Federico Visconti Arcivescovo Di Milano

Federico Visconti Arcivescovo Di Milano

fabrizio pagani Un episcopato poco conosciuto: Federico Visconti arcivescovo di Milano Il 28 agosto 1679 moriva a Roma il cardinale Alfonso Litta, arcivescovo di Mi- lano dal 1652: fino alla sua partenza per Roma aveva guidato la diocesi in modo deciso, tanto da guadagnarsi la stima del suo clero e della popolazione. Recatosi a Roma per lucrare le indulgenze dell’anno giubilare del 1675, il Lit- ta non sarebbe più tornato a Milano, avendo deciso di rinunciare al governo diocesano per motivi di salute. Nel mancato ritorno, c’era chi vi vedeva mo- tivazioni di carattere politico: il suo carattere fermo e deciso lo aveva spesso portato a contrapporsi alle autorità spagnole. Forse, non mancava nel Litta anche un pizzico di vanità: qualche amico cardinale aveva lavorato per farlo uscire papa dal conclave del 1676 che invece vedrà eletto il cardinale Benedetto Odelscalchi. Nei periodi di sede vacante, anche i governanti spagnoli erano particolar- mente attenti alla nomina del nuovo arcivescovo. Consapevoli dell’importan- za che assumeva la figura dell’eletto agli occhi del clero e del popolo, davanti a loro si riproponeva il timore che a capo della diocesi venisse posto un pre- lato non gradito. Per questo motivo si cercava di individuare dei candidati lea- li e fedeli che potessero offrire delle garanzie dal punto di vista politico: l’in- flusso che dalla Spagna si poteva esercitare nella nomina era assai ridotto, ma si poteva svolgere un potere di controllo con la concessione del placet. La sede arcivescovile milanese, rimarrà vacante fino all’11 giugno 1681 quando Innocenzo xi eleggerà Federico Visconti nuovo arcivescovo ma il suo soggiorno a Roma si protrarrà di qualche mese perché nella Sacra Rota si di- scuteva una causa riguardante i Borromeo (con cui il Visconti era imparenta- to: sua nonna era la sorella del cardinal Federico), perché si attendeva da Ma- drid il placet di Carlo ii e perché il nipote dell’arcivescovo defunto reclamava i suoi crediti sui beni della Mensa arcivescovile. Il 18 ottobre, il Visconti spediva la sua prima lettera alla diocesi in cui pos- siamo leggere il suo programma d’azione pastorale: 68 fabrizio pagani Al nostro arrivo vorressimo trovarvi tutti disposti a seguitare prontamente la nostra voce, che vi guiderà sempre per la strada della salute, e particolarmen- te vorressimo vedere nel Clero il decoro e la disciplina, ne’ curati la cognizio- ne del prezzo dell’anime, ne’ claustrali la santità ed osservanza de’ loro institu- ti, nelle monache, nobile portione della greggia di Christo, lo spirito della loro vocazione, nelle chiese lo splendore e la riverenza, nelle sagre funtioni la mae- stà e puntualità de’ riti e cerimonie, ne’ seminari e collegi lo studio, la discipli- na e la pietà, negl’hospidali e luoghi pii la carità christiana e la fedeltà dell’am- ministrazione del patrimonio di Christo che è quello de’ poveri, nelle confra- ternità e compagnie la divotione e la pace, nel popolo la frequenza de’ sagra- menti e de’ loro santi instituti, e particolarmente nelle donne la divotione e la modestia, la quale in altri tempi tanto spiccò nelle matrone lombarde, sino ad essere lo specchio dell’Italia tutta; e finalmente in tutta la gioventù, tanto seco- lare, quanto ecclesiastica, l’esercitio nobile della dottrina christiana, che sarà la pupilla degli occhi nostri, et è il più ricco patrimonio e la più pingue heredità lasciataci per antico amore del nostro gran pastore sant’Ambrogio, e per mo- derna nostra felicità con tanto zelo custodita ed augmentata da’ suoi santi suc- cessori e nostri antecessori.1 Sono poche le notizie che ci forniscono i biografi del nuovo arcivescovo sulla sua vita prima dell’elezione episcopale.2 Federico Visconti nasce a Milano, il 4 dicembre 1617 da Carlo, conte di Carbonara e da Francesca Perona dei conti di San Martino, ultimo di sei figli. Studia filosofia al Collegio di Brera, poi passa agli studi di diritto nel Collegio Borromeo di Pavia e a quelli di giuri- sprudenza all’Università di Bologna. Volendosi dedicare allo stato ecclesiasti- co, decide di portarsi a Cremona, presso lo zio Francesco, vescovo di quella città, che ben presto lo convince ad andare a Roma e ad entrare in prelatura. Tornato a Milano per sbrigare alcune necessità familiari chiede di poter esse- re ordinato sacerdote. I cardinali Monti prima e il Litta poi, lo impiegano in diversi incarichi: dal 1651 al 1662 presiede la Biblioteca Ambrosiana, nel 1658 viene nominato al go- verno dell’Ospedale Maggiore, in occasione di diverse vacanze ricopre la cari- ca di vicario generale e di vicario civile e rappresenta l’arcivescovo nel Consi- glio della Fabbrica del Duomo. Nel 1658 viene inviato a Roma dal Capitolo del Duomo e ricomincia la car- riera di Curia. Alessandro vii lo nomina protonotario apostolico e referenda- rio di entrambe le Segnature e lo invia a ricoprire il posto di governatore di Tivoli, poi di Città di Castello e infine, di Montalto. 1 Acta 1897, iv,coll.1281-1286. 2 Su di lui v. Vagliano 1725,pp.424-426; Sassi 1755,pp.1159-1165; Cazzani 1955,pp.260- 262; Castiglioni 1948,pp.151-188; Zardin 1993. Per il periodo storico v. Zardin 1990. federico visconti arcivescovo 69 Nel 1667, Alessandro vii lo richiama a Roma volendo eleggerlo vescovo di Novara ma lo raggiunge la nomina del Collegio dei Giureconsulti al posto di uditore della Sacra Rota, carica che veniva concessa dopo un periodo non bre- ve di esperienza in Curia. In questo ufficio il Visconti, acquista grande stima per la sua competenza e per la sua saggezza nel giudicare. La sua biografia, ricalca il tipico canovaccio della carriera dei prelati pro- venienti da famiglie di origine nobile che erano destinati a ricoprire posti di responsabilità nella Chiesa. Anche per questo motivo alla morte del cardinale Litta, il Visconti dopo una carriera di primo piano al servizio della Santa Sede, si impone come il candidato alla successione preferito da Milano. Due sono gli atti che meglio caratterizzano l’azione pastorale di Federico Visconti: la visita pastorale e la celebrazione del xxxvii Sinodo diocesano. Ultimate le feste e gli impegni ufficiali e di convenienza per l’ingresso in diocesi, il Visconti si accinge ad iniziare le fatiche del suo ministero. Nono- stante l’età ormai avanzata e i problemi degli inizi del ministero, il Visconti inizia, spinto dallo zelo pastorale e dal desiderio di imitare Carlo Borromeo, la visita pastorale. Dopo aver inviato nei primi mesi del suo episcopato alcu- ni visitatori a raccogliere notizie sulle varie pievi, il Visconti annuncia: Ora verremo Noi in persona a visitarvi, fratelli dilettissimi. E per che fare ver- remo Noi in persona? Per far appunto ciò che di non haver fatto rinfaccia con minaccie Iddio a neghittosi pastori … Verremo a pascervi con la parola d’Id- dio, con i Santi Sagramenti e con altri profittevoli alimenti dello Spirito. Ver- remo con l’aiuto del Signore ad ingargliardire le debolezze … Verremo a far tutto ciò, che da Noi vuole il Sagro Concilio di Trento … Introdurre la Catto- lica dottrina dove non è e mantenerla incorrotta dov’è, sostenere i buoni co- stumi e correggere i malvagi, ricondurre con paterne ammonitioni gli erranti al diritto sentiere, et indurvi tutti con pastorali esortazioni alla religione.3 Dopo aver visitato per prima la chiesa cattedrale in segno di omaggio, il Vi- sconti decide di affrontare subito i luoghi più lontani e disagevoli della dioce- si, preoccupato per l’avanzare dell’età e per la debolezza della vecchiaia, come egli stesso ricorda nella relazione presentata in occasione della visita ad limi- na nel 1689.4 Il Visconti inizia quindi, la visita dalle valli svizzere alla fine del giugno 1682 accompagnato da Bartolomeo Capra, vescovo di Bobbio e da un piccolo seguito. Qui trovava una particolare situazione: le autorità svizzere avevano prevaricato la giurisdizione ecclesiastica nominando alcuni parroci ed occu- 3 L’editto per l’indizione della visita pastorale è in I-Mas, Fondo di religione p. a., cart. 371. 4 I-Rasv, Congregazione Concilio, Relationes 509/a; pubbl. in Sala 1862, i,pp.549-564. 70 fabrizio pagani pando il seminario di Pollegio. Il Visconti conduce prudentemente la visita preoccupato di evitare nuovi problemi con le autorità: ottiene la restituzione del seminario e che i conflitti giurisdizionali venissero regolati con un concor- dato.5 Il Visconti, anno dopo anno, continua la visita, alternando le pievi alla cit- tà, e la termina nel 1689.6 Per visitare i luoghi pii e le chiese esenti, ottiene nel 1687 un decreto di Carlo ii 7 e l’anno dopo, da Roma ottiene il permesso di vi- sitare le chiese degli ordini religiosi e delle confraternite.8 Dalla relazione del Visconti alla Congregazione del Concilio, sembra usci- re una certa soddisfazione per essere riuscito a visitare la vasta diocesi in set- te anni. Dagli atti delle visite traspare, invece, la figura di un pastore zelante, amante del suo popolo, che si muoveva sempre con prudenza cercando di ap- pianare i conflitti con le autorità, ottenendo sempre quello che si proponeva. Nella seconda metà del Seicento si assiste ad un potenziamento dell’appa- rato ecclesiastico (dei circa 2100 sacerdoti dell’inizio del secolo si passa ai 3300 del 1689) ed anche il numero dei candidati all’ordine sacro aumenta; le scuo- le della Dottrina cristiana si espandono; le confraternite laicali, sopravvissute alle epidemie e alle guerre della prima metà del Seicento, riprendono a vivere con un nuovo dinamismo ed altre, di nuova erezione, arricchiscono il nume- ro di quelle nate nel periodo borromaico. Dal punto di vista organizzativo della vita diocesana si ricalca fedelmente l’esempio di Carlo e Federico Borromeo: la rete di parrocchie, pievi e vicaria- ti rimane in piedi.

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