Leggi, Scrivi E Condividi Le Tue 10 Righe Dai Libri

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leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it Gemma Townley Le piccole bugie del cuore Traduzione di Laura Melosi Ai miei genitori, con amore. Titolo originale: Little White Lies Copyright © 2005 by Gemma Townley All rights reserved Questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistiti è puramente casuale. http://narrativa.giunti.it © 2014 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 – 50139 Firenze – Italia Via Borgogna 5 – 20122 Milano – Italia Prima edizione: marzo 2014 Ristampa Anno 6 5 4 3 2 1 0 2018 2017 2016 2015 2014 1 Vorrei farvi una domanda. Una domanda teorica, abbiate pa- zienza. Aprireste mai la posta di un’altra persona? No? Certo che no, lo sapevo. Okay, supponiamo però che sia una lettera molto speciale. Una lettera dall’aria intrigante dentro una busta di carta color crema con l’indirizzo scritto a mano e nessun mittente sopra. E supponiamo che la lettera sia arrivata a voi. Per una specie di errore. E che voi non abbiate proprio modo di inoltrarla alla destinataria. Ancora nessuna tentazione? Perfetto. Be’, diciamo anche che la persona a cui la lettera è indirizzata è socia di uno dei club più esclusivi di Londra e ha una vita sociale fantastica. Voi invece siete molto annoiate perché vi siete appena trasferite in una nuova città e la vostra vita sociale non è esattamente spumeggiante. E supponete di dover vedere quella lettera un giorno dopo l’altro, appoggiata sulla mensola del vostro camino. Immaginate, se volete, che a casa vostra continuino ad ar- rivare decine di lettere indirizzate a questa persona e che voi decidiate di mettergliele da parte, anche se è poco probabile che venga mai a richiedervele. E diciamo anche che la vera destinataria delle lettere ha la- 5 sciato l’appartamento in cui vivete da oltre un mese e riceve comunque più telefonate di voi. Ancora nessuna tentazione? Neanche minima? No? No, certo che no. Nemmeno io. Buuum, buuum. Ah, ah, già. Il soffitto vibra tutto, il che significa che Alistair, il tizio che vive sopra di me, sta dando un’altra festa. È un’ora che cerco di leggere La fiera della vanità – il libro preferito di mia ma- dre – ma tutte le volte che arrivo alla fine di un paragrafo mi rendo conto di non aver capito niente e devo tornare indietro e ricominciare da capo. Ed è un peccato perché è un libro fanta- stico e voglio sapere cosa succederà. Finora la scaltra e perfida arrampicatrice sociale Becky Sharp manipola tutti quelli che ha attorno, e ogni cosa sembra incentrata sui soldi e la virtù: più un personaggio ne possiede, meglio sta, anche se i soldi senza la virtù sono preferibili alla virtù senza i soldi. È affascinante, ma non posso fare a meno di pensare che ho una bella fortuna a vivere in un’epoca più illuminata. Provo di nuovo a leggere, ma è inutile: Becky Sharp non rie- sce a catturare la mia attenzione visto che in testa mi rimbomba un ritmo hip-hop. Forse è meglio passare a una rivista. Cercando di ignorare la musica a tutto volume e le risate che arrivano dall’appartamento di sopra, prendo una copia di Elle e mi imbatto in un articolo sullo space clearing. “Svuota il guardaroba e sarai un’altra persona!” suggerisce. Questa sì che è un’idea. Sarebbe un modo costruttivo di passare un’oretta. Anche se non era proprio così che mi sarei aspettata di tra- scorrere il sabato sera a Londra quando ho deciso di trasfe- rirmi qui. In preda all’euforia, ho dato le dimissioni il mese scorso dicendo al mio capo che mi sarei stabilita in città e che 6 lui non poteva fare niente per convincermi a cambiare idea. È stato bellissimo entrare nel suo ufficio con un sorrisetto che mi spuntava sulle labbra. Mi aspettavo quasi una standing ovation e una colonna sonora in sottofondo, o magari che saltasse fuori Richard Gere e mi portasse via travolgendomi di baci. Sapete, non sono il tipo che pianta baracca e burattini così, su due piedi. Sono sempre stata una brava ragazza, semplice e prevedibile. Nessuno se lo aspettava – e io meno che mai. Ma la vita ha un modo strano di buttare tutto all’aria, no? Le cose non andavano benissimo a Bath, dove lavoravo e vivevo con il mio fidanzato, e quando ho accennato a mia madre che pensavo di trasferirmi a Londra, lei era così contenta che non ho più potuto tirarmi indietro. Anche se ero impaurita da morire. Ma come dice mia madre, la vita è una sola, per cui devi afferrare al volo ogni occasione. Anche se questo ha significato lasciare gli amici, la famiglia, il lavoro… E poi mia madre ci teneva tantissimo, un tentativo dovevo pur farlo. Fin da quando era bambina sognava di trasferirsi a Londra e vivere “nell’alta società”, per dirla con parole sue. Ma non l’ha mai fatto: si è sposata, ha avuto dei figli e in un battibaleno si è lasciata sfug- gire l’occasione. E dato che papà detesta stare lontano dai prati verdi, alla mamma non capita neanche molto spesso di visitare Londra. Capisco mio padre, però: le grandi città possono essere luoghi spaventosi. Comunque il fatto è che adesso a Londra ci vivo io. E non posso stare qui seduta ad ascoltare musica che arriva da una festa a cui non sono stata invitata. Devo fare qualcosa. Mia madre sarebbe così delusa se sapesse che ho passato un mese intero chiusa in casa ogni sera. Devo almeno provarci, e farle assaporare un pizzico di vita londinese. È stato bello abbandonare l’impiego alla Shannon, l’agenzia 7 pubblicitaria dove lavoravo, sapendo che non avrei più passato il venerdì sera al pub a spettegolare sul nuovo direttore, che chiamava tutti “dolcezza” con quel suo tono di voce estrema- mente irritante e condiscendente. Che non avrei più dovuto indossare la minigonna tutte le volte che avevamo una pre- sentazione. Che non avrei più avuto bisogno di domandar- mi se un insoddisfacente lavoro a Bath fosse il massimo a cui potevo aspirare. No, stavo prendendo in mano le redini della mia vita. Stavo lasciando la campagna del Somerset con la sua atmosfera super rilassata ma in realtà piuttosto meschina. Ed ero al settimo cielo. Forse avrei dovuto sistemare qualche dettaglio pratico in più prima di trasferirmi, ma mi sono fatta trascinare un po’ dall’en- tusiasmo e dall’idea romantica di arrivare in una grande città con una valigia sola. Ero l’eroina della mia piccola storia. Non volevo accontentarmi e accettare la triste realtà. E avevo inten- zione di dimostrare a mia madre che potevo farcela – sono la sua unica figlia, per cui sta a me renderla orgogliosa. Certo, bisogna dire che non ho un gran lavoro al momento – sempre meglio di niente, anche se non è quello che mi aspettavo. Lavorare in un negozio però non è male. E ho comprato anche il Guardian per cercare occasioni di lavoro nel campo della pubblicità. O almeno ne avevo intenzione. Devo solo risolvere il problema della vocina dentro di me che continua a ricordarmi che in realtà non mi è mai interessato molto lavorare nella pubblicità. Mi concentro sull’articolo. A quanto pare gli armadi sono una finestra sull’anima. Se la vostra anima non è come nuova, scrive l’autore, come potete aspettarvi che lo sia la vostra vita? Mmm. Spero non sia vero. Il mio guardaroba è in condizioni tremende. È piccolo, angusto e pieno di orribili grucce di filo di ferro. 8 Andando in bagno, mi passa per la testa che buttare via tutto e cominciare da capo non sarebbe una cattiva idea. Potrei davve- ro svuotare la casa: nuova vita, nuovo guardaroba. E dopo aver riorganizzato tutto, magari anche la mia esistenza comincerà ad andare nel verso giusto. Anche se… fisso il guardaroba domandandomi da dove cominciare. Dopo tutto non è esattamente un’ideona. Non ho soldi per dei vestiti nuovi, e che senso ha buttare via tutto se non puoi andare subito a fare shopping per comprare meravigliosi abiti che miracolosamente riducono il girovita e fanno sembrare le gambe più lunghe? Dopo qualche secondo di esitazione torno sul divano. Non è una cosa urgente, e poi adesso non è il momento migliore per passare in rassegna il mio armadio. È sabato sera, per l’amor del cielo. Dovrei fare qualcosa di divertente. Buuum buuum, ah ah ah, ah ah ah, sì, yeah. Mollo la rivista. La musica è esageratamente alta e non c’è modo di concentrarsi. Magari dovrei cucinare. Potrei provare una nuova ricetta o qualcosa del genere – dico sempre che non ho tempo per cucinare come si deve, e adesso è l’occasione giusta. Detto questo, la mia cucina non è certo il posto più adatto per cucinare. La chiamo cucina, ma in realtà si tratta di un pic- colo spazio attaccato al salotto, dotato di lavandino, frigorifero e fornelli. Poi c’è un tavolo a cavallo fra i due ambienti e… be’, è tutto qui in effetti. Non c’è posto per una credenza, e ho dovuto sistemare le scatole di cereali sugli scaffali della libreria perché non c’era altro spazio dove metterle. È così che succede a Londra. Vedi l’annuncio di un apparta- mento nella vetrina di un’agenzia immobiliare (“Appartamento 9 alla moda in Ladbroke Grove, una camera da letto, perfetto per le feste”), e credi di aver trovato una casa tipo quella di Monica in Friends. E poi vai a vederlo e il “perfetto per le feste” in real- tà si traduce in “la cucina è nel salotto, per cui è tutto molto a portata di mano”.

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