207 Giovanni Menna L’ISTITUTO PER I FIGLI DEL POPOLO DI NAPOLI. 1932-‐1952 208 MENNA, Giovanni L'Istituto per i Figli del Popolo di Napoli. 1932-1952 Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio 2017 pp. 220; 21 cm ISBN 978-88--495-3404-7 © By Edizioni Scientifiche Italiane s.p.a. 80121 Napoli, via Chiatamone 7 Internet: www.edizioniesi.it E-mail: [email protected] I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di cia- scun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, comma 4 della legge 22 aprile 1941, n. 633 ovvero dall'accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. 209 Io nun l’aggio viste ma m’hanno ditto ca erano ‘nziste, songo pezziente, e nun so’ cammurriste, e ‘ntiempo ‘e guerra ‘a famme è assaie cchiù triste, ma appresso a loro Napule resiste. Eugenio Bennato, 1978 Ai figli del popolo di Napoli che nel settembre 1943 insorsero e morirono per liberare la propria città 210 Questo libro è il risultato delle indagini storico-archivistiche svolte su incarico della Fonda- zione Banco di Napoli per l'Assistenza all’Infanzia nell’ambito del PUA predisposto per il recupero dell’area dell’ex Base Nato di Bagnoli. A tal proposito si ringrazia il Commissario della Fondazione, avv. Paola Parente, impegnata da mesi con lo staff che dirige per restituire alla città in sintonia con le istituzioni e la comunità di Bagnoli un complesso così importante. Il fondo sul quale è stato condotto gran parte del lavoro è conservato nell’Archivio Storico della Fondazione Banco di Napoli ed è denominato “Servizio Tecnico Speciale – Istituto per i Figli del Popolo”, che nelle note di questo volume sarà indicato con l’abbreviazione STS-IpF- dP. Esso prende il nome dall’Ufficio Tecnico Speciale, che fu istituito dal Banco di Napoli nel 1937 per realizzare il complesso che ha sempre avuto la denominazione “Istituto per i Figli del Popolo di Napoli” con la sola esclusione del breve periodo tra l’autunno 1939 e l’autun- no del 1943, quando fu titolato “Collegio G.I.L. Costanzo Ciano”, come accadde in tutto il paese all’indomani della morte nel 1939 del gerarca fascista cui furono dedicate costruzioni, piazze e strade, nessuna delle quali ha poi conservato quella titolazione. Il fondo è stato acquisito nel 2009 grazie all’iniziativa di Eduardo Nappi, Direttore dell’Archivio Storico, e venne poi inventariato da Adriana Scalera. Esso consta di centinaia di documenti e di grafici originali di progetto, nelle varie stesure, la cui datazione copre un arco temporale che va dal 1924 al 1956, raccolti in ventiquattro cartelle. Il lungo lavoro di ricostruzione è stato reso meno gravoso dalla squisita ospitalità offerta dal- la Fondazione Banco di Napoli. La gentilezza, la competenza e la disponibilità del direttore dell’Archivio Storico, dott. Eduardo Nappi, è la stessa che ho ritrovato nel personale e,a tal proposito, un ringraziamento particolare va all’arch. Luigi Abetti, al dr. Michele Di Filippo e alla citata dr.ssa Scalera. Impossibile citare e ringraziare tutti coloro che hanno offerto il loro contributo, su tutti il prof. Enrico Formato e l’architetto Agostino Graniero, e naturalmente mia moglie Paola che mi ha supportato e sopportato anche questa volta. Desidero esprimere una particolare riconoscenza a un caro collega con il quale ho avuto il privilegio e il piacere di lavorare per due anni, l’infaticabile Michelangelo Russo: un’esperienza che mi ha conferma- to che la cooperazione scientifica non solo è necessaria per l’avanzamento della conoscen- za, ma è più proficua e meno faticosa se avviene nel segno di una amicizia sincera. Il progetto della copertina è di un altro amico, Gianluca Tramontano. Il progetto grafico è stato curato dall’arch. Italo Mascolo, che mi ha aiutato in molti altri modi. Questo è il primo dei miei libri che Domenico e Rosa non hanno visto. Non hanno fatto in tempo, e lo dedico a loro. 211 INDICE Introduzione (Storie da scrivere e storie da non ripetere) 1 «Andare decisamente verso il popolo»: un collegio per forgiare operai e soldati 1 _ Il ruolo del Banco di Napoli nel quadro della fascistizzazione dell’assi- 3 stenza pubblica tra formazione professionale e addestramento militare _ Una colonia in forma di “piccola città”. Il primo progetto dell’Istituto per i 19 Figli del Popolo di Napoli (1937) 2 L’architettura dell’Istituto per i Figli del Popolo 29 _ L’Istituto e la città in una relazione complicata, anzi inesistente 31 _ Il progetto definitivo del 1938: l’impianto generale 39 _ Principi guida 53 _ Rassegna 63 3 Opera pubblica assistenziale, anzi militare 99 _ Un cantiere in mano al partito 101 _ Il collegio sfigurato 1941-1943 111 _ Dagli schützen ai marines 121 note al testo 133 portfolio 152 4 Apparati (a cura di Italo Mascolo) 165 _ Appendice documentaria 167 _ Cronologia 196 _ Bibliografia 199 212 213 Introduzione (Storie da scrivere e storie da non ripetere) L’architettura realizzata dal regime fascista a Napoli è stata a lungo tra- scurata dagli storici dell’architettura, soprattutto napoletani. Un fatto in sé quasi paradossale se si considera che proprio due studiosi partenopei di levatura internazionale come Renato De Fusco e Cesare de Seta sono stati autori di importanti opere di sintesi tra le prime nel nostro paese dedicate all’architettura contemporanea1 e tra i più determinati nella difficile batta- glia ingaggiata per rimuovere i pregiudizi nei confronti della storia dell’ar- chitettura del XX secolo e attribuire ad essa pari dignità rispetto a quella dei secoli precedenti. Naturalmente c’è sempre stata grande considerazio- ne per l’opera di Luigi Cosenza, ma va altresì riconosciuto che le prime mostre e i primi saggi che sono stati dedicati all'ingegnere napoletano non sono venuti dagli storici, ma da studiosi di altra formazione2. Chi scrive ha già avuto modo in passato di sottolineare come sia stato un saggio di Be- nedetto Gravagnuolo, quello apparso nel 1988 su “Domus” e dedicato al Palazzo delle Poste di Napoli progettato da Vaccaro e Franzi3, a segnare in tal senso un punto di svolta, e del resto è difficile mettere in discussio- ne il fatto che solo dagli anni Novanta in avanti lo studio dell’architettura post-floreale a Napoli sia entrato nell’agenda degli storici. Non è questa la sede per soffermarsi sulle ragioni di questo atteggia- mento, ma può essere utile ricordare che quel lungo disinteresse ha conti- nuato a produrre i suoi cattivi frutti anche in seguito, persino in età di mi- crostorie e revisionismi, quando fuori di Napoli le architetture partenopee del ventennio rimanevano nell’ombra, e quella vicenda ha continuato a essere derubricata a storia locale di una “provincia” architettonica. Trova- re una fotografia o un disegno di una costruzione realizzata a Napoli tra le 570 pagine della grande Storia dell’Architettura italiana – Il primo nove- cento del 2004, ad esempio, è cosa davvero ardua, poiché Napoli quasi non c’è4, sebbene Casa Oro di Luigi Cosenza o l’Arena Flegrea di Giulio de Luca, per fare due soli esempi, siano opere da considerare per varie _ a fronte: Francesco Silvestri, Istitu- ragioni tra le più importanti realizzate in quei due decenni, e altre ancora to per i Figli del Popolo di Napoli, non sfigurerebbero affatto in un confronto con tante coeve realizzazioni da La Stele con la Scuola Maschile Roma in su che pur sono state oggetto di studio. Al di là delle valutazioni sullo sfondo, 1940 IX 214 sulla loro intrinseca qualità architettonica, talune esperienze napoletane di quegli anni - dall’azione dell’Alto Commissariato per la Città e la Pro- vincia di Napoli alla “bonifica” del quartiere Carità fino all’insediamento del grande polo espositivo della Triennale delle Terre italiane d’Oltremare – meriterebbero quindi una maggiore considerazione al di fuori delle sto- rie locali, non foss’altro per la dimensione degli interventi, la particolarità delle procedure e la molteplicità degli attori coinvolti in processi che hanno avuto ricadute di non poco conto sul piano sociale, economico e culturale. Molto resta ancora da fare, sul piano della ricerca documentaria come su quello critico per stanare le origini e delineare gli sviluppi di molte altre vicende del ventennio in Campania, anch’esse di estremo rilievo, magari per cercare di comprenderne il significato o anche solo per cavarle dal cono d’ombra in cui sono state finora. Tra queste rientra di certo l’impresa architettonica cui è dedicata questa monografia: l’”Istituto per i Figli del Popolo di Napoli”, un articolato complesso di attrezzature destinate all’in- fanzia abbandonata ed edificato su iniziativa del Banco di Napoli tra il 1939 e il 1940 a Bagnoli su progetto di un ingegnere, Francesco Silvestri. La sfortuna critica di questo grande collegio costituisce un capitolo a parte nella questione storiografica cui si è finora accennato, se si considera che si è trattato di un’opera senza precedenti non solo per le sue dimensioni, ma anche per la natura “sperimentale” di un’esperienza affatto particola- re, una sorta di laboratorio di ingegneria sociale sub specie architettonica dai rilevanti risvolti ideologici e politici. Presentato con grande enfasi dalla propaganda di regime e dalla stampa cittadina, che ne seguì la realiz- zazione registrando con cadenza regolare l’avanzamento del cantiere, esso fu oggetto nell’anno della sua inaugurazione di ampi resoconti da parte di alcune riviste nazionali di settore, l’“Architettura italiana” e “An- nali dei lavori pubblici”, ed era ben noto anche a molti architetti italiani e, di sicuro, a Luigi Moretti che lo visitò.
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