Claire Simon La Leggenda Dietro La Realtà

Claire Simon La Leggenda Dietro La Realtà

a cura di Carlo Chatrian e Daniela Persico book claire simon la leggenda dietro la realtà 2008, Agenzia X Coordinamento: Giorgia Brianzoli Trascrizione intervista: Marie-Sophie Decout Copertina e progetto grafico: Antonio Boni Immagine di copertina: Pascale Granel La citazione di Claire Simon in quarta di copertina è tratta da Jean-Claude Biette, Les films d’Ici Contatti: Agenzia X, via Pietro Custodi 12, 20136 Milano tel. + fax 02/89401966 www.agenziax.it e-mail: [email protected] Stampa: Bianca e Volta, Truccazzano (MI) ISBN 978-88-95029-24-5 XBook è un marchio congiunto di Agenzia X e Associazione culturale Mimesis, distribuito da Mimesis Edizioni tramite PDE a cura di Carlo Chatrian e Daniela Persico book claire simon la leggenda dietro la realtà claire simon Il volume è pubblicato in occasione della retrospettiva “La realtà diventa storia – Il cinema di Claire Simon” in occasione della 49° edizione del Festival dei Popoli – Festival interna- zionale del film documentario (Firenze, 14-21 novembre 2008) e della 28a edizione del Filmmaker Film Festival - doc13 (Milano, 19-30 novembre 2008), a cura di Luciano Barisone, Carlo Chatrian, Silvano Cavatorta, Giorgia Brianzoli, Daniela Persico Un’iniziativa sostenuta da: con il supporto di: In collaborazione con: Traduzione dei film e sottotitoli: Aikapro, Firenze Traduzione simultanea: Anna Ribotta, Simonetta Santoro, Virginia Zanette Ringraziamenti: Claire Simon, Laurent Thurin Nal, Catherine Roux, Nelly Mabilat - Les films d’ici; Massimo Zanello, Tiziana Gibelli, Graziella Gattulli - Regione Lombardia, Cultura Identità e Autonomie della Lombardia; Daniela Benelli, Massimo Cecconi, Maddalena Pugno - Provincia di Milano, Settore Cultura; Giovanni Terzi, Massimo Accarisi, Giulia Amato, Antonella Fornaro, Anna De Benedetto, Sara Bosco - Comune di Milano, Tempo Libero; Julie Rhône - AGAT Films & Cie; Fabrice Marquat - L’Agence du Court Métrage; Pascale Faure - Canal+; Maëlle Guenegues - DOC & CO; Jean-Christophe Simon, Charlotte Renaut - Films Boutique; Martin Caraux - Films Distribution; Nicolas Piallat - Gemini Films; Marie- Anne Campos - G.R.E.C.; Catherine Jacques - Mandrake Films; Thomas Ordonneau, Mélanie Vincent - Shellac Sud; Silvio Alovisio e la Biblioteca del Museo Nazionale del Cinema; Fondazione Alasca Festival dei Popoli via Aosta 2 20155 Milano tel +39.023313411 Borgo Pinti 82R 50121 Firenze fax +39.02341193 tel +39.055244778 fax +39.055241364 [email protected] [email protected] www.filmmakerfest.org www.festivaldeipopoli.org Teatro del reale. Un’introduzione 7 Luciano Barisone e Silvano Cavatorta Bigger than Life 9 Carlo Chatrian Quando la realtà si fa cinema 13 Conversazione con Claire Simon 1. “Era una parola in una storia” 13 2. “Nel paese degli uomini” 33 3. “Gli altri sono io” 45 4. “I luoghi sono racconti” 67 5. “Propagare sul mondo un’apocalisse interiore” 86 6. “Nella finzione, momenti di realtà” 94 Nella testa delle donne 109 Daniela Persico Repliche 113 Filmmaker e critici italiani incontrano il cinema di Claire Simon Les bureaux de Dieu di Alina Marazzi 115 Scènes de ménage di Paola Piacenza 117 Sinon, oui di Silvia Colombo 119 800 kilomètres de différence/Romance di Dario Zonta 122 Une journée de vacances di Daniela Persico 125 Les patients di Bruno Oliviero 127 Coûte que coûte di Luca Mosso 129 Mimi di Cristina Piccino 132 La police di Anna Franceschini 135 Tandis que j’agonise di Rinaldo Censi 137 Ça brûle di Carlo Chatrian 139 Récréations di Leonardo di Costanzo 142 Filmografia 145 Bibliografia 153 Teatro del reale. Un’introduzione Luciano Barisone e Silvano Cavatorta Coûte que coûte, Sinon, oui, Ça brûle, Les bureaux de Dieu... Finiscono i titoli di testa (o devono ancora iniziare) e già volti, corpi, gesti, sguardi, parole invadono lo schermo: non nella maniera ordinata della classicità (antefatto, introduzione dei personaggi, spiegazione delle loro motiva- zioni, svolgimento dell’azione, soluzione dell’intreccio narrativo, epilo- go); piuttosto nello stile libero del jazz, delle linee portanti e delle im- provvisazioni che le solcano. I film di Claire Simon iniziano più o meno così. Lo spettatore è coinvolto in medias res e ciò che lo colpisce non è tanto il senso di ciò che sta vedendo quanto l’energia che percorre l’in- quadratura, il ritmo nervoso del montaggio, la musica che lo punteggia. Nel sistema accademico e classificatorio del cinema mondiale il lavo- ro della regista francese sfugge a ogni catalogazione. Ponendosi sul cri- nale del reale rappresentato, esso non è finzione e non è documentario, o meglio è l’uno e l’altro insieme: non nel senso di un documentario che assume una struttura narrativa come base del proprio dispositivo né di un film di sceneggiatura che si mimetizza in un realismo spoglio; piutto- sto in quanto finzione che riprende corpi in azione e in quanto docu- mentario che segue il delinearsi di figure, mettendo in scena una sorta di teatro del reale in cui si recita come nella vita (nelle relazioni sociali chiunque è attore) e sullo schermo avviene la trasformazione alchemica di una persona in personaggio. Una tale vocazione a non lasciarsi irreggimentare fa di Claire Simon una ricercatrice accanita di umanità, permeata di una curiosità rosselli- niana ma con un taglio più stretto e ravvicinato sui corpi, come se non credesse a un determinismo degli spazi (materiali o spirituali) ma al li- bero arbitrio degli esseri, siano essi attori o spettatori. In questo senso vanno intesi sia l’aspetto visivo sia quello sonoro dei suoi film: lo spazio che circonda le persone all’interno dell’inquadratura è spesso esiguo e si intuisce più che vedersi apertamente, esplicitandosi nel fuori campo o nell’illuminazione della scena; quanto al sonoro, la musica spezza so- vente il verosimile dei dialoghi e, piuttosto che accompagnare o illustra- re, agisce in controtempo, incitando all’attenzione, alla veglia. Entram- 7 be le soluzioni producono un’estraniazione nello spettatore, lasciando- lo solo di fronte alla possibilità di credere: credere al miracolo di un rea- le che si manifesta sullo schermo, ma credere anche alla sua fondamen- tale insondabilità. È questo che affascina nel cinema di Claire Simon: l’esperienza della realtà ma anche il suo mistero intangibile, il suo misu- rarsi con l’ignoto, sapendo solo di non sapere. Come Socrate. Ed è lì che arriva magistralmente la sua macchina da presa, sulla soglia di quel se- greto meccanismo che sono gli esseri umani. È lì che bisogna, come lei stessa dice, “fare sorgere il reale una seconda volta” e filmarlo come se fosse una sceneggiatura. Per questo motivo due festival come il Festival dei Popoli e Film- maker, che per vocazione inscritta nel loro stesso nome si interessano al filmato e al filmante (il cineasta al lavoro e il suo territorio di indagine, l’umanità), in una stretta collaborazione di intenti, hanno inserito nei loro programmi una personale integrale delle opere di Claire Simon e le dedicano questo libro. 8 Bigger than Life Carlo Chatrian 1. “Ogni persona che mi sta di fronte è una persona” afferma con se- rietà il dottor Jean-Marie Bouvier in Les patients. La frase, che potrebbe sembrare una tautologia, pone l’accento su un punto spesso tralasciato tanto dall’ordine dei medici quanto dai registi. Gli uni e gli altri rischia- no di perdere di vista l’oggetto della propria azione per concentrarsi sulle modalità estetiche o tecniche che presiedono al suo corretto svol- gimento. Ovviamente, per dare un senso alla frase è importante inten- dersi sul significato della parola “persona”. La persona, distinta dall’attore o dal personaggio, sta alla base della pratica documentaria. La definizione di un personaggio cinematografi- co come persona presuppone una condizione etica, quella della libertà. Per essere concepito come persona, il personaggio di un film – sia esso di finzione o documentario – deve essere libero di operare. In altre pa- role, il film non deve costruirsi ai danni della libertà d’azione e di pen- siero del personaggio, come accade ogni volta che uno schema apriori- stico si sovrappone a una realtà. 2. Claire Simon ha studiato etnologia. Dalla posizione di chi studia in modo comparativo le diverse culture umane, ha guardato e amato i film, e quasi subito ha deciso di realizzarne. Forse il cinema le è apparso co- me il luogo ideale per chi ama la diversità e vede l’incontro come mo- mento conoscitivo per eccellenza. Con un solo gesto il cinema permette di filmare l’altro e filmare se stesso. Fa anche di più: rende possibile il collegamento tra i due, dando un’immagine concreta all’idea politica degli anni sessanta di “rifare il mondo”. Nei film dell’olandese Johan van der Keuken o in quelli dell’americano Robert Kramer (due nomi forse sconosciuti ai più, in realtà due capisaldi della nuova scena docu- mentaria) il mondo era – come per magia – la realtà desiderata. Una realtà dove l’altro agisce autonomamente ma in tutta la sua libertà riesce a definirci meglio di quanto noi stessi potremmo fare. Il cinema si pone dunque come mezzo di osservazione e d’azione sulla realtà. Non una realtà lontana, esotica, ma quella ambigua, con- 9 traddittoria e opaca che ci circonda giorno dopo giorno. Per Claire Si- mon è stato chiaro da subito che la macchina da presa era uno strumen- to con cui leggere la realtà o, per usare una metafora a lei cara, disegnare la mappa della propria vita. Di film in film, pur variando l’approccio, la regista si è comportata come un esploratore che si trova a dover traccia- re la mappa del territorio che sta calpestando – con lo scopo di farne un film, ma anche di riuscire a spingersi ancora un po’ più in là nel suo per- corso di vita. La cartografia che va delineandosi in questa filmografia, ancora in piena evoluzione, è innanzitutto affettiva: amiche (Patricia, Marie, Mimì), parenti (Jihad), padre e figlia intervengono quasi natural- mente.

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