Eugenio Curiel tra « lavoro legale » e azione clandestina È stato per lungo tempo un destino comune a molti dei militanti che hanno sacri­ ficato la vita nella lotta armata contro il fascismo quello di essere ricordati e ce­ lebrati piuttosto come martiri della Resistenza « caduti sul campo » che come teo­ rici e dirigenti politici della nuova Italia. Il sacrificio compiuto ha accomunato queste figure nella rievocazione commossa dei compagni di lotta e nell’encomio, sovente retorico e di maniera, dell’Italia ufficiale, ma ha forse ritardato l’indagine storica sul significato spesso non secondario e talvolta essenziale del loro contributo complessivo, ideale oltre che militante, alla lotta contro il fascismo. Basti ricordare, per citare soltanto alcuni uomini provenienti da esperienze diverse e di diverso rilievo, i nomi di Ermanno Bartellini, di Giaime Pintor, di Eugenio Colorni '. Il caso di Eugenio Curiel, ucciso dai fascisti a soli due mesi dalla liberazione, può essere almeno in parte visto sotto questa luce: è vero che già nel 1955 uscì, a cura di E. Modica, una prima raccolta di scritti del dirigente triestino1 2, che mise in luce la sua eccezionale statura intellettuale e politica: ma si trattava di un ap­ proccio ancora largamente insufficiente, tale da non poter rendere appieno, come ha riconosciuto più tardi onestamente lo stesso curatore, il significato del suo pensiero e della sua esperienza, anche perché si basava su fonti limitate, che avreb­ bero subito in seguito integrazioni essenziali. La raccolta di Modica non suscitò co­ munque per l’elaborazione teorica di Curiel e per la sua esperienza di lotta contro il fascismo l’interesse che sarebbe stato lecito attendersi: e sostanzialmente la co­ noscenza dell’opera del dirigente del Fronte della gioventù non fece più alcun passo avanti fino a quando sette anni dopo S. Merli, nel suo importante saggio La rinascita del socialismo italiano e la lotta contro il fascismo dal 1934 al 1939ì, documentò la partecipazione di Curiel all’attività e all’elaborazione del centro interno sociali­ sta fra il 1938 e il 1939 e avanzò su questa base un’interpretazione nuova e per 1 Degli scritti di E. Bartellini esiste una raccolta abbastanza esauriente, La rivoluzione in atto, Firenze, 1967, con un interessante saggio introduttivo di S. Bologna; di G. Pintor si veda 11 sangue d’Europa, a cura di V. Gerratana, Torino, 1965: ma la sua figura non è stata oggetto dell’attenzione che meriterebbe. Di E. Colorni, poi, una personalità di grande rilievo intellettuale e politico nella storia dell’antifascismo italiano, non sono finora stati raccolti gli scritti, né è stato mai studiato specificamente l’itinerario culturale e politico. 2 E. Cu riel, Classi e generazioni nel secondo Risorgimento, a cura e con introduzione di E. Modica, Roma, 1955. 1 I stituto G iangiacomo Feltrinelli, Documenti inediti dell’archivio Angelo Tasca. La rinascita del socialismo italiano e la lotta contro il fascismo dal 1934 al 1939. Introdu­ zione e documenti a cura di S. Merli, Milano, 1963 (apparso anche in Annali Feltrinelli, 1962, pp. 541-844). 64 Aldo Agosti parecchi versi stimolante del suo pensiero, ma tale — sembrò a molti — da accen­ tuarne indebitamente alcuni aspetti, isolandoli o astraendoli da un’esperienza com­ plessiva che restava tutto sommato poco conosciuta. Il lavoro di Merli fu comun­ que d’impulso a un certo risveglio d’interesse per la figura di Curiel: nel 1965 fu uno studioso attento ai fenomeni della storia delle idee e della cultura come E. Garin a tentare un primo bilancio comprensivo e organico del suo itinerario in­ tellettuale, in un articolo ricco di notazioni acute ed essenziale soprattutto per la intelligenza degli scritti teorici del comunista triestino4. Successivamente il riordino degli archivi del PCI portò alla luce alcuni documenti nuovi di fondamentale im­ portanza e consentì a E. Modica alcune precisazioni pregnanti sull’attività clan­ destina di Curiel fra il 1937 e il 19395 che non furono senza eco nel dibattito aperto in quei mesi dall ’Unità sulla storia del PCI6. La figura e l’opera di questo singolare intellettuale e dirigente politico sono venute da allora crescendo nella considerazione della cultura italiana militante, acquistandosi un posto di rilievo anche nella storiografia sul PCI7 *. Ora finalmente la pubblicazione a cura di F. Frassati di un’edizione critica pressoché completa degli scritti di Curiel dal 1935 al 1945 fornisce la base documentaria indispensabile per una valutazione comples­ siva della sua esperienza e per una riflessione più approfondita sulla sua eredità ideale, mentre la prefazione di Giorgio Amendola che vi è premessa, affrontando alcuni nodi storici e politici di notevole rilievo, arricchisce e stimola il dibattito già in corso '. Dei due volumi di cui consta l’opera, è certamente il secondo, in cui sono com­ presi gli scritti apparsi sulla stampa comunista dell’Alta Italia dal dicembre ’44 al febbraio ’45, quello che parla il linguaggio più attuale e affronta in modo più di­ retto temi ancora oggi al centro del dibattito politico e di importanza cruciale per una strategia di avanzata al socialismo in Italia: basti pensare al contributo dato da Curiel alParricchimento e alla precisazione del concetto di « democrazia pro­ gressiva » o alle sue riflessioni sul problema dei cattolici e del loro ruolo nella po­ litica italiana. Tuttavia l’originalità del dirigente triestino e l’importanza del suo contributo alla lotta contro il fascismo risaltano, a nostro avviso, in modo ancora maggiore nelle pagine del primo volume, e particolarmente in quelle nelle quali si riflettono la sua capacità di analisi del fascismo come regime reazionario di massa e la sua funzione di interprete delle esigenze nuove delle avanguardie operaie e intellettuali italiane. A queste pagine, appunto, vogliamo dedicare le note che seguono. 4 E. G arin, Eugenio Curiel nella storia dell’antifascismo, in Studi storici, 1965, n. 1, pp. 3-24. 5 E. Modica, Curiel e la prospettiva unitaria del partito nuovo, in Critica marxista, novembre-dicembre 1969, n. 6, pp. 159-172. Un utile contributo alla conoscenza di Curiel, per la ricchezza delle testimonianze che contiene, è anche il volume Eugenio Curiel dall’an­ tifascismo alla democrazia progressiva, a cura di M. Quaranta e E. Franzin, Padova, 1970. 6 Cfr. in particolare: E. Modica, Curiel e l’attività clandestina (4 marzo 1970); A. D onini, Curiel e il partito (27 marzo 1970); E. Modica, Il « problema Curiel » (29 marzo 1970). 7 V. in particolare P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano. I fronti popolari, Stalin, la guerra, vol. III, Torino, 1970, in cui a Curiel è dedicato un capitolo assai infor­ mato ed equilibrato nel giudizio. Importanti anche le considerazioni di E. Ragionieri, Il partito comunista, in L. Valiani-G. Bianchi-E. Ragionieri, Azionisti, cattolici, comunisti nella Resistenza, Milano, 1971, pp. 369-372. 1 E. Curiel, Scritti 1935-1945, a cura di F. Frassati e con prefazione di G. Amendola, 2 voli., Roma, 1973. Eugenio Curiel tra ■■ lavoro legale » e azione clandestina 65 Il dato che immediatamente colpisce nella biografia di Eugenio Curiel è quello di una formazione culturale travagliata e complessa, diversa, in ogni caso, da quella della maggior parte degli intellettuali suoi coetanei cresciuti politicamente nell’Italia fascista e approdati al comuniSmo intorno alla metà degli anni ’30. Comune a que­ sti ultimi è in genere una formazione umanistica, in cui opera ancora profonda­ mente, in modo diretto o indiretto, l’influenza dell’idealismo filosofico: è all’interno di questo tipo di formazione che maturano gli elementi prima di fronda e poi di rottura con la cultura fascista ufficiale, ed è dalle premesse idealistiche che avviene in modo relativamente lineare il passaggio al marxismo. L’itinerario intellettuale del giovane Curiel è, per quanto si può appurare dai pochi scritti che ha lasciato e dalle testimonianze raccolte dai suoi biografi, sostanzialmente diverso: esso pren­ de le mosse da una viva simpatia per il pensiero di Rudolf Steiner e per la cor­ rente antroposofica — a cui, ricorda giustamente Amendola, la gioventù intellet­ tuale di formazione crociana e gentiliana guardava con indifferenza o malcelato fastidio — e si svolge poi attraverso un severo tirocinio scientifico alla scuola del fisico Bruno Rossi. Non è purtroppo possibile, sulla base degli scritti giovanili che conosciamo, accertare attraverso quali tappe questo itinerario abbia portato il di­ rigente triestino al marxismo. Si può dire però con certezza che i suoi conti con l’idealismo avvengono su un terreno insolito per la generazione cui egli appartiene: ciò che gli permetterà, negli anni più maturi, di metterne in evidenza i limiti e i punti di crisi, ma insieme di riconoscerne e di ricuperarne gli elementi positivi, ri­ componendoli in una concezione generale della società e della storia rigorosa ed equilibrata, priva delle brusche lacerazioni e delle insuperate contraddizioni interne che si trascinano dietro molti dei suoi coetanei. La sua critica del Manuale di Bu- charin, scritta nel periodo del confino, è sotto questo riguardo esemplare9. Ora, la lezione di questa formazione tecnica e scientifica — non disgiunta, ovvia­ mente, da una solida preparazione culturale spaziarne in tutti i campi — si av­ verte in modo sensibile nell’approccio di Curiel ai problemi italiani, che appare contraddistinto dall’applicazione di un metodo sperimentale d’indagine alla realtà del fascismo e insieme da un estremo rigore logico. Fu proprio l’esigenza di mi­ surarsi con il fascismo com’era effettivamente a quindici anni dal suo avvento al potere e non con l’immagine sbiadita che ne conservavano tanti ambienti del fuo- ruscitismo, di scoprirne giorno per giorno la natura attraverso l’analisi della realtà concreta, della fabbrica fascista, della scuola fascista, dell’ambiente fascista della cultura, che indusse Curiel a scegliere il terreno dell’« azione legale » come il più congeniale al suo impegno.
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