Festival internazionale del cinema e delle arti Associazione culturale Anno uno

Presidente Paolo Bertagni

Vicepresidente, coordinamento Mila Lazi ć

Direttore Sergio M. Germani

Consiglieri Chiara Lamonarca Olaf Möller Dario Stefanoni

in copertina Daliah Lavi in una foto di scena di Il demonio di Brunello Rondi, produzione Titanus (Collezione Anno uno). I mille occhi / The Thousand Eyes Festival internazionale del cinema e delle arti / International Arts and Film Festival XIV: Apparizione Trieste, Teatro Miela, 18 ‡23 settembre 2015 Anteprima a Roma, Cinema Trevi - Cineteca Nazionale, 15 ‡16 settembre 2015

il festival dell’Associazione Anno uno con il contributo di con il patrocinio di

project partners con la collaborazione di La Cineteca del Friuli, FIAF – Archivio Cinema del Archivio nazionale Cinema d’Impresa, Ivrea Friuli Venezia Giulia, Gemona (UD) Archivio Storico del Cinema Italiano, Roma Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Cinema Sud, Avellino Nazionale, Roma Cineteca Bruno Boschetto, Torino Cineteca Bologna, Bologna Cineteca Italiana, Milano Fuori orario - RAI 3, Roma Contemporary Films, London Cinemateca Portuguesa-Museu do Cinema, Lisboa Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung, Wiesbaden Niki Charitable Art Foundation, Santee, CA. Istituto Luce, Roma Archivio nazionale cinematografico della Resistenza, Lab80, Bergamo Torino LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) L’Officina Film Club, Roma Museo Nazionale del Cinema, Torino Penny Video, Roma Ripley’s Film, Roma Goethe-Institut Triest, Trieste Rosa Filmes, Lisboa Associazione Casa del Cinema di Trieste Schamoni Film & Medien, München AFIC, Associazione Festival Italiani di Cinema Stiftung Deutsche Kinemathek, Berlin

fuori orario cose (mai) viste c

casadelcinema .trieste

schamoni film ideazione, ricerche e messa in scena catalogo a cura di Sergio M. Germani Simone Starace, Dario Stefanoni con contributi di con la collaborazione al programma di Fulvio Baglivi, Sergio M. Germani, Mila Lazi ć, Fulvio Baglivi, Ciro Giorgini, Livio Jacob, Mila Lazi ć, Maurizio Radacich, Alice Rispoli, Giancarlo Stampalia Olaf Möller, Jackie Raynal, Alice Rispoli, Simone Starace, Dario Stefanoni, Roberto Turigliatto grafica e impaginazione Cristina Vendramin coordinamento e promozione Giulia Pigato stampa Poligrafiche San Marco, Cormons movimentazione Elisa Bonazza traduzioni collaborazione ricerca copie Elena Beltrami Benedetta Cericola, Sara Cortese, Anna Damian, Paola Pisani, Margherita Sgorbissa, Simone Starace, ufficio stampa - comunicazione online - Anna Tauzzi, Erica Verardi realizzazioni video Francesca Bergamasco interpreti assistenti ufficio stampa e comunicazione Biljana Sara Cortese, Anna Damian, Nancy Reis, Bujuklieva, Cristina Di Gleria, Giulio Fragiacomo, Claudia Testagrossa Valentina Giani, Dario Stefanoni, Francesca Tominz, proiezioni Massimiliano Vaccaro (digital communication officer) Paolo Venier assistente realizzazione video Sabrina Zuccato sottotitoli ospitalità Evelyn Dewald Caporali Zoe Francescutto, Andrea Chenich assistente sottotitoli coordinamento operativo e amministrativo Anna Tauzzi Giada Scaini sito internet Zenmultimedia premio Anno uno realizzato da Stefano Coluccio, Canestrelli - Venice Mirrors, Venezia assistenza informatica Stefano Biloslavo accoglienza e collaborazione operativa Ilenia Baldassini, Miriam Bresolin, Alan Calianno, selezione vini e omaggi ospiti offerti da Andrea Cendach, Laura Cesaro, Silvia Contorno, Azienda agricola Škerk, Trieste Cristina Di Gleria, Francesco Di Martino, Matteo Barone S.r.l., Sežana SLO Falluca, Simone Frausin, Salvatore Frisina, Sara Pasticceria Giudici, Trieste Iurada, Francesco Lucchi, Francesca Marzotto, Andrea Mazzani, Giovanni Palumbo, Sofia Perich, Federico Pigato, Giorgio Pigato, Owen Polito, Jesus Rivero, Marta Rossini, Irene Sorianini, Claudia Testagrossa, Dario Tommaselli, Beatrice Anna Piccozzi Valenta, Rosa Vassallo, Francesca Velcich, Sara Velcich, Filippo Zoli media partners collaborazione tecnica e logistica Raoul Galli fotografa Betty Maier videomaker Paolo Battigelli, Elisa Bonazza, Gianluca Caprara, Davide Lucatello, Arianna Vietina Si ringraziano Karen Chicue di Dream Team, Trieste Laura Bilucaglia di B&B Atelier Lidia Polla tutti i cineasti e i produttori dei film in programma, tutti gli autori e gli editori dei testi pubblicati, si ringraziano inoltre tutti i partecipanti agli incontri, Francesca Alessandrini, Adriana Anastasio, Adriano Aprà, Chiara Barbo, Giovanni Barbo, gli enti sostenitori Maria Teresa Bassa Poropat, Sara Bergamasco, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Hari Bertoja, Guido Botteri, Isidoro Brizzi, Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali Maurizio Cabona, Sara Cannarella, Francesco project partners e collaboratori Cappellotto, Jennifer Cavi, Marco Cecchini, CINETECA DEL FRIULI – A RCHIVIO CINEMA DEL FRIULI Dubravka Cherubini, Piero Colussi, Sergio VENEZIA GIULIA Crechici, Tonino De Bernardi, Piero Del Giudice, direttore Livio Jacob Giuseppe Faggiotto, Beatrice Fiorentino, Erik servizio film Elena Beltrami, Alessandro De Zan Frieden, Maddalena Giuffrida, Gabriele Giuli, si ringraziano per la collaborazione Piera Patat, Massimo Greco, Federica Gregori, Igor Giuliana Puppin, Ilaria Cozzutti, Ivan Marin Kocijan čič, Giulio Lauri, Sara Leggi, Paolo Lughi, Luca Luisa, Lawrence Montaigne, Chiara Omero, CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA – Tullio Ortolani, Federico Poillucci, Valentina CINETECA NAZIONALE Ricci, Nicoletta Romeo, Gianni Sadar, Martina direttore generale Marcello Foti Saravo, Bruna Scaggiante, Graziella Scotese, direttore Gabriele Antinolfi Francesco S. Slocovich, Paolo Speranza, Paola conservatore Emiliano Morreale Sponda, Ivo Tence, Daniele Terzoli, Sergio diffusione culturale e programmazione Laura Argento Toffetti, Fulvio Toffoli, Gianni Torrenti, Renata si ringraziano per la collaborazione Toson, Baldo Vallero, Giorgia Venturoli, Gary Juan Del Valle, Maria Coletti, Domenico Monetti, Vanisian, Antonella Varesano, Deborah Viviani, Luca Pallanch, Annamaria Licciardello, Nikolas Paul Weiss, Denis Zanette, Acid Frog e Fulvio Baglivi, Franca Farina, Alberto Guerri tutti coloro che hanno partecipato al promo 2015 CINETECA BOLOGNA e direttore Gian Luca Farinelli Caffè Teatro Verdi, Caffè degli Specchi, Ristorante archivio Andrea Meneghelli, Carmen Accaputo 040 Social Food, Social Pizza, Gelateria Marco, FUORI ORARIO Dream Team, Hotel Abbazia, B&B Amelie, B&B enrico ghezzi, Roberto Turigliatto, Fulvio Baglivi, Atelier Lidia Polla, Affittacamere Loukas, B&B Al Donatello Fumarola, Lorenzo Esposito Ponterosso, B&B Santa Caterina, Libreria Lovat

L’O FFICINA FILM CLUB Cristina Torelli, Paolo Luciani

ARCHIVIO NAZIONALE CINEMATOGRAFICO DELLA RESISTENZA Paola Olivetti

Alexandra Hagemann di Goethe-Institut Triest Matteo Pavesi di Cineteca Italiana Claudia Gianetto di Museo Nazionale del Cinema Angelo S. Draicchio, Cristina D’Osualdo di Ripley’s Film Francesco De Luca, Rosella Pisciotta, Barbara Scarciglia, Alice Bensi, Daniele Marzona, Francesco Sacchi, Michele Sumberaz Sotte, Valentina Molaro di Teatro Miela – Cooperativa Bonawentura Sandi Škerk di Azienda agricola Škerk Gianfranco Burni di Pastificio Barone Raffaella Fort di Libreria Lovat, Trieste Gabriele Centis di Casa della Musica, Trieste Alessandro Giudici di Pasticceria Giudici

Raggiungere il traghetto di Sergio M. Germani

Ich habe keine Heimat. [Non ho Heimat] Sybille Schmitz «Maria» in Fährmann Maria di Frank Wysbar Kein Brief! Keine Nachricht! Nichts! [Nessuna lettera! nessuna notizia! nulla!] Rimprovero d’amore da Der Tiger von Eschnapur di Fritz Lang in A Vida Invisível di Vítor Gonçalves Vogliatemi bene quando sarò morto. Parole finali del protagonista di Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi Amor omnia Epitaffio scelto dalla protagonista di Gertrud di Dreyer

Forse ci lasciamo troppo tentare dalla molteplicità. Per qualcuno dovremmo ancora “spiegare” perché I mille occhi, o perché Anno uno, o motivare la scelta del titolo di edizione ( Apparizione ). Ma la rete (chiedendo scusa di un termine ormai sinonimo di internet) di rapporti che il cinema continuamente moltiplica ci tenta troppo per non aggiungerne almeno qualche tassello. Questo testo quindi non replica a titolo Apparizione ma fa riferimento a un grande cortometraggio di Dreyer (in beffarda traduzione letterale Raggiunsero il traghetto ) “perché” esso contiene, come tutti i film del regista, qualcosa di quintessenziale per il cinema. La corsa in moto della coppia di quel film per raggiungere in tempo un traghetto trova il confronto con la morte, non perché Dreyer sia tetro o per una scelta horror di genere: in quella corsa c’è tutto il senso del cinema, del suo eleggere il movimento (artificiosamente reso nel cinema dalla persistenza delle immagini fisse di fotogrammi, e cionondimeno vero: almeno quanto lo è il paradosso della corsa di Achille con la tartaruga) quale fuoriuscita dal dominio della morte. Il risveglio dalla morte della protagonista di Ordet si realizza nel suo tornare a muoversi nel ritorno in vita, e nessuna immagine fissa può rendere la liberazione

7 della prigioniera cui vengono slacciati i polsi in Vampyr . Il cortometraggio di Dreyer evocato nel nostro titolo s’impone all’attenzione anche per la presenza nel programma del film di Wysbar sulla traghettatrice Maria, che come molto cinema del misconosciutissimo regista tedesco è tra i momenti più evidenti di quanto intendiamo per “expanded Dreyer”: essendo stato il danese un regista di pochi film “intransigenti” lo si è a lungo considerato una monade, scopriamo invece che la forza del suo cinema trova eco in molti altri film (anche di genere) di varie nazionalità, e quest’anno ci soffermiamo su un ignoratissimo cineasta italiano (Palella) e su Wysbar. La cui genialità è stata di partire senza farsene intimorire da alcuni massimi capolavori ( Anna und Elisabeth è una splendida variazione su Mädchen in Uniform da lui prodotto, con qualche eco del paesaggio italiano in Murnau, mentre Fährmann Maria più ancora che Der müde Tod di Lang elegge a riferimento il Vampyr di Dreyer). Del cinema andrebbe riscoperta la capacità di lavorare “in minore” sui film maggiori: pensiamo ad esempio nel cinema italiano a due cineasti di cui ci siamo spesso occupati e ci occupiamo ancora, il Genina che rispetto ai due grandi capolavori di Pabst con Louise Brooks non temette di “aggiungervi” il suo Prix de beauté ; e il Giorgio Bianchi che seppe riferirsi in La maestrina sia a Griffith che a Dreyer. Negli exergo si è voluta unire quella frase di rivolta dal film di Wysbar ai discor - si nazisti o financo a quelli di culturalistica assunzione della germanicità (frase che per il suo andare contro i tempi può aggiungersi alla révolte dichiarata da Aurenche e Bost e Autant-Lara in piena occupazione in Douce , ai massimi capolavori contro il potere in epoca di seconda guerra mondiale Dies irae di Dreyer e Sissignora di Poggioli, e ai movimenti inversi rispetto alle derive della storia in Once Upon a Honeymoon di McCarey – geniale anche il titolo italiano del film: Fuggiamo insieme – e in Un pilota ritorna di Rossellini), uniamo la frase di Wysbar appunto all’altezza nichilistica di Lang che il “nostro” Gonçalves cita (sorprendendoci per il fatto che nei suoi due unici film assume metà del poker macmahoniano, mentre l’altro suo riferimento di cinema fondamentale è Splendor in the Grass di Kazan, tutti autori insomma che eccedono malintesi canoni cahieristi ). E infine uniamo queste frasi al terzo exergo da uno dei massimi capolavori di Ermanno Olmi, cui dedichiamo un omaggio che vorrebbe essere anche più ampio, per indicare come il suo recente torneranno i prati non sia solo un “film da rispettare” ma un massimo capolavoro in cui precipita tutto il riferirsi alle guerre del suo cinema (anche nel giovanneo E venne un uomo ) al

8 punto da ripetervi la frase udita in I recuperanti («la guerra è una brutta bestia, gira il mondo e non si ferma mai»). Ci sembra che questo triplice exergo (cul - minante nella frase antitombale dell’ultimo Dreyer), limitantesi a raccogliere tre frasi da film che si proiettano nel festival, contenga tutto il registro di confronti tra l’essere e il nulla di cui il cinema è terreno massimo anche per il pensiero, essendo tutto il suo orizzonte più profondo riassunto nella dichiarazione di poetica e ontologia contenuta in The Bells of St. Mary’s di McCarey ovvero quel to be che vi si indica come scelta, in risposta a tutte le incertezze dell’arte e del pensiero occidentale più alti (da Shakespeare e Calderón a Leopardi e Borges, congiungendosi invece a Dante). Con una sintesi un po’ a effetto, si potrebbe dire che il traghetto da raggiungere è proprio il cinema, per un viaggio di ritorno in vita che tutti i grandi film af - frontano. E in ciascuno di essi agisce l’auroralità dell’ apparizione , la capacità di accogliere presenze che è quanto rende il cinema a un reale più del reale. Il piccolo film di Jean de Limur (e Aldo De Benedetti) omonimo, in cui Nazzari appare come se stesso, s’incontra miracolosamente con quanto appare nel più struggente capolavoro di tutto il cinema italiano, il citato Sissignora di Poggioli, in cui abbiamo il sussulto di scoprire che il personaggio della protagonista interpretata da Maria Denis è nata in un luogo ligure che si chiama Apparizione e da cui tutti gli eventi del film (a parte il desiderio d’amore di Elio Marcuzzo) ne allontanano il ritorno. E tutto il cinema capace di sorprendere, e non di agire invece su dei modelli peggio se formali, si fa muovere dallo stupore di riconosce - re come in esso le cose non cessino di apparire. Un grandissimo regista tuttora da riscoprire, l’italo-greco Stavros Tornes (l’amico Gian Piero Rizzo vi sta dedi - cando un film), è forse l’essenza di questo stupore nel cinema (più ripetibilmente la coltiva oggi nel cinema italiano Tonino De Bernardi). E l’esito estremo ed esplicitante del cinema che si rese l’hardcore, al di là delle sue ignoranze e cialtronerie, è un luogo di verità prolungato oggi dall’universo della rete, che realizza nel modo più vero il programma warholiano secondo cui ciascuno si divinizza per il momento in cui si rende immagine; la potenziale infinità di selfistici o webcameristici creatori e fruitori rende la rete il più adeguato purgatorio rispetto all’esigenza del cinema di dare alla presenza una perdurante forza. I maggiori autori di oggi (perché il nostro far tornare il cinema del passato li fa tornare appunto all’oggi) hanno cominciato a confrontarsi non come pura scor - ciatoia creativa col digitale bensì con le mutazioni della sua immagine rispetto

9 alla solidità chimica della pellicola. Su questo bisogna chiarire che del grande Rossellini va riscoperta nel modo giusto la duttilità verso formati e regole del cinema: egli non è un banale relativista, egli giustamente subordina il cinema al - la presenza viva e umana ma per esaltarla in ogni “supporto” e canale: cinema e televisione, cinema e spazio museale, cinema e psicodramma... ed anche cine- ma ed agire politico. La “disponibilità” rosselliniana a riferirsi ai più diversi interlocutori non gli ha mai impedito di svelare la verità, dal “fascista” Un pilota ritorna ai film resistenziali e post-tali (con il culminante Era notte a Roma ), all’autentico conflittuale dittico che ci appare oggi costituito da Anima nera e L’età del ferro , a quell’ Anno uno che ha debordato sia la DC che gli inadeguati prolungatori del Sessantotto, fino al film ONU da noi proiettato l’anno scorso, A Question of People , che va tenuto presente nel programma di quest’anno quale sottofondo permanente. Vedremo infatti quest’anno vari film italiani, provenienti dalle più compromissorie committenze, che il cinema spinge a dire la verità. Possono essere opera di gran - di autori (Comerio, Genina, Camerini, Cottafavi, altrove Matarazzo) oppure di “servitori” che il cinema porta a non mentire. Un film in costume non si sa bene come “supervisionato” da Rossellini, L’invasore di Nino Giannini, interpretato dalla “diva del regime” Miria(m) di San Servolo, viene completato solo nel dopoguerra con interpolazioni del Kolberg di Veit Harlan, cineasta della distruzione quanto Genina, anche se nel tedesco si arriva ad abbracci con la morte da cui l’italiano vuole allontanare. Vedremo soprattutto quest’anno un gruppo di film che sull’Africa e sui temi oggi impellenti dell’islamismo offrono immagini rivelatrici. Comerio sconquassa le radici della “liberazione” coloniale. Camerini, passando per Zuccoli, può ben accogliere la fascinazione dell’islam che s’interpolò col fascismo ma vi sovrappone la propria fascinazione tolstojana e flaubertiana, e allora la sequenza di Kif tebbi dei volti e corpi femminili scoperti del velo è forse di tutta la storia del cinema l’immagine da “propagandare” oggi contro i fondamentalismi. Genina, il cui Bengasi solo evochiamo, avrebbe rivelato la necessità di confrontarsi con la storia come macchina di distruzione. L’Alessandrini scritto da Cottafavi Abuna Messias ci introdurrà agli intrecci interreligiosi coniugati con l’universo coloniale. E un piccolo film postcoloniale e “missionario” ritrovato come Okiba non vendermi!, unico lungometraggio di Gianni Fontaine, è nella sua ingenuità umanitaria e d’il - luminismo cattolico un grande gesto di cinema, che rende persino l’interpreta-

10 zione dei corpi africani nelle voci del doppiaggio non un’omologazione ma un “de te fabula narratur” rivolto allo spettatore. Questo gruppo di film ci condurrà allo straordinario programma dell’Archivio fondato da Paolo Gobetti, in cui abbiamo voluto unire Il Duce a Trieste (nel discorso che non prolunga solo le leggi razziali ma anche l’ultima impresa coloniale, coniugate con un’idea di sviluppo industriale su cui il fascismo si rese quintessenza dell’industrializzazione capitalistica; ma non esiteremo a scoprirvi anche le astuzie del potere per esempio nel sedurre il femminile, giacché non è il politicamente corretto odierno che per primo suggerisce la doppia interpella - zione di genere ma come udremo è il nostro Duce – per parafrasare l’ Unser Nazi di Robert Kramer e Thomas Harlan – a ripetere ogni volta «triestini e triestine!») alla videointervista con l’anarchico triestino Umberto Tommasini, nella quale lui e l’intervistatore, libertariamente porgente il microfono, si dimenticano felicemente che quello che fanno è cinema, a entrambi preme porgere parole di verità. Il discorso totalitario del primo film e il dialogo alla pari del secondo si metteranno a confronto da soli nel festival, e sveleranno meglio di qualche pregevole saggio che cosa è successo nel passato che arriva a oggi. Tommasini è stato un non- protagonistico testimone di quella tradizione anarchica che ha avuto in Italia figure luminose come Cafiero, Malatesta e Camillo Berneri (con la figlia e la compagna che ne prolungarono la presenza), capaci di scelte libere da tutti i totalitarismi. Anche sulla prima guerra mondiale su cui continuiamo a scoprire film imprevisti, pur nelle oscillazioni di un Kropotkin (ma non diversamente da Gramsci e altri in campo marxista dove invece sono gli opposti Bordiga e Tasca ad aver condiviso con Lenin la lucidità), è stata la tradizione anarchica a saper prendere meno abbagli. Di quella tradizione oggi può convincere meno solo un ateismo che talvolta si manifestò con troppo sottolineata certezza, ma va riconosciuto che sia nelle vicende spagnole che in quelle sovietiche il bisogno di ribellione a Dio ha un fondo d’irrequietezza dreyeriano, non un autosoddisfatto offrirsi un mondo d’irresponsabilità. Per il nostro festival, che si è inaugurato alla prima edizione con un omaggio a Jean Vigo alla presenza della figlia Luce, l’attuale omaggio a Tom - masini compie un percorso non estraneo all’assenza di saperi precostituiti che caratterizza le nostre scelte. Il gruppo di film africani del programma ci conduce però anche al cinema portoghese, laddove la rivoluzione dei garofani (forse l’unica rivoluzione politica del ’900 che non ha ingannato) ha accolto sia la verità del pathos di cui il Non di

11 Oliveira è il luogo più alto, sia lo splendore anticoloniale di Amilcar Cabral, con Lumumba e poi Sankara il leader africano più essenziale (sul secondo, come su tante altre vicende storiche, è rivelatore un regista italiano di cui sempre più scopriamo la grandezza, Valerio Zurlini, il cui Seduto alla sua destra diventa oggi capolavoro imprescindibile). Tra i protagonisti della rivoluzione portoghese c’è stato Vasco Gonçalves, padre del nostro Vítor che insieme alla madre lo unisce in un particolare ringraziamento alla fine del primo film, al cui interno gli echi africani sono belli come tutto il resto, e passano anche per la creazione radio fo - nica di cui quel film è splendido prolungamento. Il destinatario del Premio Anno uno di quest’anno, nel suo sovrano accogliere le vicende della storia, collega il premio di quest’anno (oltre che all’altro grande portoghese che lo precedette, Paulo Rocha) al trittico di autori tedeschi che siamo altrettanto fieri e onorati di aver premiato: Schroeter, Thomas Harlan, Wildenhahn, il secondo peraltro intrecciato anche alle vicende della rivoluzione portoghese col magnifico Torre Bela mentre il primo ha realizzato il suo ultimo grandissimo Nuit de chien grazie al produttore portoghese Paulo Branco. Poiché siamo in genere restii a credere nelle spiegazioni riguardo ai criteri delle scelte del programma (ma non certo per esoterismo bensì per fiducia nella capacità di tutti i pubblici di orientarsi e di competere con la nostra voglia di scoprire e di farci riorientare a ogni proiezione, come fossimo i frati di Francesco giullare di Dio che cadono rivolti verso tutte le direzioni) cogliamo occasione per proporre a chi ci legge un testo di autopresentazione chiestoci recentemente da Piero Del Giudice per la rivista ticinese che dirige, «Galatea», dal bel nome mitologico che a noi evoca anche Nello Santi, Bava e il peplum. Ecco quanto ab - biamo scritto intitolandolo Festival come forma festiva della presenza del cinema nella vita :

Si è trasformata nel tempo l’idea della forma festival. Nata all’inizio degli anni ’30 a Venezia, raccoglieva i modelli di fiere ed esposizioni universali, rivolgendosi innanzitutto ai professionisti (produttori, registi, giornalisti), con la necessaria benedizione del potere politico. C’era ovviamente anche un pubblico ma piutto - sto di invitati o occasionali curiosi. I grandi festival internazionali affermatisi nel secondo dopoguerra (Venezia, Cannes, Locarno, Berlino...) hanno coinvolto un pubblico sempre più largo, al punto che di recente i “bollettini” a fine festival segnalano soprattutto dei numeri (biglietti e abbonamenti venduti) con un cor -

12 tocircuito rispetto agli “echi” (capacità di intercettare film che avranno successo e magari qualche premio Oscar). Questo modello di grande festival generalista, che ovviamente ha il pregio di concentrare in un breve periodo tante cose da vedere e tante persone da incontrare, si è lasciato alle spalle l’idea che il maggior teorico del cinema, André Bazin, ebbe l’intelligenza di formulare negli anni ’50, quella del festival come laico ordine monastico in cui delle persone intensamen - te motivate trovavano occasione di confronto sulle passioni. Era chiaramente l’intuizione di una mente aperta, non una norma dogmatica, Bazin stesso avrebbe auspicato l’allargamento a un pubblico sempre più ampio: ma di quell’idea la fertilità va recuperata. Era un momento in cui i primi storici del cinema e le nascenti cineteche tendevano a iperselezionare gli oggetti degni di attenzione; Henri Langlois dirà con acutezza (riferendosi alle scelte critiche di Brasillach) che il cinema allora era così ricco che ci si poteva permettere di ignorarne molti teso - ri. Rispetto a critici anche di grande personalità (in Francia, in Italia e altrove) si dovette arrivare a uno sguardo basato su una vera comprensione di «che cos’è il cinema» con la «politica degli autori» tra anni ’50 e ’60 (nei «Cahiers du cinéma» ma in dialettica con il “positivismo” di «Positif») che attraverso scelte anche contrastan- ti approderà alle geniali scelte cinefile di «Présence du cinéma». Tutto ciò è oggi patrimonio imprescindibile, ma il bisogno di estendere le attenzioni a tanto cinema rimasto inosservato anche da parte dei maestri della critica non è certo eclettismo o sola acribia di studio. Perciò appare necessario superare il recinto che i festival maggiori pongono tra cinema del presente e opere del passato pur dedicandovi (sempre meno) delle «retrospettive». E se Venezia inaugurò nel no - me il riferimento all’«arte cinematografica» oggi il cinema già appartiene (come anticipò Rohmer critico) a un universo di arti con molti scambi. I festival medi e piccoli ritengono di dover dare un senso alla propria individualità con delle specializzazioni (territoriali, di genere ecc.). Costituendosi nel 2001 a Trieste, l’Associazione Anno uno (con chiaro inchino al film più maltrattato di uno dei massimi cineasti, ) ritenne invece di varare un festival altrettanto “generalista” dei maggiori ma che coltivasse la tendenza di riscoperte da fare con il pubblico durante questo momento festivo di un’attività che si prolunga sull’anno, e nello stesso nome prescelto (I mille occhi) si volle indicare la molteplicità di sguardi che il cinema contiene e che la molteplicità di spetta- to ri può godere di moltiplicare. Lo scrivente, che da 14 edizioni lo dirige, partì da rassegne ospitate da altri festival e da un numero zero come «L’unica grande

13 passione» (adesione paradossale a una frase dell’altro massimo cineasta, Dreyer) cercando di trovare, con collaboratori sempre più estesi, una concentrazione di proposte intrecciate, non di eventi staccati seppur coesistenti. Il cinema, arte del reale, rivela di incontrarsi con tutti i campi della vita, e così da anni, senza attendere anniversari, si percorre la riscoperta di opere riferite alla grande guerra, quest’anno persino nell’involontaria duttilità di un film di propa - ganda fascista come Camicia nera che diventa beffardo e acuto rivelatore della sconfitta dell’Internazionale. E come in passato per Franco Basaglia, Diego de Henriquez e lo stendhaliano Bruno Pincherle, quest’anno si rende protagonista l’anarchico triestino Umberto Tommasini. Tra riferimenti “locali” e presenze internazionali (dal premio al portoghese Vítor Gonçalves a Niki de Saint Phalle) l’unità è nella molteplicità di sguardi che la forma festival accoglie e incoraggia.

Ci ricolleghiamo a questo testo per aggiungere qualcosa sull’altro citato perso - naggio internazionale (ma più volte legato all’Italia) che è Niki de Saint Phalle. La rappresenterà al festival la figlia Laura Duke Condominas, che la sostituì, rispetto alla prima ipotesi di Bresson, come interprete di Lancelot du lac . I suoi due film (cui ci piacerà aggiungere in futuro quello realizzato con Peter Schamoni, ma anche l’omaggio in video musicale che le ha fatto recentemente l’appassionante Soko) sono realizzazioni tra le più libere del rapporto tra arti, e incrociano (ma in totale autonomia creativa) le compresenze artistiche di due compagni, il ci - neasta Peter Whitehead e lo scultore Jean Tinguely. La proposta di questa rassegna è tra i tanti doni che da anni ci offre la cineasta collaboratrice del festival Jackie Raynal, e il nome della curatrice contribuisce a inserire Niki in una costellazione che va da Baratier a Jean-Denis Bonan, da Bulle Ogier a Catherine Binet, e natu - ralmente tutta l’esperienza della Zanzibar. Ma i film di Niki, nel loro coniugare sbrigliatezza artistica e fondi anche di durezza di vita, s’inseriscono nel più ampio universo degli anni ’70, e spingono a confronti con le più vitali (e non culturalistiche) pratiche di erotizzazione, a cui il cinema del citato Bresson non è estraneo. Ma pensiamo soprattutto a Stephen Dwoskin, a Walerian Borowczyk, a Franco Brocani... Daddy (e proprio per il trauma perso - nale di Niki) è il frutto più fresco anche di quell’utopia del prolungare la pro- vocazione del corpo su presenze d’ogni età, che in decenni successivi trovò il marchio della pedofilia, e che anche a distanza di tempo porta a vicende di “persistenze dell’immagine” conflittuali: pensiamo a Eva e Irina Ionesco, ma anche

14 alle figlie di Larry Rivers tra cui Gwynne condivide il nome con l’interprete adulta di Daddy mentre la più giovane è una riscopribile Mia Martin. Tantopiù indiret - tamente pertinente appare l’odierno omaggio videomusicale (ben più che nell’am- biguità di una Maddie Ziegler con Sia) di Soko, che al dreyeriano We Might Be Dead By Tomorrow abbina l’adolescenziale First Love Never Die . Ma la vagina gigante che fu tra le sculture più provocanti, seppur come sempre risolte in invenzione gioiosa, di Niki ci riconduce anche all’icona courbetiana che l’anno scorso Deborah De Robertis impersonò, e rispetto a cui le scelte del nostro festival constatano di nuovo una diffusa incapacità di cogliere gli azzardi più veri, liquidando certe azioni come “mediatiche”. C’è chi ha stabilito meccanici col- legamenti con Milo Moiré, chi più pertinentemente con Millie Brown e le sue performance vomitanti (a espandere una delle ossessioni che più si è sviluppata con l’hard online) anche con Lady Gaga. A noi il volto di Deborah ha piuttosto ricordato qualcosa di Sasha Grey, ma la sua storia è un’altra, coinvolge una segre - tezza (anche di una gemellarità) che spero trovi altre tappe in questo festival. Come tante cose che sono accennate o talvolta accantonate dal programma di quest’anno, il festival vuole prolungare i propri “appuntamenti”. I doni del caso che gli arrivano sono tanti. Mai, per esempio, avremmo immaginato di trovare a Trieste il massimo cultore internazionale di Richard Harrison. Persino, lo ammet - tiamo, non avevamo esatta percezione della personalità di Harrison negli universi del peplum e del western italiano. Siamo lieti che Giancarlo Stampalia demoli- sca i cliché della legnosità, e con ciò riveli ancora una volta come un corpo, una presenza vada osservata ricevendone i puncta , e ciò può includere tutte le ses - sualizzazioni, quella che in realtà è estranea è la postmoderna relativizzazione gender . A noi, guardando i due film in programma, l’occhio cadrà sulla sensualità di Lisa Gastoni e Marilù Tolo nell’uno, e nell’altro di una Dagmar Lassander di cui mai dubitammo, sin da quando la vedemmo aggirando i divieti ai minori nella ta - gliatissima versione italiana di Andrea fino a che la riscoprimmo autodoppiantesi in W la foca . In Una donna per 7 bastardi lei, complice Roberto Bianchi Montero, chiaramente devia il progetto maschile di Harrison imponendo al film una doppia centralità. Forse Harrison subì certe deviazioni ma seppe comunque sollecitarle con la sua presenza, e perciò approdò con Orgasmo nero al notevole momento del passaggio dominicano dal soft all’hard in Joe D’Amato. Altro dono ci arriva da Simone Starace, da qualche anno curatore di questo cata - logo e tra gli studiosi di cinema più documentati. Inaugurando un’attività cine-

15 tecaria, che gli auguriamo di far crescere sempre più, ha subito ritrovato copie uniche e preziose di film misteriosi, italiani e non. E da Dario Stefanoni, cocuratore del catalogo, ci arrivano scoperte di cineasti italiani degni di attenzione, da Caracciolo a Castellazzi a Tretti e altri. Purtroppo molti colgono nei Mille occhi un luogo unico per coltivare scoperte. Ripeto “purtroppo” perché il festival teme più la solitudine che rischi di compe - tizione. Le cose da ritrovare sono tante e, una volta ritrovate, sollecitano ritro- vamenti ulteriori. Quest’anno a Bologna (al Cinema Ritrovato, appunto) abbiamo visto un film iraniano pre-khomeinista meraviglioso di Sahrab Shahid Saless, con un Jacques Tourneur ( Great Day in the Morning ) che ora ci si accosta magnifi - camente a Gonçalves, nella capacità di entrambi gli autori di percorrere il confine tra vita e morte. L’anno scorso a Locarno la retrospettiva Titanus che curammo non solo ci con - fermò certi splendori ma mise meglio in luce l’epoca di Gustavo Lombardo, padre di Goffredo, e ora vi scopriamo il ruolo fondamentale di Boris Bilinsky, che fu anche scenografo alla Scala ed ebbe durante la guerra un progetto d’esposizione ispirata all’Apocalisse di San Giovanni (poco dopo, un cineasta minore di cui solo Roberto Silvestri ha segnalato l’interesse, Giuseppe Maria Scotese, girerà un L’apocalisse al momento invisibile; ritroviamo invece la sua affascinante figlia Giulietta, modella e danzatrice, in uno dei film di Andreassi in programma). Bilinsky s’incontrò con cineasti italiani e slavi (esuli russi e polacchi, Striževskij, Volkov, Wasz yn´ski diventano autori Titanus, il primo dirigendo un’attrice com - movente e spesso echeggiante universi slavi, Isa Miranda, mentre il secondo dirige l’altrettanto insacrificabile Luisa Ferida). Abbiamo voluto unirvi l’ultima regia di un nostro autore d’elezione, Augusto Genina, Frou-Frou dal bel sottotitolo di versio - ne italiana Perduta per amore , vicenda di esuli russi con un finale aero portuale che ci evoca l’ultimo e sommo Matarazzo Amore mio qui visto l’anno scorso. Qualche anno fa anticipammo i programmi di “expanded Dreyer” con alcuni rari film italiani, e tra questi ci colpì molto, per la sua fertile naïveté , il film di Oreste Palella Caterina da Siena e quest’anno ne proponiamo altri due film scono - sciutissimi: purtroppo non quello intitolato Non vogliamo morire di cui è tuttora irrintracciabile una copia. Com’è evidente, il territorio del cinema italiano ancora da riscoprire è amplissimo. Ci farebbe piacere che cineteche e cattedre parte- ci passero a una sinergia di ricerche. Chiaramente ai Mille occhi non interessa il grado zero della riscoperta, c’interessa il potenziale entusiasmo che essa può

16 favorire. Però di fronte all’inerzia ogni azione è preferibile, l’entusiasmo (se gli oggetti se lo meriteranno) può sempre arrivare, oggi come oggi sarebbe im- portante dispiegare un po’ di mezzi e di energie che contraddicano la triste sensazione che all’Italia i suoi tesori cinematografici non interessino molto di più che all’ISIS quelli di Palmira. Recentemente una studiosa americana, Ruth Ben-Ghiat, ha pubblicato un libro pregevole sul cinema imperiale italiano. Ma anch’esso sottovaluta Comerio (peraltro liquidato in poche righe in certi libri riguardanti il cinema sulla grande guerra), mentre per fortuna può avvalersi con ottimi approfondimenti dei materiali raccolti dal Fondo Genina e dal libro che dedicammo all’autore. Ciò che cercano oggi di fare I mille occhi è anche questo: dare delle possibilità ai futuri appas - sionati di trovare conservati sia i film che le tracce produttive di precedenti passioni. Va detto chiaramente che non abbiamo alcuna certezza di continuare quest’opera, che necessiterebbe di attenzioni che oggi come oggi si rivelano del tutto inadeguate. Ma nell’universo del cinema l’inadeguatezza è diffusa. Non cessiamo di stupirci che di certe cose ci occupiamo solo noi, o quasi. Qualche anno fa assegnammo il Premio Anno uno a Marc Scialom per il suo ritorno alla regia. Quest’anno l’avremo via skype per l’uscita del suo libro che, dopo molti rifiuti di editori fran - cesi, l’italo-dublinese Artdigiland ha avuto il merito di pubblicare. Un libro che è anche cinema, e nel quale il nostro festival è uno dei set. Nello stesso incontro ci occuperemo di alcuni altri libri che sono anche cinema, come un grande libro lo è sempre (Gadda è molto più cinema nei suoi libri che nelle attenzioni cine - matografiche). Guido Ceronetti coglie sempre l’essenza del cinema oltre la cultura del cinema. Un critico molto stimolante, Paolo Isotta, nel suo libro fa non pochi errori nello scrivere di film ma il modo in cui scrive dei musicisti che ama ha la vera flagranza che lo fa appartenere al cinema. L’omaggio a Ciro Giorgini, a cui non abbiamo voluto riservare la solita etichetta di cultore wellesiano, riguarda un’amicizia che ha condiviso molte passioni di cinema (Ford, Rossellini, ma anche il cinema italiano “sul fondo” cui egli ha dedicato una delle migliori idee di programmazione dentro Fuori orario). Per I mille occhi egli è anche colui che ritrovò La promessa , la da allora mai vista regia televisiva di Zurlini che si è rivelata straordinaria. L’anno scorso avrebbe voluto tornare a Trieste per presentare il progetto sulle sale romane, di cui i coautori ci danno ora un primo montaggio. Non sappiamo se essere contenti di poterlo

17 precedere con la prima proiezione cinematografica (dopo la retrospettiva pesarese su Dino Risi) della sola copia 35mm di Buio in sala perché avremmo voluto vedere questo film insieme a Ciro. Il film di Risi s’unirà bene al dittico di Comencini: singolarmente si trovano riuniti i due grandi registi milanesi arrivati al cinema italiano postbellico (mentre Lat - tuada, che li precedette di poco, fu altrettanto immerso nella sensuale materia del cinema). La rassegna di Alice Rispoli vi unirà alcuni altri tasselli fondamentali, tra cui il film di Lombardi e Lajolo che è la ricostruzione più affascinante della vicenda Ferrania, quintessenza della matericità italiana nel cinema, con tra altre una dichia - razione splendida di Carlo Ludovico Bragaglia che dell’immagine Ferraniacolor rivendica la bellezza dell’imperfezione: e poiché egli preferiva amare gli imprevisti del cinema che sentirsene depauperato, è affascinato dalla stampa del suo La Gerusalemme liberata . E viene subito in mente che sarebbe davvero bello pro - grammare questo suo film con l’ Orlando furioso di Ronconi. Forse prima o poi lo faremo (così come di Ronconi avremmo voluto programmare la regia televisi - va di Gli ultimi giorni dell’umanità da Kraus). Con il film di Gerboni avanziamo nel territorio del Super8 familiare, ma non può non colpirci quando vi appare il cartello stradale che indica «via Anna Frank, scrittrice martire». È ancora una convergenza dei nostri percorsi nella storia attraverso il cinema, che quest’anno omaggiano due cineasti uccisi alle Ardeatine, Emanuele Caracciolo e Gerardo De Angelis. Concediamoci un’ultima convergenza, dentro il festival e nei suoi rimandi: il Vincenzo Bellini, sommo musicista che fu il più affascinantemente cinebiografato da Gallone (più di Puccini a nostro avviso, e senz’altro più di Verdi che appartiene a Matarazzo), e che oltre a dare il titolo all’unica regia di Caracciolo si può udire in torneranno i prati di Olmi. E un saluto (oltre ai ricordi in programma) a Peter von Bagh, Manoel de Oliveira, Giulio Questi, René Vautier, Gian Vittorio Baldi, Omar Sharif, Christopher Lee, Marie Dubois, Lilli Carati, Virna Lisi, Anita Ekberg, Laura Antonelli, Magali Noël, Marisa Del Frate... certamente omettendo qualcuno, come ci capitò per errore con Haroun Farocki e Tewfiq Saleh. Quest’introduzione è incorniciata da due icone-sfingi del femminile, Samia Gamal in apertura, Marcella Mariani in chiusura.

18 19 20 Premio Anno uno «Isabel!» chiama la voce maschile dal fuori campo nell’incipit di Uma Raparíga no Verão , e Isabel Galhardo, sublime presenza di quell’unico film, ci rivolge lo sguardo. Poco dopo la voce paterna ripete il vocativo senza che lei appaia. Già questa “rima” incompiuta rende l’opera d’esordio quintessenza del cinema. Il così spesso negato bisogno di presenza (dalla morte, dal potere sociale, da un impossibile amore) accomuna intimamente la vita e il cinema, che talvolta può opporvisi (Dreyer, Wysbar...). Solo gli stolti possono sorprendersi che Gonçalves non abbia girato altri film (a parte il mediometraggio Meia Noite di cui fu insoddisfatto) dopo tale trasparenza assoluta sul cinema. Ma 27 anni dopo egli realizza A Vida Invisível il cui titolo stesso contiene tutto il registro del cinema. E gli stolti ritornano aspettandosi forse un clone del primo film. Anche qui c’è all’inizio un vocativo, «António!», rivolto dalla voce fuori campo del protagonista al nome che fu del cineasta maestro di Gonçalves, Reis, e il cui controcampo diventa la vita invisibile dei “titoli di testa”. Nessuno di questi due film è a 35mm, il corpo eletto dal cinema nella sua storia e di cui gli sguardi di Gonçalves hanno coltivato la passione (da Splendor in the Grass di Kazan ai capolavori macmahoniani di Preminger e Lang citativi). Il primo è a 16mm e di questo formato “ridotto” incarna la sensuale vulnerabilità; il secondo è in digitale (ma con inserts da Super8), e di questo luogo di sottrazione realizza uno dei primi capolavori assoluti con l’ultimo Paulo Rocha (con cui converse già il primo Gonçalves) e The Canyons di Schrader. Momento massimo quindi, oggi, del glorioso cinema portoghese, in cui riappaiono il film postumo di Oliveira e le scelte ordetiane di João Bénard da Costa. Si realizza la saggezza socratica di Rossellini che sapeva essere il cinema allo stesso tempo corpo e idea. Non poteva quindi esserci Premio Anno uno più indispensabile di quello che s’inchina al genio di Vítor Gonçalves. Associazione Anno uno settembre 2015 Vítor Gonçalves, splendore nell’erba

23 VÍTOR GONÇALVES UMA RAPARÍGA NO VERÃO Nato il 14 marzo del 1951 ad Angra do Heroísmo, nelle Isole Azzorre, Vítor Regia, sceneggiatura: Vítor Gonçalves; Gonçalves si laurea in Ingegneria civile fotografia: Daniel del Negro; montaggio: e verso la fine degli anni ’70 inizia a fre - Ana Luísa Guimarães; musica: Andrew quentare la Escola de Cinema di Lisbo - Poppy; aiuto regia : Pedro Costa; inter - na, dove insegna dal 1982. Qui conosce preti: Isabel Galhardo, Diogo Dória, il regista e didatta António Reis, che di - João Perry, Alexandra Guimarães, Jorge verrà suo amico e mentore, e inizia a Silva Melo, Isabel Winter; produzione: col laborare ad alcuni film come assi - José Bogalheiro per Trópico Filmes; stente operatore ( A Princesa das Ilhas origine: Portogallo, 1986; formato: Negras di José Bogalheiro, 1978, e Ara - 16mm, col.; durata: 77’. bia di Rosa Coutinho Cabral, 1982). Nel Copia 16mm da Cinemateca Portuguesa. 1982 comincia le riprese di Uma Ra- paríga no Verão , che a causa dei pro - «È uno sguardo su una giovane donna blemi produttivi potrà concludere solo in estate, sui suoi amori, e questo ricor - quattro anni dopo, nel 1986. Al film con - da Splendore nell’erba di Kazan, per la tribuisce come direttore della fotogra- stessa sensibilità e poetica, per lo stes - fia Daniel Del Negro, autore dell’altro so pudore e rigore. [...] Uma Raparíga massimo esordio del cinema portoghe - no Verão è un film costruito con in- se del decennio, Atlântida: Do Outro quadrature molto brevi, registrate da Lado do Espelho (1985). Nel 1988, per una cinepresa quasi fissa. Se ogni in - la serie televisiva Fados , Gonçalves rea - quadratura contiene in sé la possibilità lizza il mediometraggio Meia Noite , og- di durare di più, tutto ci fa pensare che gi considerato perduto. Fonda con la questa durata non sarà permessa. Co - compagna Ana Luisa Guimarães, Pedro me se attorno a essi (attorno alle inqua - Costa, José Bogalheiro e Pedro Caldas drature come attorno ai personaggi) ci la casa di produzione Trópico Filmes, fosse un’inesorabile fatalità. [...] Le im - che produce, oltre a Uma Raparíga no magini scorrono e non le afferriamo. Verão , anche le opere prime di Costa ( O Scorrono come la vita, di cui l’esistenza San gue , 1989) e Guimarães ( A Nuvem , stessa è lo scorrere. Non è anche l’es - 1992). Ventisette anni dopo Uma Ra - senza del cinema?» paríga no Verão , Gonçalves realizza il João Bénard da Costa suo secondo e ultimo lungometraggio, in Roberto Turigliatto (a cura di), Amori A Vida Invisível . di perdizione. Storie di cinema portoghese 1970-1999 , Lindau, Torino, 1999 FILMOGRAFIA Uma Raparíga no Verão [Una ragazza «Cieco, muto, compatto, duro, ostinata - d’estate], 1986; Meia Noite [Mezzanotte], mente rigoroso, avvolto da una luce mm., 1988; A Vida Invisível [La vita invi - nera che si sottrae, Uma Raparíga no sibile], 2013. Verão è un “buco nero” nel firmamen - to del cinema portoghese. Misterioso,

24 magistrale, opprimente, con esso si pre- riusciti ad esprimere durante le riprese cipita nell’universo oscuro e senza pa - e cercare di dargli una forma, una nuo - role dell’adolescenza, una notte forata va realtà. Il montaggio è come un lutto, da strani bagliori. Della famiglia dei ma in ogni lutto c’è un segno di vita, la grandi cineasti visionari del cinema possibilità di una rinascita. [...] A me in- muto, Vítor Gonçalves ne ha ereditato teressa filmare lo spazio dell’occhio, il anche l’assoluta padronanza dei mezzi posizionamento dello sguardo, perché d’espressione: in lui, immagini, suoni, è in questa zona che lavorano il pensie- montaggio acquistano una evidenza pal - ro e la fantasia dello spettatore. Volevo pabile, che credevamo scomparsa nel che lo spazio della finzione diventas- cinema moderno, perduto fra il “look” se subito movimento nel tempo di un e la televisione». pensiero e che lo spettatore vi lavoras - Paulo Rocha se dall’interno. Uma Raparíga no Verão in Roberto Turigliatto (a cura di), mette in scena delle relazioni mentali Amori di perdizione , cit. aperte in mille direzioni possibili». Vítor Gonçalves in Lorenzo Esposito, «Opera d’arte commovente, rigorosa, il Stati di mutamento. Conversazione film di Vítor Gonçalves non è caduto con Vítor Gonçalves , «Filmcritica», fra noi come un meteorite, è piuttosto n. 504, aprile 2000 il risultato di una meditazione impres - sionata, ossessiva, sulla vita delle forme nel cinema. Opera di tempi e spazi pro - A V IDA INVISÍVEL sciugati, modulati, essa scorre proprio Regia: Vítor Gonçalves; sceneggiatura: come un filo d’acqua o una lacrima. V. Gonçalves, Mónica Santana Baptista, Uma Rapariga no Verão è il primo film Jorge Braz Santos; fotografia: Leonardo di Vítor Gonçalves, ma data la sua pie - Simões; montaggio: Rodrigo Pereira nezza potrebbe essere l’ultimo. Grazie, Rui, Alexandre Santos; musica: Sinan C. amico della bellezza». Savaskan (soprano Alison Wells); inter - António Reis preti: Filipe Duarte, Maria João Pinho, in Roberto Turigliatto (a cura di), João Perry, Susana Arrais, Maria Ana Amori di perdizione , cit. Bernauer; produzione: Pedro Fernan - des, Duarte Rui, A. Santos e Maria João «Quando si filma, subentrano delle si - Sigalho per Rosa Filmes/Christopher tuazioni che possono capovolgere del Young per Young Films; origine: Porto - tutto quello che si era pensato in fase gallo/Regno Unito 2013, col.; formato: di scrittura. Perciò rispetto alla sceneg - digitale, col.; durata: 103’. giatura mi pongo in uno stato d’animo Copia DCP [anche da materiali Super8 di completa apertura verso quello che di Julie Brook] da Rosa Filmes. potrebbe accadere in seguito. Il mon tag - gio infine, richiede un’ulteriore ca pa cità «È un film sulla coscienza dell’eroe, una di farsi sorprendere. Bisogna cogliere sorta di avventura interiore, e nel pro - nel materiale filmato ciò che non si è cesso del suo sviluppo ho dovuto apri -

25 re anche me stesso all’ignoto. Non ave - cosa che avevo intravisto di sfuggita vo tutte le risposte, ma sapevo di non cui potevo accedere ora solo attraverso voler imporre alla storia delle idee pre - l’in quadratura e la sua qualità materica. concette. [...] La chiave, per me, era Ciò che vedevo apparteneva più alla quella di rendere possibile il cambia - sfera delle suggestioni che a quella del- mento per il personaggio principale, le parole. Era come se desiderassi girare così da creare una progressione dram - un film segreto parallelamente a quello matica, realizzabile solo quando Hugo che stavo effettivamente realizzando. fosse diventato capace di modificare il Durante il montaggio, le riprese appar - suo rapporto con il tempo. Avrebbe tenenti a quest’altro film sembravano scoperto una nuova prospettiva di vita, avanzare creando uno spazio di possi - non appena si fosse reso conto che il bilità per idee che andavano prenden - tempo non si stava chiudendo su di lui. do forma. Un giorno, il vero significato La vera sfida consisteva nel trovare un della sequenza si è affermato all’interno modo di mostrare tutto questo. [...] Il dell’immagine e l’inquadratura degli al- mio compositore, Sinan Savaskan, ave - beri ha trovato definitivamente il suo va quest’idea di una nota senza fine, posto nel film. L’ho considerato la ma - una nota sempre gravida di una qual - nifestazione di un momento decisivo che possibilità. [...] In A Vida Invisível , per il protagonista: l’unico in cui pren - per la maggior parte del film, l’eroe è de coscienza della propria mortalità e incapace di immaginare il suo futuro, capisce finalmente cosa significa essere mentre la protagonista di Uma Raparí- vivo». ga no Verão è molto più a suo agio con quest’idea, come se restasse in attesa, «[António Reis] analizzò un mio lavoro. fiduciosa che in qualche modo il suo Era un film di tre minuti. Ricordo un so - futuro si sarebbe realizzato come per lo particolare: nell’angolo di una inqua - magia. La musica è stata fondamenta- dratura compariva un ramo agitato dal le per esprimere quella frustrazione e vento; Antonio vi mise la mano sopra, quell’aspettativa». “cancellandolo” dall’immagine, e ci mo - Vítor Gonçalves in Trevor Johnston, strò come la sequenza fosse più “secca”, Lisbon interludes: Vítor Gonçalves non decorativa». on The Invisible Life and A Girl in Vítor Gonçalves Summer , «Sight and Sound», in Roberto Turigliatto (a cura di), maggio 2015 Amori di perdizione , cit.

Dalle note di regia: «Mentre preparavo una delle scene in ospedale, ho visto la macchina da presa in una stanza anoni - ma. Dalla finestra si vedevano gli al beri sullo sfondo del mare in tempesta. Ho rivolto la macchina verso i rami agitati dal vento. Sono stato colpito da qual -

26 Apocalypsis cum figuris L’eterno ritorno dei prati (Ancora sulla Grande Guerra)

27 RITORNO AL PAESE la vita dell’altopiano intorno a noi, tan - to simile alla vita in generale: a volte Regia: Ermanno Olmi; testo, interprete: incantata e dolce alla superficie, sem - Mario Rigoni Stern; produzione: RAI; pre tragica appena ne grattiamo un po’ origine: Italia, 1967; formato: 16mm, la crosta. Se c’è un simbolo nella storia b/n; durata: 10’. dei recuperanti è proprio questo. Sotto Copia video (da 16mm) da Fuori orario. l’occhio del sole più ridente, mezzo metro dentro l’erba verde dei pascoli, Servizio realizzato per il programma la guerra ha lasciato i suoi segni: rotta - “QuestEstate”. Il ritorno al paese è quel - mi di ferro, spezzoni, ossa umane. E, a lo dello scrittore Mario Rigoni Stern, il volte, bombe ancora pronte a esplode - quale, ogni volta che trascorre un po’ di re, insidie mortali per chiunque si avvi - tempo in città, si sente assalire dalla ma- cini a frugare. Questo è l’Altipiano dei linconia e dalla nostalgia per la propria terra d’origine. Sette Comuni, monumento perenne al - la demenza umana da quando eserciti di opposte nazioni vi furono calamitati a scontrarsi. [...] Le generazioni del no- I RECUPERANTI stro secolo scontano la memoria del Regia, fotografia, montaggio: Ermanno ’15-’18, riacutizzata da traumi più Olmi; sceneggiatura: Mario Rigoni Stern, recenti: per Mario è stata la ritirata di E. Olmi, Tullio Kezich; musica: Gianni Russia, una conferma del fondo tragico Ferrio; interpreti: Antonio Lunardi, An- dell’esistenza umana. Così la sera l’ami - dreino Carli, Alessandra Micheletto; pro - co ci raccontava (e racconta) storie di duzione: Gaspare Palumbo per RAI/ se stesso fra gli uomini; e così venne Produzione Palumbo; origine: Italia, fuori la vicenda dei recuperanti. [...] La 1970; formato: 35mm, col.; durata: 98’. vicenda incredibile dei reduci di due Copia 35mm da Cineteca Bologna. guerre, che per difendersi dalla fame e allontanare lo spettro dell’emigrazione «I recuperanti nacque in una delle tante si diedero a rastrellare la terra metro pe r sere di fine anno quando la compagnia metro, decisi a strapparle da vivere in asiaghese di Val Giardini si riunisce rottami di ferro. Prigionieri di questa intorno a Mario Rigoni Stern, sovrano prospettiva assurda, isolati nel loro la - democraticissimo della nostra comunità vo ro come in una miniera, i recuperati montanara. [...] È proprio allora che la vissero mesi e anni di totale alienazione: genialità di Mario, inaspettatamente, e ancora oggi, nei loro ricordi oscillano rompe l’incanto un po’ dolciastro della fra la paura retrospettiva e l’esaltazione, convenzione. E dai cori conviviali, dalle mescolano orrori e bravate, passano battute scherzose, intrecciate per alle - dall’angoscia al rimpianto». gria, si scivola quasi insensibilmente Tullio Kezich, Un pezzo di vita , in Mario nella vita. La vita di Mario Stern, che è Rigoni Stern, Ermanno Olmi, T. Kezich, un narratore autobiografico, autore di I recuperanti , Appunti del Servizio un solo interminabile libro; ma anche Stampa RAI, Asiago, 1985 28 L’ ALPINO DELLA SETTIMA FUORI CAMPO Regia: Giuseppe Taffarel; testo: Roberto IL SERGENTE NELLA NEVE Natale; fotografia: Giovanni Raffaldi; Lettera del produttore Goffredo Lom bar - musica: Carlo Frajese; voci: Antonio do (24 ottobre 1961): «La società Titanus Guidi, Angiolina Quinterno, Santino ha in animo di realizzare, con la colla - Amici; produzione: Pegaso Film; origi - borazione dell’URSS, un film in com - ne: Italia, 1969; formato: 35mm, b/n; partecipazione con detto Paese che si durata: 18’. avvale della storia tratta dal romanzo Il Copia 35mm da Cineteca Bologna. sergente nella neve di Mario Rigoni Stern; che ha avuto molto successo in Dalla presentazione in video dell’auto - Italia e che è stato tradotto anche in re: « Un alpino della settima è nato come URSS ad iniziativa delle autorità di quel un discorso contro la guerra, evitando i Paese. La vicenda cinematografica in - luoghi comuni soliti, [...] arrivando a ve- tende dimostrare l’eroismo e l’abnega - dere quello che resta di grave nella gente zione dei nostri soldati durante la guer - per colpa della guerra. È un documen - ra mondiale, mettendo in rilievo gli tario intimista, però alla fine salta fuori aspetti umani che animano questi sol - proprio il discorso diciamo anche fero - dati in queste loro azioni anche quan - ce (perché questo era il mio intento) do, stretti da forze soverchianti, sono contro la guerra. È una famiglia che la costretti a battersi senza speranza fino guerra ha distrutto. Il figlio non si è spo- all’ultimo respiro. Naturalmente dalla sato anche per [...] stare vicino alla ma - storia si evince chiaramente il carattere dre, che è rimasta vedova del marito del popolo italiano: la solidarietà tra uf - caduto in guerra sulle Dolomiti [...] e ficiali e truppa, il senso di fraternità che mai più ritrovato. Questo ha determi - unisce tutti di fronte al pericolo, il pen - na to un dolore inestinguibile in tutta la siero che ognuno che sopravviverà por - famiglia, e l’ha distrutta. La moglie di terà un messaggio di fraterna solidarie - questo soldato “ignoto” è morta di cre - tà alle famiglie di quelli che sono scom - pacuore, mentre il figlio si è messo in parsi, il senso stesso della famiglia che testa di cercare i resti del padre fra le traspare dai rapporti fra questi uomini Dolomiti, frugando fra le rocce. Un di - disperati, sono le linee fondamentali scorso [...] un po’ folle, un po’ assurdo, che daranno vita e colore alla vicenda. come i paesani lo definivano, ma lui ha Il regista è il giovane Ermanno Olmi, insistito per tutta la vita [...], pensando autore del film Il posto , che ha avuto di poter trovare il padre». tanto successo a Venezia e che oggi sta trionfalmente attraversando le sale di proiezione italiane. Naturalmente prima di iniziare qualsiasi contatto con le au - torità russe, la società Titanus desidera essere messa regolarmente in contatto con i Russi, tramite le nostre Rappre -

29 sentanze diplomatiche, affinché non sia interlocutori con i quali aveva lasciato data alcuna interpretazione maliziosa a un discorso aperto. Risponde a quelle questa vicenda che, nel suo insieme, de - domande che in vita rinviamo sempre. sidera rappresentare un anello di con - Non è per niente un eroe am biguo: mi giungimento umano tra il popolo italia - sono innamorato di Giovanni perché no e il popolo russo, senza nessun rife - muore come ha vissuto, con autorevo - rimento politico». lezza e lealtà. E così come ha capito che Sergio M. Germani, Simone Starace, per fare il comandante doveva essere Roberto Turigliatto, Titanus. Cronaca autorevole, nello stesso modo ha intui - familiare del cinema italiano , to che attraverso la morte anziché far- Centro Sperimentale di Cinematografia/Sabinae, Roma, 2015 si grande doveva farsi piccolo. [...] La mia intenzione era quella di rievocare il passato, ma non di ricostruirlo. Volevo IL MESTIERE DELLE ARMI evocarlo attraverso un percorso del - l’anima [...]. La ragione di questa rievo - Regia, sceneggiatura: Ermanno Olmi; cazione sta nella coincidenza di certe fotografia: Fabio Olmi; montaggio: realtà del passato con certe realtà del Paolo Cottignola; musica: Fabio Vacchi; presente. Questo è evidente nell’ultima interpreti: Hristo Jivkov (voce Giovan- battuta-didascalia, quando il palafrenie - ni Crippa), Sergio Grammatico, Dimitar re dice che i comandanti e i principi Ratchkov, Fabio Gubbani, Sandra Cec- dopo la morte di Giovanni si auspicano carelli, Omero Antonutti (voce); produ - che mai più venga usata contro l’uomo zione: Cinemaundici/RaiCinema/Studio la potente arma da fuoco. Basta questa Canal/Taurusproduktion; origine: Italia/ battuta per indurci a indagare su quel Francia/Germania, 2001; formato: 35mm, passato, per capire perché oggi l’uomo col.; durata: 109’. spari più che mai». Copia 35mm da Cineteca Nazionale. Ermanno Olmi, Lasciate che la realtà vi parli , «Film Maker’s Magazine», «Giovanni delle Bande Nere non era un n. 6, luglio-agosto 2001 feroce tagliatore di teste o un guerrafon - daio, ma solo un comandante severis - simo che faceva il cosiddetto “mestiere UMANITÀ delle armi”. Svolgeva un servizio e, del resto, la sua corrispondenza fa vedere Regia: Elvira Giallanella; soggetto: da un come lui avesse un forte senso degli af - racconto di Vittorio Emanuele Bravetta; fetti, della famiglia, degli amori. [...] Gio - produzione: Liana Film; origine: Italia, vanni, man mano che cresce di grado, 1919; formato: 35mm, col.; durata: 35’. assume delle responsabilità con una Copia video (da 35mm) da Cineteca qualità di comandante e di uomo stra- Nazionale. ordinaria. E questa qualità lo conduce alla morte. In quei quattro giorni di ago - «Introdotto da una didascalia che lo pre - nia chiama attorno al suo letto tutti gli senta come un lavoro “umoristico-satiri -

30 co-educativo”, il film ha per pro tago nisti [KELLY IN BATTLE ] due bambini, Tranquillino e Serenetta. COCCIUTELLI IN GUERRA Durante la notte i piccoli si alzano e mentre la bambina va a rubare nel vaso Regia: Luca Comerio; interpreti: Natale della marmellata, il maschietto si dedi - Guillaume; produzione: Milano Films; ca alle sigarette di papà. Il fumo pro - origine: Italia, 1912; formato: 35mm, voca a Tranquillino un sogno angoscio - b/n; durata: 6’. so: il mondo è stato distrutto da una Copia 35mm da La Cineteca del Friuli. terribile guerra e a lui tocca il compito di rifarlo. Le scene successive mostrano «Nei film di Comerio che seguono l’im - Tranquillino che ripercorre gli errori ac- presa libica, al di là di titoli che qui co - cumulatisi nella storia dell’umanità: in me in seguito possono essere di trion - effetti anche scavando in profondità e fale retorica, ciò che si vede è che le addentrandosi negli strati più remoti truppe italiane penetrano sempre in della storia dell’umanità, il ragazzo non territori estranei e ostili, e ogni gesto riesce a trovare altro che armi e segni (anche nell’esercitazione di Esercito ita - di conflitto... [...] Tratto da un racconto liano: plotone nuotatori di cavalleria ) per ragazzi di Vittorio Emanuele Bra- evidenzia sforzi fisici, attraversamenti a vetta, in versi e impreziosito da illu- nuoto o in pericolose discese, avanza - strazioni a colori di Golia, Umanità è menti in un deserto non mitizzato esoti- l’unica regia di Elvira Giallanella, figura camente. Le armi (vedi La nostra artiglie - tanto interessante quanto, per il mo- ria di guerra ), lungi da mitologie futu - mento, perfettamente misteriosa. [...] Il ristiche, diventano macchine celibi di film avrebbe dovuto essere il primo ti - distruzione, soffermandosi lungamente tolo di “un vasto programma di lavoro, sui rinculi del cannone da cui ogni che comprende grandi films di intrec - volta ci si deve scostare. Diventa secon - cio o di ricostruzione storica e films per dario quanto taluni hanno interrogato, bambini, le quali saranno interpretate da ovvero quanto vi sia di riprese docu - bambini”. Ma il progetto di Giallanella mentaristiche di eventi bellici reali e sembra essersi interrotto dopo Umani - quanto venga da Comerio ricreato per tà , film senza paragoni nella produ - le sue riprese: giacché anche in queste zione coeva, tentativo singolare di una s’impone l’immagine di un quasi inso - donna di testimoniare e trasmettere at - stenibile sforzo fisico. Ha dell’incredibi - traverso il cinema il proprio impegno le che nello stesso 1912 Comerio abbia contro la guerra». potuto realizzare un film comico (i suoi esordi nel cinema sono di finzione, con Monica Dall’Asta, Non solo dive. Pioniere del cinema italiano , il meraviglioso L’avventura galante di Il Profumo delle Parole, un provinciale riscoperto da quello che Bologna, 2007 è il suo vero erede nel cinema prove - niente da Milano, Luigi Comencini) inti - tolato Cocciutelli in guerra con un per - sonaggio comico carico di bandiere ita -

31 liane e trascinante un cannone, la cui tà della donna, che avvenne attraverso impresa gloriosa consiste nello strappa - le letture al giardino di Villa Borghe- re e portare in Italia la bandiera araba. se, marinando la scuola, di Tolstoj e Se non fosse stato firmato da Comerio Flaubert». il film avrebbe potuto persino incorrere Sergio Grmek Germani, Le trincee del nell’accusa di vilipendio alla bandiera Carso, il disco rotto di Giovinezza, i veli di italiana». Anna Karenina e Madame Bovary , in Sergio M. Germani, Cocciutelli va Arnaldo Colasanti, Ernesto Nicosia (a cura in guerra, o dello sguardo feroce di Luca di), Mario Camerini. La nascita della Comerio , in Piero Del Giudice (a cura di), modernità , Gli Archivi del ’900, Roma, 2011 L’Europa in guerra. Tracce del secolo breve , Edizioni “e”, Trento/Trieste, 2015 (II ed.) «Mne e la sorella cieca Gamra sono le beniamine della cabila di Mabruk el Gadi, uno dei più noti nomadi della KIF TEBBI Libia. La bellezza di Mne ha acceso una torbida fiamma nel cuore di Rassim Regia: Mario Camerini; soggetto: dal ro- Ben Abdalla, signorotto superbo e lus - manzo di Luciano Zuccoli; sceneggiatu - surioso, ma la ragazza lo sfugge, anche ra: Luciano Doria, M. Camerini; foto - perché ella ha promesso il suo cuore al grafia: Ferdinando Martini; montaggio: generoso Ismail. Scoppia la guerra ita - Nuccio Fiorda; interpreti: Donatella Ne - lo-turca (1911) e le truppe ottomane ri, Laura Orsini, Marcello Spada, Piero requisiscono e saccheggiano e neppure Carnabuci, Ugo Gracci, Alberto Pasqua- la cabila di Mabruk si salva. Le due li; produzione: ADIA; origine: Italia, sorelle terrorizzate dai soldati fuggono 1928; formato: 35mm, b/n; durata: 115’. sulle dune e Mne è salvata dalle voglie Copia 35mm restaurata da Cineteca Bo - di un sergente brutale da Ismail che logna. conduce la giovane nella casa di suo «Il più importante ritrovamento came - padre Ajad dove trova protezione e riniano tra tutti. Pur in una certa pe - conforto. [...] Un intenso bombarda - santezza nell’impianto scenaristico e mento prima e l’arrivo degli italiani poi scenografico, con zone in cui il film lo risolve la situazione e il giovane arabo subisce, contiene la sequenza più bella può riabbracciare la dolce Mne» di tutta l’opera cameriniana, con Dona - Roberto Chiti, «Il Lavoro», 23 settembre 1976 tella Neri e Laura Orsini (cieca) che nel deserto si scoprono dei veli agli occhi del protagonista. Attraverso Zuccoli il film inclinava alla fascinazione fascisti - CONVERGENZE PARALLELE ca verso il mondo musulmano; Cameri - OKIBA NON VENDERMI ! ni la rende inattuale con una forza che si conserva anche rispetto all’universo Regia: Gianni Fontaine; sceneggiatura: musulmano odierno. Il film più segna - padre Romeo Panciroli, G. Fontaine, to dalla scoperta di Camerini del la real - Luigi Bonelli; fotografia: Nello Bandi -

32 nelli; montaggio: G. Fontaine, Rinaldo ad autentici selvaggi negri, una specie Montagnoni, Rodolfo Palermi; musica: di film neo-realista nel vero senso della Carmine Rizzo; interpreti: Abeja, Kizito, parola. [...] In questo loro primo film i Ogwang, padre Paolo Cereda, padre negri, che hanno nel sangue un fondo Roberto; produzione: EDNI; origine: d’arte genuino, abituati alla danza, han - Italia, 1955; formato: 35mm, b/n; dura - no saputo trovare anche nel ruolo di ta: 72’. attori improvvisati le vergini possibilità Copia 35mm da La Cineteca del Friuli. espressive della loro razza. Ne è venu - ta fuori un’opera che costituisce un do- «In questi giorni viene proiettato in pri- cumento eccezionale di vita negra, di ma visione in alcune sale cinematogra - vera arte drammatica, di umanità di fiche di varie regioni italiane un film quella gente di colore che spesso rite - tutto particolare. Esso rievoca la patetica niamo, a torto, composta da uomini a storia di un fatto realmente verificatosi noi inferiori come doti intellettuali e alcuni anni or sono nell’Africa Equato- come sentimenti morali». riale e che molto assomiglia alla vicenda Antonio Fugardi, Un film cristiano di Giulietta e Romeo: due giovani negri con protagonisti negri , «Il Popolo», si amavano ma non potevano sposarsi 26 ottobre 1955 perché appartenenti a tribù rivali. Il dramma che ne scaturì ebbe conclusio - ni in un certo senso inaspettate perché CAMICIA NERA nella lotta degli istinti guerrieri e vendi - cativi si inserì improvvisamente la paro - Regia, sceneggiatura: Giovacchino For - la di un missionario cattolico attraverso zano; fotografia: Mario Albertelli, Mario cui la tragedia poté comporsi nella con - Craveri, Ercole Granata, Giulio Rufini, solazione. La vicenda ebbe una certa Eugenio Bava; montaggio: G. Forzano, risonanza soprattutto fra gli europei, Mario Bonotti; interpreti: Enrico Marro - perché rivelò visuali inconsuete nella ni, Antonietta Mecale, Enrico De Rosa, psicologia delle popolazioni negre e Pino Locchi, Vinicio Sofia, Loris Gizzi, suggerì questo film con intenti artistici Annibale Betrone; produzione: Istitu- e documentari insieme. [...] L’idea del to Luce; origine: Italia, 1933; formato: film appartiene a un missionario, il pa - 35mm, b/n; durata: 95’. dre Romeo Panciroli delle Missioni Afri - Copia 35mm da Cineteca Nazionale . cane di Verona. Venne stesa la sceneg - giatura in Italia, ma poi – alla fine del «Le vicende produttive di Camicia nera 1952 – padre Panciroli, l’operatore Ban - (1933) “sintesi cinematografica delle vi - dinelli e il regista Gianni Fontaine si cende d’Italia dal 1914 al 1932” o più imbarcarono a Napoli con macchina da esplicitamente “film della passione fa - presa, con carrello, con parco lampade scista” (secondo lo slogan propagandi - e con migliaia di metri di pellicole. Nes - stico diffuso dall’Istituto Luce), furono sun attore e nessuna attrice. Era stato al centro di vivaci polemiche. Tali pole - deciso infatti di far interpretare il film miche investirono direttamente la figura

33 dello sceneggiatore e regista Giovacchi - lettera emerge, infatti, il suo intervento no Forzano ed ebbero anche ripercus - diretto con “suggerimenti” e “correzio - sioni ai vertici dello stesso Istituto Luce, ni” durante la stesura della sceneggia - che era il produttore del film. [...] Nel tura e la sua supervisione per ciò che 1932, tra le diverse iniziative promosse concerneva le parti del film già girate. dal regime fascista in occasione della Un intervento che culminò nella ripre - celebrazione del Decennale, l’Istituto sa del discorso fatto dallo stesso Mus - Nazionale Luce bandì un concorso per solini all’inaugurazione della città di il miglior soggetto o sceneggiatura ori - Littoria e che era stato scritto apposita - ginale che commemorasse il decimo an- mente per Camicia nera ». niversario della Marcia su Roma. [...] La Patrizia Minghetti, Lo «scandalo» scelta ricadde dunque su Forzano, che di «Camicia nera» , «Immagine», aveva già collaborato ad alcune inizia - n. 8, aprile-giugno 1984 tive promosse dal regime nel settore dello spettacolo. [...] L’uscita ufficiale del film era prevista per il 28 ottobre LE SCARPE AL SOLE 1932, ricorrenza del giorno in cui, dieci anni prima, il re Vittorio Emanuele III Regia: Marco Elter; soggetto: dal roman - aveva affidato a Mussolini l’incarico di zo di Paolo Monelli; sceneggiatura: formare il governo. A queste data però Curt Alexander, P. Monelli; fotografia: le riprese del film erano ancora in pie- Massimo Terzano; montaggio: Camillo no svolgimento: fu proprio questo fatto Ma strocinque, Giorgio Bianchi; musica: che contribuì a sollevare parecchie po- Antonio Veretti; interpreti: Camillo Pi- lemiche per l’eccessivo prolungarsi dei lotto, Cesco Baseggio, Carlo Lodovici tempi di lavorazione e per l’aumento (voce Giulio Panicali), Nelly Corradi delle spese di produzione derivate da (voce Lidia Simoneschi), Giorgio Covi, tale prolungamento. [...] Con un ritardo Isa Pola; produzione: Roberto Dandi per di cinque mesi sulla data prevista, Ca - ICI/Artisti Associati; origine: Italia, 1935; micia nera venne proiettato in tutti i formato: 35mm, b/n; durata: 104’. capoluoghi della penisola e nelle mag - Copia 16mm (da 35mm) da Cineteca giori capitali europee (Parigi, Londra, Bruno Boschetto. Berlino) in un giorno altrettanto cele - brativo: il 23 marzo. Nello stesso gior - «La guerra alpina, la nostra guerra alpi - no del 1919, infatti, si era tenuta a Mi - na, dall’Adamello alla Conca di Piezzo. lano l’Assemblea costitutiva dei fasci di Tema altissimo, da far tremare i polsi a combattimento che aveva approvato il qualsiasi regista. Una guerra combattu - famoso programma di S. Sepolcro. Nel - ta nel regno dei falchi e delle aquile, la lettera inviata da Forzano a Mussolini con le picozze talvolta più utili del fuci - il 6 aprile 1933, il regista [...] ci fornisce le, con le corde talvolta più necessa- testimonianza [...] sulla figura e sul ruo - rie della baionetta. Teleferiche distese lo del vero protagonista dell’operazione su abissi, ricoveri in caverne ricavate da Camicia nera : Benito Mussolini. Dalla pareti a picco, tende che avevano per

34 muricciolo blocchi di ghiaccio; corvées eroico sacrifico di Bepi e di Durigian, inenarrabili per far giungere ai tremila, nella morte del giovanetto Marco; ed ai tremilacinquecento ciò che è indi - ha inquadrature assai belle e significa - spensabile alla vita dell’uomo [...]. È lo tive, come nella dissolvenza che alle spirito alpino: generoso e testardo, bor - pubblicazioni di matrimonio sostituisce bottone ed eroico, saldo come la presa l’ordine di mobilitazione, nella sequen - del rampone sul ghiaccio, indomabile za della mobilitazione stessa, in alcuni come l’ululare della tormenta. Uno spi - episodi di combattimento, in una serie rito che dell’“arrangiarsi” ha fatto la sua di esterni, dallo Stelvio alle Dolomiti, legge più vera; ed è un “arrangiarsi” di dovuti alla sapienza di quell’ottimo tra fronte a pareti e a crepacci, a seracchi gli operatori che è Terzano». e a valanghe [...]. Interpretare su di uno Mario Gromo, Il successo di Scarpe schermo la guerra alpina, lo spirito al sole , «La Stampa», 22 agosto 1935 alpino, è tema degno d’un altissimo artista, che tale vita e tale spirito abbia intimamente compresi, e che sappia ABUNA MESSIAS (C ARDINAL MASSAIA ) poi esprimerli con la sua inconfondibi - le arte. Sia data quindi lode a Paolo Mo- Regia: Goffredo Alessandrini; soggetto: nelli e Marco Elter per aver affrontato Calllisto V. Vanzin, Luigi Bernardi; sce - la nobilissima impresa. Essi avrebbero neggiatura: G. Alessandrini, Vittorio potuto scegliere uno fra i mille episodi Cottafavi, Domenico Meccoli, Cesare salienti di quella guerra, dalla conquista Vico Lodovici; fotografia: Aldo Tonti, del Monte Nero a quella del Col di La - Renato Del Frate; montaggio: Giorgio na, [...] ma ciò è stato deliberatamente C. Simonelli; musica: Mario Gaudiosi; evitato dal soggettista e dal regista del interpreti: Camillo Pilotto, Enrico Glori, film, i quali non hanno voluto mostrar - Mario Ferrari, Amedeo Trilli, Berchè ci un dramma in crescendo, incoronato Zaitù Taclè (voce Giovanna Scotto); poi da una sua apoteosi, nella luce che produzione: Alessandro F. Gagna per consacra gli eroi. [...] Non quindi una REF; origine: Italia, 1939; formato: trama troppo evidente, non crudezza 35mm, b/n; durata: 97’. realistica, non brani arieggianti al docu - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. mentario, non la guerra vissuta; ma la guerra come deve apparire talvolta nel «Le vicende del popolo italiano sono ricordo, un ricordo virile, distaccato e unite alla propagazione della civiltà cri - sereno; con la raffigurazione simbolica, stiana da una connessione che trascen - quasi un ampio affresco senza luci ra - de ogni contingenza casuale. I princi - denti, senza scorci violenti, lontano da pali protagonisti della sua storia non ogni maniera più o meno hollywoodia - raramente hanno svolto un compito che na [...]. Altro è riprendere in istudio, si riallaccia indissolubilmente all’espan - altro è riprendere a tremila metri. L’o- sione della fede cattolica romana in al - pera ha il significato che s’è detto, si tri Paesi e perciò assume un carattere anima nei due episodi di volontario universale. [...] Il Cardinale Guglielmo

35 Massaia è una di tali figure. La sua sta - «Se Abuna Messias era un sant’uomo, tura umana e cristiana domina vari beh, è molto difficile parlare di un san - decenni della storia etiopica e la sua to nella sua concretezza, nella sua vio - opera ha tracciato una pista che fatal - lenza, nella violenza degli eventi storici mente e provvidenzialmente doveva che l’hanno coinvolto. [...] C’era un rap - trasformarsi in un’autostrada. [...] Biso - porto molto preciso [con il presente]. gnava scegliere un episodio centrale tra Era un recuperare il passato legandolo i numerosissimi che costellano la sua al presente. Nel film come tu lo co- vita missionaria. Un episodio altamente nosci manca una parte che venne gira - significativo e drammatico che riassu - ta, e che riguardava proprio la guerra messe possibilmente la sua attività di d’Africa [...]. Iniziava con l’episodio di sette lustri e fosse un simbolo concreto un cappellano militare che, avanzando del suo ideale. La lotta tra lui e il rap - con le truppe, riscopriva i luoghi dove presentante principale della religione Abuna Messias aveva operato, ritrovava che combatteva, ha appunto il pregio delle tracce, e su quelle noi si ricostrui - di fissare sullo schermo il nucleo essen - va la vicenda. Poi all’atto pratico ci si ziale dell’opera massaiana e di simbo - accorse che questo non funzionava, era leggiare il fine superiore dell’apostolato di più, e quindi cadde. Ma l’idea inizia - cattolico: la lotta del bene contro il ma - le, quella che spinse alla realizzazione le. [...] D’altronde due fattori rendevano del film – e che credo, fu incoraggiata attuale la vita del Cardinale Massaia. Il anche dal Ministero – era proprio que - ritrovamento, dopo 60 anni, di un nu- sta: collegare l’Italia all’Etiopia attraver - cleo di suoi convertiti assieme all’ot- so mezzo secolo di storia. [...] Era un tuagenario Sacerdote indigeno a cui il film profondamente pacifista. E infatti, Missionario aveva affidato la custodia una delle ragioni per le quali cadde delle sue opere e la partecipazione alla l’introduzione bellica, è che trasporta- campagna etiopica di un suo pronipo - va su un piano diverso il discorso, e te, il Padre Giuliani, immolatosi per la distorceva l’interpretazione di tutta la redenzione dell’Abissinia. Questi col - storia del cardinal Massaia». legamenti sono accennati nell’epilogo Vittorio Cottafavi in Francesco Savio, e danno all’opera un profondo caratte - Cinecittà anni Trenta. Parlano 116 re di compiutezza mentre costituiscono protagonisti del secondo cinema italiano 1930-1943 , a cura di Tullio Kezich, la vera apoteosi del protagonista. Alla Bulzoni, Roma, 1979 sua esaltazione partecipa direttamente la Patria che, riprendendo la missione affidatale da venti secoli dalla Provvi - CONVERGENZE PARALLELE denza, continua nel mondo un’opera incomparabile di fede e di civiltà». CAFFÈ DEGLI SPECCHI Calllisto V. Vanzin, Luigi Bernardi, Come abbiamo fatto “Abuna Messias”, Regia: ?; interprete: Alberto Sorrentino; «Film», 12 agosto 1939 origine: Italia, anni ’50; formato: 35mm, b/n; durata: 1’.

36 Copia 35mm da La Cineteca del Friuli Trieste all’Italia. Il Caffè cambia da al - (Fondo Livio Fantina). lora vari gestori (Angelo Asperi di Ber- gamo; società Emax a capo del gruppo Il Caffè degli Specchi, in piazza dell’U - Hausbrandt, storica casa di tostatura nità d’Italia, situato al pianterreno del fondata a Trieste nel 1892) e nel 1969 neoclassico Palazzo Stratti, è realizzato affronta un importante restauro. Il tor - dall’architetto Antonio Buttazzoni nel mentato passato di Trieste ha lasciato le 1839, su ordine del mercante greco Ni - sue tracce: molti specchi non ci sono colò Stratti. Causa problemi finanziari più, ma i tre originali rimasti ne sono di Stratti, l’intero edificio passa alle orgogliosi testimoni. Attualmente, Giu - Assicurazioni Generali e il Caffè viene seppe Faggiotto della società Cioccola - completato nel 1846, con il suo primo to Peratoner gestisce il Caffè per conto gestore, Nicolò Priovolo, al quale deve della Segafredo Zanetti, riportandolo ai il nome. Per riverberare i riflessi del tra - livelli della sua storia più illustre, grazie monto, Priovolo ebbe l’idea geniale di anche a matinée musicali e attività cul - ricoprire le pareti del Caffè con le in - turali. cisioni di eventi storici dell’Europa A testimonianza dell’attività di spetta - dell’Ottocento, realizzate sugli specchi. colo legata al Caffè, resta anche questo Nel 1884 l’attività passa a Antonio Ce - breve spot pubblicitario realizzato nel sareo e Vincenzo Carmelich, professio - dopoguerra, in cui compare il comico nisti del caffè, che nel 1933 introducono Alberto Sorrentino. la corrente elettrica. Durante la secon - da guerra mondiale diventa alloggio, magazzino e stalla per le esigenze del- IL DUCE A TRIESTE le forze militari, per poi passare, dal 1945, nelle mani della Marina britanni - Produzione: Istituto LUCE; origine: ca (Royal Navy) che lo utilizza come Italia, 1938; formato: 35mm, b/n; dura - quartier generale fino all’annessione di ta: 40’.

37 Copia DCP (da 35mm) da Archivio nazio- 1976; formato: video, b/n; durata: 71’. nale cinematografico della Resistenza. Copia video da Archivio nazionale ci- nematografico della Resistenza. «Vorremmo aggiungere a queste punte assolute del festival la proiezione di un «Sono stati due elementi personali a ren - “documento” restaurato dall’Istituto Lu- dermi particolarmente appassionante la ce il cui ritrovamento non appartiene lettura: il ricordo di un carissimo incon- all’istituto statale che l’aveva prodotto tro con Tommasini a una Mostra del (ma non lo conservava) bensì al mai suf - cinema di Venezia (1976) e il ritrovare ficientemente riconosciuto Archivio del- in ogni pagina della sua autobiografia la Resistenza di Paolo Gobetti: si tratta quell’atmosfera di lotta, di tensione di Il Duce a Trieste , mediometraggio ideale, di speranze e di impegno che dedicato nel 1938 al discorso che non era stato l’elemento più entusiasmante solo preannunciava le leggi razziali ma della mia esperienza nella raccolta di te - collegava il discorso antisemita a un ri - stimonianze video sulla guerra di Spa - lancio industriale allineato all’ideologia gna (condotta per l’Archivio Nazionale di Himmler. Pur essendo il contenuto di Cinematografico della Resistenza). In quel discorso noto, il film che lo docu- quegli anni, in Italia e in Spagna, avevo menta è francamente rivelatore, e per un avuto occasione di constatare di quan - triestino come lo scrivente decisamente te ricchissime “storie di vita” sia fatta impressionante perché probabilmente la storia e la vita delle classi subalterne mai la splendida Piazza Unità con oriz - in quel periodo così ricco di contrasti, zonte sul mare fu affollata come in quel aspirazioni, successi e sconfitte: un pe - momento. Ancora una volta, come suc - riodo in cui la drammatica esperienza cede nei film iraniani, in quelli sovieti - spagnola rivela sempre più, col passare degli anni, la sua natura di momento ci e in quelli di McCarey, il cinema con chiave, di nodo fondamentale in cui si la flagranza del reale contiene la verità sono intrecciati con la massima intensi - cui le ideologie nulla possono». tà e con la massima lucidità i fili rossi e Sergio M. Germani, Schegge di Storia neri, bianchi e rosa della volontà delle contro le ideologie , «il manifesto», 7 luglio 2015 classi popolari a esprimere una loro vi - sione (un’utopia?) di una nuova socie - tà. [...] Un viaggio che ci ha portati dalla VIVERE DA ANARCHICI . U MBERTO scoperta dell’entusiasmo che ha spinto tanti giovani a combattere per la libertà TOMMASINI : INTERVISTA SULLA RIVO - in Spagna, all’incontro con la vita dura LUZIONE SPAGNOLA dell’emigrazione; dalla lezione delle pri - Regia: Paolo Gobetti; collaborazione: me lotte antifasciste in Italia al momen - Paola Olivetti, Claudio Venza; interventi: to esaltante della rivoluzione spagnola Umberto Tommasini, P. Gobetti; produ - del luglio 1936: quel momento culmi - zione: Archivio nazionale cinematogra - nante in cui la fedeltà agli ideali, per fico della Resistenza; origine: Italia, contraddizion che nol consente , non

38 viene a patti, a compromessi, non si cinturino del cappello questa frase: l’è piega alle esigenze ignobili della “ra- andà così . Gli chiesi: com’è andata? E gion di stato”, e dà quella che è forse la lui, guardando lontano e stringendosi lezione più bella di tutta la storia del nelle spalle rispose: mah, così è anda - nostro secolo: quando gli anarchici pa - ta”. Queste poche parole introduttive droni di Barcellona e della Catalogna si sono l’inizio di un bellissimo racconto rifiutano di “prendere il potere”, che di Mario Rigoni Stern, che parla di mon - già hanno conquistato nei giorni rivo - tagna e della sua gente. È un’immagi- luzionari, piuttosto di rinnegare i loro ne che rappresenta in modo esemplare principi, piuttosto di rinunciare alla loro l’anima di un popolo e la sua storia. stessa identità. [...] Il caso di Umberto Ancora i primi anni del secolo, la mon - Tommasini è naturalmente quello di un tagna era un mondo appartato ed militante: operaio triestino, anarchico, escluso. Salvo pochi, gran parte della fuoriuscito combattente nel la guerra di gente non ne sapeva quasi nulla. Con Spagna, imprigionato in carceri, campi, la prima guerra mondiale, i territori confino, uomo dell’antifascismo e delle montani del Nord Italia divengono tea - lotte del dopoguerra. Con la sua asso - tro di guerra. Allora i nomi dei campi di luta fedeltà a se stesso, con la sincerità battaglia, delle montagne e dei paesi della gente semplice». che ricorrono ogni giorno nei bollettini Paolo Gobetti in Umberto Tommasini, di guerra, nelle cronache dei giornali, L’anarchico triestino , a cura di Claudio diventano luoghi familiari. Tutti seguo - Venza, Antistato, Milano, 1984 no con trepidazione la sorte dei propri figli al fronte lontano. Pasubio, Orti- gara, Adamello, Grappa rappresentano “C OSÌ È ANDATA ”. G ENTE DI MONTA - il luogo di sofferenza e di morte per GNA migliaia e migliaia di giovani, e soprat - Regia: Ermanno Olmi, Toni De Grego - tutto le popolazioni della montagna di - rio, Maurizio Ricci; testi: Mario Rigoni ventano il cardine della difesa. È gente Stern, Emilio Lussu, Piero Jahier, Filip - abituata alle difficoltà e alle fatiche po Sacchi, Nuto Revelli, Alberto Fu - nella battaglia quotidiana con la natura. magalli; fotografia: Maurizio Zaccaro, Combattono da sempre, ora combatto - Fabrizio Borelli; montaggio: Andrea no per difendere le loro contrade dalla Eleu teri, M. Zaccaro; voci: Giorgio devastazione della guerra». Giao min, Anna Bonasso, Cristina De Gre gorio, T. De Gregorio; produzione: RAI; origine: Italia, 1987; formato: RACCONTO INTERROTTO . P IERO 16mm, col.; durata: 41’. GOBETTI NEL RICORDO DEGLI AMICI Copia video (da 16mm) da Fuori orario. Regia, montaggio: Claudio Cormio, Paolo Gobetti; fotografia: P. Gobetti, Dal film: «“Un giorno incontrai per la Giuseppe Risso, Gianfranco Torri; in - montagna un tale che aveva inciso sul terventi: Carlo Levi, Natalino Sapegno,

39 Andrea Viglongo, Franca Reynaud Ca’ montaggio: Antonio Fusco; musica: Zorzi Noventa, Mario Fubini, Giuseppe Franco Potenza; produzione: RAI; ori - Saragat, Manlio Brosio, Umberto Morra, gine: Ita lia, 1977; formato: 16mm e Giuseppe Prezzolini, Mario Vinciguerra, video, b/n; durata: 15’. Augusto Monti, Alfonso Leonetti, Fer- Copia video da Fuori orario. ruccio Parri, Ada Prospero Marchesini Gobetti, Lelio Basso, Augusto Mazzetti, «Nelle filmografie redatte negli ultimi Pietro Nenni, Sandro Pertini, Filomena an ni di vita, Raffaele Andreassi inserisce Nitti Bovet; produzione: Cooperativa 28 Album tra i programmi curati personal - dicembre; origine: Italia, 1991; formato: mente, insieme a Virgilio Tosi, mentre video, b/n e col. ; durata: 55’. Berengo Gardin è il collezionista che Copia video da Archivio nazionale ci- mette a disposizione degli autori una nematografico della Resistenza. quantità consistente di fotografie. Ma la peculiarità di questo programma di suc - Piero Gobetti nel racconto degli amici. cesso è nella partecipazione dei tele - Una cavalcata attraverso la cultura e la spettatori, invitati a mandare fotografie storia d’Italia, seguendo le testimonian - che sarebbero state, se selezionate, ze di uomini e donne, semplici e illu - mon tate all’interno della trasmissione. stri, alla ricerca delle caratteristiche e Il ruolo di Andreassi non è chiaro, se del significato della lotta di un giovane da una parte è confermata da più parti per il rinnovamento della società italia - la sua amicizia con Tosi e la sua colla - na. Una lotta stroncata dalla brutalità fa - borazione a questo lavoro, dall’altra i scista. Didascalia iniziale: «Questo film titoli delle puntate visibili al mo mento e è stato realizzato con materiali molto i documenti presenti negli archivi Rai disparati, cinematografici e video, rac - non riportano quasi mai il nome di colti nel corso di quasi trent’anni di ri - Andreassi, se non per alcune parti spe - cerca (1962-1991). Alcuni di questi ma - cifiche di alcune puntate, co me quella teriali sono stati girati in condizioni di su Gabriele d’Annunzio». fortuna e certe immagini e certi suoni Fulvio Baglivi (a cura di), Il mio cuore risultano irrimediabilmente deteriorati. è un gatto spezzato il mio sguardo è fran - Ma abbiamo deciso di usare comunque tumato. Cinema, arti e mestieri di Raffaele qualche frammento di tali irripetibili te - Andreassi , Centro Sperimentale di Cinematografia, Roma, 2015 stimonianze per il loro valore di docu - menti del mondo della cultura italiana contemporanea».

[A LBUM . F OTOGRAFIE DELL ’I TALIA DI IERI ] G ABRIELE D’A NNUNZIO Regia: Raffaele Andreassi; a cura di: Pie ro Berengo Gardin e Virgilio Tosi;

40 La nostra pelle Lo sguardo frantumato di Raffaele Andreassi

41 AGNESE tario è un’indagine nel mondo dei ma- ghi e dei chiromanti che sono sparsi Regia: Raffaele Andreassi; fotografia: nella grande città. Diviso in sei episodi Giuseppe De Mitri; musica: Dante Al - che iniziano con Il Mago di Roma e si derighi; interpreti: Giorgio De Chirico, susseguono con i titoli Xandra , Una Giulietta Scotese; produzione: Enzo casa piena di santi , La sibilla , I nastri , Nasso per SEDI; origine: Italia, 1961; Fulvio . Didascalia iniziale: «Anche nelle formato: 35mm, col.; durata: 13’. grandi città gli uomini afflitti si rivolgo - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. no ai sacerdoti delle superstizioni con la speranza di farsi predire un futuro «Dati gli ottimi rapporti intercorsi con felice. Questo documentario, realizzato Giorgio e Isa De Chirico, dopo aver re- a Roma, è la fedele rappresentazione di alizzato nel 1952 e nel 1959 i primi due fatti che realmente accadono e di per - documentari Giorgio De Chirico e De sonaggi realmente esistiti». Chirico metafisico , nel ’60 proposi al Maestro uno svolgimento filmato di sa- pore particolare, l’impatto con una gio - L’ AMORE POVERO vanissima modella che non aveva mai visto (per la verità, la ragazza era una Regia: Raffaele Andreassi; sceneggiatu - allieva ballerina figlia di un noto regi - ra: Callisto Cosulich, Ottavio Jemma, R. sta) per poter registrare con la macchi - Andreassi; fotografia: Giuseppe Aquari; na da presa la novità e la freschezza di montaggio: Jolanda Benvenuti; musica: un incontro. Un gioco, insomma. De Piero Umiliani; interpreti: Maria S., Ro- Chirico accettò di buon grado». sa M., Rita C., Gianna A., Annunziata R., Raffaele Andreassi in Stefania Parigi Maria T., Antonina M.; produzione: Lu - (a cura di), 100 anni di nuovo cio Marcuzzo per Publi Italia; origine: cinema italiano , Mostra internazionale Italia, 1963; formato: 35mm, b/n; dura - del Nuovo Cinema, Pesaro, 1994 ta: 110’. Copia DCP da Cineteca Nazionale. Ricostruzione digitale della prima ver - GLI STREGONI sione inedita di I piaceri proibiti . Regia, testo, montaggio: Raffaele Andre - assi; fotografia: Mario Carbone; musica: Il soggetto originario, stampato nel no - Sergio Pagoni; produzione: Lucio Mar - vembre 1962, si chiama Storie proibite. cuzzo per Publi Italia; origine: Italia, Dodici storie di quelle donne proibite , 1961, formato: 35mm, col.; durata: 19’. scritto dal solo Raffaele Andreassi, che Copia video (da 35mm) da Cineteca sottolineava: «in questo film naturalmen - Bologna. te non saranno sottolineati i lati più ovvi della prostituzione, e non saranno Segmento dal progetto incompiuto La messi in evidenza i lati scandalistici, nostra pelle , scritto con Callisto Cosulich grevi e volgari che si presenteranno a e prodotto da Carlo Ponti. Il documen - ogni passo; sarà invece mio compito

42 estrarre da questa densa materia i lati “documentaristico” dell’autore. L’insuc- più poetici, più umani; perché queste cesso garantito si rivelò anche peggiore donne possano in qualche modo attra - del previsto e contribuì a segnare in ne - verso la loro vicenda terrena e il loro gativo la carriera di Raffaele Andreassi, dolore riscattare la loro dignità». L’idea il quale, in silenzio come d’abitudine, fu abbracciata da Callisto Cosulich, che conservò una copia dell’episodio taglia - insieme ad Andreassi condusse un’in - to e alcuni frammenti delle interviste chiesta per le strade di Roma, intervi - tagliate dalla produzione. Questo ci ha stando prostitute, raccogliendo storie, permesso, partendo da I piaceri proibiti , spunti (e sputi) che andarono a formare di arrivare a una copia del film L’amore «un grosso brogliaccio e non una vera povero , e di presentare questo florilegio e propria sceneggiatura» elaborato dai delle donne e degli uomini perduti, due con l’apporto di Ottavio Jemma. nella forma più vicina a quella voluta L’accordo con la produzione, la Publi dall’autore. (Fulvio Baglivi) Italia di Lucio Marcuzzo, prevedeva un film-inchiesta sulla prostituzione con «Il film L’amore povero è nato quasi in - almeno sei storie tra quelle raccolte da cidentalmente. Calisto Cosulich stava con- Andreassi, interpretate dalle prostitute ducendo una inchiesta per raccogliere stesse o comunque da attori non pro - materiale per un altro film: La nostra fessionisti. Il film si sarebbe intitolato pelle doveva essere una specie di con - L’amore povero . Andreassi scelse gli traltare di Mondo cane articolato sui (otto) episodi formando un «florilegio vizi degli italiani. Un capitolo riguarda - di situazioni vario e indicativo di un va appunto i rapporti degli italiani con mondo ai margini dei sentimenti più le prostitute. Ma la documentazione semplici, ma anche delle deviazioni psi - che Cosulich aveva raccolto conversan - chiche e sessuali più frequenti», convin - do con decine e decine di prostitute era to di essere riuscito a spostare «il fuoco di tale vibrante verità che ha deciso di del discorso a una particolare attenzio - farne un film a sé stante, un film con un ne sull’uomo, sulle sue alterazioni psico - indirizzo preciso: scoprire il volto del - logiche, sulle vicende che stanno dietro l’uomo nel suo incontro con la prosti - i suoi comportamenti». I produttori non tuta. La regia del film è stata assunta da furono dello stesso avviso sulla riuscita Raffaele Andreassi, che ha al suo attivo del film o quantomeno non era quel- una lunghissima esperienza in campo lo che si aspettavano perché decisero documentaristico. Il pericolo, affrontan - (“nonostante le violente reazioni de gli do questo tema, era duplice: indulgere autori”, a cui non fu accordata neanche ad atteggiamenti di assoluta compren - la richiesta di ritirare i nomi dai titoli) di sione verso queste donne oppure irrigi - distribuire il film con il titolo truffa I dirsi su posizioni moralistiche di astrat - piaceri proibiti , dopo averlo mutilato di ta condanna. Andreassi ritiene di aver un intero episodio, Le meta morfosi , e evitato ambedue questi scogli spostan - sforbiciato la parte delle interv iste inizia - do il fuoco del discorso sull’uomo: la li, che chiariscono da subito l’intento prostituta diventa solo un oggetto,

43 mentre l’unico elemento attivo resta dove occupa una camera d’albergo sen- l’uomo. [...] Tra le montagne di appun - za pretese. La spiaggia un tempo scin - ti tratte da lunghe e spesso difficili con - tillante ora è affogata in una provincia versazioni con le prostitute, Andreassi e grigia e piovosa. Quando è in giro, la Cosulich hanno isolato sei storie, colle - ragazza diventa il centro di attrazione di gate fra loro da rapidi flash e da brevi una girandola di sguardi maschili desi - annotazioni documentaristiche. [...] Un deranti. [...] Mentre è seduta al tavolino film di questo tipo non poteva presen - di un bar, uno stacco violento ci mostra tare facce già note, volti già incasellati il particolare di una mano maschile che nella memoria dello spettatore cinema - si chiude a pugno su una banconota, e tografico. Ed infatti Andreassi ha scelto pare un polpo che ghermisce la sua tutta gente vera; nella quasi totalità le preda. Nella sua stanza d’albergo, si al - donne che compaiono nel ruolo delle za e resta immota a guardare la porta, meretrici sono le stesse prostitute che come in attesa di qualcuno in procinto hanno raccontato le loro storie. E al- di entrare. Da una terrazza, osserva il cune di esse hanno poi mostrato una panorama campestre e ritrova i profumi eccezionale disponibilità interpretativa, dell’infanzia, quando irrompe alle sue tanto da far pensare ad Andreassi che spalle lo strombazzare di un clacson, a la loro amara esperienza di vita abbia riportarla alle esigenze del presente. Il affinato una certa istintiva sensibilità». ritorno a casa è svolto con lo stesso pu - dore silenzioso». Luigi Costantini, «La Fiera del Cinema», luglio 1963 Andrea Meneghelli, Lo sguardo, il gesto e la materia: il cinema corto di Raffaele Andreassi , in Fulvio Baglivi (a cura di), Il mio cuore è un gatto spezzato il mio EPILOGO sguardo è frantumato. Cinema, arti e mestieri di Raffaele Andreassi , Regia: Raffaele Andreassi; fotografia: Centro Sperimentale di Cinematografia, Giuseppe De Mitri; montaggio: Luigi Roma, 2015 Carta; musica: Sergio Pagoni; produ - zione: Enzo Gagliardo per Corona Ci - nematografica; origine: Italia, 1960; for - mato: 35mm, col.; durata: 10’. Copia 35mm da Cineteca Nazionale.

«Il film, che potrebbe essere un episo - dio in più (ma a colori) del lungome - traggio I piaceri proibiti , segue le vicen - de di una ragazza che si prostituisce, senza mai dichiararlo apertamente. La giovane, dopo il suo quarto d’ora di il - lusoria celebrità conquistata con il tito - lo di Miss Spiaggia, torna al paesello, 44 Niki de Saint Phalle, il cinema come giardino dei tarocchi

45 DADDY : A B EDTIME STORY de Saint Phalle stessa, mascherata da amazzone stile George Sand (in travesti- Regia: Peter Whitehead, Niki de Saint mento lesbo) o con la parrucca biondo Phalle; sceneggiatura: N. de Saint Phal - cenere diventa simbolo della bisessua - le; fotografia, montaggio: P. White- lità – vedere anche come una volta head; interpreti: N. de Saint Phalle, Mia morto il padre resusciti come una sorta Martin, Clarice Mary [Gwynne Rivers], di angelo effeminato. Lo scandalo, di - Rainer Diez, Marcel Lefranc, Jean-Pierre ceva Pasolini nell’ Edipo Re , è il solo Raymond, Sere Inhof; produzione: Tom modo di scalfire la crosta della realtà. G. Neuman e Peter Schamoni; origine: Daddy , in questo senso, è un film scan - Francia/Regno Unito, 1973; formato: daloso e scioccante nel miglior senso 16mm, b/n e col.; durata: 84’. del termine. Una mirabile esibizione Copia video (da 16mm) da Contempo- d’Eros sul campo (di tiro: Niki fucila rary Films. suo padre) della psicanalisi». Michael Grisolia, «Cinéma», «Oscillando fortemente tra l’espressioni - n. 185, marzo 1974 smo tedesco (a volte seriamente usato come riferimento e parodiato – pasti - «Niki de Saint Phalle ha scritto un ro- che di Lili Marlene ) e l’underground manzo, Mon secret , dove racconta newyorchese, il film porta una parola, come prima di avere girato insieme a e per la prima volta senza dubbio una me Daddy non avesse nessuna consa - parola totalmente femminile, d’una vio - pevolezza degli abusi subiti dal padre lenza inaudita. [...] Affrancandosi da quando era bambina. Facendo il film, tutte le convenzioni morali, interamen - che per lei è stato una forma di autoa - te basato sul cerimoniale, il simulacro e nalisi, i ricordi le sono tornati, ha acqui - l’assenza di pudore [...], Daddy assomi - sito una consapevolezza di quanto glia visivamente a una festa pagana. Un aveva vissuto per colpa del padre. [...] olocausto. Raffinato, d’una ironia estre - Il mio rapporto con Niki durante la ma aggressiva e virulenta, interamente lavorazione del film è stato molto com - fondata sulla rivendicazione di una plicato. L’attore che interpreta il padre, società di piacere (cfr. la scena sbalor - Rainer Diez, era stato l’amante di Niki ditiva dove la madre, maledicendo il prima di me. Clarice Mary, che inter - padre, spiega come gli uomini hanno preta la madre, è stata la prima amante utilizzato il piacere a loro profitto). donna di Niki. Clarice è la figura a cui L’immaginario deflagra, con i suoi affre - Niki si ispira nella sua rappresenta zione schi grotteschi, osceni, derisori (se - artistica delle Madri, le Nana che l’han - quenza finale, con il padre crocifisso e no resa famosa. La bimba che interpre - fuso nella materia, dove non restano tava Niki da piccolina era la figlia di che i rottami di un modellino di Jumbo Clarice, abitava insieme a lei e a Rainer Jet) e scioccanti (la lezione di orgasmo mentre io vivevo con Niki. [...] All’origi - data da Niki de Saint Phalle all’adole - ne di Daddy c’era la mia relazione con scente chiamata a eccitare Daddy), Niki Niki de Saint Phalle, il film si basa su

46 una complicità erotica e sessuale... Ep - Phalle; fotografia: Peter Whitehead, pure nel processo di realizzazione tutto Bernard Zitzermann; musica: Domi- diventa un artificio. [...] Per certi aspetti nique Cazeneuve, Nicole Garnier; in - Daddy prosegue nella mia ossessione terpreti: Laura [Duke] Condominas, di usare la macchina da presa come un Laurence Bourqui, N. de Saint Phalle, microscopio sotto al quale, in questo Laurent Condominas, J. Tinguely, caso, passa la personalità di Niki, la sua Daniel Spoerri, Marina Karella, Rico arte e il mio rapporto con lei. [...] Co - Weber, Bernhard Luginbühl, Imbert noscendo meglio l’arte di Niki avevo Balsan, Andrée Putman; produzione: capito che [bisognava rendere] in pieno Claude Jouvert e Mark Goodman per la forza del suo universo mentale, che Auditel; origine: Francia, 1976; forma - era sì infantile e apparentemente naïf, to: 16mm, col.; durata: 77’. ma nascondeva anche dei segreti, un Copia video (da 16mm) da Schamoni lato oscuro che probabilmente si cela - Film & Medien. va nella sua infanzia. Ho cominciato a registrare le azioni di Niki, le conversa - «Il moderno cinema francese, per non zioni sul suo passato, certe sue intui - dire d’avanguardia, è fondato essenzial - zioni, tipo l’idea della bara che poi uti - mente sul discorso, sull’intensivo lavo - lizziamo all’inizio di Daddy , o la figura ro a livello del significato, del suono e della madre come strega... Andando della musicalità, colte nelle loro diverse avanti in questa direzione anche Niki possibilità tonali [...]. Con Un rêve plus aveva superato il confine delle sue long que la nuit assistiamo a un bruta - rimozioni cominciando a capire che la le cambio di polarità, che dirotta il cam - bambina della storia era lei stessa. Ci po d’espressione verso la pratica di una scambiavamo le nostre fantasie inol - lingua quasi esclusivamente visiva. [...] trandoci su territori sempre più strani. Attingendo all’immaginario delle fiabe Tutto era intrecciato, le pro iezioni, i de - popolari e all’universo delle arti plasti - sideri, posso dire che anche le fantasie che – la migliore maieutica possibile sessuali femminili mi appartenevano. per l’autrice, che trova le risposte alle Stavamo vivendo una specie di autoa - sue angosce nella materialità della sua nalisi reciproca». stessa opera –, Niki de Saint Phalle ci Peter Whitehead in Laura Buffoni e mostra una ricerca iniziatica che si dà Cristina Piccino (a cura di), Peter come la sintesi di tutti i suoi ideali este - Whitehead: Cinema, musica, rivoluzione , tici e umani. [...] Ai miei occhi, Un rêve Derive e Approdi, Roma, 2008 plus long que la nuit rappresenta uno dei rari tentativi del tutto riusciti di ci- nema barocco francese, dove la son - CAMÉLIA ET LE DRAGON tuosità mira a una polisemia espressiva [U N RÊVE PLUS LONG QUE LA NUIT ] che investe sia il territorio della psicana - Regia: Niki de Saint Phalle [e Frédéric lisi tradizionale – rimesso interamente Rossif?], con la collaborazione di Jean in questione – che quello della creazio - Tinguely; sceneggiatura: N. de Saint ne artistica, concepita nell’eterogeneità

47 dei materiali utilizzati. Opera colletti- va, punto d’incontro di numerosi artisti (Eva Aeppli, Daniel Spoerri, Jean Tinguely, Niki de Saint Phalle, ecc.) che confrontano qui le loro reciproche espe - rienze, questo film dovrebbe aprire una nuova via nel nostro cinema nazionale, la cui timidità visiva – al netto del sedi - cente “buongusto” – priva il nostro cine - ma della possibilità d’innovarsi, di tutto un fondo culturale che – da Gustave Moreau a Leonor Fini – percorre la sen - sibilità francese». Raphaël Bassan, «Écran», n. 53, gennaio 1977

48 Variazioni Harrison Una riscoperta da Trieste

49 THE HARRISON VARIATIONS tore invincibile . Il provino andò bene, di Giancarlo Stampalia il film ebbe successo, e la carriera di Harrison decollò: nei soli primi dieci Il nome di Richard Harrison campeg - anni di carriera, dal 1961 al 1971, giava a lettere cubitali sopra i titoli di Harrison fu il protagonista di 35 film una cinquantina di film realizzati in (una media di 3,5 film all’anno, record Italia dal 1961 e il 1982. Harrison fu una impressionante anche per un’industria vera star, e una grande presenza nel prolifica come la nostra). Dei tanti atto - cinema di genere italiano, durante gran ri e atleti americani che popolavano il parte di quel periodo, attraversando cinema italiano di quell’epoca (quali trasversalmente quasi tutti i generi in Lex Barker, Steve Reeves e Gordon voga a quei tempi – tranne l’horror e la Scott), Harrison fu senza dubbio uno commedia – e lavorando con alcuni dei dei più carismatici, uno dei più talen - migliori registi di “serie B”, quali Mario tuosi, e uno dei più prolifici e versatili. Caiano, , Michele Lupo e Nonostante i limiti di tempo e denaro Antonio Margheriti. Fu protagonista di che pesavano sulla loro lavorazione e film peplum (sette), di film western nonostante la loro immeritata ma persi - (diciassette!), di film spionistici, di film stente reputazione di film “trash” (se mai di colpi grossi, di film d’avventura, e di vi fu un giudizio superficiale, capzioso film polizieschi; perfino di un curioso e falso...), quei film avevano grande film di fantapolitica e di un paio di film successo al botteghino, e molti di essi erotici. erano interessanti e divertenti, confe - Nulla di serio è stato scritto finora su zionati con passione e finezza, ricchez - Richard Harrison, fatta eccezione per la za tematica, inventiva e intelligenza. miriade di frettolose recensioni e minu - Film come I due gladiatori (1964), I gi - scole biografie che si trovano in Internet, ganti di Roma (1964), La montagna di e per un interessante capitolo di un luce (1965), Colpo maestro al servizio di libro su tutt’altro argomento (la rappre - sua maestà britannica (1967), 28 mi - sentazione del fisico maschile nelle ri - nuti per 3 milioni di dollari (1967), viste “atletiche” degli anni ’50). Preso L’uomo del colpo perfetto (1967) e Una sottogamba da critici e recensori di oggi donna per 7 bastardi (1974, sceneggia - e di allora, e ormai dimenticato dalla to da Harrison) contraddicono sia il pre - maggioranza del pubblico, Harrison fu giudizio che insiste a vedere Harrison invece un vero e proprio divo durante come legnoso atleta d’importazione, sia il suo soggiorno italiano, e certo non gli l’assunto critico che insiste a considera - mancavano talento e carisma. Scoperto re tali film come prodotti trascurabili o dal produttore Italo Zingarelli mentre inferiori; essi rivelano, invece, una star recitava in particine a Hollywood, alla vitale e versatile, capace di interpreta - 20th Century Fox e poi alla American zioni passionali ed eleganti, e mostrano International Pictures, il 7 aprile 1961 di che cosa fosse capace l’umile cinema Harrison atterrò a Roma e il giorno do - popolare italiano al suo meglio. La va - po fece un provino per il film Il gladia - sta ed eclettica filmografia di Harrison 50 si può considerare uno splendido cam - ta effi cace nelle sue atmosfere inquie - pionario, o catalogo, non solo della sua tanti. Il protagonista (Richard Harrison), abilità ma anche di un’intera industria e che non ha nome, usa una stampella dei suoi prodotti, prodotti che furono, per camminare; e quella stampella di - e sono tuttora, ingiustamente eclissati viene un importante elemento sia della da una filmografia italiana più eclatante sua caratterizzazione che della storia e criticamente prestigiosa, quella di arti - nel suo insieme. Espressione apparente sti di “serie A” come Antonioni, Fellini di una debolezza del personaggio, essa e Visconti. si trasforma in un punto di forza, e in un’arma efficace di difesa: lo Zoppo sa difendersi. Harrison attore, con mode - UNA DONNA PER 7 BASTARDI stia e misura, ci regala uno Zoppo cini - co e disilluso, ma dallo sguardo intenso Regia: Roberto Bianchi Montero; sogget - e indagatore. La sua è un’interpretazio - to: Richard Harrison, Leila Buongiorno; ne minimalista, ma vibrante. Non esiste sceneggiatura: L. Buongiorno; fotogra - legge in questo villaggio maledetto, ma fia: Mario Mancini; montaggio: Carlo lo Zoppo funge da fulcro morale – la Reali; musica: Franco Micalizzi; inter - sua mera presenza è un atto d’accusa preti: R. Harrison, Dagmar Lassander, per i colpevoli – e da investigatore. Col Gordon Mitchell, Ivano Staccioli, An- suo passo goffo e silenzioso, lo Zoppo drea Checchi, Alessandro Perrella; pro - osserva, origlia, cerca... e l’immagine del duzione: Flaminia/Mais; origine: Italia, volto del protagonista che nella not te 1974; formato: 35mm, col.; durata: 94’. spia i due complici-omicidi, illumina- Copia 35mm da Cineteca Nazionale. to da una spettrale luce blu-elettrico, è forse l’immagine più emblematica e me - Richard Harrison scrisse la sceneggiatu - m orabile del film, e ricorda le atmosfe - ra di Una donna per 7 bastardi (1974) re e i colori di un , e il volto per la propria società di produzione di Boris Karloff che spia da una finestra (con il titolo The Rat Bastards ), ma poi ne I tre volti della paura . Ai confini del - la cedette a un produttore esterno. Il l’horror, si diceva. (Giancarlo Stampalia) risultato finale si discosta leggermente dalle originali intenzioni di Harrison, ponendo per esempio maggiore enfasi L’ ULTIMO GLADIATORE sul tormentato personaggio femminile e sull’aspetto “sexploitation” della sto - Regia: Umberto Lenzi; sceneggiatura: ria; secondo Harrison, nessuno dei due Gian Paolo Callegari, Albert Valentin; elementi era presente nella sua stesu- fotografia: Pier Ludovico Pavoni; mon - ra. No nostante tali cambiamenti che as - taggio: Nella Nannuzzi; musica: Carlo secondano lo Zeitgeist degli anni ’70, Franci; interpreti: Richard Harrison, Li- questo piccolo thriller ombroso e clau - sa Gastoni, Marilù Tolo, Jean Claudio, strofo bico, tanto dark da collocarsi qua - Livio Lorenzon, Enzo Fiermonte, Giu - si al con fine con il genere horror, risul - seppe Addobbati; produzione: Alfonso

51 Sansone per Sancro/Les Films Jacques CONVERGENZE PARALLELE Leitienne/Unicité; origine: Italia/Francia, 1964; formato: 35mm, col.; durata: 98’. Ricordo di Livio Lorenzon, con la colla - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. borazione di Maurizio Radacich e una mostra di manifesti, locandine e foto - «È un ultimo gladiatore, anche perché buste dalla sua collezione. siamo ormai agli sgoccioli del genere. Non male Richard Harrison, obbligato a LIVIO LORENZON , IL “BARBARO ” fare ancora un gladiatore invincibile. Ma di Tino Ranieri la scena la ruba a tutti Lisa Gastoni co - Non si può certo negare che in casa Lo - me Messalina, con i capelli rossi e mille renzon si respirasse aria di cinema. Uno abiti. Notevole la scena del bagno nel dei fratelli, Lucio, si è limitato al campo latte. [...] “La cosa più curiosa – ricorda del cineamatorismo. Un altro, Gianni, Lenzi – è che un produttore americano do po lunga attività d’attore a Radio Trie- della CBS, certo Sheers, insieme al regi - ste e in formazioni teatrali locali, è pas - sta, certo Morgan, chiesero di poter fare sato da molto tempo al professionismo il backstage del film, di seguirlo dall’i - di Cinecittà e della Radiotelevisione con nizio della lavorazione a quando usciva lo pseudonimo di Gianni Solaro, ap pa - in sala in America. Quindici giorni do- rendo in numerose pellicole d’ogni po la fine delle riprese questo produt - categoria come pure in alcuni famosi tore mi chiese di poter girare una scena romanzi sceneggiati. Lo aveva condotto con Richard Harrison perché gli era a Roma il già affermato fratello, Livio, venuta male e gliela rifacemmo. Il do - quello di cui intendiamo parlare non cumentario, che era prodotto per la tv soltanto perché la sua biografia è an - americana, intitolato Evasione per 150 ch’essa a momenti più pittoresca di un lire , ebbe un certo successo [...]”. Nel film, ma anche per un affettuoso ricor - documentario [...] si viene a sapere che do. Livio Lorenzon è morto nel 1971, Harrison confessa “di usare l’Italia co - a soli quarantanove anni, e a carriera me strumento di preparazione cultura - tutt’altro che conclusa. In pratica ha le. Quando avrà imparato a fare l’attore esordito come speaker radiofonico da tornerà in America”. Si apprende inoltre Radio Trieste e in innumerevoli carat - delle rapide tecniche di doppiaggio di terizzazioni avventurose e umoristiche, un film che è una babele di lingue, dall’indimenticabile pirata Long John della scena del bagno nel latte che Silver dell’ Isola del tesoro di Stevenson scotta troppo. Viene anche dato spazio alla macchietta di Gigi Lipizzer, uscita al tecnico del suono, Antonio Caciot - dalle pagine del «Marameo», in cui la tolo (“Crea tutti i suoni, da solo”)». triestinità del personaggio e dell’attore Steve Della Casa, Marco Giusti, Il grande si completavano cordialmente. Reduce libro di Ercole. Il cinema mitologico in Italia , Centro Sperimentale di dalla guerra, per Livio era stata vita du - Cinematografia/Sabinae, Roma, 2013 ra. Il primo lavoro che trovò fu quello di scavar buche per il rimboschimento

52 del Carso (17 lire a buca, non mancava sa Trieste e in molte altre città non mai di precisarlo nelle interviste). Pre- venne neppur presentato. Come inizio stò brevemente servizio per il Governo non poteva dirsi glorioso, ma il nostro Militare Alleato come camionista e ga - Lorenzon era coriaceo abbastanza a ragista. Fece poi lo scaricatore in porto resistere alle prime delusioni. Già nel e più tardi diventò allenatore della ’53 ritornò sullo schermo in quello che squadra ippica della Military Police. Era è considerato il suo debutto ufficiale: già un buon cavallerizzo e vinse dei La barriera della legge di Piero Costa, premi in tornei nazionali e internazio - con Lea Padovani e Rossano Brazzi. Ma nali. Non sapeva ancora, in quel mo - fu con il diffondersi delle pellicole sto - mento, che le prodezze sul campo di rico-barbariche d’avventure che squil- equitazione gli sarebbero tornate utili lò, di lì a poco, il suo momento. I pro - in futuro per le sue pellicola d’azione, duttori si accorsero, e non era davvero alla guida di un’incursione tartara o difficile, che Livio Lorenzon possedeva d’una carica messicana; ciò che sapeva l’ideale “fisico del ruolo” del capitano era di sopportar male l’uniforme della di ventura, del “cattivo” condottiero di polizia militare, e infatti diede le dimis - mercenari, del pirata con bende sull’oc - sioni proprio quando si maturava per chio. Dal ponte dei galeoni e dalle torri lui una promozione. Lo ritroviamo nella armate dei mongoli l’ex scavatore di Repubblica di San Marino in qualità di buche carsoline gettò urla di guerra e presentatore di sfilate di moda e di av- scagliò strali e frecce infuocate. In po- venimenti al Casinò. Seguì il periodo chissimo tempo si rese insostituibile in radiofonico, con puntate anche nelle questo genere d’imprese cinematografi - sedi di Venezia e Roma. L’ingresso di che, il fellone più ricercato del cinema Lorenzon nel cinema fu graduale. Si era italiano, non privo però di qualche no ta cimentato da prima in alcuni cortome - generosa e ridanciana. Oggi come og gi traggi pubblicitari. Nel 1952 su attratto avrebbe potuto sostituire Bud Spencer. dal rischio di un film da girarsi a Trieste Nei primi otto anni di carriera aveva in - e dintorni per conto dell’Ariston Film e terpretato oltre cinquanta film, di solito per la regia di Nerino Florio Bianchi. in qualità di antagonista. Una volta sola, Triestini erano anche gli sceneggiatori e a quanto ci risulta, ha avuto il primo alcuni attori. Gianni, fratello di Livio, nome in cast: in Una spada nell’ombra appariva tra i direttori di produzione. (1961) di Luigi Capuano. Ma era evi - Rischio, perché l’operazione era stata dentemente meno di ciò che sperava. affrontata senza una previa ricerca di Nel 1959 due registi che sanno il fatto mercato e lontano dai canali di noleg - loro nell’individuazione di nuovi tem - gio ed esercizio. Livio assunse per l’oc - peramenti – Dino Risi e Mario Monicelli casione il nome d’arte di Elio Ardan, – vollero raddrizzare la strada di Loren - che mantenne per qualche tempo. Il zon con due saltuari colpi di timone, film in questione fu distribuito col tito - intitolati Il vedovo e La grande guerra . lo Ombre su Trieste , stentò a trovare In La grande guerra Lorenzon divenne una seconda visione perfino nella stes - il tipico sergentaccio burbero-benefico

53 alla John Ford, il ricco caratterista all’a - dandone a chi scrive delle note di aggior - mericana. In Il vedovo poi, grazie a un namento. Dopo una prima uscita riguardan - personaggio mirabilmente pensato dal te Franco Giraldi, il n. 3 dell’aprile-maggio soggettista Rodolfo Sonego, diede cor- 1980 pubblicò questo testo su Lorenzon, seguito da una nota che lo scrivente firmò po al primo personaggio umoristico con Marco Giusti, residente a Trieste in della sua carriera, il Barone, affarista quanto figlio dell’allora questore. I mille fallito ed ex ufficiale deluso, che vive occhi, dopo aver dedicato a Tino Ranieri un all’ombra di Alberto Sordi ed eredita di omaggio centrato sulla sua attività di scrit - questo la scaltra furfanteria, ma con tore western, proporranno a Paolo Ranieri maggior stile e maggior tristezza, disap - di lavorare su altri inediti dall’archivio pater - no. (smg) provando di continuo, accettando sem - pre. Un carattere pieno di pieghe, benis- simo interpretato, che dimostra come Lorenzon avesse tutto da guadagnare abbandonando il film in costume per il film di costume. Ma bisognava seguire la moda, e la moda prescriveva ormai il western italiano. Lorenzon combatté ringhi e gringhi, sfiorando una sola vol- ta l’orbita di Sergio Leone in Il buono, il brutto, il cattivo (1966). Cercò di eman - ciparsi con qualche evasione teatrale (Anastasia con la compagnia di Elena Zareschi) e con qualche riuscita prova televisiva (uno dei tre gangster in La foresta pietrificata di Sherwood). Negli ultimi anni la sua attività si era diradata anche a causa di un grave incidente au - tomobilistico occorsogli a Roma. Quan - do morì a Latisana nel dicembre del 1971, aveva senza dubbio altre buone frecce al suo arco. Ma forse era stanco di scoccare frecce. Troppe volte glielo avevano fatto fare per contratto dalle muraglie di cartapesta del nostro cine - matografo. Dall’archivio di Tino Ranieri, comprendente vari inediti, l’editore della rivista triestina «La Bora – ieri/oggi», Guido Botteri (che ringra - ziamo molto per la collaborazione), aveva avviato nel 1980 la pubblicazione di una serie dedicata ai Triestini nel cinema affi - 54 I figli di nessuno Film italiani raccolti da Simone Starace, I

55 STORIA DI UNA MINORENNE già ampiamente sfruttati in precedenti pellicole a carattere popolaresco. Nulla Regia: Piero Costa; sceneggiatura: Gui - di nuovo quindi in questa sceneggiatu - do Malatesta, P. Costa; fotografia: Raf - ra elaborata, però, con un certo ordine faele Masciocchi; montaggio: Roberto e senso del mestiere pur nella conven - Cinquini; musica: Angelo Francesco zionalità del racconto. Niente vi è da Lavagnino; interpreti: Irene Genna, Al - rilevare sotto il profilo della censura. Va berto Farnese, Paola Barbara, Gino sottolineato però il titolo del film Leurini, Nino Marchesini, Guido Cela- (Storia di una minorenne ), titolo non no, Livio Lorenzon, Luisa Rivelli; pro - censurabile, ma che vorrebbe lasciare duzione: Enzo Ferrante per Progresso intravedere una materia spettacolare Film; origine: Italia, 1956; formato: scabrosa e piccante. Il che, poi, nella 35mm, b/n; durata: 85’. sostanza non si verifica. Ma l’uso di Copia 16mm (da 35mm) da Penny Vi- tanto titolo è certamente un indice della deo. mentalità di certi produttori».

Trama e giudizio dalla revisione cine- «Costa fa un mezzo sorriso: dice che matografica preventiva (30 novembre per lui è molto più facile far venti 1955): «La diciottenne Rossana, che vive inqua drature in un giorno che parlare con i ricchi genitori in una lussuosa cinque minuti di sé [...]. Piero Costa è villa, conosce casualmente un giovane nel ci nema dal 1929. Ha iniziato la sua pianista, Aldo, che suona, la sera, in un carriera in Francia dato che, essendo locale notturno, mentre, di giorno, fa il nato in Africa, suo padre, che allora di - disegnatore in una fabbrica. Rossana e rigeva il quotidiano italiano “L’Unione” Aldo simpatizzano e ciò provoca l’ira di di Tunisi, ebbe occasione di conoscere Giorgio Bernasconi, giovane figlio di un un produttore francese che stava giran - industriale, che pretende sposare Ros - do un film di ambiente coloniale, al sana. Il padre di Giorgio è però contra - quale parlò della passione del figlio per rio a queste nozze in quanto vorrebbe il cinema. Così, in una fredda mattinata che il figlio sposasse un’altra ragazza, di febbraio di quello stesso anno, Costa figlia di un industriale concorrente. lasciò Tunisi e si trasferì in Francia con Onde dissuadere il figlio dallo sposare la troupe della EPAC di Nizza per gio - Rossana, Bernasconi gli rivela una gra - care la grande carta della sua vita. Una ve notizia sul conto della ragazza (no - volta sulla Costa Azzurra ebbe la fortu - tizia avuta da un segreto informatore na di conoscere, negli studi della privato): Rossana non è la figlia dei Franco Film, il grande regista america - coniugi Sandri. La bimba fu adottata in no Rex Ingram, [...] che in breve volger un orfanotrofio, abbandonatavi da una di tempo lo chiamò quale assistente donna, Maria Capuano, che ora vive in prima ed aiuto regista poi per i film un baraccone di circo equestre... [...] Il Mare Nostrum , The Garden of Allah e lavoro si svolge secondo uno schema Baroud . Dal 1929 al 1939 Piero Costa fumettistico e rielabora temi e motivi [...] fu l’aiuto dei più grandi registi euro -

56 pei di quell’epoca in trentasette film, tra i quali ricorderemo Le Million di Clair, Quartiere Latino di Genina, La femme et le fantin di de Baroncelli, Kermesse héroïque di Feyder, Vénus di Mercanton, Le diable blanc di Wolkoff, ecc. Fu ap - punto nel 1939 che fece il gran salto: passò, cioè, alla regia. L’EPAC, che da Nizza si era trasferita a Marsiglia, gli diede l’incarico di dirigere À la pour - suite d’un coeur , film tratto da un suo stesso soggetto. Il debutto fu alquanto felice perché il film ebbe successo e subito dopo venne chiamato a Parigi per la regia di Dis moi la vérité con Suzy Vernon e Jean Marat protagonisti. Ma la guerra bussava alle porte. [...] Costa lasciò la Francia per venire a sta - bilirsi a Roma, in quel tempo mecca del cinema europeo. L’inizio fu duro poi - ché nessuno conosceva Costa e Costa conosceva nessuno. Il giornalista Orio Vergani, vecchio amico di famiglia, lo presentò a produttori, registi, attori, nell’intento di appianargli la strada. In - fatti, sapendolo a conoscenza di usi e costumi d’Africa, il produttore Sansoni dell’Europa Film gli diede incarico di dirigere, in Africa, I predoni del Sahara , dal romanzo del Salgari. Ma dopo le riprese eseguite in Tripolitania, la trou - pe rimase bloccata laggiù poiché né gli aerei né le navi facevano più servizio passeggeri. Rientrato in Italia realizzò quattro documentari tra i quali Santa Cecilia , Castel Gandolo e Golfo Paradi - so , recentemente acquistato dalla televi- sione americana. Ritornò alla regia di film a lungo metraggio con Aereoporto , distribuito dall’ENIC, I figli della lagu - na , prodotto e distribuito dalla Scalera Manifesto da collezione Radacich Film [completato e firmato da Francesco

57 De Robertis], Ombre sul Tevere [alias De Stefani, P. Regnoli; fotografia: Adal - L’ul tima gara ] (Diana), La barriera della berto Albertini, [Sergio Pesce]; montag - Legge , La catena dell’odio (RKO), Storia gio: Nina Del Sordo; musica: Luigi Ma - di una minorenne (Filmar). [...] “Sono latesta; interpreti: Irene Galter, Gino in trattative con una importante Casa Bechi, Pierre Cressoy, Nadia Bianchi, cinematografica romana per realizzare Giulio Donnini, Giulio Calì, Mimmo un film in Somalia, a colori e in Cine- Poli; produzione: Giuseppe Lo Bianco mascope, con Amedeo Nazzari e Gino per GLB; origine: Italia, 1957; formato: Cervi protagonisti, film tratto anch’esso 35mm, b/n; durata: 98’. da un mio soggetto: Febbre nera . È la Copia 16mm (da 35mm) da Penny Vi- storia di una missione di medici italiani deo. che si reca nel cuore dell’Africa per debellare il male dal quale, appunto, è Il film nasce su commissione della tratto il titolo del film. Il Governo so- società di distribuzione Filmar, gestita malo mi ha già promesso l’appoggio dai fratelli Maggi, che contribuiscono più incondizionato, tanto che si parla di con un finanziamento di 27 milioni a mille cammellieri e tremila comparse. un budget complessivo di 42 milioni. [...] Mio fratello, Clau d io Costa, è già sul Nel contratto di distribuzione, oltre a posto per un primo sopralluogo ed ha riservarsi l’ultima parola sul casting, la già girato qualche migliaio di metri di Filmar elenca anche le canzoni che pellicola”». andranno incluse nella colonna sonora G.D.L., Quattro chiacchiere in Piazza del film, tutte cantate da Gino Bechi: col regista Piero Costa , «Gazzettino Sera», Primavera di baci , Madonna fioren - 10-11 dicembre 1956 tina , Serenata di don Giovanni , Ca - pinera e Canzone nuova . Dopo una settimana di riprese il direttore della [P RESENTAZIONE ] fotografia Sergio Pesce abbandona il LA RAGAZZA DI PIAZZA SAN PIETRO set, esasperato dai ritmi di lavorazione Regia: Piero Costa; interpreti: Susana insostenibili, e a sostituirlo interviene il collega Adalberto Albertini. Canales, Vittorio De Sica, Walter Chiari, Pina Bottin; produzione: Virgilio Muzio Dalla revisione cinematografica preven - per Theseus/Phoenix; origine: Italia/ tiva (16 marzo 1957): «Il lavoro, ispirato Spa gna, 1958; formato: 35mm, b/n; du - alla vecchia canzone Capinera , è la sto - rata: 3’. ria di una piccola mendicante orfana, Copia 16mm (da 35mm) da Penny Vi - che, raccolta ed ospitata nella ricca casa deo. di un cantante, sembra avviarsi verso un destino felice. Ma le sue oscure ori - gini la inducono, più tardi, a fuggire, LA CHIAMAVAN CAPINERA ... allorché, innamoratasi del figlio del suo Regia: Piero Regnoli; soggetto: Giusep - benefattore, sente di non poter compro - pe Maggi; sceneggiatura: Alessandro mettere l’avvenire della persona amata.

58 Capinera, ritornata al suo primitivo damentale innocenza e spontanea ge - mondo di miseria, muore col suo gran - nerosità. Ma un giorno in una calle de sogno incompiuto. Nella scia della sperduta, Mobby incontra una ragazza canzone, anche la vicenda si sviluppa semiselvaggia, Esmeralda, che vive con su di un piano romantico e sentimenta - un vecchio zio fissato nella ricerca di le che, se non trova molta rispondenza un ipotetico tesoro sottomarino, fatta nell’attuale clima realistico, fa rivive- oggetto della corte di un ammiratore re però accenti di un’altra epoca, co- sgradevole e petulante. Per sottrarla al sì diversa dalla presente. Similmente a suo ambiente, Mobby porta la ragazza Scampolo , anche questo personaggio di con sé in città e, in un secondo tempo, Capinera è al centro del racconto, che se ne innamora e pensa di sposarla. ha il merito precipuo di sensibilizzare e Perdutosi dietro Esmeralda, Mobby puntualizzare il gusto ed il costume di però si trova per la prima volta senza un’epoca. In questa armonica ricostru - imbarco e anche senza quattrini; deve zione di toni risiedono le migliori pos - perciò accettare l’offerta del capitano sibilità del lavoro di discreta seppur Flores – che è una specie di capo- modesta fattura». camorra locale – e imbarcarsi su una delle sue navi per compiere – a detta del capitano – “il giro del mondo”. [...] La deliberata accentuazione nel raccon - MOBBY JACKSON to del tono di favola, la introduzione di alcune vivaci e colorite sequenze, come Regia, soggetto: Renato Dall’Ara; sceneg - quella della “novillada” (libera corrida giatura: Giorgio Arlorio, R. Dall’Ara; di tori giovani per le vie di una città) fotografia: Carlo Bellero; musica: contribuiscono ugualmente ad elevare Roman Vlad; interpreti: Lawrence Mon - il livello del copione. [...] La figura del taigne, Lissia Kalenda, José Jaspe, protagonista conserva invece le caratte - Walter Santesso, Archie Savage, Vittoria ristiche di eterogeneità già rilevate in Prada; produzione: Ara Cinematografi - prima lettura; né poteva essere altri - ca; origi ne: Italia, 1960; formato: 35mm, menti in quanto, evidentemente, una b/n; durata: 88’. ispirazione polivalente ha presieduto Copia 35mm da Penny Video. alla nascita del personaggio. Mantenuto a mezz’aria fra la realtà e la favola, sce - Trama e giudizio dalla revisione cine - neggiato con evidente impe gno e cura matografica preventiva (6 maggio 1959): del particolare, il copione appare ispi - «Elementare e generoso, il marinaio rato ad intenzioni assai ambiziose. [...] Il Mobby Jackson è uno svagato giramon - regista del film Renato Dall’Ara (autore do che passa da un porto all’altro, da anche del soggetto e co-autore della un imbarco all’altro e da un’avventura sceneggiatura) è autore del cortome - all’altra con l’estrosa disinvoltura di un traggio “a soggetto” Scano-Boa , vinci - acrobata, benvoluto dai compagni e tore del primo premio nel concorso prediletto dalle donne per la sua fon - FEDIC 1957, ed elogiato come una rive -

59 lazione dalla stampa (compreso un arti - dalla figlia di Lissia Kalenda, che mi ha colo di Alessandro Blasetti)». raccontato un po’ la vita di sua madre. Per lei Mobby Jackson era la prima «Sono nato a Brooklyn nel 1931, ma esperienza cinematografica, e la vede - sono cresciuto a Roma, dove più tardi vo molto presa dalla sua parte. Credo ho lavorato nel doppiaggio, prestando anche che allora avesse una relazione la mia voce per le versioni internazio - con il regista, ma non saprei dire con nali di film italiani. Ho studiato danza esattezza. Il film fu girato in italiano e classica, lavorando poi sia a Hollywood non mi risulta che ne sia mai esistita che in Italia come stuntman. Con i miei una versione internazionale. In 55 anni ricordi su Mobby Jackson potrei riem- non ho mai incontrato nessuno che l’a - pire un libro intero. All’epoca avevo vesse visto». (Lawrence Montaigne) appena finito di girare un film in Isra - ele, Pillar of Fire , e la mia agente era Annalena Limentani, affiliata della L’ AMANTE DI PARIDE William Morris. Il regista, Renato Dal - l’Ara, fu talmente impressionato dalla Regia: Marc Allégret, [Edgar G. Ulmer]; mia preparazione che mi diede la parte sceneggiatura: Aeneas Mackenzie, M. di Mobby senza nemmeno farmi un Allégret, Vadim Plenianikov [Roger Va- provino. Abbiamo avuto un ottimo rap - dim]; fotografia: Fernando Risi, J. Allen; porto, sebbene il mio italiano non fosse montaggio: Manuel Del Campo, Renzo perfetto. Iniziammo la lavorazione a Lucidi; musica: Nino Rota; interpreti: Livorno, spostandoci poi a Milano per Hedy Lamarr, Massimo Serato, Robert le riprese in studio. Le ambientazioni Beaty, Cathy O’Donnell, Guido Celano, erano molto belle. Il mio contratto pre - Enrico Glori; produzione: Cino Del vedeva cinque settimane di lavorazio - Duca/PCE; origine: Italia/Francia/USA, ne, ma quando arrivammo a Livorno 1954; formato: 35mm, col.; durata: 78’. pioveva quasi ogni giorno, e in cinque Copia 35mm da Penny Video. settimane di riprese non riuscimmo a completare nemmeno il lavoro di una Il film nasce da una trilogia, origina - settimana. La produzione rinegoziò al - riamente concepita come un singolo lora il mio contratto per altre cinque film a episodi, iniziata da Ulmer ma settimane, e ci spostammo infine a Mi - completata da Allégret per disaccor- lano. Presentai io alla produzione un di con l’attrice e co-produttrice Hedy ballerino con cui avevo già lavorato a Lamarr. I tre episodi vennero successi - New York, e fu assunto per interpr etare vamente assemblati in edizioni diverse uno dei ruoli secondari. Archie Savage a seconda del mercato di destinazione. invece spendeva ore e ore nel tentativo In Italia ne furono ricavati due lungo - di farmi sembrare un completo idiota, metraggi per le sale, intitolati rispet - ma devo dire che lo faceva sempre con ti vamente L’amante di Paride (in cui affetto. Un paio di anni fa con mia Lamarr interpreta Elena di Troia) e I ca - grande sorpresa ho ricevuto una lettera valieri dell’illusione (in cui interpreta

60 Genoveffa di Brabante e Giuseppina negli Stati Uniti, un ammiratore fa dei Beauharnais). commenti sull’interpretazione dei tre ruoli da parte di un’attrice chiamata «Agli inizi del 1952, Hedy Lamarr an - Liala (Hedy), che lui spera di convince - nunciò che la sua casa di produzione re a lasciare la troupe itinerante per an- intendeva produrre Queen Esther and darsene con lui». the King of Egypt (una serie di film per Ruth Barton, Hedy Lamarr. La vita e la televisione), da girare in Gran Bre - le invenzioni della donna più bella tagna con la regia di Edgar Ulmer. [...] della storia del cinema , Castelvecchi, Il progetto televisivo fu ridotto a un Roma, 2011 film in tre episodi su tre famose bellez - ze – Elena di Troia, Genoveffa di Bra - bante e l’imperatrice Giuseppina – da FIAMME SUL MARE girare a Roma nel 1953. [...] Arianné Regia: Michał Waszy n´ski, [Vittorio Cot- Cipes [figlia di Ulmer] ha raccontato: tafavi]; soggetto: Gherardo Gherardi, “Papà inizial mente avrebbe dovuto diri - Giulio Morelli, Alberto Pozzetti; sce - gere l’intera trilogia. In origine il film neggiatura: G. Gherardi, M. Waszy n´ski, era finanziato da Del Duca, magnate Filippo Comoletti Gaudenti, V. Cottafa- dell’editoria in Italia, ma mentre erano vi; fotografia: Arturo Gallea; montag - già in corso le riprese Hedy Lamarr gio: Enrico Linke; musica: Alessandro sposò il texano Howard Lee e lo con - Cicognini, Giuliano Conte; interpreti: vinse a rilevare Cino Del Duca, così pa- Carlo Ninchi, Edda Albertini, Felice Ro- pà doveva vedersela con la Lamarr che mano, Piero Palermini, Silvana Jachino, rivestiva anche il ruolo di produttore. È Giaco mo Rondinella; produzione: Sire - stata l’unica volta in cui ha abbandona - na Film; origine: Italia, 1947; formato: to il film... Lei possiede ancora il film e 35mm, b/n; durata: 77’. l’ha rimontato un’infinità di volte”. [...] Copia 16mm (da 35mm) da Penny Vi - Col titolo L’amante di Paride , il film fu deo. proiettato in Italia [...]. Quella versione fu accreditata esclusivamente a Marc Dopo anni di equivoci e interrogativi, il Allégret e conteneva soltanto l’episodio mistero che circonda le tre regie italia - di Elena di Troia. [...] Come attestano le ne di Michał Waszy n´ski inizia finalmen - sinossi pubblicate, diversi montaggi te a sciogliersi. Lo sconosciuto di San producevano strutture differenti. In una Marino , che si conferma senz’altro co - versione, veniva messa a fuoco la storia me il titolo più personale, ha ormai di Elena di Troia, raccontata a un ban - goduto di una prima rivalutazione fra i chetto di nozze come un avvertimento cinefili di stretta osservanza, che lo ri - a cui non si dà ascolto. In un’altra, una sarcisce almeno in parte dell’accoglien - donna cerca di decidere da quale delle za disastrosa che censura e critica gli tre famose bellezze si dovrà travestire tributarono all’epoca. Come ci conferma per una festa in maschera. Nella versio - la testimonianza dell’assistente Gior gio ne televisiva vista più frequentemente Capitani, Lo sconosciuto nacque da una

61 co-regia fra Waszy n´ski e Cottafavi, che attraversarono insieme una lavorazione tutt’altro che facile, segnata da occasio - nali contrasti creativi, ma anche da in- terruzioni e problemi di budget. Resta invece ancora tutto da verificare il regi - me di (eventuale) collaborazione che legò i due registi per La grande strada e Fiamme sul mare . Il primo film, che utilizza ampie porzioni di materiali do- cumentaristici precedentemente realiz - zati dal solo Waszy n´ski, è stato proiet - tato nell’edizione 2014 de I Mille Occhi, presentato da Sergio Toffetti nella copia ritrovata dall’Archivio Nazionale Cine - ma d’Impresa. Benché i credits attribui - scano la regia al solo autore polacco, non sono poche le scene che sembrano prefigurare l’estetica cottafaviana, sia per quanto riguarda la rappresentazione del - la figura femminile che per il trattamen- to dello spazio. Ultimo ma non ultimo, arriva adesso il recupero di Fiamme sul mare , il frutto più anomalo e oscuro di questo tandem registico, pre-cottafavia - no fin dal titolo. Anch’esso attribuito nei titoli al solo Waszy n´ski, è il tassello mancante che chiude la trilogia e rilan - cia, inevitabilmente, tutti gli interrogati - vi di partenza. (Simone Starace)

62 Fascino slavo Gli apolidi della Titanus di Gustavo Lombardo

63 AMORE IMPERIALE litica, sono i naturali ed ormai usuali elementi che periodicamente il cinema Regia: Alessandro Wolkoff [Aleksander ama darci su questo argomento, ele - Volkov]; soggetto: Hans Possendorf; menti usuali, ma tali, a quanto sembra, sceneggiatura: A. Volkov, Giuseppe da destare ancora nel pubblico entu - Zucca; fotografia: Mario Albertelli; siasmi schietti e degni del più popolare montaggio: Renzo Lucidi; scenografia: spettacolo. La storia di Elisabetta e di Boris Bilinsky; musica: Giuseppe Becce; Razumosky, fedele innamorato e segua - interpreti: Luisa Ferida, Laura Nucci, ce, si svolge così in una indovinata Claudio Gora, Lamberto Picasso, Ennio atmosfera di idillio e di avventura che Cerlesi, Nicola Maldacea, Franca Belli pare avere incontrato subito il favore del [Phelan Bilinsky]; produzione: Titanus; pubblico. Nella prima parte del film la origine: Italia, 1941; formato: 35mm, regia si compiace della levità campestre b/n; durata: 99’. degli incontri della principessa di san - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. gue reale con il pastore, per strin gersi sempre più verso il finale, in un tono di «Mi chiamarono, feci un provino con dinamico e quasi vertiginoso calcarsi di questo Volkoff e conobbi Bilinsky che avvenimenti. Questa ultima parte è era uno scenografo, straordinario, famo - indubbiamente quella che più ci sembra so per la prima edizione di Tarakanova . meritevole di lode, anche per ché riesce Venni in contatto, così, con un altro effettivamente nel suo ritmo scorrevole aspetto del cinema. Un cinema assoluta - e sempre crescente a portar via con sé mente serio, autentico, con un copione l’attenzione completa degli spettatori e eccellente e un regista di primissimo molta, come si usa dire, della loro “pas - ordine. [...] Volkoff, a differenza di un sione”. La parte deco rativa del film, la certo nostro modo di far cinema, lascia - parte costumistica e scenografica sono va le competenze ai competenti, e pre- curate con un ordine ed un gusto di tendeva il massimo dai migliori. Intanto ottima marca, così come di sommo de - fu il primo a girare nel palazzo reale di coro è sembrata in genere la recitazione Caserta. E diede modo a Bilinsky di di quasi tutti i protagonisti. Luisa Ferida, vestire e orpellare in libertà, facendo che da Salvator Rosa in poi sembra splendere il film con climi favolosi. Non come aver ricevuto un impulso nuovo e c’era il colore, ma da ogni altro punto nuove possibilità, in una parte questa, di vista le immagini di Volkoff e Bilinsky di assai più controllata misura, si muove hanno ancora molto da insegnarci». con schiettezza e avvincente sponta - Claudio Gora in Francesco Savio, Cinecittà anni Trenta. Parlano 116 neità». protagonisti del secondo cinema italiano Giuseppe Isani, «Cinema», n. 130, 1930-1943 , a cura di Tullio Kezich, 25 novembre 1941 Bulzoni, Roma, 1979

«Vecchia corte di Russia. Amori e spade, colpi di stato e rivalità di alcova e di po - 64 L’ ANGELO BIANCO destino, sulla rassegnazione come unica via verso l’espiazione, e il tema del Fato Regia: Giulio Antamoro, Federico Si - si traduce in una serie di immagini ri - nibaldi, [Ettore Giannini]; soggetto: dal correnti, creando quasi dei refrain visivi. romanzo di Ruggero Rindi; sceneg - Da un lato troviamo infatti il mo tivo giatura: Sergio Pugliese, Enrico Ribulsi, dell’acqua che scorre inarrestabile, sot - F. Sinibaldi; fotografia: Antonio Marzari; tolineato nelle sequenze di umile vita montaggio: Achille Pisanelli; costumi: contadina (il mulino), ma anche nella Boris Bilinsky; musica: Giuseppe Bec - scena del tentato suicidio (le cascate), in ce; interpreti: Beatrice Mancini, Emma quelle di espiazione (il mare che Suor Gramatica, Filippo Scelzo, Elena Altieri, Francesca attraversa come missionaria) Cesarino Barbetti, Giuseppe Addobbati; e nel tragico finale (dove il mulino so- produzione: Titanus; origine: Italia, 1943; stituisce la cava). L’altro stilema rive- formato: 35mm, b/n; durata: 85’. latore consiste invece nel sistematico Copia 35mm da Cineteca Nazionale. ricorso a inserti scritti (lettere, insegne, telegrammi, certificati), che scandiscono «Come in un melodramma, anche la ellitticamente il racconto e mettono ogni storia della Titanus è segnata da coinci - volta i personaggi davanti ai termini denze, ritorni di fiamma, incontri man- inappellabili del proprio destino (nasci- cati e improbabili riapparizioni. [...] Fra ta, disgrazia, morte): come nel cinema i soggetti più volte riproposti, merita di Carl Theodor Dreyer, la parola scritta allora particolare attenzione I figli di rimanda in questo senso al libro per ec- nessuno , ricavato da un romanzo di cellenza, la Bibbia, e quindi a un volere Ruggero Rindi e portato ben quattro superiore, cui i personaggi in questo volte sullo schermo fra il 1921 e il 1955. caso non possono far altro che rasse - [...] Quando nel 1943 la Titanus riusci- gnarsi, guadagnando così uno spessore rà finalmente a realizzare un nuovo mistico che finisce per essere la loro adattamento del romanzo, il titolo sarà unica forma di salvezza». cambiato ne L’angelo bianco e la trama Simone Starace, Tutti i figli di nessuno , stessa subirà modifiche a dir poco in Sergio M. Germani, S. Starace, Roberto radicali. [...] Scomparsa la componente Turigliatto, Titanus. Cronaca familiare storica e annullata la critica sociale, il del cinema italiano , Centro Sperimentale film si concentra allora sull’altra anima di Cinematografia/Sabinae, Roma, 2015 del romanzo, esaltandone la dimensione mistica. Il regista Giulio Antamoro, già autore di un Christus (1916) [...], forza CONVERGENZE PARALLELE anzi la mano sulla componente cri - stologica, arrivando a ribattezzare Luisa LO SCONOSCIUTO DI SAN MARINO con il nome di Maria, mentre il figlio Regia: Michał Waszy n´ski, Vittorio Cot - diventa addirittura Cristino. Il racconto tafavi; soggetto: Cesare Zavattini; sceneg- si sviluppa così innanzitutto come un giatura: V. Cottafavi, Giulio Morelli, C. apologo sull’accettazione del proprio Zavattini; fotografia: Arturo Gallea, [Ga -

65 bor Pogany]; montaggio: Mario Ser - nel finale la sua dimensione terrena e, nadrei; scenografia: Boris Bilinsky; fattosi soltanto uomo, deve tornare a far musica: Alessandro Cicognini, Giuliano i conti col suo passato e le sue respon - Conte; interpreti: Aurel Milloss, Vittorio sabilità morali: e i suoi “miracoli” var- De Sica, Anna Magnani, Franca Belli ranno allora comunque o andranno [Phelan Bilinsky]; produzione: Gian riconsiderati alla luce della sua vera Paolo Bigazzi per Film Gamma; origine: personalità? Sarà preferibile l’oblio (ma Italia, 1948; formato: 35mm, b/n; dura - le scene del passato che ritorna sono ta: 79’. tutte a contatto col crocifisso, come fos - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. sero illuminazioni celesti) o il peso delle proprie responsabilità (che nel finale «Benché i titoli de Lo sconosciuto di San conducono il protagonista alla morte e Marino lo indichino solo come sceneg - che, proprio per questo, il prete sente il giatore, Cottafavi partecipò come co-re- dovere di nascondere alla folla di fede - gista anche alle riprese vere e proprie, li)? Come si vede, sono tutti interrogativi probabilmente in virtù delle sue passate inquietanti su ciò che può essere la collaborazioni con De Sica (qui inter - coscienza umana e sulla possibilità di prete) e Zavattini (autore). Tutto ciò una ricostruzione morale dopo l’Orrore ovviamente non fa che complicare il della guerra e dello sterminio. Certo il quadro, rendendo assai approssimativa pubblico dell’imme diato dopoguerra, lo l’attribuzione dell’opera: se il soggetto stesso che aveva condannato Due lettere appartiene chiaramente al lato fiabesco- anonime di Mario Camerini e premiato spirituale di Zavattini ( L’angelo e il La vita ricomincia di Mario Mattòli, non diavolo , Miracolo a Milano ), lo svilup- doveva esser pronto a un colloquio po propone temi cari anche a Cotta- tanto spie tato con la propria cattiva favi (soprattutto la santità); se anche coscienza (men che mai, poi, se esso Waszynski firma ufficialmente la regia, veniva pro posto sotto forma di spetta - alcune soluzioni (la carrellata “scultorea” colo spesso spiazzante per i rapidi salti del prologo, le crisi femminili filmate di registro), ma è singolarmente ingiusto secondo quella che più tardi Mourlet che, a sessant’anni ormai di distanza, il chiamerà “nozione di invasione”) richia - film non abbia ancora riguadagnato la mano alla memoria momenti simili ne stima che senz’altro merita». (Simone La rivolta dei gladiatori e Il boia di Lilla . Starace, 2007) [...] Il tema più interessante del film, come dicevamo, è infatti quello della santità, che si sposa però qui stret - tamente con la situazione morale del CONVERGENZE PARALLELE dopoguerra. Il personaggio miste rioso FROU -F ROU (P ERDUTA PER AMORE ) (smaccatamente cristologico), che ap - pare dal nulla e insegna nuovamente Regia: Augusto Genina; soggetto: A.E. l’amore a un’umanità ormai abbrutita, Carr, dal romanzo di Cécil Saint-Laurent; recupera però assai drammaticamente sceneggiatura: A. Genina, Alessandro

66 De Stefani, Jean Ferry, Marc-Gilbert morte, se non fisica, mentale. È la fine. Sauvajon; fotografia: Henri Alekan; Forse la parola morte non è adatta, è la montaggio: Mario Russo, Suzanne fine. Non c’è più niente da dire o Rondeau; musica: Louiguy; interpreti: accettare o avere». Dany Robin (voce Rina Morelli), Gino Mario Russo in Sergio Grmek Germani, Cervi, Philippe Lemaire, Mischa Auer, Vittorio Martinelli, Il cinema di Augusto Umberto Melnati, Louis de Funès (voce Genina , Biblioteca dell’Immagine, Mario Pisu), Jean Wall (voce Emilio Pordenone, 1989 Cigoli), Ivan Desny (voce Giulio Pani - cali), Isabelle Pia, Mylène Demongeot, Capucine, Véronique Drey [Mariolina LA CARNE EL’ANIMA Bovo]; produzione: Gamma Film/Cine- Regia: Wladimiro Strizhewsky [Vladimir films-Italgamma; origine: Francia/Italia, Striževskij]; soggetto: Federico Sinibaldi, 1955; formato: 35mm, col.; durata: 109’. Emanuele Caracciolo; sceneggiatura: Copia 35mm da Cineteca Nazionale. Corrado Alvaro, Alberto Casella, Akos Tolnay, V. Striževskij, [Nicola Fausto «Frou-Frou diciamo che è stata una Neroni]; fotografia: Massimo Terzano, parentesi [...]; però già nel personaggio Mario Albertelli; montaggio: Renzo di Cervi, durante l’episodio dei russi a Lucidi; scenografia: Boris Bilinsky; mu- Parigi, che è il secondo episodio del sica: Felice Montagnini, Cesare Andrea film, c’è già questo tolstoismo, questa Bixio; interpreti: Isa Miranda, Massimo ricerca di una pace al di fuori del con - Girotti, Mario Ferrari, Aldo Silvani, Cele senso sociale, una ricerca della spiritua- Abba, Giacinto Molteni; produzione: lità, in un film frivolo come Frou-Frou . Titanus; origine: Italia, 1943-1945; for- Che poi la mano venga spinta un po’ mato: 35mm, b/n; durata: 83’. più avanti fino al suicidio di quello nel Copia 35mm e presentazione restaurate terzo episodio, cioè questo sentimento da Cineteca Nazionale. religioso, chiamiamolo così per capirci, diciamo questo disperato appello all’Uo - «Questo film, che non è ancora stato mo verso un Ente Supremo... Anche presentato al pubblico, fu iniziato nel questo voler ricorrere al carnevale, la mese di aprile del 1943 negli stabilimen - maschera di lui che è L’Homme qui rit di ti della Farnesina in Roma. Raccontare Victor Hugo, molto barocco, se uno le peripezie della lavorazione de La car - vuole essere cattivo, ma diciamo ci sono ne e l’anima sarebbe storia troppo di nuovo questi echi di una ricerca. [...] lunga. Il film (non ancora montato) ri - È sempre la morte che è la conclusione chiesto dai tedeschi, venne nascosto nei di un cammino. Come lo è in Madda - punti più impensati di Roma. Sa rebbe lena , che altro? In Frou-Frou è la morte stato bene, per il film, poter rifare di lui, ma lei è anche morta, perché non qualche primo piano, qualche piccola esiste più se non in funzione della figlia, scena. Ma la cosa fu impossibile. Im - ma come essere indipendente è annul - possibile anche quando si poté portare lata, è sempre questa conclusione di il film alla luce del sole perché i tede -

67 schi, occupata la Farnesina, svaligiarono rebbero diventate Quasi una vita . E in il deposito dei costumi, compresi gli effetti, dietro la storia di una giovane abiti che indossavo per La carne e entraîneuse sfruttata dal proprietario di l’anima , e demolirono tutte le costru - un Kabarè (è scritto così nel film) che zioni. Strikesky [sic], venuto allora da spera di rifarsi una vita grazie all’amore Parigi, era un tipo curiosissimo, interes- di un aitante ferroviere – lei è la Mi - sante. Ogni suo gesto, ogni sua parola randa, piuttosto generosa nel mostrare erano sempre l’espressione innata del- le gambe, lui è Massimo Girotti appena la sua gentilezza. Pochi mesi dopo la uscito da Ossessione – si possono ritro - liberazione di Roma un aereo alleato vare la vena popolare che farà la fortuna trasportava Strikesky in America». della Titanus negli anni del dopoguerra Isa Miranda, I miei registi , «Star», 16 giugno 1945 ma anche i primi sintomi di una ri - bellione alla morale corrente (fascista) «Tra i tanti meriti del festival di Locarno, che voleva le donne sottomesse e im - c’è anche quello di organizzare ogni an - macolate. Cosa che la Miranda del film no una grande retrospettiva. Quest’anno certo non è». è toccata alla Titanus, la più importante Paolo Mereghetti, «La carne e l’anima» casa di produzione italiana, di cui sono film introvabile di Girotti , «Corriere proiettati una sessantina di titoli. E tra i della Sera», 13 agosto 2014 film di Antonioni e Visconti, Olmi e Rosi, Matarazzo e Comencini, c’è anche una piccola grande scoperta, La carne e l’anima , con Isa Miranda e Massimo Girotti, sconosciuto anche ai cinefili più accaniti e restaurato per l’occasione dal Centro Sperimentale di Cinematografia. A dirigerlo, un regista russo emigrato in Francia allo scoppio della rivoluzione, Vladimir Strizevskij (ma italianizzato in Wladimiro Strichewsky) che lo terminò nel 1943 e però lo vide uscire sugli schermi solo nel 1945. Chi non lo vide mai fu uno dei soggettisti, Emanuele Caracciolo, entrato nella Resistenza e arrestato dalla Gestapo che lo fece fuci - lare a 31 anni, con tanti altri martiri, alle Fosse Ardeatine. Oltre a Caracciolo, co - munista dichiarato, collabora alla sce- neggiatura anche Corrado Alvaro, i cui sentimenti antifascisti in quegli anni prendevano corpo sulle pagine che sa -

68 Sogno del mai Il cappotto di Emanuele Caracciolo

69 EMANUELE CARACCIOLO Erano tedeschi, ma fuggendo da Fondi, avevano saccheggiato gli agrumeti, ed «Non ricordo autunni, inverni, primave - ora vendevano o svendevano sacchi re più dolci di quelle: forse perché la d’arance. Di nuovo la natura vinceva il vita di clandestini ci teneva al chiuso; certo, le stagioni furono lungamente terrore: la vita vinceva la morte in quel - verdi e assolate, oltre i vetri fuligginosi le rame colme di frutta. Però il cappot - delle cantine, oltre le grate dei nostri to “assassino” che si scambiavano i Gap nascondigli, tra la fine del ’43 e l’inizio dondolava ancora nell’armadio, ammo - del ’44. Vista con gli occhi del clande - nitore. A chi sarebbe ancora servito? E stino, che non può uscire all’aria aperta per quale azione? Ma chi lo aveva in- se non in certe ore, in certe condizioni, dosso la prima volta? Alla fine, dopo la e trattenendo il respiro fra un passo e Liberazione, stabilimmo che era appar - l’altro, tutto ciò che ci circonda diventa tenuto a Caracciolo, un compagno mas- impietosamente più bello, quasi spreco sacrato alle Fosse Ardeatine. Ma quan - innaturale d’incantesimi che ti irritano do lo mostrammo alla vedova, essa lo più che avvincerti. Questo ricordo ver- guardò a lungo; no, non era suo, non de, ventilato da una brezza che non fu glielo aveva mai visto». mai crudele, anche nei mesi più incle - Carlo Bernari, Il cappotto , «Vie Nuove», menti, colora gli altri ricordi delle fu- n. 30, 24 luglio 1955; poi in Salvatore Iorio (a cura di), Il futurista veloce , ghe, degli agguati, degli appuntamenti Mephite, Atripalda, 2015 punteggianti la Resistenza a Roma. E quando nel passare da un nascondiglio all’altro, ricapitavo a casa mia per ri - In una fredda mattina di gennaio dell’anno prendere i contatti interrotti da un arre - 1944, a Roma, una camionetta della polizia sto, da una morte, e mi ritrovavo fra si fermò dinanzi al numero 51 di Piazza di Spagna: in quella casa, al quinto piano, abi - quelli che dovevano diventare, poi, i tava lo sceneggiatore Sergio Amidei, sospet - nomi più famosi della Resistenza roma - tato di attività clandestina antifascista. La na, non mi pareva vero fossimo ancora polizia cercava proprio lui. Salirono e bussa - in tanti. E in tanti eravamo quel giorno rono alla porta. Intimarono di aprire, irrup - in cui ci fu un allarme: i tedeschi con pero nel suo appartamento. Ma del signor un camion avevano fatto irruzione nel - Amidei non trovarono traccia. Trovarono in - l’androne. Eravamo in trappola. Il cap - vece due donne, Nannina, l’anziana donna potto che si scambiavano i Gap, dopo di servizio, e la signora Ricceri, proprieta- un’azione, era lì, nell’armadio aperto. ria dell’appartamento in cui abitava Amidei. Non c’era possibilità di fuga, benché la Avvertita da Nannina, giunse poco più tardi mia casa fosse a pianterreno. Allora va anche una giovane donna, dal viso intelli - gente ed espressivo: era Maria Michi, allora mia moglie a spiare, lasciandoci per attrice di varietà. lunghi minuti col batticuore. Quando La signora Ricceri le fece segno che, per il tornò era proprio la primavera che tor - momento, tutto andava bene. Intanto i poli - nava: trascinandosi un sacco di arance, ziotti stavano mettendo a soqquadro la casa ancora vive, attaccate ai rami frondosi. del noto cineasta; vuotarono cassetti e scaf - 70 fali, sfogliarono minuziosamente i libri. Uno prete del personaggio di Manfredi, che allo - di essi apostrofò l’attrice: ra lavorava come sceneggiatore alla “Lux” e – Voi chi siete, che fate qui? infine, naturalmente, Rossellini. Lo stesso – Sono un’amica della signora Ricceri – ri - Rossellini ha detto più volte che l’occasio - spose pronta la Michi – sono venuta a pro - nale collaborazione di Negarville gli fu di vare degli abiti. aiuto davvero prezioso. – Conoscete Sergio Amidei? Le forze culturali che avrebbero dato vita – No, non lo conosco. nell’immediato dopoguerra alla corrente ci - – Eppure abbiamo visto qualche vostra fo to- nematografica del neorealismo si preparava - grafia fra le carte dell’Amidei, come potete no del resto, e non da pochi mesi soltanto, dire di non conoscerlo? alla loro battaglia per quel cinema italiano – Io faccio l’attrice – ribatté la Michi – è faci - che sarebbe nato dal trionfo della Resisten - le che Amidei abbia qualche mia fotografia. za e della caduta del fascismo. Sarà utile Gli agenti brontolarono qualcosa e si con - perciò ricordare, sia pure con la brevità dei sultarono fra loro. Poi dissero che dove vano cronisti, le vicende trascorse in quegli anni fermarla per accertamenti. Così Maria Michi dagli uomini più avanzati e sensibili del venne trattenuta per tutto il giorno in que - nostro cinema. stura. Con qualche lieve modifica, questo Negli anni che vanno dal 1940 al 1943, un episodio venne poi trasferito, a liberazione gruppo di giovani, fresco degli studi com - avvenuta, nella sceneggiatura di Roma città piuti al Centro Sperimentale sotto la dire - aperta , all’inizio del film che tutti abbiamo zione di Umberto Barbaro, di Luigi Chiarini visto. e di Francesco Pasinetti, dette vita, sulle co - Dopo quella volta Amidei, sfuggito alla po - lonne della rivista Cinema , ad una battaglia lizia, fu costretto a vagare fra le varie case contro i film d’evasione allora trionfanti e dei suoi amici, da quella di Flajano se non che venivano definiti, con azzeccata espres - andiamo errati, a quella di Giacomo De sione, «film dei telefoni bianchi». Facevano Benedetti, a quella della Michi stessa, alla parte di questo gruppo Giuseppe De Santis quale, pochi giorni dopo il suo mancato (che dal ’41 al ’43 fu il critico della rivista), arresto, Amidei si presentò con un paio di , Mario Alicata, Gianni Puccini baffi finti che lo rendevano irriconoscibile. e suo fratello Massimo, Antonio Pietrangeli, Fu in questo modo che Amidei si trovò a tu Michelangelo Antonioni, ed altri ancora. Il per tu con la vita clandestina, la stessa che gruppo antifascista dei redattori di Cinema conducevano allora i cospiratori politici del – Domenico Purificato, Puccini e De Santis – movimento di Resistenza, e la stessa che – svolgeva fra le righe, con un cinema immer - proprio a Roma – vivevano in quei giorni so nella realtà (quest’ultima espressione uomini come Negarville, Pellegrini, Amen - era stata usata incautamente, dopo il rima - dola e altri. Fu durante le lunghe soste, fra neggiamento ministeriale del febbraio del uno spostamento e l’altro, che Amidei con - ’43, proprio dal nuovo ministro per lo Spet - cepì il soggetto di Roma città aperta . Gran tacolo, Polverelli, e il gruppo di Cinema se parte del soggetto venne scritta e discussa a n’era subito servito per pubblicare un vero casa della Michi, in via Bechi, ai Parioli, dove e proprio manifesto del neorealismo). Inol - spesso veniva nascosto del materiale clan - tre direttore della rivista era Vittorio Mus - destino. E proprio a Negarville capitò di as - solini, il quale in redazione metteva piede sì sistere spesso, a queste sedute, in cui ol tre e no una volta ogni due mesi, ma serviva a ad Amidei, c’erano il monarchico Alberto coprire col suo nome, senza volerlo, l’in - Consiglio, Marcello Pagliero, il futuro inter - tensa attività «frondista» dei suoi redattori. 71 Del resto, per capire quanto debole e di - sulle tracce di Gianni Puccini e di tutto il sordinata fosse la politica del regime, spe - gruppo di antifascisti militanti al quale egli cialmente in questo campo, basterà ricor - apparteneva; Puccini e Alicata vennero pre - dare alcuni fatti poco noti, ma abbastanza si subito, Pietro Ingrao, ex allievo del Cen - sintomatici. Al ministero della Cultura popo - tro Sperimentale, fece appena in tempo a lare, in via Veneto, funzionava una specie fuggire. Fra coloro che collaboravano con di commissione di censura; ebbene questa Attilio Riccio, al ministero, la sorte più triste commissione, presieduta da Attilio Riccio, toccò a Emanuele Caracciolo. uomo di sentimenti antifascisti e liberali ave - Era costui una singolare forma di cineasta, va fra i suoi membri alcuni antifascisti mili - oggi purtroppo dimenticato da tutti tranne i tanti come Gianni Puccini, Rinaldo Ricci, pochi amici che gli furono vicini in quegli Emanuele Caracciolo ed altri. Naturalmente, anni. Era entrato al Centro Sperimentale con le decisioni finali spettavano al ministro Pa - «l’infornata» del ’36, quella che comprende - volini prima e Polverelli poi; fu Pavolini, va Germi, Puccini, Zampa, Checchi, Alida per esempio, a scrivere con la matita rossa Valli, Luisella Beghi, ecc. Fra tutti gli allievi sul copione di L’amante di Gramigna «basta Caracciolo era apparso come uno dei più con questi briganti!». L’amante di Gramigna promettenti e brillanti, dotato di un’intelli - era stato il primo lavoro concreto e creativo genza straordinaria e di un grande talento, del gruppo di giovani cineasti d’avanguar - anche se di carattere disordinato e inco - dia cui abbiamo accennato prima: l’idea di stante. Intorno al ’40 uscì il suo primo film ridurre per lo schermo il racconto verghia - Troppo tardi t’ho conosciuta , una specie di no era nata in seguito all’incontro di De Hellzapoppin’ dell’epoca, pieno di trovate e Santis e Puccini con Luchino Visconti, allo - di spirito, seppure talvolta assurdo e intel - ra trentaquattrenne e fresco di interessanti lettualistico. Pochissimi sono quelli che an - esperienze compiute in Francia come assi - cora se ne rammentano. Caracciolo venne stente di Jean Renoir. anche lui imprigionato ai tempi dell’occu - Quando ormai la battaglia per Gramigna pazione nazista e fucilato alle Fosse Ar - doveva considerarsi perduta, Visconti, De deatine. A detta di quelli che lo conobbero, Santis e Puccini, cui si era unito anche Ma - il cinema italiano ha perso molto con la sua rio Alicata, decisero di comporre ogni sfor - scomparsa. zo per realizzare Ossessione, una libera ri - Durante l’inverno dell’occupazione nazista, duzione del Postino suona sempre due volte venne catturato anche Luchino Visconti. Vo - dello scrittore americano James Cain. Sta - leva compiere, con alcuni compagni, un’a - volta Attilio Riccio e lo stesso Eitel Monaco, zione gappista. L’appuntamento era dalle allora direttore generale dello spettacolo, parti di Corso Trieste. Uscito di casa armato sostennero il progetto, che ebbe via libera. si trovò subito circondato da poliziotti; fu Tuttavia, alla sua uscita sugli schermi, Osses - rinchiuso nel carcere di via Romagna, insie - sione venne così ferocemente boicottato me con lo scrittore Mario Puccini, padre di dalle autorità fasciste che solo pochi spetta - Gianni. tori poterono vederlo. Nel frattempo due dei Quanto a Gianni era stato liberato nell’ago - collaboratori alla sceneggiatura – Puccini e sto del ’43, poco dopo il crollo del fascismo, Alicata – eran finiti in carcere. Puccini, men - appena in tempo per riprendere, col nume - tre lavorava al ministero aveva consegnato ro datato 25 luglio-10 agosto 1943, la di - un giorno a un operaio un opuscolo di pro - rezione della rivista Cinema ; in questo fa - paganda antifascista; l’operaio venne sco per - scicolo venne pubblicata una nota redazio - to da una spia e finì col mettere la polizia nale di cui diamo alcuni brani salienti: «Il 72 cinema, creazione di uomini, è in un lega - servirono all’arredamento; gli esterni, per me di interdipendenza dialettica con tutte le fortuna, occupavano una buona parte del altre opere degli uomini. Oggi che questo film e le strade di Roma si rivelarono molto legame è finalmente possibile riconoscerlo fotogeniche. I soldi mancarono a più ripre - e testimoniarlo, il nostro lavoro si allarga, se; tranne la Magnani e Fabrizi, gli altri at - cresce di estensione, si fa più maturo e più tori – la Michi, Pagliero, Feist, Giovanna responsabile. Trova, di colpo, nuove vie di Galletti – lavorarono quasi senza compen - penetrazione e nuovi apporti umani. In so, ma con enorme entusiasmo. E va ricor - questo senso dobbiamo intendere la futura dato a questo punto anche il contributo azione della nostra rivista: come designata a dello scomparso operatore Ubaldo Arata che contribuire, mediante un’impostazione rin - fornì la macchina da presa e le lampade che novata e libera dei problemi del film, che egli stesso aveva salvate da Cine città, quan - non sia soltanto la presa di poizione di una do lo stabilimento era stato smantellato dai minoranza di intellettuali, ma abbia echi più tedeschi. Povero ma libero nasceva il neo - vasti e più popolari, alla riedificazione del realismo italiano. Doveva rimanere libero film nazionale. Cinema ci propone quindi ancora per poco. di partecipare, aderendo e anzi imponen - Un giorno, subito dopo la guerra, Marcello dosi alla storia concreta e in atto del paese, Pagliero, che lavorava come operatore di alla ricostruzione della cultura italiana». avvenimenti di attualità per conto del PWB, In condizioni assai difficili, la rivista conti - venne mandato a compiere alcune riprese nuò le pubblicazioni fino al dicembre del su una cerimonia che si sarebbe svolta alle 1943. Ormai i giorni decisivi, almeno per fosse Ardeatine per commemorare le vit - Roma, si avvicinavano; bisognava aspettare time dell’atroce massacro nazista. Pagliero la liberazione, affrettarla, prepararsi al lavo - arrivò sul posto quando già vi si era radu - ro di poi. Venne l’inverno in cui Amidei nata una gran folla, composta soprattutto di scrisse il soggetto di Roma città aperta , in donne – madri, sorelle vedove dei caduti. cui De Santis, Visconti, Vergano, Puccini Disposta la macchina da presa, Pagliero co - svolsero attività clandestina contro gli occu - minciò a girare alcune scene: intanto un panti, in cui Caracciolo venne fucilato, Vi - cappellano preparava l’altare per dire una sconti messo in prigione e in cui De Sica e messa in suffragio delle vittime e disponeva Zavattini, nel sotterraneo di una chiesa, rea - sull’altare una bandiera tricolore. La ban - lizzavano La porta del cielo ; era – dal canto diera portava ancora lo stemma sabaudo. A loro – il modo migliore per non lasciarsi tra - quella vista, le donne presenti si scagliaro - scinare a Nord, come volevano le autorità no contro l’altare per strappare lo stemma fasciste, e prepararsi in tempo al grande la - che rappresentava per esse un passato tra - voro del dopoguerra. gico; nell’esasperazione fecero anche quel - Nel giugno del ’44, finalmente Roma venne lo che non avrebbero voluto fare: travolse - liberata. Fu una festa per tutti, anche per il ro l’altare, il prete, gli oggetti del culto. Era gruppo che aveva lavorato intorno al sog - una scena di drammaticità estrema, che ri - getto di Roma città aperta . fletteva lo stato di ira e di esasperazione Pochi giorni dopo la liberazione, Rossellini latente nel popolo contro le classi domi - si dava già da fare per trovare i fondi con nanti che avevano portato l’Italia alla rovi - cui realizzare il suo film. Il primo contribu - na. Pagliero «girò» l’episodio dal principio to lo dette un’anonima contessa. Il «teatro di alla fine; capì subito che si trattava di un posa» venne stabilito in uno scantinato di documento di importanza eccezionale e di via degli Avignonesi; i mobili di Maria Michi scottante attualità. Affidò quindi con mille 73 raccomandazioni all’operatore della pellico - Copia 35mm da Museo Nazionale del la impressionata, pregandolo di stare attento Cinema (deposito Associazione Amici che non andasse perduta o deteriorata. Ma il del Museo del Cinema). giorno dopo la pellicola era sparita. Al PWB nessuno ne sapeva nulla; eppure l’operato - «Caracciolo, il mio regista, è appunto un re aveva fatto il suo dovere, l’aveva conse - giovane, nato per il cinematografo, co- gnata allo stabilimento di sviluppo, e di là era scomparsa. Inutili furono le ricerche di me gli scoiattoli per i rami degli abeti. Pa gliero; la pellicola non fu trovata. Recen - [...] Egli è chiaro, semplice, divertente, te mente, in seguito a più accurate indagini estremamente “visivo” quando conce - compiute con l’aiuto di amici inglesi, Paglie - pisce uno scenario. Ho cercato di riuni - ro è venuto a sapere che quel brano di film re un gruppo di uomini che fossero vi - si trova a Londra, custodito nella ci neteca cini al suo temperamento. Ad esempio, della Royal Air Force. Emanuel, plastico illuminatore d’am - I nemici del nuovo cinema italiano non tar - bienti, è quanto di più affine ho potuto darono certo, nel dopoguerra, a mettersi affiancare – luministicamente parlando all’opera: vari furono come si vede, i mezzi – agli scenari di Caracciolo, così ricchi e gli scopi. Tuttavia, fin dagli inizi, il sabo - di materiale fotogenico». taggio fu presente e calcolato. Mario Sequi in Mentre si gira Franco Giraldi, Massimo Mida, Un giovane “Troppo tardi t’ho conosciuta” , regista morto alle Ardeatine , «Vie Nuove», «Film», 12 agosto 1939 n. 30, 24 luglio 1955; poi in Salvatore Iorio (a cura di), Il futurista veloce , cit. «È facile rintracciare i retaggi delle pre - cedenti esperienze cinematografiche di Caracciolo, confluiti nel suo esordio al - TROPPO TARDI T’HO CONOSCIUTA ! la regia: l’idea di utilizzare un tenore Regia: Emanuele Caracciolo; supervisio - come interprete principale proviene da ne alla regia: [non ac - Marionette (1939) di Carmine Gallone creditato]; sceneggiatura: E. Caracciolo (vero mentore cinematografico dell’arti - [non accreditato], Aldo Vergano ed Enri - sta tripolino), in cui Caracciolo figurava co Ribulsi, dalla commedia Il divo di come aiuto regia [...]. Oltre che dallo Nino Martoglio; musica: Ezio Carabel- spunto martogliano, l’ambientazione li - la, P. G. Redi [Luigi Pulci]; fotografia: rica e la melomania derivano, ancora, Emanuel [Filiberto Emanuel Lomiry]; dalla vicinanza a Gallone, noto appas - montaggio: Ignazio Ferronetti; aiuto al sionato di lirica e vero specialista, spe - montaggio : Lea Pardo; interpreti: Fran - cie negli anni a seguire, del biopic liri - co Lo Giudice, Alfredo De Sanctis, co, sottogenere nel quale aveva esordito Barbara Nardi, Christel Schrool, Fausto nel 1935 con E lucevano le stelle e pro - Guerzoni, Tatiana Pavoni, Giorgio seguito – tra gli altri titoli – con Giusep - Costantini, Raul Donadoni, Dino De pe Verdi (ancora una volta Caracciolo Laurentiis; produzione : Mario Sequi per come aiuto regia). [...] Motivo di un al - A.C.I.; origine: Italia, 1939; formato : tro revival filmico in atto in quegli anni 35mm, b/n; durata: 68’. è la celebrazione della vita e delle ope -

74 re di Vincenzo Bellini (a partire dalle tedeschi o quelli italiani, a seconda che celebrazioni per il centenario della mor- il paese di distribuzione sia l’Italia o la te, nel 1935), che pure fa sentire la sua Germania. Per la prima volta Gallone eco nel film di Caracciolo, in primis nel - ricorre quindi a un uso parziale del la scelta del titolo, celebre brano dell’at - doppiaggio, pratica che trasforma in un to II della Norma ». aspetto metacinematografico all’interno Salvatore Iorio, Il futurista veloce , del film. [...] Il film si configura come una Mephite, Atripalda, 2015 commedia degli equivoci di ambienta- zione bucolica, incentrata sul tema del doppio nonché sul gioco delle parti e MARIONETTE del travestimento. [...] Fatte le debite dif ferenze tra marionette e attori cine - Regia: Carmine Gallone; soggetto: Ernst matografici [...], le similitudini che tra Marischka; sceneggiatura: Walter For - loro intercorrono all’interno del film ster, Otto Ernst Lubitz, Rudo Ritter, Al - sollecitano ulteriori riflessioni sul teatro berto Spaini; fotografia: Arturo Gallea; e sul cinema, mezzi di riproduzione e montaggio: Oswald Hafenrichter; mu - di rappresentazione che costantemen- sica: Alois Melichar, Cesare A. Bixio; te alternano la finzione alla realtà. [...] interpreti: Beniamino Gigli, Carla Rust, Mentre gli attori divengono spettatori Lucie Englisch, Paul Kemp, Theo Lingen, della rappresentazione dei burattini, con Richard Romanowsky, Romolo Costa, i quali instaurano un immediato proces - Guglielmo Barnabò, Nicola Maldacea, so di identificazione, l’intreccio si scio - Rio Nobile, Dina Romano, Marcello Ma - glie». stroianni [non accreditato]; produzione : Stefania Carpiceci, Il “commendatore” Baldassarre Negroni e Otto Ernst Lubitz Carmine Gallone , in Storia del per la Itala-Film; origine: Italia/Germania, cinema italiano 1934/1939 , 1939; formato : 35mm, b/n; durata: 94’. Marsilio, Venezia, 2006 Copia 16mm (da 35mm) da Cineteca Bruno Boschetto. IL FEROCE SALADINO «Mentre Scipione l’Africano all’uscita Regia: Mario Bonnard; soggetto: Ettore nelle sale scalda gli animi dei favorevo - Maria Margadonna, Gino Rocca, ispirato li o dei contrari, Gallone riprende a di - alle figurine disegnate da Angelo Bio - rigere film musicali. A parte una breve letto; sceneggiatura: M. Bonnard, E.M. trasferta in Germania [...], nel biennio Margadonna; fotografia: Carlo Montuo - 1937-1938 egli dirige, per la Itala Film e ri; montaggio: Eraldo Judiconi [Eraldo all’interno di Cinecittà appena inaugu - Da Roma]; scenografia: Alfredo Mon to - rata, Solo per te e Marionette , entrambi ri; arredamento: Mario Rappini, Ema - interpretati da Beniamino Gigli. Se per nuele Caracciolo; aiutoregia: Amedeo il primo si adopera ancora nella doppia Castellazzi; musica: Giulio Bonnard, versione italo-tedesca, per il secondo ne Cesare A. Bixio e Michele Galdieri; in - realizza una sola, doppiando gli attori terpreti: Angelo Musco, Alida Valli, Ro-

75 sina Anselmi, Mario Ciotola [poi Mario ma; scenografia: Guido Fiorini; musica: Mazza], Nicola Maldacea, Lino Caren - Renzo Rossellini; aiuto regista: Mario zio, Alberto Sordi, Elli Pardo [poi Elli Monicelli; interpreti: Luisa Ferida, Ame- Parvo]; produzione: Giuseppe Sylos deo Nazzari, Camillo Pilotto, Ugo Ce - per Capitani-ICAR; origine: Italia, 1937; seri, Enrico Viarisio, Armando Migliari, formato: 35mm, b/n; durata: 70’. Vanna Vanni; produzione: Amedeo Tar - Copia 35mm (restauro da nitrato) da tarone per Amato Film; origine: Italia, Cineteca Italiana. 1937; formato: 35mm, b/n; durata: 66’. Copia 35mm da Cineteca Nazionale. «Il feroce Saladino costituì in Italia uno dei primi esempi di “film-rivista” a gran- «Anche Corrado d’Errico si sarà diverti - di quadri coreografici e musicali sul to a realizzare I fratelli Castiglioni , trat - modello hollywoodiano e radunò molti to dalla commedia di Colantuoni e pure nomi popolari del teatro leggero dell’e - questo è, in fondo, un giallo. Il sogget - poca, da Mazza a Maldacea, dalla Renzi to è noto. D’Errico si è ricordato nel alla Donati, da Fineschi a Durante e in realizzarlo di molte cose; persino del - una piccolissima parte (appariva trucca- l’avanguardia tipo Dottor Caligaris [sic ] to da scimmione [leone, n.d.r.]) Alberto nella scena del cimitero. Un procedere Sordi. Il film si ispira a un autentico allucinato e sconcertante, se fosse stato fatto di costume: il concorso Perugina- mantenuto sempre nella stessa dose, si Buitoni (che effettivamente aveva per sarebbe forse apprezzato di più; così, a figurina rarissima quella del “Feroce Sa- inquadrature di un certo stile, se ne al- ladino”). Esso scatenò negli italiani di ternano altre prive di intenzioni parti - ogni età, negli anni ’30, la “febbre delle colari. Lo squilibrio è un risultato della figurine”, collegandosi ad una trasmis - ricerca; ricerca che torna comunque a sione radiofonica di Nizza e Morbelli vantaggio del regista, il quale si è tro - che prendeva in giro i Tre moschettieri vato di fronte a diversi problemi da di Dumas. [...] Due anni dopo il con - risolvere primo dei quali la natura della corso fu ripetuto con uguale successo, commedia, con un fondo popolaresco finché il regime fascista lo vietò perché che rimane soltanto in qualche battuta poco consono all’austerità dei tempi». di dialogo e nel vestito di una delle Ernesto G. Laura, Maurizio Porro, attrici. Mi pare che si sia voluto fare il Alida Valli , Gremese, Roma, 1996 film di compromesso, col rischio, inve - ce, di compromettere il film; il che poi, alla fine, non è avvenuto perché, salvo I FRATELLI CASTIGLIONI certi squilibri, il racconto fila». Francesco Pasinetti, L’arte del Regia: Corrado D’Errico; soggetto: dalla cinematografo: articoli e saggi teorici , tragicommedia di Alberto Colantuoni; Marsilio, Venezia, 1980 sceneggiatura: C. D’Errico, Emanuele Caracciolo [non accreditato]; fotografia: «Silenzio! Motore! Corrado D’Errico dà il Vaclav Vich; montaggio: Eraldo Da Ro- via come per la Mille Miglia. Nell’inqua -

76 dratura sono proprio i quattro fratelli, un film a più mani, composto da mate - che si agitano: sembra vogliano con i riale di repertorio specialmente degli loro accenti ed i loro movimenti sfon - archivi alleati, riguardante la guerra par- dare il nastro di celluloide che scorre tigiana in Italia, di cui si voleva fare nella macchina che è dinanzi a loro. [...] l’epopea. A ravvivare il tutto, poi mon - Vich, in posa acrobatica, segue le loro tato da Mario Serandrei e da Giuseppe evoluzioni, con una certezza che è una de Santis, furono così chiamati Marcello promessa. Egli imbraccia la macchina Pagliero, il protagonista di Roma città come un fucile, mira e non sbaglia». aperta , che curò la parte dedicata al Amedeo Castellazzi, Cinque minuti massacro di rappresaglia tedesco delle a Tirrenia a veder girare un film: Fosse Ardeatine, e Luchino Visconti, che i fratelli Castiglioni , «Cinema si assunse le riprese del processo al Illustrazione», 31 marzo 1937 questore fascista di Roma Caruso (nel corso del quale era stato riconosciuto tra la folla il direttore del carcere di Regina CONVERGENZE PARALLELE Coeli Caretto, provocandosi un violen - GIORNI DI GLORIA to tentativo di linciaggio) e della fucila - zione di Caruso e di Koch: due scene Regia: Mario Serandrei, Giuseppe De viste da Visconti con occhi di ghiaccio, Santis, Marcello Pagliero, Luchino Vi - come un cinereporter di quelli che non sconti; soggetto: Umberto Calosso, Um - fermano la macchina da pre sa nemme - berto Barbaro; fotografia: Gianni Di no davanti alle scene più con turbanti, Venanzo, Angelo Jannarelli, Giorgio La- anzi, pare quasi che le vogliano solleci - stricati, Navarro, Giovanni Pucci, Arthur tare». Reed, Massimo Terzano, Umberto della Renzo Renzi, Visconti segreto , Valle, Giovanni Ventimiglia, Vittoriano, Laterza, Bari, 1994 Michel Werdier, De West, Manlio; mon - taggio: Carlo Alberto Chiesa, M. Seran- drei; musica: Costantino Ferri; voci: CONVERGENZE PARALLELE Umberto Barbaro, Umberto Calosso; produzione: Fulvio Ricci per Titanus, in L’ INVASORE collaborazione con ANPI, Cinéac, Mi - nistero delle Terre Occupate, Comando Regia, soggetto, montaggio: Nino Gian - delle Divisioni Garibaldine Zona Valse - nini; supervisione regia: Roberto Ros - sia, PWB Film Division; origine: Italia/ sellini; aiuto regia: Gerardo de Angelis; Svizzera 1945; formato: 35mm, b/n; sceneggiatura: N. Giannini, Gherardo durata: 70’. Gherardi, Giovanni Del Lungo, R. Ros - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. sellini, Alberto Consiglio; fotografia: Tony Frenguelli; scenografia: Virgilio «Come Renoir aveva girato La vie est à Marchi; musica: Edoardo Micucci; inter - nous per il Partito comunista francese, preti: Miria di San Servolo [Maria Petac - nell’ottobre 1945 nacque l’occasione di ci], Amedeo Nazzari, Osvaldo Valenti,

77 Armando Falconi, Aldo Silvani, Emilio me, quando la guerra sarà finita. L’uno Petacci; produzione: Silvio Lodi per So- e l’altro saranno inghiottiti nella turpe vrania-Imperator; origine: Italia, [1943-] rappresaglia del 24 marzo. Ai figli, Ge - 1949; formato: 35mm, b/n; durata: 75’. rardo de Angelis lascia un messaggio di Copia 16mm (da 35mm) da Cineteca civiltà: “Giustizia sì, ma non abbiate sen - Bruno Boschetto. timenti di odio”». Mino Argentieri, Il cinema in guerra. Arte, «Nel mucchio dei morti, giaceva nelle comunicazione e propaganda in Italia, fosse Ardeatine un altro uomo di ci - Editori riuniti, Roma, 1998 nema, scordato anch’esso: Gerardo de Angelis. Pubblicista, frequentatore del Caffè Aragno, Gerardo de Angelis fon - da nel ’39 una propria casa cinemato - grafica, la Gedea-film, con sede in via Aureliana. Amico di Tommaso Smith, Michele Scalera, Piero Ballerini, Goffre - do Alessandrini, Anna Magnani, gode fama di antifascista e non è ben visto al mini stero della cultura popolare [...]. Quindi, deve rinviare il debutto nella regia e ripiegare su prestazioni meno visibili. È assistente di Alessandrini in Caravaggio (’41), lavora con Carlo Lu- dovico Bragaglia, nel ’40 scrive il sog - getto e la sceneggiatura di Il ponte di vetro di Alessandrini, nel ’43 è aiuto di Nino Giannini in L’invasore , un film che ha avuto la supervisione di Rossellini ed è uscito soltanto nel ’49. Più di una vol - ta ha adottato lo pseudonimo di Dino Santeligi. [...] Militante di una formazio - ne partigiana collegata ai socialisti, si riunisce con i suoi compagni nell’ufficio di un’agenzia turistica, in piazza Barbe - rini, a pochi metri dal cinematografo riservato agli ozi delle truppe germani - che e a breve distanza da via Rasella. In quelle stanze, il 10 dicembre ’43, è arre - stato con altri resistenti. [...] È nell’infer - meria che Gerardo de Angelis stringe amicizia con Emanuele Caracciolo, e che i due si ripromettono di lavorare insie -

78 Non vogliamo morire: la Parola a Oreste Palella (Expanded Dreyer in progress, I)

79 Oreste Palella, messinese, regista di visione fra “terroni” e “polentoni”, sot - Mafia alla sbarra , è arrivato al perso - tolineare la bontà della fusione fra il naggio del maresciallo Potenza [in Se - razionalismo freddo del nord e il calo - dotta e abbandonata , 1964] dopo esse - re del sud. Saranno tre storie d’amore re stato in predicato, dice , per quello di per affermare la necessità di comporre, Vincenzo Ascalone [...]. E la sua attività fra nord e sud, la nuova famiglia italiana». di regista? «Non ho avuto il boom ma Giacomo Gambetti, Sedotta e non sono mai stato un mediocre. Fare abbandonata di Pietro Germi , l’attore a cinquant’anni è un’esperienza Cappelli, Bologna, 1964 che mi ha suggerito tante cose e che mi servirà anche come regista. [...] Indiret- tamente i film di Germi hanno giovato CATERINA DA SIENA anche al mio Mafia alla sbarra . Infatti Regia: Oreste Palella; soggetto: Fernan - dopo In nome della Legge , dopo Il cam- do Leonardi; sceneggiatura: F. Leonar - mino della speranza nasce proprio il di, O. Palella; fotografia: Alfredo Lupo; problema di come vedere la Sicilia; non musica: Leopoldo Perez Bonsignore, potevo imitarla, non potevo farla dura ; G.C. Carignani; interpreti: Regana De né lussureggiante e tutta bella come ad Liguoro, Rina De Liguoro, Teresa Ma - esempio in Jessica [di Jean Negulesco, riani, Ugo Sasso, Guido Gentilini; pro - 1962], per il quale ho diretto la seconda duzione: L. Perez Bonsignore per Cigno unità». [...] Oreste Palella diresse il pri - Film; origine: Italia, 1947; formato: mo film nel 1946, Caterina da Siena , col 35mm, b/n; durata: 92’. nome di “Orestes” («perché, spiega, era Copia 35mm da La Cineteca del Friuli. un periodo in cui la moda voleva gli stranieri e i nomi esotici»), dopo una «Mi vanto di essermi buttato al lavoro in certa esperienza nei cinegiornali di at - un periodo estremamente difficile, nel tualità durante la guerra, e un’attività ’47, quando le prospettive erano ben teatrale universitaria e un breve lavoro diverse da ora. Diressi Caterina da Sie - nei cine-guf; aveva messo in scena tra na , con criterio soprattutto spettacola - l’altro l’ Asinaria di Plauto e alcuni No re; non fui mai in grado di sopperire a giapponesi, collaborando anche con certi gusti ed esigenze, dovetti fare pa - Ma rio Landi e con Enrico Fulchignoni. recchie rinunce. Del resto sul piano Ora, fra i suoi film come regista, oltre a spettacolare il film incontrò notevole Caterina da Siena e a Mafia alla sbar - successo: costato 14 milioni e mezzo, ra , ricorda Cristo è passato sull’aia e Il ne incassò 390». grande viaggio [cioè Non vogliamo mo - Oreste Palella in Riccardo Redi, rire ?]. Fra pochi mesi lavorerà a Il sole Fabio Rinaudo, Piacciono in periferia , dietro la nebbia , da girare a Milano e in «Cinema», n. 133, 15 maggio 1954 Sicilia, forse con due delle interpreti di Sedotta e abbandonata : Stefania San - «In occasione del VI centenario della drelli e Roberta Narbonne. «Lo scopo del nascita di Caterina da Siena, patrona film, dice, è propugnare la fine della di - primaria d’Italia, enti e associazioni han -

80 no organizzato manifestazioni di varia Dalla revisione cinematografica preven - natura intese a celebrare la grande San - tiva (8 marzo 1950): «Si tratta [...] della ta di terra nostra. Nel quadro di queste storia di una ragazza paralizzata, Dani, manifestazioni la Cigno Film ha voluto che s’innamora spiritualmente del fidan- cooperare alla celebrazione con un film zato di una sua cugina, Roberto, che che traducesse sullo schermo il mondo non ha mai avuto occasione di vedere mistico di Caterina, illustrandone la vita se non in fotografia. Improvvisamente la spesa tutta attraverso vicende storiche fanciulla inferma muore. Mentre la sua imponenti, in una fervida attività reli - anima viaggia nell’aldilà, è invitata da giosa e in una ardita e virile attività po - una candida figura di vecchio vagabon - litica e sociale. Il Santo Padre si è beni - do a scendere, per una notte, in terra gnato interessarsi alla realizzazione del per trovare il compagno per l’eternità. film. Il Pontefice infatti, ricevendo in [...] L’attuale sceneggiatura non si scosta udienza particolare il produttore Leo pol - dalla precedente stesura se non nel fi- do Perez Bonsignore, il regista Oreste nale, dove si è sostituito l’originale sui - Palella e la protagonista del film Rega - cidio del protagonista [...]. Inoltre si è na de Liguoro, si è degnato gradire le inserito il motivo del vecchio vaga bon - fotografie che Gli sono state offerte e ha do – sorta di deus ex machina – che, con formulato i voti migliori per il successo le sue frequenti ap parizioni so pran- della pellicola che celebra una perso - naturali, dovrebbe richiamare il te ma nalità così cara al cuore di ogni italiano, dell’immortalità dell’amore. Il lavoro di ogni artista, di ogni cattolico». vaga fra toni veristici e toni surrealistici, «Rivista del Cinematografo», ispirandosi ad alcuni film esteri ( Scala ottobre-novembre 1947 al paradiso , Joe il pilota ecc.) in cui ani - me di trapassati ri prendono il loro viag - gio in terra fra i comuni mortali. Non IL RICHIAMO NELLA TEMPESTA / G LI occorre rilevare le difficoltà di lavori del AMANTI DELL ’INFINITO / E LE STELLE genere, dove ad una squisitezza forma - NON ATTESERO INVANO le della sceneggiatura deve corrispon - dere una perfetta realizzazione tecnica». Regia, montaggio: Oreste Palella; sog - getto: O. Palella, Carlo Guidotti; sceneg - «Palella è un uomo sui quarant’anni, si - giatura: O. Palella, Argi Rovelli, Carla ciliano e come tale cordiale e facondo. Tavianini; fotografia: Alfredo Lupo; mu - [...] Palella sa bene cosa significa impo - sica: Paul Giugniani; interpreti: Silvana stare un film destinato ad un pubblico Pampanini, Renato Baldini, Gabriella poco raffinato, un film senza il richia - Sangro, Carlo Tamberlani, Amedeo Tril - mo di grandi attori, un film senza mini - li, Renato Malavasi; produzione: Ezio mi garantiti. Sa anche cosa vuol dire Lavoretti per Eros Film; origine: Italia, fare un film quasi alla macchia, senza an - 1950; formato: 35mm, b/n; durata: 88’. nunciarlo, senza spendere grosse cifre Copia 16mm (da 35mm) da Cineteca per la pubblicità, senza che nessuno ne Bruno Boschetto. parli. [...] Nel 1950 Palella dirige un film

81 che veramente possiamo considerare ti - Amedeo Trilli, Sergio Bergonzelli; pro - pico ai fini della nostra inchiesta, il film duzione: O. Palella per Segesta Film; che invano si ricerca negli annuari: origine: Italia, 1953; formato: 35mm, Amanti dell’infinito ov vero Il richiamo b/n; durata: 80’. della tempesta . La sua storia è molto si- Copia 35mm da Archivio storico del ci- gnificativa. Il film racconta di due inna - nema italiano. morati; uno dei due, morto, rag giun ge va l’altro sulla terra per un giorno: sogget - «Nel 1952 Palella produceva Cristo è to che l’autore non esita a definire sur - passato sull’aia , traendone il soggetto realista. La conclusione era che l’amore da una leggenda popolare: che nel continuava tra un uomo e una donna tempo della mietitura Cristo vada per la anche al di là della morte. “C’era qual - campagna nelle vesti di un mendicante, cosa di irreale – dice Palella –; una sto - e che la sventura colpisca chi gli rifiuta ria semplice, narrata senza l’impegno di l’elemosina. Film in cui sono trattati i grandi mezzi tecnici, nella quale avevo temi della superstizione popolare e del cercato di raggiun gere un’atmosfera fuo - semplice amore. “Il film ha dei punti ri del consueto. Ebbi critiche favorevo - veramente belli – ci assicura l’autore –, lissime, benché il film venisse presen - facce vere, scene intensamente dram - tato a Roma il 18 d’agosto. Per la prima matiche. Non vi è un lieto fine: non ho volta io facevo vedere sullo schermo voluto cadere nel convenzionale. Ho vo - Silvana Pampani ni in un ruolo dram - lu to essere arcaico e spietato, altrimen - matico, senza farle mostrare le gambe. ti avrei veramente mancato lo sco po”. Il Lanciai Renato Bal dini in quel film. Ma film rimase quattro mesi in censura, e non so per quale ragione, forse per alla fine venne consigliato il ta glio di qualche questione religiosa, il film non una scena d’amore in un fienile; venne venne ammesso alla programmazione vietato ai minori di sedici an ni e non obbligatoria: la società produttrice, la ammesso alla programmazione ob bli - Eros Film, fallì, pur riuscendo a pagare gatoria. Solamente in appello, e proprio tutti. Non furono pagate le comparteci - in questi ultimi giorni, esso ottenne il pazioni, cioè il soggetto e la regia”». dieci per cento. In seguito alla vicissitu - dini del film i noleggiatori rifiutarono di Riccardo Redi, Fabio Rinaudo, Piacciono in periferia , cit. pagare le cambiali, mettendo la società produttrice, la Segesta Film di Palella, in un certo imbarazzo». CRISTO È PASSATO SULL ’AIA Riccardo Redi, Fabio Rinaudo, Piacciono in periferia , cit. Regia: Oreste Palella; soggetto: Paolo Mocci; sceneggiatura: Gerolamo Fava - ra, P. Mocci; fotografia: Alfredo Lupo; musica: Lodo Lodi; interpreti: Franco Fabrizi, Gianna Segale, Giuditta Tutaeff, Pier Ugo Gragnani, Renato Malavasi,

82 I can save you: Wysbar/Wisbar, presenze femminili oltre la Heimat (Expanded Dreyer in progress, II)

83 FRANK WYSBAR pogrom nazisti del 1938), anche Wysbar di Olaf Möller si decise a lasciare il paese. Intrapre- se così quel lungo interludio chiamato La carriera di Frank Wysbar (o Wisbar) emigrazione: negli Stati Uniti, dove vis - viene spesso divisa in due parti, anche se per quasi venti anni (prendendo se in realtà resta un corpo unico, tenu - anche la cittadinanza), lavorò per gli to insieme dall’enigma della morte: un studios più umili, realizzando però dei tema che deriva all’autore dai suoi tra - film splendidi (il più famoso dei quali, scorsi all’accademia militare di Prussia, Strangler of the Swamp , 1946, è una va - come allievo ufficiale. Quando girava riazione su Fährmann Maria ), e fu un film nel Reich tedesco, cominciando pioniere della televisione (girando an - sotto la Repubblica di Weimar e pro - che degli episodi del Fireside Theater ), seguendo poi sotto il regime nazista, ma finì disastrosamente a causa dei Wysbar eccelse in un cinema di tra - suoi crescenti problemi con l’alcool. La scendenti passioni femminili, segnato Repubblica Federale Tedesca divenne da due vertici: un film più dreyeriano di allora la sua zattera di salvataggio... Dreyer, Anna und Elisabeth (1933), e Tornando nella terra di Adenauer come una ballata sull’amore che inganna e cittadino americano, divenne l’unico sconfigge la morte, Fährmann Maria regista rimpatriato di successo, grazie (1935). Mädchen in Uniform (1931) di soprattutto a una serie di film sulla Leontine Sagan (e Carl Froelich) ci ap- Seconda guerra mondiale, truci medita - pare oggi come parte integrante di que - zioni antispettacolari sulla sofferenza, il sta opera. Considerando le differenze cui significato ultimo non può essere fra il finale dell’opera teatrale di Christa trovato nella morte. Gli uomini e le Winsloe e quello del film, che spostano donne semplicemente muoiono, e l’u - l’accento sulla necessità di riconsidera - nico pathos si manifesta negli spazi che re i modelli di educazione piuttosto che lasciano vuoti, ma che vengono presto sui desideri lesbici, Mädchen in Uniform occupati da qualcun altro. In questo può essere visto come un’anticipazio- cinema di carneficine, tumulti interiori ne weimariana del futuro Fabrik der e impotenza spirituale, passò quasi del Offiziere (1960). Wysbar probabilmente tutto inosservato il suo ultimo melo - disprezzava i nazisti, ma rimase comun - dramma su un amore più sofferto che que in patria, e questo nonostante la vissuto, Barbara (1961), modernizza - sua prima moglie, Eva, fosse perma - zione dell’atipico romanzo del maestro nentemente in pericolo a causa delle faroese Jørgen-Frantz Jacobsen. Per gli proprie origini. Se il regista ebbe mo- intellettuali liberali e di sinistra degli do di proseguire la sua carriera fu so - anni ’50 e ’60, si trattava di un enigma prattutto grazie alla protezione discreta che nessuno aveva interesse a risolve - di un vecchio amico, figura chiave e re. Quando Wysbar morì, pochi se ne influente nelle gerarchie naziste... Co - accorsero. munque, dopo la “notte dei cristalli” (come ancora oggi vengono chiamati i

84 MÄDCHEN IN UNIFORM parte non attrici, ma ragazze della RAGAZZE IN UNIFORME media ed alta borghesia e dell’aristocra - zia agraria, [...] secondo un criterio che Regia: Leontine Sagan, [Carl Froelich]; il cinema italiano del dopoguerra ci ha soggetto: dalla commedia di Christa assuefatti a considerare normale, ma Winsloe; sceneggiatura: C. Winsloe, che allora in Germania era abbastanza Friedrich Dammann; fotografia: Franz insolito da esser giudicato poco meno Weyhmayr, Reimar Kuntze; musica: che rivoluzionario. [...] Le circostanze Hanson Milde-Meissner; interpreti: d’eccezione in cui fu concepito e pro - Hertha Thiele, Dorothea Wieck, Emilia dotto Ragazze in uniforme non sono Unda, Hedwig Schlichter, Ellen estranee alla riuscita e allo stile stesso Schwanneke; produzione: Deutsche del film. L’estrema sobrietà del raccon - Film-Gemeinschaft; origine: Germania, to, il sacrificio di certe caratteristiche 1931; formato: 35mm, b/n; durata: 88’. tradizionali del film tedesco dell’epoca Copia 35mm da Stiftung Deutsche ([...] l’intenzione quasi sempre messa in Kinemathek. atto di superare un semplice problema di educazione per giungere a un qua - «È opportuno anzitutto ricondursi all’e - dro critico più generale sulle diverse poca in cui Ragazze in uniforme è manifestazioni dello spirito tedesco e stato prodotto. Siamo nel 1931. Sta per sulle sue contraddizioni più preoccu - concludersi l’ultimo atto della tragedia panti) si giustificano e si fondono nella di Weimar e la Germania, nonostante i fiducia che l’autrice evidentemente suoi tredici milioni di elettori operai, si dimostra nella necessità del suo film. Il appronta a consegnare la propria liber - film descrive la vita in un collegio di tà nelle mani dei monopolisti [...] e dei Potsdam, riservato alle figlie di ufficiali loro cecchini nazionalsocialisti. [...] Ra - poveri, appartenenti tuttavia all’aristo - gazze in uniforme ha avuto il merito di crazia. Le protagoniste sono l’orfana essersi imposto in quell’epoca densa e Manuela von Mainardis, la direttrice, la difficile come il film migliore e, in un signorina von Bernburg, istitutrice amo - certo senso, come la vera, grande sor - revole e comprensiva, e in un certo presa della stagione. Tratto da una com- senso la scuola stessa, come ambiente. m edia – Gestern und heute di Christa La disciplina militaresca, imposta dalla Winsloe – che aveva fatto il giro dei direttrice, nell’intento di soffocare la teatri d’arte delle scuole tedesche e pro- femminilità delle allieve, ottiene il ri- dotto dalla cooperativa Deutsche Film sultato di inasprire il lato morboso Gemeinschaf, Ragazze in uniforme ave - delle loro giovanili passioni. [...] I meto - va anzitutto il carattere della produzio - di educativi della direttrice non sono ne indipendente. In secondo luogo era quindi un risultato eccezionale provo - diretto da una donna, Leontine Sagan, cato da circostanza casuali, [...] bensì allieva di Reinhardt e alla sua prima quelli tradizionali dell’educazione gu - esperienza cinematografica. Infine le in - glielmina, che, a loro volta, vantano dei te rpreti erano tutte donne, in massima precedenti nella storia tedesca e non si

85 concludono affatto con la disfatta del maste lungamente inerti. A questo se- secondo Reich, ma troveranno il loro condo miracolo, la fama dell’innocente sbocco più logico nell’educazione na- si propaga e tutti i malati, i bisognosi, zionalsocialista». accorrono a lei, pretendendo di essere Callisto Cosulich, Ragazze in uniforme sanati e benedetti». e tiranni in borghese , «Cinema Nuovo», Enrico Roma, Concorso n. 32, 1 aprile 1954 cinematografico internazionale , «Cinema Illustrazione», 3 maggio 1933 ANNA UND ELISABETH ANNA E ELISABETTA «Nella prima parte Anna e Elisabetta ci ha ricordato La guarigione delle malat - Regia: Frank Wysbar; sceneggiatura: tie di Charles-Ferdinand Ramuz, tanto Gina Fink, F. Wysbar; fotografia: Franz più che abbiamo ritrovato la stessa Weyhmayr; montaggio: Alice Ludwig; atmosfera e alcuni degli stessi paesaggi musica: Paul Dessau; interpreti: Do ro - del celebre romanziere svizzero. [...] Un thea Wieck, Hertha Thiele, Carl Wery, film curioso, originale, talvolta lento, Mathias Wieman, Maria Wanck, Carl come richiesto dal copione, e mirabil - Balhaus, Roma Bahn, Dorothea Thiess, mente interpretato da Dorothy Wieck e Karl Platen; produzione: Kollektiv-Film/ Hertha Thiele, quest’ultima addirittura Terra-Filmkunst; origine: Germania, straordinaria. [...] La scena in cui Elisa - 1933; formato: 35mm, b/n; durata: 74’. beth si alza per camminare è di pri - Copia 35mm da Friedrich-Wilhelm- m’ordine, come pure altri momenti del Murnau-Stiftung. film; ma ripetiamo che qualche scena poteva essere alleggerita, perché le im - «Importante, artisticamente, è il tedesco magini sono eccezionalmente espressi - Anna und Elisabeth (Terra Film) realiz - ve, grazie soprattutto alle due interpreti zato da Frank Wysbar, interpretato da principali. Herta Thiele ci fa dimentica - un bel gruppo di attori in cui primeg - re di essere davanti a un’attrice. La sua giano Dorothea Wieck e Herta Thiele, recitazione raggiunge la perfezione del - le due note protagoniste di Ragazze in l’arte, un livello che cancella le tracce uniforme . Il soggetto è insolito: a un’u - del mestiere. Complimenti anche al re - mile ragazza di villaggio che veglia, in gista, che a differenza di tanti altri non preghiera, un morto, capita il singola - ha ritenuto necessario mostrarci nella rissimo fatto di vederlo resuscitare. Da prima scena una lunga panoramica del quel momento ella è ritenuta una santa, paese, con il pretesto di creare l’atmo - e tanto si crede in lei, nel suo divino sfera. Qui l’atmosfera al contrario nasce potere, che una signorina paralitica, a poco a poco, e il racconto si dissi - immobilizzata da anni nella poltrona, mula nel ritmo degli eventi. Una defini - finisce col riacquistare, in un supremo zione che si accorda perfettamente an - sforzo di volontà, evidentemente per che ad Anna e Elisabetta è quella che uno choc nervoso, le proprie gambe ri - Christian Sénéchal [...] ha proposto per

86 le opere d’ambientazione paesana di villaggio, accetta il posto. La prima not - Ramuz, che “sono talmente nuove nel te del suo nuovo lavoro, ella viene loro realismo terreno da creare un’at - chiamata a raccogliere un giovane feri - mosfera allucinata, in cui un’immagina - to che è evidentemente in fuga. Gli fa zione visionaria cattura i dettagli quoti - attraversare il fiume, e non risponde diana della nostra vita”». alle chiamate di quelli che lo inseguo - Lucien Wahl, «Pour Vous», no, i quali, secondo la descrizione del n. 264, 7 dicembre 1933 giovane delirante, sono degli agenti della morte in persona. La sera seguen - te ella risponde al suono della campa - FÄHRMANN MARIA na e trova di nuovo lo sconosciuto sul - l’altra sponda. [...] L’ultima risorsa di Regia, soggetto: Frank Wysbar; sceneg - Maria è di sacrificarsi al posto dell’uo - giatura: F. Wysbar, Hans Jürgen mo che ora ama. [...] Ovviamente que - Nierentz; fotografia: Franz Weihmayr; sto film non aveva nulla in comune con montaggio: Lena Neumann; musica: qualsiasi altro film del periodo nazio - Herbert Windt; interpreti: Sybille nalsocialista. In pratica è un film muto, Schmitz, Aribert Mog, Carl de Vogt, con pochi brani di dialogo, accompa - Peter Voss, Gerhard Bienert, Eduard gnato dalla luminosa colonna sonora di Wenck, Karl Platen; produzione: Pallas Herbert Windt, fotografato in modo ec- Film/Terra-Filmkunst; origine: Germa - cezionale da Frank Weihmayr. Wysbar nia, 1936; formato: 35mm, b/n; durata: e Weihmayr presero i loro attori e la 85’. loro équipe e li portarono lontano dagli Copia 35mm da Friedrich-Wilhelm- studi, nella remota landa di Luneburg, Murnau-Stiftung. vicino ad Amburgo. [...] In un’epoca di farse grossolane e di pomposità stori - «Fährmann Maria chiude la serie dei che, Fährmann Maria rappresenta una film del soprannaturale che erano ini - nota davvero strana, ed è possibile leg - ziati con Lo studente di Praga nel 1914. gervi una varietà di significati simbolici [...] All’inizio del film, un battelliere di nella trama, alcuni dei quali certamente un posto lontano sente dalla sua capan - non lusinghieri nei confronti del cine - na suonare la campana dall’altra parte ma nazista. Gli uomini a cavallo che del fiume. Porta la sua imbarcazione danno la caccia all’eroe cavalcano ve - sull’altra riva, dove prende a bordo un stiti di nero su cavalli bianchi, come le uomo strano e silenzioso. In mezzo al SS. La figura dello Sconosciuto (Peter fiume il battelliere cade morto tra le Voss) che non parla quasi mai, è ripresa braccia dello sconosciuto. Questa storia direttamente dal film di Lang, Desti no ; dà origine alla voce che il fiume sia abi - egli è ovviamente l’agente del male e tato da uno spirito maligno, ed è im - della morte, ma non è completamente possibile trovare qualcuno disposto a indifferente e insensibile. [...] Goebbels fare il battelliere. Un ragazza senza casa fu disgustato dal film, probabilmente di nome Maria, che cercava lavoro al perché il significato della storia non era

87 chiaro. [...] Quando emigrò negli Stati Maria , Wysbar può comunque essere Uniti, Wysbar rifece la stessa storia sot - iscritto fra i più ori ginali poeti del gran - to il titolo Strangler of the Swamp ». de schermo. [...] Non è un caso che David Stewart Hull, Il cinema nel Terzo Wysbar, arrivato a Hollywood, decise Reich. Studio sul cinema tedesco degli anni nel 1945 di realizzare un remake del 1933-1945 , Cinque Lune, Roma, 1972 suo miglior film tedesco. Dopo tutto si trattava essenzialmente di una sua crea - zione che non era stata vista dal pub - STRANGLER OF THE SWAMP blico americano, e inoltre in un perio - Regia: Frank Wisbar [Wysbar]; soggetto: do segnato da La casa sulla scogliera e F. Wysbar, Leo J. McCarthy; sceneggia - Incubi notturni i racconti di fantasmi cominciavano finalmente a esser presi tura: F. Wysbar, Harold Erickson; foto - sul serio. Ma la PRC era il più povero di grafia: James S. Brown jr; montaggio: tutti gli studi di Hollywood, persino più Hugh Winn; interpreti: Rosemary La piccolo della Monogram, e tutto quel Planche, Robert Barrat, Blake Edwards, che si aspettava era un filmetto horror Charles Middleton; produzione: PRC; da girarsi in una settimana, con meno origine: USA, 1946; formato: 35mm, di 20.000 dollari, da accompagnare a b/n; durata: 59’. prodotti come Mostro pazzo o Il vampi - Copia video (da 35mm) da Anno uno. ro . Wysbar non deluse le aspettative in termini di costi e piani di lavorazione, «Frank Wysbar (1899-1967) è uno dei re - ma diede alla PRC qualcosa che somi - gisti tedeschi meno noti e più interes - gliava a un film “d’arte”, un’opera che santi. Durante i primi anni del sonoro pur senza poter eguagliare il lirismo realizzò due film molto raffinati – Anna dell’originale restava inconfondibil - e Elisabetta (1933) e il film di stasera, mente romantico e tedesco. [...] La PRC, Fährmann Maria – lasciando poi la probabilmente sconcertata dal risultato, Germania di Hitler per approdare nel tentò di proporre il film come horror, 1939 in America. Non sappiamo molto infliggendogli una tipica colonna sono - dei suoi primi anni in questo paese, se ra orrorifica che non solo anticipa la non che si impegnò a divulgare la sua suspense, ma impoverisce i momenti di posizione anti-nazista con una lunga se - silenzio [...] così importanti nel creare rie di interventi pubblici. La sua carriera l’atmosfera. Ma è un piccolo film tal - hollywoodiana fu limitata a quattro in - mente notevole che si può soprassede - teressanti film a basso budget girati per re su questi limiti, e anche su quelli di la PRC, più il curioso The Prairie (Nella Rosemary La Planche, reginetta di bel - terra di Buffalo Bill ), un western girato lezza che avrebbe intrapreso una breve interamente in studio. Ritornò a lavora - e trascurabile carriera, e del protagoni - re in Germania nel 1957, realizzando sta Blake Edwards, che avrebbe poi altri otto film [...] ma senza mai riguada - fatto meglio come regista». (William K. gnare il prestigio di un tempo. Sulla Everson, 1987) scorta di Anna e Elisa betta e Fährmann

88 Quando la pellicola è calda Il corpo dei corpi in immagine

89 [GIORNALE LUCE C0133 ] stimoni d’eccezione dell’incontro tra la COME NASCE LA PELLICOLA FOTO - Ferrania e il cinema italiano sono tra gli GRAFICA E CINEMATOGRAFICA altri: Raf Vallone e Isa Barzizza, Carlo Ludovico Bragaglia, Tonino Delli Colli, Produzione: Istituto Luce; origine: Ita lia, Mario Craveri, Gabor Pogany. Tanti i 1941; formato: 35mm, b/n; durata: 2’. film girati su pellicola Ferrania, tra i quali il primo film a colori italiano Totò Nel 1923 all’esposizione di Torino vie - a colori . Ci piace giocare con gli scher - ne presentata la prima pellicola cine - zi del destino e scoprire che Montaldo matografica positiva italiana. Nel 1926 è anche una località, in provincia di Sa - con la denominazione Film Ferrania, la Casa diventa un marchio che va sem - vona, non lontano da Ferrania. Il cer - pre più affermandosi fino al ’32, anno chio si chiude. in cui diventa leader italiano della pro - duzione di pellicole cinematografiche in Italia. Un documento del Luce ne de- LA NOSTRA CASA NEL VERDE scrive il procedimento di fabbricazione Regia: Emilio Gerboni; origine: Italia, nei laboratori situati proprio a Ferrania 1976; formato: Super8, col.; durata: 27’. (Savona) quando ancora la pellicola era Copia video (digitalizzazione HD da in nitrato di cellulosa e quindi infiam - Super8 presso Lab 80, Bergamo) da au - mabile. Il film viene presentato all’in - tore. terno del film che segue. Emilio Gerboni ha conseguito il diploma presso la scuola per operatori cinema - IL CINEMA È UNA BOMBA . D A FERRA- tografici a Torino nel 1954. Ha lavorato NIA A CINECITTÀ alla Ferrania 3M per quindici anni nella Regia: Anna Lajolo, Guido Lombardi; divisione Arti Grafiche, nello sviluppo voce: Giuliano Montaldo; produzione: dei prodotti, il controllo della qualità, RAI; origine: Italia, 1989; formato: vi - formazione e marketing. Per la rivista deo, b/n e col.; durata: 55’. «Fer rania» ha realizzato diversi servizi fo - Copia video da Cineteca Nazionale (su tografici. È stato docente di corsi di for - autorizzazione Lajolo-Lombardi). mazione nel settore delle arti grafiche e per vent’anni direttore marketing del - Giuliano Montaldo presta la sua voce la Policrom Screens. Come giornalista narrante a questo percorso che ideal - collabora con diverse riviste di grafica mente inizia dalla Ferrania, la storica italiane e straniere. Inoltre, appassiona - Casa produttrice di pellicole, e giunge to cineamatore, ha girato il mondo e fil - al suo luogo di destinazione per eccel - mato soprattutto in Super8. La costanza lenza: Cinecittà. Famosi direttori della con cui Gerboni realizza questo breve fotografia, registi, attori e tecnici di la - film di famiglia, è sicuramente la prima boratorio rievocano sperimentazioni e cosa da cui si viene piacevolmente col - successi delle pellicole Ferrania. Te - piti: per tutto l’arco della costruzione

90 della sua nuova casa, Ger boni affida IL MUSEO DEI SOGNI alla cinepresa il ruolo di te stimone del progetto: dall’acquisto del terreno, al Regia: Luigi Comencini; produzione: getto delle fondamenta, fino alla coper - Cineteca Italiana; origine: Italia, 1949; tura del tetto e all’arredo. Per più di un formato: 35mm, b/n; durata: 10’. anno, in ogni momento decisivo del Copia 35mm da Cineteca Italiana. cantiere la cinepresa immortala le varie fasi dell’edificazione. Questo, per ruba - Cortometraggio girato due anni dopo la re un termine al cinema professionale, fondazione della Cineteca Italiana, per è il primo tempo. Il secondo tempo in- mano dello stesso Comencini. Il percor - vece, è rappresentato dal fattore uma - so ci spiega come le pellicole cinema - no: la famiglia può finalmente entrare tografiche, ormai fuori circuitazione, ve- nella sua nuova casa e la vive in tutte nivano portate al macero e rigenerate le sue stagioni: pranzi in giardino con per dar vita a nuovi oggetti. Un destino gli amici e grigliate d’estate, pupaz zi di amarissimo, se pensiamo a quanti ca po- neve con le abbondanti nevicate in in- lavori sono andati perduti per sempre, verno. Ci troviamo a Gorle, un quar tie - ma anche uno dei primi esempi di rici - re residenziale nella città di Berga mo, claggio di materiale altamente pe rico lo - poco lontano dal centro, divenuto nel so, che non sembra interessare il regista, frattempo meta silenziosa e tranquilla proteso invece sulla necessità incom - dei bergamaschi più benestanti. Era il bente di costituire un archivio cinema - 1976 e oggi quella casa è ancora il nu- to grafico. La Cineteca Italiana di Milano cleo di quella famiglia. I figli crescendo è il frutto di questa instancabile deter - l’hanno lasciata ma non mancano di minazione nella salvaguardia e valoriz - tornare introducendo altri personaggi zazione costante del patrimonio filmico. (sempre per rimanere nella struttura del linguaggio cinematografico): i propri fi- gli. Durante i momenti di festa, si ritro - LA VALIGIA DEI SOGNI vano così tre generazioni sotto lo stesso Regia: Luigi Comencini; sceneggiatura: tetto. Spesso i film di famiglia coinvol - L. Comencini, Giuseppe Bennati, Ettore gono e commuovono quel ristretto nu - Maria Margadonna; fotografia: Vaclav cleo di persone a cui sono destinati, Vich; montaggio: Franco Fraticelli; mu - ripercorrendo le tracce del loro passa - sica: Mario Nascimbene; interpreti: to. Ma allora perché questo film riesce Umberto Melnati, Maria Pia Casilio, a toccare corde profonde anche in un Roberto Risso, Ludmilla Dudarova, estraneo che s’imbatte nella sua visione Helena Makowska, Xenia Valderi; pro - sin dalla prima volta? Come spesso ac - duzione: Mambretti; origine: Italia cade, la volontà di chi filma viene stra - 1953; formato: 35mm, b/n; durata: 84’. volta dallo sguardo di chi osserva e il Copia 35mm da Cineteca Italiana. significato di quelle immagini improv - visamente è un altro. Un film del ’53 che contiene parti del cortometraggio Il museo dei sogni , gi -

91 rato dallo stesso regista alcuni anni pri- un comune oggetto, condotto al mace - ma. I film, vera e propria passione del ro al prezzo appunto di due dollari al protagonista, diventano il suo problema chilo. Diversi gli omaggi a Il museo dei principale, a causa della loro infiamma - sogni , di cui contiene alcune scene. bilità. Salvate dal macero, e proiettate negli istituti di educazione, le pellicole prendono fuoco e di questo viene ac- L’ ULTIMO PROIEZIONISTA cusato proprio lo sfortunato protagoni - Regia: Vito Palmieri; produzione: Max - sta, Ettore Omeri. Riuscirà a scagionarsi man Coop/Kilda Film; origine: Italia, e un ricco benefattore gli darà la possi - 2015; formato: video, col.; durata: 12’. bilità di realizzare la sua grande passio - Copia video da autore. ne: un museo del Cinema. Molti i riferi - menti autobiografici del regista, che nel Dal 2014 i film non sono più distribuiti 1947 a Milano fu il fondatore della Ci ne- in pellicola. Paolo Romagnoli è stato un teca Italiana. Luigi Comencini è uno dei proiezionista e la sua vita passata nella primi conservatori del patrimonio cine - cabina di proiezione diventa un docu - matografico nel nostro Paese. Nelle sce- mentario. Negli ultimi anni, sull’onda di ne di repertorio appaiono fra gli altri una nostalgia già postmoderna, molti Italia Almirante Manzini, Francesca Ber - sono gli articoli scritti sulla scomparsa tini, Lyda Borelli, Eleonora Duse, Pina della pellicola e sui proiezionisti, que - Menichelli, Amleto Novelli e Bartolo meo ste figure viste quasi come artigiani di Pagano. bottega, artefici ultimi della magia del cinema. Con questo film si è voluto documentare un mondo che si chiude, DUE DOLLARI AL CHILO che muta forma sotto i nostri occhi, e Regia: Paolo Lipari; sceneggiatura: Gian - un mestiere, per molti affascinante, ni Comencini, Matteo Pavesi; produzio - sempre vissuto in penombra, diventato ne: Fondazione Cineteca Italiana; origi - il simbolo di un’epoca che tramonta. ne: Italia, 2000; formato: 35mm, b/n e col.; durata: 18’. Copia 35mm da Cineteca Italiana.

Non lontano dall’intento di Luigi Co - mencini con il suo Museo dei sogni , questo documentario ci fa scoprire il destino riservato alle pellicole cinema - tografiche Kodak smaltite in uno stabi - limento in Liguria. Ed ecco che un film campione d’incassi al botteghino, ri - chiesto per mesi in tutte le sale del mondo, dopo poco torna a diventare

92 Persistenza dell’immagine

93 DEBORAH DE ROBERTIS AI MILLE tuzioni lussemburghesi che sembrava - OCCHI 2014 no più illuminate hanno cancellato la mostra, c’è un duro scontro legale in Video con il servizio fotografico realizza - cui non possiamo che augurare a to da Andrea Lasorte e la ripresa video Deborah un successo nonostante l’at - di Aaron Burn. tuale preoccupante perdita di un soste - Origine: Italia, [2014-]2015; formato: vi - gno istituzionale. L’appuntamento per deo, col.; durata: 29’ in loop. noi rimane al 2016, ma attendiamo ras - Copia video da Anno uno. sicurazioni dal sempre intermittente comunicare di lei. L’unica certezza del Che fosse un abbaglio? Non la scelta di suo attraversare le nostre vite sono le videoproiettare su grande schermo immagini che potremo vedere in loop l’anno scorso Miroir de l’origine di e per tutto il festival: il bel fotoservizio di con Deborah De Robertis, alla sua pre - 49 foto che le ha scattato per «Il senza, video che faceva persistere la Piccolo», nella hall del l’Hotel Colombia, sua apparizione al Musée d’Orsay sotto Andrea Lasorte, e di cui in catalogo il dipinto vaginale di Courbet: di quella riproduciamo la prima, seducentemen - scelta siamo convinti quanto lei, anche te pre- spread (sottratta del bel rosso se l’autrice stessa esitava a spostarne la che varia tra divano, smalto sulle visione dallo spazio museale e online a unghie e rossetto sulle labbra); e il quello della sala; e anche se nessun video che alla serata ha ripreso Aaron altro al mondo ci ha voluto strappare Burn, in cui lo starle accanto con timi - l’evento, e le censure ormai permissive da eccitazione prolunga in lei la sorri - (salvo gli inferni islamisti) vi hanno dente certezza di una necessità del rimesso in funzione la propria classica corpo (come ricordava la «Lilith» Jean opera di rafforzamento dell’immagine Seberg) osservato con un fondo gelido provocante e censurata, e persino a che vorremmo essere il solo irreale. Trieste nello staff si è temuto che la (smg) serata superasse certi confini (cosa che l’incertezza di Deborah ha percepito e evitato). L’abbaglio su cui dubitiamo è l’apparizione di Deborah nel nostro mondo, anche se siamo certi della gior - nata appassionante dopo il festival pas - sata con lei ancora a Trieste, con la visione di altre sue videoperformance quale promessa di un suo ritorno que - st’anno. Presto però si è capito che le date del festival sarebbero coincise con una sua grande mostra in Lussembur - go, e allora si è rinviato il ritorno al 2016. Ora però si apprende che le isti -

94 Abissi di passione

95 a) L’ultima casa a sinistra. Piccolo omaggio molti dei successivi film di Craven... ma a Wes Craven non prima del suo inevitabile ritorno a Elm Street, per affrontare il mitico mo - [THE TWILIGHT ZONE ] THE ROAD stro da lui creato». LESS TRAVELLED Joseph Maddrey, Beyond Fear. Reflections on Stephen King, Wes Craven, Regia: Wes Craven; sceneggiatura: and George Romero’s Living Dead , George R.R. Martin; fotografia: Brad - Bearmanor, Albany, 2014 ford May; montaggio: Greg Wong; mu - sica: Dennis McCarthy; interpreti: Cliff De Young, Margaret Klenck, Jackie b) Ghiaccio bollente. Jancsó/Ronconi/Pa - Bernstein, Clare Nono, John Zarchen, solini Christopher Brown; produzione: Persi - stence of Vision/CBS; origine: USA, LABORATORIO TEATRALE DI LUCA 1986; formato: 35mm, col.; durata: 45’. RONCONI Copia video (da 35mm) da Anno uno. Regia: Miklós Jancsó; testi: da Calderón di Pier Paolo Pasolini e da Las Meninas La tranquilla esistenza di Jeff viene tur - di Diego Velázquez; fotografia: Nino bata dall’apparizione di un fantasma, Celeste; montaggio: Roberto Perpigna ni; che costringe il protagonista a confron - interventi: Luca Ronconi, Gae Au len ti, tarsi con il suo passato, e in particolare Gabriella Zam parini, Edmonda Aldini, con la sua scelta di disertare la chiama - Miriam Acevedo, Marisa Fabbri, Tullio ta alle armi durante la guerra del Viet- Valli, Franco Quadri, Ugo Tessitore, An - nam. tonello Fassari; produzione: Cooperati- Ultimo dei cinque episodi con cui negli va A.A.T.A. e Cooperativa Tuscolano per anni ’80 Wes Craven partecipa al remake Raidue; origine: Italia, 1977; formato: della serie televisiva di culto Ai confini 16mm, col.; durata: 77’. della realtà . Copia video (da 16mm) da Fuori orario.

«The Road Less Travelled inizia con una «Calderón è affidato a un documentario serie di visioni da incubo per poi vira - di Miklós Jancsó, quando è ancora in re in una storia di doppi, che riporta fase di prova; il regista ungherese è fa - Craven ai temi di Shatterday . Questa vorito dalla circolarità che determina i volta, però, due versioni dello stesso movimenti del primo atto, congeniale uomo si completano in unico essere, alla sua predilezione per il piano-se - con l’io più fortunato che accetta di quenza. Ma per lui si tratta di sperimen - condividere gli incubi di quello meno tare su un esperimento, prescindendo fortunato, così da diventare un essere dall’esprimerne la narratività. Di fatto in umano completo. Le implicazioni jun - anni in cui ancora si fatica a rendersi ghiane di quell’idea – integrare il pro - conto dell’importanza del video, in via prio lato-ombra in una nuova identità – peraltro di perfezionamento, il Labora - avrebbero continuato a sanguinare in torio sulla comunicazione di Prato ri -

96 nuncia a comunicare un’emozionante non stimola la capacità di intuito, fanta - esperienza, con mezzi non effimeri». sia o ribellione dello spettatore sprolo - Franco Quadri, La scena elettronica , quia. Quelli di Pasolini sono sproloqui in Luca Ronconi, Gli ultimi giorni – belli, interessanti, banali, convenzio - dell’umanità. Dal Lingotto alla nali, retorici, emozionanti – e non com - televisione , Aleph, Torino, 1991 medie». Stefano Socci, Pasolini a teatro. «Con tutti i suoi limiti, da un punto di Conversazione con Luca Ronconi , vista teatrale Calderón mi sembrava un «Cinema e Cinema», n. 43, testo accattivante: per farne proprio ciò maggio-agosto 1985 che Pasolini non avrebbe voluto, uno spettacolo teatrale. Mi ha stimolato an- zitutto un elemento esterno al testo: al c) Cinema sul fondo. La promessa di Ciro Laboratorio di Prato il Calderón era sta - to inserito nel programma come una BUIO IN SALA variazione sul tema della Vita è sogno Regia: Dino Risi; fotografia: Enzo Od - di Calderón de la Barca, quindi non done; musica: Mario Nascimbene; in - soltanto per quello che l’autore si ripro - terpreti: Renato Nardi, Gaddo Treves, metteva di dire in Calderón , quanto per Adriana Asti; produzione: Film Service; ciò che oggettivamente il testo esprime origine: Italia, 1950; formato: 35mm, nel confronto con La vita è sogno e con b/n; durata: 11’. La torre di Hoffmansthal. [...] Credo che Copia 35mm da Istituto Luce. Pasolini non pensasse alla rappresenta - zione dei suoi testi teatrali, quindi non Dal visto censura: «Cammina, in una c’è da stupirsi che essa non avvenga. Si strada di Milano, un uomo, come tan- leggono, e ottengono quella risponden - ti nella grande città. Cammina, con la za che la poesia può avere, ma è pos - borsa di finta pelle, da una strada all’al - sibile rappresentarli in casi molto ano - tra, da un negozio all’altro, a offrire mali, come a Prato: se la sede non fosse spazzole, o articoli di bigiotteria. È un stata quella del Laboratorio, ma quella vinto, uno di quelli che la vita, con un di un normale rapporto fra gente di tea - lavoro paziente di tutte le ore, di tutti i tro e pubblico, difficilmente avrei mes - minuti, ha spinto ai margini. La lotta so in scena Calderón . [...] Mi interessa quotidiana è difficile, per uomini come un’opera e non l’autore: questo al cine - lui che mancano di coraggio, autorità, ma, in teatro, davanti a un quadro, fiducia in se stessi. Ma ci sono per for - nella musica. Mi infastidisce la prevari - tuna, nella città, dei luoghi fatti appo- cazione dell’autore. [...] Un autore tea - sta per dimenticare e per dimenticarsi. trale deve far posto al pubblico; se Ecco perché il nostro viaggiatore di invece ritiene che il pubblico sia una commercio va al cinematografo: per categoria spregevole a cui infliggere al - cambiare pelle, uscire dalla vita di tutti cune sue opinioni, non fa teatro: ecco i giorni, viaggiare, vedere donne belle, le ragioni dell’inerzia. Un autore che amare, riuscire nella vita. Nella cabina

97 l’operatore mette in macchina la pizza: «Nel 1976 ho fondato il cine-club L’Of fi- egli è forse l’unico che non crede alle cina insieme ad alcuni amici. Ho inizia - favole che, a ore fisse, la macchina dei to a occuparmi di sale chiuse quando, sogni offre al pubblico pagante. Finita in uno dei primi mesi di vita de l’operazione, spegne la luce in sala. Lo L’Officina, scese le scale del locale un spettacolo comincia. Ma noi non guar - signore molto anziano. Tornava dalla diamo lo schermo, teniamo gli occhi sul Russia dove si era trasferito dopo la pubblico. La colonna sonora ci manda promulgazione delle leggi razziali. le voci dello schermo del film-tipo che Prima di lasciare l’Italia era stato opera - si va proiettando: c’è tutto, il dialogo tore per i cinegiornali Luce ma era crudele dei gangster, la paura, gli spari, comunista. Mi disse che il suo caposer - le fughe, la musica, le risate, le furiose vizio di allora gli aveva fatto filmare per cavalcate: le parole d’amore e il bacio sfregio la demolizione della sua casa in finale. Il pubblico guarda, piange, ride, Piazza Montanara. E che lì vicino, da aspetta e si dispera. E il nostro eroe bambino, andava al cinema cercando pian piano lievita, esce dalla sua apatia, sempre di entrare senza pagare. Poi anche lui partecipa, ha il cuore in gola, aveva lasciato l’Italia e in Russia aveva e freme e ride e si commuove. Così, fatto il proiezionista fino all’età della quando il film è finito, è un altro uomo pensione. Appena tornato era andato a quello che esce alla luce del giorno: un vedere quei luoghi, ma non aveva tro - uomo che sorride e cammina a testa vato più nulla. Così mi chiese di aiutar - alta. Fuori la vita reale lo aspetta, il de - lo a ritrovare qualcosa di allora, quel naro difficile, gli amori impossibili. Ma piccolo cinema, qualche elemento della quel film a qualche cosa è servito. Ha sua giovinezza e della sua spensieratez - dato, al nostro scalcinato viaggiatore di za. Non lo vidi più. Ma all’inizio degli commercio, un po’ di coraggio. Una pic - anni ’90, scendendo con la mia vespa cola iniezione di energia che gli servi- da piazza San Saturnino verso Corso rà a tirare in porto, alla bell’e meglio, Trieste, vidi che stavano demolendo il an che questa grigia, interminabile gior - cinema Rex, una delle sale della mia nata». vita. Avevo il cuore piccolissimo e una grande rabbia. Quella volta mi ricordai della promessa fatta a quel signore...». APPUNTI PER UN FILM SUI CINEMA RO - Ciro Giorgini in Martina Ghezzi, I cinema di Ciro , «Alias», 1 maggio 2015 MANI Regia: Ciro Giorgini; a cura di: Alessan - dro Aniballi, Valerio D’Angelo, Martina Ghezzi, Daria Pomponio; origine: Italia, 2015; formato: video, b/n e col.; dura - ta: 20’. Copia video (edizione in progress) da autori.

98 Titoli di testa e coda

99 MILLE E ANCORA MILLE (OCCHI ) Istruzione Superiore Giosuè Carducci - Dante Alighieri con lo scopo di sensibi - Volontari, collaboratori e pubblico han- lizzare i giovani. Il videomessaggio è a no contribuito alla realizzazione del pro - cura di Cinema con i giovani, un pro - mo 2015: gli occhi dei partecipanti sono getto dell’Associazione Anno uno. stati ripresi per dare vita a un video composito, in cui sono proprio mille occhi a spalancarsi, mille sguardi sul CODA cinema, di ogni luogo, di ogni tempo. Non resta che spalancare le porte della Regia: Luis [Fulvio Baglivi]; produzione: percezione e abbandonarsi alla visione SCS; origine: Italia, 2014; formato: 35mm/ di un vortice di sguardi, i nostri. 16mm/8mm, b/n e col.; durata: 11’. Copia 35mm da autore.

MY LOVE Coda è un film materico, fisico. Un film fatto con film, con pellicole, con quei Regia: Paola Pisani; origine: Italia, 2015; segmenti posti in testa o in coda a un formato: video, col.; durata: 4’. rullo utili al proiezionista e ai labora- Copia video da autrice. tori di montaggio e stampa: pezzi di pellicola contenenti informazioni varie. In anteprima assoluta una dichiarazione Coda è un film fatto con scarti di lavo - di convergente amore a Niki, attraverso razione dell’industria cinematografica, le sue opere artistiche e i suoi testi. con segmenti di pellicola inutili per lo spettatore ma fondamentali per realiz - zare la copia zero di un film o per far PREVENIRE È VIVERE sì che questo sia proiettato corretta - Realizzazione: Francesca Alessandrini, mente. Coda è un film fatto di code, è Hari Bertoja, Stefano Facchinetti, Mila un piccolo film manifesto che ci ricor - Lazi ć, Otto Reuschel; interpreti: Franco da la materia di cui sono (erano?) fatti i Maria Bertoja, Guido Botteri, Stefano sogni a occhi aperti del cinematografo. Facchinetti, Marta Jerijan, Simone Later - (Fulvio Baglivi) za, Amadeo Rigatti Bernal, Davide Sa luc - ci; produzione: LILT Trieste; origine: Ita - lia, 2014; formato: video, col.; durata: 2’. Copia video da produzione.

Lo spot fa parte del programma “I gio - vani e il volontariato: volontariato in movimento”, promosso dalla LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori), se - zione di Trieste. Il progetto è realizzato in convenzione con l’Istituto Statale di

100 La gaia scienza incontri con cineasti e altri visitatori del festival

LUNEDÌ 21 SETTEMBRE ore 11.15 Caffè degli Specchi La gaia scienza, 1. Mille e ancora mille (occhi) Incontro tra spettatori e concreatori dei Mille occhi, con la gradita presenza degli altri festival della città e della re- gione, degli amministratori pubblici e di tutti i curiosi, e la partecipazione di Fulvio Baglivi e Emilio Gerboni.

MARTEDÌ 22 SETTEMBRE ore 11.15 Salone degli Incanti La gaia scienza, 2. I libri sono cine - ma, il cinema è il libro della vita Letture di opere non di cinema che tut - tavia appartengono al cinema, o meglio cui il cinema appartiene. Con un inter - vento via skype di Marc Scialom ( Les autres étoiles , ed. Artdigiland 2015) e dialoghi di lettura con Guido Ceronetti, Paolo Isotta e altri autori.

MERCOLEDÌ 23 SETTEMBRE ore 11.15 Salone degli Incanti La gaia scienza, 3. Perché il Premio Anno uno? Incontro con Vítor Gonçalves, con la partecipazione di Roberto Turigliatto e Roberto Calabretto, anche sui grandi Mani del cinema portoghese (António Reis, Paulo Rocha, Manoel de Oliveira, João César Monteiro...), sulla sua co - stellazione di collaboratori (Daniel del Negro, Ana Luísa Guimarães, Joaquim Pinto...) e sulla musica nei suoi film.

101 Anno uno deborda eventi paralleli durante e dopo il festival

ESTERNO /GIORNO . P ASSEGGIATE ALLA PORTI MAGICI SCOPERTA DEL CINEMA NELLA PROVIN - 3 ottobre, Lanterna, terzo approdo del - CIA DI TRIESTE la manifestazione organizzata dall’Asso - a cura di Casa del Cinema di Trieste e ciazione Anno uno, partner con la Pro - Provincia di Trieste vincia di Trieste • sabato 19 settembre, 10.30 C’era una volta la città dei matti Un percorso alla scoperta del compren - LUCA COMERIO ALLE GIORNATE DEL sorio di San Giovanni CINEMA MUTO DI PORDENONE • domenica 20 settembre, 10.30 dal 3 al 10 ottobre una delle massime Il Carso, il Mare, il Cinema manifestazioni internazionali di cinema Un percorso alla scoperta del territorio prosegue la riscoperta di un grande compreso tra Opicina, Napoleonica e cineasta misconosciuto, con la compli - Duino cità dei Mille occhi e del loro umile direttore

IL GUSTO DI UNA CITTÀ . T RIESTE UN AMICO RITORNA CAPITALE DEL CAFFÈ venerdì 25 settembre, 18.00, Casa della al Salone degli Incanti (ex Pescheria) Musica di Trieste tutti i giorni dal martedì alla domenica, Olmo Amico, Gabriele Centis e Sergio nel percorso sulle vicende del caffè e la M. Germani presentano un programma- sua degustazione, il video Mille occhi omaggio a Gianni Amico con L’uomo sul caffè a cura di Francesca Bergama - Amico di Germano Maccioni, Noi insi - sco realizzato per la mostra stiamo! e Appunti per un film sul jazz di Gianni Amico; prima tappa a Trieste di un omaggio che proseguirà ai Mille L’E UROPA IN GUERRA . T RACCE DEL occhi 2016 con i film brasiliani, le sue SECOLO BREVE elegie politiche e corali, e altri suoi film tra i volumi accessibili al banco del rari. festival la magnifica edizione ampliata del volume curato da Piero Del Giudice (edizioni “e” 2015), uscita per la ripresa della mostra a Trento dopo la prima tappa triestina, con oltre 100 pagine ag - giunte ... il festival può prolungarsi su anni e vite, finché sa di poter coltivare la forma festival per una futura edizione. 102

Elenco alfabetico degli autori

Goffredo Alessandrini 35 Marc Allégret 60 Raffaele Andreassi 40, 42, 44 Giulio Antamoro 65 Roberto Bianchi Montero 51 Mario Bonnard 75 Mario Camerini 32 Emanuele Caracciolo 74 Luigi Comencini 91 Luca Comerio 31 Piero Costa 56, 58 Vittorio Cottafavi 61, 65 Wes Craven 96 Renato Dall’Ara 59 Corrado D’Errico 76 Giuseppe De Santis 77 Marco Elter 34 Gianni Fontaine 32 Giovacchino Forzano 33 Carl Froelich 85 Carmine Gallone 75 Augusto Genina 66 Emilio Gerboni 90 Elvira Giallanella 30 Ettore Giannini 65 Nino Giannini 77 Ciro Giorgini 98 Vítor Gonçalves 24, 25 Paolo Gobetti 38, 39 Toni De Gregorio 39 Miklós Jancsó 96 Anna Lajolo 90 Umberto Lenzi 51 Paolo Lipari 92 Guido Lombardi 90

104 Luis [Fulvio Baglivi] 100 Ermanno Olmi 28, 29, 30, 39 Marcello Pagliero 77 Oreste Palella 80, 81, 82 Vito Palmieri 92 Piero Regnoli 58 Maurizio Ricci 39 Dino Risi 97 Leontine Sagan 85 Niki de Saint Phalle 46, 47 Mario Serandrei 77 Federico Sinibaldi 65 Vladimir Stri ževskij 64 Giuseppe Taffarel 29 Edgar G. Ulmer 60 Luchino Visconti 77 Aleksander Volkov 64 Michał Wasz yn´ski 61, 65 Peter Whitehead 46 Frank Wysbar 86, 87, 88

105 Elenco alfabetico dei film in programma

35 Abuna Messias (Cardinal Massaia) , 1939, Goffredo Alessandrini 42 Agnese , 1961, Raffaele Andreassi 29 L’alpino della Settima , 1969, Giuseppe Taffarel 60 L’amante di Paride , 1954, Marc Allégret [e Edgar G. Ulmer] 64 Amore imperiale , 1941, Alessandro Wolkoff [Aleksander Volkov] 42 L’amore povero [I piaceri proibiti] , 1963, Raffaele Andreassi 65 L’angelo bianco , 1943, Giulio Antamoro e Federico Sinibaldi [e Ettore Giannini] 86 Anna und Elisabeth , 1933, Frank Wysbar 98 Appunti per un film sui cinema romani , 2015, Ciro Giorgini 97 Buio in sala , 1948, Dino Risi 36 Caffè degli Specchi , anni ’50, ? 47 Camélia et le dragon [Un rêve plus long que la nuit] , 1976, Niki de Saint Phalle 33 Camicia nera , 1933, Giovacchino Forzano 67 La carne e l’anima , [1943-]1945, Wladimiro Strizhewsky [Vladimir Str iže vskij] 80 Caterina da Siena , 1947, Oreste Palella 90 Il cinema è una bomba. Da Ferrania a Cinecittà , 1989, Guido Lombardi e Anna Lajolo 100 Coda , 2014, Luis 90 Come nasce la pellicola fotografica e cinematografica , 1941, Istituto Luce 39 “Così è andata”. Gente di montagna , 1987, Ermanno Olmi, Toni De Gregorio, Maurizio Ricci 82 Cristo è passato sull’aia , 1953, Oreste Palella 46 Daddy: A Bedtime Story , 1973, Peter Whitehead 51 Una donna per 7 bastardi , 1974, Roberto [Bianchi] Montero 37 Il Duce a Trieste , 1938 92 Due dollari al chilo , 2000, Paolo Lipari 44 Epilogo , 1960, Raffaele Andreassi 75 Il feroce Saladino , 1937, Mario Bonnard 61 Fiamme sul mare , 1947, Michal Waszynski [e Vittorio Cottafavi] 76 I fratelli Castiglioni , 1937, Corrado D’Errico 66 Frou-Frou (Perduta per amore) , 1955, Augusto Genina 40 Gabriele d’Annunzio , 1977, Raffaele Andreassi 77 Giorni di gloria , 1945, Mario Serandrei, Giuseppe De Santis, Marcello Pagliero, Luchino Visconti 32 Kif tebbi , 1928, Mario Camerini

106 77 L’invasore , [1943-]1949, Nino Giannini 58 La chiamavan Capinera... , 1957, Piero Regnoli 96 Laboratorio Teatrale di Luca Ronconi , 1977, Miklós Jancsó 90 La nostra casa nel verde , 1976, Emilio Gerboni 85 Mädchen in Uniform , 1931, Leontine Sagan [e Carl Froelich] 75 Marionette , 1939, Carmine Gallone 30 Il mestiere delle armi , 2001, Ermanno Olmi 59 Mobby Jackson , 1960, Renato Dall’Ara 91 Il museo dei sogni , 1949, Luigi Comencini 100 My Love , 2015, Paola Pisani 32 Okiba non vendermi! , 1955, Gianni Fontaine 100 Prevenire è vivere , 2014 39 Racconto interrotto. Piero Gobetti nel ricordo degli amici , 1991, Paolo Gobetti 58 La ragazza di Piazza San Pietro , 1958, [film di Piero Costa] 24 Uma Raparíga no Verão , 1986, Vítor Gonçalves 28 I recuperanti , 1970, Ermanno Olmi 81 Il richiamo nella tempesta [Gli amanti dell’infinito / E le stelle non attesero invano] , 1950, Oreste Palella 28 Ritorno al paese , 1967, Ermanno Olmi 96 The Road Less Travelled , 1986, Wes Craven 34 Le scarpe al sole , 1935, Marco Elter 65 Lo sconosciuto di San Marino , 1948, Michal Waszynski e Vittorio Cottafavi 56 Storia di una minorenne , 1956, Piero Costa 88 Strangler of the Swamp , 1946, Frank Wisbar [Wysbar] 42 Gli stregoni , 1961, Raffaele Andreassi 74 Troppo tardi t’ho conosciuta! , 1939, Emanuele Caracciolo 51 L’ultimo gladiatore , 1964, Umberto Lenzi 92 L’ultimo proiezionista , 2015, Vito Palmieri 30 Umanità , 1919, Elvira Giallanella 91 La valigia dei sogni , 1953, Luigi Comencini 25 A Vida Invisível , 2013, Vítor Gonçalves 38 Vivere da anarchici. Umberto Tommasini: intervista sulla rivoluzione spagnola , 1976, Paolo Gobetti

107 Sommario

6 Raggiungere il traghetto di Sergio M. Germani

21 Premio Anno uno. Vítor Gonçalves, splendore nell’erba 27 Apocalypsis cum figuris. L’eterno ritorno dei prati (Ancora sulla Grande Guerra) 41 La nostra pelle. Lo sguardo frantumato di Raffaele Andreassi 45 Niki de Saint Phalle, il cinema come giardino dei tarocchi 49 Variazioni Harrison. Una riscoperta da Trieste 55 I figli di nessuno. Film italiani raccolti da Simone Starace, I 63 Fascino slavo. Gli apolidi della Titanus di Gustavo Lombardo 69 Sogno del mai. Il cappotto di Emanuele Caracciolo 79 Non vogliamo morire: la Parola a Oreste Palella (Expanded Dreyer in progress, I) 83 I can save you: Wysbar/Wisbar, presenze femminili oltre la Heimat (Expanded Dreyer in progress, II) 89 Quando la pellicola è calda. Il corpo dei corpi in immagine 93 Persistenza dell’immagine 95 Abissi di passione 99 Titoli di testa e coda 101 Gaia scienza 102 Anno uno deborda

104 Elenco alfabetico degli autori 106 Elenco alfabetico dei film

L’Associazione Anno uno dà appuntamento per la XV edizione di I mille occhi festival internazionale del cinema e delle arti

www.imilleocchi.com @IMilleOcchi Mille Occhi nglish version of the 2011 festival catalog on: