Fra Favola E Realtà

Fra Favola E Realtà

KAREN DALTON FRA FAVOLA E REALTÀ • di Piero Capizzi • hiunque abbia dei figli ricorderà quei momenti con tenerezza e affetto. Parlo delle molte sere nella nostra vita di genitori in cui si cercava di addormentare i nostri cuccioli raccontandogli delle storie. CMia moglie era particolarmente brava nelle favole e nei romanzi per ragazzi (la saga di Harry Potter su tutte). S’inventava le voci dei vari personaggi e recitava tutti i ruoli come se fosse l’attrice di un radio sceneggiato. I miei racconti invece erano popolati di stra- ni individui che si chiamavano Janis, Grace, Jerry... Ebbene sì, ammetto che per far dor- mire i miei piccoli raccontavo loro le vite un po’ romanzate dei musicisti che amavo. Ed erano storie a puntate, dove il racconto si in- terrompeva quando loro crollavano vinti dal sonno, o quando io narratore mi assopivo nel bel mezzo di qualche avventura. E la sera dopo era un rincorrersi di domande che si riallacciavano alla trama del giorno prima. “Jimi c’è poi andato in Inghilterra? Ha trova- to il successo che cercava?”; “E Bobby dopo l’incidente della motocicletta che ci faceva nella Grande Casa Rosa?”; “Il Capitano Cuo- 42 re di Bue ha poi rincontrato il suo amico ita- colo, l’adoravano. Addirittura Adele, sì pro- non erano contadini resi disperati dalla liano, quello che suonava la bicicletta con prio la pop star di Hello, l’ha citata come una Grande Depressione e costretti a cercar for- l’archetto del violino?”. Uno di quei perso- delle sue cantanti preferite. Come al solito, tuna all’ovest come la famiglia Joad descrit- naggi della notte era una donna bellissima Mr. Zimmerman la fotografò meglio di chiun- ta dal premio Nobel americano nel suo ca- e tormentata che sembrava uscire dalle pa- que altro nelle sue “Chronicles”, esprimen- polavoro del 1939. Racconta la figlia Abby gine di un romanzo d’appendice. Era una dei do tutto il suo rispetto e amore per lei: “La che il nonno era un rispettato saldatore e la favoriti dei miei figli. D’altra parte come non mia cantante preferita del posto (Café Wha?, nonna un’infermiera; la famiglia non nuota- innamorarsi della figlia di una principessa n.d.r.) era Karen Dalton, una cantante e chi- va certo nell’oro, ma la vita sonnolenta e Cherokee, tirata su in condizioni di estrema tarrista di blues bianca, alta, bizzarra, dinoc- tranquilla nella provincia di Emid non era poi povertà nello stato della Red People colata e focosa. Karen aveva una voce come così male. Quello che è certo è che la prove- (l’Oklahoma nel linguaggio dei nativi ameri- Billie Holiday, suonava la chitarra come Jim- nienza dall’Oklahoma, regione agricola per cani), oltretutto con la iattura di un padre al- my Reed e ci metteva tutta l’anima.” Nono- eccellenza (“la capitale del grano”), con gli colizzato? Una che mollò baracca e mariti stante i tanti sostenitori, vi assicuro che met- annessi musicali legati alle sue feste popo- (2), rapì la figlia per scappare nella Grande tere ordine nei dati biografici e destreggiarsi lane, diede a Karen una forte credibilità Mela, dove fece perdere la testa al grande nel dedalo di leggende e false notizie non è folkie quando si affacciò nel Village qualche Bobby quando era ancora quel ragazzetto ti- cosa facile. La ragazza era a dir poco riserva- anno dopo. Pare che fin dall’adolescenza la mido e arruffato che cercava di farsi notare ta. Non si hanno tracce d’interviste rilascia- Dalton fosse affascinata dalla tradizione nel Village? La stessa che quando cantava te durante la sua carriera e quindi per trova- Okie, non uno stato qualunque visto che fu non potevi fare a meno di dimenticare te stesso, penetrare nel suo immenso male di vivere e scioglierti con lei? Una che conside- rava lo studio di registrazione alla stessa stre- gua del gabinetto di un dentista: bisognava legarla e portarla a forza per catturare la sua voce su disco? Lei che ancora giovane morì per le strade di New York, dimenticata dagli uomini e da Dio, come una stracciona qua- lunque? Quella tipa indimenticabile si chia- mava Karen, Karen Dalton, ma il suo vero nome era Karen Jean Cariker. Per me rappre- sentava la reincarnazione di Billie Holiday o di Nina Simone in quanto a drammatiche vi- cende esistenziali riversate in musica. I miei figli, che certo non conoscevano le due Si- gnore della musica nera, la vivevano come re un filo di luce bisogna affidarsi ai ricordi la culla di personaggi chiave nella storia mu- una sfortunata Pocahontas. Ma era veritie- (talvolta alquanto sbiaditi) di quelle perso- sicale americana come Woody Guthrie, ra, seppur romanzata, la storia che raccon- ne che l’hanno conosciuta bene: la figlia Wanda Jackson, JJ Cale e Leon Russell, e di tavo la sera per addormentare i miei picco- Abralyn, detta Abby, che la madre rapì per jazzisti come Charlie Christian e Chet Baker. li? Difficile a dirsi allora! Negli anni 90 scappare a New York; Joe Loop, il proprieta- Fatto sta che la giovane iniziò ben presto a quello di Karen era al massimo un nome a rio del club The Attic a Boulder Colorado; raccogliere un ricchissimo repertorio di can- pie’ di pagina nelle cronache della scena folk Pete Stampfel, amico e leader degli Holy Mo- zoni con l’intenzione di costruire un catalo- newyorkese. Sicuramente c’erano appassio- dal Rounders; Richard Tucker, suo terzo ma- go ragionato dell’eredità musicale america- nati che conoscevano i suoi due dischi soli- rito; Peter Walker, amico fino alla morte e na. Come per altri giovani ricercatori sti - anche se già allora il primo dal titolo lun- curatore del suo archivio. Allora torniamo dell’epoca, le sue fonti erano le fondamen- ghissimo era difficile da trovare - e magari all’inizio della storia e cerchiamo di rianno- tali Antologie di Harry Smith così come la tra- anche la sua partecipazione ad un album fol- dare il bandolo in modo corretto. Già la na- dizione orale che la circondava e che spazia- le del 1975 di quei pazzerelloni degli Holy scita è avvolta dalla nebbia: propenderei a va dal country blues dei padri (Blind Lemon Modal Rounders. Ma questo era tutto. Con collocarla a Bonham, Texas, anche se alcuni Jefferson, Blind Blake) allefolk songs dei Pio- l’avvento di internet mi misi in testa di fare la vedrebbero in Oklahoma, dove certamen- nieri che cercavano fortuna all’Ovest, fino ai luce sulla vera vita di Mrs. Dalton, smonta- te visse la sua adolescenza; mentre l’anno è canti di protesta dei sindacati contro lo sfrut- re i falsi miti e soffiar via l’alone di mistero senza dubbio il 1937. Dimentichiamoci inve- tamento dei padroni. Il carattere della ragaz- attorno alla sua figura. Mi accorsi subito di ce dell’affascinante ipotesi di una discenden- za andava delineandosi fin d’allora: molto essere in buona compagnia nella mia ricer- za nobile da una principessa indiana: i Ca- decisa nelle sue idee, estremamente emo- ca. Anzi in ottima, direi. Scoprii ben presto riker, la mamma Evelyn e il padre John, tiva, facilmente portata allo scontro e agli che Karen poteva contare su una ricca schie- erano in realtà di chiare origini irlandesi frut- accessi d’ira, fragile e decisa al tempo stes- ra di ammiratori, certamente più significati- to della prima ondata migratoria del secolo so. Inoltre in quei primi anni la giovane si tro- vi di un modesto scrivano come me. Nick precedente. Effettivamente parrebbe che in vò a vivere una vita sentimentale quanto Cave ammise che: “tutti noi nei Bad Seeds famiglia ci fosse una lontana parente legata meno turbolenta, con due matrimoni anco- eravamo grandi fans di Karen Dalton” e rac- a Will Rogers, il cowboy Cherokee di tanti ra da teenager e altrettanti figli (Johnny Lee contò che compose la sua When I First Came film western, ma certamente nessuna Po- e Abby); del resto all’epoca in America non to Town su ispirazione di Katie Cruel che era cahontas! Allo stesso modo è pura invenzio- era affatto raro ricevere l’autorizzazione a la signature song di ogni concerto della can- ne di fantasia avvicinare l’infanzia di Karen a sposarsi anche per i minori di 16 anni. Fu tante. Devendra Banhart e Joanna Newsom, quei luoghi ed eventi di profonda povertà probabilmente grazie al secondo marito, tale i giovani iniziatori della cosiddetta scena descritti dalla penna di Steinbeck in “Furo- Don Dalton (ecco spiegato il suo nome da neo-folk americana di inizio ventunesimo se- re”. I Cariker venivano sì dall’Oklahoma, ma sposata!), professore universitario, che fre- 43 quentò l’università in Kansas per qualche che condizionarono la sua vita. Per tutti gli tempo, diventando un’avida divoratrice di anni 60 Karen fece la spola fra la Grande letteratura e poesia e continuando ovvia- Mela e il Colorado, in compagnia della figlia mente a dedicarsi alla musica. D’altra parte Abby, strappata al padre con uno stratagem- anche il secondo matrimonio non durò a lun- ma, un cane e gli strumenti del mestiere, una go e Karen, lasciato marito e figlia, quest’ul- Gibson 12 corde e un banjo. Inizialmente tima solo per poco, si trasferì a Boulder, ar- quando stava a Boulder, viveva isolata in un rabattandosi come cameriera. A fine anni 50 posto chiamato Copper Rock, popolazione lo stato del Colorado non rappresentava an- cinque anime, in un casotto abbandonato cora quell’alternativa alla bella gente di San dai tempi della corsa all’oro senza acqua cor- Francisco che sarebbe diventato nella secon- rente né elettricità.

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