NUMERO 276 in edizione telematica 10 gennaio 2020 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected] Ecco, l’idea è non solo di come ci si arrivi sul filo, a quel traguardo ideale, che ognuno di noi si è dato all’inizio di un percorso, ma perché. Alla fine ogni storia non può che essere originale, soggettiva, personale. Io, dunque, conservo da sempre nell’intimo pensiero una mia visione pressoché onirica dello sport, che mi accompagna dall’adolescenza, che ancora mi tiene per mano, che mi detta un ritmo senza pause, né cali, né soste, di lena piuttosto lunga. Insomma, partendo dalla corsa sappiamo che le diverse forme in cui l’atletica si alleggerisce, sino sintetizzarsi nel decathlon, rappresentano l’esaltazione delle individualità, di fatto il massimo in termini metaforici, ovvero la sintesi del concetto di “Ognun per se e Dio per tutti!”. Cosa vuol dire questo, in termini pratici, ora che la “Regina” è in sofferenza di emozioni, di coinvolgimenti nell’italico immaginario? Che ahimè si è di fronte ad una crisi di vocazioni, talenti e di immaginifici precettori. Insomma un malessere che pervade ormai da troppo tempo chi è nella torre, che fu eburnea per buona parte del XX Secolo. Un calo del desiderio o una crisi da astinenza ? Non c’è dubbio che la millenaria matrice, nobile, blasonata comporta di per se quella sicumera che, nel fare la differenza, tradisce nei fatti il divenire, salvo l’ambizione, l’ardire. Allora, la consapevolezza di rappresentare l’archetipo per eccellenza, l’homo ludens, l’eroica millenaria passata per i Giochi Olimpici, Istmici, Pitici, Nemei, Agoni essere gli eredi, i portatori del mitico messaggio di speranza e di progresso partito con Fidippide, magari fa rinsavire o delirare, vedere orizzonti con luce diversa. Diciamo che occorre percepire quel che è immanente e immateriale, affidato alle potenzialità che non tutti sono capaci di intuire, alla sensibilità che consente di apprezzare fenomeni apparentemente effimeri, ma in realtà straordinari, come lo possono essere un doppio arcobaleno o l’aurora in trasmutazione boreale. In verità, la storia dell’atletica leggera italiana si impunta ogni giorno di fronte alle sue radici negate, quello Stadio di Domiziano, sepolto da quasi duemila anni sotto Piazza Navona, che pazientemente attende la restituzione del ruolo, il riconoscimento e la riconoscenza, per essere la pietra angolare o se preferite nera del movimento mondiale. Basterebbe questo per far capire l’esigenza di un rapporto culturalmente diverso, non snob, ma ambizioso sì, nei confronti di popolo e istituzioni. Una pervicace azione di promozione culturale espressa in modo efficace con mezzi aggiornati, un importante investimento nel campo della comunicazione, dovrebbero sovvertire la stagnazione e l’obsolescenza, mentre la presenza strategica in ogni Comune riconcilierebbe fantasia e realtà sui territori, laddove oggi inattesi e inosservati germogliano e appassiscono anche coloro che potrebbero ambire al podio più alto, SPIRIDON/2 come capitò a quasi tutti i nostri amati, osannati e indimenticati campioni da Lunghi a Pietri a Frigerio, da Maffei a Valla, da Dordoni a Pamich, da Consolini a Tosi, da Berruti a Mennea, da Simeoni a Damilano. Sento di dover descrivere questo aspetto romantico e ideale, passionale che ha contraddistinto i migliori momenti della nostra vita, quando quelli di gloria avevano del trascendentale e prescindevano sintomaticamente dal rapporto burocratico organizzativo, erano avulsi dalle fortune di club titolati, di centri in divisa, da selezioni da bando o parametri di guru testardi, ma si affidava a refoli di vento spiranti dalle più diverse direzioni. In poche parole, l’atletica deve tornare a battere i territori e a rapportarsi con il tessuto sociale, sposando quelle marginalità che più hanno bisogno di identificarsi con l’essenzialità del gesto sportivo, a partire da quello più spontaneo, dal camminare veloce, prima ancora di correre. Occorrono ancora entusiasmo e capacità empatica per recuperare lo spazio che spetta, compiendo un atto doveroso verso la collettività, rivedendo completamente i numeri di società, eventi e praticanti, intercettando tutto quel che è in sospensione, trasformarlo in fertile humus e determinare la ripresa in progressione geometrica. L’atletica è nel DNA di ognuno. Dobbiamo soltanto attivare con sapienza la giusta attenzione, la capacità di misurarsi, di ascoltarsi, di valutarsi a partire dalle opportunità di autostima, tali da cambiare anzitutto la qualità etica del rapporto con se stessi e gli altri. Oggi possiamo portare il verbo o se preferite la proposta per essere diversi, migliori, attraverso la metodologia informatica, i social. Possiamo generare un sistema di promozione diretta, di approccio e assistenza per numeri illimitati di praticanti, salvo le declinazioni successive da dedicare alla fase premiante, alla qualità. Se ricordiamo Ridolfi, Zauli e Nebiolo, piuttosto che Comstock, Oberweger e Rossi occorre abbinare i medagliati sul campo, eccellenze simboliche rappresentative della loro genialità, oltre la sapienza costruttiva con Littoriali, Studenteschi, Campi Scuola, Olimpiadi, Scuola Nazionale, Universiadi, Centri Olimpia, Giochi della Gioventù … Infine, proviamo ad immaginare chi possa ora candidarsi al comando, a principe o consigliore per una fase così importante, per quella che appare come una opportunità di necessaria rinascenza, di operare l’alchimia nell’angusto spazio che rimane tra il vivere e il morire, piuttosto che sopravvivere, sul filo di lana. Ruggero Alcanterini SPIRIDON /3 errare humanum est, perseverare autem diabolicum TORTU INSISTE NELL’ERRORE Nel mese più morto dell’anno per l’atletica, campestri e prime timide riunione indoor escluse, Tortu ci fa sapere che anche nel 2020 privilegerà i 100 nel sogno (assurdo) di poter vincere un’Olimpiade sulla distanza più prestigiosa e stressante del programma atletico. Dunque, secondo noi, continuare nel nefasto proposito di trascurare i 200 dove nell’orticello europeo, avrebbe sicure chance di medaglia nonché di possibile finale mondiale e/o olimpica, tempi alla mano. Non facciamo profezie ma l’investimento totale nei 100 alla fine della carriera potrebbe fargli considerare il settimo posto iridato del 2019 (unico bianco in finale) come il miglior risultato di carriera considerando quell’insormontabile gap di due/tre metri che lo separa dall’eccellenza (da Bolt i metri sarebbero stati più di quattro). Il bello (o il brutto) che nella sua corte di suggeritori (ormai sempre più affollata, non ultima la parola di Fastweb, magniloquente sponsor) nessuno azzarda un’affermazione contraria. Perseverare sarà diabolico, lo scriviamo preventivamente augurandoci di venire smentiti perché nel magro pascolo dell’atletica italiana questo è uno dei rari valori certi su cui investire. Lo era fino a tre anni anche la Trost che in questo lasso di tempo ha combinato davvero poco. Nel 2020 altro giro altra giostra con scoperte che certo non pertengono ad Archimede ma ad un empirismo di seconda mano. “Avevo trascurato di lavorare sulla forza”- la detto la ragazza. Dunque “che la forza sia con lei” e la faccia uscire dalla mediocrità di misure e piazzamenti che a 26 anni dicono veramente poco sperando che le faccia compagnia quella Vallortigara assolutamente orfana dei due metri già toccati. Intanto il calcio compila piani di fattibilità per rinnovare un parco impianti che è sostanzialmente fermo al rinnovamento messo in atto per i mondiali del 1990, quando ci dissero che lo stadio Olimpico aveva bisogno di una copertura, salvo smentirsi un decennio dopo. I progetti riguardano Milano, Bergamo, Brescia, Genova, Udine, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Cagliari, Napoli, Lecce. Dunque un restyling totale delle grandi piazze. E l’atletica che fa, reagisce? No, il desolente planning degli impianti esistenti quando comincia la nuova stagione indoor è sotto l’occhio di tutti. Una nomina del football chiarisce quanto il merito e la competenza siano oggi valori immateriali. Il nuovo presidente della Lega Calcio è il milanese Paolo Dal Pino? Cosa sa di calcio? Assolutamente nulla, dunque è adatto alla carica. Viene dal Brasile e al massimo ha tifato per il Botafogo. Cosa importa? L’esempio di Sabelli a digiuno di sport, tendenzialmente uomo di potere, è illuminante. Uomini sbagliati nei posti sbagliati. Vuoi mettere con Malagò che ha una presenza nella nazionale di calcetto, con Mario Pescante che correva gli 800. No, Petrucci no. Quando è diventato presidente del basket non ne conosceva le regole. Ma a proposito della commistione atletica/calcio apprendiamo con sorpresa (ma anche con sgomento) che il segretario della Fidal Fabio Pagliara fa parte della cordata che vuole rilevare (e salvare) il Catania calcio. Rimaniamo sorpresi e straniti. Pagliara ha i capitali per l’operazione o è solo un uomo-garanzia che si avvale della propria carica istituzionale per una operazione di complessa progettualità. Passione o interesse? Gli resterà tempo per l’atletica in un anno delicato? Di Pietro commenterebbe: “Che ci azzecca?”. Non ci proviamo proprio ad abbozzare un altro improponibile confronto tra atletica e nuoto. Negli europei in vasca corta (paragonabile ai campionati continentali indoor di piste e pedane) il nuoto azzurro ha raccolto venti medaglie con 47 primati personali. Quando mai l’atletica ha avuto una ridda di miglioramenti (programmati) così sensibile. Le classifiche di competenza di fine anno collocano l’atletica azzurra a un 51esimo posto mondiale che la dice lunga. E la buona condizione
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