All'alba Dell'eternità
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ALL’ALBA DELL’ETERNITÀ I primi 60 anni de ‘La struttura originaria’ edited by Giulio Goggi, Ines Testoni Titolo VA ADO PADOVA UNIVERSITY PRESS UP P Titolo originale ALL’ALBA DELL’ETERNITÀ I primi 60 anni de ‘La struttura originaria’ edited by Giulio Goggi, Ines Testoni Prima edizione 2018, Padova University Press Progetto grafico di copertina Padova University Press © 2018 Padova University Press Università degli Studi di Padova via 8 Febbraio 2, Padova www.padovauniversitypress.it ISBN 978-88-6938-119-5 Immagine di copertina Foto: Ines Testoni Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (comprese le copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati. All rights reserved. Sito web: http://ases.psy.unipd.it info: [email protected] Special thanks - Ringraziamenti speciali Associazione di Studi Emanuele Severino (ASES*), Master in Death Studies & The End of Life (Università degli Studi di Padova), Paolo Barbieri, Niccolò Cesa, Deborah Coron, Marco Piscitello, Alessia Zielo. Associazione di Studi Emanuele Severino (ASES*) Sito web: http://ases.psy.unipd.it info: [email protected] Direzione Scientifica Ines Testoni Giulio Goggi Vincenzo Milanesi Referees Giorgio Brianese, Massimo Donà, Giulio Goggi, Leonardo Messinese, Davide Spanio, Luigi Vero Tarca, Ines Testoni Comitato Scientifico Francesco Altea, Giuseppe Barzaghi, Enrico Berti, Francesco Berto, Ilario Bertoletti, Sara Bignotti, Giorgio Brianese, Hervé Cavallera, Piero Coda, Umberto Curi, Nicoletta Cusano, Biagio de Giovanni, Massimo Donà, Adriano Fabris, Maurizio Ferraris, Umberto Galimberti, Giulio Giorello, Sergio Givone, Giulio Goggi, Luca Illetterati, Natalino Irti, Michele Lenoci, Paul Livingston, Romano Madera, Massimo Marassi, Giacomo Marramao, Leonardo Messinese, Giuseppe Micheli, Vincenzo Milanesi, Salvatore Natoli, Federico Perelda, Ugo Perone, Arnaldo Petterlini, Bruno Pinchard, Graham Priest, Gennaro Sasso, Carlo Scilironi, Italo Sciuto, Pierangelo Sequeri, Davide Spanio, Andrea Tagliapietra, Luigi Vero Tarca, Ines Testoni, Francesco Totaro, Gianni Vattimo, Mauro Visentin, Vincenzo Vitiello Comitato Organizzativo Paolo Barbieri, Gianmarco Biancalani, Claudio Bragaglio, Mario Capanna, Deborah Coron, Erika Iacona, Gaia Luisa Marinoni, Marco Piscitello, Vasco Ursini, Alessia Zielo Con l’alto patrocinio del Senato della Repubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’Accademia dei Lincei Brescia – 2-3 marzo 2018 – Palazzo della Loggia – Università Cattolica del Sacro Cuore – Università degli Studi di Brescia 6 Prefazione Giulio Goggi L’ASES, Associazione di Studi Emanuele Severino, nasce grande! Istituita a Brescia nel settembre dell’anno scorso, ha fin da subito dato seguito alla principale ragione della sua costituzione – la promozione di studi e ricerche ispirate al pensiero del grande filosofo bresciano – organizzando un imponente Congresso internazionale dedicato al libro La struttura originaria, di cui ricorrono i 60 anni della prima edizione. La struttura originaria rimane ancora oggi, a detta di Severino, il terreno dove tutti i suoi scritti «ricevono il senso che è loro proprio»1, perché è in questo studio sull’essenza del fondamento che egli tenta per la prima volta di esprimere, nel modo più determinato e concreto, ciò che non è un semplice tentativo di stare, ma lo stare stesso della necessità. Si tratta dell’apparire dell’esser sé dell’essente la cui struttura include l’autotoglimento della propria negazione. Il che non significa che la posizione del fondamento sia preclusa sino a che il sistema delle sue negazioni non si sia concretamente dispiegato – «Il fondamento, nel suo aprirsi, non implica (negativamente) una quantità della negazione ma la totalità di questa o, appunto, l’universalità di questa. Sì che l’esclusione della negazione è infinita e universale»2 – ma che senza la negazione della verità, e cioè senza l’errare, la verità non può essere negazione dell’errare, e che poiché la negazione del fondamento è il sistema delle negazioni del fondamento, quanto più concreto è il volto della negazione, tanto più concreto sarà il volto del fondamento. Il culmine teoretico de La struttura originaria sta nella tesi della non separabilità dell’essenza dall’esistenza e cioè nell’affermazione che tutto è eterno: «Risiede nel significato stesso dell’essere che l’essere abbia ad essere, sì che il principio di non contraddizione non esprime semplicemente l’identità dell’essenza con se medesima (o la sua differenza dalle altre essenze), ma l’identità dell’essenza e dell’esistenza (o l’alterità dell’essenza dall’inesistenza)»3, dal che si evince che il modo in cui storicamente si è presentato il principio di non contraddizione – come esprimente la necessità che l’essere di un determinato essente sia quando è, sicché vi sarebbe un tempo in cui l’essere non è – è essenzialmente contraddittorio. Poiché tutto è eterno, la verità dell’essere non è l’annientamento di alcunché, neppure della propria negazione, ma è l’apparire che il contenuto della propria negazione è “niente”. E la verità dell’essere nega la propria negazione nel senso che ne vede il tratto essenziale: l’essere quel non-niente che è la fede nella non nientità del niente. Quando, nei testi successivi, Severino si concentrerà sul tema del contrasto tra la verità dell’essere – lo stare incontrovertibile, il destino della necessità – e l’errare della fede isolante che separa le determinazioni dal loro essere, è pur sempre alle pagine de La struttura originaria che egli farà rinvio per l’approfondimento dei concetti di “contraddittorietà”, ”contraddizione”, “nulla” – esemplare, a tal riguardo, è il notissimo capitolo quarto che affronta, e magistralmente risolve, l’aporia derivante dalla circostanza per cui anche il “nulla” è positivamente significante. Ne La struttura originaria c’è poi un altro tema che troverà ampio sviluppo in seguito, quello della contraddizione che avvolge la stessa verità dell’essere in quanto apparire finito del Tutto: la posizione di un qualsiasi significato nel suo esser sé – e quindi nel suo essere altro dalla totalità del proprio altro – implica infatti la posizione del Tutto; sennonché il Tutto appare concretamente solo nell’apparire infinto del Tutto4. Ne La struttura originaria questa contraddizione distintiva del finito, per cui viene posto come Tutto ciò che è soltanto la valenza formale del Tutto, è chiamata “contraddizione C”, e viene tenuta ben distinta dalla contraddizione il cui contenuto è il contraddittorio, ossia il nulla. 1 E. SEVERINO, La struttura originaria, La Scuola, Brescia 1958 (ristampa anastatica, ivi., 2012); qui cito dalla edizione Adelphi, Milano 1981, p. 13. 2 Ivi, p. 112. 3 Ivi, p. 517. 4 Sulla disequazione tra la totalità di ciò che appare e la Totalità simpliciter degli essenti cfr. E. SEVERINO, La struttura originaria, cit., cap. XI, par. 9 e XIII, par. 21; ID., Essenza del nichilismo, Adelphi, Milano 1982, Parte seconda, Il sentiero del giorno, par. XX; ID., La Gloria, Adelphi, Milano 2001, cap. II, par. IV. 1 Nelle successive riprese di questo nucleo teorico, il nostro filosofo chiamerà “contraddizione normale” il secondo tipo di contraddizione (quella che ha per contenuto l’errore e dunque il nulla) rilevando che, in quanto positivo significare, la stessa contraddizione normale è un essente finito. Si dirà allora che ogni contraddizione normale (come ogni essente finito) è una contraddizione C, «ma non ogni contraddizione C – e innanzitutto la contraddizione C che avvolge la struttura originaria – è una contraddizione normale. La contraddizione C è il positivo significare astratto del positivo concreto; la contraddizione normale è il positivo significare del nulla»5. Se la contraddizione normale è oltrepassata dalla negazione del suo contenuto (nel senso che la verità dell’essere è l’apparire della nientità di quel niente che la negazione della verità crede essere un non-niente), l’oltrepassamento della contraddizione C è dato invece dalla posizione della concretezza del suo contenuto, ossia dal suo apparire concreto. Si impone così la necessità di togliere la contraddizione del fondamento, ed è infatti con queste precise parole che termina La struttura originaria: «Il compito, ciò che si deve portare a compimento, è la manifestazione dell’immutabile. Non si dovrà forse dire che si tratta di un compito infinito, e che precisamente in “ciò è l’impronta della nostra destinazione per l’eternità”»?6 A questa domanda gli scritti più recenti del nostro filosofo daranno risposta positiva: è necessario che gli essenti si inoltrino processualmente in indefinitum nel cerchio finito dell’apparire – anzi, nella costellazione infinita dei cerchi finiti dell’apparire del destino – e che la contraddizione del finito permanga all’infinto nel suo essere oltrepassata all’infinito7, essendo peraltro ogni contraddizione già da sempre (eternamente e compiutamente) risolta nell’apparire infinto del Tutto. In questo apparire processuale degli eterni si distende la storia della “terra”, ossia di ciò che si inoltra nel cerchio dell’apparire, e appare (nello sguardo del destino) la necessità che l’isolamento della terra si dispieghi secondo una precisa scansione della Follia – dall’età del mito, all’età della ragione critica, all’età della tecnica – per giungere, oltre la dominazione della tecnica, all’età in cui a dominare sarà il linguaggio che testimonia il destino, l’ultima epoca della storia del mortale, dove «la presenza dell’isolamento è ridotta al minimo, ossia