
lumie di sicilia strada ericina - foto di Patrizia Viviana De Filippo periodico fondato nel 1988 dall’ ASSOCIAZIONE CULTURALE SICILIA FIRENZE n.96- 11 online – novembre 2016 1 lumie di sicilia numero 96/11 novembre 2016 in questo numero: 1 copertina con foto di Patrizia De Filippo 2 sommario 3-5 Maria Nivea Zagarella: Lu Saracinu... 6-7 S. Ferlita: Il partigiano che raccontò... 8-9 San Malato 10-11 Il monumento di Duprè a Trapani 12-13 Lorenzo Zaccone 14-16 Eugenio Giannone: Cent'anni di ordine Fenicottero migratore pubblico tra '800 e '900 Unico non sei nelle tua specie, 17-18 Gaspare Agnello: La strada degli scrittori a elevata mobilità sottostai, 19 Intermezzo all’interno delle stagioni o fra esse, per zone ampie mediterranee emigri. 20 Armando Armonico: Il fatto non sussiste Per svernare e nidificare 21-22 Adolfo Valguarnera: Amarcord le tue ampie ali distendi. 23 Bollettino per i naviganti Nobile appari con il rosa piumaggio e con il signorile portamento. 24 ultima di copertina con foto di Lorenzo Gigante Nella corsa verso lidi diversi ti distendi con bramosia, di sconosciuto e alimento succulento, di alghe e molluschi ti nutri. Ad alcuno resoconto non dai, ai luoghi di nascita non soggiaci, la tua autonomia a meno fa di un libero permesso di nazionalità. Emblema sei degli umani migratori: con dignità cercano altrove, memori che simili agli altri sono, poiché il diritto della terra possedere a ciascun abitante conviene. Erice, 02 ottobre 2016 lumie di sicilia - reg. n.3705 del 9.5.1988 Tribunale di Firenze Salvatore Agueci - Direttore responsabile: Mario Gallo - Corrispondenza e collaborazione: [email protected] Mario Gallo -Via Cernaia, 3 50129 Firenze tel. 055480619 - 3384005028 ------------------------ 2 Lu saracinu, ovvero il disinganno del sogno francescano di Alessio Di Giovanni Maria Nivea Zagarella Settanta anni fa moriva Alessio Di Giovanni zolfatari, al poemetto Lu puvireddu amurusu (1872/1946), scrittore nato a Cianciana (AG), (1906), poetica e soggettiva ricostruzione la cui opera è stata fortemente segnata dalla della vita del Poverello di indirizzo sturziano, spiritualità francescana. Il francescanesimo alla traduzione in siciliano dei Fioretti (1926) era in lui una "condizione" dell'anima, al romanzo La racina di Sant'Antoni (1939), intuizione originaria della bellezza della segnando quasi tutto l'arco temporale della Natura e del dolore dell'uomo, riconducibile vita di Alessio. Tale “sogno”, prima della crisi, innanzitutto alle esperienze dell'infanzia e trova genesi e motivazioni di fondo nella della prima giovinezza, quali l'ambiente ostinata resistenza sentimentale e intel- familiare sereno, religioso, austero; il mondo lettuale dello scrittore sia ai limiti di certo rurale della Valplatani, grandiosa distesa di laicismo e liberalismo risorgimentali pregiu- latifondi attraversata in parte dal fiume dizialmente anticlericali, sia al senso para- Platani, un mondo -secondo la definizione lizzante -e tutto decadente ormai fra fine ’800 dello stesso poeta- di poveri, di reietti, di e inizi del ‘900- della Morte e della nullità diseredati; il contatto diretto, da libero dell'uomo e della vita, che ciclicamente uccello, del ragazzo Alessio con la campagna, affiora alla sua coscienza, come ho già osser- natura vera, infinita, sempre uguale e varia. vato in miei precedenti saggi (2004/2007…) Negli anni successivi il tirocinio e la pratica con riferimento specifico anche a sequenze letteraria veristi, i rapporti con i felibristi e la emblematiche della tarda Racina di conoscenza sempre più analitica della stessa Sant’Antoni. Si veda nel cap. X, parte III, ciò cultura francescana (anche per la personale che sussurrano adaciu adaciu all’orecchio del condizione di terziario francescano) non frate/pittore padre Mansueto, che si aggira faranno che confermare e approfondire le fra i ruderi di Noto antica devastata dal prime “aurorali” emozioni. Singolari pertanto terremoto del 1693, la pampinedda raspusa risultano la visione della vita e la poetica ca ìja 'n terra, la vuci angustiusa di ventu e il digiovannee coerentemente speculari nella silenziu granni di quello spettrale cimitero, irrisolta bipolarità di misticismo lirico (di che all'improvviso pare animarsi delle voci ascendenza francescana) e di realismo stesse atterrite di quei morti, e dei gesti documentario (di ascendenza verista), di altrettanto vani degli antichi Siculi e Greci utopismo cristiano e pessimismo fatalistico. (conciapelli, vasai, schiavi, studenti): nun cc'è Tali contraddizioni riflettono la complessa 'na cosa -dicono- ca nun passa nel mondo, fase storica di transizione in cui vive Di …hai a passari macari tu…Penza ca, prima di Giovanni, che è di declino del verismo e del nasciri lu munnu, nasciu lu fini!…ll punto più positivismo e di rinascita di uno spiritualismo basso della parabola discendente dell’in- che, mentre raccoglie l'eredità dell'umani- chiesta sociale e religiosa di Di Giovanni e tarismo romantico e ottocentesco, è della sua delusione storica è siglato dal modernamente materiato dei fermenti romanzo postumo Lu saracinu, edito solo nel politici e sociali innovativi delle diverse 1980, anche perché per volere testamentario correnti cattoliche sviluppatesi in Italia e in dell’autore -come risulta da un foglio Sicilia fra la Rerum novarum di Leone XIII autografo del 1953 della figlia Rosalia che (1891) e la nascita del partito popolare di don parla a nome pure degli altri fratelli- il testo Luigi Sturzo (1919). La lunga fedeltà non doveva essere divulgato prima che dell’autore al "sogno" della città francescana passassero 25 anni dalla cessione del (città della pace e dell'amore fraterno) va manoscritto. Il pessimismo presente nei versi dall'ode socialisteggiante Cristu (1900) che di Voci del feudo (1938), su cui aleggia una denuncia la miseria dei contadini e degli lustrura morta ca tuttu angustìa, si accentua 3 nel romanzo, passato attraverso tre stesure, facci a culuri di rosa… facìanu veniri lu cori...; da un nucleo originario in italiano abbozzato si vidìa, a la facci ca si sintìa cosa e ch'era sembra prima del 1914 fino a quello in cuntenti, cà, finarmenti, si truvava nni lu sò siciliano col nuovo titolo spregiativo ll jardineddu…). Tornato da Palermo nel suo saraceno. Alessio che lo revisionò fino agli paese dopo la soppressione nel 1866 dei anni della II guerra mondiale, lo giudicava una conventi, lascia frati Antuninu nella miseria il cosa forte e potente, e perciò da pubblicare, fratello malarico, la nuora e i nipoti, spoglia i ma nel contempo ne rinviava sempre la morti, fa l'amore da vero fra crapuni con pubblicazione. Il protagonista, Sarvaturi Margherita la Cagnina (l’ex bimbetta, ora Tagghialavuri, agisce, ancora prima di farsi moglie del cenciaiuolo Cagnino e funtana di frate, come un diavulu scatinatu e feu [feudo] quanto ad amanti), tormenta (sarcasticamente) un bonavogghia, crudele e crudelmente con la gelosia una ragazza tisica con faccia imperturbabile di saracinu, nimicu che da morta spoglierà dei gioielli per darli di Diu, anche nel “gioco” con le rondini, cui alla sua amante, intreccia fruttuosi rapporti cava prima gli occhi con un rametto di con la mafia. Dettagliata è l'analisi sociologica carrubo strappandogli dopo le penne, o nel dello scrittore e amara la sua denuncia, in rapporto “amoroso” con la bimbetta di otto nome di un rigoroso e coerente ideale anni Margherita figlia di un ortolano. Per il cristiano, della decadenza degli ordini padre Vastianu, che morirà di malaria, benedettino e francescano già prima Sarvaturi, a differenza dell’operoso fratellino dell'unità d'Italia: Li binidittini su' tutti minore Luzzu, è nato “monaco” (Nascìu principi, baruna, e marchisi, e pensanu sulu a monacu), data la trista nomea dei monaci sfrazziari… li franciscani…su' tutti figghi o di quali soggetti da un braccio longu firrara… o di viddanu… o di mastru d'ascia… o p’aggranfari e l’altro invece corto, avaru, di scarpara… Unn'è cchiù la vera vucazioni ?! nello sganciare anche una sola fava a un Unn'è cchiù la regula di San Franciscu affamato. Tutto l'ambiente descritto nel ?!…L'amurusanza, la carità, la santa paci… romanzo è o squallidamente sordido sul unn'è ca sunnu?!… E sarà ancora peggio dopo piano morale, o tragicamente disperato su il 1866. Il sudiciume, morale e fisico, quello sociale per le immodificabili spere- contrassegna la vita quotidiana anche degli quazioni di classe. La vita del convento, dove altri ex confratelli di frati Antuninu ridottisi a Sarvaturi entra, col nome di frati Antuninu, sopravvivere in tane-bugigattoli, quali l'avaro per sfuggire definitivamente alla miseria del patri Pasquali, o patri Stefanu, o fra Micheli mondo contadino, non ha nello spazio-chiesa che aspira a sposarsi… Sono questi religiosi, il suo punto focale, ma nella cucina e nella ognuno nella propria storia privata, la dispensa, nel rito delle pietanze preparate caricatura grottesca degli ideali conventuali e per i padri di messa e per i novizi, o nella per Di Giovanni il loro più torbido svilimento, processione dei doni che mandano le mogli anche per precise cause storiche. Ma pure dei galantuomini ai frati, i più dei quali sono tutti gli altri personaggi del romanzo poco affidabili anche nell'aspetto fisico: fra appaiono o altrettanto corrotti come Sarafinu ha occhi di vurpi; il nuovo patri l'ubriacone Cagninu (pilusu e niuru), il guardianu striscia comu na serpi; patri Fideli pidocchioso mastru Caloriu, la sensuale ha occhi di lucirtuni…Tutti i frati sono per lo Margherita con quei due occhi unni stavanu più ignoranti, rivaleggiano fra di loro e ammucciati li 'ntantazioni di la carni, il bazzicano con le donne. Quando scoppia il possidente lussurioso don Paulu Bonifaziu, colera nel 1837, privi di carità cristiana, uno dei tanti amanti di Margherita; oppure tranne patri Petru, abbandonano al loro sono poverissimi, uccisi dalla fame, dalla destino i loro devoti. Degni compagni malaria, dalla tubercolosi. Per loro come cosa dunque, nell'angusto orizzonte provinciale e 'nutili non c'è neanche un tocco di campana paesano in cui sono collocati, anche se esso quando muoiono, e vengono ammontic- assurge data la lunga redazione-revisione del chiandosi nella carnara (carnaio) di li poviri.
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