
PRESSBOOK Maurizio CATTELAN Studio June 2017 1/1 COUNTRY:Italy AUTHOR :Cristiano De Majo Tipo media: PAGE(S) :57-68 Periodici Tiratura: 4.9994.999 Studio (IT)Publication date: SURFACE :165 01.06.201701.06.2017 % Diffusione: Pagina: 57-68 Spread:Spread: 1 June 2017 Readership: IL SETTIMANALE CON I TUOI STESSIDIFETTI. I)IIamtm BrtgNd FbooI. Ftutie 1'. diJeaI NtinI. ditrndd k Zurhrg nagiinir. ROMPIPALLE, GUASTAFESTEE SECCHIONI DI TUTTA ITALIA: OGNI VENERDÌ VI ASPETTIAMO IN EDICOLA. All rights reserved ROMPI PALLE, GUASTAFESTE E SECCHIONI DI TUTTA ITALIA: OGNI VENERDÌ VI ASPETTIAMO IN EDICOLA. di Cristiano de Majo Dopo il ritiro dalle scene annunciato nel 2011, Maurizio Cattelan è tornato. Nel giro di un annetto è ricomparso qua e là. Al Guggenheim. A Le Monnaie a Parigi. Sugli schermi, in un documentario "intimo" che ne celebra la carriera e che si intitola Be Righi Back, "torno subito", come uno dei suoi primi lavori. Riappare poi nelle scorse settimane in una foto in bianco e nero - un autoritratto - sul New Yorker nella rubrica "Goings On About Town": beffardo, espressionista, primonovecentesco. E ci sarà una nuova opera, a quanto si dice, un progetto site specific, urbano, come "L.O.V.E.", da qualche parte, si pensa a New York. Anche perché, come ha detto a Studio: «Conosco i miei limiti: da qualche tempo a questa parte non riesco a vedere il mio lavoro in dialogo con il pubblico dentro alle gallerie o ad altri spazi espositivi. Il pubblico che mi interessa è quello che cammina nelle piazze». Ma intanto, per colpa sua, l'arte contemporanea viene data per finita. Francesco Bonami non scherza. Nel suo ultimo - ùnn' libro appena uscito, il critico sostiene che l'atto finale di un secolo di arte contemporanea è rap % presentato proprio dal cesso d'oro e perfettamente fun- * g. zionante installato da Cattelan al Guggenheim nel 2016, -, "America" È la tesi-premessa de L'arte nel cesso (Monda- dori), un'appuntita, divertita e acrimoniosa disamina nel suo stile su come i valori dell'arte contemporanea siano completamente saltati. Secondo Bonami l'arte con- _ temporanea, a dispetto del nome che porta, non è una -?ih..* categoria temporale e non esisterà per sempre, ma sarà ?Pfe'**'! circoscritta a un periodo storico: quello che va dal 1917 - l'anno dell'orinatoio di Duchamp - al 2016, anno del cesso d'oro di Cattelan; due opere "da bagno" che chiudono il cerchio di un secolo in cui l'idea (il concetto) ha sostituito l'oggetto con conseguenze paradossali, dice il critico. Che, nel frattempo, si è spostato dal ragionevole: "Potevo farlo io? Forse sì ma conta che c'è qualcuno che l'ha fatto prima di te..." al provocatorio: "Boh, questo mi pare che poteva farlo chiunque". Tutta la carriera di Maurizio Cattelan, che assomiglia in questo a tutte le carriere di tutte le arti-star contemporanee (Hirst, Koons), si è giocata su un crinale. Gli artisti che sono stati capaci di comunicare con un pubblico molto vasto sono gli artisti che hanno più sofferto un caratteristico rovescio della medaglia: il dubbio che si trattasse di geni del marketing più che di artisti, le accuse di furbizia, opportunismo, spregiudicatezza, o peggio ancora vuotezza. E, con questo dubbio, gli stessi artisti hanno giocato e avviato riflessioni sui significati dell'arte e della sua fruizione. Eppure nelle parole di Cattelan, nelle risposte alle domande che Studio gli ha rivolto, la sintesi di tutto questo diventa una frase quasi amara, che sorprende sentire uscire dalla bocca di una persona che ci immaginiamo distaccata e in pace con qualsiasi cosa e chiunque: «La mostra a Parigi è stata molto utile per tirare una linea tra me e i miei lavori, oltre che una grande occasione di mostrarli in silenzio, senza che siano messi in ombra dalla figura del giullare che mi è stata cucita addosso». Perché gli è stata cucita addosso? Perché Cattelan ha scelto di lavorare su temi che creassero dibattito, che facessero "rumore", che sfondassero la nicchia del discorso artistico, da un lato. E perché, dall'altro, il "rumore" ritorna come un boomerang. I grandi sono quelli che sanno afferrare il boomerang, per poi rialzare la posta, e Maurizio Cattelan ha sempre dimostrato di avere una presa salda, ma la scia nell'aria può lasciare qualche conseguenza, qualche fastidio. Se finisci sulla bocca di tutti, tutti possono dire qualunque cosa. Le interpretazioni sono a portata anche di chi è privo di codici interpretativi. E fuori dalla bolla che ti protegge, rischi di essere visto come quello che non sei. Quello che ci ha fregati tutti, diventando milionario, trasformando l'arte in pubblicità. Un intrattenitore, appunto, o un "giullare". Che intesa, come fa lui, I in senso dispregiativo, è una scelta lessicale curiosa per un artista che ha fatto un così abbondante uso del comico, anche fuori dai suoi lavori strettamente artistici: per esempio nel modo in cui si autorappresenta (ma ce la seria possibilità che sia anche questo un gioco nel gioco: "Pensate che io sia un giullare ergo mi mostro come un giullare guardatelo per esempio mentre si fa fotografare seduto su "America"). «Il comico mi sembra una traccia fondamentale del tuo lavoro», gli ho buttato lì. Mi ha detto: «Mi interessa come strumento, mai come fine: deve essere un mezzo per uscire da una visione univoca, una chiave per aprire all'ambiguità del giudizio su quello che viene rappresentato. Ogni cosa può essere detta almeno in due modi, quello che si intende davvero, e quello, molto più interessante, e a volte co- I '' i mico, che ci ricorda come il mondo sia molto più complicato e contraddittorio». ' ? : ZI ZZ. WW Lessico Familiare 1989 3. Charlie don't surf 1997 2. Bidibidobidiboo 1996«Ogni cosa può essere detta almeno in due modi, quello che si intende davvero, e quello, molto più interessante, e a volte comico, che ci ricorda come il mondo sia molto più complicato e contraddittorio»«Tra i 129 lavori esposti al Guggenheim ce ne sono moltissimi che vorrei finissero in oblio. Li considero momenti di passaggio necessari per arrivare a quei dieci, massimo quindici lavori che salverei nella maggior parte dei giorni» 4. Novecento 1997. 5. Tourisls 1997 6. La Nona Ora 1999 . Contraddittorio è di sicuro il suo rapporto con Bonami. ~ Un rapporto di cura prima, di incrinature poi. E anche nel libro, che procede senza troppe remore nella demolizione , del paesaggio contemporaneo, e che riserva a Cattelan più di qualche battuta maligna, c e il riconoscimento di essere, insieme a Koons e Hirst - ancora loro - «una figura geniale dell'arte contemporanea». Secoli fa, era stato Bonami a invitarlo ad Aperto '93, la Biennale di Venezia che aveva rappresentato per l 'artista la sua prima consacrazione internazionale (dopo sarebbe volato a New York, la città che nell'intervista-biogra fia con Catherine Crenier, Un salto nel vuoto, definisce «la punta della piramide»). E, fino a qui, Bonami lo ha sempre elogiato, pure spargendo qua e là qualche dubbio. 4^ C'è un consistente capitolo della produ- ^ ^ ione di Cattelan che potrebbe essere dedicato B al rapporto con i curatori e i galleristi, a come ^ iipr questo rapporto sia stato tematizzato nella sua produzione, dagli scambi di persona con Massimiliano Gioni (che continuano anche nel documentario appena uscito) a Emmanuel Perrotin vestito da fallo rosa con orecchie da coniglio nel progetto Errotin le vrai lapin e, a a volare con la fantasia, quest'ultima pagina con Bonami - Bonami che dà per finita l'arte contemporanea con il cesso d'oro al Guggenheim - sarebbe una meta opera di Cattelan del tutto coerente. D'altra parte, essere considerato colui che ha scritto la parola fine su un'incredibile storia lunga un secolo, storicizzato invita, potrebbe tranquillamente essere una autoironica celebrazione di grandezza. All, la retrospettiva del 201L al Guggenheim, appendeva tutta questa grandezza al chiodo, cioè letteralmente al soffitto del palazzo disegnato da Frank Lloyd Wright con un groviglio di significati apparentemente ammassato e indistricabile. Cattelan la vede così: «Ogni lavoro può essere considerato l'immagine di un problema capito e interiorizzato: tra i 129 lavori esposti al Guggenheim ce ne sono moltissimi che vorrei finissero in oblio, e che non ritengo più utili per nessuno, di per sé. Li considero momenti di passaggio necessari per arrivare a quei dieci, massimo quindici lavori che salverei nella maggior parte dei giorni. Mi è stato chiaro dopo la mostra a Le Monnaie: abbiamo fatto una scelta molto ristretta di lavori veramente significativi. Quelli in particolare, una volta messi fianco a fianco, si aprono a una varietà di significati diversi e nuovi». Cinque anni dopo, a Parigi, insomma, c'è un tentativo di fare ordine. Di «tirare una linea» come dice lui, che quando aveva visitato la retrospettiva newyorkese aveva dichiarato anche che guardare tutte le sue opere insieme era stato come sfogliare «il catalogo delle sue sindromi». 11 «tirare una linea» mi sembra in realtà il vero elemento ricorrente nella biografia di questo grande artista italiano. Come se la vita di Cattelan fosse una linea verticale, spezzata da tante linee tirate in orizzontale che ne hanno di volta in volta deviato il percorso. Ho cercato di spiegargli questa sensazione: «A partire da quando sei andato prestissimo via di casa fino all'annuncio del ritiro dalle scene del 2011 mi sembra che tu voglia ciclicamente riprendere il controllo della vita con delle scelte forti, di cambiamento radicale». Mi ha scritto che «la differenza tra le persone sta solo nel loro avere Jjj maggiore o minore accesso alla conoscenza, e nello sforzarsi di volervi accedere quando le condizioni di partenza non Io ? permettano. Tutte le scelte che ho fatto sono volte a ricercare -- quell'accesso.
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