RASSEGNA BIBLIOGRAFICA LA MARINA ITALIANA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE NELL’INTERPRETAZIONE DELLA NOSTRA MEMORIALISTICA Il punto su Matapan dell’ammiraglio Angelo lachino, comandante in capo della squadra navale italiana dal dicembre 1940 alla fine del 1943 l, segna, a nostro parere, come compendio delle già numerose rielaborazioni dell’A. e degli ampi dibattiti sugli scontri di Gaudo e Matapan di storici e di protago­ nisti delle due parti, un punto fermo nella chiarificazione di quegli episodi, tra i più complessi delle vicende della Marina italiana nella guerra ’40-43. Lo studio, approfondito e meticoloso esame della genesi e degli eventi del­ l’operazione di Gaudo (un tentativo d’interferire nei trasporti dei convogli britannici dall’Egitto alla Grecia), ci offre l’occasione di esaminare sintetica­ mente quanto la memorialistica di ammiragli e comandanti ha saputo darci dal 1945 ad oggi sulle vicende della marina nell’ultimo conflitto 2. Si tratta, in genere, di opere di notevole livello. Gli autori hanno saputo esporre, quasi sempre con serena franchezza, le loro impressioni ed esperienze, tentando anche, con successo, autorevoli e ben documentate sintesi d’insieme, :senza gravi travisamenti e al di sopra di accentuate questioni personali in difesa del proprio operato. La parte onorevole sostenuta dalla marina italiana nell’ultima guerra ha certamente giovato a questo fiorire di studi. La flotta si battè sempre con costanza e con abnegazione, alternando a notevoli rovesci, brillanti successi, contro un avversario che era, allora, la prima potenza marittima del mondo. Tuttavia, nell’immediato dopoguerra il primo orientamento della memo­ rialistica, la sua prima reazione alle isolate polemiche su fatti e scontri avvolti ria molti interrogativi e segnati da numerosi punti oscuri era quello di stendere un pietoso velo sul passato, nell’esclusiva esaltazione e nel ricordo del sacrificio di ufficiali e marinai3. A questa tendenza reagiva cercando una prima precisa­ zione tra le luci e le ombre della guerra sul mare, Tammiraglio Iachino con Gaudo e Matapan 4. Per la prima volta veniva rilevata, nell’esame di questo episodio della guerra navale, la scarsa perizia, o se si vuole l’inerzia del comando supremo, 1 Angelo I achino, Il punto su Matapan, Milano, 1969. 2 L’argomento sembra non aver interessato fino ad ora gli storici civili. L’unica •eccezione è rappresentata dal volume del prof. Gabriele, riguardante i vari piani per la conquista di Malta (Mariano G abriele, Operazione C/3 Malta, Roma, 1965). 3 Ci sembra inutile citare libri ed articoli di scarso livello che, apparsi fin dal 1943, procedevano su questa strada. Possono far testo, se pur pubblicati qualche anno piu tardi, e li citiamo perché compilati con maggior serietà, i lavori di Marc’Antonio Bragadin (Vampe sul mare, 1940-43, Roma, 1954, e Che ha fatto la Marina? 1940-43, Milano, 1955). ♦ Angelo I achino, Gaudo e Matapan, Milano, 1946. 108 'Walter Polastro dell’aeronautica, e di supermarina. Si veniva a conoscere che durante tutta l’operazione di Gaudo, e fino al tramonto del 28 marzo, contrariamente alle assi­ curazioni date al comandante in mare e nonostante le sue ripetute richieste, la squadra si era trovata senza alcuna protezione aerea (e ciò rese possibile l’aerosi- luramento della Vittorio Veneto). Inoltre, l’ammiraglio italiano era stato erro­ neamente informato sull’effettiva consistenza delle forze avversarie uscite da Alessandria (una corazzata invece di tre). Ne conseguiva un errato apprezza­ mento della situazione in mare per l’intera giornata del 28 marzo (non ultima causa dello scontro notturno di Capo Matapan). Pur riconoscendo che tale combattimento era avvenuto in seguito ad un eccezionale ed imprevedibile complesso di circostanze, l’A. rilevava, in merito alla segretezza delle opera­ zioni, che certamente il nemico era stato preventivamente informato, con notevoli dettagli, della nostra puntata offensiva in Mediterraneo orientale. Da questa affermazione allargava il discorso muovendo un altro grave addebita a tutta l’organizzazione di supermarina: « a Roma le notizie trapelavano con grande facilità e, durante il mio comando, ebbi più volte l’occasione di segna­ lare l’awenuta diffusione di un’informazione che quasi certamente era trapelata per opera, sia pure involontaria, di elementi del Ministero » 5. Forse sulla base di questa affermazione, e di altre dell’ammiraglio Maugeri, prese isolatamente e male interpretate nel loro significato originario6 7, Antonino Trizzino, costruiva un’interpretazione della guerra sul mare che spiegava la sconfitta con l’intelligenza col nemico di una parte degli ammiragli itahani. Le potenti navi della marina mandate in missione per il Mediterraneo vana­ mente, gli inglesi che potevano muoversi sicuri di non incontrare la flotta italiana, i convogli mandati allo sbaraglio con preziosi materiali e rifornimenti che avrebbero potuto alimentare battaglie di molti mesi sul suolo africano1. tutto rientrava in un’unica e coerente trama. Era una ripresa di quanto a suo tempo aveva sostenuto la RSI: cioè la guerra perduta per il tradimento della marina. Tesi non solo assurda (ben altre furono le cause della sconfitta italiana), ma anche calunniosa proprio nei riguardi dell’arma che in modo particolare aveva saputo combattere e sacrificarsi. L’A. insisteva poi, sempre nella ricerca delle cause e delle responsabilità della sconfitta sul mare, sul contrasto tra il disvalore e l’incapacità di pochi (i massimi responsabili della condotta della 5 A. I achino, Gaudo e Matapan, p. 66. 6 Ne riportiamo due (dal libro del Maugeri pubblicato da un editore americano, From the Ashes of Disgrace): la prima (« io sospetto che gli inglesi erano in grado di ottenere informazioni autentiche dalla fonte ») è una frase poco felice che viene a segnare il filo conduttore del libro del Trizzino. La seconda (« l’inverno del 194243 trovò molti di noi, che speravano in un’Italia libera, di fronte a questa dura, amara, dolorosa verità: non ci saremmo potuti liberare delle nostre catene se l’asse fosse stato vittorioso ») serve pure all’A. per sostenere la tesi del tradimento in quanto, a suo parere, il passo è breve tra desiderare la sconfitta del proprio paese ed ague in maniera da affrettarla (dalla sentenza della Corte d’Appello di Milano, in Antonino T rizzino, Navi e poltrone, Milano, 1966, pp. 242-43). 7 Per un’approfondita interpretazione della battaglia dei convogli cfr. Aldo Cocchia, Convogli, Napoli, 1956. Le gravi perdite e la disfatta finale vengono fatte risalire, a parte la preponderanza anglo-americana dell’ultimo periodo, alla stessa impostazione del problema dei rifornimenti oltremare data dal comando supremo e dal potere po­ litico. La marina italiana nella seconda guerra mondiale 109 .guerra) e il valore dei comandanti in mare e degli equipaggi duramente impegnati e votati ad un vano sacrificio. Poiché non serviva, questa era la ■conclusione, avere equipaggi coraggiosi, un gran numero di navi ed una pode­ rosa aeronautica, quando chi guidava le sorti del paese capiva poco o nulla di strategia e gli alti comandi, dominati dall’egoismo e privi di iniziativa face­ vano soltanto sfoggio di prudenza e di cautela, evitando di assumere ogni grave responsabilità. Ad essi andavano ascritte, non solo le sconfitte in guerra, ma l’impreparazione generale dell’Italia Un unico punto, a nostro avviso, me­ rita di essere preso in considerazione: le prime pagine in cui il frizzino, pioniere della specialità degli aerosiluranti evidenzia il mancato approntamento •e perfezionamento di siluri per aerei con relative squadriglie (si pensi che l’Inghilterra, proprio con queste armi ci inflisse i duri colpi di Taranto e Matapan) 8. Qualche anno dopo, quando ancora perdurava il dubbio che il Trizzino aveva gettato in forma aspra e sconcertante sull’intera attività della marina, sulla sua organizzazione e sulla sua preparazione nei precedenti anni di pace, lo Iachino9 e l’ammiraglio Bernotti10 riprendevano l’argomento con rigore scientifico e con più studiata cautela offrendo una complessa e meditata sintesi dell’attività della marina. Si tratta di due ottimi lavori, integrantisi a vicenda, che presentano in una prosa lucida e precisa i difetti e i limiti della preparazione della flotta italiana al 10 giugno 1940 e gli errori compiuti nell’elaborazione dei piani di guerra e durante tre anni di battaglie. L’impianto delle due opere è però differente: nella prima, gli episodi della guerra sul mare vengono visti di scorcio e fin 8 Qualche anno prima era uscito, più pacato ed obiettivo, lo scritto dell’ammiraglio Alberto De Zara, Pelle d’ammiraglio, Milano, 1949. Si trattava, sostanzialmente, di un libro di memorie personali, ma, nell’ultima parte l’A., ormai ammiraglio di divi­ sione, divenuto testimone diretto dei molteplici errori dell’alto comando muoveva una serie precisa di appunti alla condotta della guerra e alla preparazione della marina al conflitto. Il principale errore era consistito, a suo parere, nell’aver trascurato com­ pletamente la preparazione al combattimento notturno, forma caratteristica di com­ battimento delle marine più deboli, quale appunto si presentava quella italiana di fronte alle flotte riunite anglo-francesi. 9 Angelo I achino, Tramonto di una grande marina, Milano, 1959. L’ammiraglio italiano proseguì la sua attività di studioso dopo Gaudo e Matapan con la pubblica­ zione de: Le due Sirti, guerra ai convogli in Meriterraneo, Milano 1953 e Operazione mezzo giugno, Milano, 1955. Trattano entrambi episodi in cui lo Iachino fu tra i principali protagonisti: comandante della squadra sia nella prima che nella seconda Sirte, che nella battaglia di mezzo giugno, inseriti in un vasto quadro riguardanti interi periodi della guerra in Mediterraneo. A parte il tema di autodifesa del proprio operato, presente saltuariamente e tenuto comunque in sordina, i due scritti offrono un valido contributo alla ricostruzione delle vicende della guerra in Mediterraneo, •con la nitida e particolareggiata ricostruzione tattica di molti scontri, con la chiarifi­ cazione basata su documenti, su opere italiane ed inglesi e sulle proprie memorie di molti episodi non ancora completamente chiariti.
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