Rosa Rossi, Il Capitolo di San Giulio d'Orta e le sue proprietà dalla prima documentazione al secolo XV relatore prof. G. Soldi Rondinini, correlatore prof. E. Occhipinti, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Lettere Moderne, Anno Accademico 1987-1988. Lo studio intende portare un contributo alla conoscenza degli enti ecclesiastici novaresi, in età medioevale. Il Capitolo di San Giulio d'Orta poteva contare su di un consistente patrimonio terriero e costituiva pertanto un centro di potere a cui facevano capo gli interessi spesso contrastanti delle varie famiglie cittadine - Brusati, Tornielli, Da Castello, Caval- lazzi - dalle quali provenivano i diversi prepositi e la maggior parte dei canonici del Capitolo. L'indagine è partita dall'analisi delle pergamene di San Giulio d'Orta conservate negli archivi di Stato di Novara e di Torino, relative ad un periodo compreso tra gli ultimi decenni del IX secolo e la fine del XV secolo; un arco di tempo, dunque, caratterizzato da profonde evoluzioni politiche, sociali ed econo- miche. Parecchie, fino al XIV secolo, sono già state pubblicate a cura di G.B. Morandi, M.G. Virgili, G. Fornaseri, M.F. Baroni. Il primo documento noto, datato 10 ottobre 892, ricorda i canonici di San Giulio come possessori di una pezza di vigna a Pettenasco; ma sicuramente l'origine del capitolo di San Giulio è antecedente a tale data, sebbene la mia ricerca non abbia preso in considerazione il periodo anteriore al IX secolo, poiché la pochezza dei dati non consentiva una trattazione organica. Notizie più abbondanti si hanno invece per il periodo longo- bardo e per quello franco: materiale documentario che fornisce già una serie di notizie sulla base delle quali è possibile far luce sull'organizzazione del capitolo di San Giulio e sull'amministra- zione dei suoi beni, pur ammettendo che non sempre si ottengono risposte esaustive. È il caso, per esempio, della donazione di Ottone I: essa rappresenta uno degli aspetti più problematici nella storia del Capitolo dell'Isola, su cui si è ampiamente congetturato, da parte di diversi studiosi. La donazione è importante perché pone il problema dell'assetto istituzionale dell'Isola; il diploma, datato 29 luglio 962, ci riporta ad un periodo travagliato per l'Isola e per il territorio circostante, oggetto di scontri tra l'impe- ratore ed il re d'Italia, nel quale possessi del vescovo di Novara, dei capitoli e delle comunità religiose della zona subirono defrauda- zioni tali da sovvertire l'assetto delle proprietà. Per ovviare a sif- fatto disordine, oltre che per porre inizio ad una convivenza pacifica con le autorità locali, Ottone I emanò il diploma nella villa que dicitur Horta con il quale donò ai canonici di San Giulio d'Orta le due corti di Barazzola e di Agrate nel comitato plum- biense. Occupandosi di tale diploma, il Bascapè sostiene che l'Isola, già possesso del vescovo di Novara ancor prima delle lotte fra Berengario ed Ottone, fu presa da Berengario, ma poi ricu- perata da Ottone, che la restituì all'antico proprietario; senonché nel documento non si fa menzione esplicita né di restituzione al vescovo e nemmeno di donazione alla Chiesa di San Giulio. Altri studiosi sostengono che Ottone abbia tolto l'Isola a Berengario e se la sia tenuta per sé... Al riguardo la mia indagine, se prima di Ottone si abbiano attendibili notizie circa il dominio episcopale sull'Isola, ha avuto esito negativo, mentre è assodato che, dopo Ottone, l'episcopato novarese possedeva la totalità delle terre rivierasche. Comunque il dominio episcopale sull'Isola appare il più antico della Chiesa novarese, la più probante testimonianza è il sepolcro rinvenuto (1967) nell'isola, del vescovo di Novara Filakrio, morto nel 554 dopo essersi là rifugiato durante le ostilità fra Bizantini ed Ostrogoti. Tale fatto potrebbe attestare che su quella Chiesa l'episcopato aveva particolari diritti; ed è lecito sup- porre l'originarsi di una giurisdizione vescovile al momento della sparizione dei poteri dell'amministrazione romana nella seconda metà del IV secolo. Sarebbe quindi assai probabile che l'impe- ratore abbia restituito al vescovo di Novara l'Isola di San Giulio toltagli da Berengario, e donato alla Basilica le corti di Barazzola ed Agrate, al fine di risollevare le sorti di una Chiesa duramente provata dalle sofferenze belliche e di gratificare un vescovo auto- revole e a lui fedele. Nel primo capitolo del lavoro mi sono brevemente sof- fermata sull'organizzazione della vita comune del Capitolo di San Giulio, sul numero dei canonici, sulle dignità capitolari. Nel 1138, anno in cui compare per la prima volta la figura del prevosto, il collegio si presenta composto da sedici canonici; vi s'aggiungono i cappellani ed i custodi, citati nei documenti come testimoni di atti redatti dal prevosto e dal Capitolo. La più alta "dignità", quella prepositurale, stipulava i più importanti contratti capitolari. Un documento datato 29 dicembre 1284 attesta che l'elezione del prevosto Uberto Tornielli è stata fatta dai quattro canonici resi- denti e dal canonico ministrale e tesoriere, mentre gli altri canonici non residenti hanno espresso la loro volontà al canonico cantore, il quale ha provveduto a trasmetterla alle altre dignità capitolari (= cantore, tesoriere e ministrale, sindaco, procuratore). L'impegno proprio dei canonici di San Giulio era il servizio corale, che comportava l'obbligo della residenza, non sempre rispettato. I vescovi novaresi saranno costretti a dare precise disposizioni in merito: è richiesto un numero minimo di quattro canonici residenti, oltre al cappellano. Ai canonici residenti andavano i lasciti prò remedio animae suae, la decima dei grani grossi (frumento, segale, legumi), la decima dei grani minuti (miglio, frumentone, meligone, meliga), le distribuzioni quoti- diane derivanti dalle prebende degli assenti, la decima su tutti gli animali della Riviera, la decima del vino, delle castagne e delle noci, con aggiunti gli oboli dei fedeli pellegrini. Agli assenti spettava la sola decima dei grani grossi. La documentazione, prevalentemente relativa alla gestione dei beni terrieri, ha consentito un più ampio discorso di carattere economico-sociale. I canonici possedevano consistenti proprietà lungo le rive del lago, nella Valle d'Ossola, nella Valle Strona, nella Valle Anzasca, nella Valsesia, nella zona del Lago Maggiore, nella Bassa Novarese ed in alcune zone della provincia di Vercelli. I documenti più antichi ragguagliano sull'incremento della proprietà fondiaria grazie alle continue donazioni di beni da parte di vescovi, signori del luogo ed imperatori e grazie anche alle ope- razioni di compravendite e permute fondiarie tra canonici e pro- prietari laici; i terreni vengono affittati o subaffittati, con le immancabili controversie sui diritti di derivazione di corsi d'acqua, per fitti non pagati ecc. Già i documenti del secolo XIII testimoniano una notevole prosperità raggiunta con numero- sissime proprietà soprattutto nel territorio di Bertima (o Bre- chima o Breclema). Nei secoli seguenti, col crescere delle difficoltà d'amministra- zione, il Capitolo di San Giulio è sovente costretto a ricorrere alle autorità laiche ed ecclesiastiche per risolvere problemi di ordine sia economico sia anche morale; da parte sua il vescovo di Novara avvertiva la necessità di una riforma che inducesse il Capitolo ad una maggiore osservanza dei doveri della vita canonicale. Numerosi furono i decreti emanati dai vescovi e la loro inge- renza negli affari del Capitolo condusse ad uno scontro diretto con relative scomuniche: rallentarono gli acquisti, numerose si fecero le investiture, le verifiche, gli inventari, le ricevute di fitti, le proteste da parte del Capitolo per fitti non pagati, le usurpazioni, che giunsero a minacciare la prosperità del Capitolo a tal punto da costringerlo al ricorso presso la Santa Sede, nel tentativo di porre fine a tanti abusi. Senonché ormai le istanze del mondo comunale intaccano la potenza degli enti ecclesiastici; pertanto l'accrescimento fondiario, in tale periodo, è determinato quasi esclusivamente dai lasciti testamentari. Né viene a cessare l'ingerenza dei vescovi, non solo nelle que- stioni esterne del Capitolo ma anche in quelle interne, accompa- gnata dagli interventi dei Papi, che rivelano la preoccupazione della Santa Sede di collocare canonici degni e ben visti dalla Chiesa. Interessante è l'intervento di Papa Martino IV nel 1426 per concedere ad un canonico di San Giulio il permesso di risiedere in Bologna per motivi di studio: con tutta probabilità in ottemperanza alle norme vigenti a Novara e dintorni, secondo le quali, per essere ammessi al collegio canonicale, si doveva appartenere a nobile stirpe o comunque a famiglia notevole ed antica, essere insigniti di gradi accademici nel diritto o nelle arti e inoltre aver abbandonato da almeno vent'anni l'esercizio di arti vili e "meccaniche". Non ho trascurato di prendere in considerazione gli Statuti dati dai vescovi di Novara a San Giulio ed alla Riviera d'Orta, al fine di integrare con ulteriori notizie quanto già detto sul Capitolo stesso e sulle zone in cui esercitava la propria influenza. Tesi in un volume di complessive pp. 238, corredata da una appendice documentaria. La tesi può essere consultata presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Milano, l'Archivio di Stato di Novara. La presentazione dello studio è stata redatta da Rosa Rossi. Sull'argomento riteniamo opportuno richiamare un altro lavoro di ricerca che, per il suo contenuto, può riuscire di integrazione. Livia Carlino - Maria Mera - Emanuela Sgobbi, Il Capitolo di San Giulio d'Orta relatore prof. Anna Maria Nada Patrone, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Magistero, Corso di Laurea in Materie Letterarie, Anno Accademico 1970-71. I risultati della ricerca si trovano ripartiti in quattro distinti fascicoli: • Premessa metodologica e fonti. Storia del Capitolo di San Giulio d'Orta dalle origini fino al sec. XIII.
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