Quaderno 11.Pdf

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1 Finito di stampare nel mese di Novembre 2013 presso la Tipografia Baima - Ronchetti & C. s.n.c. - Castellamonte (To) Il quaderno è distribuito gratuitamente ai soci. Gli articoli pubblicati nel presente quaderno sono di esclusiva responsabilità e proprietà degli autori. Foto di copertina: Campanili del Duomo di Ivrea (foto Ezio Garella) 4a di copertina: scorcio della chiesetta del castello di Castellamonte (foto Pino Battaglia) 2 I Quaderni di Terra Mia 11 3 Organigramma dell’Associazione Terra Mia 2011 - 2013 Presidente Emilio CHAMPAGNE Vice Presidente Pierangelo PIANA Segretaria Tesoriere Francesca MARCHELLO Aldo TONELLO Consiglieri Giovanni Battista COLLI – Ezio GARELLA – Eliana GIANOLA - Elena LEONE – Liliana NICCO Paolo TARELLA – Carla TARIZZO – Andrea TINETTI – Valentino TRUFFA – Ezio ZUCCA POL GIOCHI DI LUCE Foto di Nico MANTELLI Scattata da Nico Mantelli nel 1971, questa foto ritrae la Sig.ra Natalina Cattero, madre del nostro socio Renzo Varetto, intenta a lavare i panni nella Roggia dei Mulini a Spineto. 4 PRESENTAZIONE Cari Soci, la pubblicazione del Quaderno n°11 chiude, come tradizione, un anno di attività della nostra Associazione che continua ad essere positiva. Nel corso del 2013 abbiamo infatti effettuato otto conferenze ed organizzato sette passeggiate, più una gita a Novara che si è rilevata molto interessante ed ha avuto una grande partecipazione. Alle nostre conferenze cerchiamo sempre di presentare argomenti e persone, che sappiano appassionare l’au- ditorio e devo dire che sino ad ora la presenza del pubblico è sempre stata buona e ci auguriamo che continui così anche in futuro. Faccio notare questo, perché la partecipazione è fondamentale alla sopravvivenza di un’istituzione culturale antichissima, che pone il relatore a diretto contatto con il suo pubblico creando un momento di aggregazione, che nella nostra attuale società è sempre più difficile da realizzare. Quest’anno, oltre alle consuete attività, abbiamo avviato una nuova iniziativa facendo tradurre e stampando un libro che Antonio Gallenga scrisse a Castellamonte e pubblicò a Londra nel 1858. L’iniziativa è stata possi- bile grazie alla collaborazione del dott. Sergio Musso, che ne ha curato la traduzione ed al quale vanno i nostri ringraziamenti. Vista l’importanza dei temi trattati e delle argomentazioni dell’Autore, abbiamo pensato che gli studiosi, gli appassionati di storia locale ed i nostri Soci avrebbero accolto favorevolmente l’iniziativa. Non ci siamo sbagliati! L’edizione italiana, che abbiamo titolato Vita nelle campagne piemontesi e che abbiamo voluto limitata nei numeri e curata nei particolari (come la veste grafica che riproduce quella del volume originale), è già pressoché esaurita. Veniamo ora alla presentazione del Quaderno n°11, curato con passione e competenza dal dott. Gian Battista Colli. Anche in questo numero abbiamo cercato di offrire al lettore una molteplice varietà di argomenti riguar- danti il Canavese, in modo da cercare di soddisfare il più possibile gli interessi di ognuno. Più di trenta appassionati cultori della nostra Terra hanno collaborato a questo numero, inviando i loro scritti, e questo è un fatto positivo, in quanto il “Quaderno”, stimola ed offre la possibilità di divulgare i propri studi ed i risultati delle proprie ricerche. Un doveroso e sentito ringraziamento va ai nostri sponsor privati, che sostengono le nostre attività contri- buendo a contenere i costi del “Quaderno”. Da ultimo un caloroso ringraziamento a tutti i Membri del Direttivo per l’impegno profuso e il lavoro svolto nel corso dell’anno. Castellamonte, novembre 2013 Il Presidente Emilio Champagne 5 Canavese - Archeologia Arte rupestre e coppelle in Canavese Una lunga storia preistorica di Enrico GALLO La possibilità di andare a ritroso nel tempo è uno mento ed accessori, che con i suoi 5.500 anni circa è degli aspetti più affascinanti che la ricerca storica ed diventato ormai un’icona degli “italiani” di quel tem- archeologica possano offrirci: ogni traccia del passato po. ci dà la possibilità di compiere un viaggio nel tempo Ma, al contrario della realtà, il nostro treno imma- del quale il presente rappresenta il “capolinea”. Un tre- ginario non si muove da un luogo all’altro, anzi sta no dove la forza motrice, cioè la locomotiva, siamo fermo ed è sempre nello stesso posto. Di conseguenza noi, alla quale sono attaccati tutti i vagoni del passato, dovremmo immaginare molti altri treni, ognuno con secolo dopo secolo, civiltà dopo civiltà. i suoi vagoni e con le sue vicende particolari. Il fascino è proprio lì: la storia ci permette di cam- Ogni territorio ha un “suo” treno con il suo bagaglio minare all’interno di questo treno, passando da un va- di storia; ogni locomotiva ha la sua unica ed originale gone a quello successivo, dandoci l’incredibile facoltà “genesi”. di dare uno sguardo intorno, come una serie di flash, Naturalmente anche il territorio canavesano possie- esattamente come nella realtà, quando percorriamo de il suo “treno” con la sua singolare storia: i vagoni velocemente le carrozze nella speranza di trovare un più vicini sono pieni di personaggi illustri ed impor- posto, mentre i viaggiatori seduti, ci guardano distrat- tanti (l’industrializzazione del territorio ad opera di tamente, e noi vediamo una serie infinita di facce e di Olivetti è l’episodio più recente) che hanno conferito visi sconosciuti, ma di sicuro ognuno con una propria al Canavese di oggi una storia unica e particolare, ma storia, ciascuno con la propria identità. dove i suoi abitanti erano fino a non molto tempo fa Gli stessi vagoni del treno non sono uguali: i più legati da tradizioni e manifestazioni secolari, quando recenti sono definiti con chiarez- il dialetto era ancora largamente za, le storie qui contenute sono 1)“Identikit” dell’Uomo del Similaun, diffuso, quando la cultura cana- ben delineate e ricostruite con realizzato dai maggiori specialisti vesana era una cultura contadina, dovizia di particolari. Ma conti- in ricostruzioni paleontologiche semplice e fiera di esserlo. nuando ad attraversare il nostro (da Heike-Engel,21 National Da qui, andando a ritroso nel Geographic Deutschland). lunghissimo (ma non infinito) tempo, attacchiamo gli altri “va- treno incontreremo via via scom- goni”, ognuno con le sue storie, parti meno illuminati, al cui in- tutti sicuramente dotati di una terno molte parti sono buie e buone dose di originalità, e con- sconosciute, e delle persone qui tinuiamo a percorrerli, cercando presenti non si riescono più a ve- di cogliere qua e là qualche detta- dere né i volti né la forma (con- glio, fino ad arrivare alla fine del tinuando nella metafora nean- convoglio, immerso nei ghiacciai che i colori...) degli abiti. Dopo dell’ultima glaciazione. molti vagoni, ad un certo punto, Anche se il paragone “ferrovia- troviamo un angolino molto lu- rio” è forse un po’ banale (e qui minoso dove c’è un viso che gli chiedo scusa ai lettori), è con archeologi moderni hanno rico- questa ottica che dobbiamo pen- struito con una fedeltà inimma- sare incontrando le tracce lascia- ginabile: lo riconosciamo è Otzi, te sulla pietra, il cui significato si alias l’Uomo del Similaun (foto perde nei vagoni del treno e che 1), insieme a tutto il suo abbiglia- tratteremo in questo articolo. 6 DALLA STORIA ALLA PREISTORIA Va detto subito che tali incisioni possono essere Partiamo dunque dalla Storia ed andiamo indietro confuse con alcune cavità naturali prodotte dall’e- nel tempo, naturalmente con l’immaginazione, ma rosione di globuli calcarei dovuta all’acqua, che tal- restando nel contempo con i piedi ben saldi a terra, volta possono ingannare anche i più esperti. Inoltre basandoci sui dati certi e conservando una certa dose le coppelle possono essere segni di tipo “funzionale”, di plausibilità. cioè servono ad uno scopo pratico, come ad esempio In un precedente articolo (Quaderno di Terra Mia l’alloggiamento dei cardini di porte sulla soglia di n.10) (1), abbiamo analizzato le croci realizzate nei ingresso (ritrovabili non solo nelle tradizionali baite primi secoli del Cristianesimo, segni semplici ma che montane ma anche in città come ad Ivrea) (foto 2). tradivano una profonda “devozione” nell’incidere se- Oppure venivano realizzate in file, sulla venatura della gni cruciformi o simili su qualsiasi superficie adatta: pietra, come ad esempio nella lavorazione delle paline le ritroviamo sulla pietra, sulle lapidi di età tardoro- (coline) in pietra (foto 3) o ancora come segni di con- mana, addirittura sull’intonaco delle prime chiese. fine (pichere o termi) che suddividono il territorio da Basandosi sui dati prodotti dagli studiosi di incisioni chissà quanti secoli. rupestri (preistorica e storica), le croci e i loro derivati (croci latine, greche ecc.) compaiono assai frequente- mente nel territorio canavesano, come nel resto del territorio alpino e prealpino. La stessa cultura alpina ha assunto la croce come motivo di base nelle deco- razioni degli abiti tradizionali, o come simbolo delle 3) Serie di coppelle da Uargney (Traversella). Ma, insieme a questi casi sono stati messi in eviden- za anche altri massi con coppelle (quelli che in questa 2) Cardine a coppella ad Ivrea. sede ci interessano), che senza ombra di dubbio han- no un significato diverso, che proprio per la loro esi- casate feudali, fino ad apparire nelle bandiere moder- ne (di città, Province o della stessa Regione Piemonte, quasi una fissazione..) Sorprendentemente, affidandoci sempre sui rileva- menti provenienti dagli ultimi quarant’anni di ricer- che, si scopre che le croci rappresentano meno del 10% del totale dei segni incisi sulle rocce canavesane (2). Tra i più prolifici ricercatori di incisioni rupestri è da ricordare il notevole contributo dato da Luciano Gi- belli, che già nel 1995 aveva catalogato più di 15.000 segni incisi (dalla Valle Pellice fino all’Anfiteatro mo- renico di Ivrea) (3). Di questi più dell’80% sono segni a coppelle, ovvero delle cavità arrotondate e general- mente incise poco profondamente nella roccia.

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