Eduardo De Filippo

Eduardo De Filippo

EDUARDO DE FILIPPO 1900-1905 Eduardo De Filippo nasce a Napoli, in via Giovanni Bausan, il 24 maggio 1900. Sua madre, Luisa De Filippo (1878-1944), appartiene a una modesta famiglia di commercianti di carbone. Suo padre, il commendator Eduardo Scarpetta (1853-1925), è un autore e attore comico di grande successo; non un figlio d’arte, ma l’ultimogenito di un "ufficiale di prima classe agli affari ecclesiastici al Ministero" (ES 1922). Sul favore del pubblico, un pubblico borghese che va a teatro per divertirsi, Scarpetta ha costruito la propria fama e una solida ricchezza. Il successo gli ha procurato pero’ anche parecchi avversari tra gli intellettuali e gli scrittori napoletani che lo accusano di avere contribuito ad affossare, col suo repertorio troppo disimpegnato e facile, in gran parte importato dalla Francia, la più autentica tradizione teatrale napoletana, sostituendo nel favore del pubblico la maschera borghese di Felice Sciosciammocca a quella, ben più antica e nobile, di Pulcinella. Al momento della nascit a di Eduardo, Scarpetta all’apice del successo. La compagnia dialettale che porta il suo nome si esibisce nei grandi teatri: soprattutto a Napoli (al Sannazzaro, al Mercadante) e a Roma, al Valle, con stagioni che durano anche diversi mesi. Eduardo Scarpetta e Luisa non sono sposati. Lui, che ha venticinque anni più di lei, ne è ufficialmente lo zio, avendo sposato la sorella di suo padre, Rosa De Filippo, che gli ha dato tre figli: Domenico (riconosciuto da Scarpetta, ma nato da una precedente liaison di Rosa con il re Vittorio Emanuele II); Vincenzo (1876-1952), ormai entrato in pianta stabile nella compagnia del padre; e Maria (1890- 1949), l’amatissima figlia nata forse dalla relazione di Scarpetta con una maestra di musica, poi accolta da Rosa come figlia. Anche dalla relazione con Luisa è già venuta al mondo, nel 1898, una bambina, Annunziata, detta Titina, e nel 1903 nascerà Giuseppe, detto Peppino. A causa degli impegni teatrali della famiglia, quest’ultimo, dal momento della nascita fino all’età di cinque anni, verrà messo a balia a Caivano, un paese fra Napoli e Caserta. Il ritorno a casa sarà traumatico e questa esperienza condizionerà per sempre il suo rapporto con i genitori naturali e con i fratelli, come confessa lo stesso Peppino in un libro di memorie dal titolo eloquente: Una famiglia difficile (1976). La complicata genealogia annovera ancora altri discendenti illegittimi: Ernesto Murolo (1876- 1939), che diventerà anch’egli poeta, autore drammatico e m usicista; e, quasi coetanei di Eduardo, Eduardo e Pasquale De Filippo (in arte Passarelli), figli di Anna De Filippo, sorellastra di Rosa, che vive stabilmente in casa Scarpetta. Benché non ratificata da documenti o atti ufficiali, la relazione Scarpetta-De Filippo è di pubblico dominio. Su questa certezza, molti anni più tardi Eduardo fonderà un ironico paradosso: "La paternità dei figli legittimi è sempre dubbia. Quella degli illegittimi, al contrario, viene accertata col consenso popolare e diventa verità sacrosanta. La mia paternità è indiscutibile!". La relazione tra Luisa e Scarpetta ha tutti i caratteri di un ménage matrimoniale parallelo. Le due famiglie, quella ufficiosa e quella ufficiale, vivono a poca distanza l’una dall’altra: Luisa con i figli in via Ascensione a Chiaia (uno dei quar tieri più eleganti della città); la famiglia legittima in un bel palazzo al numero 4 di via Vittoria Colonna. Le visite di Scarpetta in casa di Luisa sono quotidiane. Lui arrivava nella sua carrozza chiusa o aperta a seconda del tempo. Nel mentre zio Scarp etta fumava la sua sigaretta "col bocchino d’oro", sua nipote, mia madre, si era già preoccupata di portargli una tazza di caffè e lui la sorseggiava con gusto. I loro discorsi si rivolgevano ai fatti della vita di tutti i giorni: spese giornaliere, avvenimenti teatrali, pettegolezzi di vicini. Quando era per lui l’ora di andarsene, mia madre lo accompagnava alla porta e lo salutava con un bacio, poi correva subito ad affacciarsi al balcone della stanza da pranzo e vi rimaneva fino a quando la carrozza gira va l’angolo della strada; in quel momento si salutavano ancora con un cenno di mano. Ai pasti di Luisa e dei figli (razionati con oculata parsimonia dal capofamiglia) provvede direttamente la cucina di casa Scarpetta: [Il pranzo] lo portava uno sguattero, tutti i giorni alla stessa ora, verso le 15, puntuale come la morte, spuntava sulla strada dell’angolo di via Vittoria Colonna e traballante a causa del peso della grossa stufa di latta che doveva tenere in equilibrio sulla testa, scendeva guardingo la lunga rampa di scale che conduceva al portone di casa nostra… . I pranzo consisteva in un primo, secondo e frutta. Il pane e il vino toccava a mia madre procurarseli. Spesso è Luisa, elegante, giovane e bella, ad accompagnare Scarpetta a teatro la sera. Quando poi lui deve trasferirsi con la compagnia a Roma, per quelle stagioni che durano anche tutto l’inverno, porta con s al completo entrambe le famiglie, che sistema in abitazioni diverse ma vicine. "Quando Eduardo Scarpetta viaggiava, si muoveva con le donne, cavalli, carrozze, bambini, suppellettili: un vero re!", ricorda Eduardo. A differenza di Peppino, Eduardo non farà mai pubbliche dichiarazioni sulle circostanza della propria nascita ed eluderà sistematicamente tutte le domande dei giornalisti sull’a rgomento. A Luigi Compagnone che, in occasione del suo ottantesimo compleanno, gli chiede: "il tuo fu un padre severo o un padre cattivo?", risponde: "Fu un grande attore". 1906-1912 Debutta al Teatro Valle, il 6 febbraio 1906, nella parodia di un’operet ta di successo, La geisha, di Sidney Jones, Il ruolo della protagonista, la geisha Mimosa-San, è interpretato en travesti, da Vincenzo Scarpetta. Eduardo, in costume da giapponesino, entra in scena durante il coro finale. ... indossavo un minuscolo kimono a fiori dai colori vivaci che avevo visto cucire da mia madre qualche giorno prima. Improvvisam ente mi sentii afferrare e sollevare in alto, di faccia al pubblico, con la luce dei riflettori che mi abbagliava e mi isolava dalla folla. Chissà perché mi misi a battere le mani e il pubblico mi rispose con un applauso fragoroso. Quella emozione, quell'eccitamento, quella paura mista a gioia esultante... io le provo ancora oggi, identiche, ad una prima rappresentazione, quando entro in scena. Da figlio d'arte, ha modo di frequentate le prove, affinando, così fin da bambino le sue doti di osservatore critico. Avevo sei, sette anni e passavo giornate intere a teatro. Una commedia, o dalle quinte, o da un angolo in platea, o con la testa infilata tra le sbarre della ringhiera del loggione, o da un palco me la vedevo chissà quante volte. Ricordo con chiarezza che perfino gli attori che più ammiravo e che più mi entusiasmavano, come mio padre Eduardo Scarpetta, o Pantalena, o la splendida Magnetti, suscitavano in me pensieri critici. "Quando farò l'attore io, non parlerò così in fretta", oppure: "Qui si dovrebbe abbassare la voce", oppure: "Prima di quello strillo ci farei una pausa lunga almeno tre fiati". Nel 1909 recita con i fratelli nella commedia di Scarpetta Nu m inistro’mmiezzo’e guaie ; e assieme a Titina, prende parte alla "grande commedia rivista fantastico-musicale" L’ommo che vola, di Scarpetta e Rambaldo (Rocco Galdieri), che va in scena a Napoli, al Teatro Bellini, il 6 maggio. Secondo l'uso del tempo, la rivista ripropone in chiave satirica e parodistica avvenimenti di attualità: gli scioperi dei lavoratori, le imprese dell'aviatore Wright, la Salomè di Strauss andata in scena al San Carlo di Napoli, e, naturalmente, il personaggio del momento, il poeta Gabriele D'Annunzio. Eduardo compare proprio nel quadro ambientato nella villa dell'Immaginifico, nelle vesti di un paggetto incaricato di spargere fiori al suo passaggio. Due anni più tardi D'Annunzio sarà bersaglio degli strali di Scarpetta anche in un'altra rivista, Cielo e terra, scritta in collaborazione con Rocco Galdieri, in cui "Il Divino Autore del San Sebastiano compare in mezzo a una processione chiesastica con ceri e canto di litanie". Scarpetta si vendica così per la causa di plagio, conclusasi un anno prima a suo favore, intentata da D'Annunzio alla sua parodia Il figlio di lorio. Questa vicenda legale forse non è estranea alla decisione dell'attore di abbandonare le scene alla fine dell’anno comico 1909 -10. Ha solo 57 anni ed è al culmine della carriera, ma da qualche tempo soffre di un disturbo non infrequente fra gli attori di successo: lo stage fright, la fobia da palcoscenico. Anche dopo il ritiro, comunque, Scarpetta continuerà a seguire da vicino le sorti della compagnia che porta il suo nome e a fornirle il repertorio. La conduzione vera e propria passa invece gradualmente nelle mani del figlio Vincenzo, che eredita anche il personaggio di Felice Sciosciammocca. Il vero battesimo in arte è per Eduardo, come per i suoi fratelli, l'interpretazione del personaggio di Peppiniello nella commedia più famosa di Scarpetta: Miseria e nobiltà. Un manifesto lo segnala in questo ruolo il 27 marzo 1911, al Teatro Mercadante di Napoli, in occasione di una serata di gala per il cinquantenario dei Regno d'Italia. Alla fine dell'estate 1911 viene messo in collegio assieme a Peppino. E’ Scarpetta a occuparsi direttamente della sua educazione: "Dal 1911 al 1914 il geniale uomo di teatro si interessò a me quasi ininterrottamente, sia facendomi studiare, sia indicandomi le scorciatoie che potevano farmi raggiungere in più breve tempo la porta grande del teatro. Ma la sua esperienza scolastica durò poco, interrotta com'è, dopo appena un paio d'anni di collegio, da una fuga. "A tredici anni ho lasciato a metà il ginnasio, ho interrotto gli studi scolastici e mi sono dedicato interamente al teatro.

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