L'apostolo E Il Ferroviere

L'apostolo E Il Ferroviere

L’Apostolo e il Ferroviere Reggio tra campagne e ferrovie Quando Giuseppe Menada, ventottenne piemontese nato in provincia di Alessandria, discese la scaletta del treno che da Piacenza lo aveva portato a Reggio, nella primavera del 1886, Camillo Prampolini aveva da poco fondato «La Giustizia», il settimanale socialista che nel 1904 aprirà anche un’edizione quotidiana, diretta da Giovanni Zibordi. 1 Menada era stato inviato a Reggio dopo l’assunzione dei lav ori e dell’esercizio della ferrovia Guastalla -Reggio-Sassuolo, con deviazione per Carpi, da parte della Banca Subalpina, che poi costituirà la SAFRE («Società anonima delle ferrovie reggiane»). 2 Menada era un impiegato delle ferrovie neppure laureato, Prampolini era di un anno più giovane e la laurea in Giurisprudenza l’aveva conseguita nel 1881, ma proprio la sua tesi sul diritto del lavoro l’aveva convertito alle nuove idee socialiste, venate di un positivismo di stampo romantico. Reggio si apprestava a divenire teatro di un’avventura singolare: quella di due protagonisti della nascita del mondo nuovo. Il primo fondò la società industriale moderna, il secondo il socialismo riformista e cooperativo. Menada creò le industrie senza mai diventare industriale (aveva alle spalle importanti istituti di credito), Prampolini realizzò la società cooperativa senza mai fare il cooperatore (aveva eccellenti collaboratori). Oltretutto i due diverranno anche lontani parenti. Il figlio di Menada, Max, sposerà Elena Franzini, una lontana nipote di Prampolini. Reggio, in quel 1886, era un comune con poco più di cinquantamila abitanti, dei quali solo meno di diciannovemila nel territorio cittadino (ben duemila iscritti all’elenco dei poveri) e la maggioranza divisa nelle ville agricole del forese. 3 La provincia contava oltre duecentoquindicimila abitanti, con la montagna ben più popolata di adesso. Nel gennaio di quel 1886 Prampolini aveva dunque fondato «La Giustizia», che sostituiva il giornale del quale lo stesso Prampoli ni era il sostanziale perno, assieme a Giacomo Maffei 4 e a Contardo Vinsani, 5 e cioè «Reggio Nova». Quest’ultimo giornale aveva sostituito a sua volta, nel 1884, «Lo Scamiciato», periodico del primitivo impegno socialisteggiante, con sfondo di anarchismo e spirito da scapigliati, del Pag. 1 L’Apostolo e il Ferroviere giovane Camillo e dei suoi amici. Sempre nel 1886 Reggio era amministrata da quella che poi verrà definita «la moderateria», e cioè da un raggruppamento monarchico - liberale con esperienze risorgimentali alle spalle, espressione del mondo della nobiltà reggiana e delle professioni, a cui si aggiungevano alcune famiglie di neo proprietari terrieri, che sapevano unire i loro profitti all’impegno pubblico e alla sensibilità verso le azioni sociali e benefiche. Sindaco di Reggio, dop o la breve parentesi di Luigi Ancini, 6 che era durata un anno, dal settembre del 1859 al novembre del 1860, dopo la lunga fase di Pietro Manodori, 7 che aveva tenuto le redini del potere cittadino dal 1860 al 1872, e dopo il settennato di Gian Francesco Ghe rardini, 8 dal 1873 al 1880, era Carlo Morandi, 9 già sindaco dal 1882 al 1884, eletto poi deputato 10 e sostituito da Francesco Gorisi, 11 a cui egli stesso era succeduto, appunto nel 1886. La Deputazione provinciale era retta dall’avvocato e deputato regg iano Giuseppe Fornaciari, 12 che proprio nel 1886 viene rieletto deputato (nel 1882 era stato introdotto il voto per tutti coloro che sapevano leggere e scrivere, portando il totale dei votanti a Reggio da poco più di duemila a oltre diecimila, il 50% di quelli che ne avevano diritto secondo la legge). Nel 1886, sciolta dal Re la Camera, i reggiani confermarono le loro scelte precedenti, mentre Luigi Sormani Moretti 13 era stato nominato senatore del Regno pochi mesi prima. Quest’ultimo aveva segnato un’epoca (era stato eletto alla Camera a partire dal 1865) e fondato a Reggio la Banca Mutua Popolare. Oltre a Fornaciari, deputato da sedici anni, con le elezioni del 1886 furono eletti alla Camera Gian Francesco Gherardini, Ulderico Levi, Romualdo Bonfadini, 14 valtellinese d’origine, scrittore e patriota risorgimentale, e Gianlorenzo Basetti, 15 protagonista delle lotte contro la tassa sul macinato, d’orientamento radicale e deputato già da dieci anni. Alle elezioni si presentava anche una lista «democratico -socialista», che aveva proposto candidati il lombardo Osvaldo Gnocchi Viani, 16 il reggiano Contardo Vinsani e il mantovano Enrico Ferri. 17 Quest’ultimo sarà poi uno dei massimi esponenti del Partito socialista, anche se tra i più discussi. Ma nessuno di loro risultò eletto. Alla regìa di tali designazioni il quotidiano reggiano «L’Italia Centrale» leggeva la presenza del giovane Camillo Prampolini. Di Vinsani si conoscevano già le imprese. Prampolini dirà che la prima vera cooperativa era stata proprio quella fondata dal Vinsani nel 1883, ma la data è controversa, l’anno dopo la pubblicazione del primo numero de «Lo Pag. 2 L’Apostolo e il Ferroviere Scamiciato», anche se fin dagli anni Sessanta si erano sviluppate forme associative di mutuo soccorso 18 e nel 1880 lo stesso Vinsani aveva elaborato il programma della sua neonata «Associazione cooperativa». A Reggio, mentre Giuseppe Menada scende lentamente le scalette del treno alla stazione cittadina, l’economia locale è tutta nelle campagne, 19 dove è piuttosto cospicuo il ceto mezzadrile, contrariamente alle province vi cine (a Mantova era assai più numeroso il ceto bracciantile, di qui la differente evoluzione politica dei due socialismi). Si legge infatti, in uno studio del 1849 -50: «Il sistema agricolo prevalente nella pianura e nella collina è la mezzadria». 20 Nelle campagne «le principali industrie di materie animali erano i caseifici, gli stabilimenti di manipolazione di carni suine, quelli della filatura della seta e delle conci di pellami». 21 Secondo un altro studio del 1870 esistevano «sei concerie di pellami che occupavano ottantasei operai», 22 mentre lo storico Andrea Balletti, nel 1890, ne rileverà solo tre, due a Reggio e una a Scandiano per soli trentacinque operai. 23 Gli stabilimenti della seta, da cinque che erano negli anni Settanta (con l’impiego di duecen tocinquantaquattro operai), erano divenuti quattro dopo la chiusura della «Vecchi e Jodi», ma tre erano artigianali. Restava quello gestito dai fratelli Modena a Scandiano. Vi erano poi alcune piccole attività, nella Bassa, nel settore del truciolo (negli anni Settanta avevano occupato quattrocentoventicinque operai) e quella della tessitura della tela e delle spazzole (con settecentoquindici operai). A Ventoso di Scandiano, dove non a caso era arrivata la ferrovia già nei primi anni Ottanta, era stata aperta un’azienda per la produzione della calce e del gesso a partire dal 1859, anno in cui la ferrovia Piacenza -Bologna aveva attraversato la provincia di Reggio. Nella città di Reggio quel che rimaneva della tradizionale arte della seta (nel 1883, l’anno dopo la chiusura della citata «Vecchi e Jodi», l’imprenditore comasco Carlo Marchetti aveva fatto richiesta di rilevare quell’attività impiantando un moderno stabilimento che poteva dare lavoro a oltre cento operai) si sommava poi a qualche iniziativa nel settore del legno, mentre l’attività industriale di Giuseppe Agazzani 24 era ancora agli inizi e la sua fabbrica di spazzole un minino stabilimento artigianale. 25 Secondo un rapporto ministeriale del 1894 «a Reggio non è riscontrabile alcun tipo di Pag. 3 L’Apostolo e il Ferroviere industria grande o media». 26 Anche per questo, per produrre maggiore attenzione e maggiore professionalità nel settore, l’on. Ulderico Levi aveva promosso «L’Esposizione permanente dei prodotti d’arte, manifatture e industrie» del Comune, che venne inaugurata, nell’area dell’Orto dell’Opera Pia del Gesù, il 16 maggio 1885 e che restava aperta il martedì, il venerdì e tutti i giorni festivi. Esisteva poi una discreta rete di negozi commerciali con prevalenza di quelli per la vendita di stufe, forni, sartorie, ab bigliamento, liquorerie, uno stabilimento bacologico, in via dell’Albergo 7, uno di pompe per giardini, il negozio di Luigi Foracchi in via Emilia San Pietro. La liquoreria più significativa era quella di Francesco Cocchi (fondatore della famosa «Anisetta Cocchi»), 27 ereditata poi dai figli, tra i quali Riccardo, che divenne primo presidente della «Associazione fra industriali, commercianti ed esercenti» (Camera di Commercio) nel 1887, ma esisteva anche la rinomata fabbrica di liquori «Berti e Compagnia», c he rispondeva con l’anice di Rubiera. Il negozio di Ruscelloni di via San Prospero proponeva mirabili vetri, cristalli e porcellane, la sartoria Orlandini di via del Teatro, in casa Fratti, era la più frequentata dalla locale borghesia, che nel gennaio del 1886 si era gustata, per la prima volta, al Municipale, l’Aida di Giuseppe Verdi, en attendant Otello e che aveva a lungo contestato il tenore. Il teatro Municipale, edificato nel 1857, dopo che un incendio aveva quasi completamente distrutto il vecchio teatro di Cittadella, ricostruito poi come Politeama Ariosto, era il principale ritrovo dei reggiani. An che Giuseppe Verdi, in occasione dell’inaugurazione del teatro, era venuto personalmente a Reggio e aveva allestito il suo Simon Boccanegra con una scena nuova di zecca, alloggiando alla locanda «Il Cavalletto» nell’omonima via. La legna da fuoco potevi trovarla a Porta Santa Croce in via della Filanda, allo stabilimento Lamberti, dove esisteva anche «un laboratorio meccanico specializzato nella fabbricazione di forme per calzolai e

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