Bibliotheca Encyclopaedica

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BIBLIOTHECA ENCYCLOPAEDICA Catalogo del fondo storico della Biblioteca dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani Presentazione di Rita Levi-Montalcini acuradi Roberto Mauro e Massimo Menna * ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA FONDATA DA GIOVANNI TRECCANI © PROPRIETÀ ARTISTICA E LETTERARIA RISERVATA Copyright 1997 by Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani s.p.a., Roma A cura della Funzione Documentazione e Attività Culturali dell’Istituto della Enciclopedia Italiana In redazione, Simonetta Paoluzzi e Saverio Ricci Prima edizione, giugno 1997 La composizione elettronica dei testi è stata curata da Giulia Romana Faggiani Indice Rita Levi-Montalcini, Presentazione . Pag. VII Tullio Gregory, Introduzione . » IX Madel Crasta, Per una storia dell’editoria enciclopedica. » XV CATALOGO Gabriella Nisticò, Premessa . » 3 Roberto Mauro e Massimo Menna, Il “bosco dei tituli” . » 5 Il Cinquecento . » 9 Il Seicento . » 21 Il Settecento . » 53 L’Ottocento. » 201 Tavole . » 473 Bibliografia. » 553 Indice dei possessori. » 561 Indice dei nomi e dei titoli . » 567 Rita Levi-Montalcini Presentazione Nello sfogliare il Catalogo del fondo storico della Biblioteca dell’Enciclopedia Italiana, cui è stato dato il felice titolo di Bibliotheca Encyclopaedica, mi è subito tornato alla mente un documento che, esposto nella mostra per i settant’anni della Treccani, mi aveva molto colpito. Si tratta del discorso tenuto per la fondazione dell’Istituto dall’illu- minato industriale Giovanni Treccani, il quale, con chiarezza e fermezza, fissava i tratti essenziali e costitutivi del nascente progetto. Un progetto — avvertiva subito — che non poteva essere “appoggiato a banche ed editori comuni”, e aggiungeva: “Questo dico, senza che se ne possano offendere banche ed editori; ma si tratta di opera troppo complessa e rischiosa, con risultati a troppo lunga scadenza, perché possa essere contenuta nelle necessità di una comune impresa commerciale. Il conto profitti e perdite può pareggiarsi soltanto apportando alla parte profitti una buona dose di fiducia nell’avvenire culturale degli Italiani ed il valore che può avere la soddisfazione di compiere opera grande a vantaggio della Patria”. Giovanni Treccani aveva avuto negli anni precedenti l’idea di costituire una fonda- zione culturale, ma aveva poi accantonato tale progetto per impegnarsi a fondo nell’im- presa enciclopedica. Non intendeva comunque rinunziare al suo primo proposito, infatti così proseguiva: “Su quella via ritorno ora; tale fondazione sarà, spero, la conseguenza di questa impresa e il sogno della mia vita sarà realizzato. Il lavoro vostro quindi non servirà solo a dare all’Italia la sua Enciclopedia, ma anche a dotarla di una fondazione che potrà giovare molto all’incremento della cultura nazionale”. È un testo molto importante per lucidità e nobiltà di intenti, e opportunamente vi si è soffermata Madel Crasta nel limpido e ben informato contributo storico che precede il Catalogo, efficace- mente e autorevolmente introdotto da Tullio Gregory e curato, con rigore intelligente, insieme a Gabriella Nisticò, da Roberto Mauro e Massimo Menna. A tutti va il mio più sincero apprezzamento e ringraziamento. Ho voluto ricordare le dichiarazioni di Giovanni Treccani per sottolinearne l’alto valore programmatico, e insieme per coglierne l’oggettiva distanza rispetto all’attuale struttura societaria dell’Istituto, che ha attraversato e superato le difficili e tormentate vicende del secolo, assumendo sempre più ampie dimensioni culturali e nuovi assetti economici, e salvaguardando con impegno tenace la sua ispirazione originaria. Mi rendo conto di quanto sia oggi arduo riuscire a tenere insieme le istanze di una produzione editoriale di alto rigore scientifico con le incerte situazioni di mercato, per mantenersi nell’ambito di corretti equilibri aziendali. Soprattutto in un’azienda che, per VII le sue peculiarità, non esaurisce i propri compiti nell’attività editoriale, perché è anche chiamata a svolgere un ruolo non secondario di promozione culturale nella realtà sociale ed etico-civile del Paese. È questa la sfida permanente con cui ha dovuto misurarsi la “Treccani”; una sfida oggi ancor più complessa e decisiva nel quadro della crisi economica che investe l’Italia. Ho comunque fiducia che, con la nuova autorevole struttura societaria, l’Istituto riuscirà a superare anche l’attuale difficile congiuntura. Sarà necessaria la buona volontà di tutti. Personalmente non mi stanco di dichiarare la mia piena disponibilità a promuovere e garantire uno spirito di costante e reciproca collaborazione tra le esigenze economico- amministrative e quelle scientifico-culturali, in ciò validamente sostenuta dal Consiglio di Amministrazione e dal suo Vicepresidente, dal Consiglio scientifico e dal suo Vice- presidente, dal Direttore Generale e dall’operosità di tutto il personale dell’Istituto. Torno ora al bel Catalogo che viene presentato, che è un utile “strumento di lavoro”, ma anche un libro di cultura interessante e “curiosa”, quale molto spesso è appunto la cultura enciclopedica. La Biblioteca dell’Istituto ha — com’è logico — un prevalente carattere enciclope- dico-repertoriale, ed è rilevante la ricchezza di opere di cui dispone. Il “laboratorio enciclopedico” vi ha trovato indispensabile materiale di ricerca per la costruzione dei lemmari, per la stesura delle voci, per gli aggiornamenti. Anche nella Biblioteca si esprime quindi l’identità della “Treccani”, cioè la sua “memoria storica”. E la mostra per il settantennio dell’Istituto ha evidenziato anche l’importanza del suo Archivio storico. Sono beni da custodire e da incrementare, e mi è gradita l’occasione per esprimere la lode più viva a tutto il personale che si dedica con rara cura a questo prezioso patrimonio, che conferisce alla “Treccani” la sua inconfondibile fisionomia di istituzione culturale. Si accennava prima alla “memoria storica”, e in verità, come scienziata, non posso non essere incline a collocarmi in modo critico di fronte alla tradizione. Ma questa inclinazione incontra di continuo salutari correttivi, come nell’ineludibile necessità di conservare il legame tra le diverse generazioni e di non spezzare alcune forme di continuità, che sono la condizione del formarsi delle civiltà umane. D’altra parte, credo sia stato giustamente osservato che l’oblio è la morte del sapere, e quindi la scienza, ogni scienza, è nemica dell’oblio. Né sono in effetti possibili artifici volontari per dimenticare. L’importante è non credere a una mera crescita “cumulativa” del sapere, perché le diverse discipline non crescono “cumulativamente” ma “organica- mente”: alcune parti vengono conservate, altre sono sostituite da parti nuove, e si individuano nuove relazioni, nuove convergenze, si definiscono nuove frontiere. Il passato, quindi, non si può dimenticare, né si può negare, perché anche quando si vorrebbe respingerlo (e questo secolo ha non poche pagine da rifiutare) è indispensabile averne memoria viva e reale. VIII Tullio Gregory Introduzione Non è certo questo il luogo per tessere l’elogio dei cataloghi a stampa di biblioteche pubbliche e private — strumenti di orientamento essenziali come le carte geografiche, notava Morhof — né di difenderne la permanente utilità anche di fronte ai cataloghi virtuali offerti dalla moderna strumentazione informatica: vorrei solo sottolineare la particolare fisionomia e lo specifico interesse dei cataloghi delle biblioteche di istituzioni culturali che hanno assunto negli anni posizioni di rilievo. Obbligate secondo le proprie finalità a seguire il corso di determinate discipline e contemporaneamente a dotarsi di tutti gli strumenti di base senza i quali non è possibile ricerca, queste istituzioni hanno nel tempo costituito patrimoni librari che — pur senza assumere le dimensioni di quelli delle grandi biblioteche storiche — da un lato permettono di seguire in modo ravvicinato il corso degli studi in campi altamente specialistici, dall’altro offrono testimonianze preziose per la storia delle istituzioni stesse, rispecchiandone le scelte, gli indirizzi, le realizzazioni. È il caso della Biblioteca dell’Istituto della Enciclopedia Italiana: nato nel 1925 non come impresa editoriale ma come centro di ricerca e di produzione scientifica, l’Istituto doveva rapidamente dotarsi di una biblioteca che fosse in grado di rispondere alle esigenze di un’attività impegnata alla redazione di un’enciclopedia di vasto respiro e di opere che al genere enciclopedico potevano essere collegate. Di qui il primo acquisto, l’anno stesso della fondazione, di una biblioteca privata prevalentemente composta di opere lessicogra- fiche e enciclopediche, raccolte da Aldo Santi, bibliofilo e specialista di enigmistica. La Biblioteca verrà poi rapidamente ampliandosi con acquisti in tutto il campo della produ- zione dizionaristica, linguistica e enciclopedica e in altri settori specializzati, secondo gli orientamenti e le attività editoriali dell’Istituto, facendo sempre più ampio spazio alle riviste, come si vedrà soprattutto da un secondo volume che sarà dedicato al Novecento. Ma la caratteristica prevalente della Biblioteca continuerà a essere costituita da vocabolari, lessici, enciclopedie e repertori così da presentare una raccolta non comune di questo tipo di produzione culturale e editoriale attraverso i secoli. Di tutto questo hanno egregiamente scritto gli autori del Catalogo, bibliotecari non solo esperti ma amanti dei libri e della loro storia, che oltre alla puntuale descrizione catalografica

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