Anno XXXVI, n. 2 BIBLIOTECA DI RIVISTA DI STUDI ITALIANI Agosto 2018 Tutti i diritti riservati. © 1983 Rivista di Studi Italiani ISSN 1916 - 5412 Rivista di Studi Italiani (Toronto, Canada: in versione cartacea fino al 2004, online dal 2005) IPOGEI DEL MITO, DEL TEATRO E DEL RITO METAFORE DELLO SGUARDO E SEMIOSI DELLO SPAZIO CTONIO A NAPOLI: DA STRABONE E VIRGILIO AGLI SCRITTORI CONTEMPORANEI, NEGLI IPOGEI E NEI FONDACHI DELLA CITTÀ L a fabbrica tufacea della vicereale casa napoletana che si illiquama di mare, cede in alchim ia l’ocra rallegrato del giorno consegnandone i sigilli del calore alla notte e d’argento dolce vivissimo fondendoli dentro un aere di veli moscati di stelle. Ruggero Cappuccio ( Shakespea Re di Napoli , 2002, p. 6 ) CARMELA LUCIA Università di Salerno Riassunto : Il saggio racconta la Napoli più cruda e ferina, costruita su grotte, anfratti, androni oscuri, catacombe, strapiombi di tufo, ‘ bassi fatti apposta per ingoiare chi fugge ’ e antri asfittici, rifugi di diseredati senza qualità. Napoli, lontana dall’oleograf ia della città mediterranea, solare, barocca, è qui una città misteriosa, tufacea, dedalea, porosa, sulfurea, tellurica. Nel suo ‘ ventre ’ si celano: un dedalo di vicoli, oscuri budelli, bassifondi umidi, mefitici ipogei con le loro discese negli inferi del la prostituzione, dei femminielli, degli scarafaggi, dei topi. I suoi bassifondi diventano come tenebrosi angoli di allucinazioni, con una carica greve di impietosa violenza e di ignoto magnetismo, di tensioni e pulsioni dove amore e morte coincidono. Il f ondaco segna infine il limite dell’eccesso della carnalità: il ‘ basso ’ diventa qui un luogo simbolico in cui si concentra la feritas , ai margini della vita in cui si nasconde la ferita della città ormai deforme, diversa, sconosciuta a se stessa. I passi degli autori citati e commentati sono di: Strabone, Virgilio, Boccaccio, Mastriani, Di Giacomo, Striano, Domenico Rea, Anna Maria Ortese , Carlo Bernari, Ungaretti e Pasolini, Walter Benjamin e Raffaele La Capria fino ai drammaturghi napole tani contemporanei, Fortunato Calvino, Enzo Moscato e Ruggero Cappuccio. Keywords : Napoli, bassifondi, grotte, vicoli 142 CARMELA LUCIA Abstract: This research project aims at analyzing the rawest and most feral aspects of Naples, a city built upon caves and ravines, dark lobbies and catacombs, tuff overhangs, ‘ bassi fatti apposta per ingoiare chi fugge ’ and narrow caverns, a shelter for marginalized people without any ‘quality’. Naples, quite far from the typical oleographic image of the Mediterranean, as a sunny and baroque town, is represented here as a mysterious, tufaceous, daedalic, porous, sulph u rous place. Its “ belly ” includes: a labyrinth of lanes, dark alleys, wet slums, mephitic undercrofts, which descend into the hell of prostit ution, queers, cockroaches , rats. Its slums turn into a maze of dark hallucinating corners, accompanied by an oppressive charge of harmless violence and unknown magnetism, tensions and compulsion s where Love and Death coincide . The low places mark after all the limit of the excess of carnality : here t he ‘ basso ’ becomes a symbolic place, in which the feritas concentrates itself at the margins of life , where the wound of the city has by now become deformed, different and a stranger to itself. The pass ages quoted and commented by the authors are those of: Strabo, Vergil, Boccaccio, Mastriani, Di Giacomo, Striano, Domenico Rea, Anna Maria Ortese, Carlo Bernari, Ungaretti, Pasolini, Walter Benjamin, Raffaele La Capria, including such contemporary Neapolitan playwrights as Fortunato Calvino, Enzo Moscato and Ruggero Cappuccio. Keywords: C aves, slums, Naples, lanes remessa P All’ombra del Vesuvio “ anche Napoli è deinós , spaventevole e stupenda insieme” (957) : così Raffaele La Capria, in una delle sue più originali prose saggistiche del 1993 intitolata L’occhio di Nap oli 1 , parla di una città lontana dall’ ‘ imagerie ’ vivace e pitt oresca del golfo assolato , “col pino in pri mo piano e il Vesuvio in fondo ” (916) ; la città di Parthenope è descritta come un luogo che è anche deinós , perché f atto di bassifondi e recessi, ipogei e ‘bassi’ , vicoli labirintici, misteri, penombre e grevi presenze che da millenni continuano a 1 Più volte La Capria, attraverso una metafora mutuata da Henry James, ritorna sul suo “poetico litigio” con la città di Napoli, nato da quando si è allontanato dalla città partenopea: riflette sull’antropologia mediterranea di Napoli, sulle virtù e i difet ti di una “città mondo” distesa “sotto il vulcano” e più volte ritorna sull’allegoria di Napoli – “carta assorbente di tutte le disgrazie del Sud” (“L’armonia perduta”, 651) – che si trasforma nelle pagine dei suoi scritti teorici in un incanto arreso alla passione e alla disillusione. 143 METAFORE DELLO SGUARDO E SEMIOSI DELLO SPAZIO CTONIO A NAPOLI: DA STRABONE E VIRGILIO AGLI SCRITTORI CONTEMPORANEI, NEGLI IPOGEI E NEI FONDACHI DELLA CITTÀ irretire e a sedurre viaggiatori e scrittori , con i loro incanti onirici e le segrete memorie sepolte da una storia millenaria . Già nei diari , nei resoconti in forma epistolare dei viaggiatori del Grand Tour che, suggestionati dalle tracce greche e latine, scendevano in Italia, Napoli diventa un’allegoria del l’anima mediterranea perché coincide , nell’immaginario de gli stranieri , con la rappresentazione del la città ‘ Ridente ’ , contrapposta a Roma ‘ la Santa ’ (Fortunato) 2 . T uttavia , è anche vero che in tutta la letteratura del Sette e Ottocento di genere odeporico Napoli si scopre agli occhi dei viaggiatori stranieri come una città che accoglie dentro di sé elementi architettonici , simbolici e , in generale , espressivi che rimandano a isotopie di segno opposto: Napoli è sì metafora di un a città mediterranea, solare, barocca, ma è anche rappresentata tufacea , dedalea, porosa , sulfurea , tellurica . Napoli è, per la sua particolare topografia, una città ancipite, ambigua, perché insieme solare e ‘terribile’: agli occhi dei viaggiatori che sbarcavano nel suo golfo, la bellezza di quest’ultimo veniva completata dall’immagine d ello “Sterminator Vesevo” (Leopardi 981 - 983), a ssurto a simbolo della città 3 , da Gissing e Dickens fino a Ungaretti e Pasolini. A questa natura doppia di Napoli è anche legato un saggio fondamentale del 1951, dal titolo emblematico: Le due Napoli (Saggio sul carattere dei napoletani ) , i n cui Domenico Rea confronta la “Napoli cantata, narrata, rappresentata e voluta dai suoi medesimi abitanti” con la città vera, “sì, più violenta, ma più storic a e meritevole di comprensione” (1333 - 1351). La Napoli “che si di stende sul mare fino a Posillipo ” (1349) e dove domina l’allegoria dell’ ari a “ che sveltisce il cuore ” , e l’altra Napoli, quella ventrica, sulfurea , con il suo dedalo d i ipogei e fondachi, e i “quartieri di vicoli [che] rassomigliano a un intricato appara to intestinale” (1341 ) , così come appaiono anche nella topografia plastica dei 114 romanzi di Mastriani. E allora , anche assecondando un po’ quella irrequietudine dello sguardo, quel desiderio di andare oltre ciò che è celato allo sguardo di tanti scrittori e viaggiatori, per usare la metafora di Starobinski che ne L ’ oeil vivant ha tracciato una storia dello sguardo come ricerca che va oltre il limite di ciò che 2 Goethe compì il suo viaggio in Italia fra il 1786 e il 1788, e del libro che ne scaturì, scritto trent’anni dopo, queste lettere costituiscon o la parte dedicata a Napoli. 3 Nel Grand Tour il focus delle descrizioni dei viaggi in Italia è sicuramente il Vesuvio, ma esso continua ad avere lo stesso valore nei diari di viaggio degli autori del Novecento, come avviene per esempio in Ungaretti; per questi aspetti, cfr. Chalant. 144 CARMELA LUCIA è manifes to 4 , q uesto contributo vuole seguire, con un approccio diacronico , le visioni di alcuni scrittori su lla Napoli dei bassifondi e dei fondachi , la Napoli ferita a morte dalle apocalissi del la guerra o dalla cementificazione selvaggia degli anni Settanta e Ottanta del Novecento ; la città dell’ “ armonia perduta ”, dove domina il “ contrast o ” , come scrive La Capria ne L’occhio di Napoli : “ il contrasto più profondo e ancestrale tra Natura e Storia, Ombra e Luce, Istinto e Ragione, o (come in Vico) tra Cosmos e Lo gos , che fa parte dell’anima mediterranea” (918) . 1. Il vestibolo dell’oltretomba e la dimensione ctonia : tracce da Strabone e Virgilio Questo ideale perco r s o, che non pretende di essere esaustivo , in i zia da Strabon e , il filosofo stoico , che nell’ u nica opera pervenuta in 17 libri, nel capitolo dedicat o alla descrizione geografica della Campania si sofferma sui laghi dell’Averno : […] Raccon tavano i nostri predecessori che nell’Averno fossero localizzate le storie favolose relative alla Nekyia omerica . […] Quelli che sono vissuti prima di me raccontavano queste cose, ma ora, dopo che è stata rasa al suolo da Agrippa la foresta dell’Averno, dopo che su questi luoghi sono sorti edifici ed è stata scavata una galleria sotterranea dall’Averno fino a Cuma, tu tte queste tradizioni apparvero puro mito, benché Cocceio, che ha fatto questa galleria [e quella che conduce da Dicearchia, vicino a Baia, fino a Neapolis] abbia, in qualche maniera, seguito quanto si racconta sui Cimmerî, così come noi lo abbiamo or ora riportato: può ben darsi infatti che egli abbia ritenuto conforme alla antica tradizione il far passare in questo luogo le vie attraverso gallerie sotterranee . (173 - 177) R itroviamo le fosc he scene avernali n ell’ Eneide
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