PREMIO RICERCA «CITTÀ DI FIRENZE» – 24 – COLLANA PREMIO RICERCA «CITTÀ DI FIRENZE» Commissione giudicatrice, anno 2012 Luigi Lotti (Presidente) Piero Tani (Segretario) Franco Cambi Michele A. Feo Mario G. Rossi Vincenzo Varano Graziella Vescovini Leonardo Manigrasso CAPITOLI AUTOBIOGRAFICI Poeti che traducono poeti dagli ermetici a Luciano Erba Firenze University Press 2013 Capitoli autobiografici : poeti che traducono poeti dagli ermetici a Luciano Erba / Leonardo Manigrasso . – Firenze : Firenze University Press, 2013. (Premio Ricerca «Città di Firenze» ; 24) http://digital.casalini.it/9788866555025 ISBN 978-88-6655-502-5 (online) Certificazione scientifica delle Opere Tutti i volumi pubblicati sono soggetti ad un processo di referaggio esterno di cui sono responsabili il Consiglio editoriale della FUP e i Consigli scientifici delle singole collane. Le opere pubblicate nel catalogo della FUP sono valutate e approvate dal Consiglio editoriale della casa editrice. Per una de- scrizione più analitica del processo di referaggio si rimanda ai documenti ufficiali pubblicati sul catalogo on-line della casa editrice (www.fupress.com). Consiglio editoriale Firenze University Press G. Nigro (Coordinatore), M.T. Bartoli, M. Boddi, R. Casalbuoni, C. Ciappei, R. Del Punta, A. Dolfi, V. Far- gion, S. Ferrone, M. Garzaniti, P. Guarnieri, A. Mariani, M. Marini, A. Novelli, M. Verga, A. Zorzi. La presente opera è rilasciata nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia (CC BY-NC-ND 3.0 IT: www.creativecommons.by-nc-nd). CC 2013 Firenze University Press Università degli Studi di Firenze Firenze University Press Borgo Albizi, 28, 50122 Firenze, Italy www.fupress.com/ Questo libro è dedicato alla memoria del Maestro Paolomarini Ringraziamenti Il primo ringraziamento, è d’obbligo, va ad Anna Dolfi e Silvio Ramat, per i pre- ziosi consigli e l’attenta supervisione. In seguito desidero ringraziare coloro che hanno seguito il mio lavoro collabo- randovi a vario titolo: Beatrice Fabbrani, soprattutto, e poi Giulio Calamandrei, Ric- cardo Donati, Lorenzo Peri, Francesco Coschino e Riccardo Barontini. Un ringra- ziamento tutto particolare va infine a Vincenzo Man igrasso, Gianna Torrini e Carla Fantechi. Sommario Introduzione 9 Appunti per una storia della traduzione: dall’ermetismo in poi 27 1. Anni Quaranta 27 2. Anni Cinquanta 33 3. Anni Sessanta 37 4. Anni Settanta 41 5. Anni Ottanta 43 6. Anni Novanta e Duemila 46 Beniamino Dal Fabbro, un traduttore alle soglie dell’ermetismo 49 Tradurre due volte la Delfica di Nerval. Parronchi tra Valeri e Risi 69 Tradurre controtempo. Le crépuscule du matin di Baudelaire in Fortini e Parronchi 85 Campionature su Ta chevelure d’oranges di Éluard (Bigongiari e Fortini, Traverso e Zanzotto) 107 Il tradurre consanguineo di Bigongiari. Il caso di Septentrion di Char (e Sereni) 129 Quattro versioni (più una) di La vie antérieure. Luzi, Parronchi, Pagano e Raboni traduttori 149 L’altrove di Michaux. Luzi, Erba e La Cordillera de los Andes 165 Caproni e Risi traducono due poesie di Frénaud: J’ai bâti l’idéale maison e Espagne 183 Luciano Erba o della traduzione scalata. Su Les canaux de Milan di Frénaud (e Caproni) 201 Leonardo Manigrasso, Capitoli autobiografici : poeti che traducono poeti dagli ermetici a Luciano Erba ISBN 978-88-6655-502-5 (online), CC BY-NC-ND 3.0 IT, 2013 Firenze University Press Capitoli autobiografici Appendice 219 1. Regesto delle principali antologie di versioni dei traduttori 219 2. Regesto delle principali raccolte di poesia tradotte dal francese 233 Bibliografia 259 8 Introduzione Si direbbe che nell’ultimo trentennio [1940-1970], le traduzioni di poesia vanno da quelle del tipo che abbiamo chiamato dell’ esercizio spirituale o del capitolo autobiografico (la traduzione esemplare degli anni Trenta: Ungaretti, Montale, Solmi, Quasimodo: ancora oggi vivissima in Luzi, Sereni, Bertolucci, ma anche in Giudici, Caproni, Zanzotto, ecc…) fino a quelle che si sono chiamate “di servizio”, con gradi diversi di intenti dichiarativo-critici. (Franco Fortini1) Nel quadro delle teorie fortiniane, la traduzione come «capitolo autobiografico» identifica l’estremità ‘d’autore’ di quel ventaglio di intenzioni traduttive che dalla versione letterale e didascalica arriva fino alla «creazione di un nuovo testo, che non pretende nessun rapporto con quello di partenza ma ogni rapporto invece con le opere “creative” del traduttore»2; versioni insomma in cui i poeti rivendicano (alme- no come opzione) un diritto di riscrittura che può stanziare il testo fin oltre l’ambigua soglia tra traduzione e rifacimento. Categoria molto elastica, vi si potreb- bero subito ascrivere le traduzioni che non prevedono il testo a fronte, quasi impli- cando una sorta di ‘rimozione del modello’ largamente praticata fra gli ermetici (Dal Fabbro, Traverso, Pagano…), ma recuperata anche in seguito nelle Traduzioni e imi- tazioni di Attilio Bertolucci, nel Quadernetto di traduzioni di Luciano Erba, e altro- ve. Più in generale, e sia pure nel quadro di un possibile ideale di ‘fedeltà’ – purché la si intenda come «fedeltà all’evento complessivo che chiamiamo testo originale e di cui il significato letterale non è che uno degli elementi decisivi» (Raboni3) – ‘capitolo autobiografico’ è una formula che si presta a definire quell’operazione che, secondo Caproni, implica «un allargamento nel campo della propria esperienza e della pro- 1 F. Fortini, Traduzione e rifacimento, in Id., Saggi ed epigrammi, a cura e con un saggio introduttivo di L. Lenzini e con uno scritto di R. Rossanda, Milano, Mondadori, 2003, p. 828. 2 Ivi, p. 827. 3 G. Raboni, Prefazione a C. Baudelaire, I fiori del male e altre poesie, traduzione di G. Raboni, Torino, Einaudi, 1999, p. IX. Leonardo Manigrasso, Capitoli autobiografici : poeti che traducono poeti dagli ermetici a Luciano Erba ISBN 978-88-6655-502-5 (online), CC BY-NC-ND 3.0 IT, 2013 Firenze University Press Capitoli autobiografici. PoetiCapitoli che traducono autobiografici poeti dagli ermetici a Luciano Erba pria coscienza, del proprio esistere o essere, più che del conoscere»4. La traduzione d’autore insomma – in modo flagrante nei casi in cui la selezione del testo derivi da una scelta privata, solo soggiacente forse quando si tratti di corrispondere a un invito editoriale –, si dà come momento saldamente interconnesso con l’opera ‘originale’ del poeta, radicata nei suoi materiali lessicali, nel suo immaginario, nelle sue compe- tenze stilistiche; in tal senso infatti la pratica del tradurre esige un serrato impegno d’interpretazione, la ricerca di una coerenza tonale mediante un piano di «infedeltà programmate» (Raboni5), l’evocazione di un diverso sistema di relazioni sincroniche con la realtà extratestuale6 e con le istituzioni formali della cultura riceven te. Il tra- durre allora non può darsi che come decentramento, scarto, anamorfismo, inven- zione condizionata, già che «nessuna traduzione può essere assolutamente fedele, e qualsiasi atto di traduzione va a toccare il senso del testo tradotto» (Genette7); ed è in questi interstizi che quella che approssimativamente può essere definita la poetica del traduttore interviene ad orientare i processi di versione, e ad esserne orientata. Alla luce di queste considerazioni, è ora possibile giustificare la scelta del titolo: è opportuno precisare infatti che con ‘capitoli autobiografici’ non si intende sposare una possibile definizione generale dell’atto del tradurre d’autore, ché in un campo tassonomico così complesso costituirebbe senza dubbio una formula sommaria ed incompleta; l’obiettivo è piuttosto quello di dichiarare un modo di leggere questo corpus di testi, adottando una prospettiva da storico della poesia, per così dire, piut- tosto che da traduttologo in senso tecnico. Non, dunque, il tradurre come fenomeno in sé è al centro di questo libro, ma come declinazione privilegiata dell’attività di poeti di spicco del ventesimo secolo. 4 G. Caproni, Divagazioni sul tradurre, in Id., La scatola nera, Milano, Garzanti, 1996, p. 62. 5 G. Raboni, Giovanni Raboni (ovvero tradurre per amore), in A. Dolfi (a cura di), Traduzione e poesia nell'Europa del Novecento, Roma, Bulzoni, 2004, p. 627. 6 Sull’argomento, cioè sui problematici rapporti che si instaurano tra il testo tradotto e il nuovo con testo di referenza, si veda ad esempio A. Zanzotto, Europa, melograno di lingue, Venezia, Società Dante Ali- ghieri – Università degli studi di Venezia, 1995, poi in Id., Le poesie e prose scelte, a cura di S. Dal Bianco e G. M. Villalta, con due saggi di S. Agosti e F. Bandini, Milano, Mondadori, 1999, p. 1361: «Non ho cita- to a caso il mondo nipponico, in cui giocano con evidenza tutte le questioni dell’extratesto, cioè del tipo di cultura che è in gioco, i riferimenti impliciti, l’accorgersi di tutto quello che non è detto ma sol o ac- cennato: ad esempio il fatto che la nebbia venga sentita dai giapponesi come un respiro della Natura, mentre noi la sentiamo come un chiudersi, un velarsi della Natura stessa, oppure che essi celebrino in primavera il culto dei morti anziché in autunno, già dà luogo a tutta una serie di fratture difficilmente valicabili, specie nelle valutazioni di un fluido campo di elementi poetici. Non parliamo poi della que- stione degli ideogrammi, perché allora tutti i miti che riguardano la nostra “poesia visiva”, che sono stati coltivati e che anch’io ho spesso cercato di tener presenti, si sfasciano di fronte alla violenza di questi dati assolutamente sghembi». 7 G. Genette,
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