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VENETICA Rivista degli Istituti per la storia della Resistenza di Belluno, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza 23/2011, a. XXV VENETICA rivista degli Istituti per la storia della Resistenza di Belluno, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza Direttore Mario Isnenghi Direttore responsabile Ferruccio Vendramini Segreteria di redazione Alfiero Boschiero, Renato Camurri, Alessandro Casellato (coord.), Eva Cecchinato, Daniele Ceschin, Maria Cristina Cristante, Marco Fincardi, Giovanni Favero Consulenti scientifici Ilvo Diamanti, Emilio Franzina, Silvio Lanaro, Luisa Mangoni, Rolf Petri, Gianni Riccamboni, Giorgio Roverato, Livio Vanzetto Registrazione n. 814 Tribunale di Padova del 16 marzo 1984 In copertina: Omaggio ai caduti della Grande Guerra nel dodicesimo anniversario della Marcia su Roma (Biblioteca comunale di Treviso). © Copyright 2011 Cierre edizioni Progetto grafico: fuoriMargine, Verona Stampa: Cierre Grafica Abbonamenti L’abbonamento per i due numeri annuali della rivista è di euro 28,00. L’importo va versato sul ccp. n. 11080371 intestato a Cierre edizioni, via Ciro Ferrari 5, Caselle di Sommacampagna (VR) con causale: Abbonamento “Venetica”. Questo numero è stato realizzato grazie al contributo delle Camere del Lavoro territoriali del Veneto, della CGIL e dello SPI regionali fascismi locali a cura di Renato Camurri Rettifica Nel saggio di Anna Clelia Guidotto 1971: ceramisti di Nove in lotta, apparso sul numero di «Venetica» Rivoluzioni di paese. Gli anni settanta in piccola scala (n. 1/2010, a cura di A. Boschiero, G. Favero e G. Zazzara), a pagina 132 è riportata l’opinione personale di un testimone degli eventi circa le ragioni politiche che avrebbero causato le dimissioni del- l’allora sindaco di Nove, Vito Dalla Gassa. Quest’ultimo, tramite una lettera del suo lega- le avv. Nereo Merlo, ha sostenuto che «non corrisponde al vero che il sig. Vito Dalla Gassa fosse “legato all’Associazione artigiani”, “tartassato dal sindacato perché lo accusavano di esserne parte” e, infine, che tali circostanze, unitamente allo sciopero di allora, ne abbiano “comportato le dimissioni” da sindaco». Ha dichiarato altresì di non avere «mai avuto alcun legame con l’Associazione Artigiani, essendo peraltro sempre stato iscritto al Sindacato della CISL; le dimissioni da sindaco sono state date esclusivamente per motivi di salute, come si può evincere dalla copia di delibera n. 45 del 1971 del Consiglio Comu- nale di Nove e dalla lettera datata 31 maggio 1971 del Movimento Giovanile DC di Nove». Con la presente rettifica si assolve a quanto richiesto dal sig. Vito Dalla Gassa. La redazione di «Venetica» Indice 7 Renato Camurri Introduzione. Le periferie del fascismo: note di lettura 15 Alessandro Baù Amministrare la provincia. Lo Stato, il Partito nazionale fascista e la società padovana (1929-1938) 43 Carlo Monaco Partito, Stato e capitale a Belluno (1922-1939). Appunti di ricerca 71 Valentino Zaghi “Di crisi in crisi”: il Partito nazionale fascista in Polesine 93 Francesco Clari Élites locali, Partito e Stato a Verona (1928-1943) appendice 125 Alessandro Baù, Antonio Marco Furio, Carlo Monaco Il Veneto nel rapporto di Mussolini ai segretari federali (1930) 179 Carlo Monaco Il fascismo nel Veneto. Riferimenti bibliografici 1991-2010( ) 199 Abstract 203 I collaboratori di questo numero Introduzione Le periferie del fascismo: note di lettura di Renato Camurri Il tema dell’organizzazione e del funzionamento del regime fascista a livello periferico venne per la prima volta affrontato agli inizi degli anni ’70 per merito di Ernesto Ragionieri1, alle cui indicazioni, di metodo e di sostanza, si ricollega- no alcuni lavori apparsi negli anni successivi. Tra di essi merita di essere ricor- dato il volume di Marco Palla2, tra i primi apparsi sul tema che, non a caso, dello storico fiorentino fu uno degli ultimi allievi. Di quella stagione di studi è recentemente stato tracciato un ampio e aggior- nato resoconto al quale rinviamo3. Ripercorrendone a distanza di anni le tappe colpisce la centralità che in quel filone di studi venne, sin da subito, ad occupare la questione del Partito Nazionale Fascista. A questo proposito Emilio Gentile individuò con la consueta lucidità le ragioni della prevalenza di questo approc- cio. Lo storico romano scrisse che i contributi apparsi in quella fase erano figli delle prime interpretazioni sul ruolo del partito fascista che si erano consolidate a partire dagli anni ’604. Gentile fissò la paternità di questa linea storiografica in tre lavori a suo modo di vedere fondamentali: il libro di Alberto Aquarone5, un articolo di Renzo De Felice6 precedente all’apertura del grande cantiere dedicato alla biografia mussoliniana e la monografia di Adrian Lyttelton7. Pur con sfumature diverse, le tre opere avevano in comune una lettura “ri- duttivista” del ruolo del PNF. Per Gentile, Aquarone aveva finito per avvalorare l’ipotesi esposta da De Felice qualche anno prima circa la liquidazione del par- tito fascista dopo la segreteria Farinacci. Sullo stesso piano egli metteva anche il volume di Lyttelton di cui elogiava, da un punto di vista sia sociologico che politico, la parte dedicata all’analisi del fenomeno dello squadrismo e del rassi- smo. Tuttavia, pur partendo da un punto di vista diverso e pur fermandosi la sua analisi al 1929, secondo Gentile anche lo storico inglese finiva per sposare la tesi 8 | Renato Camurri VENETICA 23/2011 del prematuro declino del partito mussoliniano. In sostanza questi lavori avreb- bero per molto tempo condizionato gli studi sul PNF, finendo per far prevalere un’interpretazione tendente a sminuire il peso del partito nelle vicende interne al regime mussoliniano. È difficile dar torto alle valutazioni espresse da quello che oggi è considerato il maggior storico italiano del fascismo. La produzione scientifica pubblicata a partire dagli anni ’70 appariva, in effetti, in gran parte condizionata dalla citata teoria del “fallimento”8. Circa questo “vizio” d’origine, è necessario ribadire due concetti. Per il pri- mo facciamo ricorso al Palla del citato lavoro del 1978, nel quale lo storico fio- rentino evidenziava come avanzando nell’analisi oltre la metà degli anni Venti – limite sul quale si erano invece arrestate gran parte delle prime ricerche pub- blicate – emergeva chiaramente la percezione di un partito sempre più incapace di esercitare un ruolo di forte direzione politica. Nello stesso tempo, però, Palla sottolineava che esso (il partito): conservava a livello periferico un’elasticità ed una presa sulla società che ne facevano uno strumento importante di coordinamento della vita politica locale, essenziale al funzionamento in periferia, di uno Stato e di una dittatura che appunto nelle varie situazioni locali sembravano molto meno totalitari e monolitici9. Gentile, dal canto suo, era ancora più esplicito nel sottolineare il nesso par- tito-dittatura10 e infatti ad esso si collegava affermando che: Nell’esaminare il ruolo del partito fascista nella società italiana, è necessario partire dalla constatazione che la rete organizzativa del partito, estesa su tutto il territorio nazionale con crescente capillarità, costituiva un fenomeno del tutto nuovo nella storia della società italiana11. E siamo così giunti al secondo punto che si voleva toccare, mettendo in evi- denza quanto sia importante non dimenticare (o sottovalutare) il contesto nel quale si colloca la storia e l’evoluzione del PNF. Spesso – e in parte gli stessi contributi qui ospitati non sono immuni da queste critiche – nel raccontare di beghe, di contrasti tra i ras locali, di lotte tra correnti interne, di scandali e di clientele, lo storico si dimentica di segnalare che siamo in presenza del primo tentativo compiuto su larga scala, secondo rigidi ordinamenti e con un ingente VENETICA 23/2011 Le periferie del fascismo: note di lettura | 9 impiego di risorse e di apparati, di imporre alla società italiana un’identità col- lettiva e la nazionalizzazione delle masse. È opportuno, di conseguenza, evitare di eccedere in descrizioni caricaturali e parlare del PNF come di una sorta di armata Brancaleone e non perdere mai di vista il quadro generale entro il quale si svolgono determinati processi su scala locale. Così come è utile leggere e interpretare le trasformazioni che il partito stesso subisce nel corso della sua storia, non sempre frutto di semplici improv- visazioni e maldestri tentativi di aggiustare una macchina che spesso sbandava e finiva fuori carreggiata. In particolare per gli anni ’30 andrebbero raccolte e svi- luppate alcune indicazioni di lavoro avanzate anni or sono da Niccolò Zapponi, che invitava gli storici a guardare con maggiore attenzione al lavoro di Starace, «il nostro medagliere» come usava chiamarlo Mussolini – e all’operazione da esso avviata di “infiltrazione” nelle strutture dello Stato12. Il modello di partito-piovra staraciano pone dunque una serie di problemi nuovi agli storici che vogliano entrare nel cuore della politica fascista nel senso proposto da Salvatore Lupo13. Ovvero, se il PNF costituiva un punto di osser- vazione importante per capire le dinamiche interne al fascismo, l’evoluzione che esso conosce negli anni ’30 richiede strumenti analitici diversi e richiede, altresì, di allargare la griglia delle questioni da affrontare. Proviamo ad elen- carle schematicamente: sicuramente occorre analizzare, ad esempio, la que- stione dei rapporti tra Mussolini e il partito a livello centrale e periferico, ma è altrettanto importante indagare il rapporto tra il partito e le diverse istituzioni dello

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