
VH[' ryC. &. (yCf>/A/.^^^y- (Oa-/^yrr^: xs ^^ 3/^ \o.>A- OSSERVAZIONI -Sulla poesia DE TROVATORI. 4* > ^» ^\ » * •v*.^ *g^ > , «X I 1 1 i .<^. *' **. • •" ^ I » \J V. OSSERVAZIONI SULLA j • •,: POESIA DE' TROVATORI • E SULLE PRINCIPALI MANIERE E FORME DI ESSA C01f»R0WTATE BREVEMEHTE ' ,, ANTICHE ITALIANE. MODENA PER GLI EREDI SOLIANI TIPOGRAFI REALI MDCCCXXIX. \- . % I \' • , froiUg exile negocium, * Et dignum pueris putes i iiggressii labor arduus, » * <. Tebkntiak. yiàvm. f • ALl-d CHIARISSIMA DONN^ LA S 1 a N H A CATTERINA FRANCESCHI FERRUCCI GIOVANNI GALVANI. \/uando, non è molto tempo, trovandomi costi per alquanti mesi in Bologna, f trattovi sola- mente dal grande amore di' io porto alle lettere latine, e dal' grido che ha in esse a sì buon diritto ottenuto il vostro degnissimo e virtuosis- simo marito Michele Ferrucci, prediletto alunno t » di quel nome immortale di Filippo Schiassi J, ebbi la ventura di conoscerai, e di ammirare le vostre virtù, ne provai allora di queste quella meraviglia, che suol venire delle cose singolari, e mi parve di vedere in voi, virtuosissima Si- gnora, ritornala, aìV Italia alcuna di quelle % nostre gran Donne del cinquecento. E già io non potrò qui ridimi la contentezza che mi? " io in veniva nelV animo , quando casa vostra , ! cioè in mezzo agli studi, passava i miei giorni^ felicissimi, sebben lontano dalla patria: per-, ciocche o ivi faceva tesoro dei precetti del eh. marito vostro, che io chiamerò sempre V amico \ e il maestro mio; o in voi, non tanto nella] nostra lingua volgare, quanto nella latina e 7j,ella greca veramente dotta, vedeva quella , moglie, che non solo poteva dire con quella di 1 Filone : esserle ornatura la virtù del sufficiente \ che anzi marito, ma rappresentava la compiuta , ' donna di Crate , il cui mondo muliebre doveano ì essere gli abiti onesti dell' animo uniti alla vera ] sapienza. E mi restano sempre alla mente , e ] mi resteranno, credo, sin che avrò vita, fra le < più gradite ricordanze quelle lunghe sere d'irtr , . verno, in cui io con voi,o Signora, ragionando , de' nostri studi, e leggendo il a canto fuoco_ \ quelle divine Filosofiche di Cicerone, ingannava- \ mo così il tempo, che ci pareva non dovere \ invidiare alle maggiori delizie delle allegre \ brigate. Ma in quelle bellissime sere non sem- pre stemmo con Cicerone; voi, se ben vi ricor- da, mi andavate tentando a discorrervi della ' lingua provenzale , allo studio della quale sape- , 3 vate eh* io da parecchi anni passati aveva volto y animo, e vi compiacevate di sentirne, o quello che io ne riteneva, o que' cenni, distinzioni, ed esempi che mi trovava aver scritti, ed anzi così valeva in voi o la vostra naturai gentilezza ovvero la naturale allegrezza e novità di questa lingua, che, almeno riguardando a questa no- vità, mi confortavate a ordinare le mie schede, e a darle fuori a diletto comune. Voleste di più dar opera per alcun tempo ad esso provenr- zale, e tanta è la felicità dell' ingegno vostro, che certo vi faceste per allora progressi gran- dissimi, e di questi Trovatori vi compiaceste rnirabilmeìite. Io allora vi confesso, o Signora che non poco restai, commosso dalle vostre pa^ role , alle quali pure si univano quelle di alcuni amici miei, che avevano meco voluto tentar questo studio, e pensai allora per la prima volta non inutili affatto, quelle meschine osser- vazioni, che a diletto mio aveva raccolte, e ad invìo di coloro che qui in patria studiano ne' Trovatori : le quali nullameno io non avrei mai pensato di puhlicare , se non mi fosse soccorso all'animo, che intitolandole a voi, o Signora, avrei fatto, ciò che raro ad altri suole interve- nire, due beni. ì)ico un bene a me primamente, attestando così al mondo la somma reverenza 4 in che io vi ho, e servendo , nella mia povertà, almeno da banditore delle vostre singolari virtù; a queste mie lettere poi spezialmente , comechè io creda che nessun miglior beneficio potessi io procurar loro, di quello che set col mezzo dì questa mia operetta potesse avvenire , che quello amore che già ci poneste ^ lo accresceste poscia per modo che voleste darvi a publicare alcune fra le rime de' Trovatori , tradurle, e con quella vostra ricca e profonda poetica facoltà mostrarle nella sua lingua alV Italia. (Queste furono veramente quelle ragioni che mi persuasero a vincere anche le mie dubbiezze, e a compiere i vostri consigli, e se furono di molta autorità voi ve lo potete pensare, se per esse non ho temuto di mostrare al mondo il mio poco ingegno , e il poco frutto de' miei anni migliori; perciocché sebbene sia già alquanto tempo che io, ritrattomi da queste lettere gentili, mi sono dato a studi diversi, sicché nel raccorrà tali cose, ho dovuto quasi tornare addietro per le già abbandonate , pure il publico non suole avere Questi rispetti, e i più sono quelli che sprezzando V antico dettato : candide sono' le porte delle Muse, non sono così presti alV am- monirci, e insegnarci, come al criticare aspra- mente e al ributtarne. E questo giudizio del ì , 5 puhlico lo debbo io da mia parte temere tanto più, quanto meno ho creduto di dover seguire il modo tenuto dagli altri nostri Italiani, che sin qui hanno discorso di questa lingua , i quali o accennandola leggermente, o trattandone sola- mente in servigio dell'' Italiana , hanno evitati tutti quegli scogli che incontra chi si pone rielV alto, servendo troppo forse strettamente a quel dir di Plutarco , che accerta giocondissimo il navigar lungo -terra, e '1 diportarsi lungo il mare. I)i più io credo d' avere per mia naturai colpa , intristito un' argomento per se stesso tutto gaio ed allegro; poiché non trattavasi qui di difendere, o di chiarire una lingua ma- dre ed antica, che può simigliarsi ad una chiara matrona, ma trattavasi di mostrar me- glio aW Italia la Poesia Provenzale, che è come dire, di fare V invito al ballo ad una vaga donzella : a cessare la qual colpa , o Signora, non altro potrei io, volendo pure in qualche modo scusarmi, qui apporre, che quelle vere parole di Democrito; essere, cioè, l'ora- zione 1' immagine j o, com'egli dice, l'idolo della vita. Nientedimeno qualunque sia il viso che fa- ranno gli Italiani a questo rnio tenue lavoro, se pure è, degno , cV eglino ad esso riguardino 6 io mi confido che accorgeranno facilmente come il solo amore di queste lettere m' abbia guidato^ non invidia, non odio a chicchessia ^ e come io sia uno f che non altra qualità si arroga cha quella di ascoltare con tutta allegrezza gVinr segnamenti, e di ringraziare coloro che corte- semente mi accenneranno gli errori, ne' quali sarò forse spesse volte caduto. Mi confido poi in singoiar modo, o Signora, che se il vostro nome, per rfè sempre chiarissimo j non potrà far tollerare le mie imperfezioni, sarà almeno per me quelV unico , e grande pregio , che mi rerp- derà in ogni tempo fausta e felice la ricordanza di questo mio libro , che io vi offero e racco- mando. Dì Modena il i. Gennajo A, mocccxxix^ , AL LETTORE, fc ir lo so bene, Lettor cortese, come soleva dire Catóne, essere molto meglio il mancare di colpa, che il com- metterla prima per deprecarsela poi; nuUameno siccome io non vorrei che questa autorità fosse rivolta a mio danno , ho pensato di esporti qui quelle poche cose , che mi ponno da essa difendere. E primamente posso io venire interrogato , se questo lavoro mìo qualsivoglia sia lavoro nuovo affatto. Al che dovendo rispondere, dico : non esser egli così nuovo , che altri , come tu vedrai in appresso , non m' abbia già preceduto , e non m'abbia anzi così, che senza le dotte fatiche sue, mi sarebbe forse caduto l' animo affatto , e avrei tolto il pensiero da questo studio; ma come io me ne sia gio- vato , quanto abbia aggiunto , quanto abbia. im,mutato , non debbo io dirlo ne il voglio; le Opere del eh. Ray- nouard sono per le mani di tutti , ed io non che ne fugga , ne desidero anzi il confronto , e me gli confesso discepolo e massimo ammiratore. Dei raffronti poi Ita- liani , non e a dire se siano nuovi o no , poiché ognuno sei vede. Del modo ch'io m' abbia tenuto, e dell'ordine dato a queste maniere di Poesia , confesserò io pel pri- il mo non essere egli migliore , o almeno il più chiaro , e che se fosse in me tanto dì cuore da rifarmi da capo a tale fatica , non molta unita alle mie presenti inolia nazioni , credo che lo rimuterei , e le assesterei perciò in altra guisa. Ma 'di questo me ne sia scusa l' aver , 8 seguito il più spesso il diviso , o V ordine che vogliartl dire , del dotto Francese , e però me ne francheggi la devozione., e V amore eh' io gli ho molto grandi. Dell' aver poi io tradotte le rime proveniali alla lettera , e non largamente secondo il senso , ho le ragioni dell' Utile che spero di apportar così ai lettori studiosi di questa lin^ gita, e di più che, facendo io questa professione di tra^ dar fedelissimo , tanto meglio si scorgeranno gli errori in che sarò caduto , e si vedranno essi dagV intendtnti tutti chiari ed aperti , il che desidero moltissimo non riguardando ad altro che al possibile beneficio di queste lettere. Mi ci ha spinto inoltre l'osservare, come que' pochi che fra noi tradussero i brani provenzali portati nell'opere loro , li avevano per lo più, volgarizzati altrìri menti, cioè o in verso , o largamente; e ciò, come ben chiara si manifesta, per cessare i passi forti , o gli errori ammessi nel testo ; tantoché il lettore non può in essi conoscere puntualmente la nozione d' ogni parola , o frase, o costrutto.
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