Quaderni Musicali Marchigiani 11 / 2004

Quaderni Musicali Marchigiani 11 / 2004

QUADERNI MUSICALI MARCHIGIANI 11 / 2004 a cura di Riccardo Graciotti Questa pubblicazione è stata realizzata con il contributo del MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI (L. 534/1996) ASSOCIAZIONE MARCHIGIANA PER LA RICERCA E VALORIZZAZIONE DELLE FONTI MUSICALI (A.Ri.M.-onlus) piazza del Plebiscito, 33 – 60121 Ancona tel. 071/52674; 3288095096 www.arimonlus.it e-mail: [email protected] QUADERNI MUSICALI MARCHIGIANI Comitato di redazione Concetta Assenza, Graziano Ballerini, Lucia Fava, Gabriele Moroni Quota associativa annuale / 1 numero: Euro 20, da versare sul c/c postale n. 11899630 ASSOCIAZIONE MARCHIGIANA PER LA RICERCA E VALORIZZAZIONE DELLE FONTI MUSICALI (A.Ri.M.-onlus) QUADERNI MUSICALI MARCHIGIANI Volume 11 a cura di Riccardo Graciotti In copertina: la stampa raffigura probabilmente Giuditta Pasta nel ruolo di Romeo nell’inter- pretazione di Giulietta e Romeo di N. A. Zingarelli; riproduzione fotografica conservata presso la Biblioteca Comunale “Filelfica” di Tolentino. La redazione del volume è stata chiusa il 14 febbraio 2007 ISBN 978-88-392-0806-4 Copyright © 2007 by A.Ri.M.-onlus Edizioni QuattroVenti Snc, Cas. Post. 156, Urbino www.edizioniquattroventi.it [email protected] Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo, riservati per tutti i Paesi. Sommario Fabio Vittorini Il sorriso degli angeli: Romeo and Juliet all’opera (Vaccai, Bellini) 7 Cristiano Marchegiani I teatri neoclassici e il rebus dell’acustica. Riflessi nelle Marche di esperienze europee (con un estratto dal trattato di Chladni, e qualche nota di attualità) 23 Marco Salvarani La musica nei periodici artistico-letterari anconitani tra Otto e Nove- cento: Rassegna marchigiana per le arti figurative, le bellezze naturali, la musica (1922-1934) 69 Paola Ciarlantini Il fondo musicale del progetto “Riscoperta della civiltà musicale mar- chigiana” presso la Biblioteca Comunale Planettiana di Jesi 111 Recensioni Libri: ANNA RITA ROSSI, P. Pier Battista da Falconara O.F.M. un sa- cerdote musicista, Falconara, Comune di Falconara Marittima, 2003; P. Pier Battista da Falconara O.F.M., Le Dodici Sonate per organo, a cura di Gian Vito Tannoia, Falconara, Comune di Falconara Marittima, 2003; P. PIER BATTISTA DA FALCONARA O.F.M., Le Dodici Sonate per organo (Gabriele Moroni); GIANCARLO PECCI, Elisa Petri. Una cantante fabrianese ‘intellettuale’, Centro Studi Don Giuseppe Riganelli, Fabria- no 2004 (Paola Ciarlantini); PAOLO PAOLONI, Musica e musicisti nella Basilica di San Nicola a Tolentino. I (secoli XIV-XVIII), Firenze, Edi- zioni Nerbini, 2005 (Paolo Peretti); Il clavicembalo nella musica con- temporanea italiana – Catalogo e ricerca, a cura di Diadorim Saviola e Maria Pia Jacoboni. Associazione Clavicembalistica Bolognese, II se- rie, n.3, ed. Bardi, Roma-Bologna, 2005 (Maria Luisa Baldassarri); GIORDANO MASTROCOLA, Il primo libro de madrigali a cinque voci di Geronimo Vespa da Napoli (Venezia 1570), Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2005 (Riccardo Graciotti). 121 Indici dei nomi e dei luoghi 133 Libri ricevuti 139 Statuto dell’A.Ri.M. – O.N.L.U.S. 141 Pubblicazioni A.Ri.M. 149 5 Il sorriso degli angeli Romeo and Juliet all’opera (Vaccai, Bellini) di Fabio Vittorini ... assister au spectacle de cet amour prompt comme le pensée, brûlant comme la lave, impérieux, irrésistible, immense, et pur et beau comme le sourire des anges, à ces scènes furieuses de ven- geance, à ces étreintes éperdues, à ces luttes désespérées de l’a- mour et de la mort, c’était trop. H. Berlioz, Mémoires I. Genealogie Nelle scene che precedono l’epilogo di Romeo and Juliet – dice France- sco De Sanctis – Shakespeare si è sforzato di mantenere «inalterata la fisio- nomia» 1 dei due protagonisti, mostrandoceli ancora una volta «inesperti del- le cose del mondo, non indurati nella lotta tra la passione e il dovere», 2 «troppo giovani da pensare alla sventura, troppo sani da consumarsi nelle commozioni». Dal momento che la loro passione è «violenta, ma non pro- fonda», 3 Shakespeare sceneggia il finale in modo che Giulietta non si svegli se non quando Romeo è già morto: così l’orrendo, lo strazio è tenuto lontano dall’animo, che è preso da più dolce sentimento di dolore; e Giulietta si effonde in lamenti, si uccide non già sull’amante agonizzante, ma sul corpo di lui insensibile. 4 Confutando dall’interno le accuse mosse da Voltaire al teatro shakespea- reano, De Sanctis dimostra che l’«orrore» che si sarebbe prodotto se Giu- lietta avesse assistito all’agonia di Romeo viene evitato a vantaggio di un più opportuno «terrore», che «il tragico e il meraviglioso» vengono preser- vati dall’irruzione del «disgustoso» e dell’«incredibile»: 5 il breve intervallo di tempo che separa le due morti, assecondando liberamente le prescrizioni aristoteliche, consente di suscitare nell’animo dello spettatore solo «il piace- re (hedone) che si dà grazie all’imitazione (mimesis) da pietà (eleos) e paura (phobos)», 6 facendo in modo che «quel che muove pietà e paura si 1 Francesco DE SANCTIS, Lezioni sullo Shakespeare (1846-47), in La fortuna di Shake- speare, II, a cura di Gabriele BALDINI, Milano, Il Saggiatore, 1965, p. 336. 2 Ivi, p. 332. 3 Ivi, p. 333. 4 Ivi, p. 337. 5 VOLTAIRE [François Marie AROUET], Oeuvres complètes, I, Paris, Imprimerie de la So- ciété Litteraire et Typographique, 1785, p. 305. 6 ARISTOTELE, Poetica, a cura di Daniele LANZA, Milano, Rizzoli, 1994, p. 162 (53b 12-14). 7 Il sorriso degli angeli Romeo and Juliet all’opera (Vaccai, Bellini) produca» per effetto della stessa «composizione dei fatti», piuttosto che non «per effetto della vista (opsis)». 7 Nel suo adattamento del Romeo and Juliet (Theatre-Royal in Drury Lane, 29 novembre 1748) David Garrick, modificando il finale originario allo scopo di accrescere la parte del protagonista da lui interpretata, mostra di averne fraintesa la «bellezza»: non l’intese quell’attore inglese, appunto perché s’industriò di accrescere strazio e terrore; e a tal fine sospende nel sotterraneo una lampada e dipinge il cimitero in tutto quel che ha di lugubre, e fa cadere Romeo nel punto in cui Giulietta lo ricono- sce, e fa assistere a tutta l’agonia e ai contorcimenti di un uomo avvelenato, e mette in bocca a Romeo imprecazioni contro i suoi genitori e la sua famiglia, e, infine, fa che Giulietta, sola, pianga la sua sventura, si lasci confortare dal frate, che è cagio- ne di tutta quella disgrazia, e misuri i colpi nel trafiggersi. 8 Il terrore, sottoposto a un verboso processo di enfatizzazione drammatica e lirica, degenera in orrore, il dolore cede allo strazio, la compassione al disgusto. Ogni cautela messa in opera da Shakespeare per salvaguardare l’e- quilibrio di un apparato tragico già provvisto dei suoi eccessi calcolati viene neutralizzata: fine ultimo ed esclusivo della rappresentazione è il pathos, al quale Garrick, assecondando senza riserve il sentimentalismo esteriore in voga nel teatro tardosettecentesco, ritiene di poter pervenire attraverso la pura forza sensibile degli affetti e la più accesa descrizione della sofferenza, dimenticando che quest’ultima non può mai costituire in sé il fine ultimo della rap- presentazione artistica e neppure la fonte diretta di quel piacere che avvertiamo nel tragico. 9 La questione del finale, in realtà, proviene dalle fonti stesse del testo shakespeareano. I capostipiti italiani del suo aggrovigliatissimo albero ge- nealogico – la novella di Luigi Da Porto (Istoria novellamente ritrovata di due nobili amanti con la loro pietosa morte, 1531), il poemetto di Gherardo Boldieri (L’infelice amore di due fedelissimi amanti Giulia e Romeo, 1553) e la novella di Matteo Bandello, (La sfortunata morte di dui infelicissimi amanti che l’uno di veleno l’altro di dolore morirono, 1554) – si concludo- no allo stesso modo: venuto a conoscenza della morte di Giulietta, Romeo torna segretamente a Verona ed entra nella tomba dei Capelletti; grida il suo dolore, si avvelena e si getta sul corpo dell’amata baciandola; Giulietta, ri- svegliandosi, si sente stretta tra le braccia di qualcuno e, riconosciuto Ro- meo, ricambia i suoi baci; Romeo le rivela la morte imminente, i due si sussurrano parole tenere e disperate; Romeo muore; sopraggiunge frate Lo- renzo e tenta di consolare Giulietta, che invece muore subito dopo di una morte bizzarra («diliberando di più non vivere, raccolto assé il fiato e al- 7 Ivi, p. 160 (53b 1-3). 8 F. DE SANCTIS, op. cit., p. 337. 9 Friedrich SCHILLER, Del sublime. Sul patetico. Sul sublime, Milano, SE, 1997, p. 43. 8 Fabio Vittorini quanto tenutolo, e poscia con un gran grido fuori mandandolo, sopra ‘l mor- to corpo morta si rese»). 10 Nel 1559 Pierre Boiastuau pubblica XVIII Histoires tragiques extraictes des oeuvres italiennes de Bandel: la terza ‘storia’ (De deux amans, dont l’un mourut de venin, l’autre de tristesse) si rifà alla novella di Romeo e Giulietta, amplificandone i dialoghi amorosi in chiave intellettualistica, svi- luppando le figure della balia e dello speziale e modificando il finale (Ro- meo muore prima che Giulietta si svegli). Prima di essere tradotta in inglese da William Painter nel suo Palace of Pleasure (1566-67), la versione di Boiastuau, ispira il poemetto di Arthur Brooke The Tragical Historye of Ro- meus and Juliet (1562), che è la sola fonte consultata direttamente da Sha- kespeare nella stesura della sua tragedia (il cui finale è dunque una fedele riproduzione di quello che Brooke ha importato da Boiastuau). Ricordiamo infine che qualche decennio più tardi il nipote di Boldieri, Girolamo Della Corte, includerà nelle sue cronache veronesi (Dell’istorie della città di Vero- na, 1592-94) l’ormai famosissima storia di Giulietta e Romeo (Caso occor- so in Verona con la morte di due infelicissimi amanti), proponendo un finale in cui Giulietta rinviene dopo la morte di Romeo e muore a sua volta. Composto tra il 1595 e il 1596, contemporaneamente al Richard II e al Midsummer Night’s Dream, 11 Romeo and Juliet di Shakespeare conta nel corso dei secoli numerosissimi rifacimenti.

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