2004 Parte 2 Pp. 328-655

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La Lazzari non fu l'unica artista con la quale lo studio Lapa­ niche ed estetiche che oggi sarebbero improponibili oltre che dula ebbe un'intensa collaborazione nell'esecuzione di arredi. estremamente costose. I tempi, come d'altra parte anche le ri­ La sistemazione di negozi e locali pubblici è una vicenda vasta sorse economiche, erano limitati: il completamento dei lavori di I , ma nel complesso poco esplorata che la connotazione di «arte un bar non superava mai i due mesi. Situazioni particolari ren­ minore» ha condannato all'indifferenza della critica, all' igno­ devano quasi obbligatorio il ricorso agli artisti. I materiali pre­ ranza degli amministratori e poi alla distruzione. A Roma, prima giati erano cari o, più semplicemente, introvabili (soprattutto nel dell'ultima Guerra e nel secondo Dopoguerra (soprattutto nel pe­ primo periodo) e, di conseguenza, si affidava facilmente il trat­ riodo 1947-1951 anche se vi sono esempi fino ai primi anni '60), tamento di superfici o la realizzazione di altri elementi dell'arre­ vennero realizzati od ammodernati centinaia di caffè, negozi, ri­ do ad artisti. Afro Basaldella, Pericle Fazzini, Eugenio Fegarot­ storanti e cinematografi. In molti casi si ebbe una singolare e sti­ ti, Bice Lazzari, Leoncillo Leonardi, Sebastiano Matta, Amerigo molante collaborazione tra architetti, scultori e pittori. Varie so­ Tot, Angelo Savelli e molti altri collaborarono con lo studio La­ no le matrici di un'esperienza, rimasta pressoché unica nella sto­ padula. Gli artisti, non ancora noti o già affermati, erano dispo­ ria dell'Arte moderna e contemporanea, tra queste non può es­ sti, per compensi relativamente modesti (certamente inferiori al sere trascurata la comune formazione dei protagonisti avvenuta costo della «boiserie» di noce o della tappezzeria in damasco di seta), a realizzare affreschi, oli, mosaici, stucchi, graffiti, vetri nei licei artistici e nelle accademie di belle arti. In questa attivi­ tà si impegnarono architetti sia giovani che già affermati (oltre incisi, ceramiche, bronzi e sbalzi. Inoltre, fatto non tr~urabile ad Ernesto ed Attilio, Andrea Busiri-Vici, Enrico Del Debbio, nell'organizzazione del cantiere, erano disposti a lavotare di not­ te senza intralciare così gli operai nelle altre lavorazioni. La rea­ Marcello Piacentini e molti altri). Si erano create, tra l'altro, del­ lizzazione delle opere d'arte non avveniva con la mera sovrap­ le particolari condizioni che favorirono, in numerose occasioni, la realizzazione di opere importanti. I gestori chiedevano di ave­ posizione di elementi decorativi all'opera dell'architetto ma era una vera e propria integrazione. L'arredamento insieme a super­ re un arredo moderno e funzionale ma, per fortuna, non avevano fici, sagome e volumi era, sin dall'inizio, immaginato e disegna­ modelli e stili precostituiti: forse per effetto dell'isolamento a cui l'Italia era stata costretta in precedenza. Le scelte erano, to con il trattamento che poi gli artisti avrebbero dato loro. Si ag­ giunga poi che, come già accennato, vi erano notevoli affinità di quindi, lasciate agli architetti: che partivano dall'esperienza di cultura, sensibilità estetica, formazione ed esperienze tra archi­ un Razionalismo «ammorbidito» e «corroborato» dai contributi tetti (che spesso erano anche pittori e scultori) ed artisti che, non dell'Arte moderna nazionale ed internazionale. Lo dimostrano la a caso, frequentavano gli stessi luoghi (oltre alle gallerie d'arte, sensibilità a colore, materiali, luce, dinamica di linee e sagome l'Art Club di via Margutta, il bar Rosati ed il bar Canova di piaz­ di superfici. Le imprese favorivano la realizzazione di soluzioni za del Popolo, la trattoria Menghi di via Flaminia, la fiaschette­ pratiche e scoraggiavano qualsiasi intervento pretenzioso ed an­ ria Beltrame di via della Croce, la trattoria da Carlino di via Ca­ ti-economico ma, nello stesso tempo, disponevano ancora di ot­ nova e pochi altri). In questa atmosfera era relativamente facile timi artigiani. La presenza di artigiani di altissimo livello è an­ creare lavori moderni, ben eseguiti e spesso significativi dal pun­ cora ben visibile, dai pochi esempi rimasti, nella qualità della la­ to di vista dell'architettura o più semplicemente del gusto. Di vorazione di marmi, metalli, ceramiche e vetri con soluzioni tee- 329 328 tutto ciò oggi non vi è quasi più traccia. Nessuno ha pensato fos­ mento. In teoria la legge obbligherebbe la conservazione o al­ se il caso di tutelare gli arredi od almeno conservare le opere meno il parere della Soprintendenza per ogni opera che abbia più d'arte. Non risulta esserci nemmeno una documentazione suffi­ di cinquant'anni ma nessuno, tranne pochissimi casi, se ne è mai ciente: almeno a giudicare da quanto compare in mostre e pub­ interessato. blicazioni. I successivi rifacimenti, in stile «assiro-milanese» Nell'archivio vi è traccia di molti arredamenti eseguiti o solo (come qualcuno li ha definiti) o «old England» o per un certo progettati da Attilio ed Ernesto nel periodo 1947-1965. La docu­ sciagurato periodo «Barbarella» e via via sino alle realizzazioni mentazione rimasta è molto scarna e si riduce, in molti casi, a più recenti, hanno distrutto tutto. Facendo un conto approssima­ poche planimetrie e studi di particolari: sia perché i disegni ve­ tivo ma realistico: «la quantità di opere d'arte finite nelle disca­ nivano portati in cantiere e qui andavano perduti o, a lavori ulti­ riche equivale, senza esagerazione, all'incendio ed al crollo di mati, rimanevano all'impresa, sia perché molte decisioni veni­ un'ala della Galleria Nazionale d'Arte Moderna». vano prese e schizzate sul posto con artigiani ed artisti. Ma non Tranne pochissimi esempi di sensibilità e cultura dei nuovi mancano, in qualche caso fortunato, prospettive a tempera, ac­ arredatori, sorte simile hanno avuto a Roma anche i così detti querello o matita con l'indicazione delle superfici decorate, stu­ «negozi d'epoca». Le loro caratteristiche sono però sostanzial­ di accurati di luci, materiali e colori e progetti dei singoli mobi­ mente diverse: perché appartenenti a gusto e tecniche ancora ot­ li. Un fatto, che dà concretamente la sensazione di una mentali­ tocenteschi. Il negozio, progettato e realizzato tra la fine del- tà diversa dall'attuale, è la totale assenza di fotografie. Tra i 10- 1 1'0ttocento ed i primi del Novecento, era opera di un unico arti­ cali più importanti, tutti redatti con la collaborazione di artisti, vi sta che lo aveva disegnato in ogni dettaglio decorativo e poi af­ sono: il bar Brasi! a via del Corso, il bar delle Muse nella piazza fidato alla realizzazione di artigiani di altissima specializzazio­ omonima, il bar Mocambo a via della Croce, un bar-torrefazione ne. Banconi, vetrine, armadi e rivestimenti erano intagliati, spes­ di piazza Bologna, un bar a santa Maria Maggiore, un bar in via so i soffitti erano a stucco ed affrescati, la stessa cura si ritrova­ del Tritone, la pizzeria Capri a via Vittoria, il ristorante il Cubo a va in pavimenti, lampade e in tutti gli altri arredi. Purtroppo an­ via Sicilia, l'agenzia Il Tempo alla Galleria Colonna e tanti altri. ch'essi non sono stati rispettati ed è inutile andare a cercare, ad In particolare vanno ricordati: il nuovo arredamento del bar esempio, il bar Ronzi & Singer a piazza Colonna, la pasticceria Berardo alla Galleria Colonna che venne progettato nel 1948 in­ Moriondo & Gariglio o la gioielleria Masenza a via del Corso sieme da Ernesto ed Attilio che ne diresse anche i lavori. Il pia­ (celebre tra l'altro perché faceva realizzare i suoi gioielli ad ar­ no terra era diviso in due grandi ambienti: il primo dava sul por­ tisti come Afro Basaldella, Mirko Basaldella, Franco Cannilla, ticato dal lato della piazza; il secondo si affacciava sulla Galle­ Nino Franchina, Lorenzo Guerrini, Edgardo Mannucci, Giulio ria dalla quale era separato dal palco dell'orchestra. Il piano su­ Turcato). Soltanto pochissimi si sono salvati, soprattutto per la periore era invece un unico grande salone delle feste. Il soffitto passione dei proprietari. con bassorilievi in stucco bianco era di Eugenio Fegarotti (l 'o­ Assolutamente nessuna forma di vincolo effettivo protegge pera è stata appena distrutta nei lavori di «restauro» della Galle­ gli arredi dei negozi e locali pubblici, a qualunque epoca appar­ ria) ed il pavimento a mosaico (anch'esso distrutto) di Bice Laz­ tengano, per cui è possibile in qualsiasi momento il loro disfaci- zari. 330 331 L'arredamento del caffè Aragno a via del Corso venne pro­ nel tempo, al suo interno od intorno ad esso e di un insieme di: gettato e diretto nel 1951 da Attilio. L'intervento di rinnovo ri­ ricordi, collaborazioni di lavoro o solo affinità culturali, cono­ guardò il salone e la saletta sul Corso mentre venne restaurata scenze antiche od invenzioni originali, tecniche e magisteri, mo­ con rispetto ed amore l'antica sala dell'orologio su via delle di di fare o di vedere e, perché no, aneddoti. Quasi mai queste Convertite. L'altra sala su via delle Convertite, famoso luogo tracce si trovano in documenti (o solo in essi), il più delle volte d'incontro di intellettuali e politici, era stata già distrutta da tem­ sono nella memoria delle persone, che lavorarono a studio o che po. I damaschi di seta del salone, oramai lisi, vennero sostituiti ancora lo frequentano, di amici, vecchi collaboratori, artigiani e dai graffiti di Afro Basaldella (in parte queste opere sono state da committenti. Se un giorno si vorrà seriamente ricostruire un pe­ poco «inaspettatamente» e «miracolosamente» ritrovate). La sa­ riodo o la genesi di una opera, queste informazioni (se ancora letta venne rinnovata con un controsoffitto pensile di legno di­ esisteranno le fonti) potrebbero essere determinanti per una cor­ pinto dalla Lazzari e le pareti furono coperte da una tenda di fu­ retta interpretazione.

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