il fatto , dietro il calcio di guerra La EMANUELA AUDISIO e MAURIZIO CROSETTI Domenica il reportage Dubrovnik, se l’orrore usa l’autoscatto DOMENICA 5 AGOSTO 2007 di Repubblica MICHELE SMARGIASSI

Il sogno Comincia sessant’anni fa, lanciata da Gandhi e Nehru, la lunga sfida della più grande democrazia del mondo dell’India FOTO CORBIS

FEDERICO RAMPINI PANKAJ MISHRA i luoghi NEW DELHI ichard Nixon una volta disse che coloro che pensa- no che l’India sia governata male dovrebbero piut- Il business dimenticato delle neviere olti anni fa fissammo un appuntamento tosto meravigliarsi che è governata. Con un’enorme LUCA VILLORESI col destino e ora giunge il momento di popolazione indigente, ventidue lingue ufficiali, « tenere l’impegno. Allo scoccare della molte religioni, forti disuguaglianze di casta e di mezzanotte mentre il mondo dorme classe, l’India presenta una varietà sociale e cultura- cultura l’IndiaM si sveglierà alla vita e alla libertà. È uno di quei momenti leR superiore perfino al continente europeo. A sessant’anni dal- che accadono raramente nella storia, quando usciamo dal vec- l’indipendenza dal dominio britannico, l’India rimane tuttora lo chio ed entriamo nel nuovo, quando finisce un’epoca, quando Stato nazione meno verosimile al mondo e il più ambizioso espe- Il lato oscuro di Cristoforo Colombo l’anima di una nazione a lungo oppressa trova la voce». Manca- rimento politico del pianeta. MASSIMO LIVI BACCI no pochi istanti alla mezzanotte tra il 14 e il 15 agosto 1947, quan- Oggi i media anglo-americani presentano l’India e la Cina alla do il primo ministro Jawaharlal Nehru pronuncia il fiero discor- stregua di giganti economici che convergendo verso il modello eu- so che resterà scolpito nella memoria dei popoli del Terzo mon- ropeo di modernità stanno guidando la crescita economica mon- do. Nehru parla a New Delhi sotto la grande cupola del Legisla- diale. In tale visione, che ribalta completamente la teoria marxista la lettura tive Council, il palazzo che fino a quell’istante è la sede del pote- dell’arretratezza asiatica, India e Cina appaiono come i nuovi mo- re imperiale inglese. Ha davanti a sé Lord Mountbatten, bisni- tori della storia universale, o almeno della storia del capitalismo e Il piacere di contemplare le rovine pote della regina Vittoria e ultimo viceré dell’India. Mentre la della democrazia occidentali. Questa interpretazione occidentale SIEGMUND GINZBERG bandiera dell’Union Jack viene ammainata, un quinto della po- autosuggestiva omette tuttavia di prendere in considerazione l’e- polazione del pianeta cessa di essere colonia. Anche se gli olan- sperienza democratica dell’India, il modo in cui, poco dopo l’indi- desi si aggrappano ancora all’Indonesia e i francesi rifiutano di pendenza, centinaia di milioni di persone completamente prive di lasciare l’Indocina e l’Algeria, è in quella notte di sessant’anni fa mezzi e analfabete divennero — quanto meno in teoria — cittadi- spettacoli che si chiude l’età degli imperialismi: quasi mezzo millennio in ni a tutti gli effetti della Repubblica indiana, uguali davanti alla leg- cui l’uomo bianco ha conquistato il pianeta con le armi impo- ge, dotati di diritti che neppure i rivoluzionari francesi e americani A Venezia riflettori sul trash d’autore nendo le sue leggi, la sua economia, la sua religione. avevano pensato di estendere alle minoranze. MARIA PIA FUSCO e CARLO LIZZANI (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive)

Repubblica Nazionale 30 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007 la copertina In quel Ferragosto 1947, Sessant’anni dopo con Gandhi grande assente, Nehru prese per mano un’India lacerata dallo scontro tra religioni e lanciò la sua sfida vincente

Dopo la rivolta dei Sepoy, Il 13 aprile migliaia di indiani la corona britannica rilevò si radunarono a Amritsar il controllo del Paese per una festa sikh, sfidando dalla Compagnia delle Indie, la legge che proibiva il raduno che fino a quell’anno aveva agito di più di cinque persone come un governo straniero L’esercito britannico sparò nel subcontinente indiano sulla folla facendo una strage La mezzanotte della libertà che cancellò l’era coloniale

FEDERICO RAMPINI mini che implicano una negazione. Satyagraha vuol te — aveva detto Gandhi — per me sarebbe una li- dire «la forza della verità»: l’idea che i conflitti si de- berazione gioiosa, piuttosto che assistere da testi- (segue dalla copertina) vono risolvere facendo leva sui valori comuni con mone impotente alla distruzione dell’India, dell’in- l’avversario, rispettandolo e perfino amandolo. duismo, dell’islam e della religione sikh». Il destino ignitosa e onorevole, la fine del Raj bri- Rientrato in India nel 1915 applica i metodi che ha lo esaudisce presto. Il 30 gennaio 1948 viene ucciso tannico segna tuttavia il tramonto del- collaudato in Sudafrica: scioperi fiscali, disobbe- durante la sua preghiera del mattino. L’assassino è l’idea di una «civiltà superiore». Le dienza civile, marce pacifiche, boicottaggio delle un fanatico nazionalista indù che accusa Gandhi di menti più brillanti dell’impero britan- importazioni made in England, digiuni a oltranza. collusione con i musulmani. Quel giorno Nehru di- nico avevano condiviso quella super- Gli inglesi sono spiazzati. Ogni volta che rispondo- ce: «La luce se n’è andata dalle nostre vite, il buio ha ba ambizione. Nel 1891 lo scrittore no con la repressione i dominatori coloniali si met- prevalso ovunque». DRudyard Kipling a chi lo interrogava sulla possibilità tono dalla parte del torto, perdono prestigio morale Il premier però ha ripreso il controllo della situa- futura di un autogoverno indiano rispose con sarca- nell’opinione pubblica mondiale e anche pezzi del- zione. Prima ancora dell’assassinio di Gandhi, alla smo: «Oh no! Questa gente ha quattromila anni di sto- la società inglese sono indignati. Un trionfo della fine del 1947 la situazione dell’ordine pubblico è tor- ria, sono troppo vecchi per imparare a governarsi. non violenza è la «protesta del sale» del 1930: Gandhi nata quasi alla normalità. Il merito è delle strutture Hanno bisogno di legge e ordine, tocca a noi darglie- guida una marcia di popolo per 350 chilometri, dal dello Stato lasciate dagli inglesi — dall’esercito alla li». E nel 1931 il grande statista Winston Churchill ave- suo ashram fino alla costa, dove fa bollire l’acqua di pubblica amministrazione — che consentono ai va detto: «Abbandonare l’India al governo dei suoi mare per contestare l’iniquo monopolio fiscale su nuovi governanti di affermare rapidamente la pro- bramini sarebbe un atto di crudele e malvagia negli- un genere di prima necessità indispensabile ai con- pria autorità. Nehru fa una scelta decisiva: mantie- genza. Ricadrebbe rapidamente indietro nei secoli, in tadini. Durante la Seconda guerra mondiale sarà il ne ai loro posti tutti i dipendenti pubblici, compresi una barbarie medievale». Ma in quella mezzanotte del movimento Quit India — «Abbandonate l’India» — gli alti dirigenti che hanno servito il Raj britannico. A Ferragosto 1947 Churchill è ormai soltanto un ex capo a dare il colpo di grazia al Raj britannico. differenza di quello che accadrà in molti paesi del di governo. Il leader che ha guidato gli inglesi nell’e- C’è un’ombra fatale nel successo di Gandhi. La co- Terzo mondo dopo la decolonizzazione in India roica resistenza contro il nazismo ha perso le elezioni struzione del Partito del Congresso — la più impor- non avvengono epurazioni, nessun processo ai due anni prima. La Gran Bretagna è uscita vittoriosa tante forza politica democratica del mondo — non rie- “collaborazionisti”, niente vendette di Stato contro dalla guerra ma è una nazione stremata dai debiti. A sce a far breccia tra gli indiani di religione islamica. Le chi aveva aiutato gli inglesi. Londra in quei giorni si razionano la carne, il pane, le cause della diffidenza sono antiche. Si sono aggravate L’uccisione di Gandhi al culmine di un ciclo di vio- patate. «Siamo diventati un paese povero — dice ai alla fine dell’Ottocento: i primi aneliti d’indipenden- lenze è una macchia durevole. Sembra il tradimento suoi connazionali l’economista John Maynard Key- za hanno coinciso con la campagna per la difesa delle perpetrato dall’intera nazione indiana nei confronti nes — e dobbiamo imparare a vivere poveramente». vacche sacre, che ha scavato un fossato tra indù e mu- di un leader politico e spirituale a cui doveva moltissi- L’immagine più potente che rimane di quel Ferra- sulmani. Nel 1946 le elezioni generali sanciscono la se- mo. Ma la stessa statura morale del Mahatma faceva gosto è una foto in bianco e nero scattata dalle mura parazione. Il Congresso ottiene la maggioranza ma gli di lui un esempio irraggiungibile. Il grande diplomati- del Red Fort. Si vede il premier Nehru nel tradizionale islamici votano in massa per la Muslim League. I loro co e romanziere Shashi Tharoor ha detto: «La vita di vestito immacolato, dritto in piedi su un palco dove leader sognano un’India governata per comunità Gandhi era la sua lezione. Era unico tra gli statisti del sventola la bandiera indiana. Davanti a lui si stende confessionali, ciascuna con le sue leggi. È il contrario secolo per la determinazione con cui viveva secondo una folla infinita, una marea umana a perdita d’oc- dello Stato laico e pluralista che vuole Nehru. Gli in- i suoi valori. In lui la personalità pubblica si fondeva chio. È l’istantanea di un trionfo, però si avverte anche glesi accettano la Partizione, cioè la secessione delle completamente con il comportamento privato. Era un vuoto. Nell’ora della rivincita sul dominatore colo- regioni a maggioranza musulmana e la nascita del fu- un grande leader e al tempo stesso un filosofo che con- niale manca qualcuno all’appuntamento con la sto- turo Pakistan. A quel punto scoppia la tragedia. I con- duceva esperimenti su se stesso, per applicare a sé i ria. Nella mezzanotte della libertà il grande assente è fini tra le due religioni attraversano ogni zona dell’In- propri ideali». Il gandhismo è un’eredità quasi impos- Gandhi, il Mahatma, «la grande anima». dia, la Partizione non può essere un taglio chirurgico sibile da onorare. «Nehru e il presidente dell’assemblea costituente e asettico, da secoli le comunità sono mescolate nei Nel santificare il Mahatma post-mortem sono sta- — racconta lo storico Ramachandra Guha — invoca- quartieri, nei villaggi. La mezzanotte della libertà è te spesso dimenticate le sue contraddizioni. La sua vi- rono a più riprese nei loro discorsi il Padre della Na- preceduta da un anno di rivolte, pogrom, massacri: sione dell’India era ancorata al passato. Non rinnegò zione. Ogni volta che pronunciavano il suo nome dal- una “pulizia etnica” a fuoco incrociato, su scala gi- mai completamente il sistema delle caste, anche se si la folla si alzava un boato. Ma Gandhi era ostentata- gantesca. Il bilancio della carneficina: un milione di prodigava per educare la gente ad amare gli intocca- mente assente dalla capitale. Quella sera si trovava a morti. Undici milioni di rifugiati sono scappati per bili. Disapprovava l’industrializzazione, sognava un Calcutta e neppure lì volle partecipare a cerimonie. Lo raggiungere zone sicure abitate da correligionari. È la ritorno alla tradizione del villaggio, un’arcaica auto- andò a cercare la massima autorità locale, il primo mi- più grande migrazione della storia umana concentra- sufficienza basata sull’agricoltura. Predicava uno sti- nistro del Bengala, e lui rispose: il popolo muore di fa- ta in un arco di tempo così breve. le di vita più adatto a comunità di monaci che a una so- me attorno a noi, perché mai organizzate una festa in In mezzo a questa ferocia Gandhi per la prima vol- cietà moderna. A posteriori è stato trasformato in un mezzo a questo disastro? I reporter della Bbc assedia- ta da decenni appare quasi irrilevante. Non appena leader “di sinistra” ma non appoggiò mai l’egualitari- vano la sua abitazione per strappare una citazione al- scoppiano i primi disordini nel Bengala nell’estate smo, prese le distanze dalle battaglie dei contadini po- l’indiano più celebre del mondo, all’uomo simbolo del ‘46 lui parte subito verso l’epicentro delle vio- veri per la redistribuzione delle terre, diffidò dei sin- della lotta per l’indipendenza. Lui non li ricevette. lenze. «Quest’uomo di settantasette anni — ricorda dacati operai e della sinistra marxista. Nehru era un Gandhi era di umore terreo e il suo 15 agosto lo cele- Ramachandra Guha — cammina su terreni impra- uomo più in sintonia con i suoi tempi, convinto soste- brò con un digiuno di ventiquattr’ore». ticabili, affondando nel fango, per arrivare a conso- nitore della modernizzazione del Paese. L’India di og- Eppure tutto era cominciato proprio da lui, il «fa- lare gli indù che hanno avuto le perdite più gravi nei gi, la superpotenza ammirata nel mondo, è figlia di chiro seminudo» (secondo la definizione sprezzante disordini. In un tour de force di sette settimane per- Nehru e della promessa che fece quando la Repubbli- di Churchill) che ha cambiato la storia del Ventesimo corre 116 miglia a piedi nudi e parla a un centinaio ca stava nascendo: «Il futuro ci chiama. Dove andre- secolo. Asceta, vegetariano rigoroso, appassionato di assemblee di villaggio. Poi visita il Bihar, dove so- mo e quali saranno le nostre conquiste? Portare le li- studioso delle religioni in cui cerca una fede universa- no i musulmani ad avere sofferto di più. Da lì va a bertà e le opportunità alla gente del popolo; combat- le per tutta l’umanità, per vent’anni si è addestrato al- Delhi dove si rovesciano i rifugiati dal Punjab, indù tere la povertà, l’ignoranza e le malattie; costruire una la lotta per i diritti civili difendendo gli immigrati in- e sikh che hanno perso tutto nei massacri. Hanno nazione prospera, democratica e progressista; creare diani in Sudafrica. Fa politica in modo diverso, cam- sete di vendetta e Gandhi cerca di placarli. Infine istituzioni politiche, sociali ed economiche che assi- bia le regole del gioco. Il suo principio, la satyagraha, raggiunge Calcutta, si stabilisce nella zona musul- curino giustizia e soddisfazione a ogni uomo e a ogni affascinerà il mondo intero ispirando Martin Luther mana, in una misera capanna senza porte, annun- donna». Oggi quelle sfide non sono certo state vinte King, Nelson Mandela, il Dalai Lama. Noi occidentali cia che vuole far tornare la ragione nella città più tutte, o non completamente. Ma nessuno poteva im- abbiamo tradotto satyagrahacome non violenza o re- grande dell’India». La voce di Gandhi si perde tra gli maginare, il 15 agosto 1947, quanto l’India si sarebbe sistenza passiva. Gandhi non si riconosce in quei ter- scontri. La Partizione è una sua sconfitta. «La mor- avvicinata al sogno di quella notte.

Repubblica Nazionale DOMENICA 5 AGOSTO 2007 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 31

L’analisi di un grande scrittore indiano su un Paese - che da solo è più complesso dell’intera Europa - alla prova di una modernità contraddittoria e rischiosa

Gandhi entrò nel partito Alla mezzanotte del 14 agosto, del Congresso nel 1919 al grido di Jai Hind (lunga vita Ben presto affermò la non all'India), la folla saluta violenza come principio il discorso con cui Nehru di ogni azione. Storica, annuncia l'indipendenza nel 1930, la marcia del sale del Paese, che coincide contro la tassa britannica con la scissione dal Pakistan Ma la febbre globale insidia la democrazia grandi numeri

PANKAJ MISHRA logica. E così, dopo aver affermato che il naziona- Di conseguenza, l’India odierna presenta lismo laico era stato un fallimento, il Bjp decantò un’immagine di sé alquanto contraddittoria. Eu- (segue dalla copertina) e propose il nazionalismo indù, sostenendo che ropei e americani si recano in India alla ricerca di proprio come l’Europa e l’America, sebbene uffi- cure mediche di alta qualità a basso prezzo, men- andhi e Nehru, i padri fondatori del- cialmente laiche, affondavano le proprie radici tre gli indiani poveri tribolano con il sistema sani- l’India moderna, privilegiarono un nella cultura cristiana, così l’India doveva rilan- tario più privatizzato al mondo. Con bar in stile sistema democratico laico. Sapeva- ciare e riportare in auge la propria eticità tradizio- Starbucks, giovani professionisti che sfoggiano no che la democrazia — dal punto di nale indù che gli invasori musulmani avevano Blackberry, centri commerciali nei quali si vendo- vista indiano ritenuta inscindibile contaminato. no Armani e Rolex, vaste aree di città indiane qua- dalla promessa di giustizia econo- Al governo a New Delhi dal 1998 al 2004, il Bjp li Bangalore e Hyderabad sembrano fare di tutto micaG e sociale — e l’ideologia ufficiale del nazio- ha accelerato la liberalizzazione dell’economia per assomigliare a Downtown Manhattan. Ciò nalismo laico erano i mezzi necessari a contenere inaugurata sotto la leadership del Congress Party nondimeno i villaggi a poche miglia di distanza i numerosi conflitti di classe, casta e religione del nel 1991. La crescita economica dell’India, spe- dalle città non hanno elettricità, né sistemi fogna- Paese. Avvalendosi molto del prestigio morale di cialmente nei settori della tecnologia informati- ri o acqua potabile. Gandhi e Nehru, il Congress Party (l’Indian Natio- ca e dei servizi di business-processing quali i call Quantunque sia molto meno evidente, l’India nal Congress, abbreviato Inc, ndt) riuscì a diven- center, ha creato un elettorato nuovo per il Bjp, al contempo è altresì una sorta di vetrina delle cre- tare a tutti gli effetti un partito pan-indiano nel tradizionalmente favorevole alle imprese: la scenti contraddizioni della globalizzazione eco- volgere di appena vent’anni dall’indipendenza, in middle-class in ascesa dei centri urbani. L’imma- nomica, mostra in che modo alimentando una ra- grado di placare gli interessi potenzialmente con- gine di un’India “in ascesa” è energicamente so- pida crescita in alcuni settori dell’economia essa trastanti dei musulmani, dei dalit (la casta più stenuta da questa middle-class che con le soap- abbia moltiplicato e ingigantito le aspettative bassa), come pure dei bramini della casta supe- opera della televisione, i suoi talk show, e il suo ovunque, ma anche come distribuendo i benefit riore. La promessa di una modernità socialista nazionalismo spinto anche nel cricket sta ini- in modo alquanto circoscritto essa stia moltipli- tranquillizzò i movimenti estremisti che si batte- ziando ad apparire culturalmente omogenea e cando il numero dei disillusi e degli insoddisfatti, vano contro le ingiustizie profondamente radica- politicamente reazionaria, tanto quanto la midd- rendendoli spesso maggiormente vulnerabili agli te della società indiana. le-class affermatasi nel corso della storia moder- allettamenti dei politici populisti. Al tempo stes- La diffidenza di Nehru nei confronti degli uo- na nei paesi europei. so, quanti hanno beneficiato maggiormente del- mini d’affari — influenzata in egual misura tanto Succeduto al Bjp nel 2004, il Congress Party gui- la globalizzazione trovano riparo in ideologie ag- dalla scarsa fiducia dell’Europa nel capitalismo dato da Sonia Gandhi ha ereditato un’India la cui guerrite quali il nazionalismo indù. tra le due guerre quanto dal processo di deindu- globalizzazione si è discostata ancor più dagli Già gravato dai problemi dell’ingiustizia socia- strializzazione forzata dell’India a opera della Bri- ideali di democrazia ed egualitarismo dichiarati le e dei conflitti religiosi, il sistema politico india- tish East India Company — lo vincolò al controllo alla sua fondazione. L’economia mondiale aveva no nell’era della globalizzazione deve garantire statale dei prezzi, degli stipendi, della produzio- le sue esigenze particolari — per esempio neces- un minimo di giustizia economica mentre le so- ne, nonché a imporre rigidi limiti al commercio e sità di ingegneri software e di addetti al back-offi- cietà internazionali e le istituzioni finanziarie agli investimenti stranieri. L’economia protezio- ce — e l’India era in grado di soddisfarle. Se da un esautorano i governi di parte della loro vecchia so- nista indiana, oggi fortemente disdegnata dai fon- lato il vantaggio relativo del Paese nel campo del- vranità, dando maggiori poteri alle élite che di- damentalisti del libero mercato, concorse a crea- la manodopera tecnicamente molto abile ha aiu- mostrano fedeltà transnazionali. Le minacce alla re la capacità industriale del Paese. Dalle istitu- tato una piccola minoranza, dall’altro ha escluso stabilità del Paese sono molteplici. È improbabile zioni scolastiche alle quali Nehru diede vita tra gli centinaia di milioni di indiani che non hanno né che la sola promessa di elezioni regolari, che non anni Cinquanta e Sessanta sono usciti gli inge- possono acquisire facilmente le competenze par- ha rabbonito i gruppi delle minoranze quali i mu- gneri e gli scienziati indiani le cui eccellenti com- ticolari basilari per entrare nel settore dei servizi sulmani del Kashmir, basti a rassicurare i nuovi petenze sono ben note ovunque. in pieno boom del Paese. Su una popolazione movimenti comunisti. Inoltre, l’economia del li- Lo straordinario consenso che Nehru aveva sa- complessiva di oltre 400 milioni di lavoratori, sol- bero mercato — che garantisce prosperità a una puto creare intorno alla propria figura così cari- tanto 1,3 milioni operano nel settore informatico minoranza, promettendola in futuro alla maggio- smatica e al Congress Party fu sempre incline a e nelle industrie di business-processing che ab- ranza — è in profondo attrito con la democrazia frantumarsi. Il successore di Nehru, Indira bracciano la “New Economy” indiana. Oltre il ses- indiana, che trae la propria legittimità dalla sua Gandhi, altalenò di continuo tra misure populiste santa per cento della popolazione è tuttora attivo stessa promessa di egualitarismo. e misure autoritarie — per esempio l’“Emergen- nel settore della produzione agricola, che negli ul- A mano a mano che in India gli ideali democra- za” dichiarata nel 1975 — ma non riuscì ad arre- timi anni ha stentato parecchio. La sensazione di tici di dignità dell’individuo e onestà sociale si ra- stare il declino del Congress Party come partito disperazione e di sconforto che attanaglia tutti co- dicano, il genere di disuguaglianza cagionato da pan-indiano. Gli anni Ottanta videro l’ascesa di loro che sono rimasti esclusi dalla crescita econo- una crescita economica impari risulterà intollera- nuove coalizioni politiche basate sulla casta o sul- mica ha portato alla comparsa di movimenti co- bile a milioni di indiani politicizzatisi di recente. la regione di appartenenza. Nel 1989, il tentativo munisti militanti, caratterizzati da una veemenza Ad ogni buon conto, l’imperante visione neo-libe- da parte di uno di questi governi di coalizione di e una portata che non hanno precedenti. rale di un’India del tutto moderna pare oggi sem- placare lo scontento delle caste più umili tramite pre più irrealizzabile, se non assurda. Se davvero un affirmative action (misure contro la discrimi- un miliardo di indiani — per non parlare di un al- nazione nei confronti delle minoranze, ndt) — per tro miliardo di cinesi — abbracciassero il modello esempio riservando una percentuale dei posti di L’AUTORE occidentale di lavoro e di consumo, infliggerebbe- governo ai membri di queste caste — alienò e rese Pankaj Mishra, indiano, classe 1969, ro un danno incalcolabile all’ambiente, già sotto- ostili molti indù delle classi più elevate e di quelle vive tra New Delhi e Simla. Collabora posto a sufficienza a forti tensioni dovendo sop- intermedie. Già disillusi dal Congress Party, co- con prestigiosi giornali tra cui la New York portare gli stili di vita di poche centinaia di milioni storo decisero pertanto di dare il loro appoggio al Review of Books, il New Yorker e il Times di europei e di americani. Nel sessantesimo anni- partito nazionalista Bjp (Bharatiya Janata Party, Literary Supplement. I romantici è il suo versario della sua indipendenza, l’India si trova ndt) guidato da indù di alta casta, rimasto fino al- romanzo d’esordio. In Italia ha pubblicato sotto una minaccia perfino più seria della disunità la fine degli anni Ottanta una componente del tut- La fine della sofferenza, La Tentazione sociale e politica che rischiava nel 1947. Non sol- to trascurabile della politica indiana. dell’Occidente. India Pakistan e dintorni: tanto dovrà saper reperire nuovi metodi per ricon- Con la speranza di poter dare il cambio all’or- come essere moderni (Guanda) ciliare il capitalismo neo-liberale con la propria mai screditato Congress Party come élite al gover- e Pollo al burro a Ludhiana (Tea) democrazia a rapida maturazione, ma dovrà altre- no dell’India, il Bjp si rese conto che era necessa- sì individuare un’altra visione di bella vita. rio dar vita a un altro tipo di autorità morale e ideo- Traduzione di Anna Bissanti

Repubblica Nazionale 32 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007 il fatto Non giocano in casa da diciassette anni, soltanto tre Imprese sportive hanno scelto di militare in squadre irachene, eppure gli eroi di questa “nazionale senza nazione” hanno appena vinto la Coppa d’Asia. Raccontare una per una le loro storie vuol dire decifrare la storia di un Paese dove ogni mese la guerra uccide milleseicento persone Iraq, i profughi del calcio

4 in campo con i fantasmi Centrocampista

MAURIZIO CROSETTI Oggi le sue parole sono persino più do- Il portiere grato alla fortuna. Ma pro- lenti: «Avevamo sognato la fine dell’o- prio lui, prima della Coppa d’Asia, sot- re. Sono rimasti soltanto in dio e del sangue, ma dopo l’occupazio- to un bombardamento ha perso suo tre. Qusay Munir, centro- ne americana il nostro Paese è più divi- cognato Saced che faceva il fotografo e campista, curdo. Haitham so di prima. Serviva un miracolo dello che è morto lavorando. Khadir, centrocampista, sport per unirlo almeno per un giorno: Invece Nabeel Abbas, uno dei tre ira- curdo. Nabeel Abbas, di- bisogna crederci, certo è difficile». cheni rimasti in Iraq, sciita di Al Najaf fensore, sciita. Gli unici vin- Durante le Olimpiadi un altro gioca- («no, adesso sono iracheno e basta») ha Tcitori della Coppa d’Asia a non essere tore iracheno — Salih Sadir — si era perso un fratello due mesi fa. «Non vo- diventati profughi del calcio, condizio- spinto persino più in là. «Meglio difen- levo più giocare, mi sembrava assurdo ne decisamente migliore rispetto a dere l’indipendenza con un lanciarazzi continuare a prendere a calci un pallo- quella dei due milioni di iracheni espa- in spalla che con un pallone. Quando gli ne mentre qui muoiono milleseicento triati dal 2003, quando crollò il regime americani sono arrivati, li ho aspettati persone al mese. Poi ho capito che di Saddam e cominciò un altro terrore. con le caramelle. Che ingenuo! Adesso ognuno può e deve fare qualcosa, nel I loro compagni giocano in Libia, Iran, vorrei essere morto, come mio cugino e modo in cui è capace. E la nostra vitto- Giordania, Emirati Arabi, Qatar oppure alcuni miei amici. Vorrei essere anch’io ria a Giakarta vale quanto una gran- a Cipro. Sono scappati per i soldi e per un martire». Tre anni più tardi, eccolo a de battaglia». Anche Moham- non morire, dopo avere visto morire. difendere i colori dell’Al Ansar, squadra med Naser voleva la- Qusay, Haitham e Nabeel hanno libica. A Giakarta, nella storica finale sciare tutto: un scelto un destino diverso. Rischiare la della Coppa d’Asia c’era anche lui. Ma mese fa a pelle ogni giorno, allenarsi su campi di stavolta è rimasto in silenzio. Bagdad fortuna, giocare dentro quel che resta Ora le agenzie di stampa sfornano di- gli è mor- 3 HAITHAM KADIR degli stadi di un tempo: il più impor- spacci in cui si racconta come le “Tigri ta la ma- Centrocampista tante, l’Al-Sha’ab di Bagdad, è diventa- di Mesopotamia” siano diventate ric- dre. «Ho to una base americana. Eppure, il 6 lu- che, ferite nell’anima e consolate nel resistito, glio, Qusay e Haitham sono persino portafoglio. Hanno ricevuto ventimila ho giocato e riusciti a vincere il campionato con la dollari dal presidente Talabani e dal l’ho fatto per te». Per poco, non loro squadra, l’Arbil, davanti a trenta- primo ministro Nuri al Maliki (premio lei». realizzò il sogno riuscito a tanti suoi col- mila tifosi scatenati (a volte si fa festa speciale al portiere Abbas). E poi c’è il leghi in tutto il mondo: essere acquista- con raffiche di kalashnikov), battendo Altri ventimila dollari al capitano non- campione, poi to da Massimo Moratti. «Quattro anni fa per uno a zero i rivali di Bagdad. Una ché stella della squadra nonché autore c’è Younis Mah- la nostra nazionale effettuò uno stage a formazione curda non ne era mai stata del gol decisivo, Younis Mahmoud. moud. Venti- Cagliari, e io andai a Milano per un test capace. «Da noi, quasi una gara su due Centottantamila dollari dallo sceicco quattro anni, na- con l’Inter. Non male, anche se poi non viene interrotta dalla polizia per colpa di Al Anbar. Pioggia di soldi da Al Shar- turalmente cen- mi chiamarono. Ma quel giorno ero fe- degli incidenti tra il pubblico, e qualche qiya, la tivù irachena che trasmette da travanti: uno e ot- lice perché ero riuscito a parlare volta anche in campo», racconta Qusay . Settantamila dollari li ha offerti tantasei di altezza con Ronaldo». Munir, che quel giorno segnò il gol de- il banchiere Al Bonea. Invece lo sceicco per ottanta chili. For- Quando è stato il momento di cisivo. «Ho ventisei anni e ho scelto di di Dubai, Mohammed bin Rashid al- te di testa, forte di mu- salire sull’aereo per tornare a tornare in Iraq perché è giusto, perché Maktoum, ha mandato il suo aereo ad scoli, Scarpa d’Oro in Bagdad, e poi in Turkmenistan, questa è la nostra terra e non serve accogliere ad la nazionale vin- Qatar con la maglia del- l’altro ieri, quando cioè è arri- scappare. Come altri miei compagni ho citrice: giocatori, tecnici e dirigenti l’Al Gharafa. Younis è un vata l’ora di far festa finalmen- giocato all’estero, prima in Qatar e poi hanno lasciato l’economy class del lo- turcomanno sunnita che te a casa, Younis non se l’è sen- in Arabia: non era rischioso, si guada- ro volo da e si sono trasferiti ha giocato a Kirkuk e Bag- tita. Ha firmato invece un gnava bene ma non si può vivere per sul lussuoso jet per raggiungere Dubai, dad, poi ha scelto la sicu- NABEEL ABBAS nuovo contratto negli Emirati 2 Difensore sempre lontani dalle famiglie. Se cre- dove hanno vissuto un interminabile rezza. Fino a un certo pun- Arabi. Altri due suoi compagni diamo in un nuovo Iraq possibile, in un party con cinquemila invitati. Tra rice- to. «Durante i Giochi di Ate- hanno deciso la stessa cosa. Per Paese che potrà diventare normale e vimento, premi individuali e gadget, al- ne ho tenuto un diario su In- convenienza, per paura, perché unito, bisogna vivere qui». Maktoum ha scucito cinque milioni e ternet, ho raccontato quell’e- sì. e Hawar Certo lo pensava anche Anwar Jas- duecentomila dollari, quasi centocin- sperienza e una parte della mia Mohammed, centrocampisti, tra i sim. Lui non era un campione, anzi non quantamila dollari per ogni giocatore vita». Qualche suo pensiero non migliori calciatori della storia ira- era neppure un giocatore: era il mas- più un’automobile scoperta. «Volevo dev’essere piaciuto. «Sono stato chena hanno rinnovato il contrat- saggiatore della nazionale. Aveva mo- essere il primo ad accogliere gli eroi minacciato di morte, e da allora to con gli sceicchi e si sono persi la glie e quattro figli. Un mese prima della dell’unità araba», ha detto lo sceicco. non posso tornare in Iraq». Que- fine del viaggio, il ritorno, quello che Coppa d’Asia andò all’aeroporto di I calciatori della nazionale senza na- sto il prezzo di un’apertura al è sempre il cuore di ogni vera avven- Bagdad, da dove pensava di raggiunge- zione hanno vissuto questa vertigine mondo, sia pure quello virtuale tura: non la partenza, il ritorno. Il re la Giordania, cioè il luogo del raduno come inebetiti, scissi tra la festa e i pen- dei blog. La “second life” del giornale del consiglio islamico su- semiclandestino prima del torneo in sieri terribili di morte. È la storia di Noor centravanti ha convinto qual- premo dell’Iraq, Al Bayyna, ha attac- estremo oriente. Non solo non arrivò Sabri Abbas, ventitreenne portiere del- che fanatico che quel ragazzo- cato duramente i tre fuggiaschi ma mai ad Amman, ma neppure all’aero- l’Iraq e del Mes Kermam, il suo club che ne potrebbe diventare un ber- anche tutti gli altri, scrivendo che gli porto. Saltò su una bomba. «La Coppa viceversa è iraniano. Un bel ragazzo saglio ideale. Cose che succe- atleti della nazionale hanno preferito i d’Asia l’abbiamo dedicata a lui», rac- sorridente, due mani come calamite dono in Iraq. L’anno scorso è soldi degli emiri alla festa preparata conta l’allenatore dell’Iraq, Jorvan Viei- per attirare i rigori della Corea del Sud stato rapito un arbitro, mai dagli iracheni. Su ventidue giocatori, ra, un brasiliano convertito all’Islam (in semifinale) e disattivarli. «Ma in più ritrovato. Qualche mese soltanto sedici hanno deciso di tornare che nella sua lunga carriera ha guidato quei momenti conta soprattutto la for- dopo è stato preso e rilascia- in Iraq, venerdì. In centinaia li aspetta- una trentina di squadre, tra nazionali e tuna. È stato molto importante to dopo il pagamento di due vano a Bagdad, poi ad Arbil. Li aspetta- club. «Nella finale vinta contro l’Arabia poter dare questa grande riscatti un rappresen- 1 YOUNIS MAHMOUD vano a Ramadi, dove il 27 febbraio Saudita avevamo il lutto al braccio, per gioia al nostro popolo, an- tante del comitato Centravanti un’autobomba è esplosa accanto a un onorare le cinquantacinque vittime che se non è quasi nulla ri- olimpico. Infine, è campetto, uccidendo dodici ragazzini delle autobombe esplose a Bagdad do- spetto alle devastazioni addirittura sparita tra i dieci e i quindici anni. For- po il nostro successo in semifinale con- della guerra. Per noi è l’intera squadra di se sognavano una vita diversa: tro la Corea del Sud. In campo abbiamo più difficile perché dob- taekwondo. Silenzio assoluto stavano giocando a pallone. pensato ai morti e ad Anwar». biamo sempre combat- fino al 16 giugno, quando a sud (Ha collaborato Qusay il centrocampista è nato a Sa- tere, in patria o sul cam- di Bagdad sono stati trovati e Andraos Oraha) dr City. Durante le Olimpiadi di Atene, po di calcio. Eppure identificati resti umani grazie al tre anni fa, l’Iraq perse la medaglia di abbiamo dimo- dna. I resti degli atleti scomparsi. bronzo contro gli azzurri (gol di Gilardi- strato che è Eppure Younis Mahmoud, il cen- no). Prima della finale per il terzo posto, possibile travanti, è un privilegiato e lo sa. «Lo dichiarò: «Ho molti parenti che stanno sentirsi so- sport mi ha permesso di vivere in mo- combattendo gli americani, non li vedo lo iracheni do quasi normale, anche se non vedo da tanto tempo perché io sono sempre e non cur- mia madre da quattro anni e anche se in giro per il mondo. Combattere è giu- di o sunni- la nazionale di calcio dell’Iraq non sto, però non ne posso più di guerre». ti o sciiti». gioca una partita in casa da diciasset-

Repubblica Nazionale DOMENICA 5 AGOSTO 2007 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33

Quella vittoria tutta d’oro

5 MOHAMMAD NASER contro la ferocia del machete Attaccante

EMANUELA AUDISIO

6 NASHAT AKRAM bello lo sport quando si prende le sue ri- dicono che è peccato. Della serie: mai mischiare le raz- Centrocampista vincite. E smina il mondo, con i suoi col- ze, soprattutto per andare a meta. Ci fecero anche un Èpi di testa. È magnifico lo sport quando film sui Titans, squadra studentesca di football ameri- corre a piedi nudi e prega in tutte le lin- cano di Alexandria in Virginia. Si chiamava Il Sapore del- gue, senza chiese e risentimenti. la vittoria. L’anno era il 1971, quello dell’integrazione Mai più pene né oblio. Quando è per legge, via le scuole per soli bianchi e per soli neri, tut- LE STORIE schifosamente di tutti e di nessuno, e ti devono studiare insieme. E anche fare sport insieme. serve onestamente solo se stesso. È E così il coach bianco (bravo) deve farsi da parte perché 1 YOUNIS MAHMOUD metafisico lo sport quando ad Abidjan ne arriva uno nero, altrettanto bravo. I ragazzi di colore Centravanti, 24 anni, gioca mette Didier Drogba in ginocchio nello sono contenti, gli altri sono disperati. A nessuno dei due nell’Al Gharafa (Qatar). È la stella spogliatoio con un microfono in mano: gruppi va di mischiarsi, di diventare compagno dell’al- della nazionale irachena. Ha segnato perdonate. La sua voce risuona in tv. De- tro. Ma non c’è meta, se si è sempre metà. Bisogna di- il gol decisivo nella finale di Giakarta militarizzate i cuori rognosi, liberate l’area. È ottobre ventare uno. Così lo sport anche se è solo sport, una mi- Ha ricevuto minacce dopo avere 2005, la Costa d’Avorio si è appena qualificata per la sua sera fetta di mondo, diventa universale. raccontato su Internet la sua prima Coppa del mondo di calcio. Ma c’è stato anche il Henry Aaron, il re dell’home run, l’uomo nero che nel esperienza di calciatore: colpo di stato, il paese è diviso in due, il nord sotto l’Fn e 1973 cancellò il record del bianco Babe Ruth, credeva di «Se torno mi uccidono» il sud governativo. Segnate e perdonate, che è sempre un aver fatto felice il baseball di tutta l’America. Invece da bel sistema di giocare. Una squadra, anche se va contro 34 anni tiene alto il cancello di casa, non si ferma a bere tutti, è fatta di tanti: cattolici e musulmani, Dioulas è del nei bar, non siede spalle alla porta nei ristoranti, squadra 2 NABEEL ABBAS nord, Betes dell’ovest e Akans del sud. Il calcio arriva pri- attentamente, con la sua guardia del corpo, chiunque gli Difensore, 22 anni, gioca ma dei caschi blu, occupa meglio il campo, se lo lascia- vada incontro. «Doveva essere il mio anno migliore, fu nell’Al Najaf. È uno dei tre giocatori no giocare. un inferno, mi pisciarono anche sulla testa». L’Fbi fece della nazionale rimasti in Iraq Ai Giochi di Atlanta nel ‘96 per la prima volta il Burun- cortesemente sapere che se avesse battuto Sciita, è considerato una grande di uscì dal buio. Oro nei cinquemila metri. Riflettori e l’home run 715, non sarebbe arrivato a promessa del calcio iracheno speranza collettiva. Una medaglia contro il machete, casa vivo. Si ricordasse: era un gioca- «Il nostro destino si costruisce contro chi taglia vite e famiglie, ma un’ombra nera tore nero che toglieva gloria ad un in patria» e lunga di 22 anni chiese di non fargli quella do- bianco. Allo stadio sua madre manda lì. Il sole sparì, Venuste Niyongabo parlò, dopo il record, gli corse incon- arrivò il buio: tutsi o hutu? «Non risponderò, tro, lo coprì con il corpo, e gli 3 HAITHAM KADIR non voglio altre divisioni. Nel mio Burundi ci si sussurrò: «Così moriremo in Centrocampista, 24 anni, ammazza, si bruciano trecento bambini in una due». Quando Aaron parlò in gioca nell’Arbil, la squadra curda scuola solo perché non sono della tua etnia, e pubblico della posta e delle mi- con la quale ha appena vinto non chiedetemi quale è la mia, perché stanotte nacce, gli scrissero: «Voi ne- il campionato iracheno. Un’impresa voglio essere un eroe per tutti, per i ragazzi che gri bastardi sapete solo che gli era già riuscita quando portano addosso il segno della lama e della fame, lamentarvi. Ecco indossava la maglia dell’Al Zawra’a spero che il mio successo serva ad unire, a raffor- perché vi linciano zare la democrazia. E che in futuro non siano co- laggiù nel sud». stretti come me ad andare via con un biglietto aereo, ad Già. Perché la 4 QUSAY MUNIR abbandonare la famiglia e crescere all’estero». Vincitori forza di una Centrocampista, 26 anni, e vinti, non solo in pista. squadra spesso gioca nell’Arbil. Anche lui ha vinto Si sa, certi assist dal terzino al centravanti cambiano è quella di dura- il campionato iracheno prima religione. Se fai gol non dovrebbe contare, ebreo, mu- re più di un della Coppa d’Asia. «Ho deciso sulmano, cristiano, sei solo uno che l’ha buttata dentro. tempo di tornare perché questa è la nostra Abbas Suwan, arabo-israeliano, giocatore dell’Hapoel- della terra e non serve scappare» Bmei Sakhnin, primo club arabo a qualificarsi per par- È stato protagonista anche una coppa europea, prima delle partite in na- tita. alle Olimpiadi di Atene 2004 zionale cantava l’inno (l’Hatikva) senza problemi. Un successo di tutti, i musco- li non hanno ideologia, un arabo che 5 MOHAMMAD NASER s’infiltra nella difesa avversaria non è Attaccante, 23 anni, gioca un terrorista. Però sul quotidiano nell’Apollon Limassol di Cipro conservatore Yedioth Ahronot c’è Qualche giorno prima chi pagò l’annuncio: «Il calcio in che cominciasse la Coppa Israele è morto». Pubblicità regres- d’Asia ha perso la madre so. a Bagdad, ma ha deciso Giocare insieme è dura, se a casa ti di giocare ugualmente: «L’ho fatto per lei»

6 NASHAT AKRAM Centrocampista, 23 anni, gioca nell’Al Shabab (Emirati Arabi) È considerato uno dei migliori giocatori nella storia del calcio iracheno. Anche lui non è tornato a Bagdad ma ha preferito firmare un nuovo contratto con gli emiri FOTO CORBIS

Repubblica Nazionale 34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007 il reportage Fotografie di guerra

DUBROVNIK

i avete fato piangere. Vi ringrazio», così scrive Kristen di Portland, Oregon, sul li- bro dei visitatori. Dovrebbero darti un pacchetto di kleenex alla cassa, col bigliet- to. Occhi lucidi nella fresca penombra del War Photo Ltd., primo e finora unico museo al mondo dedicato solo alla fotografia di guerra. Illuminate una per una, le immagini«M galleggiano nell’oscurità come sogni. O incubi. Nessuno, qui, sterilizza l’orrore delle immagini. Quando è troppo, c’è un’area di decompressione emotiva, sedie tavolini e qualcosa da leggere. Qualcuno in- vece s’arrabbia. Di fronte alla testa mozza di un soldato esibita in un mercato liberiano, foto celebre e terri- bile di Noel Quidu, un visitatore apostrofò Wade Goddard, il direttore del museo: «Lei come osa mostrare co- se del genere?». La risposta: «E lei come osa ignorarle?». Se non ti va, puoi rimanere a pascolare assieme alle mandrie gelatofaghe dei package tour sui marmi tira- ti a lucido dello Stradun, il corso elegante di Dubrovnik, Croazia, regina dell’Adriatico, bianca roccaforte ve- neziana incastonata nelle sue mura. Puoi evitare di svoltare nell’ombroso vicolo Antuninska, puoi ignorare il portone quadrato tra la boutique e il baretto, puoi rifiutarti di salire le scale fino a questi due piani eleganti e sconvolgenti. Vedere non è un obbligo. Sapere non è un obbligo. Eppure, da tre anni, ventimila turisti ogni estate fanno come Kristen. Salgono. Piangono. Meditano. «Dovreste chiudere a chiave Bush e Cheney tre giorni qui dentro», ha lasciato scritto Zahn da Austin, Texas. Wade non è un militante pacifista. «O forse sì, in qualche modo, ma non mi piace dirlo». Wade Goddard è un fotografo, o meglio lo è stato, benché quasi per caso. Ventenne, stufo di allacciare cavi dell’alta tensione «nel bel mezzo del nulla», ovvero nella sua Nuova Zelanda, nel ‘90 migrò a Londra a sciacquar boccali di bir- ra nei pub, di sera; e a giocare con la sua Canon di giorno. René, un amico freelance già esperto, lo convinse a partire assieme per la Jugoslavia in fiamme. «Volevo capire perché un uomo uccide un uomo. L’ho capito: per paura. Perché ha il terrore che l’altro lo faccia per primo». Era il 1992, si disintegrava l’eredità di Tito. I me- dia erano avidi di immagini e Wade non finiva più di scattarne, per le agenzie, per Newsweek, per il New York Times, a Pec, Pristina, Mostar, Sarajevo, in tutti i gironi dell’inferno balcanico. Poi, dopo dieci anni di pallot- tole schivate e di corse tra le macerie, smise. «Mi sono balcanizzato», ride. Ha sposato una parrucchiera di Za- gabria. «Per coprire la guerra in Kosovo avevo perso i primi sei mesi di mia figlia, non volevo perdere gli anni successivi». Rifiutò una missione in Afghanistan: «Non volevo mangiare tutti i giorni pollo e riso, riso e pollo, pollo e riso», elude ridendo la domanda. Forse è un altro tipo di carne che ha stomacato Wade? No. Non an- cora: «La guerra è nauseabonda, sporca, insensata. Ma se vuoi fermarla la devi vedere e far vedere». FOTO KHALIL HAMRA / AP

Il museo è la continuazione della fotografia di guerra con altri mezzi. Ai tavolini di un caffè di Dubrovnik, Wade conobbe un imprenditore belga appassionato di fotografia, Frederic Hanrez. Affinità elettiva fulmi- nante. Fu lui a mettere i soldi per comprare e restaurare una casa di pietra, bombardata come le altre. War Photo Ltd. aprì nell’estate 2004 coraggiosamente lontano dalle capitali della fotografia. Nacque apposta qui, sulla soglia di marmo dell’ultima devastante guerra europea. Il 6 dicembre del ‘91 la perla dell’Adriatico era stata travolta e bruciata da un tornado di quattordicimila bombe da terra, dal cielo, dal mare. Non l’evento più cruento del lungo conflitto etnico, ma tra i più carichi di simbolica ferocia: strategicamente, la vecchia Ragusa dalle possenti mura non serviva a nulla, era solo un gioiello da fracassare con disprezzo. Chi lo ricorda, oggi, nella folla che intasa le calli nel vapore di calamari fritti? Boutique, souvenir e risto- rantini sotto i tetti di tegole rosse. Le cicatrici del bombardamento, le “rose di cemento” nei lastricati, nulla e nessuno te le addita. Al piano terra del palazzo Ploce c’è la Stanza della memoria, venti metri quadri con i ri- tratti degli “eroici difensori” del ‘91, un filmato, bandiere, una rosa con la scritta «Grazie». Un monumento: e i monumenti, si sa, servono per dimenticare. Nella libreria sullo Stradun non trovi nulla sulla guerra in città. «Provi nei negozi di souvenir», suggerisce il commesso un po’ a disagio. Ha ragione, sono confusi tra t-shirt e collanine i libri e i dvd con le immagini della devastazione: in inglese, roba da turisti. «Al museo entrano po- chissimi visitatori locali», ammette Wade, «pochi perfino quando esponemmo le foto del conflitto jugosla- vo. La guerra per loro non esiste più». War Photo Ltd. non ha ottenuto lo status di museo dal governo croato. Giuridicamente è una galleria privata, vive di biglietti, cataloghi e stampe numerate e firmate, in vendita tra gli 800 e i 1800 euro. Non è speculare sull’orrore, Wade? Quasi s’offende: «Vendo una dozzina di stampe al- l’anno, è un contributo al lavoro dei fotografi. I nostri conti del resto sono in perdita. Se volessi fare tanti sol- di con la guerra, mi metterei a vendere dei fucking mitragliatori». È il resto del mondo, allora, che viene a vedere la faccia della guerra a Dubrovnik. Sui muri ogni due o tre mesi cambiano mostre, argomenti e autori. Goddard li seleziona personalmente. Alexandra Boulat, Chri- stopher Morris, Ron Haviv, Darko Brandic, Yuri Kozyrev, Heidi Levine, Jan Grarup tra quelli già passati su queste pareti. Sudan, Iraq, Rwanda, Palestina: solo foto di guerre contemporanee, attuali. «È troppo como- do commuoversi sulle foto di Capa o della Bourke-White. Questo è un museo pedagogico, non storico. Vo- glio che la gente reagisca, più che farsi una cultura». Sul libro dei visitatori due sono le parole più ripetute, quasi sempre assieme: bellezza e sofferenza. Stridente, scandalosa, sospetta coppia: Venere e Marte, gli amanti del «terribile amore per la guerra» di cui ragiona il filosofo James Hillman. Foto troppo belle addor- FOTO PATRICK ROBERT / CORBIS Se l’orrore gioca con l’autoscatto

MICHELE SMARGIASSI FOTO NOEL QUIDU / GAMMA PRESSE

Repubblica Nazionale DOMENICA 5 AGOSTO 2007 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35

Il War Photo Ltd di Dubrovnik è un museo che espone solo immagini di conflitti contemporanei “Perché la guerra è nauseabonda, sporca, insensata Ma se vuoi fermarla la devi vedere e far vedere”

mentano le coscienze, l’estetica diventa anestetica: questo sostiene una schiera di pensatori critici, Susan Sontag in testa. Lana Šlezic, esilissima fotografa croato-canadese, se ne tira fuori: «La bellezza è la porta del senso», dice guidando il cronista tra le sue compostissime, dolorosissime immagini di donne afgane, «men- tre lo shock chiude quella porta». Veramente, non è proprio la fama di esteti che da un secolo e mezzo accompagna i fotografi sui campi di battaglia. Piuttosto quella di sciacalli e avvoltoi. Voyeur, se va bene. Mitizzati ma in fondo disprezzati, sem- pre in odor d’ambiguità verso il loro oggetto: in fondo, è stato detto, il fotografo di guerra è la miglior appros- simazione a un soldato che sia accettabile per un pacifista. Però qualcosa è cambiato. Da poco. Diciamo da Abu Ghraib in poi. Quelle foto-ricordo di torture sui prigionieri iracheni, immagini maldestre e compiaciu- te, armi da guerra e trofei insieme, prese con le macchinette digitali dagli aguzzini sorridenti, fecero trema- re il Pentagono nel 2004, proprio mentre War Photo Ltd. apriva i battenti. Ma erano davvero così pericolose per l’establishment militare? Forse solo un po’ eccessive. Ma in realtà suggerirono al potere una strada nuo- va nella manipolazione dell’informazione. Estetismi, zero; mediazioni, zero: erano l’autoritratto della guer- ra, puro e semplice. L’immagine della guerra come la vede chi la fa. Un autoritratto difficilmente danneggia il proprio soggetto. È dalla prima guerra del Golfo che i comandi militari provano a diffondere un’unica im- magine dei conflitti, quella vista dalla canna del fucile. Telecamere montate sulla punta dei missili, o sull’el- metto dei marine. Guerra-reality. Chirurgica e pulita. Soprattutto: capace di togliere di mezzo la mediazio- ne di quei rompicoglioni dei fotografi. Marte, dio della guerra, licenzia il collega Hermes, dio messaggero, e fa da solo. Il mondo vuole immagini della guerra? Le forniamo noi militari, direttamente. La prima volta non funzionò. I corpi bruciati dei soldati di Saddam sulla “strada della morte”, scovati dai professionisti dell’immagine, bucarono le prime pagine. Non funzionò, ma solo perché la guerra-Nintendo, nitida e asettica come un videogame, una guerra senza cadaveri, non era credibile. Devono averci meditato, i generali, sotto i loro firmamenti di stellette. Volete proprio vedere il sangue? Bene, non c’è problema, pos- siamo darvi anche quello, sempre senza giornalisti di mezzo. Magari indirettamente, tollerando che i diciot- tenni rednecktexani in divisa diffondano via Internet le loro disgustose istantanee traboccanti raw meat, car- ne cruda. Fioriscono i siti di immagini raccapriccianti “direttamente dal fronte”. Alcuni sollecitano contri- buti promettendo in cambio l’accesso gratuito a siti porno: Marte incontra di nuovo Venere, stavolta in un bordello. Ai media piacciono queste nuove immagini. Un marine vede di più di quanto è concesso a un foto- grafo embedded. Potentissimo, l’autoritratto della guerra potrebbe presto invadere tutto il nostro immagi- nario. Sarebbe una catastrofe. L’eccesso di interpretazione del fotografo, scriveva Barthes, ammutolisce le im- FOTO JON JONES

magini: ma la sua totale assenza? Wade ricorda, ancora a disagio: «Entrando in una casa kosovara abbando- nata in fretta dagli occupanti serbi, trovai sparse sul pavimento delle foto tremende. I miliziani si erano foto- grafati l’un l’altro ridendo mentre torturavano i musulmani. Ecco cosa succede quando la guerra si fa l’auto- ritratto». Ci accorgeremo presto di quanto ci servono i vecchi calunniati voyeur, i presunti “avvoltoi”. Di quanto ci occorra, per affrontare l’incomprensibile, la mediazione di un occhio esterno e pensante. Wade sfoglia il portfolio delle foto di un amico e collega celebre, Ron Haviv, «guarda, in questa foto c’è un cadave- re, ma vedi? C’è anche lo sguardo terrorizzato del suo compagno che ha paura di fare la stessa fine, c’è la ca- sa in fiamme, c’è la donna che scappa: c’è una storia». Un bambino sanguinante, un altro coperto di vomito. Una testa mozzata. Niente autocensure, perché «non potrei mai disinfettare la realtà. Però posso raccontar- la. Devo raccontarla. Devo farti vedere in faccia cos’è davvero un fucking “danno collaterale”, com’è una fa- miglia massacrata per sbaglio al check-point, il cervello del bambino sparso sui sedili di un’auto come quel- la che tu hai nel garage. La guerra è una grande bugia: la fotografia di guerra è la verità di una bugia». Ha ragione David Hockney, serve un artista per immaginare la guerra senza restare schiavi del suo fascino avvelenato. Ma i veri, i grandi fotografi sono artisti. Da Bob Capa a James Nachtwey («Un dio!», esclama God- dard senza ironia), sono pittori in trincea. Hanno negli occhi la cultura e l’etica della visione. Solo quando ab- biamo visto le impudenti cartoline di tortura del caporale Lyndde England e dei suoi proseliti ci siamo resi conto che i fotografi di guerra professionisti sono più vicini al Goya dei Disastri della guerra o al Picasso di Guernica che a meccanici fotocopiatori dell’orrore. «La guerra non si può fotografare», scriveva Steinbeck di Capa, «lui ha fotografato le sue emozioni». Lo spettacolo della guerra, quello rimane, col rischio di seduzio- ne che ogni spettacolo include. Ma c’è spettacolo e spettacolo. Le istantanee dei marine sono il circo massi- mo dei gladiatori: macelleria in confezione senza filtro. I racconti visuali dei fotoreporter sono la tragedia gre- ca: ricerca di senso nell’insensato. Però, lo sappiamo tutti, Sofocle riesce a condannare il tiranno Creonte solo sulla carta della sua scrittura. Le fotografie di guerra hanno mai fermatouna guerra? «Il Vietnam è la prima guerra vinta dai fotografi. La Bo- snia, la prima che abbiano perso», scrisse con qualche ragione Kissinger davanti all’assedio di Sarajevo. Wa- de sospira: «È la gente che cambia la storia. Se le foto non funzionano più, vuol dire che è cambiata la gente, non la fotografia. Forse siamo più deboli di un tempo. Ma cosa succederebbe se non ci fossimo più?». Reste- rebbe sul campo di battaglia solo Marte. La spada in una mano, la gigapixel con quintuplo zoom nell’altra. Sorridente, col dito sull’autoscatto.

LE IMMAGINI DEL MUSEO Nella foto grande, un soldato-bambino Kamajor, popolo guerriero della Sierra Leone (fotografo Patrick Robert, aprile 2001). Nelle altre foto, dall’alto in senso orario: le “tigri serbe” in azione in Bosnia (Ron Haviv, primavera 1992); il corpo di un musulmano bosniaco pronto per il rogo (Ron Haviv, autunno 1993); Dubrovnik brucia sotto le bombe (Jon Jones, 6 dicembre 1991); Malalai, prima donna poliziotto a Kandahar, Afghanistan (Lana Slezic, aprile 2005); scontri tra ribelli e governativi in Liberia (Noel Quidu, luglio 2003); bimbo palestinese ferito da un missile israeliano nella Striscia di Gaza (Khalil Hamra, 19 maggio 2004) Tutte le foto sono state esposte al War Photo Ltd di Dubrovnik FOTO LANA SLEZIC

Repubblica Nazionale 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007 i luoghi Fino a metà Ottocento i caldi mesi estivi Mestieri perduti erano il momento d’oro delle neviere e dei nevaioli, gli operai addetti alla raccolta, stoccaggio e trasporto dell’unico refrigerante naturale. Siamo andati a vedere quel che ne resta

La fabbrica della neve business dimenticato

LUCA VILLORESI MONTEFLAVIO (Roma)

i sono memorie scolpite nel marmo. E memorie che si squagliano al sole, senza lasciare tracce. Chi ricorda,C per l’appunto, la storia della neve? Eppure per secoli e secoli, fino alla metà dell’Ottocento e all’avvento dei frigoriferi, la neve era stata l’unica materia prima che permetteva di ave- re un po’ di freddo in estate. Si trattas- se di conservare carni e formaggi, di preparare un sorbetto, di fermare una febbre malarica, non c’erano alterna- tive. E la raccolta della neve, imma- gazzinata sulle montagne per essere trasportata in estate in città, era un commercio strategico, spesso sotto- posto al controllo diretto dello Stato. Non sono passati nemmeno un paio di secoli. E di tutta quella storia non ri- mangono che pochi, labili indizi: qualche buca nascosta tra i dirupi... un ciale diritto di precedenza. pozzo dimenticato in fondo alla canti- Dalle Madonie A un certo punto un cartello avverte: na di un convento o di un palazzo no- attenzione, forte pendenza. E via della biliare… una Madonna declassata… a Palermo, Neve dalla campagna romana sale al- un paio di evocazioni nascoste nelle l’improvviso verso Palombara Sabina, pieghe della toponomastica, come la vecchia stazione di raccolta e di smi- questa traversa della Salaria: via della dal Vesuvio a Napoli, stamento del ghiaccio che scendeva Neve. I destini delle strade, a volte, dalla montagna a dorso di mulo. Sia- hanno strani incroci. Il sentiero che dai Monti Lucretili mo a un passo dalla Capitale; ma an- dai guadi del Tevere portava il sale ai che alle soglie di un altro mondo. Per- pastori dell’Appennino, ha fatto car- a Roma: ecco come ché il Pellecchia, come altre cime dei riera: è diventato una consolare; e an- Lucretili, appartiene a un elemento cor oggi è una statale di tutto rispetto. funzionava che ha poco a che vedere con le argille Pure via della Neve ha avuto i suoi se- della pianura e i tufi dei colli distesi, là coli di gloria; ma adesso è una strada l’industria del freddo sotto, nei classici paesaggi romani. Ci quasi deserta, declassata a scorciatoia avviciniamo al regno del calcare: una per pendolari. caratteristica geologica che, nella sto- Ogni paese, ogni città ha avuto le sue prima dei frigoriferi ria delle neviere, si accompagna spes- vie della neve. A Palermo il ghiaccio ar- so a una certa vocazione meteorologi- rivava dalle Madonie. A Napoli dal Ve- va i suoi diritti su tutta la neve caduta ca e, altrettanto spesso, al carattere facevano prevedere e desiderare la tutte, tranne una a quota 1350, sono suvio, a Verona dai monti Lessini... Per nel raggio di sessanta miglia dalla città. degli uomini. Perché, all’origine di neve», narrano i cronisti, «tutto il pae- piazzate attorno ai milleduecento me- non dire dell’import export. A Malta la E la raccolta, il trasporto, la vendita del una via della neve, ci sono luoghi dove se si riversava a chiedere che per gra- tri di altezza», racconta Gilberto De neve arrivava dall’Etna, al Cairo dal Li- ghiaccio — una catena del freddo che nevica molto, dove era facile racco- zia divina essa scendesse nelle larghe Angelis, autore di una vecchia guida bano, a Parigi dalla Norvegia... Mentre garantiva alla Capitale un approvvigio- gliere e conservare la neve nelle cavità ali di farfalla». La chiesetta della Ma- sul territorio di Monteflavio. «Hanno in America la superficie gelata dei la- namento di almeno 250 tonnellate di naturali, dove la gente si arrangiava donna della neve, dove si invocava il una ventina di metri di diametro e, in ghi veniva tagliata in grandi blocchi e ghiaccio all’anno — erano sottoposti al sfruttando le scarse risorse di una maltempo e dove i tagliatori e i tra- genere, sono rivolte a nord. Nel corso trasferita via mare sulle coste meridio- controllo di un ministro. Le forniture montagna secca e avara. sportatori facevano una sosta prima del tempo si sono riempite di detriti e nali degli Stati Uniti e, ancora più giù, arrivavano dalla Tolfa, da Spoleto, dal Sopra Palombara, a ottocento metri di salire alle neviere, sorgeva all’attac- ormai non sono mai più fonde di due o in Sud America. Un solido giro d’affa- Terminillo, dal monte Gennaro; ma, di altezza, c’è Monteflavio, un tempo co del sentiero che scala la montagna. tre metri. Tra qualche anno sarà mol- ri. A Madrid, la città dove si faceva più soprattutto, dal Pellecchia. rinomato non solo per la quantità, ma Inutile, però, cercare una memoria to difficile riconoscerle». uso di ghiaccio (il consumo pro capite I primi saliscendi sono tranquilli. E per la qualità di una produzione che squagliata dal sole. La chiesetta, scon- Inutile cercare altri ricordi. Anche il toccava i cinque chili all’anno) l’impo- le automobili, che tirano spesso oltre i gli intenditori ritenevano «di gran sacrata nel 1982, è stata trasformata quadro che adornava la chiesetta sta sulla neve fruttava quasi quanto limiti, danno la misura del tempo tra- lunga migliore» di quella di Rocca (sic transit gloria mundi) in un “cen- sconsacrata, la Madonna della neve, quelle sul vino, la carne e lo zucchero. scorso da quando su questo percorso Priora. Il paesino prende il nome da tro polifunzionale” dalle tinte ade- circondata dagli angeli che «lanciava- Anche a Roma, del resto, la «privati- viaggiavano — velocità quattro chilo- Flavio Orsini, un cardinale che nel guate alla modernità. no ampie falde di candida neve», è va sulla raccolta e la vendita» portava metri all’ora — le lunghe carovane di Cinquecento, per colonizzare quei Sorbi, faggi, i pini delle riforestazio- sparita chissà dove. Magari è finita ri- migliaia di scudi nelle casse della Ca- barrozze, i carri a due ruote, trainati da suoi possedimenti dimenticati, aveva ni... L’erta che conduce alle buche del- ciclata sotto un nuovo dipinto. Dal mera apostolica. Il Vaticano proclama- una coppia di buoi. Ogni carico si ag- offerto a chiunque si fosse trasferito la neve passa il bosco, i prati di elicri- bianco al nero. Perché bisogna so- girava sui 750 chili e, per limitare lo nella zona la possibilità di costruirsi so, il giallo appassito delle ginestre, il pravvivere e, una volta finita la risorsa “squaglio”, veniva trasferito di una casa e di godere di alcuni privile- profumo di timo. Sul Pellecchia ci so- della neve, i montanari si erano ricon- notte; godendo, in base a un gi, dai pascoli alla raccolta della legna. no sette pozzi ancora identificabili. E, vertiti (e convertiti) diventando car- codice stradale che dava Le trentaquattro famiglie emigrate non appena nevicava, quassù saliva bonai e rivolgendo le loro devozioni a grande importanza a un dai borghi vicini, dovendo fare i conti tutta la popolazione di Monteflavio una nuova protettrice: la Madonna bene di consumo pri- con le scarse risorse del luogo, aveva- per stipare nelle buche, foderate di pa- delle carbonere, anche lei, peraltro, mario, di uno spe- no così presto scoperto il filone della glia, il raccolto della giornata. La neve ormai decaduta. Il calcare, alla pari neve, affidandosi ai venti umidi che veniva compressa, ricoperta di altra dell’acqua che filtra e sgorga più a val- arrivano dal mare e all’intercessione paglia, continuamente sorvegliata e le, sembra voler inghiottire la fatica di una protettrice divina: La ricolmata per evitare infiltrazioni d’a- degli uomini. Un destino antico, che Madonna della ria. Trasformata in ghiaccio veniva in- ha cancellato ogni memoria degli neve. «Quan- fine tagliata in blocchi da cinquanta Equi, il popolo che viveva in queste do i rigori chili e caricata sui muli che la traspor- terre ai tempi della fondazione di Ro- del freddo tavano al capolinea delle barrozze per ma (degli «uomini che abitavano il ge- essere immessa in una catena distri- lido Aniene» è rimasto solo qualche butiva che prevedeva vari depositi in- masso squadrato) e disperso le tracce termedi, dalle conserve cilindriche se- di altre, più recenti presenze, mime- mi interrate e chiuse ermeticamente tizzate tra i boschi e le rocce di una alle cantine di palazzi, conventi, montagna ruvida e scorbutica: qual- ospedali. Cessata la manuten- che albero da frutto inselvatichito... lo zione le buche si sono inter- spiazzo, appena accennato, di una rate e ora sembrano doli- carbonaia... muri a secco crollati e ne qualsiasi. «Quasi confusi, dalla pietra alla pietra, negli scenari dell’erosione carsica. Il Pellecchia, come il suo gemello, il Gennaro, sono montagne bifronti: la faccia occidentale esposta al sole e agli influssi mediterranei, l’orientale alle correnti fredde del centro Europa. Il risultato è un ambiente davvero in-

Repubblica Nazionale DOMENICA 5 AGOSTO 2007 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37

LE IMMAGINI Due incisioni di fine Ottocento mostrano la raccolta e la conservazione della neve a scopi alimentari Qui sotto, l’antica pubblicità di una delle prime macchine per la fabbricazione del ghiaccio

solito, dove la macchia mediterranea mi, che faceva incetta di quel genere di Al tempo del Papa-Re si mischia a inattese presenze di albe- monopolio piovuto dal cielo) davvero ri e arbusti di origine balcanica. Tutta non si ricorda nessuno. Il mondo del- era di proprietà la zona fa parte del Parco regionale dei le neviere finisce con l’invenzione del- Monti Lucretili. I guardia parco han- le macchine frigorifere. Nella Capitale dello Stato pontificio no il loro da fare per combattere con- la prima fabbrica apre poco dopo la fi- tro i lacci dei bracconieri, il pascolo ne dello Stato della Chiesa. Il ghiaccio abusivo delle vacche che devastano industriale è opaco; all’inizio viene tutta la neve caduta campi e frutteti, i ladri di fossili. A suo guardato con un certo sospetto. Ma tempo avrebbero dovuto vigilare an- non c’è battaglia. Una macchina pro- nel raggio di sessanta che sui clandestini che contrabban- duce cinquecento chili di ghiaccio in davano il ghiaccio per venderlo sotto- un’ora. E poi i produttori, precorren- miglia attorno banco agli acquaioli. do i tempi, si fanno anche la pubblicità Ma di quell’epoca (quando ogni ne- sui giornali: «Durissimo, purissimo». vicata a Roma era un doppio spettaco- Per la neve è arrivata davvero la fine alle Mura Aureliane lo, con la gente, inseguita dai gendar- della storia. MicroMega 4/07

GIOVANNA CORRIAS LUCENTE Il business della diffamazione

CATERINA MALAVENDA Una proposta democratica, dunque indecente

GIAN CARLO CASELLI ORESTE FLAMMINII MINUTO GAETANO PECORELLA LUCIANO VIOLANTE Il bavaglio bipartisan, ovvero la legge Mastella contro la libertà di stampa

Repubblica Nazionale 38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007

Nell’ottobre 1500 lo scopritore dell’America tornava in catene da Hispaniola a Cadice. I capi di imputazione - violenze, malgoverno, schiavismo - sarebbero stati cancellati dal perdono reale. Ora dai documenti di Simancas sbuca il pezzo mancante di quella storia: i racconti dei testimoni che misero alle corde l’Ammiraglio Processo Colomboa Dagli archivi un nuovo j’accuse

MASSIMO LIVI BACCI Sulle imputazioni giuridiche a cari- apprezzata, pare, da alcune autorità co del regime dei Colombo si sapeva ecclesiastiche locali intenzionate a so- ll’inizio di ottobre del (quasi) tutto: i capi d’accusa sono sta- stenere una proposta di beatificazio- 1500, Cristoforo Colom- ti tramandati, così come le notizie del- ne del Nostro. bo e i suoi fratelli Barto- l’interrogatorio dei tre fratelli e l’aper- Archiviato il primo viaggio e il breve lomé e Diego partirono tura del giudizio, non concluso per il soggiorno nell’isola, durato poche dall’isola di Hispaniola perdono reale. Perdono che non can- settimane, Colombo vi tornò alla fine (attuali Haiti e Santo cellava le colpe, ma le condonava in del 1493, dopo il trionfo spagnolo, con ADomingo) alla volta di Cadice, imbar- nome dei grandi meriti acquisiti. una potente spedizione di diciassette cati su due caravelle, la Gorda e la An- Mancava però un pezzo importantis- navi e milleduecento persone. All’ar- tigua. Non fu un ritorno in gloria: simo della storia che l’archivista Isabel rivo si constatò amaramente che il l’Ammiraglio e i suoi fratelli erano in Aguirre ha scovato nella massa ancora presidio di trentotto uomini lasciato catene, e venivano rispediti in patria inesplorata dei documenti dell’Archi- all’inizio dell’anno era stato trucidato sotto il peso di gravi accuse: malgover- vio di Simancas. Si tratta della docu- dai Taíno, sicuramente in reazione al- no, giustizia negata, avidità, violenze a mentazione originale dell’istruttoria le predazioni di donne, viveri e ogget- spagnoli e agli indigeni, i Taíno. Narra contro i Colombo, redatta formal- ti di valore, e alle violenze perpetrate. Hernán, figlio e biografo di Colombo, mente nell’isola, e trasmessa in Spa- Oltre alla conquista dell’isola, alla ri- che al momento di salpare, una picco- gna con le stesse caravelle che traspor- cerca di altre terre e del Catai, ritenuto la folla si radunò al porto e venne dato tavano gli accusati. Un vero e proprio prossimo, gli spagnoli volevano l’oro. fiato ai corni in segno di scherno, men- fascicolo processuale che contiene i Dalla costa nord dell’isola, dove era tre il frate Diego Ortiz dette lettura di verbali dell’interrogatorio di ventidue stato fondato il primo stabile insedia- un libello contro i prigionieri. Erano testimoni cui fu chiesto di esprimersi mento (Isabela), vennero organizzate trascorsi appena sette anni da quando in merito ai tre principali capi di accu- spedizioni verso sud-est, esplorando Colombo, tornato dal primo straordi- sa di cui poi diremo. Fascicolo tra- la vasta e fertile pianura battezzata Ve- nario viaggio, traversò la Spagna in scritto e pubblicato in appendice allo ga Real; ancora oltre, nei monti del Ci- trionfo, con una variopinta carovana studio storico di una notissima studio- bao, vennero individuati giacimenti che includeva indios e pappagalli, con sa di Colombo, Consuelo Varela (La d’oro alluvionale. Tra il 1494 e il 1496 esibizione di trofei e di adorni d’oro la- caída de Colón, Marcial Pons Historia, l’obbiettivo fu quello di sottomettere i vorati nell’isola. L’Ammiraglio rag- Madrid 2006). Un’anticipazione era Taíno, dapprima insofferenti e poi in giunse Ferdinando e Isabella che te- stata data dalla Varela al Congresso di aperta ribellione, e di sottoporli a tas- nevano Corte a Barcellona: per som- Genova nel maggio dello scorso anno sazione. Poiché essi lavoravano l’oro mo onore, i Sovrani lo fecero sedere al — nel cinquecentesimo anniversario trovato nei giacimenti per adorno per- loro cospetto, davanti ai nobili e ai di- della morte di Colombo — non troppo sonale, si pensò che depredarne lo gnitari sbalorditi. stock fosse assai più agevole che setac- Il 20 novembre del 1500, le due cara- ciare i giacimenti in cerca di pagliuzze velle, con a bordo i prigionieri in di- e pepite. Ma il tentativo fallì misera- sgrazia, giunsero a Cadice; il 17 dicem- Francisco Bobadilla, mente — ogni tre lune ogni capofami- bre Colombo fu ricevuto da Ferdinan- glia avrebbe dovuto consegnare il tri- do e Isabella a Granada, perdonato e il “commissario” buto, consistente in tanto oro quanto reintegrato in molte delle sue preroga- ne entrava in una “campanella di tive, ma gli venne fatto divieto di ri- che lo incastrò, Fiandra”, usata per la caccia al falcone mettere piede nell’isola: non più go- — perché si raccolse solo un’infima vernatore né viceré. Gli anni successi- frazione di quanto richiesto. La rispo- vi, fino alla sua morte nel 1506, li de- morì in un naufragio sta dei Taíno alle prepotenze e alle vio- dicò a rinnovare la sua fama, ma il lenze degli spagnoli fu la fuga dalle quarto viaggio, alla ricerca di un pas- per non averne voluto pianure coltivate (prevalentemente saggio tra il mare del nord (l’Atlantico) manioca) verso le selve ed i monti. Ne e il mare del sud (il Pacifico), fu un fal- ascoltare seguì la fame — per gli spagnoli come limento. Le vertenze tra i familiari e la per gli indios — e aperte ostilità, dura- Corona si trascinarono per decenni mente e ferocemente represse. dopo la sua morte. i consigli nautici Nel 1496 Colombo rientrò in Spa- gna, per organizzare il terzo viaggio che lo portò a navigare nei Caraibi fino Fu così che i sovrani decisero di in- al Venezuela, e lasciò il governo dell’i- viare un nuovo governatore sull’isola, sola nelle mani del fratello Bartolomé, con pieni poteri, tra i quali quello d’in- IL LIBRO uomo tanto energico quanto privo di chiesta sull’operato dei Colombo: era La caida de Cristobal attitudini di governo. Bartolomé tentò Francisco Bobadilla, cavaliere dell’or- Colon (Marcial Pons- di consolidare ed allargare il dominio dine di Calatrava. Arrivò il 23 di agosto Historia, 270 pagine, dell’isola, fondando la nuova “capita- del 1500: da due forche all’ingresso del 20 euro), lavoro le”, Santo Domingo, sulla costa sud; la porto di Santo Domingo penzolavano a quattro mani sua azione violenta gli alienò molti due ribelli spagnoli fatti giustiziare da di Consuelo Varela connazionali e spinse gli indios ad al- Colombo qualche giorno prima. Co- e Isabel Aguirre, tre ribellioni. lombo era nella sua residenza del Bo- racconta attraverso Quando Colombo ritornò sull’isola nao; Bartolomé stava nella provincia i documenti nel 1498 trovò una situazione pessima di Xaraguà nel lontano sud-ovest del- recentemente nella piccola ma rissosa colonia. Mol- l’isola: ambedue cercarono di opporsi ritrovati ti spagnoli erano morti; la sifilide ne alle ingiunzioni di Bobadilla, ma poi sull’indagine aveva contagiato un gran numero; oro desistettero e si consegnarono. Il 15 di Francisco ce n’era poco e le prospettive di arric- settembre iniziarono gli interrogatori de Bobadilla chirsi erano rapidamente sfumate; lo dei tre fratelli; Colombo fu sentito tre la destituzione scontento cresceva e in tanti chiede- volte: gli venne chiesto di esibire le di Colombo da vicerè vano di rientrare in patria; emergeva- carte dei processi fatti istruire contro e governatore no contrasti e ribellioni. La principale residenti dell’isola, che Colombo non delle “Indie” fu quella di Francisco Roldán, un per- aveva; di far liberare sedici prigionieri Dalle carte rinvenute, sonaggio di rilievo che aveva coalizza- condannati a morte; di consegnare come ha sottolineato to un gruppo di coloni in protesta per l’oro che doveva servire a pagare tre- la stessa Varela, il malgoverno di Bartolomé. Colombo centotrenta residenti al soldo della si delinea una figura venne a patti con Roldán, ma si tratta- Corona. Nei giorni successivi si rac- che “ispira rabbia” va di una tregua armata. Le notizie del- colsero le testimonianze su tre quesiti per lo stile usato lo stato dell’isola giungevano in Spa- posti a ventidue residenti dell’isola: nel gestire il potere gna, e la Corona cominciò a dubitare materiale che riempie le sessantanove e la giustizia delle capacità di governo di Colombo, fitte pagine del fascicolo processuale nel Nuovo Mondo e a preoccuparsi dei costi crescenti ritrovato. dell’impresa transoceanica. Con la prima domanda si chiedeva

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LE STAMPE Nell’immagine grande, una ricostruzione della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492 Qui sopra, l’Ammiraglio in catene dopo il suo arresto a Hispaniola nel 1500 A sinistra, una pagina della relazione di Francisco de Bobadilla tratta dall’Archivio de Simancas

se i Colombo avessero tentato di ribel- cora condannate sulla base di voci e larsi agli ordini del nuovo Governato- calunnie). In totale i testimoni obbiet- re e alle disposizioni dei Sovrani. Le te- tarono a quattordici condanne a mor- stimonianze affermarono — nel com- te, e a molte punizioni crudeli e ecces- plesso — che il tentativo c’era stato, sive per reati minori (a Teresa da Bae- ma che l’intento di sollevazione rima- za, probabilmente una prostituta, se frustrato perché né i residenti né i venne tagliata la lingua perché aveva cacichi obbedirono agli ordini e per pubblicamente detto che i Colombo interesse o paura riconobbero l’auto- erano di bassa estrazione). Altre accu- rità di Bobadilla. La seconda domanda se al clan riguardavano l’appropria- era più insidiosa, e mirava ad accerta- zione indebita di provviste pubbliche; re se Colombo avesse impedito la cri- lo sfruttamento del lavoro cristiano e stianizzazione degli indios. Sull’isola, indio; soprusi vari di minore portata. nel 1500, tra le poche centinaia di co- Questo quadro accusatorio prove- loni, c’erano sei ecclesiastici, altri era- niva, in parte, da persone danneggiate no rientrati in Spagna; si testimoniò o ostili ai Colombo, ma tra i testimoni che per operare le conversioni occor- ce n’erano almeno cinque che erano reva un permesso previo del Governa- sicuramente fedeli dell’Ammiraglio. tore; che questi invitava i religiosi ad Manca poi la difesa degli accusati che, occuparsi degli spagnoli e non degli a loro volta, avrebbero potuto portare indios; che veniva negato il matrimo- testimoni a loro discarico. Cosicché il nio con indigene ai coloni che viveva- giudizio generale su Colombo colono no more uxorio. Che non si permette- — pessimo amministratore, condizio- vano le conversioni — e questa era nato dal clan, distratto nell’attività di l’accusa più grave — per potere così governo dalla missione di scopritore schiavizzare gli indios se insubordina- cui si sentiva chiamato — più che cam- ti o ribelli, un commercio molto lucro- biare si conferma con contorni più ni- so sia per la Corona (Isabella “amava” tidi. Né le perverse azioni di cui venne gli indios, ma Ferdinando amava più il imputato — che pur possono rivelarsi denaro) sia per i Colombo. Nonostan- imbarazzanti in un processo di beati- te le riserve e i tentennamenti dei rea- ficazione — offuscano la sua mistica li, circa millecinquecento indios era- religiosità, se lo giudichiamo col me- no stati inviati in Spagna per essere tro dei suoi tempi guerrieri, nel lungo venduti; un commercio che i Colombo tramonto del medioevo. avrebbero voluto intensificare, visti Se Colombo ebbe impulsi di rivalsa gli enormi guadagni realizzati dai por- terrena non sappiamo. Alla fine di toghesi con la tratta africana. agosto del 1502 fu costretto dal mal- Infine, la terza domanda riguardava tempo a cercare rifugio nel porto di l’amministrazione della giustizia sul- Santo Domingo durante il suo quarto l’isola. Molti testimoni accusarono ed ultimo viaggio. L’autorizzazione gli Colombo e i suoi fratelli di aver fatto venne negata; riparò a qualche miglio processi sommari e di avere erogato di distanza. Da quel porto doveva ri- condanne a morte anche per reati non partire per la Spagna una flotta di tren- gravi (due per sodomia; altri per furto ta navi; Colombo avvertì che non par- di viveri; il ribelle Bernal da Pisa per- tissero perché prevedeva tempesta. ché gridava «viva el Rey y muera el mal Non fu ascoltato, la flotta salpò, in- gobierno»; il cognato portoghese Mu- cappò nel fortunale (era la stagione liart perché intermediario tra un frate degli uragani) e fece naufragio a poca ed il Re di una lettera di denuncia; al- distanza dall’isola; anche Bobadilla, cune persone fatte uccidere da un ca- che stava facendo ritorno in patria, cico perché ostili a Colombo; altre an- sparì nei flutti.

Repubblica Nazionale 40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007 la lettura Da quelle degli antichi imperi a quelle di Ground Zero, Civiltà sepolte le macerie sono fonte inesauribile di emozione e riflessione: una specie di ritratto di Dorian Gray dove impariamo qualcosa sul nostro passato ma soprattutto contempliamo il nostro futuro. La loro vista ci abitua a non cullarci nell’illusione che la storia non possa far altro che progredire Le rovine, specchio stregato

SIEGMUND GINZBERG poche vestigia sul bagnasciuga: lonne che si vedono spuntare dalla Bey di Tripoli, come dono al Reggente, Esse non rivelano sabbia in queste foto abbiano a che fa- tutto quello che fosse riuscito ad na colonna antica che «Giace l’alta Cartago: a pena i segni re con una vera e propria “mania” per estrarre dalla sabbia del foro costruito spunta dalla sabbia in ri- de l’alte sue ruine il lido serba. solo la vittoria finale le rovine che periodicamente ricorre da Settimio Severo nel 200 e abbando- va al mare. Non è chiaro Muoiono le città, muoiono i regni, nelle storia occidentale. Chi di rovine nato dopo l’invasione dei Vandali nel se la sabbia la stia in- copre i fasti e le pompe arena ed erba, del deserto sull’uomo ne ha in abbondanza le ha spesso tra- Quinto secolo. Ma delle quaranta co- ghiottendo o risputan- e l’uom d’esser mortal pare che si sdegni; scurate e maltrattate, chi non ne ha le lonne estratte, tre erano troppo in- do. Un’intera foresta di oh nostra mente cupida e superba!» desidera e ama alla follia. Gli america- gombranti per trovar posto sulla nave colonne,U i resti di un tempio, mezzo (Gerusalemme liberata, XV, 20). ma anche la misura ni, che di rovine non ne hanno per di Sua Maestà. Furono abbandonate affondati in un orizzonte marino che niente, o quasi per niente, se si eccet- sulla spiaggia, e là sono rimaste. Credo sembra devastato da un cataclisma. Ma mi hanno fatto venire in mente del precedente trionfo tuano i siti degli anasazi (antichi) in- che siano proprio le colonne ritratte in Intere città in rovina che emergono dal anche qualcosa di molto più recente, diani, hanno smontato pezzo per pez- queste foto. nulla. Ammassi di blocchi enormi di le inquadrature finali di un film di fan- dell’uomo sul deserto zo, e poi trapiantato a Manhattan un La passione per le rovine ad un certo marmo e di minuscoli frammenti, tut- tascienza del 1968, Il pianeta delle monastero, i Cloisters, che fa parte del punto fu tale che ci fu chi, in un impeto to color del deserto. Un Colosseo, im- scimmie. L’astronauta protagonista, Metropolitan Museum, e in California di entusiasmo creativo, se le fece diroc- menso e scarnificato, come quello a interpretato da Charlton Heston, si cono qualcosa del nostro passato. La un castello medievale, quello del pri- cando o dando fuoco ai castelli e alle Roma, ma ancor più inquietante, per- imbatte in una rovina che affiora dalla ragione principale è che, contemplan- mo grande padrone dei media, Ran- magioni avite. Altri se le inventarono o ché tutt’attorno non sembra esserci sabbia su una spiaggia deserta, esatta- do le rovine, contempliamo il nostro dolph Hearst, alias Citizen Kane al ci- se le immaginarono. Hubert Robert nemmeno più una città. Sono alcune mente come queste colonne antiche. futuro. È un po’ come se ci guardassi- nema. Gli inglesi, che pure qualche ro- aveva fatto furore presentendo al Salon delle bellissime foto catturate dalla Prima ne vede solo l’ombra. Poi si ac- mo allo specchio. Come ci rimirassi- vina autentica ce l’hanno, li avevano parigino del 1796 una Veduta della Hasselblad con obiettivo 45 mm di corge che si tratta di un pezzo della te- mo in una specie di ritratto di Dorian preceduti facendo a gara con la Fran- Grande Galleria del Louvre in rovina. Donata Pizzi, che ho visto esposte ne- sta della Statua della libertà, e all’im- Gray. Che ci gratifica e, allo stesso tem- cia a chi meglio imitava l’atmosfera Due anni dopo era stato Joseph Gandy gli ingrandimenti a Palazzo Braschi, e provviso si rende conto di trovarsi non po, ci è repellente, ci procura piacere e delle rovine nei giardini e nei castelli. a immaginare su una tela le rovine del- sono anche riprodotte in un libro, il cui su lidi distanti ma in un posto che co- dispiacere, scatena e, allo stesso tem- “Follies” chiamavano queste elabora- la Banca d’Inghilterra, nello stato di ab- formato purtroppo non gli fa giustizia nosce benissimo. Sbotta disperato: po, assorbe, tranquillizza, tutte le no- te bizzarrie architettoniche. Per la più bandono che per secoli aveva colpito (e (Roma in Africa, 92 pagine, 46 tavole, «Dio mio! Sono tornato da dove ero stre paure. Pleasure of Ruins, del pia- famosa di esse, il giardino costruito al tempo stesso affascinato) tutti i visi- Donzelli editore). partito. Sono di nuovo a casa mia. Ma- cere delle rovine, si intitolava a piena nel 1827 per re Giorgio IV a Virginia tatori di Roma. E la profezia pittorica in Deve essere stato un paesaggio mol- ledetti, andate tutti all’inferno… paz- ragione il saggio di Rose Macaulay, dei Water, nel Surrey, erano state utilizza- effetti persino si avverò, quando l’edifi- to simile a quello di queste foto ad ispi- zi maniaci che siete, ci siete riusciti, fi- primissimi anni Cinquanta: una vera e te trentasette colonne, dieci capitelli, cio fu demolito nel 1925. Ho l’impres- rare a Torquato Tasso i versi sulle rovi- nalmente ci siete riusciti, avete di- propria summa, ancora oggi inegua- venticinque piedistalli, una decina di sione che da allora non abbiamo cessa- ne di una città un tempo splendida e strutto tutto…». gliata, di quasi tutto quello che è stato frontoni, cinque bassorilievi. Tutti to di immaginarci turisti sulle rovine di fiorente, di cui affiorano ormai solo Non so più chi ha osservato che la ra- detto, e che era possibile concentrare provenienti dalle rovine di Leptis Ma- Londra o di New York, non importa se gione per cui le rovine continuano ad in un libro, sull’argomento. gna, che è appunto uno dei siti foto- distrutte dal terrorismo, da una guerra affascinarci tanto — succede da seco- Non ci fossero le rovine ce le sarem- grafati dalla Pizzi. L’allora console bri- nucleare, da una catastrofe ambienta- li, da millenni, ipnotizzavano già gli mo insomma dovute inventare. E non tannico a Tripoli, il colonnello War- le, o da un attacco di marziani. antichi — non è, o non è solo che ci di- è solo un modo di dire. Credo che le co- rington, aveva ottenuto nel 1816 dal Dalle macerie degli antichi imperi a

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IL LIBRO Roma in Africa (Donzelli Editore, 95 pagine, 22 euro) raccoglie le suggestioni del viaggio fotografico di Donata Pizzi tra le rovine di Roma nel Nord Africa. L’autrice ha cercato di ridurre l’intensità dei colori dei luoghi per far emergere la bellezza e la forza della pietra che li domina. Da sinistra in alto in senso orario: Cuicul (Algeria), Dougga (Tunisia), Leptis Magna (Libia) e Hippo Regius (Algeria). Le foto, scattate tra il 2005 e il 2007, sono state anche esposte a Palazzo Braschi per il Festival internazionale di Roma

quelle delle Torri gemelle a Ground lo splendide rovine antiche. Una cate- mezzo secolo dopo, gli autori del Ma- la globalizzazione non viaggia più a Zero a New York, le rovine sono fonte na ininterrotta di magnifiche rovine si Le ragioni del crollo nifesto per l’immagine del «fantasma dorso di cammello, ma del ritorno alle inesauribile di emozione e di riflessio- estende per tutta la sponda meridio- che si aggira per l’Europa»; a ripren- antiche glorie nemmeno l’ombra, il ne. Lo stesso argomento è stato tratta- nale del Mediterraneo, dalle attuali Al- o dell’arretramento derlo in mano sono stato folgorato dal- mondo arabo non decolla. Stavano to in mille modi diversi da poeti e viag- geria e Marocco, fino alla Turchia, pas- l’impressionante attualità delle consi- meglio quando stavano peggio, viene giatori, da scrittori e pittori, percepito sando per Libano, Siria e Giordania, derazioni sui fanatismi). anzi quasi da dire. da ogni possibile angolatura visiva o Israele, Egitto, Libia e Tunisia. Laddo- di un gran numero Molto impressionato da rovine co- Le rovine abituano a non cullarsi nel- concettuale. Si è pianto sulle rovine, ci ve ora c’è deserto, ci sono colline brul- me queste nelle foto di Donata Pizzi fu l’illusione che la storia non possa che si è crogiolati di rovine, si è fatta filoso- le e bruciate o, nella migliore delle ipo- di società complesse anche Arnold Toynbee, fantastico in- progredire. Sono la testimonianza fia della rovina, si sono inventate rovi- tesi, orrenda congestione (che nelle dagatore delle gimcane della storia, lampante di come possa capitargli di ne, come se non bastassero quelle che foto della Pizzi non si vede), ci doveva- ci risultano ancora delle ragioni del fiorire e del disgregar- fare il passo del gambero, tornare in- si avevano già sotto gli occhi. Di meta- no essere un tempo insediamenti si delle civiltà, oltre che grande viag- dietro, magari fare balzi a ritroso, quan- fisica della rovine si è parlato a propo- umani capaci di realizzare meraviglie inspiegabili giatore e reporter. Nello sterminato A do meno ce lo si aspetta, e spesso in mo- sito delle rovine dense di mistero in- come questa, città ricche, granai del- Study of History (condensato in italia- di inspiegabili, sorprendenti. Ancora ventate nei quadri da un altrettanto l’impero, foreste da tagliare, risorse da no da Einaudi col titolo Le civiltà nella oggi non riusciamo a spiegarci bene la misterioso pittore del Seicento (non è coltivare, acqua, traffici, centri intel- pressione di quanta ne facciano agli Storia) parte dalla constatazione che ragione del crollo o dell’arretramento appurato con certezza nemmeno chi lettuali fiorenti. Nessuno può avere abitanti attuali, i cui animi sono stati «le rovine ci dicono che questi elabo- di un gran numero di società comples- fosse o come si chiamasse: Monsù De- mai costruito cattedrali nel deserto, induriti dall’averle già avute sotto gli rati templi, portici e sepolcri, quand’e- se. Vale per il collasso dei maya come siderio? Didier Barra?). Aveva antici- sarebbe un controsenso. Semmai è il occhi così a lungo». rano intatti dovevano essere orna- per il crollo dell’impero romano, come pato di molto la metafisica delle rovi- deserto (o la giungla) ad invadere o de- Le rovine hanno sempre, immanca- menti di grandi città…». Ipotizza che per il declino e la scomparsa catastrofi- ne, delle macerie del Novecento e del- turpare ad un certo punto le cattedra- bilmente ispirato molta poesia, ma an- «nel loro fiore» queste città sorgessero ca, talvolta inattesa e improvvisa, tal- le sue anime, nei quadri di De Chirico li. Sono secoli, anzi millenni, che le ro- che molte filosofie della storia. Nasce in mezzo a giardini irrigui, grazie non volta in seguito ad una crisi prolungata e Dalì. Anche Hitler era un fan delle ro- vine sono al centro di elaborate ed ap- dall’emozione provata di fronte alle solo alla «magia che la leggenda siria- ed evidente, di questo o quell’impero, vine. Aveva fatto appendere al Reich- passionate riflessioni sulla fragilità rovine di Petra e Palmira, nel corso di ca attribuisce a Mosè», cioè «il far sgor- questa o quella “civiltà”. Tra le macerie stag i quadri ottocenteschi di rovine degli esseri umani e delle società in cui un viaggio in Siria, il libro su Les Ruines, gare l’acqua dalla dura roccia», ma al più recenti quelle della “civiltà” sovie- romane di Hubert Robert. Il suo archi- vivono. Gli antichi poeti della Cina ou méditation sur les revolutions des fatto che «i loro ricchi non erano giar- tica, se così è lecito chiamarla; dio solo tetto, Albert Speer, aveva inventato Tang hanno infinite variazioni di «ri- empires, che il conte di Volney aveva dinieri ma mercanti, che allacciavano non voglia che ci si debba un giorno in- persino una teoria del «valore delle ro- flessione nel visitare rovine», anche se deciso di far stampare a sue spese nel un’oasi con l’altra, e un continente terrogare su come crollò la “civiltà” vine». Furono accontentati: nemme- poi in Cina si sarebbe affermata l’abi- 1791 e distribuire all’Assemblea costi- con l’altro, per mezzo di un attivo traf- americana, o come crollò quella bellis- no mille giorni e il loro Reich che tudine di rifare ogni volta, secondo le tuente di cui era stato eletto deputato. fico». Ma più di tutto lo colpisce il fat- sima idea che era stata l’Europa, o co- avrebbe dovuto essere millenario, la convenienze del momento, monu- Si capisce, a rileggerlo oggi, perché tut- to che «il loro stato presente non rive- me continuò ad andare a catafascio Germania con tutta l’Europa, erano menti e storia nuovi di pacca. Cicero- to l’Ottocento lo avesse ritenuto così la soltanto la finale vittoria del deserto questo nostro Bel Paese. un cumulo di macerie. ne si commuoveva alla vista improvvi- profetico sulla variabilità delle vicende sull’uomo, ma anche le dimensioni Queste foto suggeriscono un am- sa delle rovine di Corinto, sia pure ap- della storia umana (c’è chi ritiene che della precedente vittoria dell’uomo biente specifico, il Medio Oriente, che pena ricostruita dai romani, e scriveva proprio dal fantasma evocato all’inizio sul deserto». Ai maghi dell’acqua si so- continua ad evocarci macerie, non so- che gli avevano fatto «molta più im- del libro abbiano preso poi spunto, no aggiunte le stregonerie del petrolio,

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Avevano titoli come “Dove si spara di più” o “Se sei vivo, spara!”. Film che volevano clonare i capolavori di John Ford e che invece diedero vita a uno dei fenomeni più importanti del cinema italiano, lo Spaghetti Western Sul quale si fecero le ossa attori e registi che sarebbero diventati grandi e che mai rinnegarono quei loro inizi. Ora la Mostra del cinema di Venezia, anche grazie a Quentin Tarantino, li celebra Trash d’autore Quelle sfide sul set tra Orson Welles e Tomas Milian

MARIA PIA FUSCO n principio furono “Macaroni”, poi “Hopalong Veneto”, infine “Spa- ghetti western”, e fu la stampa ame- ricana a consacrare la definizione citandola nel ‘68 sul Christian Science Monitor e poco dopo sul INew York Times. Tanto per sottolineare, la rivista Life dedicò una celebre copertina a Sergio Leone, immortalato con una gran- de barba a forma di spaghetti. All’inizio l’intenzione era denigratoria, i critici più illustri, stizziti per la contaminazione di un genere eroico sublimato da grandi maestri come John Ford, connotavano con di- sprezzo i film che ritenevano sottoprodot- ti indegni con termini di cucina nazionale, Sauerkraut western per i tedeschi, Ca- membert western per i francesi, Chorizo western per gli spagnoli. Anche il primo Sergio Leone, a parte l’at- tenzione rispettosa di pochi critici attenti come Pietro Bianchi o Morandini, inorridì quanti erano cresciuti con Rossellini e i Cahiers du cinema. Per loro fu imbaraz- zante trovare tra gli sceneg- giatori di C’era una volta il soldi, un po’ coatta e romana — in un film Westil nome di Bernardo Ber- risuonò un “Li mortacci...” non proprio da tolucci, il figlio del grande western — eppure fu la nostra Nouvelle poeta, già autore di La com- Vague». Sia pure per un conoscitore come mare seccae Prima della rivo- lui le scoperte fatte durante le ricerche so- luzione. Fu proprio Bertoluc- no state molte. «Era un mondo folle in cui ci a definire Leone e i suoi we- entrava di tutto. Ho scoperto un film in- stern «la prima espressione di compiuto con Sal Mineo girato in Spagna, cinema post-moderno, tutto interrotto per mancanza di soldi e nel cast quello che viene dopo non c’era Mita Medici, allora simbolo del Pi- può che muoversi in quella per. Ho trovato un mare di progetti mai stessa direzione». realizzati, uno è Il trombettiere del genera- Gli anni dal ‘64 al ‘68 «sono le Custer scritto per Alberto Sordi». anni chiave per il nostro cine- C’erano gli specialisti capaci di scrivere ma e per quello internaziona- sceneggiature a ritmo serrato — erano film le. Accadono cose pazzesche, da girare in poco tempo e a basso costo — i generi si intersecano, il cine- ma tanti sono i nomi illustri che ci prova- ma cosiddetto alto si confon- rono. Alcuni non riuscirono, come i fratel- de con quello basso. Il western italiano, li Taviani, autori di due western che non nato in un momento di crisi del cinema piacquero ai produttori, altri ebbero suc- Usa e del cinema in genere, assediato dal- cesso. Come Kim Arcalli, collaboratore di la televisione, rappresenta la risposta im- Bertolucci e di Antonioni, autore di Se sei mediata del vecchio continente allo stra- vivo, spara!, Andrea Camilleri che scrisse potere di Hollywood», dice Marco Giusti, cinque storie per il produttore Turi Vasile uno dei più appassionati ammiratori del (ma non ricorda quali), Bernardino Zap- genere. Insieme a Manlio Gomarasca è il poni, il quale, quando fu chiamato da Fel- curatore della retrospettiva in programma lini, aveva scritto quattro western dai qua- alla Mostra di Venezia, con Quentin Ta- li aveva tolto il nome. E in Toby Dammit rantino testimonial eccellente. L’idea del- con Terence Stamp, l’episodio di Fellini la retrospettiva, accolta volentieri da Mar- del film Tre passi nel delirio, Zapponi ave- co Müller, è nata un paio di anni fa insieme va inserito un pezzo western, eliminato in al progetto del Dizionario del western all’i- montaggio. taliana che uscirà il 28 agosto, ottocento Se il tema più frequente del western era schede di film. «Sono anni che raccolgo la vendetta, da gustare fredda o calda, la li- aneddoti, informazioni, racconti, ho in- bertà delle storie permetteva agli autori tervistato duecento persone, dovevo sbri- “altri” come Tinto Brass e Giancarlo Fusco garmi prima che sparissero tutti i protago- — regista e scrittore di Yankee, in cui nisti», dice Giusti, fin da ragazzino fre- l’“americano” Philippe Leroy combatteva quentatore assiduo di sale «perché anda- contro il sadico capomafia Concho vo al cinema gratis, grazie a mio padre que- (Adolfo Celi), come un torero contro il to- store che aveva i biglietti. Mi ritrovo il no- POLVERE E PISTOLE ro — di divertirsi ad inserire elementi stra- me Marco perché mia madre aveva visto Nella foto grande e nella prima dall’alto, vaganti. Vincenzo Cerami, prima di colla- Quo vadis? e le era piaciuto tanto Marco Lee Van Cleef nel film Il grande duello borare con Monicelli, Bellocchio, Benigni Vinicio interpretato da Robert Taylor». di Giancarlo Santi (1972); sotto, Orson eccetera, aveva esordito nel genere con Il Per lui lo spaghetti western «è una delle Welles e Tomas Milian in due scene pistolero dell’Ave Maria e L’odio è il mio nostre strade essenziali, fatta anche per del film Tepepa di Giulio Petroni (1968) dio. Nel ‘71 scrisse Blindman, protagoni-

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LIBRI E RASSEGNE La Mostra del cinema di Venezia celebra gli anni d’oro del western all’italiana con la proiezione di trentadue film scelti da Marco Giusti e Manlio Gomarasca. Padre nobile e appassionato dell’iniziativa, il regista Quentin Tarantino. Poco prima dell’inizio della Mostra, il 28 agosto, sarà in libreria il Dizionario del western all’italiana (Mondadori, 700 pagine,15 euro), autore lo stesso Giusti Un manuale con ottocento schede, filmografia dei registi da Sergio Leone a Bitto Alberini e degli attori da Clint Eastwood a Franco Nero, interviste e una dettagliata storia del genere

LOCANDINE In questa pagina in alto, alcune locandine di storici western all’italiana firmati da registi Quando misi il poncho come Tinto Brass e interpretati da attori in testa a Pasolini come Adolfo Celi e Giuliano Gemma CARLO LIZZANI u il legame con Dino De Laurentiis a coin- volgermi nel western all’italiana. Ero sta- Fto uno degli sceneggiatori di Riso amaro, che fu il primo grande successo di Dino, ebbe la Nomination all’Oscar, lo fece conoscere nel mondo. Nacque un’amicizia, lui diceva che avevamo in comune le tre “c” — cervello, cuo- sta un pistolero cieco e nel cast, tra tanti protagonisti di una serie infinita, da Dio re e, in versione educata, coraggio — poi io mi nomi finti stranieri, c’era un inglese vero, Tra progetti perdona... io no! di Giusepppe Colizzi alla buttai su altre strade e ci ritrovammo per Il Ringo Starr, il batterista dei Beatles. Le serie Trinità firmata da E.B. Clucher, in fa- gobbo e per Il processo di Verona. partecipazioni erano incredibili, Pasquale rimasti incompiuti, miglia Enzo Barboni. Ci sono tentativi po- Dino intanto aveva costruito un villaggio Squitieri racconta che nel suo Django sfi- co riusciti di contaminazione con il musi- western a Dinocittà, e quando mi propose di da Sartana, firmato come William cal, c’è la mitologia con la storia di Ulisse in girare Un fiume di dollari, una classica storia Redford, c’era l’idolo dei cinefili Glauber cast di stelle rispediti Il ritorno di Ringo di Duccio Tessari, e per- di vendetta, accettai volentieri. Non ho mai Rocha. fino Shakespeare: Dove si spara di più di messo la mia vita al servizio del cinema ma so- «Gli attori talvolta erano pagati in modo a casa perché i soldi Gianni Puccini — l’aiuto era Gianni Ame- no stato io a servirmene: per me era l’occasio- improprio, Pasolini per Requiescant ebbe lio — tra spari e morti ammazzati è Romeo ne di toccare con mano i sogni dell’adolescen- non soldi ma una Ferrari. I cast erano paz- erano finiti, idee e Giulietta nel West. Il film è un raro esem- za, rivivere le avventure con cui ero maturato. zeschi, sul set di La spina dorsale del dia- pio con protagonista femminile, visto che, Firmai il film come Lee W. Beaver. Beaver vuol volo, si trovavano Ricardo Montalban, il mai realizzate, come dice Giusti, «le donne nel western dire castoro, in tedesco Bieber, che era il co- messicano cattivo, John Huston, il genera- c’erano, ma non in primo piano. Con qual- gnome di mia moglie. E una W. allora non si le che lo combatteva, e Van Heflin in un che regola. Le bionde, considerate fragili e negava a nessuno. Ennio Morricone fece le piccolo ruolo. Franco Giraldi nel ‘67 dires- c’è un copione dal titolo delicate, in genere morivano al primo rul- musiche ma non volevamo scontrarci con la se due veri americani, Robert Ryan e lo. Più fortuna avevano le rosse e le more, forza autoriale di Sergio Leone per cui, per la Arthur Kennedy nel film Un minuto per “Il trombettiere prostitute da saloon oppure dalla parte dei prima ed unica volta, cambiò nome anche lui: pregare, un istante per morire». cattivi. Erano più forti, resistevano, pote- Leo Nichols. L’unico problema erano i cavalli, Dal western passò il mostro sacro Orson del generale Custer” vano morire anche alla fine del film». mi facevano paura, per fortuna in Italia all’e- Welles, che in Tepepa di Giulio Petroni del I titoli, attesissimi, erano un gioco ine- poca si erano formati gruppi di esperti straor- 1968 era il colonnello Carrasco, cattivissi- che era stato scritto sauribile, entravano nel linguaggio, «odio dinari. mo con il nemico Tomas Milian che da per odio» veniva urlato negli stadi, diven- L’anno dopo, nel ‘67, ne feci un altro, Re- peone umiliato diventava capo della rivol- per Alberto Sordi tavo parte dei dialoghi dei giovani, un col- quiescant, ma stavolta usai il mio nome, non ta. Giusti racconta la delusione di Milian: lettivo di Lotta continua fece uno stage sul mi nascosi perché era un apologo sulle lotte «Welles era il suo idolo, non vedeva l’ora di personaggio di Sartana come eroe anti- contadine e l’occupazione delle terre, un tema incontrarlo, invece il set fu terribile. Wel- borghese. Dice Giusti: «Il pubblico era pre- che era stato sognato da tanti autori di sinistra les lo chiamava “sporco cubano” e se gli compañeros di Sergio Corbucci, un autore valentemente maschile, non solo ragazzi e, a parte Rosi con Salvatore Giuliano, era dif- chiedeva da che parte mettersi, risponde- che, secondo gli esperti, Tarantino in te- ma anche gli adulti, era un modo per rivi- ficile realizzare. Il protagonista era Lou Castel, va “dove ti pare, purché non veda la tua sta, è tutto da rivalutare: c’è Tomas Milian vere sogni infantili di avventure e di lotte che uccideva raccomandando l’anima a Dio. faccia”». con basco alla Che Guevara, socio di Fran- all’ultimo sangue. Tutti quelli che ho in- C’era Pasolini che, con il poncho, comandava Tepepa, che raccontava l’oppressione co Nero (nel ruolo di uno svedese), e c’è tervistato ne parlano come del “vero cine- una banda di peones rivoluzionari, tra cui Ni- del potere sulla classe contadina e povera, Fernando Rey ideologo della rivoluzione, ma”. Sono tutti un po’ vecchietti e forse c’è netto Davoli trombettiere. Ho il privilegio di è uno degli esempi più interessanti di co- tutti in lotta contro il potere, impersonato una dose di nostalgia, ma aldilà del valore aver fatto recitare due volte Pasolini, la prima me in quegli anni la politica e il clima del dal feroce Jack Palance . La scena finale dei film — non tutti erano belli, anzi — nel fu ne Il gobbo: era «il Monco». Gli piaceva reci- ‘68 fossero entrati nel genere. Non a caso ricorda gli scontri dei cortei studenteschi western, in chi lo faceva e in chi lo amava, tare e sul set era curioso di tutto, si preparava era stato scritto da Franco Solinas, sceneg- con la polizia. c’era una passione fortissima, la stessa che alle sue regie. giatore di Pontecorvo, e da Ivan Della Mea, Non solo la politica si è inserita nel we- aveva ispirato gli autori del neorealismo. un cantautore da feste dell’Unità. Altro ti- stern. C’è la comicità, a partire dall’arrivo Una passione che dopo quegli anni è tolo fortemente politico è Vamos a matar della coppia Bud Spencer e Terence Hill, scomparsa. Oggi è una preziosa rarità».

Repubblica Nazionale 44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007 i sapori Gioia e dannazione dei barman alla continua ricerca di mix Agitati e mescolati perfetti, i long drink conquistano un posto d’onore proprio nelle serate d’agosto. Il rito dell’aperitivo e del dopocena diventa sinonimo di trasgressione vacanziera e un’occasione irripetibile per assaggiare le ultime inebrianti novità

Le nozze alcoliche da 007 a Hemingway

LICIA GRANELLO n dry Martini», disse. «In un’am- pia coppa da champagne». «Oui, monsieur». «Aspetti un momento. Tre par- ti di Gordon’s, una di vodka, mez- « za di Kina Lillet. Shakerato finché è molto freddo, poi aggiunga una sottileU scorza di limone. Chiaro?». Quando Ian Fleming nel 1953 inventò il Vesper Martini per il suo nuovo eroe letterario, non immaginava certo che il cocktail avrebbe fatto il giro del mondo, diventando uno status symbol. A consegnarlo alla storia e all’olimpo del gla- mour, insieme al successo editoriale, fu il fascino dell’am- biguità alcolica espressa nel mix inusuale di gin e vodka, omaggio di 007 alla bella doppiogiochista Vesper Lind, pro- tagonista femminile di Casino Royale. Gioia e dannazione dei barman di tutto il pianeta, i cock- tail rappresentano l’irresistibile trasgressione alla scelta co- dificata degli alcolici in purezza. Diversi dal vino, che gode di una ritualità tutta sua, dal consumo agli eventi (come il de- cennale di Calici sotto lestellein programma venerdì 10, not- te di San Lorenzo, informazioni su www. cittadelvino. it). Di- versi anche da whisky, rum, sherry, grappa, che vantano una loro connotazione precisa nella tavolozza del bere alcolico, dove a far la differenza è solo la sapienza di chi li produce. I miscelati partono da basi il più possibile neutre per esse- re plasmati in maniera funambolica grazie all’abilità del bar- tender. Nessuno creda che le diaboliche miscele siano storia dei nostri anni. Il primo manuale completo — The Bartenders Guide.How to mixdrinks— è datato 1862, a opera dell’istrio- nico barman americano Jerry Thomas. In quelle pagine, “The Professor” spalancava nuovi orizzonti alla parola cocktail — derivata forse dalla coda mozza (cock tail) dei cavalli ibridati, o dal francese coquetel, bevanda ricca di ingredienti — che ri- saliva a oltre mezzo secolo prima e fino a quel momento ave- va identificato «un liquore stimolante, composto da superal- colici di ogni genere, zucchero, acqua e amari». Da lì in poi, i cocktail non hanno più smesso la loro arte am- maliatrice. Le ricette evergreen — tra mix nerboruti come il Ne- groni e il Campari shakerato, e apparentemente soavi come l’A- lexander e la Piñacolada — vantano schiere di fedelissimi in tut- to il mondo. Ordinare «il solito» al barman è il riconoscimento di un legame, l’appartenenza a un’area di privilegio. Per gli ame- ricani, un diritto irrinunciabile, dal Dirty del presidente Roose- velt al Cosmopolitan di Madonna. Dietro il bancone della “Bo- deguita del Medio” si legge ancora il motto di Ernest He- mingway: «My mojito in la Bodeguita, my daiquiri in El Floridi- ta». Come non essere d’accordo? Fino a qualche anno fa, la fidelizzazione dei clienti passava da ricette tradotte in acrobatico shakeraggio di liquori con il ghiac- cio (tipo le performance del barman Tom Cruise in Cocktail). Og- gi non basta più: le coppette ghiacciate o il tumbler(bicchiere ci- lindrico) colorato senza troppa fantasia sono ormai alcol passa- to. La nuova tendenza planetaria incorona la figura del bar-chef, capace di riassumere le qualità di un grande barman e le compe- tenze tecnico-scientifiche degli chef più innovativi. Grandi so- cietà come l’inglese Diageo (leader mondiale nella produzione di liquori di alta gamma, che qualche anno fa acquisì la Cinzano) hanno imparato a stimolare la curiosità di cuochi e baristi propo- nendo ricette dalla fattura alta e dagli esiti stupefacenti. Il tutto, senza dimenticare il diktat del consumo responsabile: via libera al- le miscele con infusi, gelatine, schiume, che alzano il tasso di golo- sità contenendo il tenore alcolico. Il bar-chef è tecnologico: usa l’omogeneizzatore e gli alginati, le pietre aromatizzate e l’affumicatoio, il saldatore e gli spray. Ma sempre più lontano dalle passerelle rutilanti e dai locali in vista. Nelle grandi capitali si stanno diffondendo i noaddress-bar, locali senza insegne, dove si entra con prenotazione telefonica: il nume- ro è top-secret, l’accesso legato a un selezionatissimo passaparo- la. Andy Penney, manager dell’esclusivo Milk&Honey, sede a Lon- dra e New York, accoglie i clienti in un ambiente da Tre Stelle Mi- chelin (anche se le coppette costano in media dieci euro), e spiega che certi cocktail non vanno tracannati come una bibita, ma gu- stati con calma, «senza chiasso e sguaiatezze intorno». In un’atmosfera, insomma, perfetta per la dedica di James Bond alla sua nuova conquista: «Il cocktail? Penso che lo chiamerò Ve- sper». «Per via del retrogusto un po’ amaro?». «No, perché una volta che lo hai assaggiato, non puoi più bere al- tro». il testimonial COSMO VODKATINI LAB STRAIGHT SPLASH BLU Il milanese Dario Comini è cresciuto 10 cl spumante brut 30 ml Vodka tra i bicchieri Absolut 2 cl margarita mix 50 ml. Vodka Ciroc del bar di famiglia, 0.5 ml Triple Sec 0.5 cl sciroppo Tropical Blu 10 ml. Vermouth dry Fabbri (che si depositerà il “Nottingham 10 ml succo di lime Forest” 1 oliva verde sul fondo del bicchiere) 25 ml. Cranberry 2 cl di Vodka blu A lui si deve Juice l’invenzione del bar-chef, in superficie il nuovo barman che coniuga 1spruzzo di lime fresco Versare gli ingredienti Mixare gli ingredienti 3 gr. di Diger Selz al limone sapere del bere miscelato nello shaker riempito per 3/4 con ghiaccio e tecniche della cucina di ghiaccio. Shakerare, Servire in coppetta ghiacciata, Versare nell’ordine in una flute d’avanguardia filtrare nella coppa gelata facendo cadere l’oliva alta con ghiaccio

Repubblica Nazionale DOMENICA 5 AGOSTO 2007 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 45

TORINO ALASSIO (SV) MONZA (MI) MILANO VENEZIA FLORIS HOUSE LIQUID TEA ROSE NOTTINGHAM FOREST HOTEL GRITTI PALACE gli indirizzi Via Cavour 16 Passeggiata Grollero 32 Piazza Duomo 1 Viale Piave 1 Campo S. Maria del Giglio la curiosità Tel. 011-8126909 Tel. 0182-471841 Tel. 039-23560203 Tel. 02-798311 Tel. 041-794611 IL PRIMO MANUALE Barman celeberrimo ANCONA RICCIONE (RN) ROMA ROMA SAN TEODORO (NU) all’Hotel Metropolitan LIBERTY LOUNGE 0586 HOTEL DE RUSSIE AMBRA DAY di New York Via Traffico 7 Via D’Annunzio 100 Via Flaminia Vecchia 495 Via del Babuino 9 Via Sardegna e alla Planter’s House Tel. 071-203484 Tel. 0541-645251 Tel. 06-340483 Tel. 06-328881 Tel. 0784-835120 di Saint Louis, proprietario di uno dei saloon più alla moda di New Orleans, Jerry Thomas pubblicò la Bartender's guide, prima Bibbia dei cocktail, nel 1862

ANGEL’S TEMPTATION 4.5 cl Gran Centenario Plata Tequila 9 cl succo di mela fresco 1,5 cl succo d’arancia fresco 0,75 cl succo di lime fresco Versare gli ingredienti in un bicchiere con ghiaccio Shakerare e servire in un highball guarnito con fetta di mela verde

Le ricette evergreen ANGEL come l’Alexander, FACE il Mojito o il Negroni vantano ancora schiere di fan 50 ml Gordon’s Ordinare Gin 15 ml Apricot in un locale Brandy “il solito” continua 15 ml Calvados ad essere segno di un legame Tutti gli ingredienti nello shaker speciale con chi Servire in una coppetta ha tra le mani ghiacciata lo shaker dall’altra parte del bancone Oggi però vince WHY la fantasia NOT e alla tecnica si aggiungono schiume 50 ml Beefeter Gin e gelatine 15 ml Brandy prima 10 ml Lillet Blanc 10 ml succo sconosciute di limone

Mettere le coppette in freezer per tempo Shakerare vigorosamente e servire subito

FUMOIR ORCHIDEA HEAVENLY PURPLE MOJITO HAZE

4.5 cl Tequila ½ bourbon whiskey 40 ml Tanqueray 10 foglie di menta ¼ alcolato No 10 fresca 50 ml Tanqueray al Cohiba No 10 10 ml succo ½ lime ¼ sciroppo di limone 5 ml Opal Nera di zucchero 1 cucchiaio black Sambuca 20 ml succo di zucchero fresco di fragola 2.5 ml zucchero Soda liquido zucchero liquido Versare in uno shot gelato Creato per l’inaugurazione Pestare lime, menta e zucchero Un gin pregiato e chiuderlo in un barattolo di un hotel milanese in un tumbler basso per un abbinamento originale di plexiglass con un bastoncino Si shakerano gli ingredienti, Aggiungere tequila, ghiaccio Shakerare e versare di incenso di ciliegio acceso servizio in coppa ghiacciata e soda. Guarnire con la menta in una coppetta ghiacciata

Repubblica Nazionale 46 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007 le tendenze Il cambio di clima non vuol dire solo siccità. Lungo i sentieri Andare per monti delle Alpi e degli Appennini le escursioni agostane in montagna riservano non poche sorprese meteo. Meglio attrezzarsi prima di partire. Ecco tutto ciò che vi occorre per sfidare vento, pioggia e sbalzi di temperatura

ASCIUTTI ALLA META RainHat di Ortlieb, di derivazione La riscoperta nautica, è in gomma con cuciture saldate A prova di temporale del mantello montano LEONARDO BIZZARO AL LASER alking in the rain. Stufi di cantare, sotto la pioggia d’estate si Sono di Chervò la giacca può camminare. E invece sui sentieri delle Alpi, soprattutto Moser e i pantaloni Sorrenti quelli che corrono a sud, bastano due nuvole, nemmeno una in morbido e leggerissimo tessuto precipitazione, a liberare la montagna da torme di escursio- AquaBlock. Impermeabile incollato nisti. La si ritrova vuota come un tempo e serve poco a viverla e non cucito. Trattamento LaserTech pure così: un gran mantello, scarpe impermeabili, un cap- pelloW a larghe falde. Basterebbe guardare più a nord (o a sud). Il Ben Nevis, su in Scozia, è più spesso battuto da pioggia e venti di neve che asciugato dal sole, ep- pure i rifugi ai suoi piedi sono tutta l’estate un viavai di gente che gocciola acqua. Le guide delle Svalbard, nel gran mare Artico, ai clienti consigliano di mettersi in cammino con gli stivali, certo non di chiudersi in albergo. E in Patagonia le gite bagnate sono la norma, a stagioni invertite. Sulle Dolomiti la pioggia è un’ottima giustificazione per lo shopping, ma le PESO PIUMA tendenze stanno cambiando. E se le grandi montagne con il maltempo sono a Pesa 200 rischio e conviene lasciar perdere quando il barometro picchia in basso, gli iti- grammi nerari a quota più ridotta sono un’alternativa divertente, magari una scusa per la DiadJacket concedersi alla fine un cordiale, asciugandosi in rifugio. Quando cessano i di The North temporali violenti di luglio — sfidare i fulmini è una follia, non un piacevole Face in tessuto passatempo — la pioggerella leggera di certe mattinate di agosto e settembre HyVent è una compagna accettabile. LA STRADA GIUSTA impermeabile L’equipaggiamento non è un problema, il mercato offre ormai ogni genere È prodotta da SealLine la busta impermeabile Map e comprimibile di gadget, per salire senza pericolo di raffreddori. Il primo suggerimento arriva Case che tiene all’asciutto la carta topografica Cuciture dai gentiluomini inglesi che a metà Ottocento mettevano nel sacco le maggio- da usare per raggiungere in sicurezza la meta saldate ri vette delle Alpi: l’ombrello, in montagna, è la soluzione migliore. Magari ar- gentato, come quello di Golite (importato da Timberland), da usare anche sot- to il sole. L’alternativa è il cappello in gomma di Ortlieb (distribuito da Ri- de&Bike), copiato dai marinai norvegesi: l’azienda tedesca è una specialista della pioggia, il catalogo è un continuo duello con gli elementi atmosferici. E poi, una giacca impermeabile come l’ultraleggera DiadJacket di The North Fa- ce e la più strutturata Euro Rain Shadow di Patagonia. O ancora completi im- permeabili, pur non traspiranti, proposti da Ferrino (Spinner) o Chervò. La scelta, anche economica, è tra un tessuto che respira — ma con temperature più alte il sudore scorre comunque — o uno scudo a prova d’acqua, da portare senza tanti altri strati. A coprire tutto c’è il mantello di un tempo, perfezionato come il Todomodo di Ferrino, o quasi una tenda nella versione di Hilleberg (Bi- vanorak) che si rifà agli zimba autocostruiti dagli alpinisti francesi degli anni Trenta. Anche le calzature offrono varie opzioni: lo scarpone da alta montagna, la moderna pedula con membrana in Gore Tex, una scarpa leggera, quasi da jogging, nella quale allegramente andare a mollo. Questione di gusti. Il difficile, piuttosto, è non inzuppare il contenuto dello zaino. Arc’teryx è tra i LINEA RETRÒ pochi ad aver sviluppato una linea, la Naos, solidamente impermeabile: il sacco Ha linee d’antan è costruito in due soli pezzi, cuciture saldate, a prova d’immersione. Altrimenti, e tecnologia si stivano abbigliamento di ricambio e viveri dentro gli Storm Sack, i sacchetti leg- d’avanguardia geri e morbidi di SealLine (sul mercato italiano li porta Outback 97) disegnati su il mantello quelli analoghi da kayak. Anche la carta deve stare all’asciutto e sono ancora Or- Todomodo tlieb o SealLine a offrire buste trasparenti che impediscono ogni infiltrazione, da di Ferrino portare al collo per controllare la direzione. Si usa anche La pioggia non impedisce le traversate di più giorni, ma occorre equipaggiar- come sacco si meglio, con tenda e sacco letto. Per la prima, Salewa nel modello Avanger II ha KIT PER TUTTE LE ESIGENZE da bivacco eliminato le cuciture a favore della colla: stop alla goccia che cola sulla fronte, La borraccia Flask di Nalgene (di Ride&Bike), mentre la carezza della pioggia sul telo culla il sonno. Per il secondo, meglio pre- ha il bicchiere sul fondo, per il cordiale. Le salviette ferire alla piuma un’imbottitura sintetica. Mountain Hardwear (rappresentata in microfibra Packtowl di Msr riescono ad asciugare da Outback 97) usa il Primaloft, leggerissimo e comprimibile, per una gamma perfino quando sono fradice. Di Tissot l’orologio vastissima di sacchi: per le nostre escursioni umide il Lamina è leggero e suffi- T-Touch Trekking in titanio, con bussola, sveglia, cientemente caldo. Perché «sono felice solo quando piove», cantavano — sotto termometro, altimetro e barometro, per anticipare la pioggia — i Garbage. A mezza estate è il momento di imitarli. i cambiamenti del tempo

Repubblica Nazionale DOMENICA 5 AGOSTO 2007 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 47

L’equipaggiamento ormai non è più un problema, il mercato offre ogni genere di gadget di conforto: dalle tecno-giacche impermeabili alle tende di facile montaggio, dagli zaini termosaldati a prova d’acqua agli orologi-bussola con cui è impossibile perdersi

DA ESPLORATORE La Bering Vintage L’arte di bagnarsi con stile di Napapijri, in canapa e tela cerata, e guadare indenni i temporali è a prova d’acqua CAMMINATORI AUDACI come i bagagli Perfette per chi predilige ENRICO BRIZZI degli esploratori la camminata coi bastoncini, polari di inizio le Grisport Nordic Walking, l sapore del camminare, è risaputo, sta da mercante: alle prime gocce ci sarà chi Novecento resistenti alla pioggia, buone nel minuscolo arrischiamento cui ci si propone di ripiegare verso il paese più vi- per la neve e per il freddo Iespone: se nella vita di città misuria- cino o, addirittura, lasciando parlare il mo di malavoglia la distanza che ci sepa- terrore, di tornare indietro. ra dall’abitacolo della macchina, o dalla Premure esagerate, a meno che non vi stazione della metro, quando si cammi- troviate in alta quota. na in campo aperto non c’è altra scelta Se state semplicemente passeggiando ISPIRAZIONE SUB che affidarsi al cielo. per boschi e pascoli, lontano da vie ferra- È quasi per uso Che si presenti sgombro di nubi, o de- te e passaggi esposti, sarà sufficiente fer- subacqueo il sacco cida di arroventarsi fin dalle prime ore marsi tre minuti per indossare le cerate, della linea Naos del mattino, siamo alla sua mercé, e in sollevarne i cappucci e inforcare da capo della canadese ogni caso non vale la pena d’inquietarsi: gli zaini. Di paura si può crepare, dicono, Arc’teryx, costruito la tappa quotidiana è troppo lunga per ma di pioggia non è ancora morto nessu- in due pezzi sperare che si consumi nelle condizioni no che tu conosca. impermeabili di luce, umidità e temperatura auspicate. E quando l’acqua romberà al punto da con cuciture saldate Prima di sera il vento girerà molte volte, rendere incomprensibili le vostre stesse o sembrerà smorzarsi del tutto; il sentie- voci, e il sentiero ricorderà più che altro GITE TRANQUILLE ro si inerpicherà e conoscerà momenti un torrente giovane, allora vi sentirete La tecnologia DryonMove permette pianeggianti. Se la marcia odierna è de- bagnati fino al midollo, così fradici da alle scarpe Trezeta Apache di avere, stinata a durare venti o trenta chilometri, non fare nessuna differenza se va avanti camminando, una lieve ventilazione nessuno può dire che incontri farete, e a piovere mezz’ora o tre giorni. interna. Per escursioni soft sotto quale cielo. A quel punto, sarete pronti. Cucinati, Partite, cominciate a salire, e mentre i se preferite. In ogni caso, rotti all’espe- più esperti osservano le nuvole che av- rienza e come sollevati. volgono le cime in testa alla valle, qual- Inizierete a pensare che il temporale cun altro controlla il barometro da polso, non vi ha decapitati né squartati, e che PAESAGGI NEVOSI e fa notare con discrezione che la pres- prima o poi dovrà finire. Se il nostro itinerario sione sta scendendo a precipizio. Di solito, almeno, va così: a un certo prevede un passaggio Gli altri registrano in silenzio, si conti- punto la pioggia dirada, poi smette di su neve, le Aku Winter nua a camminare. cadere. Slope, scamosciate Va bene non parlarne, va bene non no- Se sul percorso non avrete incontrato con fodera in Gore Tex minare neppure l’evento atmosferico che capanni da legnaioli o altri ripari, realiz- più di ogni altro temete, ma se nei vostri zerete di essere gli unici animali viventi zaini trova spazio una giacca cerata anti- che non hanno cercato d’istinto un rifu- MONTAGGIO FACILE pioggia, un motivo dovrà pure esserci. gio: vi farà sentire poco animali, forse, È la prima ad essere saldata, Ognuno di voi lo conosce: è difficile di- ma parecchio uomini. O donne, natural- con tecnologia Stitch Free, la tenda menticare la paura ancestrale che ti pren- mente. In ogni caso creature capaci di te- Avanger II di Salewa. Montaggio facile de la prima volta che dal cielo cadono i ful- nacia e fedeltà a un progetto. mini, il temporale rende le pietre scivolose Ripenserete a voi stessi, a quanto era- e la meta è ancora lontanissima. vate goffi in città mentre correvate a rifu- Comunque nessuno dice niente in pro- giarvi sotto la pensilina dell’autobus o la CARICHI LEGGERI SUPERTRASPIRANTE posito. Solo una voce fiduciosa portata dal veranda d’un bar. Come venissero giù le Il Backpack Ideale per un uso vento azzarda che «forse il tempo terrà». bombe, anziché due gocce primaverili. di Mandarina intenso in condizioni Sì, pensi. Nelle favole. Se guardi giù, ver- Ne riderete, mentre dai prati di nuovo Duck, climatiche incerte so i campi, vedi le rondini volare a cerchi soleggiati si leva il vapore della terra che destinato e su terreni bagnati, bassi, e il bosco ti pare pervaso da una vi- asciuga, e le farfalle escono dalle pieghe al pubblico la pedula Nitro Xcr brazione minacciosa. Non ti stupisci del bosco in cui hanno trovato ospitalità. femminile, di Scarpa, che respira quando alzi la testa e vedi che lassù, oltre le Sì, sarà una risata di soddisfazione e un disponibile grazie alla fodera volte degli abeti, il cielo sta perdendo luce. fitto chiacchierare, ad accompagnare anche in Gore Tex Xcr Presto o tardi, comincerà a venir giù, e l’arrivo della marcia odierna: anche que- in versione sarà come tutte le altre volte. Un danna- sta sera, giù al paese che non avete mai vi- argento, to problema, finché ci sei sotto, ma già sto ma al quale già pensate come a casa, contiene stasera ne sorriderete, e domani il tem- sfilando i vestiti grondanti in attesa d’u- il necessario porale che vi sta per inghiottire sarà sol- na cena ristoratrice, potrete dirvi che per camminate tanto una storia da raccontare. non è bastato un temporale a mandare brevi Niente tragedie, quindi. Piuttosto c’è alla deriva il vostro viaggio. da preparare un grosso paio di orecchie © Enrico Brizzi 2007

Repubblica Nazionale 48 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 5 AGOSTO 2007 l’incontro Vite da palcoscenico Da piccolo si arrangiava facendo lo “sciuscià novarese”, da ragazzo schivò la carriera di notaio quando, leggendo un contratto, incontrò per la prima volta un pubblico Single ma “non votato Umberto Orsini alla solitudine”, amante della cucina e della lettura, uno dei più grandi attori italiani sta scrivendo un diario “intimo e impubblicabile”. Tra quei pensieri le sue vecchie angosce - “una sala vuota”- e la sua nuova “commozione di fronte ai bambini”

RODOLFO DI GIAMMARCO Per la cronaca, agli inizi della tv condu- è vero che il mestiere assorbe, soprattut- mas Bernhard quando fa dire: “Le perso- difficile, Copenaghen, Morte di un com- cevo con Veronelli la trasmissione Pri- to se non ti piace stare lì ad attendere le ne che hanno avuto un vero significato messo viaggiatoree svariati altri drammi, ROMA ma colazione a Studio Sette. Il problema scritture e ti prendi invece, come faccio nella nostra vita si possono contare sulle c’è adesso in ballo, da ottobre («fino ad attuale sorge quando per sette mesi al- io, delle responsabilità, progettando dita di una sola mano... e ad essere sin- allora porto in giro una mia personale a che cominciamo? l’anno sono in giro per teatri, e dopo la re- ogni passo, ogni spettacolo, ogni scelta ceri un solo dito basta e avanza”. Oddio, lettura di Pascoli, e parteciperò con Elio Dall’infanzia? Beh, cita arriva il momento decisivo del risto- dei partner con cui lavorare. D’altronde io credo di essere leggermente più fortu- Germano, il mio attore preferito, a un « ne ho viste di tutti i rante, e m’accorgo che ormai pochi altri nella vita privata non conosco né la soli- nato. Ho sette amici, e mi sembra che film di Francesco Paterno sulla storia di colori. Dopo aver attori s’entusiasmano per il rito della ce- tudine né la malinconia. Sono un single questo sia un gran tesoro. Arrivo a pen- Baldini, il dj che lavora con Fiorello»), il incrociatoD fascisti, nazisti e americani, na. Forse per paura di sentire noi anzia- che ha avuto storie senza mai completa- sare a loro come miei eredi. Senta que- testo Molly Sweeney dell’irlandese Brian forse sono stato l’unico sciuscià novare- ni che parliamo di un passato scono- mente dividere una casa con le proprie sta. Ogni tanto, prima di partire per una Friel, che è diventato il suo spettacolo se, nel senso che mentre la famiglia era sciuto. A tavola fa eccezione, e non ha ri- donne. Solo saltuariamente mi sono ri- tournée, faccio testamento. Di recente della stagione prodotto dall’Ert, con Va- tutta attorno a mio padre ammalato, io vali, uno come Franco Branciaroli. Indi- trovato sotto lo stesso tetto, il mio. Il fat- sono andato a ricontrollarlo. Avevo de- lentina Sperlì e Leonardo Capuano. «È la trafficavo in sigarette, le compravo dalle menticabili, ai tempi del nostro Otello, le to è che di regola sono abituato a star so- stinato a chi un quadro, a chi un oggetto, storia di una donna cieca da quarant’an- truppe Usa e le rivendevo a un bar della bevute, le scorpacciate e le discussioni lo. Posso vantarmi d’essere riuscito a a chi del denaro. Almeno cinque di que- ni alla quale un oftalmologo restituisce la città, col risultato che dall’età di dieci- infinite che ci hanno persino portato a mantenere un bel rapporto con tutte le sti amici erano nel frattempo scomparsi. vista col risultato di farla impazzire. Il re- undici anni ho sempre avuto soldi in ta- complicare, a rovinare un po’ lo spetta- donne che ho amato. Tranne una. Ma la Nessuno di loro mi aveva lasciato nien- gista Andrea De Rosa ha con intelligenza sca, anche se poi un giorno mi scivolò via colo che all’inizio era bellissimo». capisco: non sempre è facile accettare la te. Neanche un accendino. Non me la so- immerso scena e platea in un profondo il portafoglio con millesettecento lire Ha innato il senso del bello. Ci tiene ai mia fermezza nel chiudere una relazio- no presa. Ho rifatto testamento, e ho buio per metà lavoro, e finché la donna è dentro, e corsi subito a comperarmi i dettagli dell’arredo, del vestire, dell’e- ne quando sento che il legame s’è esau- spostato su altri quello che avevo attri- cieca si sentiranno solo le nostre voci, in pantaloni alla zuava, chiusi alle caviglie, sprimersi, delle messe a punto del lavo- rito. E comunque ho sofferto anch’io, buito ai defunti. Mah, spero di morire modo che anche gli spettatori siano co- per evitare altre sciagure del genere». Le ro. «Una questione sia di istinto che di quando sono stato lasciato. Perché l’a- prima dei destinatari, così non vedo co- stretti ad acuire gli altri sensi». Rifiuta combinazioni della memoria di Umber- scuola, il sentire a pelle la bellezza. Me more è sempre importante. E non smet- me va a finire». qualsiasi premio alla carriera («niente to Orsini vanno di pari passo con le pagi- l’hanno insegnato De Lullo, Visconti, to mai di sentirmi attratto. E non mi sen- Ha preso una piega inaspettatamente celebrazioni, sono in attività»). Conosce ne di una specie di diario («impubblica- Zeffirelli, Ronconi e via via i registi fino ai to affatto ridicolo quando mi accompa- scettica, il discorso, ma basta un niente, una sola angoscia («la sala vuota. All’Eli- bile, intimo, fatto anche di ciò che non più recenti (vabbè, cito anche Lavia, gli gno a una donna più giovane di me». basta evocare un terreno di disputa, un seo di Roma, dove ho un record di tren- direi mai») che lui butta giù a molta di- voglio bene, anche se lui non mi cita Amante dell’indipendenza, schivo campo da gioco, una forma di competi- totto spettacoli fatti, mi basta sentire il stanza di tempo dagli avvenimenti. mai). Resta bello ciò che contiene, che nelle esternazioni, misurato anche nelle zione e subito l’interlocutore Orsini, rumore del pubblico con l’interfono del «Scrivo rivolgendomi a un’attrice imma- trasmette dei valori: questa per me è l’u- amicizie? «Temo che abbia ragione Tho- classe 1934, si fa vitale, tattico, combatti- camerino»). Ha avuto una sola enorme ginaria per non dimenticare, e mi riaffio- tilità del teatro, non parlo di necessità vo. La pietra di paragone fra lui e il mon- perdita («quella di Corrado Pani. Un fra- rano alla mente cose strane, la raccolta politica o etica. Io parlo da attore bor- do si chiama “tennis”. «Mi piace chi rie- tello. Mi telefonava alle nove del mattino dei chicchi di grano per fare il pane, i ba- ghese (la definizione mi sta bene) adatto Avevo destinato sce a rimandarmi la palla più veloce- per chiedermi semplicemente come gliori lontani della guerra, l’occhio di ve- più al dramma che alla tragedia, da atto- mente di come gliel’ho mandata. Cerco stavo. E preferiva si parlasse di calcio e di tro di mio padre, le rane delle risaie, e poi re attaccato al senso della parola, una pa- nel testamento sempre di gareggiare con chi sa il fatto Borsa»). Non ama guidare («una perdita via via sentimenti insospettabili». rola anche molto piena di fiato, suono e suo, così come cerco di avere accanto a di tempo. Scelgo il treno, dove si può leg- Ha il culto della lettura. Due giornali al vibrazione — non so se l’ha detto Car- me attori bravi, anche più di me (rico- gere o dormire. Prima prendevo la se- mattino (la Repubblica e il manifesto), melo Bene ma una cosa del genere deve a chi un quadro, nobbi subito la superiorità di Volontè, ai conda classe per non sentire i cellulari»). più Le Mondeil giovedì, e il Sunday Time; averla detta». Qualche volta è stato ladro tempi dell’Accademia). Bizzarro o no, Ha misurati pensieri spirituali («li avver- di pomeriggio scorre testi teatrali o sag- di talenti altrui, Orsini, e lo ammette. «Ol- a chi del denaro adesso con la racchetta batto tutti quelli to se li leggo o li sento da altri»). Ha preoc- gistica («filosofia e fisica, soprattutto»); e tre ai miei registi maestri, ho strappato che prima mi superavano. Miglioro io? cupazioni politiche («questa sinistra alla sera si butta sulla narrativa («leggo qualcosa a Gianni Santuccio, ho impa- Almeno cinque Peggiorano gli altri? Chissà. Eppure vado meritava di più, ma è il Paese che mi fa sempre un’ora, a qualsiasi ora vada a let- rato dalle improvvisazioni della Morico- sempre in cerca di chi ci sappia fare più paura, più che la politica»). Ha la co- to, anche alle cinque della mattina, an- ni, ho spiato la comunicativa di Luca De di questi amici di me. Poi magari m’incazzo, o m’inchi- scienza abbastanza a posto («non ho che dopo aver fatto l’amore»). È un arti- Filippo col pubblico. Per quanto io oggi no. Vittorio Gassman era abbastanza commesso errori davvero dannosi per sta cui piace cucinare facendo tutto da mi reputi tra quelli che ci sanno fare, con bravo, ma io me la cavavo di più, eppure me o per gli altri»). E ci tiene a fare anco- sé. «Da papà che gestiva una mensa e da sforzo e con umiltà arrogante, sono poi il erano nel frattempo una volta al Villaggio Tognazzi mi di- ra una precisazione sul tipo di vita che si mia madre che era cuoca ho ereditato il primo a dire che da giovane non avevo strassi e lui mi vinse, e io finii per com- è scelta: «Non sono votato alla solitudi- gusto della cucina, e so far da mangiare nessuna vocazione per il mestiere del- morti. Nessuno mi muovermi alla vista del piacere che gli ne. Dico solo che è più sopportabile, più anche in modo raffinato. Mi piace con- l’attore». E rivela una coincidenza curio- avevo dato». comodo vivere da soli. Col conforto, con quistare coi miei piatti, nella convinzio- sa. «Stavo per diventare notaio a Novara, aveva lasciato niente Però. Orsini scosso da una coinciden- l’affetto, con la confidenza di altri che ne che in amore l’importante è nutrire. dove sono nato. Oggi sarei stato molto za umana. Allora c’è spazio per le emo- puoi chiamare in ogni momento». ricco, avrei avuto una famiglia e dei figli. zioni... «Come no. Uno dei momenti più Ma il destino volle che il notaio presso il semplici e poetici che m’abbia toccato quale facevo pratica si sottopose a un’o- l’anima l’ho conosciuto in Urlo di Pippo perazione alla gola, e allora gli atti in pre- Delbono, quando dopo tanti scambi di senza dei contraenti dovetti leggerli io. idee per contaminarci (io e lui con quel Quella clientela fu il mio primo vero pub- quaderno di appunti potremmo fare ‘‘ blico. Suscitavo un’attenzione insolita. uno spettacolo a parte) s’è deciso che in Le ragazze dello studio s’accorsero di co- scena avrei anche giocato a calcio con me tutti m’ascoltassero volentieri per la Bobò, con una palla di stracci. Ho senti- bella voce, e mi consigliarono di fare l’at- to un’impressione rara. E le confesserò tore. Allora scesi a Roma, feci l’Accade- un’altra cosa. Ora, come prima mai era mia, ebbi addosso gli occhi della Com- accaduto, mi emozionano i bambini. In pagnia dei Giovani e dopo due anni de- aereo da Parigi a Verona stavo preparan- buttai nel Diario di Anna Frank. È anda- domi un recital e un marmocchio di due ta così. Vanità, fortuna, incontri giusti. anni, accanto a me con la madre, m’ha Mettiamoci pure un qualche charme, e riempito di pappa il copione, eppure un talento naturale». sorridevo. E quando alla fine delle repli- È un grande parlatore, Umberto Orsi- che romane del Nipote di Wittgenstein di ni, e quasi non si fa fare domande, e cam- Bernhard è salito a sorpresa in palcosce- bia marcia da solo, e ammette il proprio nico il figlioletto della mia amica Valen- narcisismo, le fissazioni, le fatalità, il bi- tina Sperlì portando dei fiori, mi sono sogno di stare solo. «Un attore deve esse- messo a piangere». re sterile e orfano. Lo diceva Santuccio. Per l’attore protagonista di Servo di Io non la penso completamente così, ma scena, Un marito, Non si sa come, L’uomo FOTO OLYCOM ‘‘ Repubblica Nazionale