
SANDRO BERNARDI I LUOGHI DEL CINEMA NELL'OPERA DI FERRERI L'Occhio-Ferreri Le strade dissestate di Madrid, con i negozi decorati da insegne otto- centesche, frequentate da rari passanti e rare auto della Spagna fran- chista; la Rolls Royce con la marchesa invisibile che accompagna il fi- glio paralitico, erede delle antiche malinconie dei grandi di Spagna; i grandi palazzi del centro con i loro appartamenti stretti, caotici, so- vraffollati da gente in vestaglia: madri, suocere, figli, nipoti, cani e gat- ti, avvocatuzzi che esercitano in casa, con segretari piuttosto equivoci, nonni ficcanaso e brontoloni, buoni solo a chiedere soldi, panni stesi alle finestre o in cortile, la stalla dietro casa in pieno centro, la muc- ca che rumina placida sul cemento, galline bambini comari sfatte spor- che brontolone sparse un po' dappertutto, le camere da letto piene di santini o immagini giganti del Sacro Cuore, inquilini o inquilini degli inquilini, oppure ospiti degli inquilini degli inquilini, tutti uguali in una sola moltitudine — alla Pessoa — fantasmi che si aggirano per le case sovraffollate, vivi ma ufficialmente inesistenti, presenti ma ignorati e considerati assenti: e infine, corona di tutto lo scenario, i vecchietti pa- ralitici che in branco, quasi una parodia ante litteram dei Selvaggi cor- maniani, angeli dell'inferno un po' invecchiati, volano sulle loro car- rozzelle a motore per le strade deserte, nei parchi, nelle campagne, nei cimiteri liberty, giù per le colline che circondano la capitale sonnac- chiosa nel cuore dell'estate. Questo è il panorama dei primi due film di Ferreri El pisito e El cochecito. Nel secondo poi, a corredo di que- 17 SANDRO BERNARDI I LUOGHI DEL CINEMA sta umanità dissestata, c'è il cimitero, così nettamente diviso in due pa. Dietro la sua apparente follia c'è del metodo, c'è molto più me- zone: le tombe private, ricche, signorili e la zona povera dall'altra par- todo che nel metodo stesso: c'è una perfida, pericolosa insistenza sul- te, piena di loculi condominiali dove i morti si accatastano come i pro- la coerenza del paradosso, sulla tremenda logica che abita l'assurdo. letari delle periferie industriali, una beffarda, candida parodia della Partendo dallo stile neorealista — tanto che El cochecito venne scam- città. «Qui costruiscono sempre», osserva il vecchio Luca all'amico biato per una variazione sul tema di Umberto D. — Ferreri spinge il don Anselmo, mentre l'altro si limita a constatare seccato che lo svan- realismo fino all'eccesso e al suo rovesciamento naturale, consequen- taggio dei loculi bassi è che i morti vengono spesso derubati dei fio- ziale; la sua osservazione si spinge nel cuore dei dettagli più impro- ri, con lo stesso tono con cui si lamenterebbe di un appartamento al babili, fino a oltrepassare i confini della rappresentazione classica, fino pianterreno, dove entrano sempre i ladri. Qualche cosa di simile ac- a cogliere la disgregazione, il disordine, il caso, il caos, il mistero che cade più avanti nel film L'ape regina, in cui il funerale della mamma governano il mondo che noi crediamo di conoscere. Infatti, il surrea- di Alfonso e la discesa nella cripta di famiglia offrono a Regina l'oc- le in Ferreri non si produce con una speciale, stravagante messa in sce- casione per mostrare al marito i loculi aperti con le bare dei familiari na, come in Bui-mei, per esempio, ma con la semplice osservazione ac- defunti, per arrivare all'amena conclusione: «E questo è il posto per canita, insistente. La macchina da presa ci pone continuamente di noi due...». Terrorizzato, sudato, Alfonso scappa lungo i viali bianchi fronte alla pazzia del mondo, una pazzia che noi', dall'interno, non riu- costellati di angeli bianchi, ma una bambina a cui chiede dell'acqua, sciremmo a vedere. Così, alla fine del Cochecito, non c'è niente di stra- dolcemente lo prende per mano e lo conduce con sé dentro una va- no nella frenesia di Don Anselmo e nel gesto finale con cui scarica la sta camera piena di bare in costruzione. bottiglia di veleno nel brodo di famiglia, se è vero che prima alcuni Il grottesco ferreriano assume l'aspetto di una sfasatura continua, in- ragazzini al cimitero, eredi degli Olvidados butiueliani, avevano chie- sistente, fra azioni e personaggi, o fra comportamento e ambiente, per sto al suo amico in carrozzella: «Scusi, lei è uno storpio?»; se è vero cui vediamo accadere, sentiamo dire certe cose là dove non ce lo aspet- che l'usuraia del monte dei pegni ha le stanze tappezzate di crocifissi, teremmo mai e non vediamo niente invece negli spazi in cui viene crea- che i vigili urbani organizzano gare di corsa su carrozzelle a motore ta un'attesa, una tensione drammatica che si trascina per tutto il film. per i nonnetti invalidi, con tanto di assistenza medica, che nella cuci- Nella fortissima riduzione narrativa operata da Ferreri, che cosa rima- na della signora marchesa il personale di servizio cena con capriolo e ne di ogni storia? Rimane solo uno spunto o poco più che un'azione, aragoste, mentre il padroncino riesce appena con fatica a digerire un quella finale; il film ferreriano è fatto sostanzialmente di spazio e di magro caffelatte; come del resto il padrone di casa a cui si rivolgono tempo. In questo tempo vuoto, occupato da gesti che servono solo a i due sfortunati inquilini nell'altro film spagnolo, El pisito, è sempre scandirlo, in questo spazio occupato da oggetti che servono solo a sud- malato e si lamenta da mattina a sera, facendo pena addirittura a quei dividerlo, senza condurci da nessuna parte, si produce una tensione poveretti che sono andati li per chiedergli aiuto. fortissima, una pressione che solo alla fine arriva a sciogliersi con un Noti c'è niente di strano, eppure tutto è strano, non c'è niente di gesto definitivo, catartico, spesso mortifero, che dovrebbe lasciarci sgo- straordinario, eppure tutto è straordinario. Per ricordare una famosa menti e che invece appare quasi naturale, dopo il lungo e lento pro- frase di Godard, potremmo dire che, come Lumière, Ferreri, «trova lo cesso di osservazione della morte del senso. In Ferreri il senso non è straordinario nell'ordinàrio». E dove meglio potrebbe essere arrestato il grande assente fin dall'inizio, come in Antonioni o in Rossellini, ma il povero criminale don Anselmo, se non su uno stradone lungo dirit- viene lasciato morire a poco a poco, nella semplice osservazione del- to piatto e deserto, dove lo attendono due carabinieri solitari? Una l'ambiente. strada butiueliana ma anche neorealista, che sembra anticipare quella I film di Ferreri appaiono folli al senso comune dello spettatore abi- su cui camminano i protagonisti de tuato agli edifici retorici e narrativi. Eppure è proprio contro questa H fascino discreto della borghesia, retorica, contro questo «edificio dell'eloquenza», come lo chiamava Ba- o quella su cui appaiono Padre Figlio e Spirito Santo ne La via lattea; taille, che Ferreri lavora, scavando e scavando come una vecchia tal- ma ricorda anche quella su cui si allontana effettivamente Umberto D., 19 18 SANDRO BERNARDI I LUOGHI DEL CINEMA o quella su cui viaggia il camion di Ossessione, o quella su cui corre cui unico esterno, la splendida gastronomia dove appare lo stesso re- la corriera di Quattro passi fra le nuvole. gista in carne e ossa, hitchcockianamente, è un delirio di salamini, pro- Il realismo degli scenari ferreriani è sempre talmente intenso da di- sciutti o formaggi, culatelli, galantine e bottarghe, di cui si riesce per- ventare metaforico, anzi simbolico e addirittura surreale, coerente- sino a sentire-l'odore. Nella mente con la poetica stessa dei surrealisti che, come Breton, usavano Grande abbuffata, l'azione è una sola, in- finitamente ripetuta e variata, come in una serie visiva di variazioni la fotografia come strumento per la loro «teratologia plastica»', come Goldberg, o di poesie epanalettiche in cui ricorrono sempre gli stessi occhio speciale per vedere l'invisibile, l'improbabile, lo straordinario orrore quotidiano. La differenza fra Ferreri e Bufluel, forse, è che Fer- versi; ma la grande villa, con il grande albero di Boileau, funerario e reri non ha bisogno di interventi surreali, gli basta guardarsi intorno retorico come il suo proprietario, non è solo un corredo della storia, semplicemente, con grande attenzione, e tutto il mondo è scenografia un luogo scenico, metafora della tendenza claustrale dei personaggi ferreriani: il «castello prigione» come ha osservato puntualmente Mau- per le sue storie surreali. Non gli occorrono struzzi nella camera da rizio Grande'. È tutto questo, ma in più è anche letto, e tanto meno persone che accendono una lampada e la chiudo- il luogo, uno spazio no nell'armadio, perché ci sono già mucche e galline che vivono in\- protagonista assoluto del film, misteriosamente aristocratico e carico sieme con gli abitanti dei dissestati palazzi madrileni e le persone pos- del suo passato funerario, l'unico spazio dove si potrebbe consumare sono incontrare il papa solo a condizione di non parlare con lui. quell'azione. È il luogo della retorica classica, l'«edificio dell'eloquen- Ferreri non inserisce nelle sue immagini...oggetti decontestualizzati, za» di cui parla Bataille, una villa che, nella sua maestosa prosopopea, è anche l'obiettivo da distruggere, da ridicolizzare, con la sua cucina ma li scopre semplicemente guardandosi intorno; fotografando e rifo- tografando il reale, il suo sguardo naturalista diviene surrealista senza attrezzatissima come uno scannatoio e il frigorifero pieno di animali, alcuno sforzo, anzi con un solo e semplice sforzo inerente allo sguar- ma pronto a trasformarsi in obitorio. Resteranno, triste e finale paro- do stesso: l'insistenza. È nota infatti la durata oltremodo protratta del- dia, i due_ quarti—di bue alla Butiuel appesi agli alberi secolari mentre i sopravvissuti, infreddoliti dalla morte prossima cercano di sboccon- le inquadrature e delle sequenze ferreriane, ed è questa durata appunto cellare un ultimo smisurato tremolante budino a forma di seno.
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