioni sismiche e le perforazioni hanno messo in evidenza la presenza di linee sepolte quali la Linea di Sequals, parallela alla Linea Caneva-Maniago che giustificherebbe la depressione quaternaria pedemontana e la Linea di Caorle che ha andamento dinarico e sarebbe correlabile con il bordo sud-occidentale del Massiccio Consiglio-Cavallo. La Linea di Caorle, margine della “piattaforma adriatica” (Leopardi et al., 1973; Cavallin, 1980), separa, fin dal Cretaceo, zone caratterizzate da facies diverse.

L’area in esame è stata ed è tuttora interessata da una sensibile attività neotettonica. Al fine di tarare i movimenti neotettonici e per meglio inquadrare l’evoluzione dell’area, si riportano le ricostruzioni paleogeografiche del territorio dal Pliocene all’Olocene (5,2 m.a. B.P. – Attuale). Le ricostruzioni paleogeografiche sono state tratte da “Evoluzione Neotettonica dell’Italia Nord-Orientale” Zanferrari A., Bollettinari G., et altri, Memorie di Scienze Geologiche, vol. XXXV Padova 1982 (si vedano le Fig. 4 - Fig. 5 - Fig. 6).

Durante il Pliocene inferiore, l’area a occidente della Linea di Caorle è in abbassamento, testimoniato dalla presenza di depositi marini trasgressivi, mentre l’area ad oriente è in probabile sollevamento o stasi in quanto non sono stati rinvenuti depositi di questo intervallo di tempo. Durante il Pliocene medio-superiore l’area a occidente della linea è in sollevamento, testimoniato dalla regressione al tetto dei depositi marini del Pliocene inferiore e successivamente in forte abbassamento, denunciato dalla presenza di depositi marini trasgressivi del Pleistocene inferiore (Calabriano). L’area ad oriente della Linea di Caorle risulta invece, nel Pliocene medio-superiore, in blando sollevamento (assenza di depositi) e successivamente è interessata da un deciso abbassamento testimoniato dalla presenza di depositi marini del Pleistocene inferiore. L’area ad oriente della Linea è differenziata in due settori in base all’attuale morfologia del substrato pre-quaternario. Sembra infatti che il settore prospiciente la Linea sia stato interessato da un sollevamento minore rispetto quello più lontano durante il Pliocene medio-superiore. In questo intervallo di tempo, Pliocene medio - Pleistocene inferiore, la Linea di Caorle acquista una componente di trascorrenza destrorsa.

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Legenda: 1. Aree stabili o con blandi movimenti verticali 2. Aree in sollevamento generalizzato 3. Aree in sollevamento e/o deformazione non accentuati 4. Aree in deformazione articolata con aumento dell’energia del rilievo 5. Aree con depositi continentali 6. Aree con depositi marini 7. Aree con depositi lagunari 8. Faglia diretta (attiva attualmente sepolta) 9. Sovrascorrimento (attivo attualmente sepolto) 10. Faglia trascorrente (attiva attualmente sepolta) 11. Attuale limite dei rilievi

Figura 4 - Schema dell’attività tettonica e della paleogeografia dell’Italia nord-orientale durante il Pliocene.

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Legenda: 1. Aree stabili o con blandi movimenti verticali 2. Aree in sollevamento generalizzato 3. Aree in sollevamento e/o deformazione non accentuati 4. Aree in deformazione articolata con aumento dell’energia del rilievo 5. Aree con depositi continentali 6. Aree con depositi marini 7. Aree con depositi lagunari 8. Faglia diretta (attiva attualmente sepolta) 9. Sovrascorrimento (attivo attualmente sepolto) 10. Faglia trascorrente (attiva attualmente sepolta) 11. Attuale limite dei rilievi

Figura 5 - Schema dell’attività tettonica e della paleogeografia dell’Italia nord-orientale durante il Pleistocene.

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Legenda: Aree stabili o con blandi movimenti verticali  Aree in sollevamento generalizzato  Aree in sollevamento e/o deformazione non accentuati  Aree in deformazione articolata con aumento dell’energia del rilievo  Aree con depositi continentali  Aree con depositi marini  Aree con depositi lagunari  Faglia diretta (attiva attualmente sepolta)  Sovrascorrimento (attivo attualmente sepolto)  Faglia trascorrente (attiva attualmente sepolta)  Attuale limite dei rilievi  Figura 6 - Schema dell’attività tettonica e della distribuzione dei depositi nell’attuale area .

Nell’intervallo di tempo Pleistocene medio – Pleistocene superiore, tutta l’area è in abbassamento. La Linea, che negli intervalli precedenti ha agito come faglia, si comporta d’ora in poi come flessura. La parte a SW si abbassa maggiormente di quella a NE . Nell’ultimo intervallo di tempo, la zona meridionale è interessata da un abbassamento (causato da una concomitanza di effetti tettonici, isostatici e di costipamento dei sedimenti) mentre la zona settentrionale è in sollevamento.

2.2 SISMICITÀ REGIONALE L’Italia nord-orientale ed in particolare la zona friulana sono state storicamente colpite da numerosi terremoti (Figura 7) particolarmente distruttivi con una maggiore frequenza nella fascia pedemontana (Vicenza, Treviso, Gemona e Cividale) e prealpina ( e Tramonti). La sismicità nella fascia di media e bassa pianura ed in quella dei settori alpini risulta decisamente modesta. Altre zone attive sono la fascia di confine con la regione della Carinzia () e soprattutto la zona di confine con la .

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Figura 7 - Epicentri dei terremoti storici (in colore blu) e strumentali (in colore rosso) sino al 1999 (tratto da Slejko, 2003)

La maggior parte dei terremoti principali si sono verificati diversi secoli or sono e pertanto sia la localizzazione che l’intensità sono piuttosto incerti come ad esempio nel caso del terremoto del 1117 che una localizzazione non del tutto soddisfacente colloca nel Veronese. La parametrizzazione dei sismi è più precisa per alcuni di epoca storica quali i terremoti dell’ (1873) e del Cansiglio (1936) in Veneto e di Tolmezzo (1926). Quello di Gemona (1976) in Friuli è stato misurato dalla rete. Dal 1931 è infatti operante la stazione sismologica di Trieste che è poi diventata rete sismometrica locale dopo l’evento del 1976 e successivamente adattata ed ampliata per la registrazione anche della sismicità di basso livello della zona trentina e veneto-friulana. La rete è attualmente gestita dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste ed i dati parametrici sono disponibili sul sito dell’Istituto. Per quanto riguarda il Veneto ed il Friuli sono stati registrati nel periodo 1981-2006 (fonte INGV) 37 terremoti con Magnitudo (M) superiore a 3.0 e con profondità ipocentrali entro i primi 35 km dalla superficie. Tra questi un solo evento ha manifestato magnitudo compresa tra 4.0 e 5.0 mentre i rimanenti 36 eventi hanno manifestato una magnitudo compresa tra 3.0 e 4.0 (Figura 8).

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Figura 8 - Epicentri dei terremoti rilevati da rete nel Veneto e nel Friuli nel periodo 1981-2006 (dato rielaborato da INGV) con M>3.

2.3 LA CLASSIFICAZIONE SISMICA DEI COMUNI DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA Sino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa severità. I Decreti Ministeriali emanati dal Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1981 ed il 1984 avevano classificato complessivamente 2.965 comuni italiani su di un totale di 8.102, che corrispondono al 45% della superficie del territorio nazionale, nel quale risiede il 40% della popolazione. Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo. A tal fine è stata pubblicata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, sulla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003. Il provvedimento detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio (Decreto Legislativo n. 112 del 1998 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 - "Testo Unico delle Norme per l’Edilizia”), hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.

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Zona1 È la zona più pericolosa. Possono verificarsi fortissimi terremoti Zona2 In questa zona possono verificarsi forti terremoti Zona3 In questa zona possono verificarsi forti terremoti ma rari Zona4 È la zona meno pericolosa. I terremoti sono rari Tabella 2 – Zone sismiche

Di fatto, sparisce il territorio “non classificato”, che diviene zona 4, nel quale è facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g. zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g). Il nuovo studio di pericolosità, allegato all’OPCM n. 3519, ha fornito alle Regioni uno strumento aggiornato per la classificazione del proprio territorio, introducendo degli intervalli di accelerazione (ag), con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni, da attribuire alle 4 zone sismiche. La suddivisione delle zone sismiche (OPCM 3519/06) in relazione all’accelerazione di picco su terreno rigido (suolo di tipo A) è la seguente:

Zona Accelerazione con probabilità sismica di superamento pari al 10% in 50 anni (ag)

1 ag >0.25

2 0.15

3 0.05

4 ag ≤ 0.05 Tabella 3 – Ag relativa alle quattro zone sismiche (OPCM 3519/06).

Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008) hanno modificato il ruolo che la classificazione sismica aveva ai fini progettuali: per ciascuna zona – e quindi territorio comunale – precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e quindi di spettro di risposta elastico da utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche. Dal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera. Un valore di pericolosità di base, dunque, definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali.

La classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane utile solo per la gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione, Genio Civile, ecc.).

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Figura 9 - Classificazione sismica dei comuni del Friuli Venezia Giulia.

2.4 PERICOLOSITÀ SISMICA REGIONALE Le elaborazioni di pericolosità sismica regionale sono state in larga parte condotte dall’INGV e dall’INOGS che hanno piena disponibilità dei dati derivanti dalle reti sismometriche. Alla scala regionale il calcolo della pericolosità sismica si basa sull’applicazione di un metodo probabilistico abbastanza consolidato che si fonda sull’utilizzo di una zonazione sismogenetica, un catalogo di terremoti ed una relazione di attenuazione del moto del suolo.

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La zonazione sismogenetica utilizzata per lo studio regionale è nel complesso simile a quelle impiegate in ambito nazionale per la riclassificazione sismica del territorio. La zonazione attribuisce alle sorgenti il medesimo significato geodinamico utilizzato in ambito nazionale con una maggiore definizione dei limiti regionali delle diverse aree. La suddivisione di partenza in 80 ZS fu effettuata nell’ambito del GNDT da Meletti et al. (2000) attraverso un modello sismogenetico per l’intero territorio nazionale. Studi successivi portarono a raffinamenti nella definizione delle zone, in particolare con Meletti e Valenzise, 2004 (Zonazione ZS9) e con Slejko et al. 2008.

Figura 10 - Zonazione sismogenetica secondo Slejko et al. 2008 e Meletti e Valenzise, 2004 (Zonazione ZS9).

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Figura 11 - Zonazione sismogenetica ZS9. Le diverse zone sono individuate da un numero; le zone indicate con una lettera non sono state utilizzate per la valutazione della pericolosità sismica.

Il settore di studio appartiene alla zona 905 che interessa l’area che va da Verona fino a Gorizia. Si tratta di un settore, assieme alla zona 904, in cui è osservata la massima convergenza tra la placca adriatica ed europea, con strutture a pieghe sud-vergenti del Sudalpino orientale e faglie inverse associate (Zanferrari et al., 1982; Slejko et al., 1989, Valenzise e Pantosti, 2001; Peruzza et al., 2002; Galadini et al., 2002)e, nelle aree ad est del confine friulano, da faglie trascorrenti destre con direzione NW-SE (trend dinarico) (es. Bernardis et al., 2000; Bajc et al., 2001; Vrabec, 2001). L'individuazione delle tre zone deriva sia dall'osservazione delle caratteristiche della sismicità (vale a dire: massima magnitudo, numero di eventi in catalogo, loro distribuzione nelle diverse classi di magnitudo, ecc.), sia dalle geometrie delle sorgenti sismogenetiche. La zona 905 ricalca le zone 4 e 5 di ZS4, con un ampliamento verso Sud-Est e verso Ovest per includere sorgenti sismogenetiche potenzialmente responsabili di terremoti con M>6, cartografate in studi successivi a ZS4 (Valensise e Pantosti, 2001; Galadini et al., 2002). Inoltre la zona 905 racchiude un'area nella quale la frequenza di eventi sismici (anche per le magnitudo medio-alte) è nettamente superiore a quella delle zone adiacenti 904 e 906.

Nella tabella seguente sono riportati: il numero di eventi registrati con indicazione del valore di magnitudo durata (Md) e di magnitudo massima, definite sugli eventi 1983-2002 (INGV). L’intervallo di profondità di rilascio del maggior numero di eventi sismici è indicato alla classe di profondità, mentre la profondità efficace si riferisce ai punti dove si ha la maggior frequenza di rilascio di sismi.

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Zona 905 Numero di eventi Md >2.0 >2.5 >3.0 Magnitudo Classe di Profondità massima (Md) profondità (km) efficace (km) 181 110 32 04.08.00 5-8 8 Md= Magnitudo durata

2.4.1 Distretti sismo-tettonici secondo Sugan e Peruzza (2011) Nello studio condotto da Sugan e Peruzza (2011) la zona orientale è stata suddivisa in 9 distretti sismotettonici. Il comune di Sacile rientra nel distretto A denominato Alpago- Cansiglio (Figura 12). Comprende la parte nord-orientale del Veneto e la parte centro- occidentale del Friuli Venezia Giulia. L'area comprende il settore esterno della catena delle Alpi Meridionali orientali, l'ultimo ad essere coinvolto nella fase compressiva Miocenico-Pliocenica. L'area è caratterizzata da una notevole complessità strutturale: pieghe e sovrascorrimenti sud-vergenti risultano condizionati dai preesistenti rapporti paleogeografici tra la Piattaforma Friulana e il Bacino Bellunese il cui margine è rappresentato dalla dorsale NO della Val Lapisina. Il fascio di elementi strutturali a direzione meridiana attivi durante le fasi tensionali mesozoiche, ha guidato infatti una transpressione sinistra che ruota la direzione del fronte e l'assetto dei sovrascorrimenti principali. Quest'area rappresenta pertanto una zona di transizione tra due diversi sistemi strutturali, quello valsuganese (ENE-OSO) in Veneto, e il sistema tilaventino in Friuli (E-O), attraverso la rampa laterale costituita dall'allineamento N-S Longhere-Fadalto- Cadola. La delimitazione geografica del distretto racchiude elementi strutturali quali i sovrascorrimenti della Valsugana, Pinedo-Avasinis e Barcis-Taro Selo nella parte settentrionale, fino al sovrascorrimento che borda il margine sud-orientale del massiccio del Cansiglio (linea Caneva-Maniago) e agli elementi sepolti in pianura. Il margine sud- occidentale del Cansiglio invece è una dislocazione complessa, interpretata come flessura, sovrascorrimento; l'ipotesi dell'esistenza di una prosecuzione in pianura (Linea di Montaner- Caorle) è da sempre dibattuta. Anche la Linea di Sequals è un sovrascorrimento OSO-ENE sud-vergente sepolto. Il distretto Alpago-Cansiglio è una zona interessata storicamente da alcuni eventi che hanno raggiunto o superato la soglia della distruzione (Io = IX MCS), e diversi eventi con forti danni documentati sin dal XV secolo. I due eventi più significati si sono verificati nel 1873 e nel 1936. Il primo, avvenuto il 29 giugno (Io = IX-X MCS, Mw = 6,33) ha distrutto molti villaggi dell'Alpago e causato molti danni a Belluno. L'altro evento è il terremoto del Cansiglio del 18 ottobre 1936 (Io = IX MCS, Mw = 5,9) che ha nuovamente colpito l'Alpago e molte località verso la pianura veneto-friulana tra le quali il territorio di Sacile. Il terremoto del Cansiglio è stato interpretato sia in termini di struttura trascorrente sia come faglia inversa ed è quest'ultima interpretazione alla base della parametrizzazione del segmento di faglia. Gli eventi sismici si concentrano nella crosta superiore, con un ben marcato picco tra 8 e 13 km di profondità. I terremoti con magnitudo maggiore di 3 si dispongono lungo una fascia orientata NE-SO compatibile con la geometria dei principali sovrascorrimenti.

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Figura 12 – Distretti sismici con relativa sigla di identificazione (da Sugan e Peruzza, 2011).

Figura 13 – Mappa della sismicità storica ; fonte dati CPTI04 criticamente rivisto (Molin et al., 2008) In Legenda i simboli colorati indicano la magnitudo equivalente a Mw riportata in CPTI Working Group, 2004; i sovrassegni indicano eventi revisionati, rispettivamente come non parametrizzati "NP", modificati "MOD" o rimossi "RM" (da Sugan e Peruzza, 2011).

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Figura 14 – Massima intensità sismica osservata al di sopra della soglia di primo danno (V-VI MCS) da DBMI04 (Stucchi et al., 2007) (da Sugan e Peruzza, 2011).

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Figura 15 – Carta della sismicità storica del distretto A (Alpago-Cansiglio ). In Legenda : Maw indica la magnitudo equivalente a Mw riportata in CPTI Working Group, 2004; i sovrassegni indicano eventi revisionati, rispettivamente come non parametrizzati "NP", modificati "MOD" o rimossi "RM" (da Sugan e Peruzza, 2011)

Figura 16 – Carta della sismicità strumentale del distretto A (Alpago-Cansiglio) (da Sugan e Peruzza, 2011)

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Figura 17 – Sismicità strumentale del distretto A (Alpago-Cansiglio) (da Sugan e Peruzza, 2011)

Figura 18 – Sorgenti sismogenetiche per il distretto A (Alpago-Cansiglio) DISS versione 3.1. (DISS Working Group 2010)su DEM e modello strutturale da Castellarin et al. 1998. Le soluzioni del meccanismo focale sono rispettivamente B) evento del cansiglio del 18 ottobre 1936 MAG = 5,9 (stella verde nella mappa): a sinistra da polarità del primo impulso, a destra da inversione di dati macrosismici. C) evento di Belluno del 28 dicembre 2006 MD = 3,6 (stella rossa): a sinistra da inversione del tensore momento (Saraò 2007), a destra da polarità del primo impulso (Bressan and Bragato, 2009) (da Sugan e Peruzza, 2011)

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2.4.2 ITHACA - Catalogo delle faglie capaci L’Italia è una delle zone più attive del Mediterraneo, in termini di tettonica attiva e sismicità. Molti terremoti storici hanno avuto effetti catastrofici (ad esempio: i terremoti del 1693 in Sicilia orientale, 1783 in Calabria, 1805 a Bojano, 1908 a Messina e 1915 nel Fucino) raggiungendo intensità MCS di XI grado (Magnitudo circa o leggermente superiore a 7). Studi paleosismologici hanno consentito di caratterizzare le faglie responsabili di molti di questi terremoti, dimostrando che le dislocazioni tardo pleistoceniche-oloceniche hanno interessato molte strutture prima considerate silenti.

Figura 19 – Carta estratta dal DB ITHACA, Portale del Servizio Geologico d’Italia – Ispra

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Figura 20 – Carta estratta dal DB ITHACA, Portale del Servizio Geologico d’Italia – Ispra

Il Servizio Geologico d’Italia - ISPRA ha sviluppato il progetto che prevede la realizzazione di un database creato per la raccolta e la facile consultazione di tutte le informazioni disponibili riguardo le strutture tettoniche attive in Italia, con particolare attenzione ai processi tettonici che potrebbero generare rischi naturali. Il progetto si occupa in modo particolare delle faglie capaci, definite come faglie che potenzialmente possono creare deformazione in superficie. La sua consultazione all'interno del GeoMap Viewer del geoportale ISPRA avviene attraverso un servizio che permette l'interrogazione della banca dati sia geografica che alfanumerica, mettendo a disposizione dell'utente una serie di schede web. Nel Comune di Sacile si rileva l’assenza di faglie capaci.

2.5 SISMICITÀ DEL COMUNE DI SACILE

2.5.1 Zonazione sismica Secondo la zonazione sismica del territorio nazionale (OPCM 3519 del 28 aprile 2006) e il D.G.R. 845/2010 il Comune di Sacile ricade nella seguente zona sismica:

Zona sismica 2 Zona con pericolosità sismica alta, che può essere soggetta a forti terremoti.

In base alle diverse proposte di zonazione sismica, il territorio comunale ricade nelle seguenti zone: Zonazione ZS9 secondo Meletti e Valenzise, 2004 zona 905 Distretti sismo-tettonici secondo Sugan e Peruzza, 2011 A (Alpago-Cansiglio)

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Con riferimento alla Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale (INGV) il parametro di scuotimento mostra valori di ag (accelerazione massima del suolo) compresi tra 0,20 e 0,25 g considerando un periodo di ritorno di 50 anni ed una probabilità di eccedenza del 10% (50° perc.) riferita a suoli rigidi (Vs30> 800 m/s, cat. A, 3.2.1 del D.M. 14.09.2005).

Parametro Periodo Visualizza punti della griglia Probabilità ✘ dello Percentile: spettrale riferiti a: in 50 anni: scuotimento: (sec): Ridisegna mappa

Figura 21 - Mappa di pericolosità sismica con parametro scuotimento espresso in ag con periodo di ritorno di 50 anni e probabilità di eccedenza del 10%, 50° percentile (tratta da INGV).

2.5.2 Database Macrosismico Italiano (versione DBMI11). I dati relativi alla sismicità storica di Sacile fanno riferimento al Database Macrosismico Italiano (versione DBMI11) realizzato a cura dell’INGV. Si tratta della terza versione pubblica che raccoglie le osservazioni emerse nella finestra temporale 1000-2006. Il database macrosismico DBMI11 riporta per il comune di Sacile le intensità segnalate in occasione di 20 terremoti. La massima intensità è attribuita al terremoto della Carinzia del 1348 (su base storica e non strumentale). La massima intensità rilevata da dati storici è pari a 7,02.

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Storia sismica di Sacile [45.953, 12.499] Numero di eventi: 20

Effetti In occasione del terremoto del: I[MCS] Data Ax Np Io Mw 6-7 1348 01 25 15:30 Carinzia 58 9-10 7.02 ±0.18 7-8 1511 03 26 14:40 Slovenia 66 9 6.98 ±0.17 6-7 1695 02 25 05:30 Asolano 82 10 6.48 ±0.18 7 1812 10 25 07:00 SEQUALS 34 7-8 5.71 ±0.35 5 1859 01 20 07:55 COLLALTO 36 6 4.98 ±0.32 6 1873 06 29 03:58 Bellunese 199 9-10 6.32 ±0.11 4-5 1895 02 27 15:38 CLAUT 31 5 4.49 ±0.28 5 1895 04 14 22:17 Slovenia 296 8 6.23 ±0.08 2-3 1897 07 15 05:57 Slovenia 53 6-7 5.25 ±0.23 3 1900 03 04 16:55 VALDOBBIADENE 98 6-7 5.13 ±0.14 3 1908 07 10 02:13 Carnia 120 7-8 5.38 ±0.13 5 1924 12 12 03:29 Carnia 78 7 5.38 ±0.19 3 1931 12 25 11:41 TARCENTO 45 7 5.21 ±0.20 7-8 1936 10 18 03:10 BOSCO CANSIGLIO 267 9 6.12 ±0.09 6-7 1976 05 06 20:00 Friuli 770 9-10 6.46 ±0.09 2-3 1983 11 09 16:29 Parmense 850 6-7 5.06 ±0.09 3 1994 04 20 21:25 CADORE 159 5-6 4.15 ±0.09 2-3 1996 02 27 11:13 Barcis 150 5 4.48 ±0.11 2-3 1996 04 13 13:00 CLAUT-BARCIS 164 5-6 4.62 ±0.10 3-4 2004 07 12 13:04 Alpi Giulie 366 5.19 ±0.09

Tabella 4 – Storia Sismica di Sacile da DBMI11. Legenda: I=Intensità al sito (MCS); Ax=Area dei maggiori effetti; Np=Numero di osservazioni macrosismiche del terremoto; Io=Intensità epicentrale (MCS); Mw=Magnitudo.

Figura 22 – Diagramma intensità – tempo dei terremoti avvertiti a Sacile da DBMI11

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Località vicine (within 10km) Località Stato NMO Distanza Brugnera IT 9 6km Caneva IT 12 5km Cordignano IT 11 6km Fontanafredda IT 9 6km Gaiarine IT 5 8km Godega di Sant'Urbano IT 8 8km Orsago IT 8 6km Polcenigo IT 11 9km Porcia IT 11 9km Prata di Pordenone (di Sotto) IT 9 10km IT 17 9km Sarone IT 3 5km Stevenà IT 3 5km

Tabella 5 – Località entro 10 km da Sacile (DBMI11)

2.5.3 Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (versione CPTI11). Si tratta della versione più aggiornata del Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani realizzato da Rovida et al. (2011). Il data base è stato concepito come catalogo di consenso per unificare e omogeneizzare, attraverso procedure di stima dei parametri uguali per tutti i terremoti, tutte le informazioni disponibili sui terremoti italiani. Il catalogo copre la finestra temporale relativa agli anni 1000-2006. Di seguito si riportano i dati di dettaglio relativi ai terremoti pertinenti a Sacile, già individuati attraverso il DBMI11.

1348 01 25 15:30 Carinzia Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.578 13.541 7.02 ± 0.18 Mdm

Guidoboni et al., macrosismico 46.578 13.541 9-10 7.02 ± 0.18 Bx 58 9-10 2007

1511 03 26 14:40 Slovenia Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.198 13.431 6.98 ± 0.17 Mdm

Guidoboni et al., macrosismico 46.198 13.431 9 6.98 ± 0.17 Bx 66 10 2007

1695 02 25 05:30 Asolano Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 45.801 11.949 6.48 ± 0.18 Mdm

Guidoboni et al., macrosismico 45.801 11.949 10 6.48 ± 0.18 Bx 82 10 2007

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1812 10 25 07 SEQUALS Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.028 12.589 5.71 ± 0.35 Mdm

Arch.Mac.GNDT, macrosismico 46.028 12.589 7-8 5.71 ± 0.35 Bx 34 7-8 1995

1859 01 20 07:55 COLLALTO Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 45.893 12.103 4.98 ± 0.32 Mdm

Arch.Mac.GNDT, macrosismico 45.893 12.103 6 4.98 ± 0.32 Bx 36 7 1995

1873 06 29 03:58 Bellunese Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.159 12.383 6.32 ± 0.11 Mdm

Guidoboni et al., macrosismico 46.159 12.383 9-10 6.32 ± 0.11 Bx 199 9-10 2007

1895 02 27 15:38 CLAUT Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.100 12.454 4.49 ± 0.28 Mdm

macrosismico 46.100 12.454 5 4.49 ± 0.28 Bx Camassi, 2001b 31 6

1895 04 14 22:17 Slovenia Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.131 14.533 6.23 ± 0.08 Mdm

Guidoboni et al., macrosismico 46.131 14.533 8 6.23 ± 0.08 Bx 296 8 2007

1897 07 15 05:57 Slovenia Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.058 14.503 5.25 ± 0.23 Mdm

Guidoboni et al., macrosismico 46.058 14.503 6-7 5.25 ± 0.23 Bx 53 7-8 2007

1900 03 04 16:55 VALDOBBIADENE Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 45.850 12.067 5.13 ± 0.14 Mdm

Arch.Mac.GNDT, macrosismico 45.850 12.067 6-7 5.13 ± 0.14 Bx 98 6-7 1995

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1908 07 10 02:13 Carnia Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.465 13.191 5.38 ± 0.13 Wmim

Guidoboni et al., macrosismico 46.465 13.191 7-8 5.39 ± 0.14 Bx 120 7-8 2007

strumentale 5.31 ± 0.37 Reg1

1924 12 12 03:29:43 Carnia Imax Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np (MCS)

CPTI11 46.462 12.982 5.38 ± 0.19 Wmim

Barbano et al., macrosismico 46.462 12.982 7 5.31 ± 0.22 Bx 78 7 1990

Reg1 strumentale 5.57 ± 0.37

1931 12 25 11:41:17 TARCENTO Imax Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np (MCS)

CPTI11 46.259 13.104 5.21 ± 0.20 Wmim

Iaccarino & macrosismico 46.259 13.104 7 5.13 ± 0.23 Bx 45 7 Mol., 1978

Reg1 strumentale 5.42 ± 0.37

1936 10 18 03:10:12 BOSCO CANSIGLIO Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.089 12.380 6.12 ± 0.09 Wmim

Barbano et al., macrosismico 46.089 12.380 9 6.14 ± 0.09 Bx 267 9 1986

strumentale 5.81 ± 0.37 Reg1

1976 05 06 20:00:12 Friuli Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.241 13.119 6.46 ± 0.09 InsO

9- Arch.Mac.GNDT, macrosismico 46.241 13.119 6.44 ± 0.09 Bx 770 9-10 10 1995

strumentale 46.262 13.299 6.00 6.46 ± 0.09 MT Slejko et al., 1999

1983 11 09 16:29:52 Parmense Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 44.652 10.342 5.06 ± 0.09 InsO

Guidoboni et al., macrosismico 44.755 10.265 6-7 5.27 ± 0.09 Bx 850 7 2007

strumentale 44.652 10.342 18.00 5.06 ± 0.09 MT GdL CSTI, 2005

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1994 04 20 21:25:26 CADORE Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.323 12.580 4.15 ± 0.09 InsO

Boll. Macro. macrosismico 46.369 12.507 5-6 4.63 ± 0.12 Bx 159 6 ING strumentale 46.323 12.580 0.00 4.15 ± 0.09 MT GdL CSTI, 2005

1996 02 27 11:13:46 Barcis Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np Imax (MCS)

CPTI11 46.313 12.606 4.48 ± 0.11 Wmim

Boll. Macro. macrosismico 46.275 12.647 5 4.46 ± 0.13 Bx 150 5-6 ING strumentale 46.313 12.606 9.00 4.53 ± 0.22 Wmi GdL CSTI, 2005

1996 04 13 13:00:23 CLAUT-BARCIS Imax Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np (MCS)

CPTI11 46.316 12.592 4.62 ± 0.10 Wmim

Boll. Macro. macrosismico 46.306 12.546 5-6 4.60 ± 0.11 Bx 164 5-6 ING

GdL CSTI, strumentale 46.316 12.592 2.00 4.70 ± 0.22 Wmi 2005

2004 07 12 13:04:06 Alpi Giulie Imax Lat Lon Prof. Io Mw TMw Rt Np (MCS)

CPTI11 46.310 13.620 5.19 ± 0.09 InsO

Cecic et al., strumentale 46.310 13.620 11.00 5.19 ± 0.09 MT 2005

Tabella 6 – Dati tabellari relativi ai terremoti di Sacile (CPTI11).

2.5.4 Carta della sismicità in Italia dal 2000 al 2012 La carta illustra la distribuzione degli ipocentri di circa 50.000 terremoti avvenuti tra il 2000 e il 2012 in Italia e registrati dalla Rete Sismica Nazionale dell'INGV, classificati e tematizzati in base alla magnitudo (4 classi) e alla profondità ipocentrale (5 classi). Nell'Italia peninsulare la sismicità è concentrata lungo la catena Appenninica. In Italia settentrionale i terremoti sono avvenuti principalmente lungo le Prealpi Orientali, in Pianura Padana e lungo l’Appennino Tosco-Emiliano, dove si osserva la presenza di sismicità anche ad una profondità maggiore. In questo intervallo di tempo i terremoti più forti si sono verificati in Abruzzo nel 2009 e in Emilia Romagna nel 2012. Sono almeno cinque le sequenze sismiche più importanti che hanno interessato il territorio italiano: 6 settembre 2002, ML5.6, evento in Mar Tirreno a circa 40 km a nord di Palermo; 31 ottobre, ML5.4, e 01 novembre 2002, ML5.3, due eventi in

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Molise; 06 aprile 2009, un terremoto, ML5.9, a L’Aquila e altri 5 eventi di ML≥5.0 in aprile 2009 in Abruzzo; 20 maggio 2012, un terremoto, ML5.9, ed altri 6 eventi di ML≥5.0 tra maggio e giugno 2012 in Emilia Romagna; 25 ottobre 2012, un terremoto, ML5.0, nel Pollino, dove dal 2010 al 2012 si sono verificati circa 3700 eventi. Per quanto riguarda l’area di studio, la maggior parte della sismicità ha avuto una magnitudo Richter inferiore a 4.0 ed è localizzata nella crosta terrestre prevalentemente al di sotto dei 15 km. Nell’intorno dell’area di studio solo due terremoti hanno avuto una magnitudo compresa tra 4 e 5 e solo uno in Slovenia, superiore a 5.

Figura 23 - Carta della sismicità in Italia dal 2000 al 2012. Dettaglio dell’area di studio.

2.5.5 Database of Individual Seismogenic Sources (DISS. 3.1.1.) Questo catalogo, pubblicato on line nella sua versione 3.1.1., raccoglie le informazioni sulle sorgenti sismogenetiche italiane, suddividendole in zone sismogenetiche che abbiano omogeneità dal punto di vista sismico e tettonico. Il data base fa riferimento a Basili et al. (2008) e al DISS Working Group (2010). Il DISS 3.1.1. individua sorgenti sismogenetiche composite rappresentate dalla sorgente ITCS124 corrispondente alla faglia del Cansiglio e dalla sorgente ITCS125 corrispondente alla faglia Polcenigo-Montereale. All’esterno del distretto, verso est, è segnalata la sorgente ITCS108 (Maniago), la sorgente ITCS109 (Sequals). Ad ovest del distretto si segnala la sorgente ITCS101 (Montello).

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Figura 24 - Sorgenti sismogenetiche DISS 3.1.1. (DISS Working Group, 2010). Legenda= CS sources = sorgenti composite; IS Sources= sorgenti individuali; DS sources: sorgenti controverse (da Sugan e Peruzza, 2011).

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3 Assetto geologico e geomorfologico dell’area Il Comune di Sacile fa parte della bassa pianura pordenonese e comprende prevalentemente sedimenti di origine fluviale e fluvioglaciale appartenenti alle due grandi conoidi alluvionali del Cellina e del Meschio-Cervada-Monticano (Figura 25). I loro depositi alluvionali sono stati rielaborati successivamente dal Fiume Livenza che scorre in posizione di cerniera tra i due grandi sistemi deposizionali laterali. Gli spessori del materasso alluvionale per il territorio di Sacile ammontano a molte centinaia di metri come evidenziato nella Carta delle Isopache del Quaternario (Figura 26).

Figura 25 – Schema dei sistemi deposizionali tardo quaternari della pianura veneto-friulana (da Bondesan, Primon, Bassan, Vitturi- 2008)

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Figura 26 – Stralci o della Carta delle Isopache del Quaternario (Nicolich, Della Vedova, Giustiniani, 2004).

I caratteri geomorfologici salienti sono riassunti efficacemente nella carta di Carulli (2006) (Figura 27 e Figura 28) e nella carta delle Età delle superfici (Figura 29) che descrive le età degli apparati deposizionali. La pianura friulana ha subito una delle più importanti fasi evolutive durante l'Ultimo Massimo Glaciale (LGM dall'inglese Last Glacial Maximum) (30.000 - 17.000 anni fa) quando i ghiacciai alpini ebbero la loro massima estensione ed alcuni arrivarono in pianura. Questo periodo corrisponde all'ultima avanzata glaciale pleistocenica. Durante il LGM le condizioni ambientali glaciali e periglaciali favorirono una notevole produzione di detriti che venivano trasportati verso valle dai ghiacciai fino alle fronti glaciali. I detriti venivano poi trasportati dalle correnti fluvio-glaciali che si originavano ai piedi del fronte dei ghiacciai. L'abbondante sedimentazione favorì lo sviluppo areale e verticale dei conoidi e dei megafan che, proprio nel LGM, raggiunsero la loro massima estensione areale. Lo spessore dei sedimenti durante il LGM è in genere superiore a 15 m.

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Figura 27 – Estratto della Carta geologica del Friuli Venezia Giulia (scala 1:150000) (Carulli, 2006)

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Figura 28 – Estratto della Legenda della Carta Geologica del Fiuli Venezia Giulia (Carulli, 2006).

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Figura 29 – Età delle superfici nella pianura veneto-friulana (tratto da "Le Unità geologiche della Provincia di Venezia, 2008)

Nella bassa pianura, nelle sequenze pleniglaciali si trovano frequenti livelli torbosi e limosi organici di spessore pluricentimetrico. La presenza di torbe testimonierebbe momenti di stasi sedimentaria in aree dove l'affioramento della falda freatica portava alla formazione di bacini palustri e all'accumulo di sostanza vegetale. L'assenza di sedimentazione è da attribuirsi alla momentanea lontananza degli apporti sedimentari, spiegabile con la dinamica interna dei megafan alluvionali, che non sono attivi contemporaneamente su tutta la loro superficie ma sedimentano solo in alcuni settori per poi spostarsi in altri. Nel periodo compreso tra 20.000 e 17.000 anni fa (parte finale del LGM) ebbe inizio la fase di deglaciazione nelle aree alpine con il conseguente abbandono delle cerchie moreniche più esterne degli anfiteatri. In questa fase, chiamata “periodo cataglaciale”, il Tagliamento ha sedimentato su un'area molto estesa della bassa pianura e, infatti, ad est del Livenza sono presenti numerose tracce di paleoalvei ghiaiosi e sabbioso-ghiaiosi riferibili a questo periodo. I conoidi dei torrenti Cellina e Meduna, nonostante la vicinanza al sistema del Tagliamento, sono stati caratterizzati da una estesa aggradazione, simile a quella pleniglaciale, fino allo Younger Dryas (9.500 a.C.) e solo l'inizio dell'Olocene si ebbe una rapida e profonda incisione (Avigliano et al., 2002). Nel periodo compreso tra 17.000 anni fa e 9.500 a.C., denominato Tardoglaciale, l'evoluzione della bassa pianura è controllata dal mare, dai fiumi di risorgiva e dall'attività dell'uomo. In questo periodo i corsi d'acqua incidono le alluvioni trasportando a valle i sedimenti erosi. Nella bassa pianura i fiumi sono stati caratterizzati da alvei a canale singolo

Dott. Maria Luisa Piccinato 39 Studio di Microzonazione Sismica di 1° Livello – Relazione Illustrativa – Comune di Sacile e sinuosità variabile, in cui l'ampiezza, la profondità, la larghezza degli alvei e la massima granulometria trasportata sono variate in dipendenza del rapporto tra portata liquida e solida, del livello di base e del clima. Fino all'Olocene medio i fiumi hanno manifestato una tendenza marcatamente erosiva anche nel loro tratto inferiore, portando alla formazione di profonde incisioni. Tra 7.500 e 5.000 anni fa circa vi fu l'ingressione marina testimoniata da depositi lagunari nelle perforazioni.

La sedimentazione tardo olocenica ha interessato aree notevolmente meno estese rispetto quelle coinvolte nel LGM. Lo spessore dei sedimenti olocenici che seppelliscono la superficie pleistocenica si attesta attorno ai 4 – 6 m, lungo I dossi fluviali. Nelle piane d'esondazione correlate ai dossi la potenza dei sedimenti olocenici è di solo 1 – 3 m. Nell'Attuale e precisamente durante l'Alto Medioevo (dal V – VI al X secolo d.C.) vi fu un periodo di alluvioni importanti. In epoca recente l'attività umana ha condizionato in maniera rilevante l'assetto del territorio mediante deviazioni dei corsi d'acqua, canalizzazioni, bonifiche idrauliche, realizzazioni di arginature.

3.1 CLASSI GEOLITOLOGICHE DELLE COPERTURE DETRITICHE Il territorio comunale è interessato da prevalenti depositi di tipo fluvioglaciale e limitatamente di tipo fluviale, prevalentemente limosi e limo-argillosi. In alcune aree affiorano invece terreni sabbiosi e terreni ghiaiosi con percentuali variabili di limo e argilla. La tipologia dei terreni affioranti è descritta di seguito. Le informazioni sono tratte dalle relazioni geologiche redatte per i seguenti studi: Indagini geologico-tecniche in prospettiva sismica per l'area di Sacile redatto nel 1978 dalla Università degli studi di Trieste; Indagine geologico-tecnica a corredo del P.R.G.C. del comune di Sacile redatta nel 1995 dal dott. Dal Mas Piergiuseppe; lo Studio geologico a corredo della Variante n. 53 al P.R.G.C. redatto nel 2008 dalla dott. Parente Paola e lo Studio geologico a corredo della Variante n. 69 al P.R.G.C. Redatto nel 2013 dal dott. Seriani Flavio.

Depositi ghiaioso-sabbiosi. Classificati come GW Si tratta di depositi costituiti da ghiaie con granulometria ben assortita e sabbie. Affiorano in corrispondenza dell'abitato di Sacile in destra idrografica del Fiume Livenza.

Depositi ghiaioso-sabbiosi. Classificati come GP Si tratta di ghiaie e sabbie e affiorano in corrispondenza di Cornadella e a sud di Cavolano.

Depositi ghiaioso-limosi. Classificati come GM Si tratta di terreni costituiti da ghiaie limose, miscela di ghiaia, sabbia e limo. Si individuano a sud di Ronche, in corrispondenza di Borgo Pramaggiore e Ronc di Michele. Affiora fra la frazione di Topaligo e il cimitero del capoluogo. Si rilevano anche in località Schiavoi.

Depositi ghiaioso-argillosi. Classificati come GC Sono depositi costituiti da ghiaie argillose e da miscele di ghiaia, sabbia e argilla. Si localizzano a sud-ovest dell'abitato di Cavolano.

Depositi sabbiosi. Classificati come SW I terreni sono costituiti da sabbie pulite ben assortite e sabbie ghiaiose. Si localizzano in corrispondenza di San Giovanni del Tempio.

Depositi sabbiosi. Classificati come SP Si tratta di depositi costituiti da sabbie pulite con granulometria poco assortita. Affiorano ad est di Cavolano e in corrispondenza di uno svincolo autostradale.

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Depositi sabbioso-limosi. Classificati come SM Sono depositi costituiti da sabbie limose e miscele di sabbia e limo che si individuano in lenti in corrispondenza del cimitero, a Villorb, ad ovest della Stazione ferroviaria, presso l'abitato di Vistorta e Ronc di Michele.e a sud di S. Odorico.

Depositi limosi. Classificati come OL Si tratta di sedimenti costituiti da limo organico e argille limose organiche che affiora in una piccola lente a S. Giovanni del Tempio.

Depositi argillo-limosi. Classificati come OH Sono sedimenti costituiti da argille organiche e limi organici che si locallizzano solo in due piccole aree.

Depositi limosi. Classificati come ML Si tratta di un deposito costituito da limi inorganici, sabbie fini limose o argillose e limi argillosi. Occupano buona parte del territorio esaminato.

Depositi argillosi. Classificati come CL Sono sedimenti costituita da argille inorganiche, argille ghiaiose o sabbiose e argille limose. Anche questa litologia affiora in gran parte del territorio in studio.

3.2 INQUADRAMENTO IDROGRAFICO L'idrografia superficiale è caratterizzata dalla presenza di due corsi d'acqua principali, il Livenza ed il Meschio e da diversi corsi d'acqua secondari. Il fiume Livenza segue un andamento meandriforme all'incirca in direzione N-S e nasce dalle sorgenti carsiche. Il corso d'acqua suddivide il territorio comunale in due parti. In sinistra idrografica del Livenza gli affluenti hanno un andamento NE-SW e hanno origine nella zona denominata “linea delle risorgive” (allineamento Ranzano-Fontanafredda). Importanti sono il Rio La Pianca, Rio La Paisa, lo Scolo Fossaluzza, Acqua del Molino, il rio Rui e il fosso Pizzino. In destra idrografica del Livenza, i corsi d'acqua hanno un andamento all'incirca W-E. Importanti sono il torrente La Rosta, La Grava, il Fiume Meschio, la Fossa Beuda e la fossa Vecchia.

Il fiume Livenza scorre all'interno di una bassura che è ridotta a monte della linea Ferroviaria Venezia-Udine mentre si allarga a sud del cimitero, raggiungendo I 500-600 m nelle zone di Schiavoi e San Giovanni di Livenza. La depressione raggiunge delle differenze topografiche con le zone circostanti che possono arrivare ad un dislivello di circa 6 m (Zona artigianale Geromina- San Giovanni di Livenza). Il raccordo con la pianura circostante con la bassura a volte si presenta molto dolce a volte con delle scarpate con pendenze elevate (25° - 30°). Il Livenza scorre entro una pianura con una pendenza molto bassa per cui il suo andamento è meandriforme. L'elevata meandrizzazione del corso d'acqua indica che si trova in uno stato senile. I meandri si presentano asimmetrici, con i lobi a volte molto schiacciati o, in alcuni casi, molto prossimi per la vicinanza delle sponde, al fenomeno del “salto del meandro” (località Cavolano. Si evidenzia la presenza di due situazioni di “salto di meandro”. Il primo, ancora alimentato dalle acque del Livenza con l'isola centrale si rileva a monte dell'autostrada A28, il secondo, a San Giovanni di Livenza, ormai abbandonato, è diventato una lanca. Si evidenzia che nel 1891 I due meandri erano ancora attivi, come era attivo un meandro oggi scomparso nella zona del ponte della ferrovia.

Anche il fiume Meschio presenta una bassura di larghezza 300-400 m nel suo tratto terminale, prima della confluenza nel Livenza.

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3.3 INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO Il modello idrogeologico del territorio di Sacile, essendo posizionato a sud della “linea delle risorgive”, è caratterizzato da un sistema di falde sovrapposte, talora in pressione, variamente interdigitato in relazione alle altrenanze dei sedimenti. In relazione alla variabilità dei sedimenti, localmente in zone ristrette, si rileva una falda superficiale di tipo freatico, generalmente ad una profondità di 2-3 m dal p.c. (massimo impinguamento). E' presumibile che la falda acquifera in destra Livenza, impostata nei litotipi ghiaioso-sabbiosi superficiali, si possa considerare prevalentemente come freatica (si possono avere localmente situazioni di semi confinamento). Nei litotipi limo-argillosi sabbiosi invece, caratteristici dell'area in sinistra del Livenza, è più corretto definire la falda come confinata a più livelli (fenomeni di risalienza, entro una profondità di 5 m dal p.c.). La distribuzione diversificata dai sedimenti incoerenti nella porzione più superficiale (<30m), ha disegnato la linea delle risorgive della zona, concava a ovest (Monticano), convessa a nord, area di saldatura dei due conoidi pedemontani. In profondità le prove geognostiche hanno evidenziato un acquifero differenziato con livelli di separazione costituiti da sedimenti limoso-argillosi di spessore variabile. Non sono stati rilevati casi di artesianità e, pertanto, si ritiene un sistema di falde confinate, in parte collegate, in leggera pressione. Le falde artesiane riconosciute entro la profondità di 300 m dal p.c., risultano le seguenti: Falda A tra 16 - 50 m dal p.c. Falda B tra 58 - 90 m dal p.c. Falda C tra 113 - 140 m dal p.c. Falda D + E tra 150 - 220 m dal p.c. Falda F tra 230 - 260 m dal p.c.

La permeabilità dei sedimenti affioranti risulta piuttosto variabile ed è stata valutata per comparazione con sedimenti analoghi presenti in zona.

Terreni argillosi-limosi K = 10-5 - 10-8 cm/s

Terreni sabbiosi-limosi K = 10-2 - 10-4 cm/s

Terreni sabbiosi-ghiaiosi K = 10-2 - 10-3 cm/s

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4 Dati geotecnici e geofisici

4.1 FONTI DEI DATI PREGRESSI Al fine di delineare il quadro geologico complessivo sono state raccolte, esaminate e rielaborate in chiave sismica tutte le informazioni fornite dagli studi precedenti, utilizzando in particolare la carta geo-litologica, geomorfologica e idrogeologica. Inoltre, si è fatto riferimento alla relazione geologica descrittiva. Tutte le informazioni geologiche derivanti dagli studi sono state quindi parzialmente integrate con rilievi e cartografie editi e con i dati disponibili presso gli archivi comunali e messi a disposizione dell’Amministrazione, analizzati singolarmente ed integrati nel modello geologico generale. Sono state raccolte le stratigrafie dei carotaggi profondi disponibili nell’Archivio nazionale delle indagini nel sottosuolo (L. 464/84) consultabile attraverso il portale dell’ISPRA. La Banca Dati fa riferimento alla Legge del 4 agosto 1984 n. 464, con la quale viene fatto obbligo di comunicare (Art. 1) al Servizio Geologico d’Italia – Dipartimento Difesa del Suolo (ISPRA) le informazioni relative a studi o indagini nel sottosuolo nazionale, per scopi di ricerca idrica o per opere di ingegneria civile. Tali informazioni riguardano in particolare le indagini a mezzo di scavi, perforazioni e rilievi geofisici spinti a profondità maggiori di 30 metri dal piano campagna e, nel caso delle gallerie, maggiori di 200 metri di lunghezza. I dati corrispondono alle informazioni dichiarate nelle comunicazioni senza alcuna aggiunta o contributo interpretativo in fase di informatizzazione. E' stato inoltre consultato l’archivio Sondaggi profondi nel quale sono contenuti i dati dell'attività di Esplorazione e Produzione degli idrocarburi in Italia depositati presso l'UNMIG dal 1957 a oggi, e che per legge possono essere resi pubblici dopo un anno dalla cessazione del titolo minerario della società che li ha realizzati. Il materiale raccolto ed elaborato dal Servizio Geologico d'Italia consiste in log compositi dei sondaggi per i quali sono scaduti i termini di riservatezza e, di conseguenza, resi accessibili al pubblico. Il materiale è reso disponibile in formato raster (JPG, TIF, BMP, PDF, ecc.). I sondaggi disponibili, ubicati al di fuori del territorio comunale di Sacile, hanno consentito di integrare le conoscenze relative all’assetto stratigrafico dei depositi alluvionali, delle interfacce e del substrato profondo. Il basamento rigido si trova a più di 800 m di profondità .

Per la ricerca ed eventuale identificazione delle Faglie capaci è stato interrogato il data base ITHACA ( HAzard from CApable faults) che raccoglie le informazioni disponibili inerenti le strutture tettoniche attive in Italia, con particolare attenzione ai processi tettonici che potrebbero generare rischi naturali. Il progetto si occupa in modo particolare delle faglie capaci, definite come faglie che potenzialmente possono creare deformazione in superficie. Non si segnalano faglie capaci nel territorio comunale di Sacile. È stata inoltre consultata la bibliografia edita reperita e i materiali inediti disponibili nelle banche dati dei portali web regionali e nazionali.

4.2 IL PIANO DELLE MISURE GEOFISICHE INTEGRATIVE Sono state condotte 16 nuove misure HVSR. La scelta dei punti d’indagine è stata operata con l’obiettivo di definire al meglio le condizioni stratigrafiche e la potenziale amplificazione sismica locale dovuta alle coperture. Le misure sono state uniformemente distribuite nel territorio comunale. Attraverso le misure geofisiche è stato possibile estendere il quadro conoscitivo alle aree non coperte da altre indagini e stimare, entro i limiti metodologici, la profondità delle interfacce rigide superficiali legate a corpi sedimentario con contrasto di velocità medio- elevato. Gli esiti delle indagini sono rappresentati in dettaglio nelle schede all’allegato .

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5 Modello del suolo e del sottosuolo Il quadro conoscitivo necessario a realizzare il modello geologico del sottosuolo si basa sulla rielaborazione dei dati pregressi associata all’analisi delle risultanze di nuove indagini che possono identificarsi in rilievi geologici, geomorfologici e geologico-tecnici, sondaggi e indagini geofisiche. La base informativa sulla quale si è basato lo studio si è fondata sulle carte allegate allo strumento urbanistico vigente , sulla relazione geologica allegata e sul complesso di informazioni di natura geologico-geotecnica dedotte dalla documentazione fornita dall’Amministrazione comunale e dalle banche dati geognostiche e cartografiche disponibili, compresi i dati inediti e i rilievi di campo condotti. Particolare attenzione è stata dedicata alla ricostruzione dei caratteri geotecnici e sismici dei depositi di copertura e delle principali morfologie, e all’individuazione del substrato sismico. La stratigrafia, in chiave lito-stratigrafica e sismica, dei terreni di pianura è stata ricostruita attraverso l’insieme di penetrometrie, carotaggi e indagini geofisiche disponibili e di nuova acquisizione. Le misurazioni di frequenza di amplificazione hanno permesso inoltre di abbozzare un primo quadro sismo-stratigrafico. Lo studio ha permesso di evidenziare che il contatto tra le coperture quaternarie e il substrato litoide si trova a grande profondità al di fuori della capacità della piccola e media geofisica comunemente impiegata per le microzonazioni. In vicinanza della superficie sono state individuate due probabili interfacce elastico-acustiche (attraverso l’analisi HVSR). I picchi multipli di frequenza individuati in corrispondenza delle amplificazioni secondarie possono essere generati sia da livelli rigidi intermedi, in grado di determinare contrasti dell’impedenza acustica, e sia da sorgenti artificiali. Si rimanda ai capitoli successivi per la descrizione puntuale delle diverse unità geologiche di pertinenza al territorio comunale.

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6 Interpretazioni e incertezze La ricostruzione del modello geologico locale, realizzato con il contributo di tutte le informazioni di carattere geologico e geofisico acquisite, è giocoforza dipendente dalla qualità e dalla quantità dei dati disponibili. Nelle aree di pianura rilevate è predominate il potenziale effetto di amplificazione lito- stratigrafica, anche se bisogna tener conto in maniera opportuna del complessivo effetto di deamplificazione dei sedimenti sovrastanti il profondo bedrock sismico locale e la somma dei due effetti combinati. L’assetto stratigrafico relativo a ciascuna microzona definita nella Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica tiene conto delle successioni deposizionali prevalenti ottenute dai carotaggi, ma, in funzione della densità delle indagini e della variabilità intrinseca degli ambienti deposizionali continentali, vi possono essere degli scostamenti rispetto alle sequenze sedimentarie tipo definite in questo studio. L'incertezza principale è stata la perimetrazione delle aree di attenzione per liquefazione nelle aree in cui affiorano terreni sabbiosi. Nei terreni ghiaiosi e in quelli limosi individuati negli studi effettuati a corredo del P.R.G.C. non è stato possibile individuare nel dettaglio lenti di sabbia che potenzialmente potrebbero essere soggette a liquefazione. In tal senso, ulteriori approfondimenti dovranno essere svolti preliminarmente ad eventuali interventi che si intendano attuare. In ogni caso, anche per i terreni granulari grossolani della pianura fluvio-glaciale è opportuno considerare la possibilità che siano presenti lenti o livelli di sabbia che per geometria e caratteristiche geotecniche e giaciturali rientrino nei casi di potenziale liquefazione dei terreni.

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7 Metodologie di elaborazione e risultati

7.1 INDAGINI GEOFISICHE INTEGRATIVE: METODOLOGIA SPERIMENTALI

Misure HVSR Le prove H/V o prove HVSR (Horizontal to Vertical Spectral Ratio) sono tecniche di sismica passiva che si basano sulla misura dei microtremori (vento, onde marine, traffico veicolare, ecc.) che sono sempre presenti nella superficie terrestre. Le prove sono finalizzate alla determinazione delle caratteristichr del sottosuolo al di sotto del punto di osservazione. Infatti, dato che le vibrazioni ambientali sono costituite da onde che hanno attraversato porzioni significative del sottosuolo, la struttura del segnale registrato in superficie è potenzialmente in grado di fornire informazioni sul mezzo attraversato dalle onde. Le prove permettono di individuare sistuazioni sismostratigrafiche potenzialmente responsabili di fenomeni di risonanza sismica, valutandone qualitativamente l'entità e la determinazione dei periodi di risonanza delle coperture sedimentarie. Il metodo consiste nella valutazione dei rapporti di ampiezza spettrale fra le componenti orizzontali (H) e la componente verticale (V). L'esito di questa prova è una curva sperimentale che rappresenta il valore del rapporto fra le ampiezze spettrali medie delle vibrazioni ambientali in funzione della frequenza di vibrazione.Le frequenze alle quali la curva H/V mostra dei massimi sono legate alla frequenza di risonanza del terreno al di sotto del punto di misura. Le prove HVSR a stazione singola sono state eseguite con un apparecchio portatile compatto (Tomino Micromed) costituito da tre sensori elettrodinamici ortogonali (velocimetri), un digitalizzatore a 24 bit ed un sistema di archiviazione interna di tipo flash. Per tutti i punti di misura si sono acquisite registrazioni della durata di 16 minuti ciascuna, campionate ad una frequenza di campionamento di 128 Hz. Il software usato per la elaborazione è il Grilla, sempre della Micromed. Per l’elaborazione dei dati HVSR è stata adottata la procedura proposta nell’ambito del progetto SESAME (Site Effects assessment using Ambient Excitations). Preliminarmente alla procedura di analisi dei rapporti spettrali, le tracce sismiche registrate sono state verificate eliminando i disturbi transienti e quelle parti di registrazioni non adatte all’analisi. Una volta selezionata la parte di segnale stabile sono state calcolate, per ognuna delle tre componenti del moto, le ampiezze spettrali. E’ stata inoltre eseguita la verifica dei criteri che permettono di definire il livello di affidabilità della misura e di identificare il picco significativo attraverso l’uso di test statistici opportuni.

Gli esiti delle indagini HVSR sono riportati nelle schede allegate. Viene rappresentata nella carta delle frequenze la misura della frequenza fondamentale di risonanza. Si osservano valori di frequenza compresi tra 0,9 Hz e 5,94 Hz. Per quanto riguarda l’andamento delle frequenze fondamentali si riconosce un range di frequenze tra 1,1 e 1,2 Hz lungo il lato nord-orientale del comune e valori crescenti tra 1,2 e 2,0 Hz sul lato nord occidentale del comune. Il centro dell'abitato di Sacile si suddivide in due zone: la prima con valori di frequenza di risonanza che si collocano tra 0,94 e 1,16 Hz; la seconda con valori tra 1,31 e 5,94 Hz. La misura effettuata a Vistorta ha evidenziato una f = 0,9 Hz mentre quella eseguita presso l'abitato di San Giovanni di Livenza ha fornito una f = 1,47 Hz.

L’analisi degli spettri ha permesso di verificare una variabilità nella risposta sismica data dalla presenza di frequenze di amplificazione secondarie e da irregolarità negli spettri H/V; questo fatto può essere spiegato con la presenza di interfacce elastico-acustiche più veloci (ghiaie più addensate, argille sovraconsolidate o livelli addensati).

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La Tabella 7 riporta i valori di f e di A per ciascuna misura HVSR, riferiti al picco di amplificazione H/V e ai picchi secondari eventualmente presenti nella curva del rapporto spettrale.

Prova f0 amp H/V f1 amp H/V (f1) HVSR01 1,1 2 4,81 2,32 HVSR02 5,94 1,54 HVSR03 1,19 3,18 HVSR04 1,6 1,5 5,94 1,54 HVSR05 1,5 1,5 6,88 1,86 HVSR06 2 2,08 HVSR07 1,5 1,46 HVSR08 1,63 2,05 HVSR09 1,03 1,57 HVSR10 0,94 2,02 HVSR11 1,31 1,91 HVSR12 1,16 2,04 HVSR13 1 2 HVSR14 0,9 1,5 19 3,39 HVSR15 1,2 1,9 5,84 2,38 HVSR16 1,47 1,97 - - HVSR17 1,1 2

Tabella 7 - Valori di f e A relativi ai punti misurati (HVSR)

I valori di ampiezza del rapporto H/V, fatta salva qualche situazione locale, sono modesti e questo è probabilmente ascrivibile al ridotto contrasto di impedenza acustica tra interfacce all'interno dei terreni di copertura, con caratteristiche intermedie di densità e di velocità. In molti dei punti investigati sembrano riconoscersi due precise interfacce legate a orizzonti che manifestano un debole contrasto di impedenza sismica. Nel caso di sito ideale caratterizzato dalla presenza di uno strato soffice a contatto di un substrato sismico più veloce, l’onda sismica proveniente dal bedrock che passa attraverso lo strato soffice per giungere in superficie, viene modificata in base alla caratteristiche dello strato. Se si suppone che lo strato soffice sia omogeneo ed elastico, la frequenza fondamentale di risonanza può essere calcolata secondo la nota relazione: fo= Vsh/4H, dove Vsh è la velocità delle onde S e H è la profondità dello strato soffice. Nel caso dei valori di f o misurati per il comune di Sacile, i valori di profondità, pur nella variabilità e nell’incertezza di un metodo indiretto, sono stati stimati mediante l'abaco di Tabella 8.

Tabella 8 - Abaco per la stima dello spessore delle coperture (h) a partire dai valori delle frequenze di risonanza (fo) determinate dalle misure H/V

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Figura 30 - Carta delle frequenze fondamentali

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8 Elaborati cartografici

8.1 CARTA DELLE INDAGINI La Carta delle Indagini per la Microzonazione Sismica di livello I deve contenere l’ubicazione delle indagini preesistenti ed eventualmente di quelle di nuova realizzazione. Nel presente studio le indagini sono state distinte per tipo e profondità raggiunta; a ciascuna indagine è stato assegnato un codice identificativo univoco (Id) e attraverso il set di dati raccolto è stato popolato il data base digitale messo a disposizione dalla Protezione Civile Nazionale (SoftMS, vers. 3), secondo codifiche predeterminate. Le indagini pregresse e quelle realizzate ex-novo sono state distinte secondo la data di realizzazione, che è riportata nel data base. Le indagini sono state rappresentate in forma simbolica secondo quanto previsto dagli Standard di Rappresentazione informatica (Vers. 3). Il complesso di punti di indagine presenti sul territorio è suddiviso tipologicamente come segue:

PUNTUALI CLASSE INDAGINE SIGLA TIPO INDAGINE TOTALE Geotecnica in sito DL Prova penetrometrica dinamica leggera 3 Geotecnica in sito DS Prova penetrometrica dinamica super pesante 20 Geotecnica in sito CPT Prova penetrometrica statica 34 Geotecnica in sito SPT Prova penetrometica dinamica 112 Geofisica HVSR Microtremori a stazione singola 54 Geologia S Sondaggi che non hanno raggiunto il substrato 44 Idrogeologia PA Pozzo per acqua 9

LINEARI CLASSE INDAGINE SIGLA TIPO INDAGINE TOTALE Geoelettrica SEV Sondaggio elettrico verticale 11

Tabella 9 – Numero di indagini classificate per tipologia

L’ubicazione delle prove è stata condizionata dal diverso grado di urbanizzazione, concentrandosi nelle aree a maggior densità di fabbricati. Le indagini geofisiche integrative hanno permesso di raffittire la maglia delle misure e di studiare i settori della pianura meno rappresentati.

8.2 CARTA GEOLOGICO TECNICA PER LA MICROZONAZIONE SISMICA (CGT_MS) La Carta Geologico-Tecnica (CGT_MS), alla scala 1:10.000, e le relative sezioni elaborate sulla base della CTRN FVG contengono le informazioni derivate dalla carta geolitologica, geomorfologica ed idrogeologica, già previste nell’ambito dello studio del P.R.G.C., rielaborate in chiave sismologica. Le sezioni geologico tecniche significative allestite ai fini dello studio hanno avuto la funzione di illustrare le successioni litologiche e le varie problematiche individuate e suscettibili di approfondimenti. I dati riportati nella CGT_MS sono stati impiegati per la definizione del modello di sottosuolo e sono funzionali alla realizzazione della Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica (livello I). Le unità geologico-litotecniche sono state distinte solo per i terreni di copertura, non affiorando nel comune il substrato geologico. La classificazione delle formazioni geologiche e dei depositi è avvenuta in funzione dei caratteri geolitologici, dello stato di aggregazione, dei caratteri geotecnici e geomeccanici, del processo genetico di formazione e della granulometria prevalente dei depositi.

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Per descrivere la litologia dei terreni è stato utilizzato l'Unified Soil Classification System (leggermente modificato, ASTM, 1985), un sistema di classificazione dei suoli che può essere applicato alla maggioranza dei materiali non consolidati ed è composto da una sigla formata da 2 lettere. Tale codice, relativo al terreno di copertura, è stato completato col codice relativo agli ambienti genetico-deposizionali. Gli elementi rappresentati nella CGT_MS sono suddivisi secondo i seguenti gruppi: 1. Terreni di copertura; 2. Elementi lineari tettonici e strutturali; 3. Elementi geologici ed idrogeologici puntuali; La legenda è riportata integralmente in Figura 31.

Figura 31 – Legenda della Carta Geologico Tecnica in Prospettiva Sismica

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Per ciò che concerne gli elementi geologico tecnici, si rimanda alla seguente descrizione:

Sigla CGT Descrizione Ghiaie pulite con granulometria ben assortita, miscela di ghiaia e sabbie, depositi alluvionali e GW fg fluvioglaciali. Permeabilità medio-alta.

Ghiaie pulite con granulometria poco assortita , miscela di ghiaia e sabbia, depositi alluvionali e GP fg fluvioglaciali. Permeabilità medio-alta.

Ghiaie limose, miscela di ghiaia, sabbia e limo, depositi alluvionali e fluvioglaciali. GM fg Permeabilità media

Ghiaie argillose, miscela di ghiaia , sabbia e argilla, depositi alluvionali e fluvioglaciali. Permeabilità GC fg media. Sabbie pulite con granulometria ben assortita, sabbie ghiaiose, depositi alluvionali e fluvioglaciali. SW fg terrazzo fluviale. Permeabilità medio-alta. Sabbie pulite con granulometria poco assortita, depositi alluvionali e fluvioglaciali. SP fg Permeabilità medio-alta.

Sabbie limose, miscela di sabbia e limo, deposito alluvionale e fluvioglaciale SM fg Permeabilità media.

Limi organici, argille limose organiche di bassa plasticità. OL fg Permeabilità bassa. Argille organiche di media-alta plasticità , limi organici OH fg Permeabilità bassa. Limi inorganici, sabbie fini limose o argillose, limi argillosi di bassa plasticità ML fg Permeabilità bassa Argille inorganiche di media-bassa plasticità, argille ghiaiose o sabbiose, argille limose, argille CL fg magre. Permeabilità bassa

Tabella 10 – Descrizione delle campiture per la CGT. Legenda dei codici relativi agli ambienti genetico-deposizionali dei terreni di copertura: fg=deposito fluvioglaciale.

La falda freatica è superficiale; la carta CGT_MS riporta i punti di sondaggio dai quali è stata ottenuta una misura diretta della profondità di falda.

8.3 CARTA DELLE MICROZONE OMOGENEE IN PROSPETTIVA SISMICA (MOPS, LIVELLO I) La Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica (MOPS) del livello I costituisce il documento fondamentale della MS di livello I. La Carta è stata redatta alla scala 1:10.000 a partire dalla CGT_MS con le opportune integrazioni e implementazioni derivanti dal quadro complessivo delle conoscenze acquisite. La Carta è realizzata per ottenere un adeguato dettaglio, utile per il raggiungimento dei seguenti obiettivi: • caratterizzazione del substrato geologico; • caratterizzazione dei terreni di copertura; • ricostruzione delle aree potenzialmente interessate da deformazioni permanenti in caso di evento sismico; • definizione di forme di superficie e sepolte, particolarmente importanti per problematiche sismiche.

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La MOPS suddivide il territorio comunale in aree omogenee dal punto di vista della risposta sismica. Nelle Linee guida nazionali (ICMS, 2008) tali aree sono classificate come segue: 1. Zone stabili 2. Zone stabili suscettibili di amplificazioni locali 3. Zone di attenzione per le instabilità a. Zone di Attenzione per le FR b. Zone di Attenzione per le LQ c. Zone di Attenzione per le FAC 4. Faglie attive e capaci 5. Forme di superficie e sepolte Nella carta sono inoltre inseriti anche i punti di misura di rumore ambientale.

8.3.1 Zone stabili Si tratta di zone nelle quali non si ipotizzano effetti di alcuna natura, se non lo scuotimento, funzione dell’energia e della distanza dell’evento. Sono le zone dove è affiorante il substrato geologico con morfologia pianeggiante o poco inclinata (pendii con inclinazione inferiore a circa 15°). Mancando il substrato affiorante, sul territorio comunale indagato la MOPS prevede l’assenza di zone stabili.

8.3.2 Zone stabili suscettibili di amplificazioni locali Si tratta di zone nelle quali sono attese amplificazioni del moto sismico, come effetto della situazione litostratigrafica e morfologica locale. Secondo normativa, sono le aree con pendenza maggiore di 15° o dove siano presenti terreni di copertura, coltri di alterazione del substrato, substrato molto fratturato, o substrato caratterizzato da velocità di propagazione delle onde di taglio (Vs < 800 m/s). Gli spessori di questi terreni devono essere superiori ai 5 m. Non sono riconosciute per il territorio di Sacile aree suscettibili di amplificazione topografica. Le zone stabili suscettibili di amplificazione locale prevedono la suddivisione in 4 microzone, così distinte:

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2001

Terreni ghiaiosi, ghiaioso-sabbiosi, ghiaioso-limosi e ghiaioso-argillosi con intercalazioni di livelli di limi, sabbie fini limose o argillose e limi argillosi. Al di sotto è presente uno strato di spessore variabile costituito da limi, sabbie fini limose o argillose e limi argillose.

2002

Terreni sabbiosi , sabbioso-limosi e sabbioso-argillosi con intercalati livelli di ghiaie e ghiaie sabbiose e livelli limosi . Al di sotto si individuano terreni limosi con intercalazioni ghiaiose e ancora più in profondità si intercetta un banco di ghiaie sovrastanti uno strato di terreni limosi, di sabbie fini limose o argillose e limi argillosi.

2003

Terreni limosi, sabbioso-limosi o argillosi e limi argillosi con intercalazioni di livelli sabbiosi sovrastanti uno strato di terreni ghiaiosi e ghiaioso-sabbiosi.

2004

Sedimenti argillosi, argilloso-ghiaiosi, argilloso-sabbiosi e argilloso-limosi con intercalazioni sabbiose sovrastanti un banco di terreni ghiaioso-sabbiosi, ghiaioso-limosi e ghiaioso-argillosi.

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Si tenga presente che le stratigrafie indicate per ciascuna MOPS hanno valore indicativo e rappresentano l’assetto di riferimento del sottosuolo, che tuttavia può discostarsi dal modello di sintesi per geometria, spessore e tipologia dei materiali. La distribuzione delle stratigrafie e dei dati geofisici, il dettaglio dei log e la complessità intrinseca dei sistemi geologico- deposizionali impongono tutte le consuete limitazioni ad una generalizzazione del sottosuolo.

8.3.3 Zone di attenzione per le instabilità Per quanto riguarda le zone di attenzione per le instabilità sono state distinte le seguenti zone, ricavate dalla Carta Geologico-Tecnica.

ZALQ1 – Zona di attenzione per liquefazione di tipo 1.  I fenomeni di liquefazione dei terreni avvengono frequentemente in depositi sabbiosi e/o sabbioso limosi poco addensati, a granulometria uniforme, normalmente e sotto-consolidati, e saturi. Durante la fase di carico, le sollecitazioni indotte nel terreno, quali possono essere quelle derivanti da un evento sismico, possono causare un aumento delle pressioni interstiziali fino a eguagliare le tensioni efficaci (dovute al carico dei sedimenti soprastanti). Viene così annullata la resistenza al taglio del terreno secondo il principio delle pressioni efficaci di Terzaghi, e si assiste così a un fenomeno di fluidificazione del suolo. La verifica a liquefazione può essere omessa quando si manifesti almeno una delle seguenti cinque circostanze esplicitate nel D.M. 14.01.2008: 1. eventi sismici attesi di magnitudo M inferiore a 5; 2. accelerazioni massime attese al piano campagna in assenza di manufatti (condizioni di campo libero) minori di 0,1g; 3. profondità media stagionale della falda superiore a 15 m dal piano campagna, per piano campagna sub-orizzontale e strutture con fondazioni superficiali; 4. depositi costituiti da sabbie pulite con resistenza penetrometrica normalizzata (N1)60>30 oppure qc1N>180 dove: (N1)60 è il valore della resistenza determinata in prove penetrometriche dinamiche (Standard Penetration Test) normalizzata ad una tensione efficace verticale di 100 kPa e qc1N è il valore della resistenza determinata in prove penetrometriche statiche (Cone Penetration Test) normalizzata ad una tensione efficace verticale di 100 kPa; 5. distribuzione granulometrica esterna alle zone indicate nella Figura 2 a) nel caso di terreni con coefficiente di uniformità Uc< 3,5 ed in Figura 2 b) nel caso di terreni con coefficiente di uniformità Uc > 3,5.

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Nelle aree sabbiose del Comune di Sacile i punti 1, 2 e 3 sono verificati e non ci sono dati sufficienti per valutare i punti 4 e 5. Non è pertanto possibile escludere la liquefazione indotta da sismi. Secondo le Linee Guida nazionali, per le zone suscettibili di liquefazioni vengono definiti due tipi di zone di attenzione ZALQ1 e ZALQ2. Le ZALQ1 sono le zone nelle quali gli studi di livello 1 hanno verificato che esistono condizioni predisponenti: 1. terreni sabbiosi 2. falda a profondità inferiore a 15m 3. Mw attesa al sito >5 4. Accelerazioni massime in superficie (pga) > 0.1g. Le ZALQ2 sono zone in cui sussistono solo le prime 3 condizioni, mentre per la quarta (pga > 0.1g) è necessaria una verifica nei livelli di approfondimento superiori Poiché tuttavia non è possibile escludere in maniera assoluta che esistano aree, anche limitate, dove le caratteristiche geometriche, granulometriche e geotecniche dei terreni possano essere a rischio di liquefazione dei terreni, si considerano le aree con presenza segnalata di sabbie superficiali come potenzialmente liquefacibili (ZALQ1). È quindi opportuno, in via cautelativa, che ogni qualvolta siano identificati strati estesi o lenti spesse di sabbie sciolte sotto falda, sia valutato il coefficiente di sicurezza alla liquefazione alle profondità in cui sono presenti i terreni potenzialmente liquefacibili. In via generale bisogna considerare che anche nelle aree ghiaiose e in quelle limose (non esplicitamente identificate con ZALQ1) vi possano essere lenti isolate di sabbia che andranno identificate e valutate in sede di indagini di dettaglio. La suscettibilità alla liquefazione del terreno dovrà essere valutata sulla base di prove in sito, esplorando un numero di verticali adeguato all’importanza dell’opera e all’estensione dell’area di indagine e sufficiente ad accertare la variabilità spaziale delle caratteristiche stratigrafiche e geotecniche del deposito. Dovrà anche essere determinata con appropriate rilevazioni l’entità delle fluttuazioni dei livelli di falda e nelle analisi dovrà considerarsi la condizione meno cautelativa. Nella Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica le zone di attenzione per liquefazione sono rappresentate dalla seguente simbologia:

8.3.4 Forme di superficie e sepolte

Sono compresi in questa categoria gli assi di paleoalveo principali presenti nella cartografia a corredo del P.R.G.C. Tre piccoli tratti di paleolveo, indicati nella carta geologico-tecnica, interessano il territorio studiato. Non sono stati inclusi gli orli di scarpata di terrazzo fluviale in quanto inferiori a 10 metri.

8.3.5 Tracce di sezione topografica Non sono state inserite tracce di sezione topografica in quanto mancano elementi di rilievo suscettibili di amplificazioni topografiche da sottoporre a modellazione.

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8.4 SEZIONI GEOLOGICO TECNICHE In relazione all’assetto stratigrafico dei depositi sono state ricostruite sezioni geologico tecniche utili a svolgere le prime considerazioni sulla pericolosità sismica locale. In particolare, sono state evidenziate le situazioni (potenziale causa di amplificazione sismica) alle quali è necessario porre attenzione per l’individuazione di sezioni 1D e 2D da sottoporre a modellazione numerica.

Figura 32 - sezione 1-1'. Traccia N- S.

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Figura 33- sezione 2-2’. Traccia N-S

Figura 34- sezione 3-3’. Traccia N-S

Figura 35- sezione 4-4’. Traccia W-E

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Figura 36 – Legenda delle classi litologico-tessiturali e simboli impiegati nelle sezioni geologico tecniche

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Sono state evidenziate per il comune di Sacile le tracce di quattro sezioni geologico tecniche significative che tagliano in senso longitudinale e trasversale il territorio comunale, con particolare attenzione al centro cittadino; la loro posizione è rappresentata nella Carta Geologico Tecnica. Nelle sezioni non è rappresentato il substrato in quanto si posiziona a profondità elevate (profondità maggiore a 800 m). La ricostruzione condotta attraverso i sondaggi disponibili ha messo in evidenza il cambio nella successione stratigrafica tra il settore in destra idrografica del Livenza, ove si incontrano ghiaie, e la zona posta in sinistra, in cui predominano I sedimenti sabbiosi, limosi ed argillosi. La stratigrafia di dettaglio è riportata nelle figure presenti e nella tavola allegata denominata “Sezioni geologico tecniche”.

8.5 COMMENTI FINALI E CRITICITÀ Il territorio comunale di Sacile presenta una certa unitarietà morfologica e geolitologica. Le coperture sedimentarie sono mediamente differenziate sia nei caratteri tessiturali, che nelle geometrie così che nella microzonazione di primo livello le assunzioni operate per la delimitazione delle microzone possono essere suscettibili di modifica in funzione di future disponibilità di dati più dettagliati. Per tale motivo si è cercato di delimitare le microzone omogenee in aderenza con gli studi pregressi e sulla scorta della classificazione del territorio effettuata in sede di realizzazione degli strumenti urbanistici, pur tenendo conto il più possibile dell’architettura sedimentaria desumibile dai dati di esplorazione del sottosuolo. La microzonazione di primo livello, pur mirando ad una classificazione preliminare del territorio, necessiterebbe di ulteriori dati di base, essendo relativamente poco numerose le indagini geognostiche disponibili per il presente studio. Inoltre, la profondità di investigazione del sottosuolo è generalmente limitata alle prime decine di metri, mentre sono più scarsi i dati disponibili alle profondità maggiori. Le valutazioni della presenza di interfacce ad elevato contrasto di impedenza sismica sono state condotte attraverso misure geofisiche indirette e pertanto risentono del grado di approssimazione intrinseco ai metodi di misura e di elaborazione impiegati e soprattutto vi sono pochi dati sullo spessore dei livelli “rigidi” che rappresentano i principali elementi geologici capaci di determinare contrasti di impedenza acustica significativi in vicinanza della superficie. In fase di realizzazione dei futuri livelli di approfondimento in aree specifiche sarà necessario programmare una campagna di indagini geognostiche. A tal proposito sarà opportuno anche considerare l’esecuzione di specifiche prove geotecniche in sito e su campione.

Lo studio risente di alcune limitazioni legate all’approccio adottato. Infatti, non è stato considerato il substrato sismico, ma l’interfaccia meno profonda, discostandosi dagli assunti teorici che prevedono fenomeni di amplificazione in presenza di un substrato rigido a contatto con terreni soffici a bassa velocità. Inoltre, la stessa profondità delle interfacce è stata ricavata in maniera indiretta.

Si ricorda che, in fase di realizzazione degli interventi, sarà necessario condurre le opportune verifiche relativamente alla liquefazione dei terreni, attraverso l’acquisizione dei necessari parametri geotecnici previsti dalla normativa.

Il presente studio è parte dello strumento urbanistico comunale, ma nel caso di esecuzione di opere o di interventi nel territorio non può in alcun modo sostituire le indagini e le elaborazioni puntuali, esplicitamente previste alle NTC 2008, con le successive modifiche e integrazioni.

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9 Confronto con la distribuzione dei danni degli eventi passati Il comune di Sacile ha subito nel passato storico diversi terremoti. Sulla base di una prima analisi si ritiene di poter affermare che tali eventi non hanno mai causato crolli estesi degli edifici, ma piuttosto crolli parziali e danneggiamenti anche significativi. Mentre tali effetti sono difficilmente individuabili per terremoti antichi, è possibile rilevare i principali danni causati dal terremoto del 18 ottobre 1936 e quello del 6 maggio 1976.

Terremoto del 18 ottobre 1936

Numerosi i danni agli edifici pubblici e privati causati dal sisma. Dall'archivio storico si riporta un elenco degli edifici pubblici danneggiati.

Figura 37 - Elenco degli edifici pubblici danneggiati dal sisma dell'ottobre 1936

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Figura 38 - Danni causati dal sisma dell'ottobre 1936 sulla Torre dei Mori e su Palazzo Granzotto

La Torre dei Mori in seguito ai danni subiti dal terremoto fu abbattuta.

Terremoto del 6 maggio 1976 e del 11-15 settembre 1976

Numerosi sono stati i danni agli edifici pubblici e privati. Da segnalare le gravi lesioni al Duomo, al palazzo Municipale, al palazzo Flangini-Biglia e al campanile di San Gregorio.

Sono una ventina le ordinanze di sgombero emesse dal sindaco per le abitazioni private.

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Figura 39 - Danni causati dal sisma del 1976 sulla loggia del Municipio, il puntellamento di un edificio di via Mazzini e le lesioni su palazzo Flangini-Biglia.

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Dott. Maria Luisa Piccinato 64 Studio di Microzonazione Sismica di 1° Livello – Relazione Illustrativa – Comune di Sacile

11 Appendici

11.1 LA TECNICA HVSR

La tecnica HVSR (Horizontal to Vertical Spectral Ratio) detta anche QTS (Quasi-Transfer Spectra) ha avuto recentemente molta attenzione in virtù della sua semplicità per identificare alcune importanti caratteristiche dinamiche dei suoli e delle strutture. La tecnica nasce da un'idea iniziale di Nogoshi and Igarashi (1971) ed è stata successivamente perfezionata da Nakamura (1989, 2000).

11.1.1 Le vibrazioni del suolo La comprensione della natura fisica e della composizione del campo d'onda che produce le vibrazioni del suolo è il primo elemento per comprendere questa tecnica. Il primo aspetto riguarda la sorgente delle vibrazioni ambientali ed il secondo, che comunque dipende dal primo, riguarda invece il modo di vibrazione delle onde che raggiungono la superficie. È poi importante sapere in questo campo d'onda (a) qual è il rapporto tra le onde di corpo (P, S) e le onde di superficie (Rayleigh e Love) e tra le onde superficiali (b) qual è il rapporto tra onde di Rayleigh ed onde di Love e infine, sempre per le onde superficiali, (c) qual è il rapporto tra modo fondamentale e modi superiori. I punti (b) e (c) ad oggi sono ancora da chiarire completamente. Le vibrazioni del terreno possono essere distinte in due tipi: onde naturali ed onde antropiche e questo molto spesso corrisponde anche ad una differenziazione in termini del contenuto in frequenza (in special modo nelle aree urbane). Le basse frequenze (i.e. inferiori ad 1 Hz) sono prevalentemente di origine naturale e dovute all'azione delle onde marine (che hanno la massima energia intorno a 0.2 Hz). Nelle zone costiere le frequenze possono essere anche più alte (intorno a 0.5 Hz) e sono dovute all'interferenza tra l'onda incidente la costa e quella di ritorno. Frequenze molto basse sono anche quelle dovute ai piccoli movimenti crostali. Nell'ambito delle sorgenti naturali vanno annoverate anche il vento e l'acqua che scorre nel reticolo idrografico tuttavia le frequenze sono generalmente superiori ad 1 Hz. Le alte frequenze (i.e. superiori ad 1 Hz) sono generalmente legate all'attività antropica (traffico di veicoli, navi e treni, industrie, etc.) e le sorgenti sono tipicamente sulla superficie terrestre (o poco sotto come nel caso delle metropolitane). Queste sorgenti sono cicliche nell'alternanza giorno-notte e festività-lavoro. Ovviamente anche nel caso delle sorgenti non- naturali vi possono essere frequenze più basse, ma sono legate a situazioni locali (grandi motori, dighe, etc.). Le sorgenti a bassa frequenza più energetiche sono spesso lontane (tipicamente mari ed oceani) e l'energia si propaga sotto forma di onde superficiali guidate nella crosta. La lunghezza d'onda è tale da consentire una grande penetrazione in profondità con associati fenomeni di diffrazione in corrispondenza di importanti discontinuità che localmente possono originare altre onde di superficie, ma anche onde P ed S. L'energia nella banda spettrale compresa tra 0.1 Hz ed 1.0 Hz si attenua via via che le onde penetrano nell'entroterra. In linea di principio c'è quindi più energia dovuta a onde naturali in vicinanza delle coste e meno all'interno dei continenti. Le sorgenti ad alta frequenza sono generalmente locali ed il campo d'onda è costituito da onde di superficie, ma anche da onde di corpo (P ed S). All'aumentare della distanza le onde superficiali diventano prevalenti. In letteratura sono disponibili pochi dati sulle proporzioni tra onde di corpo e onde superficiali e soprattutto sulle proporzioni tra onde di Rayleigh e di Love e modi fondamentali e superiori. I microsismi di bassa frequenza sono prevalentemente costituiti da onde di Rayleigh nel modo fondamentale.

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Vibrazioni Microsismi Microtremori Frequenza 0.1 Hz - 0.5 Hz sino ad 1 Hz 0.5 Hz - 1.0 Hz sino a 10 Hz Sorgente Mari ed oceani Traffico, industria, etc Campo d'onda Onde superficiali Onde superficiali ed onde di corpo Ampiezza In relazione alle tempeste Ciclica giorno-notte festività-riposo Rayleigh / Love Campo d'onda incidente Ampiezze confrontabili. Forse prevalentemente Rayleigh prevalenza delle onde di Love Modo Tipicamente fondamentale Possibilità di modi superiori alle alte frequenze

Tabella 11 – Tipologia di vibrazioni

Le vibrazioni sono quindi abbastanza complesse in particolar modo alle alte frequenze dove il contributo antropico è più importante. Nell'interpretazione di dati HVSR è quindi importante considerare quali siano i contributi prevalenti delle diverse fasi (P, S, Rayleigh, Love) e dei diversi modi.

Figura 40 – Condizioni di sottosuolo rigido. SHS: spettro dei microtremori alla superficie topografica; SHB: spettro dei microtremori sul substrato (bedrock sismico).

Nakamura osserva che il rapporto tra la vibrazione orizzontale e verticale del terreno durante un terremoto è pari a circa 1 se il suolo è rigido. Secondo questo punto di vista nei suoli compatti non c'è un prevalere in termini di energia di una componente rispetto all'altra, le vibrazioni in senso orizzontale hanno la stessa energia di quelle verticali. Le vibrazioni, in presenza di suoli poco compatti (tipicamente lenti) vengono invece amplificate. In prima approssimazione si può assumere che la vibrazione orizzontale si amplifichi attraverso la riflessione multipla delle onde di taglio, mentre la vibrazione verticale si amplifichi attraverso le riflessioni multiple delle onde di pressione. Con le tipiche velocità di propagazione delle onde P (intorno ai 1000 m/s) le vibrazioni di frequenza uguale ed inferiore ai 10 Hz non vengono amplificate in modo significativo attraverso riflessioni multiple dovute a strati superficiali di bassa velocità. Le onde di Rayleigh subiscono invece amplificazioni verticali significative. L'effetto verticale dell'onda di Rayleigh può essere stimato come rapporto tra vibrazione verticale alla superficie e vibrazione verticale al substrato. L'effetto dell'onda di Rayleigh sulla componente verticale si avvicina a 0 quando questo rapporto vale 1. Nelle ipotesi di Nakamura (1989) Il modello geologico di partenza quindi è quello di un substrato veloce ubicato ad una profondità Z sul quale insiste uno strato superficiale di sedimenti caratterizzati da proprietà elastico-acustiche scadenti (i.e. bassa velocità).

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Figura 41 - Modello geologico di partenza nell’ipotesi di Nakamura (1989). SHS: spettro dei microtremori alla superficie topografica; SHB: spettro dei microtremori sul substrato (bedrock sismico).

La conoscenza dell'effetto dell'onda di Rayleigh consente di rimuoverla dalla vibrazione e stimare la sola funzione di trasferimento delle onde di taglio. La funzione di trasferimento (TF), utilizzando le vibrazioni (microtremori), dell'ampiezza del moto delle onde di taglio che passano da un substrato rigido alla superficie attraversando un mezzo "soffice" si stima secondo la (1).

SHS TF = ; (1) SHB

SHS rappresenta lo spettro dei microtremori alla superficie topografica e SHB rappresenta lo spettro dei microtremori sul substrato (bedrock sismico). Come abbiamo visto il microtremore può essere un insieme di onde di corpo (P ed S) e di onde superficiali (Rayleigh e Love) e queste ultime possono essere largamente prevalenti. È quindi necessario sottrarre la componente delle onde superficiali dal termine SHS per ottenere correttamente la funzione di trasferimento. Nakamura assume che le onde di Rayleigh siano presenti nello spettro verticale alla superficie (SVS) e non nello spettro verticale del base ground (SVB), assumendo ancora che il tremore verticale non è amplificato dagli strati superficiali (più prossimi alla superficie) la quantità ES rappresenta l'effetto dell'onda di Rayleigh sul tremore verticale.

SVS ES = ; (2) SVB

Se non ci sono onde di Rayleigh ES=1 mentre ES avrà valore più grande di 1 all'aumento dell'effetto delle onde di Rayleigh. Assumendo che l'effetto delle onde di Rayleigh è lo stesso sia per la componente orizzontale che per quella verticale TF/ES è sicuramente una più affidabile stima della funzione di trasferimento. La nuova funzione di trasferimento è data dalla (3):

TF RS TFF = = ; (3) ES RB dove RS = SHS/SVS e RB = SHB/SVB. RS ed RB si possono ottenere dividendo lo spettro orizzontale delle vibrazioni per lo spettro verticale delle stesse vibrazioni che corrispondono rispettivamente alle vibrazioni di un terremoto rispettivamente alla superficie ed al bedrock. RB assume il valore di 1 per un intervallo relativamente ampio di frequenze. Nominalmente sul substrato rigido la propagazione è quasi in tutte le direzioni. Quindi:

SHS RB ≈1→ TFF = RS = ; (4) SVS

Dott. Maria Luisa Piccinato 67 Studio di Microzonazione Sismica di 1° Livello – Relazione Illustrativa – Comune di Sacile questo significa che la funzione di trasferimento può essere stimata esclusivamente dalle vibrazioni misurate alla superficie. In pratica le vibrazioni verticali alla superficie incorporano le vibrazioni orizzontali sul substrato sostituendo quindi le seconde. La presenza dell'onda di Ralyeigh tende a rendere nulla questa sostituzione, ma siccome RS assume all'incirca il valore di 1 nell'intervallo di frequenza dove l'onda di Rayleigh prevale diventa trascurabile nella stima della funzione trasferimento. Secondo alcuni altri autori (Bard, 1998) il picco del rapporto H/V dipende dalla presenza di onde di Rayleigh, ma Nakamura (2000) afferma che questo dipende solo dalla similarità dell'andamento del rapporto H/V dei microtremori e dell'H/V del modo fondamentale dell'onda di Rayleigh.

Figura 42 – Rappresentazione schematica di un profilo trasversale ad una valle alpina

Proviamo a spiegare meglio l'assunto di base immaginando di trovarci nelle condizioni della figura che può rappresentare una valle alpina. La vibrazione (microtremore) viene suddivisa in due parte in funzione del fatto che contenga l'onda superficiale (Rayleigh) ed altre onde. Gli spettri orizzontali e verticali sul fondovalle (Hf, Vf) possono essere scritti come segue:

H f = Ah ⋅ Hb + H rayleigh ; V = A ⋅V +V ; f v b rayleigh (5) Ah ed Av sono i fattori di amplificazione orizzontale e verticale di un'onda di corpo (P, S) incidente la superficie. Hb e Vb sono gli spettri orizzontali e verticali della vibrazione delle onde di corpo (P ed S) entro il substrato rigido. Hrayleigh e Vrayleigh sono invece gli spettri nella direzione orizzontale e verticale dell'onda di Rayleigh.

H f Th = ; Hb (6) V f Tv = ; Vb

Th e Tb sono le amplificazioni (funzioni di trasferimento) della vibrazione orizzontale (onda S) e di quelle verticali (onda P) alla superficie della valle rispetto al fianco dove il substrato è affiorante. In generale la velocità dell'onda P è molto più elevata (anche di 3 volte) rispetto a quella dell'onda S, in questa situazione stratigrafica la componente verticale, nell'intervallo di frequenza dove la componente orizzontale viene fortemente amplificata, non viene amplificata (Av=1). Se non c'è effetto dell'onda di Rayleigh VfVb, se invece Vf>Vb questo viene considerato come dovuto alle onde superficiali. Stimando quindi dell'effetto dell'onda di * Rayleigh: Vf/Vb= Tv l'amplificazione orizzontale (T h ) può essere scritta come:

Dott. Maria Luisa Piccinato 68 Studio di Microzonazione Sismica di 1° Livello – Relazione Illustrativa – Comune di Sacile

H f  H rayleigh  Ah +  * Th V f QTS  Hb  T h = = = = ; (7) T Hb Hb  V  v A + s V V  v  b b  Vb  dove la QTS (Quasi Transfer Function):

 H rayleigh  Ah +  H f Ah ⋅ Hb + H rayleigh H  H  QTS = = = b ⋅ b ; (8) V f Av ⋅Vb +Vrayleigh Vb  Vrayleigh  Av +   Vb 

Nell'equazione (8), Hb/Vb 1. Hrayleigh/Hb e Vrayleigh/Vb sono invece associate al percorso dell'energia delle onde di Rayleigh. Quando la quantità delle onde di Rayleigh è elevata il secondo termine diventa dominante e QTS = Hrayleigh/Vrayleigh e la frequenza più bassa di picco di Hrayleigh/Vrayleigh è quasi uguale alla frequenza F0 più bassa di Ah. Intorno alla frequenza fondamentale F0 l'amplificazione verticale Av=1. La QTS evidenzia chiaramente un picco stabile alla frequenza fondamentale F0. Anche quando l'influenza dell'onda di superficie è significativa il termine Vrayleigh diventa piccola (determinando la presenza di un picco nel diagramma Hrayleigh/Vrayleigh) nell'intervallo di frequenza intorno al picco determinato dalla riflessione multipla delle onde Sh (vibrazione orizzontale). QTS = Ah se le vibrazioni del substrato Vb sono molto più energetiche rispetto alle onde di Rayleigh. Ecco che QTS rappresenta in prima approssimazione la frequenza fondamentale (di risonanza) determinata dalla riflessione multipla delle onde SH nello strato lento superficiale a prescindere dal grado di influenza delle onde di Rayleigh.

Figura 43 – Diagramma frequenza/amplificazione

Confrontando schematicamente le diverse componenti:

Dott. Maria Luisa Piccinato 69 Studio di Microzonazione Sismica di 1° Livello – Relazione Illustrativa – Comune di Sacile

V f → Componente _ verticale _ fondovalle;

H f → Componente _ orizzontale _ fondovalle;

Hb → Componente _ orizzontale _ substrato;

Ah → FunzioneTrasferimento _ modoSH ()teorica ;  H  QTS → QuasiTransferFunction :  f ;  V f 

si possono fare alcune considerazioni. Dal momento che Hf contiene il contributo delle onde di Rayleigh Hf/Hb (che è uguale a Hf in quanto Hb =1 essendo il valore di riferimento) è più grande rispetto alla funzione di trasferimento teorica (Ah) delle onde SH. Nel caso in cui vi sia grande influenza delle onde di Rayleigh QTS diventa minore di 1 (cresce il moto verticale Vf) in un ampio intervallo di frequenze più elevate comunque di quella fondamentale (o di risonanza) F0. Le principali onde che costituiscono le vibrazioni (i microtremori) sono onde di corpo (P ed S) oppure onde di Rayleigh o ancora, in funzione dell'ubicazione e delle condizioni al contorno, può essere una combinazione dei due tipi di onde. Se calcoliamo la QTS essa ci indica correttamente la frequenza fondamentale di risonanza (per effetto della riflessione multipla delle onde SH) ed il fattore di amplificazione.

Pordenone 9.12.2014 Dott. Maria Luisa Piccinato

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