
Salvatore Barbagallo ITTA’ VELATA C S Di notte all’orizzonte un velo nero copre il mare e il cielo, luci rosse e gialle nella città e il fuoco della pietra scende da Lei... All’alba di bianco risplende, sulle dorate spiagge s’infrange la vita e sotto il sole c’è solo il verde, buia o luminosa questa è Catania 1 PRESENTAZIONE Quando lessi di Catania, il cui nome in epoca greca era Katane, la quale, dopo Roma, è definita e riconosciuta città col maggior numero di siti archeologici, non potevo credere ad una notizia di tal guisa, eppure, di lì a poco e con sommo piacere, dovevo ricredermi. La nostra città nei secoli è stata meta di molteplici dominazioni, le quali hanno lasciato innumerevoli ferite, ma anche e, soprattutto, impronte indelebili sul nostro territorio, per cui, usi, costumi e linguaggio parlato, hanno ormai contraddistinto la nostra storia, per non parlare degli edifici che hanno punteggiato il tessuto connettivo del territorio etneo, tanto da farci immaginare di stare viaggiando all’interno della storia. Se provassimo a fare un giro per Catania, persino nei luoghi e negli angoli più reconditi, ci accorgeremmo di quanti reperti storici risultano sparsi per la città, senza che ce ne rendiamo minimamente conto, tanto siamo distratti ed abituati a vederli lì, sempre sul medesimo posto, sempre soggetti ad incuria, spesso ricettacolo di sporcizia e degrado, a volte persino stucchevolmente ed impudicamente celati alla vista. Eppure si potrebbe fare di più, molto di più, fare sì che funzionassero quando le centurie di turisti scendono nel profondo sud con la voglia e la gioia di visitare e portare in patria un souvenir o qualche foto dei posti più belli e pieni di fascino della nostra città, soprattutto fare in modo che possano un giorno ritornare, magari per consumare un arancino al ragù, una “cassatella” alla ricotta, uno “sfincione” di riso, oppure la esclusiva e gradevolissima granita ai gelsi neri. Sapeste quante volte, osservando la straordinaria molteplicità di turisti in giro per la città, mi sono sentito piacevolmente coinvolto dallo spirito da Cicerone, al punto da intervenire a fianco delle guide, con lo scopo di esplicitare e rendere appetibile la storia intrigante della straordinaria città, patria di Agata. Se questo non è amore viscerale! 2 Purtroppo subito dopo, passata, ahimè, l’onda della iniziale, piacevole sorpresa, partono via per altri lidi ritenuti più accattivanti ed ospitali. Bisognerebbe, invece, approfittare, di questo incalcolabile ed inesauribile patrimonio storico-artistico, facendo sì che possano trascorrere più tempo nella nostra città, monetizzando in tal modo questa straordinaria fonte turistica, onde offrire sviluppo e lavoro a quanti (soprattutto i più giovani) questo lavoro non lo cercano neanche più, giacché scoraggiati dai troppi intoppi burocratici, nonostante la loro fervida inventiva. Pensate, in conclusione, soprattutto ai vari teatri ed anfiteatri, edifici termali ed ai molteplici ipogei ed edifici sotterranei, presenti nella nostra splendida città, se sufficientemente attenzionati, potrebbero rendere realtà viva e tangibile queste peculiari loro definizioni. Giunti a questo punto una domanda risulta assolutamente spontanea: ma i catanesi conoscono la propria città? Dove per conoscenza si intende nel senso più profondo, interessato ad accurato. Ai posteri l’ardua sentenza. 3 INTRODUZIONE Oggi è quasi impossibile distinguere i monumenti della Catania greca da quelli della città romana. Le innumerevoli colate laviche coprirono quasi interamente il vecchio abitato greco e quel che ne rimase venne utilizzato dai Romani come traccia costruttiva per i loro edifici. La natura stessa della lava, inoltre, impedisce che il volto della Catania greca venga interamente alla luce, per cui, la polis giace inesplorabile sotto il pavimento su cui camminiamo, ci rattrista non poter vedere per intero i resti di quell’antica civiltà. Per quanto riguarda la Catania romana si può dire che i ritrovamenti sono parecchi, le certezze sulla loro identità e databilità sono più consistenti e, anche se frammentari e sporadici, sono sufficienti a tracciare per grandi linee la fisionomia della Civitas. Le più antiche tracce di Catania greca sono venute alla luce sulla collina di Montevergine ed esattamente vicino via Clemente e piazza Dante. In questa zona, che si suppone sia stata l’Acropoli della città, furono trovati molti cocci, alcuni dei quali decorati in stile geometrico, altri sono ceramiche rodie, joniche e corinzie. Dagli scavi non è emerso alcun edificio. Si può supporre, comunque, che qualche rudere lo si potrebbe ancora trovare se si smantellassero le tante casupole che occupano la zona. L’architetto e geologo Carmelo Sciuto Patti, trovò tracce di edifici greci vicino al Conservatorio della Purità, presso via Santa Maddalena. Queste sono le uniche notizie su Catania greca basate su ritrovamenti archeologici. Dei numerosi templi che sorgevano nella città purtroppo non è rimasto proprio nulla. L’unico documento di testimonianza è quello del principe Ignazio Biscari. Egli, infatti, sostiene di aver identificato alcuni ruderi appartenenti al tempio di Cerere, trovati esattamente nella zona del Bastione degli Infetti e sotto la via Botte dell’Acqua, e consolida la sua affermazione in base al fatto che in quel luogo furono trovate una iscrizione nella quale c’è inciso il nome di Demetra ed una statuetta di 4 Cerere. Per ciò che riguarda l’estensione si può dire che la città greca si sviluppava principalmente sull’altura di cui abbiamo parlato ed al centro della quale era l’Acropoli. A settentrione si estendeva sino al punto in cui i Romani costruirono poi l’anfiteatro, mentre a sud arrivava fino all’odierna via Garibaldi e ad oriente fino a quel punto in cui oggi c’è la via Etnea. Proprio lungo questo versante scorreva prima il fiume Amenano. La storia di Catania si può suddividere, grosso modo, in due grandi periodi, quello antico, concernente il Medioevo ed il moderno, riguardante la città Settecentesca. La separazione di questi periodi, reca una data ben precisa: l’11 gennaio del 1693, alle ore 14 circa, allorquando il terribile terremoto rase al suolo quasi l’intera Sicilia orientale, provocando la morte di 60.000 anime, la distruzione totale della città di Catania e la consistente perdita del patrimonio, inteso in termini di palazzi barocchi e monumenti più rappresentativi. Il decorso storico della città risulta essere molto articolato e complesso, poiché sul suo territorio, durante i secoli, si sono susseguiti molteplici popoli: Greci, Calcidesi, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Sabaudi, Austriaci e Borboni ed ognuno di essi ha lasciato in eredità lingua, usi, costumi, cultura, religione e storia. Nel tempo i nomi attribuiti alla città, si sono alternati, passando dal primo Katna, al Kata-Ana, poi Katàne, Kata-Aitnen, l’arabo Quataniyah, quindi, Katane, Etna o Càtina, Balad-El-Fil o Medina-El Fil, infine, l’attuale Catania. Oggi risulta particolarmente difficile comprendere la estensione urbana della città, di certo il cuore pulsante era costituito dall’Acropoli, la zona più alta, cioè la collina di Montevergine, ancor oggi visibile nella rampa di via Antonio di Sangiuliano. Già dall’VIII secolo a.C. l’odierna area ove è ubicato il Monastero dei Benedettini, fino giungere presso il Reclusorio della Purità, fu sede di dei primi nuclei abitativi dei coloni greci. Qui gli scavi (in quelli che un tempo erano gli orti del Reclusorio settecentesco), per la realizzazione di due aule universitarie, hanno 5 riportato alla luce una articolata stratificazione archeologica, di una antichissima fortificazione greca. Un tempo su questo vasto pianoro sorgevano abitazioni private ed edifici sacri, persino un tempio in onore del dio Apollo. L’intera Acropoli fu frequentata ininterrottamente per parecchi secoli, già all’indomani della conquista romana, allorquando furono avviati lavori edilizi per costruire, sopra gli edifici più remoti, lussuose abitazioni private, impianti termali e pubbliche fontane, trasformando l’Acropoli di Monte Vergine nel quartiere residenziale della romana. Dette abitazioni risultavano dotate di raffinate pitture con motivi geometrici e floreali alle pareti (ad affresco, simili a quelle scoperte ad Ostia ed a Pompei), a riprodurre tavole imbandite con drappi di stoffa e candelabri sontuosi. Questi edifici, a causa della caduta di copiosa cenere vulcanica, nella prima metà del II secolo a.C. subirono gravi distruzioni, tracce dell’evento, da Cicerone paragonato alla catastrofe di Pompei, sono state individuate nelle sezioni terrose di suddetto Reclusorio. Catania, tuttavia, alcuni anni dopo, risorse completamente, per diventare sotto il dominio dei primi Imperatori romani, una fra le più importanti città del Mediterraneo, infatti, oltre alla ricostruzione degli edifici più importanti, furono costruiti l’Anfiteatro, l’Odeon ed il teatro romano, ripristinato l’intero sistema viario, tracciato dai Greci. Testimonianza di tale ricchezza risulta evidente nelle Domus imperiali, scoperte nell’area di Piazza Dante, dello stesso Reclusorio della Purità, sotto la scalinata Alessi di Via Crociferi. Sotto la fondamenta del Monastero dei Benedettini è stata riportata alla luce una Domus, villa con peristilio, cioè con un portico colonnato, che in origine circondava un giardino, mentre i corridoi esterni e le molte salette, che si aprivano lungo il percorso, risultano rifinite con motivi geometrici, mentre i pavimenti sono costituiti da scaglie marmoree policrome.
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