Una produzione Pickford - Nidodiragno/CMC Marina Massironi - Nicoletta Fabbri LA SOMMA DI DUE Dal romanzo omonimo di Lidia Ravera – ed.Bompiani regia Elisabetta Ratti adattamento teatrale di Marina Massironi e Nicoletta Fabbri scene Maria Spazzi costumi Narguess Hatami distribuzione Nidodiragno/CMC 1 “Nessun essere umano che sia nato dopo il 1970 trova particolarmente inquietante o in qualche modo negativa la tendenza alla promiscuità dei genitori. Capita. Voglio dire: capita che ci si sposi e ci si stanchi, che ci si stanchi di sposarsi, che ci si accorga di aver sbagliato sposo e se ne sposi un altro. Siamo noi che non possiamo sceglierci loro, i nostri padri e le nostre madri, ma loro, fra loro, possono scegliersi e quindi licenziarsi vicendevolmente, scegliere da un’altra parte, e così via.” Lidia Ravera Due sorelle adolescenti, Angelica e Carlotta, vengono separate dal divorzio dei genitori. Una con la madre, l’altra con il padre in un’altra città. Si mancano, si accusano, si scrivono, si rincorrono per non perdersi. Perché le sorelle sono quelle che ti aiutano a misurare la strada, a comunicare con il resto del mondo in momenti di apparente o reale difficoltà, sono un complice o un ostacolo da spianare per diventare quello che sei, sono quel folletto che ti riprende quando sei smarrito, quel demone che implacabile ti spinge a fare i conti con te stesso e la vita. Lidia Ravera disegna con linguaggio fresco, ironico e fortemente critico, come si addice alla sua penna, quel legame naturale eppure misterioso che unisce due esseri umani dalla nascita, collocandolo nella confusione esistenziale e sentimentale di un mondo sempre più segnato dalla mancanza di rapporti reali, e spingendoci inevitabilmente a indagare il nostro profondo e umano bisogno di “sorellanza”. Il testo Relazione importante e complicata, d’amore spietato e di crudeli conflitti, il rapporto fra sorelle è presente da sempre nella letteratura, nella poesia, nel mito, offrendo un ampio campo di indagine sui rapporti fra le donne di tutte le età. Nel caso di ”Sorelle” di Lidia Ravera, volume pubblicato nei primi anni 90, ci siamo imbattute in un racconto, quello di “Sorelline”, ( ora ripubblicato in forma autonoma da Bompiani con lo stesso titolo dello spettacolo ), vibrante scambio di lettere di due anime adolescenti, diverse quanto basta ad essere complementari, a non riuscire ad esistere l’una senza l’altra. Come due naufraghi che si attaccano agli scogli, le due ragazze trovano una salvezza e una possibilità di crescita nel riconoscere il loro legame di sangue e di appartenenza, nel farne sigillo, scudo, rocca inespugnabile, forza di sopravvivenza. Un epistolario di formazione che affonda la scrittura nei drammi e negli entusiasmi di un’età dominata da contraddizioni, dubbi, idee geniali, paura del futuro e grandi aspettative. Attenta osservatrice degli animi femminili e di quelli in trasformazione, Lidia Ravera ci offre dei ritratti precisi, senza mai perdere di vista il contesto storico e sociale in cui si muovono e con uno sguardo fortemente rivolto alla contemporaneità. Angelica e Carlotta, due sveglie adolescenti degli anni 90, sono l’emblema ironico e divertente di un concetto di famiglia in disfacimento e portano dentro il desiderio e il tentativo di fondarne uno nuovo, alternativo, edificato sull’onestà reciproca e la verità dei sentimenti. Sono spietate, esigenti e crudeli con i genitori - figurine in panne attanagliate dalle problematiche emotive ed esistenziali di una coppia borghese di buona cultura – e nel vuoto familiare reclamano la loro vitale necessità: essere vicine, sentirsi una cosa sola. Rileggendo e elaborando il romanzo della Ravera, abbiamo sentito quanto mai attuale la riflessione sulla famiglia come status necessariamente in movimento e trasformazione, così come avvertiamo la forza che può avere nel mondo d’oggi la riflessione sulla “sorellanza”, privilegio intimo e pubblico 2 insieme, rapporto sentimentale ed etico, che appartiene al mondo femminile ma non in modo esclusivo, fondante di relazioni virtuose e trasformazioni sociali. Cerchiamo dunque, consapevoli della fortuna di poter dialogare con una scrittrice vivente a noi complice, di dar vita ad una drammaturgia che contenga un possibile sguardo sulla confusione e lo smarrimento che feriscono come una maledizione il mondo dei rapporti umani e che, nell’alternanza di toni leggeri e brillanti con altri più densi e sostenuti, restituisca il nostro personale bisogno - che crediamo condivisibile - di nuove profondità e vicinanze nelle relazioni fra le persone di ogni età, genere e appartenenza. Modalità dell’allestimento “La somma di due” è il primo spettacolo che ci unisce in scena in qualità di interpreti e anche come autrici del progetto e dell’adattamento drammaturgico. Portiamo con noi esperienze e percorsi diversi e la medesima apertura e curiosità, che in questo contesto pensiamo possano essere preziose per affrontare in maniera complementare le problematiche dell’elaborazione di un linguaggio e della sua traduzione scenica. In questo primo lavoro comune abbiamo deciso di puntare a un allestimento semplice ed essenziale, con pochi elementi scenici, in funzione di un lavoro d’attore che crei lo spazio con la quasi esclusiva complicità della luce e dell’ambiente sonoro. Vorremmo evocare in modo leggero e non didascalico il clima pop e un po’ acido dell’ultimo decennio del secolo scorso, ripercorrere atmosfere che noi stesse abbiamo vissuto da adolescenti, non seguendo un principio di immedesimazione realistica, ma puntando alla creazione di un legame con un passato recente che tuttavia già appartiene alla storia. Immaginiamo Angelica e Carlotta come possibili eroine di un fumetto epico contemporaneo, in cui possano riconoscersi sia gli adulti che i ragazzi di oggi. La distanza e la vicinanza dei corpi in scena disegneranno le linee dell’assenza e della presenza, composte di lettere che si susseguono una dopo l’altra, di voci monologanti che si cercano, si perdono, si ritrovano. Un canto a due voci, a volte sovrapposte e a volte indipendenti l’una dall’altra, un passo di danza a due, con le figure della solitudine e dell’alleanza. Marina Massironi e Nicoletta Fabbri Prefazione al romanzo di Lidia Ravera Correva l’anno 1994 e la mia sorella maggiore era morta da poche settimane, il 10 dicembre del 1993, avendo compiuto da meno di un mese 46 anni. Non riuscivo a pensare ad altro che a quanto avevo perso. La mia migliore amica, la testimone della mia infanzia, la mia piccola maestra di vita. Pensavo a lei ossessivamente, con un dolore sordo monotono e invadente, che non lasciava spazio ad altre passioni. La Prima Repubblica stava crollando sotto i colpi degli avvisi di garanzia. Il primo grande scandalo politico-morale stava minando la fiducia nei partiti, e quindi, come un quarto di secolo dopo appare evidente, la democrazia. Non ci facevo caso. 3 Di giorno mi barcamenavo fra il lavoro e la cura della mia nuova famiglia ( avevo appena adottato mia nipote, orfana anche di padre, una burocrazia rapida, fra consanguinei), che improvvisamente contava due figli, non più uno solo, due figli, un maschio e una femmina. Di notte scrivevo e piangevo. Oppure ricordavo e ridevo, elaborando il lutto a modo mio. Il frutto di quelle insonnie piene di spavento e di nostalgia, furono un racconto lungo e un romanzo breve. “Sorelle” e “ Sorelline”. La protagonista di “Sorelle” era lei, la mia migliore amica, la testimone della mia infanzia, la mia piccola maestra di vita. Le protagoniste di “Sorelline” erano due ragazzine di 13 e 17 anni, Angelica e Carlotta, separate dalla separazione di una coppia di genitori quarantenni decisi ad inseguire le loro necessità amorose a scapito delle figlie. Narcisi, distratti, ostinatamente giovani. Maturi mai. Come voleva l’epoca,del resto, come avevamo voluto noi, la generazione che ha lottato per i diritti civili ( aborto, divorzio), ma soprattutto per legittimare la ricerca costante di una qualche forma di felicità per se stessi. Quelli del “tutto e subito”, nemici giurati della maturità che chiede sacrifici. “Sorelle” è diventato , dopo dieci anni, uno spettacolo teatrale molto amato ( Con Lina Sastri e Patrizia Zappa Mulas, regia di Emanuela Giordano). “Sorelline” lo è diventato adesso, teatro, per volontà di una attrice, Marina Massironi, che ha letto, per caso credo, e amato il testo. E ha dato voce e vita ad Angelica e Carlotta con Nicoletta Fabbri, per la regia di Elisabetta Ratti. Titolo: La somma di due. Ho visto lo spettacolo in anteprima, l’anno scorso. Mi sono divertita e sorpresa. Non rileggo mai i miei libri ( ci mancherebbe). Non ricordavo altro che le circostanze in cui l’ho scritto, Sorelline. Mi sono sorpesa perchè tutti, in sala , ridevano. E ridevo anch’io. Ridevo delle fantasiose iperboli dietro cui la piccola Angelica occulta un dolore che non riesce a nominare. Ridevo della programmatica lievità buddista con cui la maggiore, Carlotta, cerca di ristabilire l’equilibrio infranto dai genitori. Ridevo,perchè il testo è molto spiritoso. E mi chiedevo: ma come ho fatto? E’ la commedia più brillante di tutta la mia lunga carriera e l’ho concepita inzuppando di lacrime il cuscino, atterrita di fronte alla prospettiva di dover vivere senza mia sorella, per un’intera vita, e anche, me lo ricordo perfettamente, di dover diventare la madre di sua figlia. Prodigi della letteratura? O forse effetti collaterali di una determinazione ferma e irrevocabile: farcela. Non perdere la voglia di cercare sorelle . Per continuare a giocare. 4 Note biografiche Marina Massironi Nata a Legnano, comincia a studiare recitazione nell' ottobre '82. Due anni dopo arrivano le prime scritture teatrali, successivamente il cabaret e il doppiaggio, quindi la televisione e il cinema. TEATRO 2018/19/20 “LE VERITA’ DI BAKERSFIELD” di Stephen Sachs, regia di Veronica Cruciani, con Roberto Citran 2017/18/19 “ROSALYN” di Edoardo Erba, regia di Serena Sinigaglia. Con Alessandra Faiella. 2017 “SHAHRAZAD, CHI ERA COSTEI?” di Letizia E.M.Piva, liberamente ispirato a “Le Mille e una Notte”.
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