ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA ISSN 1121-9238 ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA NUOVA SERIE - VOLUME LXIX ANNO ACCADEMICO 2020 DLXXVIII DALLA FONDAZIONE GIANNINI EDITORE NAPOLI 2021 Il presente volume è stato pubblicato grazie al contributo di COINOR Università “Federico II”, del MIUR, dell’Istituto Banco di Napoli - Fondazione, della Regione Campania, del Banco di Napoli SpA Atti Accademia Pontaniana, Napoli N.S., Vol. (2020), pp. 5-6 Ricordo di Eduardo Vesentini Nota del Socio ord. res. CARLO SBORDONE Il 28 marzo 2020 è venuto a mancare a Pisa Edoardo Vesentini, una delle fi- gure più eminenti della Matematica Italiana dagli anni Sessanta. Nato a Roma il 31 maggio 1928, si laureò all’Università di Milano nel 1960. Cominciò la carriera scientifica come borsista dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica per l’a.a. 1951- 52 con F. Severi e B. Segre. Di tale Istituto sarebbe diventato illuminato Presidente per due mandati dal 1978 al 1986. Libero docente in Geometria nel 1956 fu Lec- turer nella Northwestern University (Illinois) nell’A.A 1957-58 e poi all’Institute for Advanced Studies di Princeton dal settembre 1958 al dicembre 1959. Ebbe la cattedra di Geometria all’Università di Pisa nel 1959 per poi passare alla Scuola Normale Superiore nel 1967. Dal 1971 al 1980 è stato Professore all’Università del Maryland (college Park). Dal 1966 al 1974 ha fatto parte dell’Executive Committee dell’International Mathematical Union (IMU). Direttore della Scuola Normale Superiore dal 1978 al 1987, passò dal 1996 alla cattedra di Analisi Matematica al Politecnico di Torino. Gli furono attribuiti diversi premi scientifici: nel 1956 il premio Pomini dell’U- nione Matematica Italiana, nel 1958 il premio Bonavera dell’Accademia delle Scienze di Torino, ex aequo con Emilio Gagliardo, il premio Caccioppoli dell’UMI nel 1962, ed il premio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei nel 1981. Fu socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei dal 1979, nazionale dal 1988, Presidente dal 1997 al 2003, fu socio corrispondente dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere dal 1979, socio corrispondente dal 1995, nazionale residente dal 2007 dell’Accademia delle Scienze di Torino, dal 1997 fu socio dell’Accade- mia Nazionale delle Scienze detta Accademia dei XL, socio dell’Accademia Ponta- niana corrispondente dal 2004 ed ordinario non residente dal 2007. Medaglia d’oro dei benemeriti della Scuola della Cultura e dell’Arte. La sua attività scientifica si è espressa in Geometria Algebrica e in Geometria Differenziale globale, Topologia Algebrica e teoria delle Varietà Complesse e nello studio delle funzioni olomorfe a valori in spazi di Banach. Ha collaborato con Aldo Andreotti ed Eugenio Calabi. 6 CARLO SBORDONE 2 Vesentini Tenne una conferenza generale dal titolo Holomorphic functions on Siegel domains al Congresso UMI del 1975 a Cagliari-Alghero. Le sue visite a Napoli. Fu a Napoli al congresso di Algebra ivi organizzato nell’ottobre 1953 da Guido Zappa , probabilmente al seguito di Beniamino Segre. Nel settembre 1989 partecipò a Napoli al congresso organizzato nel trentesi- mo anniversario della morte di Renato Caccioppoli, e tenne la conferenza “Renato Caccioppoli e l’Analisi Complessa” il cui testo fu pubblicato su un numero specia- le della rivista Ricerche di Matematica contenente gli atti di quel convegno. Fu a Napoli dieci anni dopo al Congresso dell’UMI del settembre 1999, nella cui seduta inaugurale tenne un discorso come Atti Accademia Pontaniana, Napoli N.S., Vol. (2020), pp. 7-28 La novella di Martina e Loisi: Masuccio contro la Lega italica Nota di VINCENZO VITALE Presentata dai Soci ord. res. PIERLUIGI LEONE DE CASTRIS e STEFANO PALMIERI Anche solo un riassunto sommario è in grado di fornire la misura del perfetto meccanismo narrativo che presiede alla storia di Martina e Loisi uscita dalla penna di Tommaso Guardati detto Masuccio Salernitano. La novella è ambientata in Lo- rena, a Nancy, al tempo della «Pocella» (5)1, cioè di Giovanna d’Arco: gli eventi sono collocabili quindi intorno al 1430, nella seconda fase della guerra dei Cent’an- ni. Due feudatari di Nancy – il signore di Cundì e Jean de Bruges – sono legati da un’amicizia strettissima, che si traduce non soltanto in una frequentazione intima e assidua, ma addirittura nell’effettiva condivisione dei vassalli e di tutti gli altri beni, secondo lo spirito del proverbio antico amicorum communia omnia2. La frequentazione continua delle due famiglie fa sì che l’unica figlia del signore di Cundì – la virtuosa e avvenente Martina – si innamori di Loisi, l’unico figlio, non ancora sposato, di Jean. Aborrendo il disonore di un’unione non consacrata dal matrimonio, ormai adulto Loisi chiede formalmente la mano di Martina al signore di Cundì, il quale gli nega però il permesso di sposare la figlia, manifestando l’in- tenzione di procurare a Martina un matrimonio più altolocato, all’altezza della sua ricchissima dote. Rassegnatosi alla decisione dell’amico, Jean consiglia al figlio Loisi di limitare la frequentazione, fino ad allora continua, della casa di Martina. Messa al corrente da Loisi con una lettera, Martina prima pronuncia di fronte al servo dell’amato un voto d’amore perenne ed esclusivo, poi gli espone il progetto di un rapimento consensuale che forzi l’assenso dei genitori al matrimonio. L’idea è quella di una fuitina in piena regola. La notte stessa Loisi si reca con alcuni suoi domestici sotto la finestra di Martina e ne agevola la fuga. I due giovani si allon- tanano cavalcando accompagnati da una scorta di uomini fidati. A questo punto accade però un imprevisto terribile: una tempesta violentissima di vento, tuoni, ful- 1 Riassumo la trama della prima redazione della novella XXXI, citando il testo da Petrocchi 1952. Indico in numero arabo i paragrafi di questa edizione. 2 Anche altre due coppie di amici del Novellino condividono tutti i loro beni: Augustino e Petruccio nella novella XXXVI, e Marchetto e Lanzilao nella novella XXXVII. Per la dottrina morale relativa alla preminenza dell’onore sull’amicizia implicita nel dittico delle novelle XXXVI-XXXVII mi permetto di rinviare a Vitale 2018, pp. 325-332. 8 VINCENZO VITALE (2) mini e neve si abbatte sul corteo dei fuggiaschi, disperdendoli in diverse direzioni. Gli amanti cavalcano da soli a briglie sciolte. Nell’oscurità impenetrabile appare all’improvviso una piccola luce. Martina e Loisi si dirigono allora in quella dire- zione rinfrancati dalla speranza. La luce si rivela provenire però da un ospedale di malati di lebbra. Non senza ribrezzo, i due giovani quasi assiderati si riscaldano intorno al fuoco con i lebbrosi mentre i loro cavalli sono condotti in un luogo riparato. Le fiamme riaccendono l’avvenenza giovanile di Martina e Loisi, eccitando in uno dei più perversi tra i lebbrosi il desiderio di possedere la giovane. Con il pretesto della irrequietezza dei cavalli, Loisi è attirato fuori dal lazzaretto e ucciso con una gragnola di colpi sulla testa. Gli assassini rientrano allora nel lazzaretto, fanno allontanare gli altri lebbrosi e confessano a Martina – ormai sola – l’omicidio di Loisi e l’intenzione di abusare di lei. Svenuta più volte per l’orrore, Martina decide di terminare la sua vita con quella di Loisi. Convince i due lebbrosi a farsi portare sul corpo dell’amato per un ultimo commiato, estrae di nascosto la spada di Loisi, pone il pomello sul petto del giovane e va incontro alla morte spingendo il proprio cuore sulla punta dell’arma. Il mattino seguente i genitori di Martina si accorgono della sua fuga, subito immaginando che la figlia sia stata rapita da Loisi. Ancorché amareggiati, essi si rassegnano all’idea del matrimonio di Martina con il figlio di Jean de Bruges. Ri- sultando però vane le ricerche dei due amanti, il signore di Cundì si convince del fatto che i due giovani siano tenuti nascosti da Jean; mentre lo stesso Jean arriva a credere che siano stati colti in fallo e uccisi dal signore di Cundì. Nasce così una guerra senza quartiere tra le due famiglie legate fino a poco tempo prima da strettissimi rapporti d’amicizia. Solo più tardi, dopo che una guerra mortale tra il signore di Cundì e messer Jean de Bruges ha già devastato per circa un anno la città francese, la notizia dell’uccisione dei due giovani presso il lazzaretto giunge ai ge- nitori e ai cittadini di Nancy. Martina e Loisi vengono allora riesumati; il lazzaretto viene raso al suolo e bruciato con tutti i lebbrosi; e infine i corpi di Martina e Loisi vengono tumulati nello stesso sepolcro con una cerimonia funebre a cui partecipa l’intera cittadinanza. Dopo non molto tempo i padri dei due giovani muoiono per la disperazione. Non pare esagerato affermare che siamo di fronte a uno dei racconti brevi più avvincenti e formalmente pregevoli della letteratura italiana. Sin dalla prima reda- zione la novella riscosse una risonanza vasta e appassionata, come testimoniato dal prologo della quarta parte del Novellino, dove Masuccio fa riferimento alla storia di Martina e Loisi come a un racconto spicciolato già celebre con il nome di «no- vella de li lazari» (Prol. IV, 4)3. Proprio nell’eccezionalità artistica della novella è indicata del resto la ragione della sua convenientia alla dedicataria: «E cossì col nome de Dio, e ad onore e gloria de la celebrata illustra madonna, in ditto ordene 3 Cito il Novellino da Masuccio Guardati 1957, indicando i prologhi e le novelle in numero romano e il paragrafo in numero arabo. (3) LA NOVELLA DI MARTINA E LOISI: MASUCCIO CONTRO LA LEGA ITALICA 9 anteponerò la novella de li lazari nominata, quale, como a singulare tra l’altre, a singularissima madonna fu per me mandata» (ibid.) 4. L’identità della ‘singolarissima’ dedicataria è inequivocabile nella versione fi- nale del Novellino: si tratta della principessa Eleonora d’Aragona, figlia del re di Napoli Ferdinando I detto Ferrante.
Details
-
File Typepdf
-
Upload Time-
-
Content LanguagesEnglish
-
Upload UserAnonymous/Not logged-in
-
File Pages208 Page
-
File Size-