La Lunga Notte Dell'est

La Lunga Notte Dell'est

LA LUNGA NOTTE DELL’EST Rapporto sulla libertà di informazione nelle repubbliche dell’ex Unione Sovietica a cura di Stefano Neri introduzione di Claudio Martini presentazione di Vittorio Strada LA LUNGA NOTTE DELL’EST LA LUNGA NOTTE DELL’EST RAPPORTO SULLA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE NELLE REPUBBLICHE DELL’EX UNIONE SOVIETICA acuradiStefanoNeri introduzione di Claudio Martini presentazione di Vittorio Strada Edito dall’Osservatorio internazionale sulla libertà di informazione (OLI) in collaborazione con Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Arci Nuova Associazione e Acli. Realizzazione Informazione senza frontiere via de’ Medici 2 50122 Firenze tel +39 055 2398358 fax +39 055 210807 e-mail: [email protected] http://www.italian.it/isf Traduzioni Valentina Dirindin Anja Gepponi Jeff Hoffman Sara Mannocci Ringraziamenti Barbara Trionfi (International Press Institute, Vienna) Stefania Sorge (per il lavoro di ricerca) Copertina Stefano Frosini Progetto grafico e realizzazione: A.gra, Milano Il volume è stato realizzato con il software Corel Ventura I caratteri utilizzati sono eurostile e novarese, originariamente disegnati da Aldo Novarese Stampa SG snc, Firenze Chiuso in redazione nel mese di marzo 2003 Finito di stampare nel mese di aprile 2003 SOMMARIO VII Il suono del silenzio di Claudio Martini IX Dalla glasnost alla “verticale del potere” di Vittorio Strada XII Quelle democrazie con la testa mozzata di Stefano Marcelli XV Russia: giustizia in rosso di Marco Bertotto XVII Divulgazione, formazione e testimonianze per la libertà di stampa di Carlo Umberto Salvicchi 1 Sergej Duvanov 2 L’occidente non può ignorare l’oppressione kazaka, che tratta ildissensocomeaivecchitempi di Claudia Rosett 4 Gheorghij Gongadze 7 Hanno assassinato mio marito perché denunciava la corruzione di Alberto Stabile 8 Antonio Russo 9 Quando di libertà d’informazione si muore di Furio Colombo 11 Grigory Pasko 14 Roddy Scott 15 Quante righe vale la vita di Roddy Scott? di Carlo Gubitosa 17 Guerra, terrorismo e giornalismo di Anna Politkovskaia 19 Uzbekistan: ritorno all’URSS? di Alex Lupis e Richard McGill Murphy 22 Armenia: un reporter paga il prezzo della indipendenza di Mark Grigorian V SOMMARIO 23 I media controllati dal Cremlino di Alexander Pumpiansky 25 Il “Golden pen of freedom” edizione 2003 alla Belarusian Association of Journalists 26 In zona di guerra di Olga Tarasov 27 Parziale vittoria della libertà di stampa in Azerbaijan di Jacqueline Kozin 29 Tajikistan: l’autocensura che soffoca i media di Antoine Blua 31 Russia: leggi sui media e terrorismo di Olga Tarasov 31 Ucraina 33 I 15 paesi dell’area di Barbara Trionfi 35 Armenia 36 Azerbaijan 38 Bielorussia 39 Estonia 40 Georgia 41 Kazakhstan 43 Kyrgyzstan 45 Lettonia 45 Lituania 46 Moldavia 47 Russia 51 Tajikistan 52 Turkmenistan 53 Ucraina 55 Uzbekistan 59 L’intenzionale attacco ai giornalisti di Michael Udlak VI terrorismo è una grande emergenza dei Queste considerazioni dolorose e preoccupate giorni nostri e tutti dobbiamo contri- mi sono suggerite dal libro dell’Osservatorio Il buire a debellarlo con la forza e la coe- sulla libertà d’informazione, nato nel 1998 dal renza dei comportamenti quotidiani. Ma può felice incontro tra la Regione Toscana e Infor- essere sufficiente arruolarsi come volontari mazione senza frontiere, dedicato quest’anno sotto questa bandiera per essere insigniti di un alle violazioni alla libertà d’informazione per- attestato di credibilità democratica, per essere petrate nei paesi dell’ex impero sovietico. Ap- inseriti di diritto nel novero degli Stati “non ca- pare infatti veramente fragoroso il silenzio al naglia”? La domanda sorge inevitabile nel caso quale la comunità internazionale (e, in primis,il delle ex repubbliche sovietiche. cartello internazionale degli editori) ha con- Purtroppo il Terzo millennio non si è aperto nel dannato senza appello le storie terribili del Ka- segno della pace, come si illudevano alcune zakhstan e della Cecenia, della Bielorussia e menti candide all’indomani della disintegra- dell’Ucraina, per non parlare della stessa Rus- zione dell’impero sovietico; ma neppure sotto sia di Vladimir Putin, che è tutto tranne che un il segno della democrazia, come pronosticava- paese marginale. Storie di giornalisti che deci- no con stolta sicumera i cantori del migliore dei dono di fare il loro mestiere in anni in cui non mondi possibile che pareva scaturire inesora- va più di moda, di rispondere al comandamen- bilmente dalle macerie del comunismo e del to etico-professionale del “diritto-dovere di in- secolo breve. formare” non al riparo delle leggi liberali e dei Il suggestivo ma illusorio scenario internazionale riflettori dell’opinione pubblica, ma nel disin- che disegnava un multipolarismo pacifico (Stati teresse più completo da parte dei colleghi e del Uniti, Europa, Giappone, e poi magari Cina e pubblico. Russia) candidato a subentrare al bipolarismo del terrore Usa-Urss, ha finito per rivelarsi illuso- rio alla prova dei fatti. Le grandi attese sono state IL SUONO deluse e l’Occidente, una volta cancellato dal campo il grande avversario, ha tradito la sua falsa DEL SILENZIO coscienza, abbandonando al loro destino i paesi della vecchia Unione sovietica. In questo scenario neppure l’informazione go- DI Claudio Martini de di buona salute, anzi si presenta come la presidente della Regione Toscana cartina di tornasole del sostanziale fallimento del grande disegno di globalizzazione della de- mocrazia. Lungi dall’assicurare il controllo del- Il disinteresse equivale all’abbandono e alla le regole del gioco in ogni parte del mondo, an- condanna, perché si può più facilmente colpire che la globalizzazione dell’informazione ha fini- chi non gode dell’attenzione dei media. to per accontentarsi di uniformare i messaggi I media non brillano certo nel seguire le vicissi- sulla lunghezza d’onda dell’audience, appiat- tudini dei paesi ex sovietici. Il motivo è probabil- tendo le notizie su poche aree geografiche e su mente tutto in quell’ex: una volta riconquistata pochissimi argomenti. E finendo così per re- l’indipendenza e crollato l’impero, le storie di stringere, anziché allargare, il numero di notizie questi paesi hanno esaurito la loro “spinta pro- disponibili rispetto al passato. Quei giornalisti pulsiva”, hanno perso il loro appeal. Eppure con che continuano a svolgere con perseveranza l’indipendenza non sono arrivate né piena liber- ammirevole il loro mestiere scomodo di inve- tà né piena democrazia. stigazione e di denuncia in paesi condannati Voglio subito sgombrare il campo da un possibi- alla marginalità, si trovano a fare i conti con il le equivoco: sono pienamente convinto che l’af- muro del silenzio: le loro notizie non “bucano”, fermarsi in alcune repubbliche ex sovietiche di non interessano, restano confinate su giornali regimi più o meno autoritari, sia il frutto veleno- di ridotte tirature. È così che i loro autori diven- so di oltre mezzo secolo di appartenenza al- tano più facili bersagli. l’Unione Sovietica. Anche la guerra all’Iraq finisce per perdere i suoi Comprendo bene, perciò, l’articolo sull’Armenia connotati originari e si trasforma in una sorta di di Mark Grigorian: «I miei pezzi» scrive «proiet- moderna crociata volta a liberare, a suon di bom- tano un’immagine negativa dell’amministrazio- be, la popolazione irachena dal dittatore Sad- ne presidenziale: questo è esattamente quello dam. Ma, contemporaneamente, cala il buio più che i paesi postsovietici non possono digerire». fitto sulle nefandezze che altri dittatori più o me- Non sfugge la sottigliezza dell’uso del “post” (a no grandi dei paesi limitrofi continuano a perpe- indicare una continuità) in luogo dell’“ex” (che trare, grazie all’immunità garantita dalla disat- presuppone una cesura). Non bastano elezioni tenzione internazionale: un’apatia vera e propria, più o meno libere a garantire la libertà di espres- che non viene scossa neppure quando le vittime sione e di informazione in paesi dove non dico la sono i giornalisti stessi. Una contraddizione cu- democrazia, ma neppure il nostro Stato liberale riosa e paradossale: sono proprio i giornalisti a ottocentesco ha mai attecchito. condannare al silenzio e all’oblio gli assassini, le La più grave responsabilità dell’Unione Sovie- violenze, le prevaricazioni, di cui altri giornalisti tica non è tanto quella di avere continuato a sono le vittime. privare queste popolazioni di un bene che non VII LA LUNGA NOTTE DELL’EST avevano mai posseduto, quanto di aver impedi- corruzione e la libertà di stampa nel Ka- to una sia pur lenta e parziale transizione verso zakhstan; di imprigionare con l’accusa di spio- forme di governo più tolleranti nei confronti naggio militare un giornalista che scopre navi della libertà di espressione e di informazione. russe gettare rifiuti radioattivi nel Mar del Giap- Se oggi una cosa si può dire, leggendo le emo- pone; di rapire e assassinare il pioniere dei zionanti e drammatiche testimonianze di que- giornalisti democratici dell’Ucraina; di assassi- sto libro, è che in qualche modo l’Unione So- nare un giornalista di Radio Radicale venuto in vietica è ancora viva e che dovranno passare possesso di documenti e video comprovanti molti anni prima di poterla considerare un ca- l’impiego di armi chimiche e biologiche da par- pitolo, chiuso, di storia. te dei russi nel conflitto ceceno. Eppure una speranza questo libro ce la lascia: Il libro ci racconta del buio totale della repres- la perseveranza, l’accanimento, il coraggio con sione nell’Ucraina (dove «non un solo caso di cui i protagonisti delle singole storie (Sergej crimine contro giornalisti è stato risolto»), nel Duvanov, Roddy Scott, Grigory Pasko, Gheor- Kazakhstan (dove «si mettono a tacere i giorna- ghij Gongadze, Antonio Russo) hanno rifiutato listi che indagano sulla corruzione del presiden- di rientrare nei ranghi di una comoda informa- te e della sua famiglia»), nella Bielorussia («pro- zione di regime, ossequiosa nei confronti del babilmente il regime più repressivo di tutta Eu- potere, ma anzi hanno messo a rischio, e talvol- ropa») e nella stessa Russia (dove «Putin chiude ta perso, la loro stessa vita, indicano la strada la Cecenia ai giornalisti per non avere testimo- da compiere.

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