UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PALERMO FACOLTÁ DI LETTERE E FILOSOFIA Dottorato di ricerca in Italianistica, testo letterario: forme e storia Settore disciplinare: L-FIL-LET/10 - Letteratura Italiana XXIII ciclo «UN ALTRO EPISODIO VOGLIO RACCONTARTI…» Lo statuto narrativo delle prose di Umberto Saba: dall’epistolario al ricordo-racconto di Ernesto Tesi di dottorato di Letizia Magro Tutor: Ch.mo Professore Antonino Sole Co-tutor: Ch.ma Professoressa Maria Di Giovanna Coordinatore del corso: Ch.ma Professoressa Michela Sacco Messineo A.A. 2011-2012 1 2 PREMESSA La prosa vuole più tempo e pazienza che la poesia: una poesia può essere composta anche in cinque minuti; un romanzo, o un saggio, e (per me) un raccontino, sono altra cosa. U. SABA (1957) L’attitudine alla narrazione di Umberto Saba ha origine dal suo profondo bisogno di comunicare e di raccontarsi ai propri cari, e si estrinseca già nella dimensione orale, come testimonia un ricordo d’infanzia di Guido Voghera:1 Saba raccontava assai bene: io pure lo stavo ad ascoltare volentieri, anche se, com'è naturale, non potevo apprezzare pienamente quello che c'era di poetico in tante sue immagini e tante sue frasi. Piaceva a Saba particolarmente raccontare delle ingenuità e delle sciocchezze dette o fatte da qualche bambino o qualche ragazzo di sua conoscenza; di qualche uscita originale di persone semplici; di episodi curiosi che rivelassero lati profondi e insospettati della natura umana.2 La spiccata predisposizione al racconto di episodi personali o di aneddoti curiosi rappresenta un importante elemento coesivo all’interno dell’opera letteraria di Saba e in particolar modo nelle sue prose: raccontini, favolette ed aneddoti sono le forme narrative predilette dell’autore triestino che infatti, già nel suo Canzoniere, oltre a cantare sentimenti, “dipinge figure e racconta fatti”3 e, fin dalla sua prima giovinezza, arricchisce le proprie comunicazioni epistolari di immagini, dialoghi e storielle. La propensione di Saba alla narrazione breve e all’aneddoto trova la sua prima espressione letteraria nella prosa giornalistica Il Montenegro, risalente al 1904, e acquista uno statuto ed un ritmo ben definiti in Scorciatoie e raccontini (1946): molte delle brevi prose scorciate di quest’operetta pongono infatti il lettore innanzi a una scena o un aneddoto personale che diventa viva e visibile metafora di un concetto universalizzante. Il raccontino acquista inoltre un più ampio respiro e si organizza in una struttura articolata diventando ricordo-racconto e racconto-romanzo con Ernesto; di fatto in queste narrazioni Saba reinterpreta e personalizza il genere letterario della novella, distillando 1 Guido Voghera era figlio di Giorgio, filosofo triestino e carissimo amico di Saba. 2 G. Voghera, Gli anni della psicanalisi, Trieste, Studio tesi, 1980, pag. 64. 3 Storia e cronistoria del Canzoniere, in U. Saba, Tutte le prose, a cura di Arrigo Stara, Milano, Mondadori, 2001, pag. 121. 3 alcuni episodi tratti dalla propria autobiografia, e raccogliendo spunti e suggestioni dalla voce dei suoi familiari e dal mondo che lo circonda. L’elemento narrativo è presente anche nella Storia e cronistoria del Canzoniere; l’autore la definisce infatti «una autocritica del Canzoniere su tre dimensioni - estetica, psicologica e storica, inframmezzata di “divertenti storielle”»4. In quest’opera multiforme e controversa, autocritica e racconto si amalgamano in modo originale. Nelle prose di Saba il racconto rappresenta quindi una sorta di sphragìs, firma di un artista che si riconosce sempre tale, anche nel momento in cui redige una lettera o si cimenta nella scrittura esegetica. Questa indagine muove da tali considerazioni e da una riflessione di Aldo Marcovecchio, che è stato uno dei primi studiosi a tentare un discorso unitario sulle prose sabiane: Alla domanda “di chi è figlio Saba?” dobbiamo rispondere che come prosatore Saba è figlio di se stesso.5 Pertanto, a differenza del poeta Saba che pone le radici del proprio Canzoniere nella tradizione lirica italiana, il prosatore non rivendica alcuna paternità; ciò significa che la maniera di scrittura dell’autore triestino possiede una propria incontestabile originalità, che non sembra rifarsi ad alcuna precedente esperienza letteraria (benché anche le prose sabiane abbiano dei maestri, più o meno occulti). Proprio per questo motivo, nonostante le prose di Saba siano state oggetto di diversi studi, che di volta in volta ne hanno colto importanti caratteristiche, mettendone in luce alcune rilevanti peculiarità, è emersa l’esigenza di analizzare, per quanto possibile integralmente, questa parte non secondaria della produzione artistica dell’autore triestino, prestando particolare attenzione forma dei testi, e al fil rouge narrativo che li accomuna, in modo tale da mettere in luce la specificità della prosa sabiana e l’intrinseca unità della sua ispirazione. Un importante ruolo è stato attribuito alla produzione epistolare edita di Saba; le lettere sono infatti rilevanti documenti di vita e di pensiero, ma sono anche luoghi testuali in cui è possibile riscontrare alcune costanti formali e letterarie che consentono di superare il concetto di ‘stagioni della prosa di Saba’ e mostrano come, nella scrittura epistolare e in quella aforistica ed esegetica dell’autore triestino, sia proprio la narrazione a svolgere la funzione di elemento unificante. Abbiamo in un certo senso confermato e dimostrato l’ipotesi di Arrigo Stara secondo cui vi è una matrice romanzesca che presiede alla creazione della poesia e della prosa sabiana, ed è possibile riconoscere un itinerario narrativo di ispirazione autobiografica nella sua opera;6 avvalendoci di un’espressione mutuata da Philippe Lejeune, possiamo perciò affermare che le prose sabiane sono assimilabili a dei tasselli, che arricchiscono di volta in volta lo “spazio autobiografico” costruito dall’autore triestino attraverso le sue opere. Benchè (per dirla con Elena Lowenthal) “dalle lettere di Saba, dalle tracce nella prosa e nella poesia emerga una biografia completa, niente affatto inconscia”,7 l’intento di questo lavoro non è quello di svolgere delle deduzioni sul carattere autobiografico o 4 Per questa definizione si veda L’ Avvertenza a Ricordi – Racconti, in U. Saba, Tutte le prose, cit., pag.356. 5 A. Marcovecchio, Saba prosatore, «Terzo programma», Quaderni trimestrali, n.1, 1964, pag. 58. 6 Cfr. A. Stara «Questo mio faticoso scrivere» in Giacomo Debenedetti, Lettere a Umberto Saba 1946- 1954,«Rassegna della letteratura italiana», 85 – 1989. 7 E. Lowenthal, Scrivere di sé, identità ebraiche allo specchio, Torino, Einaudi, 2007, pag.70. 4 psicoanalitico di molte delle prose sabiane, è piuttosto quello di istituire un confronto puntuale con i singoli testi, mostrando in che modo sono stati scritti, ed evidenziando di volta in volta le loro specificità tematiche e narrative, insieme agli espedienti di cui Saba si è avvalso per personalizzare forme letterarie come l’aforisma, l’aneddoto e la novella, facendoli diventare scorciatoie, raccontini e ricordi-racconti. Si tratta pertanto di un percorso ricco di suggestioni e di nessi intertestuali, che getta uno sguardo il più possibile esaustivo e unificante sull’attività di prosatore dell’autore triestino e sui suoi molteplici significati. Questo lavoro è inoltre arricchito da una breve appendice, in cui sono riportate alcune prose inedite di Umberto Saba. Per l’accesso alla visione di queste ultime si ringraziano la dottoressa Gabriella Norio, responsabile dell’Archivio Diplomatico della Biblioteca Civica Attilio Hortis di Trieste e il dottor Riccardo Cepach, funzionario coordinatore culturale presso il Museo Sveviano di Trieste e curatore del carteggio tra Umberto Saba ed Aldo Fortuna. L.M. CAPITOLO I «UN DIALOGO AMOROSO CON IL MONDO» L’EPISTOLARIO CHE C’È «Cum tua lego te audire et […] cum te scribo, tecum loqui videor» 5 M. T. Cicerone, epist. ad Fam., XIV, 45 1. Amorose grafomanie In epoca contemporanea la comunicazione a distanza è diventata pressoché simultanea grazie ai potenti mezzi telematici di cui disponiamo; per questo motivo la scrittura epistolare ha subito un netto regresso. Gianfranco Folena, riferendosi a tale fenomeno, ha notato come le nuove forme di comunicazione abbiano letteralmente scosso l’universo della lettera privata, per cui il tramite epistolare, che fino ai primi decenni del XX secolo è stato considerato la forma privilegiata di comunicazione, ha visto un graduale declassamento, fino a diventare una mera testimonianza di tipo cronachistico.8 Saba scrisse le sue circa tremila lettere9 in un periodo storico che abbraccia mezzo secolo: le prime missive dell’autore triestino risalgono agli inizi del ‘900, le ultime furono scritte pochi giorni prima della sua morte, nell’agosto del 1957. È un momento di transizione, in cui alla scrittura epistolare comincia ad affiancarsi il mezzo di comunicazione simultanea per eccellenza, ovvero il telefono, e l’autore triestino percepì chiaramente di essere protagonista ed epigono di un periodo di passaggio, come nota anche Arrigo Stara.10 Riferendosi alle lettere che scrisse suo padre, Linuccia Saba era solita definirle un “romanzo”, ed è sempre sua la definizione per cui l’epistolario dell’autore triestino può essere letto come «un dialogo amoroso con il mondo»;11 questa appare calzante proprio perché, a nostro parere, Saba interpretò e declinò lo strumento epistolare come il sostituto di una comunicazione orale non sempre possibile, ovvero come «amicorum colloquia absentium»,12 tenendo presente in ogni sua lettera la profonda e antichissima affinità esistente tra la missiva e il dialogo. In questo modo, l’autore provava a ricreare una sorta di ponte ideale tra sé ed i suoi corrispondenti, che gli permetteva di sentirsi meno isolato nella sua solitudine di poeta;13 la 8 G. Folena, Premessa a La lettera familiare, «Quaderni di retorica e poetica», I, 1985. 9 Questo numero del tutto approssimativo è fornito da Elvira Favretti nel suo articolo Diciannove lettere di Umberto Saba,pubblicato nel Giornale storico della Letteratura italiana, a. XCIV, vol. CLIV, fasc. 487, III trimestre 1977, pp. 428-45 oggi fruibile in E. Favretti, La prosa di Umberto Saba. Dai racconti giovanili a Ernesto, Bonacci, Urbino 1982 pp.
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