Rassegna bibliografica Storia d’Italia e ‘origini’ del fascismo di Massimo Legnani Chiunque voglia ricostruire il percorso della corre anzitutto soffermarsi, e per compren­ storiografia italiana del fascismo nell’ultimo dere il senso di questa eventuale ‘anomalia’ quarantennio, può difficilmente prescindere e, più in generale, per valutare quanto l’ope­ da una constatazione preliminare tanto evi­ ra contribuisca a riavviare la discussione su dente da proporsi quasi come un luogo co­ un tema, quello appunto delle ‘origini’ del mune. Mi riferisco al susseguirsi di due di­ fascismo, tanto essenziale quanto ultima­ stinti cicli di studi, ben scanditi anche crono­ mente poco frequentato. logicamente: il primo tutto rivolto a delinea­ Poiché il lavoro di Vivarelli ha alle spalle re l’insorgenza del fenomeno fascista e le una genesi scientifica lunga e non priva di tappe della rapida conquista del potere; il complessità, ad essa è necessario preliminar­ secondo concentrato sulla realtà del regime, mente rivolgersi (e alle vicende editoriali che e più specificamente sulla ‘maturità’ fascista la testimoniano). Lo stesso Vivarelli ne dà degli anni trenta. Una ulteriore considera­ ampio conto nella prefazione alla ristampa zione — altrettanto scontata — è che tale del primo volume, edito nel 1967 {Il dopo­ successione di fasi, pur alimentandosi agli guerra in Italia e l’avvento del fascismo sviluppi interni al campo di ricerca, riusci­ (1918-1922). I. Dalla fine della guerra al­ rebbe scarsamente comprensibile se non fos­ l’impresa di Fiume, Napoli, Istituto italiano se letta alla luce di riferimenti più generali, per gli studi storici), nonché in quella al se­ che si situano all’incrocio tra storia e politi­ condo, che costituisce la parte nuova dell’o­ ca, tali per cui al quesito centrale degli anni pera e che, pur ponendosi in linea di conti­ cinquanta e sessanta (quale la correlazione nuità con il disegno iniziale, rappresenta in tra crisi del regime liberale e irruzione del realtà qualcosa di più e di diverso dal sem­ movimento fascista) è subentrato, nel ven­ plice svolgimento di quel progetto. Il quarto tennio seguente, un diverso interrogativo di secolo che separa i due volumi viene del (quale e quanta parte della storia d’Italia resto motivato dall’autore con la necessità di precedente e, soprattutto, successiva si lega riavviare la riflessione muovendo da una ba­ all’esperienza fascista). Questo richiamo, se più larga, che ponga in diretta correlazio­ inevitabilmente sommario, sembra conferire ne dopoguerra ed età giolittiana. Di qui le alla pubblicazione di Roberto Vivarelli, Sto­ molte pagine dedicate al confronto delle ri­ ria delle origini del fascismo. L ’Italia dalla cerche e delle interpretazioni laddove gli esiti grande guerra alla marcia su Roma (vol. I, storiografici appaiono sufficientemente ma­ pp. 652, lire 60.000 e vol. II, pp. 954, lire turi (com’è nel caso dell’opera di governo di 70.000, Bologna, Il Mulino, 1991) un carat­ Giolitti) ed il ricorso, invece, ad indagini di­ tere per così dire controcorrente, su cui oc­ rette quando il retroterra del quadro post- Italia contemporanea”, dicembre 1991, n. 185 706 Rassegna bibliografica bellico risulti appena abbozzato o addirittu­ condo Vivarelli una larga autosufficienza ra da ‘scoprire’ (donde, ad esempio, un pro­ della correlazione tra ragioni della guerra e filo della questione contadina che, sia pure a definizione del nuovo assetto europeo (valga grandi linee, prende le mosse dall’indomani in proposito l’aggiornamento storiografico dell’unità). La dimostrazione che, in en­ sui trattati di pace contenuto nella introdu­ trambi i casi esemplificati, si tratta non di zione alla ristampa del primo volume), il semplici integrazioni, ma di una sorta di ‘ri­ 1920, portando al centro della scena i carat­ cominciamento’, viene da alcuni degli studi teri più propriamente nazionali della crisi, che Vivarelli ha pubblicato nell’intervallo esigerebbe non solo di essere analizzato in tra i due volumi e che, direttamente o indi­ organica connessione con le vicende politi­ rettamente, sviluppano la problematica da che del primo quindicennio del secolo, ma cui discende anche la forte oscillazione del — come si è accennato per la questione con­ titolo dall’iniziale nesso dopoguerra/fasci- tadina — misurato sull’intero arco della sto­ smo all’attuale accento sulle origini del fa­ ria postunitaria. È superfluo, credo, soffer­ scismo. Di questi contributi vanno richiama­ marsi sui rischi di schematizzazione che tale ti quantomeno quelli compresi nella raccolta distinzione comporta (e del resto il 1919 non Il fallimento del liberalismo. Studi sulle ori­ solo finisce a Fiume, ma la stessa spedizione gini del fascismo (Bologna, Il Mulino, 1981) dannunziana assume rilievo soprattutto per i non solo perché il sottotitolo anticipa il rio­ riverberi interni) e sugli elementi di compe­ rientamento del lavoro, ma in quanto, so­ netrazione tra i due versanti che duttilmente prattutto nel lungo saggio Liberismo, prote­ l’autore inserisce (a cominciare dalla campa­ zionismo, fascismo. Per la storia e il signifi­ gna elettorale del novembre 1919, largamen­ cato di un trascurato giudizio di Luigi Ei­ te modulata sul tema del “processo alla naudi sulle origini del fascismo, si evidenzia­ guerra”). Se nonostante ciò Vivarelli tiene no alcuni dei presupposti concettuali che ben ferma la differenziazione tra i due ambi­ presiedono alla ridefinizione dell’orizzonte ti è per la convinzione che, nella genesi della interpretativo. E che si riassumono nella crisi del regime liberale, la guerra agisca da contrapposizione liberismo/protezionismo, fattore aggiuntivo e che anzi, intesa in pro­ intesa come alternativa che, ben oltre le scel­ spettiva, la partecipazione al conflitto, per i te della politica economica, segna in profon­ valori positivi che fa emergere (e che sono dità l’evoluzione complessiva del rapporto sostanzialmente ricondotti alle ragioni del­ tra società politica e società civile. Il riferi­ l’interventismo democratico), dischiuda po­ mento (che riprenderò più avanti, alla luce tenzialità nuove di approdo delle istituzioni dei contenuti del secondo volume) riveste un liberali alla sponda democratica. preciso significato in almeno due direzioni: Riprenderò questa traccia in sede di con­ di sottolineare la distanza tra l’uso che Viva­ clusioni. Per ora vale soprattutto rimarcare relli fa della definizione ‘origini’ del fasci­ che il problema fascismo si presenta dunque smo e l’accezione corrente in cui il termine come “il frutto e non la causa della crisi del­ viene impiegato nelle monografie degli anni lo stato liberale” (vol. II, p. 7); il che spiega, sessanta (dove coincideva con il prendere per l’appunto, la struttura (e la mole) del se­ piede del nuovo movimento nelle diverse condo volume, il fatto che esso si proponga, realtà locali); di rimarcare la netta differen­ assumendo come filo conduttore la narra­ ziazione dell’approccio al 1920 rispetto al zione degli avvenimenti intercorsi tra le ele­ 1919. Mentre il primo anno del dopoguerra, zioni del 1919 e l’occupazione delle fabbri­ in quanto fondamentalmente caratterizzato che, “di riportare l’attenzione del lettore sul­ dai temi della politica estera, presuppone se­ l’intero arco di tempo della storia dell’Italia Rassegna bibliografica 707 unita, per dar conto di come si siano effetti­ pice e si rivela insanabile — sono individua­ vamente formate e di quanta storia avessero te da Vivarelli in una sorta di relazione alle spalle le questioni che tra il 1919 e il triangolare nell’ambito della quale l’esplo­ 1920 vennero drammaticamente alla ribalta” sione della protesta contadina (rivelazione (vol. II, p. 8). Di queste ‘questioni’ Vivarelli del fattore di più aspro squilibrio nell’asset­ ne ricostruisce analiticamente soprattutto to della società italiana) pone compiutamen­ due, ritenendo particolarmente grave la te in luce le miopie e le impotenze del ceto li­ sproporzione esistente tra il loro obiettivo ri­ berale di governo da un lato, le false certez­ lievo e l’insufficienza delle trattazioni sto­ ze — accompagnate da non minore immobi­ riografiche di cui sono state sinora fatte og­ lismo — del rivoluzionarismo socialista dal­ getto: quella socialista e quella contadina l’altro. Merito davvero cospicuo di Vivarelli (rispettivamente i capp. II e IV), peraltro ac­ è quello di ragionare sullo spessore storico compagnate da una attenzione larga all’evo­ di queste due ‘insufficienze’, evitando di re­ luzione del quadro politico e istituzionale stare impigliato — e subalterno — alla cro­ complessivo e dell’opera in esso svolta dal naca politica deH’immediato dopoguerra e ceto liberale di governo. Dico subito che il misurando invece la statura dei protagonisti risultato complessivo appare di grande valo­ (organizzazioni e singole personalità) su una re, nel senso che la padronanza della mate­ problematica che pone ai margini ogni spie­ ria (attestata fra l’altro da un esteso quanto gazione angustamente collegata al contesto puntuale apparato di note) consente di rea­ postbellico, alle sue ‘nevrosi’ e ‘confusioni’. lizzare un felice equilibrio tra l’utilizzo della Questa ampiezza di visuale è ben presente letteratura e gli approfondimenti derivanti nell’esame dei comportamenti del campo li­ da ricerche dirette. Queste ultime si esercita­ berale, nella denunciata incapacità di dar no prevalentemente sulle fonti politiche, sol­ corso a quella democratizzazione del sistema lecitate sempre con l’intento di far emergere, politico simbolicamente
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