Storia dei principali Tricolori Itali ani e della musica Ri sorgimental e A cura di: Andreoli Simone Roscia Simone Il 10 aprile 1796 le truppe di Napoleone entrano in Italia e occupano i ducati di Milano e Mantova: durante la campagna Napoleone forma delle coorti di volontari: la Legione Lombarda usa una bandiera coi colori della guardia milanese, ma che ricalca il Tricolore francese dal quale dipende direttamente. La Guardia Nazionale milanese riceve il 12 brumaio (2 novembre) 1796 le insegne dove appaiono i simboli rivoluzionari che, per smarcarsi dai segni religiosi, sono di derivazione classica: il cappello frigio indossato dagli schiavi liberati della Roma antica, il fascio littorio delle libertà romane, le corone di foglie che rappresentano la forza e la concordia . Napoleone invade anche i territori di Reggio e Modena, tolti agli Estensi, e di Bologna e Ferrara, sottratti al Papa. A ottobre del 1796 a Modena un congresso dei delegati delle 4 province dà vita alla Confederazione Cispadana, e a dicembre a Reggio alla Repubblica Cispadana, con un proprio esercito: il 12 febbraio 1797 le Guardia Civica sfila per Modena con la bandiera conosciuta attraverso il disegno del cronista don Antonio Rovatti. I patrioti italiani che si unirono all'esercito francese, in onore ai primi martiri del Tricolore, Luigi Zamboni e Giambattista De Rolandis condannati all'impiccagione, nel tentativo di liberare Bologna dall' oppressione dello Stato della Chiesa nel 1794, assunsero come bandiera militare un Tricolore con simboli di libertà e con gli stessi colori verde, bianco e rosso delle coccarde con cui i patrioti bolognesi si erano fregiati durante le loro riunioni segrete. Il 18 nevoso (7 gennaio) 1797 a Reggio Emilia nella sala dell’archivio ducale (oggi detta sala del Tricolore) il congresso della Repubblica Cispadana adotta il Tricolore non più come vessillo militare, ma come bandiera di valore politico: nella faretra, che sovrasta i segni della vittoria, le frecce rappresentano le quattro province che si sono unite. Non abbiamo un esemplare di questa bandiera, che fu ricostruita dal massimo storico del Tricolore, Ugo Bellocchi, nel corso del secolo XX. Bandiera della 1ª Compagnia Città di Milano degli Usseri di Requisizione della Repubblica Cisalpina, vivaio degli ufficiali per la cavalleria. Ai 60 Usseri di Milano viene consegnata la bandiera il 26 ottobre 1797 . A maggio del 1797 Napoleone stacca le provincie di Modena e Reggio dalla Repubblica Cispadana alla quale annette le Romagne e le destina alla Repubblica Transpadana che dà alle sue coorti un Tricolore col berretto frigio e l’archipendolo; il 9 luglio 1797 le riunifica nella Repubblica Cisalpina. L’11 maggio del 1798 il Consiglio Repubblicano ufficializza il Tricolore verticale di forma quadrata. Napoleone, proclamato primo console, scende nuovamente in Italia da Aosta a maggio del 1800: il 2 giugno entra a Milano e il 14 vince a Marengo. Ad agosto la Legione Italica, ora Divisione Italica, usa un Tricolore con al centro l’archipendolo e il cappello frigio, di cui don Antonio Rovatti di Modena fornisce una ricostruzione nella sua Cronaca. Il 2° Reggimento Usseri della Repubblica Cisalpina adotta uno stendardo con la berretta rivoluzionaria sopra un fascio, che per tutto l’Ottocento rimarrà un simbolo dell’unione popolare: il retro di queste bandiere portava motti politici, come quello che dice “La sicurezza consiste nel concorso di tutti per assicurare i diritti di ciascuno”. Napoleone Bonaparte viene proclamato Presidente della Repubblica Italiana il 26 gennaio 1802 dai deputati della Repubblica Cisalpina: rimarrà divisa in dipartimenti corrispondenti ai bacini fluviali dell’Alto Po, Agogna, Olona, Lario,Mella, Mincio, Serio a nord e a sud, Crostolo, Lano, Mella, Panaro, Reno, Basso Po, Rubicone. Fra il 1803 e il 1805 i Granatieri a Cavallo della Guardia del Presidente della Repubblica Italiana usano lo stemma con i simboli di giustizia adottati a maggio del 1802 . Il 20 agosto 1802, su proposta del Ministro della Guerra Trivulzi, il Governo della Repubblica approva il cambiamento della “Bandiera di terra e di mare” dello Stato. La forma del nuovo vessillo sarà “un quadrato a fondo rosso, in cui è inserito un rombo a fondo bianco, contenente un altro quadrato a fondo verde”. La decisione presa resterà in vigore, fino al 1814, anche dopo la proclamazione del Regno d’Italia, con lievi varianti riconosciute ai drappi di taluni reparti militari o adottate in circostanze particolari. Il motivo sarà ripreso nello stendardo quirinalizio del secolo XXI. Dal marzo 1805 fino all’abdicazione di Napoleone e poi di Beauharnais dell’aprile 1814 la bandiera del Regno d’Italia napoleonico porta al centro l’aquila imperiale: il suo territorio arriva a estendersi all’Italia orientale fino alle Marche, alla Dalmazia e per un periodo a Ragusa. Musica e passione nell’unità d’Italia La musica italiana durante l'Ottocento conobbe una fioritura straordinaria e un altrettanto eccezionale successo in tutta Europa. Come già nel Settecento, furono italiani molti musicisti di grande talento, ma anche cantanti, impresari, direttori dei teatri delle maggiori capitali europee; e ancor oggi l'italiano costituisce una parte importante del linguaggio musicale. Il genere che ebbe maggior seguito in quel periodo fu senza dubbio l'opera lirica, in particolare quella di argomento drammatico o "melodramma". La rappresentazione di un'opera era allora un evento di eccezionale importanza: anche per il suo stesso modo di essere che mette insieme lo spettacolo scenico, la musica e un intreccio narrativo spesso commovente, essa costituiva un'occasione particolarissima capace di suscitare vero entusiasmo in un'epoca in cui le possibilità di intrattenimento non erano molte. “Pensa alla tua patria,e intrepido il tuo dover adempi: vedi per tutta Italia rinascere gli esempi,d’ardir e di valor” Musicisti celeberrimi furono, in Italia,Gioacchino Rossini, Vincenzo Bellini e soprattutto Giuseppe Verdi. Quest'ultimo divenne l'autore più noto del Risorgimento, per la passione libertaria che seppe dare ad alcuni motivi (specialmente affidati al coro), subito accolti e diffusi in tutta la penisola. Già Mazzini, in un saggio del 1836, aveva auspicato il sorgere di una nuova musica, non più salottiera e aristocratica, ma popolare, che sapesse esprimere con un linguaggio fresco e immediato i più nobili sentimenti della nazione e dell'amor patrio; e individuava appunto nel coro lo strumento più efficace per attingere a una fusione ideale degli animi di migliaia di persone e spronarle a un agire comune. Il "magico" potere della musica, capace di commuovere e di incitare all'azione le masse popolari, era ben noto anche ai regimi conservatori, che per questo la temevano. Ogni nuova rappresentazione veniva guardata con sospetto dalla censura austriaca o da quella dei vari Stati italiani, tanto che vennero presi provvedimenti restrittivi per motivi di ordine pubblico. “Italia o morte!” Ad esempio, la platea del Teatro alla Scala di Milano fu divisa in due parti (ognuna dotata di un proprio ingresso): nelle prime file prendeva posto la milizia austriaca, mentre ai normali spettatori era riservato il fondo della sala. Ma ugualmente non mancarono gli attriti e gli incidenti. Così, quando a Milano, nel 1859, venne cantato il coro "Guerra,guerra!" della Norma di Bellini, scoppiò il finimondo: il pubblico italiano si levò in piedi applaudendo freneticamente, mentre gli ufficiali austriaci iniziavano a urlare contro il pubblico. Da allora, e per tutte le successive rappresentazioni, il comando austriaco proibì che il coro venisse eseguito. Uguali entusiasmi suscitavano altre arie di Bellini, come quella dei Puritani, "Suoni la tromba e intrepido io pugnerò da forte". Ma i cori più celebri di tutta la storia della musica Italia ne restano certamente quelli di Verdi, del quale ricordiamo: "Viva Italia! Un sacro patto" e "O Signor che dal tetto natio" da I Lombardi alla prima crociata; e soprattutto il "Va' pensiero" dal Nabucco. Sogno di un nuova Italia risorgimentale di Davide Passafaro.
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