La Stampa Della Concentrazione D'azione Antifascista (1927-1934): Struttura, Diffusione E Tematiche

La Stampa Della Concentrazione D'azione Antifascista (1927-1934): Struttura, Diffusione E Tematiche

« Italia contemporanea », 1981, fase. 144 La stampa della Concentrazione d’azione antifascista (1927-1934): struttura, diffusione e tematiche Il problema della stampa nella esperienza concentrazionista L’esigenza di disporre d’una stampa informata ed efficiente dal punto di vista tecnico, valido e diffuso strumento di propaganda e di orientamento, fu subito avvertita come prioritaria dai dirigenti di quei partiti e di quelle organizzazioni antifasciste che, ricostituitesi in Francia dopo la bufera delle leggi eccezionali, die­ dero vita nella primavera del 1927 alla Concentrazione d’azione antifascista, alla formula politico-organizzativa, cioè, entro la quale, sia pure con oscillazioni e crisi, si sarebbe in sostanza sviluppata, nel corso dei sette anni successivi, l’attività delle forze più rappresentative dell’opposizione di segno non comunista al regime mus- soliniano *. Infatti, della necessità di una efficace presenza pubblicistica, in dire­ zione dell’opinione pubblica europea, di quella emigrata e di quella italiana, soffocata dal fascismo, aveva immediatamente parlato lo stesso Luigi Campolonghi — il segretario della Lega italiana dei diritti dell’uomo, fuoruscito a Nérac — quando si era sforzato di rimettere in moto il faticoso meccanismo della trattativa fra i partiti antifascisti 1 2. Una tale esigenza, seppur assai diffusa e concordemente sentita, non impedì, tut­ tavia, l’immediato manifestarsi di una vivace dialettica all’interno degli ambienti 1 Come è noto la Concentrazione era composta dalla Confederazione generale del lavoro (riformista), dalla Lega italiana per i diritti dell’uomo, dal Partito repubblicano italiano, dal Par­ tito socialista italiano, dal Partito socialista dei lavoratori italiani. Per una storia generale della Concentrazione si veda il sempre valido aldo garosci, Storia dei fuorusciti, Bari, Laterza, 1953, in specie pp. 5-55 e pp. 236-266 e il più recente santi fedele, Storia della Concentrazione anti­ fa s c ista , Milano Feltrinelli, 1976. Per un panorama più ampio di tutto l’ite r dell’antifascismo ita­ liano si veda simona colarizi, L ’Italia antifascista dal 1922 al 1940, 2 voli., Bari, Laterza, 1976 e, per un’analisi complessiva della stampa di opposizione durante il regime, massimo legnani, L a stampa antifascista (1926-1943), in AA.VV., La stampa italiana nell’età fascista (a cura di V. Ca­ stronovo e N. Tranfaglia), Bari, Laterza, 1980 (in particolare per la stampa concentrazionista pp. 278-284). 2 Cfr., specialmente, l. campolonghi, Un programma d'azione, in « La France de Nice et du Sud Est », 27 gennaio 1927. L’attività di Campolonghi, sviluppatasi fin dall’estate del 1926, fu determinante al fine di ritessere un rapporto unitario tra le forze antifasciste emigrate, anche se quel legame non si venne poi ricostituendo secondo le idee del Segretario della Lidu. Per la piattaforma campolonghiana, cfr. gli interventi, apparsi sulla « Pagina italiana » della « France de Nice et du Sud Est », Partiti e Elites (25 giugno 1926), Per una Concentranzione antifascista (22 ottobre 1926) e, in specie, il gruppo di articoli L ’antifascismo prima dell’attentato di Bologna, Demolire, Ricostruire, La Concentrazione per la Costituente, I valori, Un programma di azione, O sa re !, pubblicati, rispettivamente, il 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28 gennaio 1927. 48 Bruno Tobia concentrazionisti sul significato e sul ruolo che la stampa avrebbe dovuto assumere nel contesto più generale dell’attività antifascista. Anzi questo dibattito venne quasi a ricalcare, in significativo parallelismo, quell’altro sulla natura, gli scopi e i limiti della Concentrazione che, dall’estate del 1926, aveva caratterizzato la lunga gestazione del « cartello » politico unitario. Come le opinioni dei leaders antifascisti si erano divise, in sostanza, tra i fautori di un movimento antifascista unico in cui le preesistenti formazioni si sciogliessero e finissero per risolversi e gli assertori, invece, di una semplice convergenza uni­ taria fra organizzazioni distinte, così, per ciò che riguardava il problema della stampa, da una parte vi era stato chi aveva messo l’accento con insistenza sul­ l’utilità di concentrare gli sforzi in direzione di un solo organo di stampa, espres­ sione unitaria dell’antifascismo emigrato, avvertendo il rischio della dispersione di energie e di fondi in tante iniziative pubblicistiche quante erano le organizza­ zioni politiche partecipanti alla Concentrazione e, dall’altra, chi, pur non sottova­ lutando questo pericolo, aveva al contrario sostenuto l’opportunità che l’intero arco delle forze « cartelliste » trovasse, comunque, una sua articolata espressione attraverso specifiche, autonome pubblicazioni politiche e sindacali3. Una volta imboccata, però la strada politico-organizzativa dell’accordo unitario fra organizzazioni diverse, piuttosto che quella dell’organismo unico ad adesione indi­ viduale e personale, il problema della stampa nell’ambito concentrazionista dovette di necessità trovare soluzione in un organo comune che semplicemente affiancasse quelli già esistenti dei singoli partiti e organizzazioni. Anzi, il mantenimento di testate politiche tra loro distinte sarebbe divenuto, specie agli occhi di alcune delle forze affiliate alla Concentrazione, quasi una ulteriore espressione di difesa della propria individualità politica e una salvaguardia dei margini d’azione indipendente. Si può affermare perciò che la « struttura » della stampa concentrazionista finì per corrispondere grosso modo abbastanza fedelmente al tipo e al grado di unità effettivamente raggiunta dai soggetti che si impegnarono nell’esperienza politica della Concentrazione. Tra di essi soltanto il Psli rinunciò deliberatamente e calcolatamente a pubblicare in un primo periodo un proprio organo di stampa, se si esclude un semplice, agile bollettino di periodicità mensile, diffuso gratuitamente, in circa duemila copie 4. Un tal fatto potrebbe meravigliare poiché — come è noto — era stato precisa- mente il Psli, tramite Modigliani, a battersi con più forza di altri contro l’ipotesi della liquidazione dei partiti e della costituzione di un organismo unico ad adesione personale, pronunciandosi, invece, a favore di un « cartello » concentrazionista a rigorosa base partitica5. In realtà occorre vedere in questa iniziale rinuncia a 3 Questa differenziazione di posizioni passava anche dentro i partiti, come per esempio nel Psi (cfr. gaetano aefè, Storia dell’« Avanti! », 1926-1940, voi. II, Milano, Ed. «Avanti», 1958, p. 24) o nel Psli (cfr. Il congresso del PSLI, in « La libertà » del 25 dicembre 1927). 4 L’uscita di questo bollettino venne decisa dalla Direzione del Psli nel giugno del 1927. Esso fu pensato, in sostituzione delle semplici circolari che avevano svolto fino allora il compito di organo di collegamento tra le sezioni e gli iscritti al partito. Ne apparvero in tutto 11 numeri Ano all’aprile del 1928 quando anche i socialdemocratici dettero vita ad un vero e proprio organo quindicinale: « Rinascita socialista », direttore Modigliani, redattore Pallante Rugginenti. (Cfr. Una necessità e le sue ragioni e L ’opera della Direzione del Partito ridotta in cifre , in « Bollet­ tino del Partito socialista dei lavoratori italiani (sez. dell’Internazionale operaia e socialista) », rispettivamente, del 10 giugno 1927 e 5 gennaio 1928. 5 Sulla impostazione socialdemocratica del problema concentrazionista, cfr. s. fedele, S to ria della Concentrazione, cit., pp. 24-25 e la testimonianza, per il ruolo di Modigliani, della moglie Vera, in vera Modigliani, E silio , Roma, Garzanti, 1946, p. 128. La stampa della Concentrazione 49 un proprio organo di stampa non una contraddizione quanto, piuttosto, il tentativo da parte socialdemocratica di ribadire, approfondendola, la linea politica di cui il Psli era stato il più deciso patrocinatore. Infatti, attraverso la vittoria del loro punto di vista, i socialdemocratici italiani erano in sostanza riusciti a realizzare, sull’onda di un’iniziativa lanciata nei primi mesi del ’27, quell’unica forma possibile di collegamento fra le forze antifasciste emigrate, sulla base ristretta della mera pregiudiziale negativa dell’opposizione al fascismo e della semplice convergenza nell’unità d’azione, che permettesse loro di battere sia la proposta alternativa di un’unione antifascista più accentuatamente classista, avanzata dal Psi nel febbraio del 1927, e respinta, in quella forma dal Pcd’I, sia quella più spiccatamente repub­ blicana affacciata, pur con differenziazioni interne, dagli esponenti del P ri6. In tal maniera essi si erano posti in grado (rafforzando così, tra l’altro, gli elementi « fusionisti » interni al Psi) di staccare in modo deciso i socialisti dai comunisti, di ribadire e rinchiudere nettamente questi ultimi nel loro isolamento, di presentarsi come la forza democratica e unitaria più coerente della battaglia antifascista. Inoltre, assicurando alle altre formazioni politiche un’ampia sfera di iniziativa specifica, anche al di là dei confini delimitati della Conceptrazione, essi avevano reso assai difficoltosa ai socialisti e ai repubblicani, la motivazione di un rifiuto dell’accordo e, nel contempo, non si erano preclusi, data l’estrema genericità del programma concentrazionista, la possibilità di agganciare all’orbita della propria azione le forze dell’emigrazione politica “liberale” o cattolica, in verità sparute, ma che avevano in taluni uomini, come Nitti e Sforza, Donati e Ferrari, rappre­ sentanti comunque prestigiosi 7. E, in realtà, pur contribuendo a valorizzare l’elemento

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