Città Con il contributo di Torino dell'Assessorato Assessorato all'Istruzione e Cultura della Regione per Piemonte la Cultura Rai Radiotelevisione Italiana Sede regionale per il Piemonte lunedì 14 settembre 1981, ore 21 Auditorium Rai

Orchestra Sinfonica e Coro di Torino della Rai Fulvio Angius, maestro del coro Gianandrea Gavazzeni, direttore In occasione del cinquantesimo anniversario della fon­ dazione della Orchestra Sinfonica e Coro di Torino della Rai-Radiotelevisione Italiana

SETTEMBRE MUSICA Il concerto di questa sera si inserisce nelle celebrazioni del cinquantesimo anniversario dalla fondazione dell'Or­ chestra Sinfonica di Torino, prima formazione del genere fra le orchestre della Rai. Con il collegamento delle varie emittenti già esistenti nel nord d'Italia, nel 1931 il Consi­ glio d'Amministrazione decise di riunire a Torino, Sede della Direzione Generaledell'Eiar, i duecomplessi minori che avevano operato fino ad allora a Milano e a Torino e di formare così una sola Grande Orchestra Sinfonica, af­ fiancata pochi mesi più tardi dal Coro. Accanto alla funzione preponderante di partecipare a trasmissioni radiofoniche, per tutto il 1932 furono orga- nizati, per conto della società petrolifera "Standard Oil Company", concerti pubblicitari. Dall'inizio del 1933 infi­ ne si diede vita alle Stagioni Sinfoniche Pubbliche che subirono un'interruzione soltanto nel periodo del trasfe­ rimento dell'Orchestra a Venezia, negli anni 1942-43 e 1944 a causa degli eventi bellici. Il Concerto inaugurale ebbe luogo il 6 gennaio 1933, al Teatro di Torino, acquistato appositamente dall'Eiar, per dare un'adeguata sede della nuova orchestra. stesso dirigeva il programma della serata odier­ na. Ottorino Respighi (1879 - 1936)

Trittico botticelliano per piccola orchestra La primavera L'adorazione dei magi La nascita di Venere

Gli uccelli, suite per piccola orchestra Preludio La colomba La gallina L'usignuolo Il cuccù

Maria Egiziaca. Mistero. Trittico per concerto Maria Susanna Ghione, soprano Il pellegrino e l'Abate Zosimo Alessandro Corbelli, baritono Il marinaio e il lebbroso Vito Gobbi, tenore Un compagno, la cieca e la voce dell'angelo Maria Grazia Audano, soprano L'altro compagno e il povero Lucia Rizzi, mezzosoprano

poesia di Claudio Guastalla Con ¡I termine "generazione dell'Ottanta" si intende un gruppo di musicisti accomunati, oltre che da corrispon­ denze anagrafiche, dal desideriodi rinnovamentodell'ar- te musicale italiana nei primi decenni del nostro secolo. I componenti del gruppo, Franco Alfano, Alfredo Casella, Gian Francesco Malipiero, Ildebrando Pizzetti e Ottorino Respighi (Bologna, 1879 — Roma, 1936) furono i princi­ pali oppositori del melodramma come "unico" genere musicale. Lo strapotere del teatro musicale lungo tutto l'Ottocento e nei primi anni del nuovo secolo aveva impe­ dito valide alternative in campo strumentale; il gruppo dell'Ottanta, con diverse e personali modalità per ogni componente, rivendicò la grande tradizione strumentale italiana preottocentesca, e nello stesso tempo propose forme teatrali affatto differenti dal Verismo allora impe­ rante. Proprio Respighi, accettando e rivivendo le grandi con­ quiste orchestrali degli anni attorno al 1900 (Strauss e Debussy, principalmente) nei suoi poemi sinfonici, seppe contemporaneamente partecipare ad altri "temi" innova­ tori comuni tra quelli dell'Ottanta: rinnovamento delle forme teatrali, rifacimento stilistico — ne è esempio pale­ se la suite Gli uccelli — di autori preromantici, predilezio­ ne (soprattutto nell'ultimo periodo) per un melodizzare gregorianeggiante o comunque dal sapore modale. II passaggio dalla cosiddetta fase "romana" a quella "gregoriana" non rappresenta una vera e propria inver­ sione di tendenza nella produzione di Ottorino Respighi, come in realtà sempre avviene quando si tenti di circo­ scrivere a posteriori l'attività di un artista con semplici e semplificanti aggettivi. Vero è però che dopo la fase dei lussureggianti poemi sinfonici — significativamente iniziata dalleFontane di Roma (1916), il brano più fortunato del primo periodo — e durata grosso modo il decennio seguente, subentra ai predominio della sensualità dannunziana, alla efficace sintesi orchestrale delle esperienze di Rimskij-Korsakov, Strauss e Debussy, la tendenza ad una maggiore sobrietà d'ispirazione, in una ricerca verso valori musicali arcai­ cizzanti in genere, ed a volte con precisi riferimenti al patrimonio gregoriano. Come trait d'union, mai interrot­ to, tra l'uno e l'altro aspetto, sta l'estrema abilità del Respighi strumentatore ed orchestratore: la parentela di un comune smalto scintillante colma buona parte delle differenze che a prima vista potrebbero sembrare notevo­ li. Condividendo il descrittivismo, l'impressionismo natura­ listico e la ricerca ambientale dei poemi sinfonici, ma senza la caratteristica magniloquenza di quelli, Tritticoil botticelliano (1927) si situa cronologicamente quasi co­ me spartiacque tra i due periodi. Durante una tournée statunitense, e precisamente il 21 febbraio del '27, visi­ tando la Biblioteca del Congresso a Washington, nasce l'idea di una nuova composizione ispirata a tre quadri del Botticelli, poi dedicata alla mecenate Elisabeth Sprague Coolidge. L'accostamento con la delicata pittura di Sandro Botticelli invita Respighi ad una naturale condensazionedell'orga- nico strumentale, ridotto a flauto, oboe, clarinetto, fagot­ to, corno, tromba, triangolo, campanelli, celeste, arpa, pianoforte e quintetto d'archi. Il primo dipinto oggetto d'attenzione è l'allegoria de La Primavera-, trilli delicati, sottili trasparenze della stru­ mentazione, accenni a ritmi di danza suggeriscono il ri­ cordo della sublimazione delle figure, con un paritario equilibrio, tra musica e pittura, dell'architettura formale. Una cullante siciliana, introdotta dai timbri nasali di fa­ gotto ed oboe, è la parafrasi musicaleóq \VAdorazione dei Magi, in cui affiorano con evidenza le propensioni respi- ghiane per il linguaggio modale, soffuso di tenue malin­ conia, accanto alla citazione, nel finale, di una celebre cantilena natalizia. La nascita di Venere, che conclude il trittico, si basa sulla ininterrotta scansione di un caratteristico ritmo puntato — le onde del mare — da cui scaturisce, tramite i violon­ celli, un canto dal sapore ancora nettamente modale.

Gli uccelli, suite per piccola orchestra.

Tra le componenti più comuni del rinnovamento della musica strumentale italiana di cui, agli inizi del nostro secolo. Respighi fu uno dei promotori, nella suiteGli uccelli ne sono presenti particolarmente due: il rifaci­ mento stilistico e l'amore per l'arte preromantica. L'intenzione descrittiva oscilla tra l'onomatopea e la sa­ piente trasfigurazione orchestrale di un testo preesisten­ te; l'approccio al linguaggio degli animali, insomma, ha intenzioni pittoriche, e non segue certamente la strada proposta da altri autori posteriori (si pensi a Messiaen) di una ricerca esauriente e scientifica sull'argomento. Divisa in cinque parti, la composizione si apre con un Preludio tripartito, ispirato a due arie di Bernardo Pasqui- ni (1637-1710) grande organista, clavicembalista e com­ positore: la prima, di carattere solenne e pomposo, è un allegro moderato che inizia e conclude la pagina; la se­ conda, nella parte centrale, è una sorta di pastorale in cui compaiono le anticipazioni del terzo e del quinto brano della suite. Ad una pagina del liutista francese Jacques de Gallot (seconda metà del XVII secolo) è invece ispirataLa Co­ lomba.: un gruppo di cinque note ribattute — poi trasfor­ mato in un tremolo — ne è la sigla, presentata inizialmen­ te dai violini primi, e poi circolante per lo strumentale che, oltre agli archi, comprende qui flauto, oboe, due clarinetti ed arpa. Senza arpa, ma con due fagotti e due trombe, il terzo brano richiama con discrezione il verso della gallina da un celebre brano cembalistico di Jean Phlippe Rameau (1683-1764): La Poule, diciottesimo delleNouvelles Sui- tes de Pièces de Clavecin, mentre il successivo,L'Usi­ gnuolo, è tratto da un anonimo inglese del XVII secolo. Sul disegno ostinato degli archi, sono i corni, il fagotto, i due clarinetti, il flauto e l'ottavino, con qualche breve passo della celeste, che intessono, rispondendosi a vi­ cenda, frasi non prive di caratteri imitativi. Assolutamente inconfondibile è il caratteristico verso del Cuccù (terza minore discendente), presente in numerose pagine della storia musicale, ed in questo caso preso come spunto da Respighi per una vivace rielaborazione della celebreToccata con lo scherzo del Cucco, ancora da Pasquini: efficace testimonianza, come del resto tutta la suite, della maestria respighiana della strumentazione. La composizione è chiusa, in diversa veste orchestrale, dalla ripresa dell'allegro moderato che apriva la suite.

Maria Egiziaca, Mistero di Claudio Guastalla. Trittico per Concerto.

Nell'estate del 1929 Respighi si trovava a Buenos Aires per dirigere -, inaugurando con alcuni concerti di sue musiche la sala della Società wa­ gneriana locale, promise di scrivere e riservare ad essa la prima rappresentazione di una nuova " da concer­ to": la futura Maria Egiziaca (la "prima" in realtà ebbe poi luogo a New York, Carnegie Hall, 16 marzo 1932). Che cosa Respighi intendesse con tale termine ("da con­ certo") lo chiarirà, forse anche a se stesso, negli incontri dei mesi successivi con l'amico e librettista Claudio Gua­ stalla: una breve opera, con estrema semplificazione di personaggi, scene, costumi e orchesta. I contenitori del materiale sarebbero stati il basamento di tre semplici "quadri" — come un trittico pittorico — davanti ai quali (anziché "dentro") si sarebbe svolta l'azione. Senza un apparato scenografico cosi semplice e poco vincolante; l'opera avrebbe potuto agevolmente essere eseguita an­ che in forma oratoriale, nelle sale da concerto. Tutto ciò suggerì a Guastalla il legame con le sacre rap­ presentazioni, ed attingendo dalle Vite dei santi padri di fra' Domenico Cavalca per tracciare gli episodi della vita di Maria Egiziaca, tentò di conservare quanto possibile lo stile letterario del trecentista pisano: fatto che generò non poche discussioni sull'opportunità di conservare l'antico linguaggio. Il libretto si sposa però efficacemente con le intenzioni musicali respighiane: la staticità dei "quadri viventi" rivi­ ve nella linearità del diatonismo, nella trasparenza della strumentazzione, nella sobrietà della declamazione. Nella versione scenica due Angeli danno inzio alla rap­ presentazione aprendo i portelli del trittico: nel porto di Alessandria un giovane Marinaio canta; Maria lo ascolta e lo prega di lasciarla imbarcare per il prossimo viaggio: uno strano desiderio la spinge ad abbandonare la vita abituale. Dal Pellegrino che viene per imbarcarsi sa che la destinazione è la sacra terra di Soria; Maria non ha di che pagare il viaggio, ed offre il suo corpo come prezzo ai marinai. Il Pellegrino la respinge sdegnato, ma essa rie­ sce a sedurre il pilota ed i marinai ed a farsi accettare per il viaggio. Segue l'Intermedio primo, una pagina solo orchestrale in cui si descrive, per dirla con la didascalia tratta dal testo di Cavalca, il viaggio ricco di "avolteri ed altre cattive e laide cose". Nel secondo episodio la nave è ormai giunta a destinazio­ ne: un lebbroso ed un cieco entrano nel Tempio, da cui si ode un canto di esaltazione della Croce. Accompagnata da una Cieca giunge Maria: tenta anch'essa di entrare, ma è fermata prima dal Pellegrino, che la respinge, ed a cui Maria tenta inutilmente di opporsi, trattenuta com'è da una forza misteriosa; infine l'apparizione di un Angelo raggiante segna il pentimento e la conversione della don­ na. L'Angelo le annuncia la penitenza nel deserto, necessa­ ria per la purificazione, ed essa entra finalmente nel Tempio, da cui riprende a levarsi il canto. Il secondo intermezzo, iniziato sullo spegnersi del canto corale, rappresenta la solitudine nel deserto, in cui Maria passò molti anni in espiazione dei peccati. Nell'episodio finale Maria, ormai vecchia e morente, si presenta all'abate Zosimo, a chiedere l'assoluzione: egli la benedice, un coro lontano loda il Signore, e i due Angeli richiudono i pannelli del trittico, mentre Zosimo partecipa all'inno finale. L'elemento mistico è dunque predominante; ma la parti­ tura sembra conservare memoria del gregoriano secondo quei caratteri già presenti in altre pagine(Adorazione dei Magi del Trittico, le Vetrate di chiesa, qualche tratto dei Pini, ecc.), cioè con libertà, rivestendo di intensità emoti­ va anche, se non di più, gli aspetti umani della vicenda: la ribellione di Maria al Pellegrino, la canzonedel Marinaio, la breve pagina della Cieca. Il canto liturgico non è riesumato archeologicamente, ma è trasfigurato, libero da citazioni testuali, nel complesso e composito insieme di elementi che costituisce la polifor- me personalità di Respighi.

Giorgio Pugliaro "La Gazzetta del Popolo" 6 gennaio 1933

Musica Sinfonica, Teatrale e da Camera, Oratori, ecc: Concerto inaugurale della stagione sinfonica dell'Eiar al Teatro di Torino con musichedi Ottorino Respighi, dirette dall'autore.

"La Gazzetta del Popolo" 7 gennaio 1933

Il Concerto Respighi al Teatro di Torino La "Suite" degli Uccelli, il Trittico botticelliano, Maria Egiziaca: programma respighiano molto rappresentativo e ben compilato: di esso il pubblico torinese già conosce­ va le due opre orchestrali; il trittico per concerto, compo­ sto sul "Mistero" di Claudio Guastalla, non eseguito pri­ ma d'ora a Torino, vi riebbe ieri le oneste e liete accoglien­ ze già riserbategli a Roma dal pubblico dell'Augusteo e a Venezia, lo scorso settembre, da quello del Festival inter­ nazionale della musica. La qual generalità e persistenza di favorevole successo! il Trittico fu pure molto bene accolto a Nuova York, nella sua prima esecuzione) si spiega perfettamente per le notevoli virtù di eloquenza dell'opera, per le sue qualità di immediatezza espressiva, per la facilità di comprensione creata da una trattazione magistralmente equilibrata del­ la parte vocale e di quella sinfonica. Appunto sul pregio della vocalità dell'espressione, sulla bellezza della "paro­ la musicale" giova insistere per mettere in evidenza il valore di quest'opera, la più ricca e completa, forse, fra quante ci fu dato sinora conoscere della produzione re- spighiana. Tutto il Trittico ha una sua atmosfera mistica che avvolge suggestivamente le tre parti, componendole, pur attra­ verso lo svolgimento degli episodi, in bella unità; più commossa forse, e ricca di una più viva ed immediata eloquenza, la seconda, culminante nell'appassionata, fervida e nobilissima invocazione di Maria dinanzi alla soglia del tempio. Ottima l'esecuzione, mirabilmente sonora etemprata per ciò che riguarda la parte sinfonica e corale; eccellente­ mente realizzata, nella parte di Maria Egiziaca, dalla si­ gnora Iva Pacetti, soprano di ampia e bella voce, cantatri­ ce e attrice espressiva ed efficace; buon contributo vocale e nobiltà di atteggiamento diede il baritonoTagliabuealla parte del Pellegrino e dell'abate Zosimo; fece pure assai bene il tenore Sernicoli nelle parti del Marinaio e del Lebbroso; sostennero le parti minori le signorine Olivero ed Ungaro. L'esecuzione scenica fu inquadrata sullo sfondo dei pannelli del trittico, suggestivamente e sobria­ mente richiamanti l'ambiente delle tre parti del lavoro: l'imbarco della peccatrice Maria, la soglia del tempio, la caverna dell'eremita. L'esecuzione delle due composizioni orchestrali riuscì di una rara preziosità; il maestro Respighi ottenne dall'ec­ cellente orchestra dell'Eiar raffinatezze d'esecuzione e purezze d'amalgama veramente mirabili. Teatro gremito, molti applausi ad ogni parte del program­ ma.

"La Stampa" 7 gennaio 1933

Il Concerto Respighi al Teatro di Torino S'è riaperto iersera il Teatro di Torino per l'annunciata serie di sedici concerti sinfonici organizzati dall'Eiar. Diri­ geva Ottorino Respighi e la serata era dedicata a musiche di lui. Con vivo compiacimento furono riascoltati Tritticoil botti- celliano e Gli Uccelli. Nei pannelli rievocanti la Primave­ ra, tutta fremente, palpitante, aerata, gioiosa, desiderosa; l'Adorazione dei magi, umile e anche in pocopomposetta, intessuta con cantilene e con modi pregni di un tardo gregoriano, quello della Missa de angeiis, per esempio e con reminiscenze di piane laudi e canzoncine affettuose e indimenticabili, come quella che fu pure cara al Liguorini "Tu scendi dalle stelle"; la Nascita di Venere estrosa e pura; nei tre pannelli, dicevamo circola una gagliarda vita sinfonica, che amalgama e tempera gli arcaismi sugge­ stivi e le preziose modernità con la maestria che è propria del Respighi ¡strumentatore. Anche gustosa riapparve la Suite sei settecentescaGli Uccelli ; una ¡strumentazione tanto virtuosa quanto ingegnosa; il preludio di B. Pasqui- ni, nel quale il quartetto ha la pastosa pienezza sonora d'un concerto grosso;La colomba di Gallot e La gallina di Rameau, in cui il caratteristico spiritodelTimitazionedel­ la natura, caro a quei dipintori e razionalisti, venne ora rafforzato dagli espedienti orchestrali, ora quasi ironizza­ to attraverso bizzarre risorse timbriche; e nel confronto con siffatti pezzi parvero più ricchi di contenuto e più solidi e compatti VUsignuolo d'un anonimo inglese e il Cuccù di B. Pasquini. Nuova per Torino era la Maria Egiziaca, il trittico per concerto che abbiamo già largamente descritto. Esso ci sembra la miglior opera teatrale del Respighi, conside­ rando specialmente i rapporti fra le voci e gli ¡strumenti, l'azione, la parola e la musica. Qui l'autore pregiato di tante liriche per canto e pianoforte, liriche nelle quali la declamazione o la melodia vocali spiccano nitidamente accanto alle espressioni strumentalistiche, ha ritrovato sia in un plastico recitativo, sia in parecchi ariosi le pro­ porzioni interne ed esterne delle arti accomunate. Ben­ ché l'interesse della parte ¡strumentale sovente prevalga su quello del dramma intimo e della scena raffigurata, donde una prolissità specialmente notevole nella chiusa, non manca l'adesione degli elementi che concorrono all'opera. Sempre operosa e varia la strumentazione e ricca di episodii. Fra i caratteri s'affermano quelli del Pellegrino e dell'Abate, Più decisi gli accenti di Maria, allorché aspira alla redenzione e ancora sente il peso delle colpe. E però risultano convinte e toccanti le pagine "Che faremo, anima mia" e l'invocazione all'angelo e quella che comincia "Non son degna". Di questa breve opera furono interpreti accurati la Pacet- ti, il Tagliabue, il Sernicoli, la Olivero, la Ungaro. I cori dell'Eiar erano stati istruiti dal Salvagedo. L'orchestra, adusata nella pratica ininterrotta, al necessario affiata­ mento, suonò efficacemente, brillantemente, sotto la di­ rezione del maestro Respighi, il quale fu calorosamente applaudito e festeggiato, a.d.c.

« ■ Stampa: Pozzo Gros Monti - Moncalieri