Università degli Studi di Padova Dipartimento dei Beni Culturali: Archeologia, Storia dell’Arte, del Cinema e della Musica Dottorato di Ricerca in: Storia, Critica e Conservazione dei Beni Culturali CICLO XXVIII I futuristi alle Esposizioni Biennali Internazionali d’Arte di Venezia (1926-1942) Coordinatore: Ch.ma Prof.ssa Elena Francesca Ghedini Supervisori: Ch.ma Prof.ssa Giuseppina Dal Canton Ch.ma Prof.ssa Giuliana Tomasella Dottorando: Alberto Cibin 2 Ai miei genitori 3 4 Ringraziamenti Guido Bartorelli, Giovanni Bianchi, Michela Campagnolo, Alessandra Cappella, Antonella Maria Carfora, Elena Cazzaro, Chiara Ceschi, Alessandro Cibin, Enrico Crispolti, Duccio Dogaria, Jane Darke, Lia Durante, Moustapha Fall, Cristian Ferraro, Marica Gallina, Mauro Perosin, Paola Pettenella, Carlo Prosser, Adriana Scalise, Federico Zanoner Desidero inoltre rivolgere un ringraziamento particolare a Giuseppina Dal Canton e Giuliana Tomasella. 5 6 ABBREVIAZIONI ACS Archivio Centrale dello Stato AA.BB.AA Divisione Antichità e Belle Arti CO Carteggio Ordinario Div. Divisione MinCulPop Ministero della Cultura Popolare MPI Ministero della Pubblica Istruzione PCM Presidenza del Consiglio dei Ministri SPD Segreteria Particolare del Duce ASAC La Biennale di Venezia, Archivio Storico delle Arti Contemporanee MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma CRDAV Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Archivio del ’900 Car. Fondo Carlo Carrà Cra. Fondo Tullio Crali Dep. Fondo Fortunato Depero b. busta ds./dss. dattiloscritto/i f./ff. foglio/i fasc. fascicolo fig. figura ms./mss. manoscritto/i p./pp. pagina/e reg. registro tav. tavola 7 8 INDICE La via dei futuristi italiani alle Biennali di Venezia p. 11 Metodologia e strumenti d’indagine p. 21 ANNI VENTI Nel «tempio dell’arte vivente» p. 25 «Il mal francese» p. 63 ANNI TRENTA Il futurismo è una «piaga delle esposizioni»: eterogeneità dei fini tra futurismo e Biennale p. 111 Il mercato delle opere futuriste alle Biennali degli anni Trenta p. 133 La critica negli anni Trenta p. 156 Ricorrenze stilistiche e iconografiche nelle opere futuriste alle Biennali (1930-1942) p. 185 ANNI QUARANTA L’organizzazione delle mostre p. 212 Il mercato delle opere futuriste alle Biennali degli anni Quaranta p. 227 La critica negli anni Quaranta p. 236 APPENDICE p. 250 BIBLIOGRAFIA p. 459 TAVOLE Tomo II 9 10 La via dei futuristi italiani alle Biennali di Venezia Venezia: città che la bizzarra fantasia lagunare ha voluto rivestire di una strana atmosfera irreale, permeando la vita, gli abitanti e i pellegrini di uno stato d’animo di sogno e di contemplazione, lontano dalla realtà presente ed avvenire. Solo raccogliendo l’eco profonda e universale delle Arti, Venezia ha ripreso oggi la sua missione nel mondo. Da dominatrice del traffico marittimo, all’attuale dominio del mercato artistico internazionale. Così al ritmo veloce di un motoscafo che fugge inalberando il suo profilo tagliente, ci distanziamo da questo – museo galleggiante – per raggiungere nei giardini reali il tempio dell’arte vivente1. Questo è l’inizio di un viaggio reale e simbolico da una Venezia onirica sospesa in una dimensione atemporale a una Venezia intraprendente che ha saputo in passato dominare il mare e si appresta oggi a raccogliere la propria missione nel campo dell’arte. Il motoscafo – non la «gondola, poltrona a dondolo per cretini»2 – conduce il viaggiatore, il futurista Enrico Prampolini, all’esposizione internazionale d’arte di Venezia percepita come «tempio dell’arte vivente»3. È un passaggio storico importante che segna l’ingresso alla Biennale del gruppo futurista guidato da Filippo Tommaso Marinetti. L’approdo a Venezia, nel 1926, è tuttavia il primo momento di una storia che si dipana senza soluzione di continuità per più di un decennio sino alla “mostra di guerra” del 1942. La partecipazione dei futuristi alla maggiore manifestazione della cultura artistica italiana fu costante, dicevamo, e sempre in forma collettiva. Riguardo al racconto di Prampolini non si può invece eludere quel riferimento a Venezia come dominatrice «del mercato artistico internazionale» perché, in fondo, la presenza dei futuristi alla Biennale rappresentò 1 E. Prampolini, L’avvenire, il presente e il passato delle arti plastiche alla XV Biennale Veneziana, in «L’Impero», 25 aprile 1926. 2 F.T. Marinetti, U. Boccioni, C. Carrà, L. Russolo, Contro Venezia passatista (1910), in F.T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, a cura di L. De Maria, Mondadori, Milano 2005 (VI ed.), p. 34. 3 E. Prampolini, L’avvenire, il presente e il passato… cit. 11 anche il tentativo di immergersi da protagonisti nelle dinamiche del proprio tempo per non rischiare di rimanerne esclusi. Infatti, la mostra veneziana, durante il ventennio, assunse un ruolo apicale nel sistema espositivo dello Stato fascista che ambiva, anche attraverso l’arte, a “rifare” gli italiani dando un nuovo corso alla nazione. Nonostante l’importanza raggiunta dalla Biennale durante il fascismo non sono mai state ricostruite, nelle dinamiche profonde (artistiche, critiche, economiche e politiche), le relazioni che l’istituzione ebbe con il gruppo guidato da Filippo Tommaso Marinetti4. L’unica eccezione è rappresentata dalla piccola mostra Macchina di visione. Futuristi in Biennale, svoltasi a Ca’ Giustian nel 2009 in occasione della 53 Esposizione Internazionale d’Arte e proposta dal Laboratorio Internazionale di Semiotica dello IUAV di Venezia. Nel catalogo che accompagna la mostra una delle curatrici, Tiziana Migliore, dichiara di aver voluto applicare «il progetto foucaultiano di un’archeologia del sapere all’istituzione veneziana, per conoscerne le trasformazioni di pensiero nel 4 L’unico studio complessivo sulla partecipazione dei futuristi alle Biennali veneziane è, ad oggi, quello di T. Migliore, Macchina di visione. Futuristi in Biennale, in Macchina di visione. Futuristi in Biennale. Scegli una stella, chiamala Futurismo, viaggerà, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Giustinian, 7 giugno - 22 novembre 2009), a cura di T. Migliore, B. Buscaroli, Marsilio, Venezia 2009, pp. 25-115. Il tema della partecipazione dei futuristi alle Biennali veneziane è stato trattato parzialmente anche in M. Cioli, Il fascismo e la ‘sua’ arte. Dottrina e istituzioni tra futurismo e Novecento, Leo S. Olschki, Firenze 2011, pp. 227-252. Studi più specifici, dedicati alla partecipazione futurista – di gruppi o di singoli artisti – a un numero circoscritto di edizioni della Biennale, sono quelli di: D. Arich De Finetti, Venezia 1926. Pannaggi e compagni nel padiglione «soviettista», in Pannaggi e l’arte meccanica futurista, catalogo della mostra (Macerata, Palazzo Ricci, Pinacoteca comunale, Palazzo Contini, 22 luglio - 15 ottobre 1995), a cura di E. Crispolti, Mazzotta, Milano 1995, pp. 65-82; G. Bianchi, 1926: la prima volta dei futuristi alla Biennale. Strategie e retroscena della Marcia su Venezia, in «Venezia Arti», 16-17, 2003- 2004, pp. 119-134; N. Boschiero, Le partecipazioni di Fortunato Depero alla Biennale di Venezia, in Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia, 15, Atti della Giornata di Studio (Rovereto, Museo Civico, 14 dicembre 2005), a cura di G. Dal Canton, B. Trevisan, Fondazione Querini Stampalia, Venezia 2006, pp. 37-45; C. Beltrami, Il gruppo futurista Savarè alla Biennale di Venezia, in Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia, 15, Atti della Giornata di Studio (Rovereto, Museo Civico, 14 dicembre 2005), a cura di G. Dal Canton, B. Trevisan, Fondazione Querini Stampalia, Venezia 2006, pp. 47-59; F. Tagliapietra, Note su Giovanni Korompay inedito e sui futuristi veneti alle Biennali, in Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia, 17, Atti della Giornata di Studio (Venezia, Fondazione Querini Stampalia, 14 dicembre 2007), a cura di G. Dal Canton, B. Trevisan, Fondazione Querini Stampalia, Venezia 2008, pp. 43-54; G. Bartorelli, Depero, Balla, Dottori e il “quadro pubblicitario”. Un tema emergente nella pittura futurista alla Biennale del 1926, in «Il Verri», n. 42, febbraio 2010, pp. 106-113. 12 tempo. […] La mostra futurista in Biennale […] verrà intesa come un dispositivo, alla maniera di Foucault, una “macchina visibile” che diventa tale articolandosi con un enunciabile»5. Adottando la semiotica, il saggio della studiosa ripercorre i rapporti intercorsi tra il futurismo e la Biennale in un arco temporale molto ampio che principia dalla visita alla mostra di un giovane Umberto Boccioni nel 1907 e si conclude con le retrospettive e le manifestazioni del dopoguerra6. Per questa ragione, nell’economia del testo, la parte dedicata alle presenza del gruppo marinettiano alla mostra (1926-1942) è tracciata in modo efficace ma necessariamente sintetico 7 . Non vi sono quindi approfondimenti relativi alle vendite, alla ricezione critica e alle opere esposte, aspetti che rivestono un ruolo importante per comprendere il senso di quell’immersione nella vita e nel proprio tempo che ha da sempre contraddistinto il movimento. Sotto questo profilo è invece esemplare il saggio di Giovanni Bianchi su La prima volta dei futuristi alla Biennale8 che tuttavia è cronologicamente circoscritto alla sola edizione del 1926. A ridosso del centenario9 della pubblicazione del Manifeste du Futurisme su «Le Figaro» il 20 febbraio 1909 è uscita un’importante monografia, con contributi di studiosi da tempo impegnati in un affondo critico sul movimento marinettiano10, dedicata ai Futuristi alle Quadriennali11 che ha rappresentato uno spunto determinante per avviare
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