MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO a sala, con volte a crociera ribassate, sostenute da robusti pilastri in pie- tra forte, fa parte del nucleo più antico del palazzo e la sua edificazione PIANO TERRA L 2 risale a poco dopo la metà del XIII secolo (1255-1260). Era in origine la sala d’ingresso e presumibilmente vi avevano sede i soldati e la “corte” (araldi, trombettieri, cavalieri) al servizio del podestà. Ospitava anche una cappella, Sala di Michelangelo dalla quale proviene la Madonna col Bambino (1), parte di un più vasto affresco di scuola giottesca che includeva i donatori, vari santi e fanciulli con i simboli dei sestieri della città, trasferito nell’Ottocento sulla parete della sala dove oggi si trova. Con la trasformazione del palazzo in carcere (dal 1574 al e della scultura 1857), il vasto ambiente fu suddiviso in più vani, destinati alle guardie e alle varie magistrature di giustizia. I volumi originari furono recuperati nel corso del restauro ottocentesco (1858-1865), demolendo le infrastrutture, e le pareti del Cinquecento furono dipinte da Gaetano Bianchi con decorazioni araldiche in stile gotico, secondo il gusto del tempo, successivamente imbiancate. Dall’istituzione del museo, nel 1865, all’alluvione del 1966, la sala accolse – assieme alla contigua sala della torre, oggi adibita a ingresso e biglietteria – la collezione dell’Armeria medicea. Nel riordinamento seguito all’alluvione, fu deciso di trasferire l’Armeria al secondo piano e di collocare qui le opere di Michelan- gelo e degli scultori del Cinquecento, precedentemente distribuite in ambienti diversi, secondo l’allestimento attuale, concepito da Luciano Berti e realizzato dall’architetto Carlo Cresti tra il 1970 e il 1975, oggi in parte modificato. Sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento Sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento 2 3 PRINCIPALI PRINCIPALI 8 Michelangelo Buonarroti Bacco OPERE 1496-1497 OPERE Marmo, cm 207 Inv. 10 Sculture È una delle prime opere del maestro, poco più che ventenne, e certamente la prima scultura monumentale in cui si cimentò, ispirandosi alla statuaria classica. Questo giovane Bacco ebbro, in precario equilibrio e affiancato da un piccolo satiro che assapora un grappolo d’uva, fu commissionato all’artista – giunto per la prima volta a Roma nel giu- gno 1496 – dal cardinale Raffaello Sansoni Riario per il palazzo della Cancelleria, allora in costruzione. Il cardinale, tuttavia, non apprezzò la scultura e la cedette al banchiere Ja- copo Galli, nel cui giardino ricco di antichità il Bacco michelangiolesco rimase dal 1501 fin verso il 1570. Nel 1572 l’opera fu acquistata dai Me- dici per 240 ducati e risulta esposta agli Uffizi almeno dal 1591. Posta nel corridoio della Galleria, a diretto confronto con capolavori dell’arte classica della collezione medicea, l’opera doveva dimostrare come Michelangelo avesse uguagliato, se non superato, gli antichi fin dalla prima giovinezza. La novità della 9 Michelangelo Buonarroti questi due tondi marmorei l’artista e del Bambino, allo “stiacciato” della posa instabile e della composizione, Madonna col Bambino sperimentò il rilievo di forma circo- figura di san Giovannino – e alter- che prevede più punti di vista, di- e san Giovannino (“Tondo Pitti”) lare, che per soggetto e dimensioni nando nel modellato superfici per- mostra infatti il superamento dei 1505 si accordasse a un uso devozionale fettamente levigate ad altre lasciate Marmo, cm 91 x 80 modelli classici e l’inizio della per- Inv. 93 Sculture privato. quasi scabre (secondo la tecnica del sonale ricerca espressiva del maestro. È evidente la riflessione dell’artista cosidetto “non finito”), Michelangelo Assieme a molte altre sculture “mo- sul rilievo “stiacciato” di tradizione riuscì a conferire all’opera una vibra- derne” degli Uffizi, il Bacco venne L’opera fu commissionata al Buo- donatelliana, per gli effetti prospettici zione mutevole per effetto della luce trasferito al Bargello nel 1871. narroti dal mercante fiorentino Bar- e “atmosferici” conferiti dal progres- e a rendere le figure come immerse tolomeo Pitti, poco prima che Mi- sivo assottigliarsi del rilievo e dal di- in uno spazio atmosferico, per certi chelangelo, terminato il David per la verso trattamento delle superfici. Per aspetti affine allo “sfumato” leonar- Signoria (1504), lasciasse Firenze per quanto l’opera non sia ultimata, essa desco. Dopo la notizia del Vasari, tornare a Roma, lasciandola incom- dimostra come Michelangelo seppe dell’opera si erano perse le tracce piuta. Ricordata dal Vasari (1550) affrontare e risolvere genialmente i fino al 1823, quando fu acquistata assieme a un altro simile “tondo” problemi dello scorcio prospettico e dal governo lorenese per la Galleria marmoreo (il “Tondo Taddei”, oggi della composizione delle figure entro degli Uffizi dall’antiquario Fedele Londra, Royal Academy), l’opera uno spazio “compresso”. Attraverso i Acciai e collocata nella sala della si trovava allora nella collezione diversi spessori del rilievo – dalle te- scultura toscana. È conservata al di Luigi Guicciardini, a Firenze. In ste quasi a tutto tondo della Vergine Bargello dal 1873. Sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento Sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento 4 5 PRINCIPALI PRINCIPALI 10 Michelangelo Buonarroti 11 Michelangelo Buonarroti Bruto David-Apollo OPERE 1539 1530-1532 OPERE Marmo, cm 96 Marmo, cm 147 Inv. 97 Sculture Inv. 121 S L’opera venne commissionata dallo Nella prima edizione delle Vite (1550), storico Donato Giannotti – repub- Vasari narra la genesi dell’opera – blicano antimediceo, esule a Roma «uno Apollo che cavava una freccia – per farne dono all’amico cardinal dal turcasso» – richiesta al Buonarroti Ridolfi, in nome dei comuni ideali da Baccio Valori, commissario delle politici rappresentati dalla figura di truppe pontificie, per farne dono ai Bruto, eroe tirannicida, e con una Medici e ottenerne il perdono per il chiara allusione alle speranze dei suo tradimento. Rimasta incompiuta repubblicani fiorentini a seguito e forse confiscata coi beni del Valori, della recente uccisione del duca decapitato come “ribelle” per ordine Alessandro de’ Medici (1537) da di Cosimo I nel 1537, l’opera è do- parte del cugino Lorenzino, de- cumentata nella camera del duca in finito perciò il “Bruto toscano”. un inventario 1553, dove è interpre- Secondo il Vasari (1568), Miche- tata come «un David del Buonarroto langelo prese spunto per la figura imperfetto»: questo ha portato alla possente e fiera di Bruto da una doppia intitolazione con cui la scul- corniola antica, oltreché da ritratti tura è tuttora denominata, potendovi romani d’età imperiale. Certamente riconoscere sia un Apollo che estrae inedita è, tuttavia, la rotazione pe- una freccia dal turcasso e sovrasta il rentoria della testa (non finita), da capo di Argo decapitato (come at- cui spira al tempo stesso forza mo- testa il Vasari), che un David con ai rale e fisica; e la grandiosa dilata- piedi la testa di Golia, figura civica zione del collo e del busto, portato tradizionale e ricorrente nell’arte fio- a compimento da Tiberio Calca- rentina. gni, allievo del Buonarroti, nella Dal XVII secolo, nel temporaneo sottilissima lavorazione a gradina declino della fortuna di Michelan- del tessuto della clamide. Acqui- gelo e perché ampiamente non fi- stata dal granduca Francesco I de’ nita, l’opera cadde in disgrazia e fu Medici tra il 1574 e il 1584 per la relegata fra le statue dell’Anfiteatro, villa della Petraia, fu successiva- nel giardino di Boboli, fino al 1824, mente trasferita agli Uffizi (1634), quando fu riconosciuta l’autografia aggiungendovi sul piedistallo – buonarrotiana che le garantì l’espo- probabilmente nel XVIII secolo sizione nel corridoio della Galleria – l’iscrizione latina che giustifica degli Uffizi, di fronte al Bacco mi- l’incompiutezza dell’opera con il chelangiolesco: se l’uno rappresen- disgusto di Michelangelo nel ri- tava il confronto con l’antichità clas- trarre un parricida: «BRVTVS EF- sica, nella sua esasperata torsione FECISSET SCVLPTVR: SED MENTE questa scultura poteva considerarsi RECVSAT / TANTA VIRI VIRTVS, esempio della “figura serpentinata”, SISTIT ET ABSTINVIT». invenzione espressiva di Michelan- L’opera è stata trasferita al Bargello gelo all’origine del gusto manierista. dalla Galleria degli Uffizi nel 1873. L’opera è giunta al Bargello dagli Uf- fizi nel 1873. Sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento Sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento 6 7 PRINCIPALI PRINCIPALI 38 Benvenuto Cellini Narciso OPERE 1548-1565 OPERE Marmo, cm 149, base cm 50 x 42 Inv. Dep. 137 L’opera è così ricordata nel testa- mento del Cellini, tra i beni che lasciava al granduca Francesco I: «un Narciso di marmo greco, il quale è finito». L’artista lo aveva in- fatti realizzato per proprio diletto, usando un blocco di marmo greco che avrebbe dovuto servire per le integrazioni a un torso antico di proprietà del duca Cosimo (40), ma poi scartato per la sua pessima qua- lità. La statua rimase a lungo nella bottega dell’artista, dove fu tra- volta e danneggiata dall’alluvione del 1557: il Cellini stesso vi pose riparo, integrando e sostituendo le parti danneggiate con marmo di- verso, oggi ben distinguibili specie negli inserti alla base del collo, alla spalla destra, all’avambraccio sini- stro. La scultura figurava nel 1621 nel Casino mediceo di San Marco, da dove fu trasferita nel parco della villa di Pratolino e successivamente nel giardino di Boboli, deterioran- dosi progressivamente a causa delle intemperie. Riconosciuto soltanto nel 1940 come l’opera ricordata dal Cellini nella sua Vita, è entrato poco dopo nelle collezioni del Bar- 32 Baccio Bandinelli il Vasari nella Vita del Bandinelli: il del peccato, riscattato dal sacrificio di gello. L’esilità flessuosa del corpo Adamo ed Eva 1551 coro, di forma ottagonale e ornato di Cristo) suscitò subito aspre polemiche, di adolescente, reso dall’artista con Marmo, cm 272 (ciascuna) bassorilievi marmorei, occupò lo scul- che si protrassero ininterrottamente somma eleganza e poesia, ne fanno Inv.
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